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MARENGO: DA CAMPO DI BATTAGLIA A LUOGO DI MITI Contributi, idee ed opportunità per il nuovo percorso museale Dopo le prime edizioni del Forum Marengo, la cultura storico-militare che studia il periodo e il retaggio napoleonico - avendo doverosamente ed esaurientemente sviscerato il personaggio, le campagne militari, le implicazioni storico-politiche e i miti - in questa edizione del Convegno dedica le proprie attenzioni e risorse intellettuali al segno più tangibile ed attuale di quel periodo: i tanti musei e siti napoleonici che ancor oggi sono al centro dell’attenzione turistico-culturale, e tra i quali da qualche anno possono nuovamente annoverarsi anche il Museo e il parco storico della Battaglia di Marengo, che molti di voi hanno visitato ieri sera. Di questa rinnovata attenzione, oltre che del cortese invito, sono sinceramente riconoscente alla Città di Alessandria ed in particolare a Gianfranco Cuttica di Revigliasco e a Giulio Massobrio; li ringrazio naturalmente a nome del Presidente della Provincia di Alessandria, che ho l’onore e il piacere di rappresentare, ma anche a titolo personale, poiché di questo apporto scientifico, di ricerca e stimolo, hanno grande bisogno il Museo di Marengo e il suo comitato scientifico, ma soprattutto chi oggi ne svolge le funzioni di Direttore. 1. Per un corretto inquadramento dello status giuridico odierno di Marengo, occorre ricordare che dopo l'acquisizione del sito da parte della Provincia di Alessandria e la conseguente definitiva trasformazione in museo pubblico di quella che storicamente era una collezione privata curata dal Museo Civico di Alessandria (che l'ha quindi acquisita per donazione dall’ultimo proprietario privato), negli anni ‘90 l’Amministrazione di Palazzo Ghilini ha dapprima lavorato sul recupero e sulla valorizzazione del sito di Marengo, con particolare attenzione per il parco storico e per la rievocazione della Battaglia, incentrata sulla manifestazione rievocativa "Ricordando Marengo", che è stata poi demandata da alcuni anni alla Società Napoleonica di Marengo. Dall’altra parte di Piazza Libertà, il Comune di Alessandria aveva invece posto l’accento sugli aspetti storico-culturali, promuovendo importanti Convegni (in particolare quello svoltosi nel 1997 in Cittadella), conferenze, studi e pubblicazioni; dopo il giugno 1998, sulla base del Protocollo d'intesa con la Provincia che pose le basi per la felice organizzazione del Bicentenario, l’Amministrazione comunale ha creato tramite i propri Istituti Culturali il Forum Marengo, il Centro Studi e ricerche e la Rivista RNR: a questo proposito tengo molto a sottolineare in questa sede che si tratta di tre strumenti che a mio giudizio - ferme restando le competenze amministrative e gli indubbi meriti scientifici di chi li ha creati - devono essere considerati come parte integrante dell’attività e dell'idea stessa di Museo di Marengo, se è vero che non esiste vero "museo" senza attività di studio, documentazione e informazione.1 Nel contempo, l'attenzione dell'Assessorato alla Cultura della Provincia si è andata progressivamente concentrando sul museo, fino ad allora mestamente chiuso (con la sola fugace eccezione del giorno dell’anniversario) avendo dovuto scontare decenni di scarsa attenzione e sostanziale abbandono, oltre ad alcuni furti. In verità già nel 1996 era stata in parte reintegrata la collezione, mentre solo nel 1998 è iniziato il recupero e adeguamento dell’edificio storico, la messa in sicurezza attiva e passiva, la realizzazione di pannelli illustrativi e del sito web, l’installazione della segnaletica stradale. Oggi, con l’apporto determinante della Regione Piemonte, si sta avviando il definitivo recupero del "piano nobile" della villa, finalmente riaperto alle visite del pubblico nel 2001 dopo i primi interventi di ripristino e messa in sicurezza: però sono ancora necessari interventi strutturali, significativi restauri ai decori delle volte e ai pavimenti a mosaico, oltre alla realizzazione ex novo degli impianti tecnologici e di un allestimento definitivo, moderno e consono. Si lavora anche per ultimare il ripristino dei decori delle facciate della villa e completare un recupero filologicamente corretto2 dell'area esterna, che dovrebbe poco a poco riacquistare la dignità e l'aspetto di giardino all'italiana e di parco, con particolare riguardo per l'area monumentale e per le adiacenze dell’antico "borgo" - già attestato come curtis regia longobarda e franca - che fu teatro delle fasi più significative della battaglia del 14 giugno 1800. Pur essendo dunque un “cantiere museale”, dal 1998 la villa di Marengo è regolarmente aperta al pubblico; ha registrato circa 6.500 visitatori nel 1999 e quasi 14.000 nel 2000, anno del Bicentenario (nel corso del quale sono stati oltre 30.000 gli utenti del sito, considerando le manifestazioni nel parco); va tuttavia registrato con attenzione il dato dei visitatori 2001 che, in assenza di una politica di promozione sviluppata nel tempo, si assesterà a fine anno poco sopra le 6.000 unità, ad ulteriore riprova che l’organizzazione di grandi eventi non è di per sé garanzia di effettiva valorizzazione dei beni culturali e di sviluppo del territorio. L’anno scorso, nell'ottica di rivedere la "missione" del museo e di studiare un percorso espositivo definitivo, è stato costituito il comitato scientifico del museo, inizialmente coordinato da Marziano Brignoli ed ora presieduto da Cristina Vernizzi; è composto da esperti, tra i quali Giulio Massobrio (che è membro anche in quanto responsabile dei Musei Civici), e dai referenti di Provincia, Regione, Soprintendenze e Università del Piemonte Orientale. Quanto alle collezioni, dopo avere recuperato al percorso museale quanto di interessante ed originale è stato prodotto dalla Provincia in occasione del Bicentenario, è ora necessario mirare a più ampie ed organiche collaborazioni con lo stesso Museo Civico di Alessandria, con la collezione d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio, con altri musei e collezionisti privati per incrementare, completare e qualificare il materiale esposto, a proposito del quale si sono di recente registrati alcuni depositi e le prime tre donazioni, tra cui una piccola collezione numismatica, avviata dall'Unione Industriale di Alessandria, incentrata ovviamente sul celebre “Marengo” 20 Franchi d’oro dell’anno IX. Ricordo infine che il nostro museo, sulla base di una delibera adottata dalla Giunta Provinciale, sarà parte integrante del futuro "sistema museale" della Città di Alessandria, oltre che del sistema provinciale e del circuito turistico regionale Carta Musei Torino Piemonte. 2. Marengo, sia esso inteso come museo storico-militare oppure in quanto sito monumentale e naturalistico, è sicuramente una realtà del tutto peculiare ed emblematica nel panorama dei musei napoleonici e dei musei di guerra, proprio a causa della sua singolare vicenda storica. Quello che può essere oggi considerato - almeno sulla base dell'indagine svolta dal Forum Marengo nel 2000 - il più antico museo napoleonico esistente, apre nel 1847 ufficialmente per iniziativa di un privato, ma più verosimilmente grazie alla cauta quanto potente benevolenza della Corte torinese, che ne sosteneva le forti valenze anti-austriache; nasce dunque come "raccolta", piuttosto casuale e sicuramente poco rigorosa sul piano storico-scientifico, d'armi e cimeli che vengono accatastati, un po' alla rinfusa, per dare dignità di museo storico a ciò che è in realtà piuttosto un luogo di storia, seppure arricchito dall’apparato decorativo e da alcuni importanti monumenti tutt’ora esistenti. Dunque oggi, a chi ha la ventura di essere responsabile (purtroppo senza potestà sul budget) della gestione di questo sito, essendo naturalmente proiettato verso una valorizzazione che - per una serie di singolari scelte delle Amministrazioni coinvolte - avviene dopo la sua promozione, si prospettano almeno quattro approcci metodologici, che non sono necessariamente alternativi tra loro ma che difficilmente potrebbero trovare integrale applicazione, essendo manifestazione di concezioni ideologiche divergenti, se non antitetiche. a) Se è museologicamente corretto ed eticamente giusto preservare l'identità e la concezione originaria del museo-sacrario, non è stata affatto impropria ed anzi è assolutamente conforme alla sua origine l'idea che ha fondato negli anni '90 il recupero e il rilancio di Marengo: una collezione fatta di armi e reperti comprati qua e là (né più e né meno di quel che fece Delavo per mettere insieme quelle purtroppo saccheggiate nel 1995); una forte enfatizzazione dell’aspetto rievocativo (inaugurato proprio da Napoleone, allorchè ritornò trionfalmente ad Alessandria, il 4 maggio 1805) che prevale e quasi prevarica l'aspetto più propriamente museale-monumentale (Napoleone si limitò a commissionare la sobria colonna, criticata da Stendhal, che oggi funge assai discutibilmente da spartitraffico); la continua quanto velleitaria evocazione di grandiosi interventi di valorizzazione e spettacolarizzazione del luogo (in realtà mai avviati, proprio come la vagheggiata "Città delle Vittorie"). Infine, e soprattutto, un continuo "uso" promozionale-propagandistico del nome e del fenomeno Marengo, cosa in cui fu precursore e insuperato maestro lo stesso Primo Console già all'indomani della sua grande quanto fortunosa vittoria. In questo senso l'impostazione data con il concorso della Società Napoleonica alle sale originali, con alcune doverose integrazioni di tipo museologico-museografico apportate dall'attuale direzione soprattutto con la realizzazione degli spazi dell'Antica Locanda, nucleo originario del museo (e per questo motivo riallestito come "museo del Museo"), ha una sua dignità e correttezza, che trova un certo riscontro nel costante apprezzamento dei visitatori. Sempre in questa prospettiva si collocano le scelte di recuperare prioritariamente l'apparato decorativo interno ed esterno e di restituire onore e dignità all'area monumentale del Fontanone e dell'Ossario, che dovrà essere preservata da qualsiasi utilizzo improprio in occasione delle frequenti manifestazioni sportive e ricreative: due orientamenti caldeggiati, negli ultimi anni, da tutti i colleghi ed esperti che ci hanno fatto visita, anche in occasione delle precedenti edizioni del Forum. Se dunque può essere giusto e opportuno preservare, almeno per il nucleo tradizionale del percorso museale, l’impostazione da “sala d’armi” tipica dei musei storico-militari, ciò non significa condividere in toto l’idea di chi sostiene che per il Museo di Marengo ci vorrebbero semplicemente più fucili, pistole e divise, poiché sarebbero l’unica cosa che interessa al nostro pubblico.... b) Un secondo approccio, anch'esso di fonte autorevole, vede nel parco-museo di Marengo il fulcro di un vasto e avvincente percorso storico-paesaggistico, che era stato impostato da Raimondo Luraghi su 9 markers - diventati poi 12 nell'anticipazione "virtuale" da noi realizzata sul plastico e su Internet - che si intendeva collocare nella campagna tra Alessandria e Tortona. Si trattava di un progetto molto "europeo", di sicura fondatezza scientifica e di altrettanto appeal turistico, tanto da essere richiesto dal 73,5% dei visitatori3: una sollecitazione che non è stata però recepita dagli alessandrini, che - tanto per dimostrare l'utilità dei sondaggi - in occasione del Bicentenario hanno previsto e organizzato un po' di tutto, ma non il percorso storico-paesaggistico. Questa prospettiva è stata riproposta nel recente convegno “La piana di Marengo” (8-9 giugno 2001), al quale ha portato la sua testimonianza Gilbert Menne, Direttore del Dernier Quartier General de Napoléon di Genappe (presso Waterloo); in quell'occasione sono state poste alcune premesse istituzionali perché dal museo e dal borgo di Marengo possa - speriamo in un futuro non remotissimo - partire un percorso di valorizzazione dei veri e propri luoghi napoleonici (Torre Garofoli, la testa di ponte, la Pederbona e la Stortigliona, Rivalta Scrivia, San Giuliano, Vigna Santa, e poi Palazzo Ghilini e l'ex-Ospedale militare, senza contare la possibilità di legare al nome celebre di Marengo l'ancora misconosciuta Cittadella di Alessandria) ed anche di tutti gli altri luoghi e monumenti storici della piana della Fraschetta: Bosco Marengo, la Ghilina, i castelli di Montecastello, Castelceriolo e Piovera, le antiche trunere, la centuriazione e le strade romane, i sentieri tradizionali, in un sistema turistico-culturale che è già in sé una sorta di ecomuseo. Il percorso potrebbe ampliarsi anche agli adiacenti luoghi della Battaglia di Novi, al Forte di Gavi ed ai musei che ospitano cimeli e testimonianze del periodo napoleonico (Tortona, Casale, Castelnuovo), inserendosi a sua volta nel percorso di valorizzazione delle strade di Bonaparte (dalla Costa Azzurra a Marengo, attraverso la Riviera di Ponente e il cuneese) e soprattutto nella Rete europea dei siti napoleonici. c) C'è poi l'impostazione degli storici locali e territoriali, risultata prevalente nei primi incontri del comitato scientifico, cioè un'ottica che potremmo definire in certa misura "anti-napoleonica". È l’approccio di chi considera il 14 giugno 1800 soltanto come uno dei momenti - certo il più noto - della storia millenaria della piana di Marengo: luogo di traffici e poi di scorrerie barbariche in età romana (il celebre "Tesoro di Marengo" disseppellito qui), zona di caccia e curtis regia in età medioevale (ne è testimone la torre volgarmente detta "di Teodolinda"), poi nei secoli campo di diverse battaglie - nel periodo napoleonico ma non solo - ed infine terra di briganti leggendari, in primis il celeberrimo Mayno della Spinetta. Questa commistione di storia, letteratura, tradizione e fantasia ha riscontri in fenomeni di costume come gli spettacoli di burattini dell’8004, in romanzi e racconti più o meno epici, nelle molte "leggende metropolitane" che segnano la storia del museo (i diversi luoghi di morte di Desaix, il leggendario “Pollo alla Marengo” con le sue mille varianti, la figura di Delavo, gli architetti e gli artisti che hanno lavorato alla Villa, la provenienza dei cimeli, la vera origine dei resti dell’ossario, lo strano destino della carrozza di Napoleone...) e in quant'altro ha contribuito a creare un alone di suggestione e passioni intorno a questo luogo. La lettura più accattivante - ed in prospettiva interessante - frutto di questo approccio locale-nazionale è poi quella che sottolinea l'utilizzo propagandistico proto-risorgimentale del luogo e della memoria di Marengo, testimoniato dalla regia occulta di Carlo Alberto di Savoia in occasione della fondazione e inaugurazione del Museo5, ed oggi dalla collocazione dell’età napoleonica all'inizio di molti percorsi museali del Risorgimento, in particolare quelli di Torino e Milano. In ultimo, la variante aggiornata del tradizionale e radicato spirito “antinapoleonico” di gran parte degli alessandrini è costituita dall’atteggiamento critico di settori autorevoli della cultura locale (condiviso anche da molti Amministratori locali), che preferiscono considerare e celebrare Marengo come luogo di sofferenza, di memoria, e soprattutto di pace: una filosofia, che ha trovato le migliori manifestazioni nel Requiem per gli uccisi di Alberto Colla, eseguito in prima assoluta in occasione del Bicentenario, come pure negli studi sulle musiche di Marengo condotti dal progetto Scriptorium del Conservatorio di Alessandria (a cura di Maurizio Benedetti) ed anche negli incontri di poesia organizzati presso il museo nell’ambito della "Biennale di Poesia" di Alessandria, che hanno prodotto un progetto di raccolta ed esposizione di composizioni poetiche originali ispirate alla battaglia, la prima delle quali è stata richiesta al Maestro Mario Luzi. d) Se infine si vorrà dare ancor più rilievo alla vicenda storico-militare, intendendo in un modo scientificamente corretto il termine di museo storico della Battaglia di Marengo, sarà sufficiente sviluppare l'impostazione, ormai anch'essa "storica", dell'allestimento curato dal Museo Civico di Alessandria nel 1967, poi efficacemente integrato nel 1996 - per la cura di Giulio Massobrio, stavolta in veste di collaboratore scientifico dell'Assessorato alla Cultura della Provincia - con l'acquisizione di un'importante collezione di stampe, la realizzazione del relativo catalogo e dei nuovi diorami. Seguire questa impostazione nell'allestimento definitivo dei nuovi spazi al primo piano potrebbe indubbiamente costituire la soluzione più facile, corretta ed economica (seppure con significativi costi di adeguamento), dato che esiste la possibilità di riallestire in forma permanente gran parte del materiale realizzato per la mostra del Bicentenario “Napoleone a Marengo - Dal mito alla storia”, allestita in Cittadella nell'estate 2000: un'ipotesi più volte "sussurrata" e già discussa dai tecnici, ma mai ufficialmente posta all'attenzione delle due Amministrazioni interessate, cosa che io tento di fare in questa sede, così autorevole ed insieme istituzionale. 3. Concludendo, dovrebbe essere chiaro a tutti che nessuna di queste impostazioni può essere attribuita al Direttore del Museo, che si limita piuttosto a tentare di attuare, con gli scarsissimi mezzi a disposizione, le diverse e spesso confliggenti indicazioni scientifiche e politico-amministrative nella sua veste di manager museale e di tecnico sui generis. Anzi, proprio nella mia veste di storico del diritto, ed in particolare di quel particolare ambito definibile come Diritto internazionale del Patrimonio culturale che proprio nell'era napoleonica ha il suo momento di svolta6, avrei semmai interesse a privilegiare l'aspetto storico-istituzionale, legislativo e amministrativo dell'età napoleonica, più volte ricordato come autentico momento unificante della storia moderna europea, magari sottolineando i rapporti controversi tra Napoleone e le opere d'arte; ciò mi darebbe modo di fare giustizia delle accuse improprie - se non ingiuste - di quanti hanno dipinto il Primo Console come un volgare autore di "furti d'arte", invece che come il primo sostenitore dell’idea moderna di museo e di bene culturale.7 Ma questo sarebbe un quinto e ulteriore approccio, che preferisco invece proporre sin d’ora come tema per un prossimo convegno e magari per un mostra. Il mio problema è invece capire - e sono qui per chiedere indicazioni, non certo per proporle - su quale di queste impostazioni è più corretto puntare per preservare il significato profondo di Marengo, riuscendo nel contempo a non sperperare un patrimonio di contenuti così diversi e originali, facendone una risorsa non solo turistica: spero di avere riscontri, se non oggi, almeno nelle prossime occasioni di Forum Marengo, dal momento che finora i molti convegni e dibattiti svoltisi ad Alessandria non hanno sciolto questi dubbi, o forse non li hanno ancora considerati a fondo. Se mi è concesso azzardare una sola valutazione personale, ritengo che il momento unificante di tutte le diverse letture potrebbe essere fornito dalla presentazione di Marengo come esempio - certo non unico, ma emblematico - di uso politico di un evento storico e dello stesso museo: una sorta di laboratorio di storia della comunicazione e della propaganda politica, efficacemente rappresentato dalle oltre cento stampe realizzate su questo evento, secondo i censimenti fatti da Giulio Massobrio e Gianfranco Cairo. Se così fosse, l’emblema di questa impostazione nuova - il logo del museo - sarebbe certamente il "Marengo" d'oro dell’anno IX, così europeo ed insieme italiano (“L’Italie délivrée à Marengo”): e dunque non è fuori luogo che proprio ieri a Marengo, discutendo con i colleghi dell'interessante mostra numismatica allestita a Roma dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali,8 sia scaturita l'ipotesi di proporre alla Zecca dello Stato nel 2002 (che per puro caso è l’anno IX del trattato di Maastricht) il conio di una moneta celebrativa d'oro da 20 Euro, riproducente da un lato il Marengo, con la dicitura "l'Europa nata a Marengo". Un modo per ricordare che proprio da una delle infinite battaglie tra i popoli d'Europa ha preso l'avvio quella fase della nostra storia che potrebbe portare tra non molti anni - siamo in molti a sperarlo - alla nascita di una Federazione degli Stati d'Europa che avrebbe come principio fondante il Diritto dell'uomo a godere del progresso, della cultura e della pace. Massimo Carcione Direttore del Museo della Battaglia di Marengo Note: 1. Come noto, si tratta di un principio sostenuto storicamente dall'ICOM (art. 1.2 e 2.6 del Codice deontologico, Buenos Aires 1986), finalmente sancito anche in Italia dal recente D.M. 10.5.2001 sugli standard museali: cfr. Gazz.Uff. n. 238 del 19.10.2001: ambito VI, punto 5, p.136; ambito VII, punto 3.1, p.236; ambito VIII, punto 1, p.243. 2. La ricerca è stata avviata con l'assistenza degli esperti della Scuola di Specializzazione in Parchi e giardini storici della Facoltà di Agraria dell'Università di Torino: v. M. Devecchi, Il parco di Villa Marengo: un importante esempio di verde storico museale. Proposte di restauro (in c.d.s.), a disposizione nel sito web del Museo www.provincia.alessandria.it. 3. Nel corso di una ricerca condotta dalla Facoltà di Economia di Torino (1999) sono state rilevate anche le seguenti percentuali di interesse nei diversi segmenti di pubblico (circa 300 interviste): 77,1% dei turisti, 81,3% di esperti ed appassionati e addirittura 87,5% del pubblico scolastico. 4. G. Sarina, Napoleone Bonaparte alla battaglia di Marengo (con commento di P.Porta, F.Castelli e R.Melloni) Associazione Sarina di Tortona - Quaderni del Teatro di Animazione, Porretta T., Battello Ebbro, 2000. 5. G. Ratti, Alla periferia del mito - Luci e ombre su Marengo nel secolo XIX, Alessandria, Boccassi e Fissore, 1997; cfr. anche il recente volume La deuxième campagne d'Italie et les conséquences de la Bataille de Marengo, Atti del Convegno della Societé Savoisienne d'Histoire (Chambery, 9/10 novembre 2000), Chambery, Societé Savoisienne d'Histoire - Museo di Marengo, 2001, pp.273-283. 6. Si veda M. Carcione, Napoleone Bonaparte e la concezione moderna di "Bene Culturale". Dalla requisizione delle opere d'arte al Diritto internazionale del Patrimonio, «RNR», 1/2001, pp.185-191. 7. Per un'attenta analisi del fenomeno v. M.E. Tittoni, Le requisizioni delle opere d'arte nella prima campagna d'Italia, in 1796-1797. Da Montenotte a Campoformio: la rapida marcia di Napoleone Bonaparte, Roma, L'Erma, 1997, pp.99-100. 8. Si veda S. Balbi de Caro - M. Nanetti (a cura di), Il lungo cammino dell'Euro (Roma, 3.12.2001-2.3.2002), IPZS-Libreria dello Stato, Roma 2002, p. 196. 8