Lecturae - Mediaeval Sophia 13 (gennaio-giugno 2013)
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ga, buono e cattivo, amante e amato. Per dirla con Pirandello, Uno, nessuno e centomila!
Eppure, allo specchio siamo ancora noi. Ma cosa è successo allora? Dicevamo
di un percorso, ma cosa attraversa e dove porta? Attraversa ogni stato d’animo possibile e porta comunque all’Io. Un Io apparentemente uguale, ma che, mediante la poiesi innescata dalla lettura, muta per farsi Altro. Non è filosofia né psicoanalisi. Sono
le emozioni.
Carola Barbero presenta uno stimolante laboratorio delle emozioni, durante il
quale, attraverso il sapiente richiamo a undici capolavori della letteratura contemporanea, indaga le sensazioni che il processo di lettura induce nell’animo umano. Uno
spunto certo interessante per guardare ai romanzi come a un’occasione per vivere
passioni a volte negate. L’autrice, inoltre, prova quasi a farne scienza, indicando in
testa a ogni capitolo/emozione il livello di difficoltà emotiva prevista, il tempo di lettura per la realizzazione del laboratorio e gli ingredienti utili per ottenere un risultato.
«Non dovrebbe essere difficile comprendere la ragione per la quale può essere interessante entrare in una biblioteca di questo tipo […] quello che cerchiamo nella finzione è molto diverso rispetto a tutto quello che la realtà ci può offrire» (Introduzione, p. 11).
L’agile volume consta di 11 capitoli: Tristezza (M. Mazzantini, Non ti muovere), Stupore (A. Nothomb, Stupore e tremori), Allegria (D. Pennac, La fata Carabina), Paura (S. King, Misery), Speranza (R. Queneau, Zazie nel metrò), Potere (P.
Süskind, Il profumo), Amore (J. Grogan, Io e Marley), Rimorso (P. Giordano, La solitudine dei numeri primi), Rispetto (M. Murgia, Accabadora), Attesa (S. Veronesi,
Caos calmo), Erotismo (A. Grandes, Le età di Lulù). A corredo una buona Bibliografia di riferimento divisa per capitoli con i relativi rimandi al testo. Risulta assente,
invece, l’Indice dei nomi.
Lo scritto della Barbero, seppure stimolante e intuitivo, assolve alla funzione di
manuale per la conduzione di un laboratorio di scrittura/lettura; al di fuori di un tale
contesto (fatto di relazioni e confronto), infatti, la sua mera lettura risulterebbe poco
proficua.
ALBERTO BELLAVIA
Rossana BARCELLONA, Una società allo specchio. La Gallia tardoantica nei
suoi concili, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2012, 368 pp. (Armarium. Biblioteca di storia e cultura religiosa diretta da Salvatore Pricoco, 13), ISBN 978-88-4983625-7.
È la stessa Rossana Barcellona a fornire al lettore, in un passo tratto dalle primissime battute della Premessa (p. 7), le motivazioni e la giusta chiave di lettura da
applicarsi a questo volume: «Questo volume [...] scaturisce dall’idea che si possa tentare di costruire una rappresentazione della Gallia tardoantica attraverso l’indagine
storico-sociale della ricca documentazione canonistica prodotta dai concili di questa
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regione in massima parte nel corso di due secoli cruciali: il V e il VI. Cioè attraverso
il riflesso, rintracciabile nelle norme, di quella realtà che gli stessi vescovi, mentre
legiferano durante le loro periodiche riunioni, vivono, gestiscono e suggeriscono,
guidando la nostra attenzione lungo il filo rosso dei temi emergenti come priorità, ma
anche verso trame più sottili e apparentemente marginali, che ne integrano l’operato
e il senso».
Chi si occupa di studi di storia del Cristianesimo sa bene che è proprio questa
la “chiave”: l’indagine storica condotta all’interno delle vaste raccolte di atti dei concili rappresenta – in special modo dal punto di vista metodologico – un passo obbligato al fine di estrapolare da esse utili informazioni che contribuiscano alla ricostruzione di un contesto non solo religioso, ma soprattutto storico, sociale e politico, il
tutto attraverso dei documenti complessi e “multidisciplinari” che proiettano lo studioso in un’epoca e in un territorio in cui le tensioni e le spinte religiose e politiche in
seno alla Chiesa gerarchizzata erano notevolissime e ad ampio raggio. In un clima
molto complesso e turbolento, i vescovi non svolgono il loro ministero solo come
“pastori”, guidando il proprio “gregge” di fedeli, ma operano sul territorio amministrando il potere secolare da molti punti di vista: «I vescovi, protagonisti spesso al
plurale come categoria, ma anche come singole personalità, appaiono tesi verso un
comune obiettivo: riorganizzare o rafforzare il tessuto connettivo dell’apparato ecclesiastico, che eminentemente rappresentano, a fronte di un potere politicoamministrativo instabile e mutante. Essi diventano e incarnano i nuovi rappresentatnti della comunità urabana, per la quale sono autorevoli guide, e sulla quale a loro
volta fanno leva per esercitare e rinvigorire il loro ruolo in funzione protettiva e difensiva di fronte ai guasti militari e ai nuovi poteri. [...] Si delinea, particolarmente in
questa fase della storia cristiana, e con certe modalità soprattutto in Occidente, una
sovrapposizione concettuale e pratica tra civitas e dioecesis, che traduce il vincolo
teologico del vescovo alla sua chiesa in vincolo giuridico dello stesso al territorio che
gli è stato assegnato e viceversa.» (Premessa, pp. 8-9); e in un simile contesto la Gallia non fa eccezione, ma si configura come un interessante “laboratorio” per lo storico.
Il volume è articolato in quattro sezioni, all’interno delle quali l’autrice sviluppa il complesso tema dell’intreccio fra religione, storia e società. La prima parte, dal
titolo Definizione delle strutture ecclesiastiche, comprende due capitoli: Clero e sessualità. I percorsi della continenza (pp. 15-65); Donne e clero. Verso l’esclusione
(pp. 67-119). La seconda parte, dal titolo Prassi ecclesiali e ricadute sociali, comprende due capitoli: Pratiche liturgiche e processi identitari (pp. 123-147); Controllo
della vita e controllo della morte. La penitenza (pp. 149-180). La terza parte, dal titolo Clero e contaminazioni religiose, comprende due capitoli: L’arte del ‘futuro’ tra
poteri e ibridazioni (pp. 183-220); Quotidiane promiscuità. La questione degli Ebrei
(pp. 221-244). La quarte e ultima parte, dal titolo Dinamiche familiari e dinamiche
economiche, comprende due capitoli: Bambini invisibili. Fuori dalla famiglia dentro
i canoni (pp. 247-288); Un tema cuspide. Economia e religione (pp. 289-323). La
trattazione si chiude con le Conclusioni (pp. 327-335).
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Ottima la Bibliografia (pp. 337-365), esaustiva e “ragionata”, con i riferimenti
bibliografici utilmente suddivisi tra “Fonti” e “Studi”.
FABIO CUSIMANO
Eleonora BELLIGNI, Renata di Francia (1510-1575): un’eresia di corte, Torino, UTET Libreria, 2011, pp. 408, ISBN 978-88-02-08421-3.
Eleonora Belligni è autrice di questo volume che ricostruisce la vita di Renata
di Francia, duchessa di Ferrara, vissuta nel XVI secolo. Il volume si apre con una
ricca Introduzione (pp. vii-xix) che offre una sintesi della vicenda della protagonista
e analizza i diversi orientamenti storiografici che si sono susseguiti dal Settecento a
oggi e che hanno, infine, restituito un profilo chiaro della figura di Renata di Francia
– personaggio scomodo per la storiografia cattolica a causa delle sue posizioni eretiche – facendone un’icona femminile del Rinascimento religioso.
Lo scopo palesato dall’autrice è quello di «ricostruire [...] le ragioni, i legami, i
contesti della vicenda di Renata di Francia» (p. xviii) nei cinque ampi capitoli che
compongono il volume. La narrazione, sempre di ampio respiro e ricca di dettagli, ha
inizio con gli anni dell’infanzia francese. Renata di Valois nasce nel 1510 da Luigi
XII e Anna di Bretagna, ma nasce con una “tara” (p. 5) che la priva della corona
francese. Quindi, il matrimonio con Ercole II d’Este la porta a Ferrara nel 1528 per
restarvi fino al 1562, infine il ritorno in Francia. In Italia con Renata si trasferisce un
gruppo di eterodossi raccolto in una comunità ereticale che si forgia sotto il segno del
calvinismo e che, tra clandestinità, repressioni e dispersione, giunge fino a Montargis
per fornire supporto agli Ugonotti. La vicenda umana, religiosa e politica della subventrix haereticorum, la vita di corte e la sua comunità ereticale tra Ferrara e Consandolo, l’evoluzione dei rapporti con Calvino e la parabola calvinista, si svolgono
sullo sfondo dell’instabilità della storia europea: le guerre tra Francia e Spagna e la
contesa del territorio italiano, le lotte della Chiesa di Roma e dell’Inquisizione contro
le eresie, i conflitti interni alla politica italiana del ducato d’Este. In questo percorso
di ricostruzione, l’autrice restituisce in particolare un affresco della conflittualità religiosa del Cinquecento europeo, soffermandosi dapprima sulla Protoriforma francese, poi analizzando l’evangelismo europeo e la stagione della Riforma in Italia per
approdare, infine, nella Francia delle guerre di religione. Solo in questo orizzonte,
che Eleonora Belligni delinea con grande perizia, è possibile iscrivere la complessa
storia di Renata che l’autrice segue sul filo del controverso testamento, estrema sintesi della sua doppia vita.
Il volume è dotato di un solido apparato di note e di un utile indice dei nomi. Si
segnala, però, l’assenza della bibliografia.
IOLE TURCO
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