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Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo 33/2018 a cura della Sezione Archeologica della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo ATTIVITÀ 2016 DELLA SEZIONE PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA SOPRINTENDENZA DI PALERMO STEFANO VASSALLO, CARLA ALEO NERO, GIUSEPPINA BATTAGLIA, MONICA CHIOVARO, ROSA MARIA CUCCO 1 This new contribution aims to provide an overview of the scientific and popular activities carried out, during 2016, by Sezione Archeologica of Soprintendenza BB.CC.AA. of Palermo. In relation to the previous contribution about the activities of 2015, we have tried to create more extensive forms, also correlated with an essential bibliography. Once again, above all the daily work of protecting the territory and the interventions of preventive archaeology (both public and private) have allowed to highlight significant results and archaeological innovations that concern the entire territory of the province of Palermo; of course, the contributions are preliminary reports, however we believe it is right to make available to the scientific community the new data collected, even if still in the study phase. Moreover, the Unità Operativa Beni Archeologici has been engaged – as it has been previously – in activities of scientific valorisation and communication, also with important repercussions in the field of social commitment, confirming the role of cultural "control" that this Institute plays, in spite of everything. INTRODUZIONE L’attività di ricerca e di tutela svolta nel 2016 dalla Sezione Archeologica della Soprintendenza, nel territorio della provincia di Palermo, è stata intensa e ricca di risultati positivi, grazie anche al costruttivo dialogo con gli enti pubblici con i quali si è operato in spirito di collaborazione e di disponibilità nella programmazione degli interventi di archeologia preventiva. Come insito nella natura stessa del lavoro delle Soprintendenze, la possibilità di intervenire in aree non note in precedenza per l’interesse archeologico, in quanto legate solamente ai luoghi nei quali devono essere realizzati i lavori, ha permesso non soltanto di individuare contesti stratificati finora sconosciuti, ma anche di spaziare in periodi storici e fasi culturali che vanno dalla preistoria all’età moderna, consentendo una ricostruzione dei siti più articolata nel tempo e nelle funzioni delle varie parti. È questo il caso di Palermo, dove la plurimillenaria storia della città e della sua periferia, costituitasi anche attraverso complesse trasformazioni culturali e politiche, ci ha dato la possibilità di recuperare, con lo scavo, informazioni sul territorio da età preistorica, com’è avvenuto nelle tombe eneolitiche di via Venere a Mondello, al XX secolo, con la scoperta delle aquile di ferro che ornavano, fino all’ultima guerra, la copertura della Stazione Ferroviaria. Sempre a Palermo sono emersi numerosi dati per una nuova lettura della città medievale di Balarm, nel delicato passaggio dalla fase islamica, con importanti testimonianze di abitato periferico, a quella normanna. Altre indagini, inserite in un contesto più tradizionale di ricerche sistematiche, hanno evidenziato la necessità di operare con continuità in siti più complessi per condurre studi articolati nel tempo, che possano restituire con maggiore profondità di dettaglio la loro storia. Un’attività, questa, difficile da realizzare a causa dei finanziamenti sempre più ridotti e di una carenza ormai congenita dei quadri del personale tecnico nelle nostre Soprintendenze. Il caso più significativo sono gli scavi al castello di Vicari, ripresi dopo qualche anno, in occasione del completamento dei restauri e di valorizzazione del monumento, che ha permesso di indagare una serie di problematiche rimaste insolute nelle precedenti esplorazioni: è stato possibile chiarire meglio l’impianto architettonico dell’area superiore del castello, fra XIII e XIV secolo e definire le fasi più antiche della chiesetta medievale di Santa Maria di Boikos, ubicata alla base del castello, dove sono state messe in luce alcune ricche sepolture trecentesche. Un altro risultato, che riteniamo molto significativo, è l’implementazione del “Notiziario Archeologico” della Soprintendenza di Palermo, strumento di divulgazione rivelatosi prezioso non soltanto per dare notizia 1 Soprintendenza Beni culturali e ambientali di Palermo, Via P. Calvi 13, 90139 Palermo; contatti: vassallo.stefano@gmail.com tel. 0917071455, aleoneroca@gmail.com tel. 0917071217, giuseppina.battaglia@regione.sicilia.it tel. 0917071453, monica_chiovaro@regione.sicilia.it, tel. 0917071454, rm.cucco@libero.it tel. 0917071456. Regione Siciliana Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Dipartimanto dei Beni culturali e dell’Identità siciliana www.regione.sicilia.it/beniculturali Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Palermo sopripa.uo5@regione.sicilia.it S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 2 preliminare dell’attività svolta, ma aperto anche a contributi storici e archeologici su ricerche che riguardano la nostra provincia. Nel 2017 sono stati pubblicati 18 numeri, scaricabili dal sito del Dipartimento dei Beni Culturali e da quello di Academia.edu/Notiziario Archeologico Soprintendenza Palermo, in formato A4. L’elevato numero di visite del sito e di copie scaricate ci incoraggia a proseguire nei prossimi anni con questo strumento di divulgazione efficace e utilissimo a informare in tempo reale delle nostre indagini tutta la comunità scientifica. 1Sito: Palermo, Palazzo dei Normanni, Ala Maqueda. Scoperta del muro esterno del palazzo di età normanna Motivazione e periodo della ricerca: lavori realizzati dall’Assemblea Regionale per la realizzazione del nuovo ingresso turistico al Palazzo. Marzo-Aprile 2016. Responsabili della ricerca: Monica Chiovaro, Antonio Di Maggio, Stefano Vassallo. Risultati: il Palazzo insiste sul punto più elevato della piattaforma calcarenitica sulla quale si sviluppa la città di Palermo, occupata dall’età antica ai nostri giorni senza soluzione di continuità. Il persistente stanziamento nell’area ha generato nei secoli una consistente stratificazione spessa più di 8 metri, come ci indicano saggi di scavo realizzati nel secolo scorso all’interno del Palazzo, confermati dalle recenti indagini. Per questo motivo la Sezione Archeologica della Soprintendenza BB.CC.AA. ha ritenuto opportuno fare precedere i lavori in progetto da uno scavo archeologico, localizzato nel grande ambiente chiamato Ala Maqueda – dal nome del vicerè che ne completò la realizzazione -, all’altezza del grande portale seicentesco che si apre oggi sulla Piazza del Parlamento (fig. 1a, b, c). Il saggio ha consentito di rinvenire strutture archeologiche poste già a pochi centimetri dall’attuale pavimento; infatti, una volta rimosso la pavimentazione dell’ambiente e i sottoservizi, si è messo in luce una possente cortina muraria (fig. 2) spessa m 5,20 ca., costituita da blocchetti sbozzati di arenaria biancastra poco compatta, allettati in filari regolari con malta di terra; la struttura si conserva in elevato per m 2 ca., ha un orientamento NO-SE ed è in parte sfruttata come fondazione della facciata esterna della Fig. 1a La città antica con la localizzazione del Palazzo dei moderna Ala Maqueda, che presenta uno Normanni spessore ridotto rispetto al muro più antico sottostante. La poderosa cortina muraria è a sua volta fondata su un solido basamento che sporge rispetto al muro di 1 metro ca. (fig. 3) e che è costituito, anch’esso, da blocchetti in arenaria biancastra allettati con malta di terra. La costruzione della cortina muraria deve avere intercettato e distrutto una sistemazione precedente dell’area (fig. 4); infatti, nella parte più profonda del saggio sono stati rinvenuti due brevi tratti di muro - in parte sovrapposti - una serie di piani in materiale tufaceo pressato e un pozzo, elementi che sembrano obliterati in tarda età islamica, ma la cui organizzazione, al momento, non è interpretabile. Fig. 1b Il Palazzo nell'aspetto assunto dopo gli interventi seicenteschi http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo Fig. 1c Pianta del Palazzo con localizzazione dell’intervento di scavo Fig. 4 Sulla sinistra in basso, strutture precedenti alla costruzione del muro normanno 3 Fig. 2 Sovrapposizione schematica dell’allineamento della facciata dell’Ala Maqueda con quello del muro rinvenuto durante lo scavo Fig. 3 Particolare del basamento su cui poggia il muro rinvenuto Il basamento della spessa cortina muraria è coperto da una serie di strati che si appoggiano anche al tratto sud-est del muraglione e che, probabilmente, sono relativi alla sua costruzione. Tra i materiali recuperati sono rari i frammenti di catini carenati e, invece, numerose le coppe emisferiche con orlo a breve tesa (fig. 5a). Sono presenti anche reperti di una certa qualità, inconsueti nei contesti palermitani di età medievale, come, per esempio, i frammenti di una coppa con un impasto a base silicea (fritware ?), decorata sulla superficie esterna con incisioni a sinuosi motivi arabeschi e rivestita – su entrambi i lati con una vetrina gialla screpolata (fig. 5b); il reperto è probabilmente un’importazione dall’Egitto o dalla Siria, dove questo tipo di ceramica era prodotta. Un altro frammento significativo è, per esempio, un fondo (ritagliato?) ornato con un elegante uccello acquatico reso in bruno su un fondale smeraldino (fig. 5c), un tipo di decorazione probabilmente di tradizione orientale, forse proveniente dall’area dell’attuale Iraq. Sono presenti anche i frammenti di una coppa decorata all’interno con un motivo pseudo-epigrafico reso con caratteri arabi stilizzati (fig. 5d) e un frammento architettonico (?) in terracotta rivestita con vetrina verde (fig. 5e). 5a 5c 5b 5d 5e Figg. 5a-e I frammenti di materiali rinvenuti durante gli scavi http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 4 Questi reperti confermerebbero l’occupazione dell’area del Palazzo anche in età islamica; interessante, inoltre, la presenza negli stessi strati di pochi ma significativi reperti di età più antica (frammenti a vernice nera di produzione locale, frammenti di sigillata e di anfore bizantine) che, insieme a una moneta di Caracalla (215 d.C.) (fig. 6) recuperata sulla sommità del muro, costituiscono un’ulteriore riprova dell’esistenza ininterrotta di uno stanziamento in questa parte rilevata della città. A un primo esame, questi strati, relativi alla costruzione del muro, sembrano essere databili tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo e sono sigillati da un piano molto compatto e tenace (fig. 7), che abbiamo interpretato come il pavimento di età normanna connesso all’uso del muro. Fig. 6 Moneta dell’impeLa cortina continua rinvenuta, in un momento di poco successivo alla sua ratore Caracalla realizzazione, è stata rimaneggiata per permettere l’apertura di una porta ampia poco più di tre metri e di cui si distinguono i due stipiti interni. La parte più leggibile del varco è quella SE, dove si nota, sul paramento interno e nello spessore del muro, che alcuni conci sono stati riposizionati e allettati con una malta biancastra; inoltre, proprio per sistemare il passaggio, sono stati utilizzati blocchi di grande formato (fig. 4). Contestuale all’apertura della porta è la costruzione di un grande canale per lo smaltimento delle acque all’esterno del Palazzo; il collettore, che attraversava il varco creato dall’accesso, era coperto da grandi lastre litiche (fig. 8), attraversava la cortina muraria e ne tagliava i filari inferiori (fig. 9). L’apertura dell’accesso e la costruzione del canale sembra coincidere con una fase di generale riassetto della struttura muraria, che forse fu anche ispessita e rafforzata, come sembrano indicare anche i grossi blocchi utilizzati per realizzare il paramento esterno del muro (fig. 10), solidali con la risistemazione dell’angolo interno già descritto. La cortina muraria rinvenuta costituisce, probabilmente, il fronte verso la città dell’insediamento che i Normanni al loro arrivo costruirono (o ricostruirono); infatti, le fonti narrano che nel 1072, dopo numerosi attacchi, Roberto il Guiscardo e il Conte Ruggero Fig. 7 Piano pavimentale di età conquistarono la città e ne fortificarono il luogo più rilevato (oppure normanna rinforzarono ulteriormente questo sito arroccato già munito?), innalzando muri e torri. All’inizio l’insediamento normanno dovette avere un carattere militare; il cosiddetto Castrum Superius, citato dalle fonti, doveva essere essenzialmente un grande recinto fortificato dove fare stanziare al sicuro la milizia normanna che era relativamente esigua e che aveva l’impegnativo compito di tenere sotto controllo la ex M’dina. La successiva risistemazione della cortina muraria – con blocchi di dimensioni maggiori rispetto al muro precedente – e l’apertura di una porta verso la città, forse, può essere messa in relazione con la trasformazione del fortilizio in una reggia munita, così come voluto da Ruggero II; al sovrano, infatti, si deve la riorganizzazione del palazzo fortificato. Il nuovo tratto murario rinvenuto, con il suo accesso, si trova a pochi metri di distanza delle absidi della cosiddetta cripta (o Chiesa Inferiore) della Cappella Palatina. Inoltre, anche le fonti sembrano indicare che nella parte del Palazzo rivolta verso la città si aprisse un ingresso che si Fig. 8 Il canale coperto da grandi trovava nei pressi della Cappella Regia. lastre litiche Fig. 9 Sulla sinistra, il canale che taglia i filari inferiori della cortina muraria normanna Fig. 10 Al centro, i grossi blocchi del paramento esterno del muro normanno http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 5 Un saggio di approfondimento aperto sull’odierna Piazza del Parlamento, ha messo in luce un’altra struttura - probabilmente databile alla prima età normanna - appoggiata perpendicolarmente alla spessa cortina muraria e di cui non è stato possibile misurare lo spessore poiché esplorata soltanto parzialmente e per un breve tratto; anche questo muro è costituito da blocchetti in arenaria biancastra allettati con terra (fig. 11). Per la sua localizzazione, prossima alla porta, si potrebbe pensare a un elemento relativo a un sistema collocato a protezione esterna dell’ingresso, oppure pertinente in qualche modo alle strutture congiunte al Palazzo, tra le quali è stata ipotizzata anche l’Aula Verde, descritta dalle fonti come caratterizzata da un insieme di portici e abbellita da una vegetazione rigogliosa; tuttavia, è opportuno ricordare che a tutt’oggi l’esatta Fig. 11 Struttura appoggiata all’esterno del muro normanno localizzazione di questo edificio - all’esterno o all’interno del Palazzo - è ancora dibattuta. Anche il tratto NO (oltre il varco della porta) della cortina muraria si conserva in elevato per m 2 ca. e poggia su un basamento molto sporgente rispetto al muro; al paramento interno della cortina si addossa perpendicolarmente una parete (fig. 12a) che presenta sul fronte settentrionale un rivestimento in intonaco sul quale si trovano alcuni segni (a impressione digitale, a carboncino e a graffito) (fig. 12b). Poiché gli strati relativi a queste strutture si datano all’età moderna, forse i segni grafici sulla superficie intonacata sono in qualche modo connessi alla destinazione d’uso del palazzo nel XVI secolo, sede del tribunale dell’Inquisizione e di una guarnigione militare. In seguito, su questo tratto della cortina muraria, rasato, fu poggiato un pavimento in mattoni di terracotta disposti per taglio, a formare un disegno a spina di pesce (fig. 12a). La realizzazione di questa pavimentazione è probabilmente connessa alle fasi di sistemazione della moderna dell’Ala Maqueda. Fig. 12a Tratto nord-ovest del muro normanno, coperto dal pavimento realizzato con mattoni disposti a “spina di pesce”, la freccia indica la parete che si appoggia perpendicolarmente al muro Fig. 12b Segni realizzati sull’intonaco della parete appoggiata al tratto nord-ovest del muro normanno (rilievo di Valeria Brunazzi) DI FEDE M.S. 2000, Il Palazzo Reale di Palermo tra XVI e XVII secolo, Palermo. DUFOUR L. 1992, Atlante storico della Sicilia – Le città costiere nella cartografia manoscritta 1500-1823, n.16, Palermo. GUIOTTO M. 1957, Palazzo ex Reale di Palermo. Recenti restauri e ritrovamenti, Palermo. LA DUCA R. 1997, Il Palazzo dei Normanni, Palermo. LONGO R. 2011, Il Palazzo Reale di Palermo. La Fabbrica medievale, in M. ANDALORO (a cura di), Il Palazzo Reale di Palermo, Modena, pp. 51-118. ZORIĆ V. 2002, Arx praeclara quam Palatium Regale appellant; le sue origini e la prima cappella della corte normanna, in F. D’ANGELO (a cura di), La città di Palermo nel medioevo, Palermo, pp. 85-193. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 2- 6 Sito: Stazione Centrale di Palermo. Resti dell’abitato e di due fornaci di età islamica Motivo: realizzazione di infrastrutture complementari – centro commerciale, terminal bus e locale archivi – nell'area della Stazione Centrale di Palermo. Ditta: Grandi Stazioni. Periodo di ricerca: luglio – novembre 2016. Responsabili della ricerca: Giuseppina Battaglia, Emanuele Canzonieri Risultati: gli scavi archeologici presso la Stazione Centrale di Palermo hanno restituito nuovi e importanti elementi per ricostruire l’assetto urbano di questo settore meridionale della Palermo islamica (fig. 13). Fig. 13 Planimetria della zona della Stazione Centrale con indicate le due aree d'intervento: 1) “Locale archivio”; 2) “Secondo terminal bus” A Sud-Est dell'attuale Stazione, nell'area del Terminal bus (lato Corso dei Mille), dov’è prevista la realizzazione di un locale destinato ad archivio, è stata scoperta una strada, larga tre metri, con andamento N/S, databile ad età islamica (figg. 14a-b). A ridosso del tracciato stradale, con il medesimo orientamento, sono state messe in luce delle strutture murarie - realizzate con blocchi sbozzati poggiati sul piano roccioso - che definiscono alcuni ambienti (fig. 15), riferibili ad una porzione di abitato esterno alla cerchia delle mura urbiche medievali, che si ritiene corretto mettere in relazione con i recenti ritrovamenti effettuati in Corso dei Mille, durante i lavori per la rete tramviaria. Già nella seconda metà del XIX secolo, a Sud-Ovest dell'attuale Stazione (lato via Oreto) (fig. 16) - nell'area destinata ad accogliere il secondo Terminal bus – i lavori per la realizzazione della linea PalermoBagheria avevano modificato i livelli del suolo, operando profondi tagli e asportando gli strati legati a precedenti fasi di occupazione dell’area, raggiungendo uniformemente lo strato naturale, costituito da calcarenite, la roccia tipica del sottosuolo palermitano. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 7 Figg. 14a-b Particolare dell'area “Locale archivio”: a) Il tratteggio rosso delimita il tracciato stradale; b) Le frecce rosse indicano due dei tre pavimenti stradali Fig. 15 Particolare dell'area “Locale archivio”: zona con tracce di abitato Fig. 16 “Secondo terminal bus”: veduta panoramica In questo stesso spazio erano stati, successivamente, edificati i locali destinati a servizi ferroviari (officina, mensa per i ferrovieri, ecc.). I lavori per la costruzione del nuovo Terminal sono stati realizzati sotto il costante controllo della Soprintendenza, con risultati significativi: negli strati di riempimento superficiali costituiti da discariche di materiali formatesi dopo la seconda guerra mondiale, è stata rinvenuta una delle aquile in metallo (figg. 17a-b) collocata al momento della costruzione della Stazione, alla fine del XIX secolo, come ornamento della tettoia di copertura dei binari, smontata nel corso della Seconda Guerra Mondiale, per il recupero del materiale (fig. 18 da www.siciliaintreno.org). Fig. 17 “Secondo terminal bus”: a) L'aquila smontata, così come rinvenuta durante le indagini; b) una porzione del girale floreale su cui poggiava l'aquila http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 8 Fig. 18 “Secondo terminal bus”: La tettoia di copertura della Stazione Centrale di Palermo (da www.siciliaintreno.org) La scoperta più interessante è però avvenuta nell’indagine dei livelli più profondi, sul piano roccioso, dove sono stati localizzati ed esplorati i resti di due fornaci in mattoni (fig. 19) e cinque cavità scavate nella calcarenite (fig. 20). Le fornaci (A e B), conservatesi parzialmente proprio perché costruite entro profondi tagli nella roccia, presentano una planimetria “a barca”, con uno sviluppo allungato culminante, a una estremità, con una cuspide e sul lato corto opposto con un segmento retto. Entrambe le strutture in laterizi presentano due fasi costruttive sovrapposte che, nel caso della fornace A, danno luogo a un sensibile restringimento. Sul fondo di entrambi i forni, soprattutto del più piccolo forno B, si conservano residui di calce bianca. La funzione di calcara contraddistingue un momento d'uso dei due forni, mentre per quanto concerne l’altro periodo produttivo si dispone solamente di consistenti scarichi di materiale ceramico allocato sia in una fossa adiacente alla fornace A, sia nelle colmature delle sopraccitate cavità, a circa 40 m a SE delle stesse fornaci. Tutti gli strati hanno restituito un corposo quantitativo di forme ceramiche databili, per associazione ad anfore con ansa solcata (fig. 21) e a lucerne a piattello e a cupoletta (fig. 22), tra la fine del IX e la prima metà del X secolo. Un veloce esame delle forme evidenzia una notevole uniformità e la preponderanza di due tipi ceramici: vaso a sezione tronco-conica con due anse verticali opposte e fondo umbonato; contenitore a profilo cilindrico, sempre con fondo umbonato e orlo a tesa. Fig. 19 “Secondo terminal bus”: le fornaci A e B in mattoni Fig. 20 “Secondo terminal bus”: le cinque cavità nei pressi delle fornaci utilizzate come scarichi http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 9 Significativa anche la presenza di ceramica da fuoco, fra cui si distingue la pentola con corpo globulare e piccolo orlo svasato. In sintesi, queste indagini confermano il quadro di quartieri artigianali nati nella prima fase islamica della città, in una zona periferica, esterna a quello che successivamente sarà l’abitato palermitano chiuso dalla cinta fortificata della seguente età normanna. Fig. 21 “Secondo terminal Fig. 22 “Secondo terminal bus”: ALEO NERO C. cds, Palermo. Ceramica da bus”: Frammenti di anse sol- Lucerna a piattello e cupoletta dalla contesti urbani di età medievale, cate provenienti dallo scari- cavità “D” circolazione e consumo. Lo scavo nel co adiacente alla fornace A Convento di Sant'Antonino (2013), in Atti XLVIII Convegno Internazionale sulla Ceramica, Savona (2015). BATTAGLIA G., RIOLO L., ANICETI V. 2016, Produzioni artigianali nella Palermo islamica, in Notiziario Archeologico Soprintendenza Palermo, poster n. 19. BATTAGLIA G., CANZONIERI E. 2016, Fornaci e scarichi alla Stazione, in Notiziario Archeologico Soprintendenza Palermo, poster n. 18. GUADAGNINO G., PEZZINI E. 2014, Ceramiche di età islamica rinvenute tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento durante i lavori per la costruzione della stazione ferroviaria e delle case dei ferrovieri di Palermo, in Atti XLVI Convegno Internazionale della Ceramica. Ceramica e Architettura, Savona 24-25 Maggio 2013, pp. 337-349. MAURICI F. 2015, Palermo araba. Una sintesi dell’evoluzione urbanistica, Palermo. SPATAFORA F., BIFARELLA A., PAPA M. A., SCIORTINO G. 2012, Palermo. L’area archeologica di via Imera: notizie preliminare e spunti di ricerca, in Archeologia Postmedievale, 16, pp. 61–67. 3)- Sito: Palermo, Piazza Tarzanà Motivazione e periodo ricerca: lavori di restauro ricostruttivo di immobile privato. Settembre 2016. Responsabili della ricerca: Monica Chiovaro, Antonio Di Maggio. Risultati: l’intervento, ricadente all’interno del centro storico della città e prossimo all’odierna Cala (fig. 23), ha messo in luce un livello di terra melmosa posto a m 1,25 ca. s.l.m., tagliato dalle fondazioni di una struttura di età moderna, in grandi blocchi di arenaria giallastra. Nello strato, povero di frammenti ceramici, non diagnostici, sono state rinvenute numerose vertebre di grossi pesci, alcune ancora in connessione anatomica. Fig. 23 Palermo, Piazza Tarzanà, inquadramento topografico http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 10 Questa terra ricopriva una struttura muraria a doppio paramento, costituita da blocchetti di calcare biancastro grossolanamente sbozzati in facciavista, allettati senza malta (fig. 24); il muro si trovava nei pressi dell’angolo ovest dell’area indagata. La struttura era orientata diversamente rispetto a quella di età moderna, grossomodo in senso nord-ovest/sud-est (fig. 25); si conservava per una lunghezza massima di m 3,60 ca. ed era spessa cm 60/65. La parte nord era stata tagliata dalla costruzione in blocchi di arenaria di età moderna e pertanto il muro a doppio paramento era anteriore a queste strutture; probabilmente si può fare risalire la sua cronologia all’età medievale, senza tuttavia essere in grado di precisarne ulteriormente la datazione. Purtroppo la struttura è stata – nel giro di poche ore - sommersa dall’acqua. Un piccolo saggio lungo il paramento est del muro ha consentito di verificare che era costituito da almeno due filari, di cui quello inferiore leggermente sporgente rispetto al primo; sembra, pertanto, che si tratti già di una fondazione. E’ stato possibile mettere in luce anche qualche altro blocco dello stesso materiale situato poco più a Est dell’allineamento rinvenuto e ciò ha fatto supporre la presenza di un’altra struttura - perpendicolare alla prima (fig. 26) – che è stata, però, sommersa immediatamente. Vista la vicinanza alla costa, si può ipotizzare che i brevi tratti di muro rinvenuti siano relativi a edifici in cui si svolgevano attività legate al mare; inoltre, il toponimo della piazza rimanda chiaramente alle citazioni dell’arsenale nuovo (per distinguerlo da quello più antico, probabilmente risalente all’età islamica, i cui resti sono stati rinvenuti in recenti interventi archeologici realizzati nell’area della vicina Piazza Marina) indicato proprio come “tarzanà” nei documenti del Fig. 24 Struttura muraria a doppio paramento tardo medioevo. Fig. 25 Particolare della struttura a doppio paramento Fig. 26 Ricostruzione ipotetica delle strutture rinvenute (rilievo di Antonio Di Maggio) D’ANGELO F., PEZZINI E. c.d.s., La gestione delle acque a Palermo in età medievale. SPATAFORA F. et alii 2012, Palermo. Uno scavo d'emergenza nell'area di Piazza Marina, in Sicilia occidentale. Studi, rassegne, ricerche, Atti VII Giornate Internazionali di Studi sull'area elima (12-15 ottobre 2009), II, Pisa, pp. 23-36. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 4)- 11 Sito: Palermo, Palazzo Scavuzzo Trigona di Sant’Elia Motivazione e periodo ricerca: lavori di restauro dell’edificio, 2016. Responsabili della ricerca: Carla Aleo Nero, Antonio Di Maggio, Giancarlo Guadagnino. Risultati: nell’ambito dei lavori di restauro di Palazzo Trigona (fig. 27) – dove, in un intervento precedente, era stato messo in luce un lembo di necropoli di età ellenistica - la Soprintendenza ha avuto modo di realizzare uno scavo in un ambiente dell’edificio, situato al piano terreno, lungo la via Garibaldi. Fig. 27 Stralcio della carta tecnica, scala 1:500, in rosso localizzazione delle fornaci L’indagine ha consentito di mettere in luce, tra l’altro, in un angolo del vano oggetto dell’indagine, poco più della metà di una fornace (figg. 2829) destinata alla cottura di tegole (figg. 30-31), forse anche laterizi, probabilmente databile all’età islamica sulla base dei pochi frammenti ceramici rinvenuti. La struttura, a pianta circolare, del diametro di circa 3 m e conservata relativamente alla camera di combustione per un’altezza di circa 2 m, è costruita in mattoni crudi, i quali presentano la faccia, esposta al fuoco vivo, vetrificata (fig. 32); la suola della camera di cottura era sostenuta da un sistema di archi e pilastri, anch’essi in mattoni crudi di varie dimensioni. La fornace ricade all’interno dello spazio urbano di età medievale, nel settore sudorientale, precisamente nei pressi di altri impianti destinati alla produzione ceramica, già rinvenuti in precedenti interventi di tutela della Soprintendenza. Calcestruzzo moderno Fig. 28 Veduta della fornace Fig. 29 Interno della fornace, prefurnio Figg. 30-31 Scarto di fornace costituito da un gruppo di tegole fuse per l’elevata temperatura http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Fig. 32 Interno della fornace, tracce di un arco di sostegno della suola Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 12 Ci riferiamo, in particolare, alle due fornaci, di cui una del tipo a barre, scoperte nel vicino Teatro di Santa Cecilia (fig. 27, localizzazione dell’impianto) e databili all’età normanna, ed agli scarichi di materiale ceramico e scarti di fornace rinvenuti, il primo nei pressi dell’Arco dei Cartari, databile alla tarda età islamica, il secondo a Palazzo Lungarini, di età normanna. Inoltre, distanziatori di fornace – indicatori inequivocabili di attività produttiva relativa agli oggetti fittili – sono stati rinvenuti anche nella vicina via Vetriera. Il dato sembra indicare che nello stesso comprensorio artigianale erano concentrati vari impianti dello stesso tipo; inoltre, il quadro distributivo di queste strutture, sebbene ancora provvisorio e oggetto di uno studio che si è appena avviato, evidenzia che il maggior numero di impianti relativi alla produzione della ceramica fossero localizzati nella parte meridionale della città, anche se bisogna considerare la scarsa disponibilità di dati relativi al settore settentrionale dell’area urbana in età medievale. Più in generale è possibile osservare che la maggior parte di attestazioni relative ad attività produttive a Palermo nel Medioevo riguarda gli stabilimenti per la produzione della ceramica, anche se sono testimoniati anche altri tipi di attività quali, per esempio, la produzione del vetro, la lavorazione dei metalli o della cannamele. ALEO NERO C. 2016, Attività produttive a Palermo nel Medioevo, in Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo, poster n. 16. D’ANGELO F. 2012, Un "gectaturi" del XII secolo a Palermo: lo scarico di fornace di Palazzo Lungarini, in «Archeologia Postmedievale» 16, pp. 35-43. SPATAFORA F. 2005, Da Panormos a Balarm. Nuove ricerche di archeologia urbana. Palermo, pp. 66-71. SPATAFORA F., CANZONIERI E., DI LEONARDO L. 2012, Ceramica da mensa nella Palermo di XI secolo: dalla fornace al butto, in «Archeologia Postmedievale» 16, 23-33. SPATAFORA F., DI LEONARDO L. 2012, Palermo (Palazzo Trigona): su un lembo di necropoli tardo-ellenistica, poster in La Città e le città della Sicilia antica, Pisa 18 – 21 dicembre 2012, Atti delle Ottave Giornate Internazionali di Studi sull’area elima e la Sicilia occidentale nel contesto mediterraneo. 5)- Sito: Palermo, Via del Celso, Palazzo Barone Fraccia Motivazione e periodo ricerca: saggi preventivi, 2016. Responsabili della ricerca: C. Aleo Nero, E. Canzonieri. Risultati: nell’area di sedime del palazzo, distrutto dai bombardamenti dell’ultimo conflitto e utilizzata negli anni ’50-’60 quale sede di un’arena all’aperto ed in seguito come parcheggio, è stato realizzato un ampio saggio preventivo per verificare l’interesse archeologico (figg. 33-34). Le indagini hanno dato risultati estremamente positivi e saranno, a breve, oggetto di una comunicazione specifica; infatti, sono stati messi in luce i resti in fondazione di una grande struttura muraria molto probabilmente ricollegabile alla fortificazione della Palermo punica di età ellenistica, di cui era già stata documentata l’esistenza a poca distanza da questo rinvenimento, sia verso Est (Palazzo Trabia in via Candelai), sia verso Ovest (Palazzo S. Isidoro). Nel saggio di scavo, ampio circa m 11 x 11 e posizionato in prossimità del muro fondale dell’arena, si è evidenziato che le fondazioni del palazzo Barone Fraccia, il cui impianto probabilmente risale ad epoca cinquecentesca, affondano direttamente nei depositi Fig. 33 Stralcio della carta tecnica, scala 1:500, evidenziata in rosso l’area del palazzo del barone Fraccia archeologici, che qui si conservano per uno spessore di circa 2,50 metri, a partire dalla quota dell’attuale via del Celso (fig. 35). Oltre agli strati relativi alle fasi edilizie di impianto ed uso connesse al palazzo, sono venuti alla luce i livelli pertinenti alle fasi medievali e le strutture risalenti all’età ellenistica, insieme ad abbondante quantità di materiali ceramici. Tali ritrovamenti confermano che ci troviamo in piena area dell’abitato dell’antica Panormos. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 13 Alla profondità di circa 2 m è stata riportata in luce una poderosa struttura muraria per un tratto di circa 5 m, spessa circa 2 m, orientata in senso E-O; l’apparecchiatura dei blocchi è irregolare, con notevoli eccedenze e rientranze rispetto al filo esterno. La possente struttura, conservata per due filari su un allettamento di scaglie calcarenitiche a regolarizzare il fondale roccioso, utilizza conci di reimpiego; si ritiene di avere intercettato il fronte interno della linea settentrionale delle fortificazioni della città punica, mentre, invece, lo spazio limitato non ci ha consentito di mettere in luce il prospetto esterno nord delle fortificazioni, che rimane probabilmente sotto il muro fondale dell’arena (fig. 36). Fig. 34 Ubicazione del saggio 1 e planimetria generale dello scavo, s. 1:100 Fig. 35 Saggio 1 a inizio scavo Fig. 36 Saggio 1 a fine scavo La fortificazione ingloba una più antica costruzione ad essa perpendicolare – cioè con orientamento N-S realizzata con tecnica a telaio, sicuramente pertinente a più antichi edifici dell’abitato punico. Contrariamente a quanto riscontrato nel tratto di fortificazioni messo in luce nello scavo di Palazzo Trabia in via Candelai, che costituisce per molti aspetti tecnici un valido riscontro, non si conserva l’elevato a grossi conci, ma soltanto le fondazioni in blocchi di pezzatura variabile ed apparecchiati molto irregolarmente. Così come già si è potuto osservare nel caso di Palazzo Trabia, sembra che le mura di fortificazione abbiano obliterato e inglobato edifici di età ellenistica - che qui si conservano in peggiore stato - utilizzandone anche il materiale da costruzione, sicché tale evento documenta ancora una volta, sul fronte nord del terrazzo calcarenitico su cui sorgeva la città, il definitivo mutamento della destinazione d'uso di porzioni dell’abitato in spazi utilizzati per scopi difensivi. SPATAFORA F. 2012, Rassegna d’archeologia: scavi nel territorio di Palermo (2007-2009), in AMPOLO C. (a cura di), Sicilia occidentale. Studi, rassegne, ricerche, Atti VII Giornate Internazionali di Studi sull’area elima (12-15 ottobre 2009), II, Pisa, pp. 13-22. ALEO NERO C. 2012, Reperti ceramici medievali e postmedievali dallo scavo presso le mura urbiche di Via Candelai a Palermo, in Atti Convegno Internazionale della Ceramica XLIV/2011, Firenze, pp. 299-312. 6- Sito: Viale dell'Olimpo, Partanna-Mondello. Scoperta di un tratto di Qanat Motivo: posa della rete dell'Alta Tensione da Tommaso Natale a Pallavicino. Ditta: TERNA. Periodo di ricerca: gennaio – giugno 2016. Responsabili della ricerca: Giuseppina Battaglia, Giuseppa Maria Scopelliti. Risultati: durante la sorveglianza archeologica per la posa della rete dell'Alta Tensione, in viale dell'Olimpo è stato rinvenuto un breve tratto di un qanat, con andamento NW/SE, all'altezza della via Panzini, nei pressi dell'aiuola-spartitraffico (figg. 37-38). La sommità si trova a una profondità di circa 1 m dall'attuale piano stradale e l'altezza complessiva supera i 3 m; all'interno del canale è stata collocata, in tempi recenti, una conduttura. Fig. 37 Tratto del qanat individuato durante i lavori per la posa del cavo dell'alta tensione http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 14 Fig. 38 Planimetria generale dell'area d'intervento TERNA: 1) Porzione necropoli eneolitica di Viale Venere; 2) Segnalazione di una tomba eneolitica in Via Marte n.2; 3) Tratto di qanat in Viale dell'Olimpo/Panzini BIANCONE V., TUSA S. 1997, I qanat dell’area centro-settentrionale della Piana di Palermo, in Archeologia e Territorio, Palermo, pp. 375–389. GUELI D. 2002, Palermo sotterranea. Per il recupero, la salvaguardia, la conoscenza della città nascosta, Palermo. TODARO P. 2002, Guida di Palermo sotterranea, Palermo. 7- Sito: Viale Venere, Mondello. Tombe a pozzo di età eneolitica Motivo: posa della rete dell'Alta Tensione da Tommaso Natale a Pallavicino. Ditta: TERNA. Periodo di ricerca: gennaio – giugno 2016. Responsabili della ricerca: Giuseppina Battaglia, Giuseppa Maria Scopelliti, Paola Vaccarello (rilievo). Sintesi: durante la sorveglianza archeologica per la posa della rete dell'Alta Tensione, in viale Venere, tra i civici 9 e 11, sono state rinvenute tre tombe a cella ipogeica precedute da pozzetto (T.1, T.2 e T.3), scavate nella roccia tenera, sabbiosa, bianca, molto friabile (fig. 39). Lo scavo si è effettuato all'interno della trincea larga circa 1,5 m realizzata per la posa dei cavi (fig. 40). Le celle presentano pianta sub-circolare del diametro compreso fra 1,5 e 2 m, altezza di circa 1 m e si attestano a circa – 1,70 m dal piano stradale. Si tratta certamente di deposizioni multiple i cui resti si sono rinvenuti in un pessimo stato di conservazione e dei quali sono in corso le analisi radiocarboniche e osteologiche. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo Fig. 39 Planimetria con la localizzazione delle tombe rinvenute 15 Fig. 40 Trincea con la cella della tomba 1 sulla sinistra Nel 1970, in via Marte 2, a meno di cento metri in linea d'aria dal ritrovamento attuale, venne individuata una tomba analoga a queste tre. In base alla tipologia delle strutture funerarie e dei corredi in esse rinvenuti, si ipotizza l'esistenza di una necropoli databile all'Eneolitico Antico che occupa un'area abbastanza estesa (fig. 41). Tomba 1 con pozzetto d'accesso verticale a SW della cella che era stata tagliata da un precedente scavo per la posa di una condotta Fig. 41 Planimetria dell'area del rinvenimento: 1) tombe indagate; 2) tomba elettrica (fig. 42). segnalata Il corredo – collocato a SE ed attribuibile alla facies di San Cono-Piano Notaro – è costituito da un'olletta a corpo ovoidale integra, un'olla a corpo globulare e orlo svasato, lacunosa, due olle (?) con orlo svasato di cui si conservano solo alcuni frammenti, una scodella tronco-conica lacunosa, una tazza con ansa a nastro insellata integra (fig. 43), una conchiglia (arctica islandica?). Nel pozzetto (fig. 44), fra il pietrame di riempimento, è stata rinvenuta, inoltre, una grossa scheggia in quarzite con ritocco laterale destro. Si tratta probabilmente di uno strumento di scavo (pick), come quelli rinvenuti in diverse necropoli coeve nella Sicilia occidentale. Fig. 42 Tomba 1: rilievo sezione e pianta (rilievo di Paola Vaccarello) http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 16 Diversamente dalla tomba 1, per le tombe 2 e 3 manca parte dei pozzetti d'accesso a causa dell'apertura della trincea, mentre le celle erano integre al momento della scoperta. Tomba 2 con pozzetto d'accesso verticale a NE della cella, tangente a quello della T.3. Il corredo – collocato a SE ed Fig. 43 Tomba 1: elementi del corredo attribuibile alla facies di funerario in corso di scavo San Cono-Piano Notaro – è costituito da una tazza carenata con decorazione excisa riempita di ocra rossa e priva dell'ansa, una tazza a corpo ovoidale priva dell'ansa, un'olla globulare con orlo leggermente svasato, integra. Completavano il corredo Fig. 45 Tomba 2: elementi del corredo Fig. 44 Tomba 1: apertura del pozzetto verso la cella diverse conchiglie e una funerario in corso di scavo lastra litica utilizzata probabilmente come poggiatesta, con evidenti tracce di ocra rossa (fig. 45). Alcune ossa lunghe si trovavano collocate a NW – nei pressi dell'imboccatura della cella – e presentano anch'esse evidenti tracce di ocra rossa. Tomba 3 con pozzetto d'accesso a piano inclinato a W della cella, tangente a quello della T.2 e chiuso da due lastre litiche, poste di taglio, una alla sommità e l'altra alla base. Il corredo – collocato a W, davanti all'imboccatura della cella ed attribuibile alla facies di San ConoPiano Notaro – è costituito da due olle globulari con orlo leggermente svasato, integre (fig. 46). Qui si è riscontrato il peggiore stato di conservazione dei resti umani; infatti, di una deposizione in giacitura supina vi era solo un'impronta di “polvere” Fig. 46 Tomba 3: elementi del corredo funerario in corso di scavo d'ossa e due ossa lunghe, collocate nei pressi dell'ingresso a S, fra l'impronta dello scheletro e la parete. Un'altra caratteristica di questa cella è la presenza di una banchina ricavata lungo la parete verso N. In questa zona, oltre alla già ricordata tomba di Via Marte 2, si conoscono la necropoli e il villaggio di Valdesi – che si trovano nella fascia pedemontana fra il Viale Regina Margherita e Monte Pellegrino, al limite del Parco della Favorita – e il villaggio del Giusino sempre all'interno della Favorita. DI STEFANO C.A. 1991, Una tomba dell'età del rame alle falde occidentali del Monte Pellegrino, in Panormus III pp. 135-152. MANNINO G. 2008, Guida alla preistoria del Palermitano, Palermo. TUSA S. 1999, La Sicilia nella preistoria, Palermo. (**), http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 8- 17 Proposta per il redigendo PRG della città di Palermo delle aree d'interesse archeologico Periodo: 2016. Referente: Giuseppina Battaglia – Paola Vaccarello. Risultati: nell'elaborare la proposta per la tutela delle zone archeologiche presenti nel territorio comunale da inserire nel redigendo P.R.G. di Palermo, si è effettuato un lavoro di ricerca e di analisi relativo all'archeologia dei paesaggi: dalla toponomastica ai documenti d'archivio, dalla cartografia antica all'iconografia. Grazie a questa lettura incrociata dei dati e alla opportunità offerta dalla realizzazione di alcuni lavori pubblici, si sono effettuati scavi archeologici d'emergenza che hanno contribuito ad aggiungere alcuni tasselli alla conoscenza della città antica e del suo suburbio. Così, in diversi casi, si sono ampliate le perimetrazioni delle aree già tutelate ma, soprattutto, è stato possibile inserire nuove aree d'interesse archeologico. A – Attuale piano regolatore con le aree d'interesse archeologico B – Proposta per il nuovo piano regolatore con le aree d'interesse archeologico http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 18 AA.VV. 2011, Bozza di manifesto per la società dei territorialisti/e. CHIRCO A. 2006, Palermo la città ritrovata. Itinerari fuori le mura dalla Conca d’Oro ai Colli a Mondello, Palermo. Comune di Palermo, Relazione Generale «Palermo città di città» - Variante generale P.R.G., Palermo Novembre 1994. DE SETA C., DI MAURO L. 1981, La città nella storia d’Italia. Palermo, Roma-Bari. DI STEFANO C.A., MANNINO G. 1983, Carta archeologica della Sicilia. Carta d'Italia F. 249, Palermo. LO PICCOLO F. 1995, In rure sacra. Le chiese rurali dell’ agro palermitano dall’indagine di Antonino Mongitore ai giorni nostri, Palermo. MAURICI F. 2015, Palermo araba. Una sintesi dell’evoluzione urbanistica, Palermo. SPATAFORA F. 2004, Palermo, la città punico-romana. Guida breve, Palermo. TAMBURELLO I. 1998, Rinvenimenti e storia degli scavi, in Palermo punica, Palermo, pp. 107–118. 9- Sito: Altavilla Milicia, Chiesa di Santa Maria di Campogrosso (San Michele del Golfo) Motivazione e periodo ricerca: campagna di scavi archeologici in convenzione tra la Soprintendenza di Palermo, l'Istituto di Archeologia ed Etnologia di Wroclaw e l'Istituto di Archeologia ed Etnologia di Varsavia, anno 2016. Responsabili della ricerca: Slawomir Mozdzioch e Tadeusz Baranowski. Referenti per la Soprintendenza: Valeria Brunazzi, Monica Chiovaro, Stefano Vassallo. Risultati: nell’anno 2016 lo staff del Centro Ricerche sulla Cultura della Tarda Antichità e dell’Alto Medioevo dell'Istituto di Archeologia ed Etnologia dell’Accademia Polacca di Scienze ha continuato le operazioni di scavo ad Altavilla Milicia - in convenzione con la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo - nella chiesa di San Michele del Golfo (figg. 47-50). Fig. 47 Veduta verso Ovest dal sito della chiesa di San Michele del Golfo http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 19 Fig. 48 Foto aerea con indicazione dell’area della chiesa Fig. 49 Foto aerea della chiesa vista da Sud-Est Fig. 50 Resti della facciata della chiesa di S. Michele del Golfo L’obiettivo della ricerca era chiarire il momento di fondazione e di abbandono sia della chiesa, sia del monastero, citato dalle fonti e del quale non è stata scoperta ancora l’ubicazione. Secondo i documenti, la fondazione del monastero avvenne nella seconda metà dell’XI secolo, ad opera o del Conte Ruggero (poco prima del 1072, anno della conquista di Palermo) o di Roberto il Guiscardo. Negli anni successivi l’abazia ampliò il proprio territorio di influenza, fino dell’inevitabile conflitto - tra 1172 e il 1174 - con i terreni del confinante monastero di Santa Maria di Ammirato (dell’Ammiraglio). Nella seconda metà del XIII secolo, sotto il dominio degli Angioini, cominciò un periodo di declino del monastero e nell’anno dei Vespri Siciliani (1282) tutta la zona del fiume San Michele fu saccheggiata. In un documento del 1285 è citato per l’ultima volta l’abate di Campogrosso. Dopo secoli di silenzio, nel XVI sec. la chiesa - indicata ora come San Michele del Golfo – è ricordata come un luogo abbandonato, frequentato da briganti che si nascondevano tra le rovine dell’edificio; per questo motivo ne fu decisa la sconsacrazione e la distruzione. Gli interventi di scavo del 2016 si sono realizzati sia all’esterno della chiesa, lungo il muro sud (figg. 51a-b), sia all’interno, nei pressi del presbiterio e del transetto. Lo scavo all’esterno ha consentito di mettere in luce parte di un’area cimiteriale nella quale sono stati rinvenuti 17 inumati, orientati in senso est/ovest e senza alcun tipo di corredo (figg. 52a-b). http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 20 Fig. 51a Il muro sud della chiesa Fig. 52a Parte orientale dell’area cimiteriale rinvenuta Fig. 51b Ortofotopiano dell’area di scavo lungo il muro sud della chiesa Fig. 52b saggio 1, tomba 1 (disegno di E. Guminska) L’esame antropologico ha rivelato che si tratta di 7 tombe maschili, 4 femminili e 6 di bambini. In particolare, notevole è la monumentale tomba n. 4, costituita da blocchi litici (figg. 53a-b), e la n. 8, che presenta una sistemazione in pietra all’altezza della testa del defunto. Quest’ultima sepoltura è stata riusata più volte, come testimonia la presenza di alcuni resti ossei che non sono pertinenti all’inumato in connessione. Per quanto riguarda la cronologia, le tombe sono certamente successive alla costruzione della chiesa, alla cui struttura si appoggiano; inoltre, in una delle sepolture infantili, sono state rinvenute due monete: si tratta di un denaro cosiddetto enriciano, coniato nella zecca di Lucca, e di un altro coniato da Thibaud II, reggente di Champagne. Questo tipo di emissioni giunsero in Sicilia probabilmente nella seconda metà del XII secolo, a seguito degli spostamenti dei pellegrini che si recavano in Terra Santa; inoltre, la cronologia sembra confermata dalla datazione C14 di un’altra delle sepolture infantili. E’ stato rinvenuto anche un interessante frammento di stele funeraria con iscrizione in caratteri cufici, che riporta un frammento di sura del Corano (9:33) (fig. 54). Fig. 53a La tomba 4 al momento dello scavo Fig. 53b Ortofoto della tomba 4 Fig. 54 Fr. di stele funeraria con iscrizione in caratteri cufici La costruzione di una chiesa di queste dimensioni in un’area rurale può essere interpretata come volontà di dimostrare la potenza dei nuovi governanti cristiani, oltre che di controllare il percorso che univa l’Est con l’Ovest dell’isola. L’edificio era costituito da un’unica navata e tre absidi poste sul lato orientale del transetto (fig. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 21 55); le fondazioni della navata e del transetto poggiano direttamente sulla roccia. Sui blocchi della costruzione si trovano segni dei lapicidi; ne sono stati identificati almeno un centinaio, alcuni simili a quelli usati nella costruzione del duomo di Cefalù o del Castello di Maredolce di Palermo. L’analisi delle incisioni conferma che l’edificio presenta una fase costruttiva unitaria, senza ripensamenti in corso d’opera. Per quanto riguarda la planimetria, chiese simili sono presenti nell’Italia meridionale, ma anche nell’Europa occidentale. Le indagini condotte con metodi non invasivi (elettroresistenza, georadar, magnetometria) (fig. 56a) del terreno circostante l’edificio hanno confermato la presenza di strutture regolari sia a Ovest, sia a Sud della chiesa (fig. 56b), dove potrebbero trovarsi i resti del monastero relativo all’edificio e dove si spera possano riprendere le ricerche. Fig. 55 Pianta delle strutture della Fig. 56a Momento della realizzazione delle chiesa e fotopiano della facciata indagini condotte con metodo non invasivo esterna della parete sud Fig. 56b Rilievo dei risultati delle indagini realizzate con metodo non invasivo GUIOTTO M. 1955, La chiesa di S. Michele in territorio di Altavilla Milicia, in Atti del VII Congresso Nazionale di Storia dell’Architettura, Palermo. MOŹDZIOCH S., BARANOWSKI T., STANISŁAWSKI B. 2017, Rapporto preliminare della I campagna di scavi archeologici condotti nel sito della Chiesa di Santa Maria di Campogrosso (San Michele del Golfo) – Altavilla Milicia-PA, Notiziario Archeologico Soprintendenza Palermo, n. 19, pp. 1-13. ZORIČ V. 1989, Alcuni risultati di una ricerca nella Sicilia Normanna: i marchi dei lapicidi quale mezzo per la datazione dei monumenti e la ricostruzione dei loro cantieri, in Actes du VIe Colloque International de Glyptographie de Samoens, Braine-Le-Château, pp. 567-649. 10- Sito: Castronovo di Sicilia - Monte Kassar, Casale San Pietro, Colle San Vitale Motivazione e periodo ricerca: campagna di scavi archeologici in convenzione tra la Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo, l’Università di Roma “Tor Vergata” e l’Università di York - progetto di ricerca “Sicily in Transition”, settembre 2016. Responsabili della ricerca: Alessandra Molinari, Martin Carver. Referenti per la Soprintendenza: Monica Chiovaro, Stefano Vassallo. Risultati: durante la terza campagna del progetto internazionale SICTRANSIT sul Monte Kassar (figg. 57a-b) è stata scavata l’area della cosiddetta “casermetta” (fig. 58), già in parte nota grazie a indagini realizzate nel secolo scorso; le ricerche hanno permesso di ricostruire le vicende edilizie dell’edificio, che era situato in un’area non occupata da strutture precedenti. I pochi manufatti ceramici rinvenuti fanno datare gli strati di abbandono delle strutture all’età altomedievale ed è interessante la compresenza, nei crolli delle coperture, di coppi striati insieme a tegole vacuolate, striate o prive di decorazione. Fig. 57a Localizzazione del Kassar di Castronovo Fig. 57b Rilievo delle fortificazioni del Kassar http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo Per quanto riguarda l’interpretazione, l’edificio probabilmente costituiva l’alloggio di una guarnigione, vista la sua vicinanza a una delle porte che si aprono nella possente cortina muraria del Kassar (fig. 59). Un altro intervento ha interessato l’area del casale San Pietro (fig. 60), dove è stato aperto un saggio nel quale si è messa in luce una interessante sequenza stratigrafica che si sviluppava, senza soluzione di continuità, dall’età tardoantica fino al XII secolo, quando l’area fu destinata all’uso agricolo. Gli strati più antichi erano associati a una struttura muraria che già tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo fu inglobata nella costruzione di nuovi edifici. Tra il X e XI secolo il complesso fu ampiamente rimaneggiato, mentre l’intera area venne definitivamente abbandonata alla fine del XII secolo (figg. 61a, b). La ceramica rinvenuta, principalmente anfore e catini invetriati, è costituita soprattutto da produzioni palermitane sia per quanto riguarda l’età islamica, sia relativamente ai livelli normanni. Inoltre, sono stati rinvenuti due anelli di epoca bizantina in lega di rame (uno con castone ovale decorato con un uccello e l’altro con un motivo a occhi di dado) e due monete di età normanna (mezzo follaro di Guglielmo I e un follaro di Guglielmo II). Relativamente ai risultati archeozoologici, anche se preliminari, è interessante l’attestazione – per l’età islamica – di un’alta percentuale di suini, oltre che di caprini. Indagini sono state realizzate anche nel centro storico di Castronovo (di cui è stato mappato l’intero patrimonio edilizio) e alle pendici del Colle San Vitale; sono stati individuati alcuni fabbricati di notevole interesse ed è stato possibile definire il nucleo originario del centro urbano. Lo studio ha mostrato anche l’esistenza di un sistema di gestione delle acque integrato tra l’antica area urbanizzata e la vallata destinata allo sfruttamento agricolo. 22 Fig. 58 Area della cosiddetta “Casermetta” Fig. 59 Particolare di un tratto della cortina muraria del Kassar Fig. 60 Il Casale San Pietro Figg. 61a-b L’area di scavo nei pressi del Casale San Pietro CARVER M., MOLINARI A. 2015, Sicily in Transition Research Project. Investigations at Castronovo di Sicilia. Results and Prospects, in The Journal of Fasti Online 2016 (www.fastionline.org). CARVER M., MOLINARI A. et alii 2017, Ricerche 2016 a Castronovo di Sicilia. Sicily in Transition (Progetto E R C advanced grant 2016-693600), in Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo n. 23. VASSALLO S. et alii 2015, La fortificazione bizantina del Kassar. Relazione di scavo 2005, Palermo. VASSALLO S. et alii 2016, Attività 2015 della Sezione per i Beni Archeologici della Soprintendenza di Palermo, in Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo n.9, pp. 26-27. VILLA A. 1997, Indagini archeologiche e ricognizioni nel territorio di Castronovo di Sicilia, in Atti delle II giornate internazionali di studi sull'area Elima (Gibellina, 22-26 ottobre 1994), III, Pisa, pp. 1385-1397. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 11- 23 Sito: Roccapalumba, località Le Rocche. Recupero di ceramica neolitica e eneolitica Motivazione e periodo ricerca: consegna alla Soprintendenza di materiale archeologico. Responsabili della ricerca: Monica Chiovaro, Stefano Vassallo, Filippo Iannì. Risultati: il sito de Le Rocche è posto in una felice posizione collinare che controlla le fertili aree vallive lungo il corso del fiume Torto; l’area, occupata da uno dei pochi insediamenti del Neolitico finora attestati nel territorio del Palermitano e, in seguito, da un villaggio di età medievale, è nota solo attraverso informazioni frammentarie che provengono da notizie relative a ritrovamenti sporadici e a una campagna di scavo realizzata nel secolo scorso. La segnalazione del sito è avvenuta nel 1980 a causa dell’apertura di una cava di calcare (fig. 62) sul piccolo rilievo denominato Le Rocche (m 411), a un chilometro dal paese di Roccapalumba; in questa occasione sono stati recuperati numerosi frammenti ceramici a decorazione Fig. 62 La cava in località Le Rocche impressa o dipinta, risalenti all’età preistorica. Fig. 63 Frammenti di ceramica impressa e incisa con superfici nerastre Al rinvenimento è seguito uno scavo archeologico, realizzato dalla Soprintendenza di Palermo, che ha messo in luce un abbondante deposito di età preistorica, contenuto in una fenditura naturale del terreno roccioso. Si tratta di frammenti appartenenti al neolitico antico (facies di Stentinello) e medio (ceramica bicromica e tricromica), oltre a numerosissimi strumenti litici (di ossidiana e - in quantità minore - di selce) e in osso, adesso in deposito al Museo Archeologico “A. Salinas” di Palermo. Nel 2016 è stato consegnato alla Soprintendenza materiale archeologico della stessa tipologia e cronologia dei reperti già noti, recuperati dallo stesso contesto delle Rocche. Si tratta di un esiguo numero di frammenti di ceramica impressa con superfici nerastre ben lisciate e lucidate, su cui la composizione degli ornati – realizzati nell’argilla Fig. 64a Frammenti di ceramica bicromica e tricromica Fig. 64b Frammenti tricromica http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html di ceramica bicromica Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 e S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 24 prima della cottura - è molto equilibrata (fig. 63); molto numerosi sono, inoltre, i frammenti di ceramica figulina, con decorazione bicromica e tricromica, dipinta a bande o a fiamme rosse (realizzate in ossido di ferro) marginate in nero (ottenuto con ossido di manganese o grafite) su un fondo color crema o arancio; la presenza di bande e fiamme rosse spesso bordate di nero la differenzia da quella rinvenuta al Castellaro vecchio di Lipari e nei villaggi materani. Trova confronti più puntuali, invece, con la ceramica rinvenuta a Lipari Castello e con quella proveniente dalla grotta delle Felci a Capri (figg. 64a-b). Pochi i frammenti di ceramica dello stile di Diana. Sono anche presenti alcuni frammenti decorati con piccole bugne o di impasto bruno-nerastro ornato con sottili incisioni che ad una prima analisi sembrano rientrare in una classe attestata al Castello di Lipari, dal caratteristico impasto scuro, molto levigato e lucido, quasi sempre non Fig. 65 Strumenti in ossidiana decorata, ma a volte con decorazione graffita. Abbiamo, inoltre un pezzo inciso (decorato a “cotto”) e alcuni graffiti a crudo, di un tipo anch’esso presente a Lipari. Probabilmente il gruppo più consistente dei frammenti rinvenuti è databile a una fase abbastanza circoscritta del Neolitico medio. Numerosissimi sono gli strumenti, soprattutto lame, in ossidiana verosimilmente proveniente da Lipari - (fig. 65) e in osso, per la maggior parte punteruoli e spatole (figg. 66a, b). Il nuovo materiale, in corso di studio, conferma ulteriormente l’eccezionalità del sito de Le Rocche, il cui deposito archeologico - per numero e per qualità di reperti senza precedenti nell’isola - costituirà il nucleo di un’esposizione museale in corso di allestimento nel Comune di Roccapalumba. Il rinvenimento di questo gruppo di materiali, in un contesto dell’entroterra siciliano, è una importante novità, soprattutto se pensiamo che Bernabò Brea ha rilevato che, mentre nelle Eolie fioriva la ceramica dipinta a bande o fiamme rosse dello stile di Capri, nell’isola maggiore si assisteva a un attardamento della civiltà di Stentinello. Il contesto di Roccapalumba, invece, per le associazioni delle classi ceramiche presenti, è identico a quello trovato al Castello di Lipari e trova confronto soprattutto a Stretto-Partanna; pertanto va rimarcata l’importanza dell’ubicazione di questo insediamento, sulla media valle del Fiume Torto, che pone stimolanti e nuove riflessioni sulle dinamiche culturali dell’età neolitica, ancora poco note. Figg. 66a-b Strumenti in osso FORGIA V. 2002, Nuovi rinvenimenti di età preistorica a Cozzo Rocca del Drago, in BELVEDERE O. et alii (a cura di), Himera III, 2, Prospezione archeologica nel territorio, Roma, pp. 429-435. GIARDINA LO BIANCO D. 2007, Roccapalumba, in VASSALLO S. (a cura di), Archeologia nelle vallate del Fiume Torto e del San Leonardo, Roccapalumba (PA), pp. 99-102. NATALI E., FORGIA V. 2017, The beginning of the Neolithic in Southern Italy and Sicily, in Quaternary International xxx, http://dx.doi.org/10.1016/j.qua int.2017.07.004, pp. 1-17. MANNINO G. 1998, Il Neolitico nel Palermitano e la nuova scoperta nell’isola di Ustica, in Quaderni del Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas” 4, pp. 45-80. TUSA S. 1983, La Sicilia nella preistoria, Palermo, p. 186. TUSA V., L’attività della Soprintendenza archeologica della Sicilia occidentale nel quadriennio maggio 1976 aprile 1980, in Kokalos XXVI-XXVII, p. 828. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 12- 25 Sito: Termini Imerese, vico Monastero. Scoperta di un nuovo tratto dell’anfiteatro Motivazione e periodo ricerca: lavori di restauro di immobile privato. Settembre 2016. Responsabile della ricerca: Monica Chiovaro. Risultati: il lotto oggetto dell’intervento insiste sulle strutture dell’anfiteatro di Termini Imerese, di cui sono ancora visibili alcuni elementi e del quale è ben riconoscibile la pianta analizzando il tessuto urbano della città moderna (figg. 67a-b). Fig. 67a Ortofoto di Termini Imerese, nel cerchio l’area dell’anfiteatro, il circuito in rosso indica i limiti probabili della città antica Fig. 67b Termini Imerese, intervento di scavo in Vico Monastero, inquadramento topografico Lo scavo realizzato ha messo in luce, al di sotto di un pavimento in scaglie di cemento, un basolato in lastre disposte in senso diagonale rispetto al fronte dell’immobile e databile verosimilmente all’inizio del secolo scorso. Dismessa anche questa pavimentazione, è stato rinvenuto uno strato soffice, spesso quasi cm 50, costituito da terra, sabbia, ciottoli fluviali di medie dimensioni e rari frammenti ceramici (di età moderna). Lo strato copriva un piano realizzato in mattoni in cotto quadrati (cm 28x28), in cattivo stato di conservazione; a meno di cm 20 al di sotto da questo, al centro dell’area di intervento, si è rinvenuta una struttura a doppio paramento, orientata in senso nord-sud e costituita da grosse pietre biancastre sbozzate, allettate con malta cementizia a base di calce, sassolini Fig. 68 Struttura a doppio paramento rinvenuta durante lo scavo e pochissimi frammenti ceramici, non diagnostici (fig. 68). Lo spessore misurava m 1,80 ca., il paramento ovest messo in luce m 2,90 ca., il paramento est m 2,20 ca. Appoggiato al paramento occidentale è stato rinvenuto anche un tratto di acciottolato. Purtroppo non è stato possibile seguire lo sviluppo della struttura muraria fino al limite dell’ambiente, per non indebolire le fondazioni della costruzione nella quale si è realizzato l’intervento; infatti, l’edificio moderno certamente sfrutta la preesistenza archeologica, vista anche la peculiarità della pianta quasi romboidale dei vani moderni, disposti non in asse tra di loro (fig. 69). http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 26 Il tratto murario rinvenuto è probabilmente un elemento relativo al settore nord-ovest dell’anfiteatro di Therme, anche se la limitatezza dell’indagine non consente al momento ulteriori precisazioni; tuttavia, dal punto di vista costruttivo, è compatibile con le strutture di età romana ritrovate negli interventi precedenti in alcuni saggi realizzati da A. Salinas prima e da O. Belvedere poi, che hanno messo in luce resti del monumento nel piano Barlaci, nel giardino dell’ex-monastero di S. Marco e all’interno del convento di S. Chiara. L’edificio – il più piccolo dei tre soli anfiteatri della Sicilia - era stato costruito alla fine del I secolo d.C., forse in un’area non intensamente abitata; ricordato da Edrisi, l’anfiteatro era già in rovina nel XVI secolo. Il nuovo tratto murario rinvenuto – prossimo al Piano Barlaci – offre un piccolo ma significativo tassello utile alla ricostruzione della pianta della struttura monumentale. Fig. 69 Posizionamento della struttura rinvenuta all’interno degli ambienti moderni; da notare la peculiare pianta degli stessi BELVEDERE O. 1982, L’anfiteatro di Termini Imerese riscoperto, in GUALANDI M.L., MASSEI L., SETTIS S. (a cura di), APARCHAI, Studi sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onore di P. E. Arias, Pisa, II, pp. 647-660. BELVEDERE O. et alii 1993, Termini Imerese. Ricerche di topografia e di archeologia urbana, Palermo. BUSCEMI F. 2007, Architettura e romanizzazione nella Sicilia di età imperiale: gli anfiteatri, in Archivio Storico Siracusano s. III, XXI, pp. 7-53. 13- Sito: Termini Imerese, area ampliamento cimitero Motivazione e periodo ricerca: Projet Financing per la realizzazione dell’allargamento del cimitero – saggi preventivi in area di interesse archeologico. Novembre-Dicembre 2016. Responsabili della ricerca: Monica Chiovaro, Emanuele Canzonieri. Risultati: i saggi archeologici sono stati localizzati nell’area immediatamente a Sud dell’attuale cimitero di Termini Imerese (fig. 70) e precisamente nel piazzale che precede l’ingresso e nella grande area del parcheggio sottostante. In totale sono stati realizzati dieci ampi sondaggi, di cui solo due positivi; il primo è prossimo alla via Molinelli, lungo la quale si vedono tuttora – in sezione – strutture murarie e piani in cocciopesto tranciati per la realizzazione del percorso moderno. Nel saggio sono state rinvenute, a m 0,90 ca. dall’attuale piano di campagna, due strutture murarie formanti un angolo retto, spesse cm 60 ca. e realizzate con pietre sbozzate, legate con malta biancastra. Il secondo saggio ha consentito di mettere meglio in luce una poderosa struttura già parzialmente a vista. Il sondaggio è stato realizzato al di sotto del piazzale del parcheggio moderno, nei pressi del suo angolo sud-ovest (fig. 71); qui si è rinvenuta una struttura quadrangolare costituita da lastrine litiche e ciottoli fluviali legati con una tenace malta biancastra (fig. 72). Il muro N-S della costruzione si conserva per una lunghezza di m 11,40, mentre i limiti settentrionale e meridionale della struttura si individuano per una lunghezza massima rispettivamente di m 3,20 per la parte nord (che non si è ulteriormente indagata a causa della presenza del massiccio interramento) e m 6,50 per la parte sud (fig. 73), interrotta dalla costruzione di strutture moderne. Fig. 70 Ortofoto di Termini Imerese con indicazione dell’area del cimitero, il circuito in rosso indica i limiti probabili della città antica Fig. 71 Foto aerea dell’area del parcheggio del cimitero, sulla sinistra l’area del secondo sondaggio positivo http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo Fig. 72 I resti della struttura quadrangolare rinvenuta 27 Fig. 73 L’angolo sud-ovest della struttura Gli spigoli dell’edificio sono realizzati con elementi di maggiori dimensioni rispetto a quelli utilizzati per il paramento esterno; la struttura si conserva per alcuni filari, per un’altezza massima di cm 50 ca. e uno spessore di cm 95 ca. sul lato ovest, cm 85-90 sui lati nord e sud; all’interno dell’ambiente si trova - a m 2 80-85 ca. dall’angolo S-O – un tramezzo interno spesso cm 80-85, che si è indagato per un breve tratto e solo relativamente al filare superiore superstite, per via del notevole interramento che non ha consentito di definirne con maggiore certezza la lunghezza. Nei pressi dell’angolo nord-ovest della struttura, al suo esterno, è stato rinvenuto il lembo di una sorta di piano orizzontale in malta, forse interpretabile come originario piano di calpestio. Anche se l’edificio è stato indagato solo superficialmente, a causa della limitatezza dei tempi e dei mezzi messi a disposizione dalla Committenza, tuttavia è evidente che deve trattarsi di una struttura significativa, situata in una posizione rilevata, prossima a una delle principali vie di accesso alla città e all’area della necropoli monumentale di Therme. BELVEDERE O. et alii 1993, Termini Imerese. Ricerche di topografia e di archeologia urbana, Palermo, pp. 1719. CHIOVARO M., RONDINELLA M.T. 2017, Nuove scoperte nelle necropoli di Termini Imerese: tombe monumentali e basilica cimiteriale, in Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo, n. 22. 14- Sito: Vicari, castello e chiesa di Santa Maria di Boikos Motivazione e periodo ricerca: completamento del restauro del Castello, sistemazione dell'area, realizzazione di attrezzature polifunzionali e servizi aggiuntivi, lavori realizzati dal Comune nell’ambito del PO FESR Sicilia 2007-2013. Gennaio-Dicembre 2016. Responsabili della ricerca: Stefano Vassallo, Emanuele Canzonieri, Monica Chiovaro. Risultati: i lavori dell’intervento di restauro, iniziato già l’anno precedente, sono stati realizzati contemporaneamente all'indagine archeologica e hanno messo in luce nuovi particolari aspetti del castello (figg. 74a-b), tra cui uno stretto percorso lastricato che metteva in comunicazione l'area interna con la torre centrale, sul cui fianco orientale si trova la cosiddetta “Porta Fausa”. Il nome deriva da un percorso nascosto (invisibile da fondovalle) che dalla torre stessa conduce alla base dello sperone roccioso sul quale sorge il castello. Lo scavo dell'area nord del complesso ha interessato tutta la zona antistante Fig. 74a Veduta del Castello di Vicari le tre torri della fortificazione e ha anche riportato in luce un grande vano a pianta rettangolare (mt 9 x mt 20 circa), bipartito e pavimentato con mattoni di terracotta (fig. 75). Questo ambiente presenta due accessi sui lati brevi e, lungo le pareti, raddoppi murari probabilmente realizzati per necessità di consolidamento. Tutte le strutture della parte superiore del castello sono fondate, infatti, su un piano di roccia fortemente in pendenza verso Ovest. Per quanto riguarda la http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 28 torre occidentale (figg. 76a, b), lo scavo ha evidenziato che al momento della sua realizzazione (nella prima metà del XIV secolo), la costruzione si addossò a un muro di cinta preesistente (fig. 77), obliterando una monofora. Fig. 74b Veduta dei resti del Castello di Vicari Fig. 75 La zona antistante le torri e il vano rettangolare Fig. 76a Veduta della torre occidentale http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo Fig. 76b Veduta della torre occidentale prima dello scavo 29 Fig. 77 La torre occidentale vista dall’alto; in basso si nota lo spessore del muro di cinta a cui si è addossata Come già verificato nelle campagne di scavo precedenti, quindi, anche nel settore più elevato del castello la fase di vita trecentesca coincide con un allargamento della cerchia muraria più antica. La torre era costituita da due vani collegati mediante un arco a sesto acuto – oggi in parte crollato – (fig. 78a) e presentava un pavimento lastricato (fig. 78b); probabilmente, come nelle altre due torri poste sul lato settentrionale della fortezza, la risega interna coincidente con il colmo dell'arco indica che esso reggeva un piano superiore. La torre era organizzata in tre piani che avevano funzioni differenti: il livello inferiore, che per motivi di sicurezza non è stato possibile esplorare, era utilizzato come riserva idrica o di derrate e vi si accedeva da una stretta botola quadrata; il livello intermedio era destinato alla residenza dei serventes ed era munito di latrina, mentre il livello superiore era adibito al controllo e alla difesa. Fig. 78a Vano intermedio della torre occidentale; l’arco a sesto acuto in parte crollato Fig. 78b Pavimento lastricato del vano intermedio della torre occidentale Ai piedi del castello si è concentrato l’altro intervento di scavo, all’interno della chiesa di Santa Maria di Boikòs, posta lungo il principale accesso alla rocca fortificata; l’esplorazione era iniziata da un piano di campagna molto elevato rispetto alla sedimentazione archeologica (fig. 79a). La rimozione dello spesso strato formato da accumuli recenti, principalmente originato da crolli, ha messo in luce i limiti di una chiesa databile alla metà/fine del XVIII secolo, formata da un'unica navata culminante in un altare principale; inoltre, al centro dei lati lunghi si trovavano due altari minori (fig. 79b). Questa configurazione moderna, di cui restano a vista frustuli di decorazioni a stucco, si sovrappone a strutture murarie relative ad una chiesa trecentesca e ai resti di un impianto a tre navate databile probabilmente successivamente alla prima metà dell’XI secolo. Inoltre, lo scavo ha consentito di mettere in luce, nella parte più prossima all’ingresso e immediatamente al di sotto dello strato di preparazione del pavimento moderno in cotto, un altro livello pavimentale realizzato con pietrame irregolarmente sbozzato (fig. 79c), databile alla prima metà del XIV secolo. Il piano sigillava, a sua volta, numerose sepolture (fig. 80) con inumati ornati da oggetti preziosi. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 30 Fig. 79a L’area della Chiesa di Santa Maria di Boikòs all’inizio dello scavo Fig. 79b Interno della Chiesa di Santa Maria di Boikòs nella sua fase più recente Fig. 79c Livello pavimentale medievale Fig. 80 Le sepolture al di sotto dei livelli pavimentali Fig. 81a Tomba di giovane donna Infatti, al centro della navata, all’inizio della seconda arcata, è stata rinvenuta – in una fossa terragna - la tomba di una giovane donna, ornata da un copricapo costituito da un’intelaiatura in fascette di bronzo e una cuffia realizzata con fili dorati, decorata con Fig. 81b Tomba femminile con ricco corredo elementi in pietre dure (fig. 81a). Al di sotto di questa, si trovava un’altra inumazione femminile (fig. 81b); al centro del torace presentava una fibbia, ornata da un motivo ad onda, e vicina a questa, sul lato destro, una scatolina quadrangolare di ferro (forse un piccolo reliquiario?). http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 31 Nelle mani la donna aveva quattro anelli, due d’oro e due d’argento; il primo anello aureo (figg. 82a-c) aveva un castone sopraelevato costituito da una fascetta, sulla quale da un lato erano raffigurate tre spighe, chiusa ai lati da due valve – di cui una perduta ornate da un motivo a reticolo; sull’anello, ai lati del castone, si trovava da una parte la rappresentazione dell’Agnus Dei, dall’altra quella di due leoni rampanti in lotta. Il secondo anello aureo aveva anch’esso un castone molto soprelevato (figg. 83ac) che doveva essere ornato da una Figg. 82a-c L’anello aureo Agnus Dei e particolari delle incisioni pietra, oggi perduta; sulla fascia erano cesellate alcune iscrizioni separate da lettere di maggiori dimensioni e racchiuse all’interno di un ovale. Anche uno degli anelli d’argento aveva un castone molto sopraelevato e conteneva una gemma adesso molto degradata; la fascia dell’anello era, invece, decorata con un motivo geometrico a spina di pesce reso a incisione. Attorno alla tomba si trovavano altre sepolture di Figg. 83a-c Il secondo anello aureo rango, con inumati che avevano alle e particolari delle lettere iscritte dita altri anelli d’argento; al di sotto di questo livello, è stato rinvenuto uno strato di sepolture più antiche. Si trattava di inumazioni più povere, ma deposte in fosse rivestite da lastre litiche (fig. 84). Si è poi anche intervenuti nell’area della navata destra della chiesa; l’edificio, infatti, aveva originariamente tre navate (fig. 85), come si poteva evincere dalla traccia sulle pareti di archi in seguito murati (fig. 79a). Lo scavo ha messo in luce la piccola abside della navata laterale (fig. 86) e anche un lembo del suo pavimento in terra battuta, databile – grazie a un sondaggio realizzato – probabilmente dopo la metà dell’XI secolo e sopraelevato rispetto al livello attuale del piano pavimentale della chiesa. E’ stato anche rinvenuta la fondazione del muro esterno dalla navata, costituito – come per le altre murature - da Fig. 84 Sepoltura a lastre litiche del secondo livello di lastrine di calcarenite bianco-grigiastra, chiaramente inumazioni cavata sul posto. Questo muro laterale doveva sfruttare in qualche modo il banco roccioso affiorante, come si evince dalla superficie rocciosa a contatto con il paramento sud del muro, in alcuni punti rozzamente regolarizzata. La struttura muraria si lega ad angolo retto con un altro muro, perpendicolare alla parete laterale destra della chiesa moderna. Quest’ultima struttura sembra possa essere la chiusura a Ovest della prima fase costruttiva della chiesa, evidentemente meno sviluppata – rispetto al fabbricato trecentesco – in senso longitudinale (fig. 85) e dotata all'esterno di un pavimento di mattoni quadrati in cotto. Fig. 85 Pianta schematica della strutture rinvenute della Chiesa di Santa Maria di Boikòs http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 32 La chiesa della prima fase aveva quindi una ripartizione a tre navate (quella centrale larga circa due volte quelle laterali) messe in comunicazione da arcate sopra le quali si trovano due finestre che indicano che le navate laterali avevano coperture più basse rispetto alle falde centrali. Inoltre, all’esterno delle absidi, nella terra che si appoggia a queste, sono state rinvenute altre sepolture, probabilmente databili successivamente alla metà dell’XI secolo (figg. 87a-b). Fig. 86 Particolare dell’abside della navata laterale Fig. 87a Area esterna della navata laterale Fig. 87b Particolare di una delle sepolture situate nell’area esterna della navata laterale Alla luce dei rinvenimenti si può supporre che l’edificio presenti varie fasi: la prima costituita da una chiesa a tre navate, di proporzioni ridotte, in cui il rapporto tra larghezza e lunghezza è quasi 1:1; questa fase probabilmente si può datare dopo la prima metà dell’XI secolo, quando le fonti attestano una sosta del Gran Conte Ruggero a Vicari nella sua avanzata di conquista e una donazione al monastero annesso alla chiesa di S. Maria di Boikòs. In seguito, forse per ragioni statiche, fu eliminata la navata laterale destra e murati gli archi di collegamento; probabilmente in questo periodo furono deposte le ricche sepolture rinvenute nella navata centrale della chiesa. Forse queste trasformazioni si possono datare tra l’ultimo decennio del XIII e i primi anni del XIV secolo; si tratta dello stesso periodo in cui il soprastante castello fu ampliato, quando il bene – che fino a quel momento era stato demaniale – fu infeudato. Tra i vari passaggi da una famiglia nobile all’altra, la terra e il castello furono concessi anche all’importante casato dei Chiaramonte. In seguito la chiesa fu riconfigurata così come ci appariva all’inizio dello scavo e furono realizzati i due altari laterali che restrinsero ulteriormente gli spazi dell’edificio (fig. 79b). CANZONIERI E. 2007, Vicari, in VASSALLO S. (a cura di), Archeologia nelle vallate del Fiume Torto e del San Leonardo, Roccapalumba (PA), pp. 121-137. VASSALLO S. et alii 2016, Attività 2015 della Sezione per i Beni Archeologici della Soprintendenza di Palermo, in Notiziario Archeologico della Soprintendenza di Palermo 9, pp. 23-24. 15- Sito: Carini- C.da San Nicola Motivazione e periodo della ricerca: Summer School Archeologica in collaborazione con la Società Cooperativa “ArcheOfficina”, 22 agosto 2016 – 02 settembre 2016. Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Marco Correra, Daniela Raia, Stefano Vassallo. Risultati: l’organizzazione di una Summer School Archeologica è stata l’occasione per riprendere gli scavi nel sito tardo antico e medievale di San Nicola di Carini (fig. 88), identificabile con la Hykkara dell’Itinerarium Antonini. Lo scavo ha interessato un terreno demaniale di proprietà del comune tutelato con vincolo archeologico diretto e limitrofo all’agrumeto in cui nel 2005 sono venuti in luce due pavimenti a mosaico con motivi geometrici. All’indagine ha partecipato un gruppo di studenti dell’Università di Palermo. Il rinvenimento più rilevante, all’interno del saggio realizzato, è identificabile con un muro di orientamento nord-sud realizzato in una sorta di “opera vittata”, sulla faccia occidentale resa con l’utilizzo di filari di conci squadrati di calcare intervallati con filari di laterizi (fig. 89). Sulla faccia orientale, invece, non compaiono filari in laterizio e i conci di pietra non sembrano rifiniti. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo Fig. 88 Il cantiere di scavo 33 Fig. 89 Il muro in “opera vittata” (USM 16) Addossato alla parte inferiore della parete est del muro è stato individuato un gradino realizzato con intonaco lisciato, allo stato attuale di dubbia interpretazione. Tra i reperti mobili si segnala il rinvenimento di tessere di mosaico (fig. 90), di frammenti di ceramica da mensa di produzione africana (fig. 91) e di anfore pertinenti a una fase tardo antica, cui è probabilmente da ricondurre la realizzazione del muro sopra descritto. E’ stata poi trovata ceramica da fuoco e frammenti di vasi di età medievale, questi ultimi forse riconducibili a un butto. Fig. 90 Tessere di mosaico Fig. 91 Frammenti di ceramica da mensa e da fuoco CUCCO R.M. 2016, Le ville romane nel territorio di Palermo: da Carini al comprensorio delle Madonie, in Arte e storia delle Madonie. Studi per Nico Marino, voll. IV-V, Cefalù, pp. 19-35. CUCCO R.M. 2017, Nuove indagini archeologiche nell’area dell’insediamento di San Nicola a Carini (2012), in Notiziario Archeologico Soprintendenza Palermo, poster n. 7. 16- Sito: Castellana Sicula – Calcarelli – C.da Muratore Motivazione e periodo della ricerca: perizia del Comune di Castellana per “ Lavori di Pulitura delle strutture archeologiche del parco suburbano di contrada Muratore”, ottobre - dicembre 2016. Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Santo Ferraro, Stefano Vassallo. Risultati: i lavori hanno interessato la pulitura di due strutture ipogeiche funerarie e l’approfondimento, mediante piccoli saggi, di alcune aree limitrofe a quest’ultime. In particolare sono stati individuati alcuni settori del parco archeologico urbano, dove un’accurata pulitura poteva evidenziare strutture non ben visibili a causa della vegetazione. Si è scelto di diserbare l’area limitrofa ad un Palmento (fig. 92) - individuato già da Paolo Mingazzini nel 1937 -, l’area attorno agli ipogei “2” e “3” (il n. 1 è quello inglobato all’interno del caseggiato rurale, oggi adibito a Museo), l’area che conduce all’edificio absidato indicata come area 1- e quella circostante l’area 2. Durante la pulizia del palmento, nel terreno tolto dal lacus (vasca di raccolta del mosto) si sono rinvenuti frammenti di coppi sia del tipo a “pettine”, sia del tipo a “vacuoli”. Interessante un frammento di coppo con decorazione a pettine (fig. 93) rinvenuto a contatto con la superficie del lacus. Grazie alla pulitura della zona sovrastante il cosiddetto ipogeo 3, è venuta in luce una tomba a fossa (fig. 94), finora mai segnalata e documentata, all’interno della quale era cresciuto un alberello di mandorlo. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo Fig. 92 Il Palmento Fig. 93 Coppo con decorazione a pettine di età bizantina 34 Fig. 94 Tomba a fossa sopra l’ “ipogeo 3” La pulitura dei loculi dell’ipogeo 3 ha permesso di recuperare 3 falangi (o metatarsi), appartenenti probabilmente ad un arto inferiore umano. All’esterno dell’ipogeo denominato n. 2, sulla sommità del vano sepolcrale (fig. 95), il diserbo e l’asportazione del terreno di accumulo hanno consentito di mettere in luce una tomba a fossa scavata nella roccia (fig. 96) e, in prossimità di un foro nella copertura dell’ambiente, una tomba di infante, costituita da coppi con motivi ondulati impressi e chiusa alle due estremità da due pietre (fig. 97). Fig. 95 Indicato il luogo di rinvenimento delle deposizioni sopra l’ipogeo 2 17- Fig. 96 Tomba a fossa sopra l’ipogeo 2 Fig. 97 Tomba di infante sopra l’ipogeo 2 Sito: Castellana Sicula – Calcarelli – C.da Muratore Motivazione e periodo della ricerca: ampliamento dello scavo della cosiddetta Area 1, in cui si trova l’edificio con vano absidato, agosto 2016. Responsabili della ricerca: Angelo Castrorao Barba, Rosa Maria Cucco, Stefano Vassallo. Risultati: nell’agosto 2016 la Soprintendenza accogliendo la proposta di collaborazione del Comune proprietario dell’area - e di Legambiente Sicilia ha ripreso gli scavi archeologici nel sito tardo antico - con una continuità di occupazione anche in epoca islamica e normanna (X-XII sec. d. C.) - di c.da Muratore (fig. 98), avvalendosi della fattiva partecipazione di volontari di Legambiente di diverse nazionalità, che hanno contribuito al diserbo dell’area archeologica e all’esecuzione dello scavo (figg. 99-101). Fig. 98 Panoramica dell’area 1 con vano absidato http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 2 35 3 4 Figg. 99-100 Volontari di Legambiente impegnati nel diserbo dell’area archeologica Fig. 101 Volontari di Legambiente all’opera nel saggio di scavo a NE dell’Area 1 A Nord-Est dell’Area 1 si è aperto un saggio di scavo per verificare l’estensione del muro rinvenuto nelle precedenti campagne di scavo e riferibile alla fase di occupazione medievale di questa porzione dell’insediamento. Dallo scavo dello strato sottostante il terreno agricolo, provengono numerosi frammenti di tegole soprattutto del tipo con paglia di epoca medievale; tra i reperti significativi si segnalano una piccola moneta di bronzo di difficile lettura ma molto probabilmente medievale, poche ossa animali, una placchetta in bronzo, un piccolo frammento di vetro turchese/azzurro e frammenti di ceramica invetriata. Il livello è Fig. 102 Muro medievale interpretabile come accumulo successivo all’abbandono delle strutture di epoca medievale. Al di sotto di questo si è rinvenuta la prosecuzione nord-est del muro medievale rinvenuto in precedenza (fig. 102). VALENTINO M., VASSALLO S. 2016, Scavi archeologici di contrada Muratore (Castellana Sicula), in Notiziario Archeologico Soprintendenza Palermo, n. 7. 18- Sito: Castello a Mare di Palermo Motivazione: progetto Fatti un giro bellezza. Museo senza barriere. I giovani dell’Istituto penale Malaspina incontrano l’archeologia. Responsabili del progetto e periodo: Valeria Brunazzi, Rosa Maria Cucco, Riccardo Sapia, marzo - giugno 2016. Risultati: il progetto è stato realizzato in collaborazione con il Dipartimento BB.CC. e I.S., ICOM Italia (International Council of Museum) e con l'Istituto penale per i minorenni “Malaspina” di Palermo. L'iniziativa ha visto i giovani del Malaspina impegnati in attività volte a valorizzare l'area archeologica del Castello a Mare di Palermo (fig. 103) e, attraverso una serie di laboratori, sopralluoghi e campagne fotografiche, sono stati creati pannelli didattici, percorsi di visita e modelli 3D dei singoli elementi architettonici che fanno parte del complesso monumentale (figg. 104-107). Inoltre, i ragazzi, mettendo in gioco le proprie capacità, hanno proposto una loro interpretazione del sito, elaborando racconti e storytelling anche in dialetto, intrecciando le loro esperienze personali con la storia del luogo . I colori dei pannelli didattici, rosa e nero, come quelli della squadra del Palermo, scelti dai giovani del Malaspina durante i laboratori, comunicano in una forma più viva e meno accademica le informazioni sui monumenti (figg. 108-111). Fig. 103 Il castello a mare di Palermo http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 36 A conclusione degli incontri è stato pubblicato un opuscolo che racconta le varie fasi del progetto e come questa esperienza è stata vissuta dai vari soggetti coinvolti (fig. 112). Figg. 104-105 Momenti del laboratorio all’interno dell’IPM “Malaspina” Fig. 106 Modelli 3D dei monumenti che compongono il Castello a Mare. Fig. 107 Percorso di visita con segnaletica realizzata dai giovani dell’IPM “Malaspina” Figg. 108-109 Pannelli didattici composti dai giovani dell’IPM “Malaspina” Fig. 112 Pubblicazione conclusiva del laboratorio Figg. 110-111 Pannelli didattici, disegni e plastici esposti dentro la Porta Aragonese il giorno di presentazione al pubblico del progetto AA.VV. 2016, MUSEO SENZA BARRIERE. I giovani dell'Istituto penale Malaspina incontrano l'archeologia. Il Castello a Mare di Palermo, Palermo. http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo 19- 37 Sito: Montelepre Motivazione: consegna reperti archeologici alla Soprintendenza da parte dei Carabinieri di Montelepre. Responsabili della ricerca: Rosa Maria Cucco, Stefano Vassallo. Risultati: si tratta di un notevole gruppo di reperti databili tra l’età arcaica e l’età ellenistica, che per tipologia e classi di appartenenza potrebbero provenire dal sito di Monte d’Oro, centro di origine indigena, forse da identificare con la città sicana di Hykkara citata dalle fonti, in vita tra l’età arcaica ed il III sec. a.C. Il buono stato di conservazione dei materiali sembra indiziare la loro pertinenza a corredi di tombe della necropoli di Manico di Quarara, connessa all’insediamento suddetto e situata ad Ovest di questo. Sia l’area dell’abitato che la necropoli sono da anni deturpate da scavi clandestini. I reperti consegnati, in prevalenza di medie e piccole dimensioni (coppe, skyphoi, lucerne, lekythoi, gutti, brocche), comprendono vasi di produzione attica - a vernice nera e a figure rosse - e probabilmente di produzione coloniale; ceramica comune e vasi di produzione indigena, tra cui spicca un’hydria con motivo decorativo dipinto a bande e spirali (figg. 113a-b). Figg. 113a-b I reperti consegnati Si segnala una coppa a vernice nera, tipo C, con iscrizione incisa sul fondo del piede: ANEP (fig. 114). Un unico esemplare di anfora è del tipo “ad echino”. Numerosi i pesi da telaio. Un ulteriore gruppo di otto pesi da telaio, alcuni con bollo (illeggibile) è stato consegnato ai Carabinieri a fine gennaio 2016. Tutti i reperti descritti, provengono probabilmente da scavi non autorizzati e da rinvenimenti fortuiti effettuati a Montelepre. La Soprintendenza, al fine di una loro valorizzazione nei luoghi di rinvenimento e di una sensibilizzazione della cittadinanza nei confronti di questi reperti quali “beni comuni” che, qualora detenuti da privati, devono essere restituiti alla pubblica fruizione, ha deciso di esporne una significativa selezione presso la Torre dei Ventimiglia, attuale sede del Museo Civico di Montelepre (figg. 115-117). R.M. Cucco, G. Polizzi, O. Tribulato, Recente recupero di reperti archeologici da Montelepre (PA): un nuovo abecedario, in Notiziario Archeologico Soprintendenza Palermo, n. 17/2017. Fig. 114 Piede di coppa con lettere incise Fig. 115 Vetrine con esposizione dei reperti consegnati http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018 S. Vassallo et alii, Attività 2016 della Sezione per i Beni archeologici della Soprintendenza di Palermo Fig. 116 Torre dei Ventimiglia, sede del Museo Civico di Montelepre http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/NotiziarioArcheoPalermo.html 38 Fig. 117 Locandina dell’esposizione al Museo Civico di Montelepre dei reperti recentemente rinvenuti Notiziario Archeologico Palermo ‐ 33/2018