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1 Paolo Emilio Carapezza (Università di Palermo) Il manifesto della seconda pratica1 1. Cambiano le costituzioni musicali2, come quelle politiche, come quelle linguistiche. Le costituzioni materiali dipendono dai parlanti e dagli scrittori, dalle dinamiche sociali e dai politici, dalle radici folkloriche e dai compositori. Le costituzioni formali vengono quindi promulgate dai capi di stato, dai grammatici e dai linguisti, dai teorici della musica. I cambi possono avvenire lentamente o velocemente: per evoluzione o per rivoluzione. Nella storia della musica europea cambi rivoluzionari avvengono nei primi decenni del XX secolo, con l'avvento della nuova musica, e nella seconda metà del XVI con l'avvento della seconda pratica. Tali rivoluzioni esigono rapido adeguamento percettivo e sconcertano chi non ne sia capace. Negli ultimi decenni molti sono i compositori eccellenti. Perché solo un'élite li apprezza? Perché nei teatri e nei concerti dominano ancora i compositori del XVIII e XIX secolo? E perché agli inizi del XVII l'Artusi non accetta Monteverdi, Effrem contesta Marco da Gagliano, e ancor prima un oscuro detrattore denuncia decine di errori nei primi due libri di madrigali di Antonio Il Verso3? La causa è la difficoltà di adeguare le capacità percettive4. Ne ebbi la prova con due esperimenti. Nel 1985 a Piazza Armerina ebbe luogo un convegno sui generis: nessuna relazione di noi musicologi5; dovevamo 1 Lezione dell'8 giugno 2017, alla International Conference The Making of a Genius: Claudio Monteverdi from Cremona to Mantua Cremona and Mantua, June 7-10, 2017. 2 "Per costituzione della musica si intende il suo modo intimo di essere, la sua struttura profonda: individuandola si definisce il modo di farla, il principio d'azione, il fondamento della poiesis. La costituzione della musica, «il principio essenziale d'ordine che le dà vita e la mantiene» (costituzione materiale), può essere resa esplicita, ridotta a poche norme fondamentali (costituzione formale), come la costituzione di uno stato: per il musico pratico è il principio, più o meno cosciente, del procedimento compositivo; per il teorico una codifica a posteriori della concreta prassi del vivo agire. Ma, una volta "promulgata", permette una più chiara comprensione dei fenomeni" (Carapezza 19741:19; 19992 e 20053: 19. Cf. Mortati 1940 e 1969). 3 Il documento relativo sarà pubblicato su Studi Musicali, a cura di Paolo Emilio Carapezza, Alberto Mannino, Massimo Privitera e Rossella Monteleone. 4 Oltre all'invidia; ma nel caso di Muzio Effrem, ch'era stato ben 22 anni al servizio di don Carlo Gesualdo, certo solo l'invidia. 5 Erano lì con me Maria Rosaria Adamo, Maria Antonella Balsàno, Giuseppe Donato, Iain Fenlon, Gioacchino Lanza Tomasi, Annunziato Pugliese, Basilio Timpanaro, Agostino Ziino. Quel memorabile convegno fu possibile grazie al mecenatismo del British Council (sollecitato da Gioacchino Lanza Tomasi), della città ospitante e di 1 2 ascoltare i Cambridge University Chamber Singers6, diretti da Richard Marlowe, e parlare con loro dei madrigali siciliani e inglesi che ci cantavano. Tutti i madrigali inglesi7, nonché quasi tutti quelli siciliani composti tra il 1561 e il 16198 risultarono interpretati in modo ben adeguato. I madrigali siciliani pubblicati tra il 1552 e il 15559 vennero invece eseguiti in modo corretto, ma quasi meccanico. Quando lo dissi, i cantori concordi risposero che di quelli comprendevano il senso musicale, e potevano interpretarli con piena partecipazione; ma non di questi e neppure della coppia sul solenne sonetto del Petrarca, che conclude il Primo libro (1561) di Pietro Vinci: e quindi potevano solo eseguirli. Insomma potevano interpretare con viva partecipazione quelli di seconda pratica, ma non quelli di prima pratica. Ancor maggiore nel secondo esperimento10 risultò il contrasto: qui però i cantori erano un gruppo non affiatato, né tra loro, né con l'ottimo maestro di cappella, Gabriel Garrido. Accettabili e spesso buone le interpretazioni dei madrigali di Wert, Monteverdi e D'India, disastrosa quella di tre madrigali di Willaert11. 2. Monteverdi individua prima e seconda pratica e le definisce: "l'armonia signora dell'orazione" e "l'orazione signora dell'armonia"; porta questa a perfetta maturità con le sue composizioni e – con l'aiuto di suo fratello Giulio Cesare – ne traccia la genealogia12. Lucida consapevolezza si manifesta già nel suo Secondo libro de madrigali a cinque voci, stampato nel 1590, quand'egli aveva ventitré anni: l'intonazione della ballata del Tasso che l'apre è il manifesto sonoro della seconda pratica, quella del sonetto del Bembo che lo chiude un esercizio acrobatico di prima pratica [in Ignazio Nigrelli, presidente della locale sezione di Italia Nostra, che curò l'organizzazione logistica e realizzò il mio progetto. 6 Hilary Smallbone e Katherine King (soprani), Phillida Hancock e Susanna Spicer (contralti), Edward Helgeson e Richard Wilson (tenori), Ian Lyon e Penny Thomas (bassi). 7 Di Farmer, Farnaby, Gibbons, Morley, Vautor e Weelkes. 8 Di Sigismondo D'India, Pietro Maria Marsolo, Giulio Severino, Antonio Il Verso e Pietro Vinci. 9 Di Gian Domenico Martoretta e Salvatore di Cataldo 10 IX corso di musica rinascimentale, Erice, 26-29 Luglio 1995. 11 "I' piansi, hor canto", "Aspro core e selvaggio", "Mentre che 'l cor". 12 Nel poscritto agli Scherzi Musicali del 1607. 2 3 uno stile arcaizzante, mottettistico – scrive Einstein13 –, con melismi lussureggianti ed un fluire ininterrotto delle cinque voci, un po' alla maniera del Rore del 1542 o 1544 e della Musica Nova di Willaert. ] I due poeti sono gl'ideologi del madrigale: Bembo della prima pratica, Tasso della seconda. [ Simile e assai precoce con-scientia aveva dimostrato trent'anni prima Pietro Vinci, nel suo Primo libro di madrigali a cinque voci del 1561, quasi tutto su versi del Petrarca: tutta musica nell'incipiente seconda pratica, inaugurata quattr'anni prima da Cipriano de Rore, tranne quella sul solenne sonetto finale, intonato in perfetta prima pratica willaertiana. ] Imponente è Non si levava ancor l'alba novella, la composizione in due parti che apre il Secondo libro dei madrigali di Monteverdi: per lunghezza e densità del testo verbale, per la rigorosa unità della grandiosa e complessa struttura musicale, per il riscontro tra macrocosmo astronomico e microcosmo umano. Questo riscontro spiega l'apparente anomalia della ripetizione della stessa musica su parole diverse: la stessa energia vitale anima il cosmo astrale e l'eros umano, l'alba che sorge e gli amanti abbracciati. Tale anomalia appariva pure – per uguale causa – in Vestiva i colli del Palestrina, donde il soggetto melodico energetico dell' alba di Tasso e Monteverdi14. 3. Perché di Adrian Willaert troviamo facilmente – anche su youtube – registrazioni discografiche delle Villanesche, ma nessuna dei quaranta madrigali della Musica Nova, il suo capolavoro? Perché? Scrive Alfred Einstein: il madrigale è artificiale in tutti i sensi della parola … una deviazione dal corso naturale di sviluppo iniziato con la frottola, un'aberrazione che – strane sono le vie della storia! – ricondusse proprio a quella retta linea, ma solo attraverso la parimenti artificiale "scoperta" della monodia sul 15 finir del secolo . Per Monteverdi invece la seconda pratica madrigalistica, de la quale è stato il primo rinovatore … il divino Cipriano Rore … seconda pratica… in ordine alla moderna, prima in ordine all'antica16, 13 Einstein 1949: II, 722; traduzione italiana di Pirrotta 1968: 16-17. Al madrigale Non si levava ancor l'alba novella ho dedicato trentadue anni fa un ampio saggio: Carapezza 1985. 15 Einstein 1949: I, 153. 16 Monteverdi 1994: 202 (lettera a Giovanni Battista Doni: "da Venetia, gli 22 ottobre 1633). 14 3 4 restaura quella fondata sul melos e sul ritmo della lingua degli antichi Elleni: "l'oratione signora dell'harmonia"; ma con la differenza che l'antica si basava sulle concrete "orationi", cioè sulla parole (per dirla con de Saussure)17, la moderna invece sugli schemi fonetici, grammaticali e sintattici, cioè sulla langue18. Hanno ragione entrambo: Einstein pensa ai madrigali della Musica Nova di Willaert19, dove è "l'harmonia signora dell'oratione". La pratica di Willaert, codificata da Zarlino, è infatti "un'aberrazione" dalla diritta via inaugurata da Josquin, e percorsa quindi da Verdelot e Arcadelt. Il primo a riprenderla è – come i fratelli Monteverdi dichiarano –"il divino Cipriano Rore", seguito dai suoi diadochi (come Wert, Vinci e Ingegneri). Ma è Monteverdi che giunge al traguardo col suo Secondo libro dei Madrigali a cinque (1590), ed è lui che procede avanti fino al concerto20, al melodramma, all'opera. Zarlino è sì fedele discepolo di Willaert, ma è progressista; descrive bene la pratica del suo maestro: la "cantilena" o "concento" è intreccio di "modulationi" (linee melodiche): l' "harmonia propia" è <Fig. 1> il Concento che nasce dalle Modulationi, che fanno le Parti di ciascuna Cantilena, per fino a tanto che siano pervenute al fine; et ha possanza di dispor l'animo a diverse passioni. E … nasce non solamente dalle consonanze, ma dalle dissonanze ancora, affinché le dissonanze accordino e con maraviglioso effetto consuonino21. Tale "harmonia" ha funzione timbrica: con la sequenza di accordi che ne risulta, fabbrica sinteticamente i colori sonori; senza bisogno dei colori precostituiti di strumenti di varie famiglie, anzi rifuggendone. Ma analizza poi minutamente il lessico del madrigale, che il suo maestro adopera però con gran parsimonia; e ne adduce qualche raro esempio, tra cui: "I' piansi, hor canto" e "Aspro core e selvaggio, e cruda voglia In dolce humile angelica figura". Verdelot adopera tale lessico assai più spesso, e prima di lui Josquin, primo "creator of modern music"22. La pratica di Josquin, dispiegata a pieno nella celebre "Ave Maria, virgo serena" a quattro, trova luminosa conferma teorica nella poetica del 17 E le distillava per analisi monodica. Ed è composta per sintesi polifonica. 19 Composti negli anni '40, come "musica reservata" per il duca d'Este, e stampati nel 1559. 20 Sulle orme dei Gabrieli. 21 Zarlino 1558: pag. 80, cioè parte II, cap. 12. 22 Così Leo Schrade nel 1950 intitolò il suo celebre libro su Monteverdi . 18 4 5 Bembo, che adatta alla lingua italiana la poetica di Aristosseno (IV secolo a.C.), desunta attraverso Dionigi (I secolo a.C.)23. La retta via: Josquin; e poi la frottola24 e il falso bordone25: in questi l'armonia consiste già in concatenazioni d'accordi. Ma sarà la seconda pratica a dare funzione semantica alla concatenazione accordale: il madrigale assume così potenza erotica. Il suo lessico vige per oltre cinque secoli: fino a Gustav Mahler, ad Anton von Webern, a Krzysztof Penderecki, a Federico Incardona. 4. Secondo Zarlino, scopo immediato della musica26 è "delettare": ma diletto sublime, edificante: variazione continua di triadi, consonanze perfette, poste e composte nel modo più armonioso. Nella musica di Willaert le consonanze sono continue e sostanziali, le dissonanze rade e accidentali; è così anche la musica sacra del Palestrina, musica liturgica ideale: puro eros uranio. In Monteverdi trionfano invece sia l'eros pandemio (nella musica profana), sia l'eros uranio (nella musica sacra); ed entrambo assieme talvolta, come nello straordinario madrigale "Non si levava ancor l'alba novella", tutto pervaso dall'opposizione dialettica di due soggetti: l'alba sorgente e l'orizzonte. Per Monteverdi il "diletto" è secondario: scopo della musica è "muover l'affetto, qual dee essere del musico il vero fine"27; e la dissonanza è altrettanto sostanziale. Nella seconda pratica perfetta le dissonanze prevarranno28: fino a tre consecutive29, senz'obbligo di preparazione né di 23 Carapezza 2014. "El Grillo è bon cantore" di Josquin è un proto-madrigale in miniatura! 25 Concatenazione di triadi perfette, con sporadici secondi rivolti. 26 Il diletto è il primo gradino per salire a scopi più nobili ed elevati (Zarlino 1558: parte I, capitoli 2-4, pagine 2-4). 27 Palazzotto e Tagliavia 1617: prefazione; cit. in Carapezza 1977: 360. Mozione e rappresentazione degli affetti sono comunque tra gli scopi più nobili ed elevati elencati da Zarlino. 28 "Essendo il concento fatto e formato di consonanze e non di dissonanze per natura sua … questi novi inventori, per fare al contrario de tutti, vogliono che si facci di dissonanze più che di consonanze: e per questo non fa ne può fare, secondo li dotti, concento" (Artusi 1603: 11-12). 29 "Quanto all'uso delle dissonanze, il quale io reputo la più bella, la più giuditiosa et la più difficile parte che in esso contrapunto usare si possa … tutto il buono e nuovo del moderno contrapunto … è riposto nell'uso delle dissonanze … Voglio … dimostrare in qual maniera elle adoperare si possino; et ampliare inoltre gli stretti confini dentro ai quali sin'ad hoggi sono state rachiuse …Né paia ad alcuno inconveniente l'uso di due dissonanze l'un'appresso all'altra, senza intermezzo di consonanza alcuna; imperocché tre se ne possono porre immediato l'una dopo l'altra" (Galilei 1980: 77-78 e 112; e cf. Palisca 1968: 142). 24 5 6 risoluzione calante30; di consonanze perfette invece non possono susseguirsene più di due; se le consonanze equivalgono alle vocali e le dissonanze alle consonanti, valgono nella musica moderna le stesse regole fonematiche, grammaticali e sintattiche della lingua italiana. 5. [ Nella prima pratica le dissonanze erano accidentali, nella seconda divengono sostanziali fino a prevalere sulle consonanze. Ciò provoca un cambio di costituzione musicale, che rivoluziona strutture compositive e prassi esecutiva; sbiadisce la funzione timbrica dell'armonia, che assume invece funzione fonematica. La sostanza sta ora nella concatenazione accordale, equivalente alla concatenazione linguistica dei fonemi nella lingua italiana: le dissonanze prevalgono sulle consonanze, come le consonanti sulle vocali ]. Più che l'invidia è l'incapacità d'adattamento percettivo ad accecare sia l'anonimo censore del Verso31, sia Giovanni Maria Artusi, che cita Zarlino senza comprenderlo e ignora affatto Zacconi. Scrive Artusi nel 1600: Non mi raccordo d'haver letto in autore alcuno … che ci sia musica accentata32. Ma otto anni prima aveva scritto Zacconi: Le soavità e la dolcezza delle cantilene … gli accenti vaghi e le gratiose maniere li danno… si viene a far in compagnia d'altri quelle soavi armonie …: molti tanto se ne delettano che quasi se ne nutriscano e vivano33. Nel 1603 scrive poi l'Artusi: "fanno il concento … le consonanze tramezate", che nei madrigali di Monteverdi "non possono fare novo concento; concento sì, ma novo no: perché sono tramezate nell'istesso modo". (Incredibile scemenza!). E continua: Il concento … è una mescolanza de suoni gravi et acuti, che … producono soavità infinita all'udito. Non solo sembra così addirittura escludere le dissonanze, ma contraddice il concetto dinamico zarliniano di "concento", o sia "harmonia propia", e confonde questa con l' "harmonia non propia", o sia "harmoniosa consonanza"! Aveva scritto inoltre Zarlino che 30 "Non vi è necessario la sincopa di alcuna delle parti … <e> si possono risolvere non meno nell'ascendere , che nel discendere delle parti" (Ivi: 78, num. 11 e 15). 31 Cf. supra: cap. 1, par. 2, nota 2. 32 Artusi 1600: 11. 33 Zacconi 1592: 8r e 50v. 6 7 l'harmonia propia … non solamente nasce dalle consonanze, ma dalle dissonanze ancora: percioché i boni musici pongono ogni studio di fare che nelle harmonie le dissonanze accordino, e con maraviglioso effetto consuonino. Zarlino non chiude al progresso34; e Monteverdi accresce questo "maraviglioso effetto". 6. "Non si levava ancor l'alba novella": <Fig.2> sebbene la musica, come i sogni, non conosca la negazione, Monteverdi rende bene l'immagine. Il doppio soggetto iniziale del nostro madrigale è d'una plasticità impressionante: all'inizio (misure 1-5) il soggetto dinamico ascendente del sole nascente è sotto la linea dell'orizzonte; ma ecco che subito (misure 5-9) la supera e risplende. Questo tema dell'alba torna nella seconda parte (misure 35-47), richiamato non dalla rima, ma dalla materia. La rima lo richiamerà poi alla fine (misure 66-80), ma col rovescio dei due soggetti: nel momento supremo della congiunzione erotica s'estingue la tensione, sicché il sole cala dietro l'orizzonte; l'energia vitale muore nei corpi degli amanti e quella luminosa dolcemente tramonta. I due soggetti infine si dividono: l'orizzonte è definitivamente superato, la vita si libera dalla morte. È dunque un Grundthema variato35: pervade come Leitmotiv l'intera composizione, e da esso germinano tutti gli altri soggetti: divisi in due schiere, quelli languidi e statici derivano dall'orizzonte, quelli vividi e pulsanti dal sol levante. Scrive Nino Pirrotta: L'addio ultimo si effonde nel finale in dissonanze espressive che hanno poco da invidiare alle celebrate audacie armoniche dei libri successivi36. Da misura 101 a misura 104 si succedono infatti ben sette accordi senza alcuna consonanza perfetta37: la tensione si quieterà solo con gli ultimi due accordi della cadenza finale. La seconda pratica è già matura e il suo manifesto sonoro ben lo dimostra. 34 "La nova modulatione fa novo concento e novo affetto – e non (come <ella> dice) nova confusione e novo disconcento – … per imitare con essi la natura del verso e giustamente rappresentare il senso vero del poeta; e, sebbene pare che ciò in un certo modo repugni a … monsignor Zarlino … nella seconda parte delle sue Istitutioni Harmoniche, tuttavia egli medesimo confessa pure nell'ultimo di detto capitolo <cap. XIII>, che da questa modulatione nasce la melodia … per trovare, con la novità sua, novo concento e novo affetto" (Lettera dell'Ottuso, in Artusi 1603: 14-15). 35 Carapezza 1981: 73. 36 Pirrotta 1968: 18. 37 Cinque dissonanze punteggiate da due accordi di terza e sesta e da uno di quarta e sesta, ad esse assimilabili: Carapezza 1998: 8. 7 8 Paolo Emilio Carapezza Università di Palermo Palermo, 19 Aprile 2017 8