BT
117-118
2016
BIBLIOTECA
TEATRALE
Rivista trimestrale di studi e ricerche sullo spettacolo
NUOVA SERIE
BIBLIOTECA TEATRALE
IT ISSN 0045-1959
¤ 22,00
BULZONI
BULZONI EDITORE
Via dei Liburni 14 - 00185 Roma
IL TEATRO NELLA STORIA
Attore, spazio, drammaturgia e società
Carla Bino / Lo spettacolo del dolore e il teatro della misericordia q Elena Tamburini / Alcune
note sugli spazi teatrali dei comici: una storia parallela q Teresa Megale / Drammaturgia
di lunga durata. Farse cavaiole di ine Cinquecento tra scrittura e magia q Domenico
Giuseppe Lipani / La commedia aurea a Ferrara nel XVII secolo. Due esempi sulla ricezione
performativa della drammaturgia q Isabella Innamorati / Sperimentazione scenica e aristocrazia ilodrammatica nel primo Settecento napoletano q Anna Sica / Li palermitani in festa
di Giovanni Meli: la riforma della vastasata q Elena Mazzoleni / Il teatro di Nohant: una
reinterpretazione ottocentesca della Commedia dell’Arte q Guido Di Palma / Per una storia
della Maschera come strumento della professione q MATERIALI / Stefano Locatelli / Ancora su
Giorgio Strehler, Luigi Squarzina e Tre quarti di luna. Due lettere
BT 117-118, gennaio-giugno 2016
BULZONI EDITORE
BT 117-118 (gennaio-giugno 2016)
Biblioteca Teatrale n. 117-118 (gennaio-giugno 2016)
Rivista trimestrale di studi e ricerche sullo spettacolo
fondata da Ferruccio Marotti e Cesare Molinari
Il teatro nella storia
Attore, spazio, drammaturgia e società
Consiglio scientiico: Evelyne Grossman (Paris Diderot – Paris 7), Hans-Thies
Lehmann (Goethe-Universität Frankfurt am Main), David J. Levin (University
of Chicago), Richard Schechner (New York University), Maria Grazia Bonanno
(Università di Roma “Tor Vergata”), Delia Gambelli (Sapienza Università di
Roma), Cesare Molinari (Università di Firenze)
Comitato direttivo: Silvia Carandini, Roberto Ciancarelli, Vito Di Bernardi,
Guido Di Palma, Aleksandra Jovićević, Luciano Mariti, Ferruccio Marotti,
Paola Quarenghi, Emanuele Senici, Luisa Tinti
Comitato di redazione: Stefano Locatelli (resp.), Annamaria Corea,
Aldo Roma, Desirée Sabatini, Irene Scaturro
Direttore responsabile: Lorenzo Guglielmi
Curatore del fascicolo: Guido Di Palma
Redazione del fascicolo: Cecilia Carponi, Irene Scaturro
Traduzioni: Cecilia Carponi, Irene Scaturro
Fotocomposizione e impaginazione: Aldo Roma
Pubblicazione sostenuta dal Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo
Facoltà di Lettere e Filosoia
Sapienza Università di Roma
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BIBLIOTECA
TEATRALE
Rivista trimestrale di studi e ricerche sullo spettacolo
NUOVA SERIE
IL TEATRO NELLA STORIA
Attore, spazio, drammaturgia e società
a cura di
Guido Di Palma
BULZONI EDITORE
Indice
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È vietata la traduzione, la memorizzazione elettronica,
la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo,
compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.
L’illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell’art. 171
della Legge n. 633 del 22/04/1941
Sommari .......................................................................................
p.
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Carla Bino, Lo spettacolo del dolore e il teatro della misericordia .............................................................................................
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Elena Tamburini, Alcune note sugli spazi teatrali dei comici: una storia parallela............................................................
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Teresa Megale, Drammaturgia di lunga durata. Farse cavaiole di fine Cinquecento tra scrittura e magia ...................
»
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Domenico Giuseppe Lipani, La commedia aurea a Ferrara
nel XVII secolo. Due esempi sulla ricezione performativa
della drammaturgia.....................................................................
» 107
Isabella Innamorati, Sperimentazione scenica e aristocrazia filodrammatica nel primo Settecento napoletano ............
» 123
Anna Sica, Li palermitani in festa di Giovanni Meli: la
riforma della vastasata ...............................................................
» 143
Elena Mazzoleni, Il teatro di Nohant: una reinterpretazione ottocentesca della Commedia dell’Arte ...............................
» 165
Guido Di Palma, Per una storia della Maschera come strumento della professione ...............................................................
» 187
ISSN 0045-1959
© 2017 by Bulzoni Editore S.r.l.
00185 Roma, via dei Liburni, 14
http://www.bulzoni.it
e-mail: bulzoni@bulzoni.it
MATERIALI
Stefano Locatelli, Ancora su Giorgio Strehler, Luigi Squarzina e Tre quarti di luna. Due lettere ....................................
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Sommari
CARLA BINO
Lo spettacolo del dolore e il teatro della misericordia
Quali sono i dispositivi della rappresentazione della sofferenza?
Che rapporto c’è tra sguardo e realtà? Che differenza c’è tra lo spettacolo del dolore e il teatro della pietà? La teoria della rappresentazione
cristiana offre una chiave di lettura interessante. Attraverso l’analisi
delle fonti patristiche, il saggio intende mostrare quali siano i cardini della cultura visuale del Medioevo cristiano, sottolineando quegli
elementi che fanno del teatro della passione di Cristo una scena fortemente empatica, del tutto opposta allo spettacolo distante del dolore.
The Show of Pain and the Theatre of Piety
What are the devices regulating the representation of pain? What
is the relationship between sight and reality? What is the difference
between the show of pain and the theatre of piety? Christian theory of
representation gives us an interesting perspective. Through patristic
sources, this essay seeks to highlight the fundamental cornerstones of
the visual culture of Christian Middle Ages, underling those elements
that make the theatre of the Passion of Christ a very empathetic scene,
completely different than the detached show of pain.
ELENA TAMBURINI
Alcune note sugli spazi teatrali dei comici: una storia parallela
Esiste una storia della scenografia che è ben poco riconosciuta, sia
perché, a differenza delle scene di opere in musica, autori e opere sono
quasi sempre di nessun rilievo artistico, sia a causa della scarsezza di
informazioni (è dir poco) di cui disponiamo: è quella dei comici. Professionisti o dilettanti non cambiano la sostanza di questa verità. Delle loro rappresentazioni nessuno ci informa, perché facevano parte
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delle realtà quotidiane: è una di quelle che sono state chiamate “zone
del silenzio” e che costituiscono un enorme ostacolo per i nostri studi.
E poche o nulle sono le testimonianze iconografiche che ci restano.
Questa storia corre parallela a quella del teatro per musica e dal
punto di vista teatrale è almeno altrettanto importante. Per la sua originale nozione di spazio essa può costituire un modello alternativo, a
prima vista meno appariscente rispetto a quello del teatro per musica,
ma in realtà più capace di proiettarsi nel presente, costruendo energie
proprio tramite la sua essenzialità e i suoi conflitti interni.
capitale del viceregno spagnolo. Il saggio delinea il contesto di produzione e ricostruisce la microstoria processuale che ha consentito la
loro individuazione e valorizzazione. Per l’originalità e la rarità di
simili reperti, fonti di un genere drammaturgico di lunga durata, si
offre anche la trascrizione, debitamente annotata, di uno dei due manoscritti: Originale dove se [introduce]no sei personagi.
Some Notes about the Comic Theatrical Spaces: A Parallel History
The article focuses on the discovery of two Cavaiola farces of the
end of the sixteenth century, emerged from the Archivio Storico Diocesano of Naples. This finding enriches the dramaturgical catalogue
of this genre and confirms its large dissemination and popularity in
the Spanish viceroyalty capital. The paper outlines their production
contest and reconstructs the microhistory which made their identification and valorisation possible. As these findings – which represent
the sources of a long-lasting dramaturgical genre – are extremely rare
and original, an annotated transcription of one of the two manuscripts, titled Originale dove se [introduce]no sei personagi, is offered.
There is an history of set design that is all but unknown, in part
due to the fact that, unlike opera sets, its writers and works are nearly
always of zero artistic significance; in part because little (or no) information is available about it: the set design of Commedia dell’Arte.
Whether we speak of professional or amateur players, the situation is
essentially the same. There are no accounts of their scenic representations because they were simply part of everyday existence: it is one
of those “zones of silence” that constitutes such a difficult obstacle for
our research. Moreover, few or no iconographic traces are available.
This history runs parallel to that of musical theatre and from a
theatrical point of view it is just as important. Given its innovative
notion of space, it could represent an alternative model that, even if
apparently less eye-catching than that of musical theatre, can actually
be more effective in reaching out to the present, generating its own
forms of energy through its minimal style and internal conflicts.
TERESA MEGALE
Drammaturgia di lunga durata. Farse cavaiole di fine Cinquecento tra
scrittura e magia
Il contributo verte sulla scoperta di due farse cavaiole di fine Cinquecento, emerse dalle carte dell’Archivio Storico Diocesano di Napoli. Il ritrovamento arricchisce il catalogo drammaturgico del genere
e conferma la sua pervasiva diffusione e il suo abituale consumo nella
Long-lasting Dramaturgy. Cavaiola Farces of the End of the Sixteenth
Century, between Writing and Magic
DOMENICO GIUSEPPE LIPANI
La commedia aurea a Ferrara nel XVII secolo. Due esempi sulla ricezione
performativa della drammaturgia
L’articolo si propone di indagare la presenza, mediata dai comici
dell’Arte, della commedia aurea spagnola sulle scene ferraresi nel secolo XVII. Si analizzano le notizie archivistiche su alcune repliche de
I sette infanti del Ara con Leonora Castiglioni nel 1634 e le repliche di
un Don Gil con Jacopo Fidenzi nel 1653. A partire da questi esempi
si approfondiscono taluni meccanismi nella ricezione “performativa”
del testo drammaturgico.
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The Commedia Aurea in Seventeenth-Century Ferrara. Two Examples
of the Performative Reception of the Theatrical Text
Scenic Experimentation and Philodramatic Aristocracy in the First Part
of Eighteenth Century in Naples
This paper investigates the presence of Spanish Golden Age drama
on the Ferrarese stage during the seventeenth century, through the
acting of the Comici dell’arte. Starting from the archive records about
some representations of I sette infanti del Ara with Leonora Castiglioni
in 1634 and of Don Gil with Jacopo Fidenzi in 1653, the paper analyses some dynamics of performative reception of the theatrical text.
Domenico Luigi Baron of Liveri (1685-1757) was a noble philodramatic living at the Neapolitan court of King Charles of Bourbon.
He was an author, a “corago” (artistic director), an actors’ teacher and
the creator of three-dimensional scenes whose construction and assembly he would also supervise. He created remarkably original works and produced such powerful experiences that both Goldoni and
Diderot thoroughly reflected about the results of his theatrical art.
More specifically, «the artificial view of the scene», as his great
admirer Pietro Napoli Signorelli defined it, was a scenic device very
different from the magniloquent settings of the coeval melodrama
shows. Instead of many painted telari intended to be changed at each
new scene, the Baron of Liveri used to devise a single fixed urban
or rural scenery made of realistic, volumetric and almost entirely
walkable elements for each of his comedy. Unfortunately, the iconographic documentation that reached us only documents the stage
image of only one comedy, Partenio. This article analyses the captions
describing the sceneries of other Baron’s comedies and proposes some
visualization hypotheses.
ISABELLA INNAMORATI
Sperimentazione scenica e aristocrazia filodrammatica nel primo Settecento napoletano
L’arte teatrale di Domenico Luigi Barone di Liveri (1685-1757),
nobile filodrammatico vissuto alla corte napoletana del re Carlo di
Borbone, autore, corago, maestro di attori e ideatore delle scene tridimensionali di cui curava la costruzione e il montaggio, si concretizzò
in un’esperienza di grande suggestione e notevole originalità su cui
sia Goldoni sia Diderot rifletterono attentamente.
Più in particolare «l’artificiosa veduta della scena», come ebbe a
definirla Pietro Napoli Signorelli, suo grande estimatore, consisteva
in un dispositivo scenico ben diverso dalle magniloquenti scenografie
degli spettacoli di melodramma dell’epoca. In luogo dei telari dipinti per le mutazioni, Luigi Domenico Barone costruiva per ogni sua
commedia, un’unica scena di gusto realistico, volumetrica e quasi interamente praticabile a tema urbano o campestre, ma in ogni caso fissa. Purtroppo la documentazione iconografica superstite documenta
soltanto l’immagine scenica di una commedia, Partenio. Il presente
contributo prende in esame le didascalie descrittive dello spazio scenico di altre commedie del Barone e avanza alcune ipotesi di visualizzazione.
ANNA SICA
Li palermitani in festa di Giovanni Meli: la riforma della vastasata
Analisti e commentatori hanno individuato nella produzione
letteraria di Meli la cellula neuronale del dibattito tardo romantico
sull’identità nazionale siciliana. Nonostante sia una parte minima
delle sue opere, la sua produzione teatrale, espressione completa della
sua poetica, ad oggi è stata esplorata in maniera marginale. L’articolo
mira a comprendere la prassi drammaturgica e poetica della farsetta
Li palermitani in festa, che presenta venature equivalenti a quelle rintracciabili nella commedia riformata da Goldoni, ma anche i solchi
ben marcati della tradizione della Commedia dell’Arte siciliana, e che
riformò il genere delle vastasate nell’ultimo scorcio del XVIII secolo.
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Li palermitani in festa by Giovanni Meli: The Reform of the vastasata
Meli’s literary work has been considered by analysts and commentators as the neuronal cell of the late-romantic debate on the Sicilian national identity. But the aim of this study is to comprehend
the dramatic and poetic structure of his short farce, Li palermitani in
festa [The Palermians’ Jubilation], as this pièce – which shows the
equivalent characteristics of Goldoni’s comedies and is still strongly
linked with the ancient tradition of the Commedia dell’Arte in Sicily
– reformed the genre of vastasata at the end of the eighteenth century.
Despite being a minimal part of his works, Li palermitani is a complete expression of his poetics; nevertheless, it has not been fully explored
yet.
ELENA MAZZOLENI
Il teatro di Nohant: una reinterpretazione ottocentesca della Commedia
dell’Arte
A partire dagli anni Quaranta dell’Ottocento, George Sand e suo
figlio Maurice prendono le distanze dal sistema teatrale parigino per
dedicarsi alla sperimentazione. Nel loro castello di Nohant, dirigono
un teatro fondato sulla reinterpretazione della Commedia dell’Arte.
Questo laboratorio giungerà a una rielaborazione dell’immaginario
teatrale, visivo e letterario della tradizione italiana, in grado di anticipare alcune teorie novecentesche incentrate sulla riforma del teatro, come quelle concepite da Jacques Copeau e da Edward Gordon Craig. Il saggio intende indagare l’adattamento della Commedia
dell’Arte proposto dai Sand alla luce dell’analisi sia di alcune pièce
messe in scena a Nohant – quali Marielle (1850), Arlequin marquis
(1850-1851?), Il ne faut pas jouer avec le feu! La Méprise (1856) – sia
dei saggi teorici concepiti durante questa stagione – quali Masques et
bouffons: comédie italienne (1860) di Maurice Sand e Le Théâtre des
marionnettes de Nohant (1876) di George Sand.
Sommari
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The Theatre of Nohant: A Nineteenth Century Reinterpretation of the
Commedia dell’Arte
Since 1840s, George Sand and her son Maurice drift away from the
Parisian theatrical system to devote themselves to experimentation. In
their castle of Nohant, they direct a theatre based on the reinterpretation of the Commedia dell’Arte. This studio produces a re-elaborated
version of the theatrical, visual and literary imaginary of the Italian
tradition, able to anticipate some twentieth-century theories focused
on the theatrical reform, such as those conceived by Jacques Copeau
and Edward Gordon Craig. The essay investigates Sand’s adaptation
of the Commedia dell’Arte taking into account both some plays staged
in Nohant – such as Marielle (1850), Arlequin marquis (1850-1851?),
Il ne faut pas jouer avec le feu! La méprise (1856) – and the theoretical
essays conceived during this period, e.g. Masques et bouffon: comédie
italienne (1860) by Maurice Sand and Le Théâtre des marionnettes de
Nohant (1876) by George Sand.
GUIDO DI PALMA
Appunti per una storia della maschera come strumento
Il saggio si pone il problema di fare storia della maschera considerandola come un oggetto destinato a servire un’azione. Il suo uso, però, non
si limita a un’operazione puramente meccanica. La maschera pretende
una particolare relazione d’intimità con colui che la manipola e investe
una dimensione emotiva. Questo aspetto immateriale della sua funzione
la apparenta con l’invisibile e la salda anche a una dimensione pratica
profondamente radicata nell’organicità. Esattamente come l’ergonomia
di un martello induce un particolare uso dei muscoli, così la forma di una
maschera impone un certo uso del corpo il cui significato varia da cultura a cultura e da epoca a epoca. Il saggio tenta di verificare la possibilità
di tracciare un profilo storico, anche se frammentario e provvisorio, dei
nodi essenziali della relazione che unisce la maschera ai suoi portatori
nel corso delle epoche, consapevole che quando ci si avventura nella sfera individuale delle esperienze le evidenze documentarie si assottigliano.
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Notes for a History of the Mask as a Tool
The essay aims at reconstructing the history of the mask, intended
as an object serving specific dramatic actions. However, its stage function does not consist of a mere mechanical operation. The mask needs
a particular intimate relationship with those who manipulate it, which
implies an emotional dimension. This immaterial function closely relates with what is invisible. Thus, the mask ascribes itself to a practical dimension, deeply rooted in an organic consistency. Just as the hammer’s
ergonomics entails a specific use of human muscles, so a mask’s shape
demands a certain use of the body, whose implications differ from one
culture to another and through time. This text tries to trace a historical
profile, although fragmented and conjectural, of the relationship between the mask and who has worn it through time. Crucial to this analysis is
the awareness that the evidence gets scarcer, as the investigation focuses
on the sphere of individual experiences.
STEFANO LOCATELLI
Ancora su Giorgio Strehler, Luigi Squarzina e Tre quarti di luna. Due lettere
L’articolo pubblica due lettere inedite relative alla messinscena,
nella stagione 1954/1955, di Tre quarti di luna di Luigi Squarzina per
la regia di Giorgio Strehler. L’episodio può essere considerato un passaggio importante per l’assestamento, sia a livello pratico sia a livello
teorico, delle idee di Squarzina in merito alla regia; esso costituisce
inoltre una fonte preziosa per documentare le modalità del lavoro
“critico” di Strehler a metà degli anni Cinquanta. La collaborazione
con il Piccolo Teatro di Milano nella stagione 1954/1955 e in particolare il lavoro “critico” di Giorgio Strehler su Tre quarti di luna segnarono per Squarzina un punto di non ritorno, con la definitiva presa
di coscienza della regia come nuovo modo produttivo e come genuina
cultura del teatro che, in quanto tale, non potrà che avere come obiettivo primario proprio l’integralità dell’attore in quanto uomo.
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More about Giorgio Streheler, Luigi Squarzina and Tre quarti di Luna
[Three Quarters of the Moon]. Two Letters
The essay presents two unpublished letters about Tre quarti di luna
[Three Quarters of the Moon] by Luigi Squarzina, directed by Giorgio
Strehler during the 1954-1955 season. This event can be considered a
crucial step in settling Squarzina’s ideas about the mise en scene in Italy,
both at a practical and at a theoretical level; moreover, it is also a valuable resource for documenting Strehler’s “critical” working methods
in the mid-1950s. The collaboration with the Piccolo Teatro in Milan
and especially the “critical” work Giorgio Strehler did on Tre quarti di
luna were fundamental for Luigi Squarzina, who, during the 1954-1955
season, definitively reached the awareness of the real nature of directing.
He intended such a new conception (that in Italy goes under the definition of “regia critica”) not only as a new production strategy, but also
as a genuine theatre culture that can only have as its primary focus the
wholeness of the actor, both as a Performer and a Man.