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Paolo Maci I disturbi specifici di apprendimento Profili giuridici e di tutela con un contributo di Maria Chiara Landolfo pe Primiceri Editore 2019 Tutti i diritti riservati. Finito di stampare nel mese di marzo 2019 presso Rotomail Italia Spa – Vignate (MI) per conto di Primiceri Editore Srls Via Savonarola 217, 35137 Padova Prima Edizione ISBN 978-88-3300-115-9 www.primicerieditore.it 2 Prefazione Questo studio è una lettura ragionata delle norme sui Disturbi Specifici di Apprendimento a partire dalla legge 8 ottobre 2010 n. 170, che riconosce e definisce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali DSA. Si pone l’obiettivo di tradurre in un quadro chiaro ed organico la produzione normativa di riferimento, cercando di mettere ordine nelle fonti di produzione primaria (la legge dello Stato) e secondaria (direttive, circolari, note, raccomandazioni) che almeno dal 2004 si sono occupate della materia, offrendo agli operatori (giuristi, insegnanti, dirigenti scolastici, personale scolastico ed educativo in genere) ma anche ai genitori una chiave per comprendere come il fenomeno sia regolamentato nel nostro Paese e quali siano le modalità corrette per approcciarvisi. Tenta, in questo modo, di proporre un ulteriore stimolo alla necessità di approfondire i meccanismi regolatori di una problematica che tuttora, dopo quasi due decenni di dibattiti sull’argomento, registra ancora oggi sia da parte del mondo della scuola che da parte delle famiglie una conoscenza per molti versi scarsa e frammentaria che, unitamente ad una sorta di pregiudizio contro i ragazzi con DSA (svogliati, poco dotati, ecc.) rischia di avere gravi ripercussioni sulla loro autostima e sul loro apprendimento, con conseguenze anche sulla formazione della loro personalità e il loro futuro, anche professionale. Del resto, la necessità di una formazione adeguata è uno degli obiettivi principali del MIUR in questo specifico ambito, consapevole che il ruolo, il potere e la responsabilità degli operatori della Scuola e degli insegnanti in particolare - i terminali educativi con cui i ragazzi con DSA si rapportano - come sottolineano le Linee Guida ministeriali, sono estremamente importanti: gli insegnanti, soprattutto, possono aprire nuove opportunità, cognitive ed emotive oltre quelle culturali, ai propri allievi con bisogni educativi speciali oppure possono bloccare e atrofizzarne funzioni, capacità e possibilità. Nell’ambito delle scienze cognitive, infatti, la ricerca recente sembrerebbe aver chiarito la natura neurobiologica dei disturbi dell’apprendimento e la loro specifica “non completa” modificabilità, ma al contempo ha evidenzialo la possibilità – e anzi la necessità - di intervenire in modo adeguato sul funzionamento cognitivo ed emotivo3 motivazionale delle persone con DSA in modo da assicurarne il pieno successo scolastico e formativo. La conoscenza ragionata delle norme, obiettivo di questo studio, è ciò che consente di avere consapevolezza del percorso completo di gestione dei DSA all’interno della scuola, dei vari momenti di tale percorso e dei processi conseguenti, che devono essere ben chiari al fine di assicurarne l’applicazione, sia per il personale scolastico sia per le famiglie interessate. E questo anche per evitare le “patologie” del sistema, che di regola trovano davanti al Giudice Amministrativo la loro composizione. La giurisprudenza dei TAR (il capitolo sulla tutela degli alunni e degli studenti con DSA – l’ultimo di questo volume - è di Maria Chiara Landolfo) sia prima che dopo l’emanazione della legge 170 del 2010 ha ritenuto infatti di dover “difendere” i ragazzi con DSA, sanzionando quegli istituti scolastici che non hanno applicato correttamente le norme sulla materia. Oggi il problema di un approccio corretto con gli alunni e gli studenti con DSA esiste ancora. Il “pregiudizio” di fronte a qualcosa che è oggettivamente difficile da comprendere porta ad usare scorciatoie didattiche e di valutazione che le norme in esame, pur con i limiti di cui si darà conto, tentano – a volte invano – di scongiurare. Per questo, fornire uno strumento ulteriore di conoscenza può essere utile al fine di far comprendere che è possibile, semplicemente rispettando le norme regolatrici della materia, riuscire a far sì che tutti i ragazzi che studiano possano essere messi nelle condizioni di esprimere al meglio le loro potenzialità e dare il loro valido contributo alla società, senza rimanere ingiustamente indietro. Paolo Maci Docente di Legislazione Scolastica Università Telematica Pegaso 4 CAPITOLO I IL RICONOSCIMENTO LEGISLATIVO DEI DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO. LA DISLESSIA, LA DISGRAFIA, LA DISORTOGRAFIA E LA DISCALCUIA. SOMMARIO – 1.1 La natura dei Disturbi specifici di apprendimento. La funzione “definitoria” della norma nel rapporto tra produzione giuridica e scienze neuropsicologiche e metodologie didattiche – 1.2 La dislessia nella previsione della Legge 170 del 2010. Dislessia evolutiva e dislessia acquisita – 1.3 La disgrafia e la disortografia – 1.4 La discalculia. – 1.5 La Comorbilità 1.1 La natura dei Disturbi specifici di apprendimento. La funzione “definitoria” della norma nel rapporto tra produzione giuridica e scienze neuropsicologiche e metodologie didattiche La legge 8 ottobre 2010 n. 1701 riconosce e definisce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di 1 La legge 8 ottobre 2010, n. 170, intitolata Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale N. 244 del 18 Ottobre 2010. Il relativo disegno di legge, firmato dai senatori Franco e Asciutti, è stato approvato in prima lettura al Senato nel maggio del 2009. Nel giugno 2010, la Camera ha approvato il Ddl apportandovi alcune modifiche. Infine, la VII Commissione “Istruzione pubblica e beni culturali” del Senato lo ha approvato definitivamente in sede deliberante il 29 settembre 2010. La legge viene approvata dopo un percorso durato quasi un decennio, durante il quale si registra il fallimento di tre diversi disegni di legge presentati durante la XIV e la XV legislatura, uno al Senato nel 2002 (A. S. n. 1838, recante “Nuove norme in materia di difficoltà specifiche di apprendimento”) e uno alla Camera nel 2004 (A. C. n. 5066, recante “Disposizioni in favore dei soggetti con difficoltà specifiche di apprendimento”) e poi infine ancora al Senato nel 2007 (A. S. n. 1169, recante “Nuove norme in materia di difficoltà specifiche d'apprendimento”), il cui iter non terminò per effetto della fine anticipata della legislatura. Cfr G. ARCONZO, Il diritto all’istruzione dei soggetti affetti da dislessia o da altro disturbo specifico dell’apprendimento. Prime osservazioni in margine alla legge n. 170 del 2010, pag. 1, in 5 apprendimento (DSA)2. Si stima che sia interessata a questo disturbo una percentuale tra il 3 e il 4,5% della popolazione in età evolutiva3 www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/.../0262_arconzo.pdf, consultato il 14.07.2018 2 Legge 170 del 2010, art. 1, comma 1. 3 Cfr. Linee Guida Regione Toscana, pag. 2. Le Linee Guida della Regione Toscana, adottate con Delibera della Giunta Regionale n. 1159/2012 (Linee guida per la diagnosi e gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento) sono state elaborate in ossequio alla Legge 170 del 2010 e del relativo decreto Ministeriale di Attuazione (n. 5669 del 12 luglio 2011) e sono redatte da un gruppo di lavoro regionale interistituzionale, al quale hanno partecipato rappresentanti della scuola, dei servizi sanitari e dell’area istruzione della Regione Toscana, in conformità alle previsioni dell’accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano e MIUR su “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione diagnostica dei disturbi specifici di apprendimento” del 25/7/2012. Hanno come scopo di uniformare le procedure diagnostiche, abilitative e di presa in carico nell’ambito della Regione ma sono state prese come riferimento in questo studio – unitamente a quelle emanate dal MIUR - per le indicazioni di portata generale che contengono (e limitatamente ad esse) e per la completezza e il rigore della esposizione. Le Linee Guida adottate dal Ministero, elaborate – come recita il testo - in base alle più recenti conoscenze scientifiche, contengono indicazioni utili per realizzare interventi didattici individualizzati e personalizzati, per utilizzare gli strumenti compensativi e per applicare le misure dispensative. Indicano il livello essenziale delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche e agli atenei per garantire il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA. Il documento presenta la descrizione dei Disturbi Specifici di Apprendimento, amplia alcuni concetti pedagogico-didattici ad essi connessi e illustra le modalità di valutazione per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA nelle istituzioni scolastiche e negli atenei. Un capitolo è poi dedicato ai compiti e ai ruoli assunti dai diversi soggetti coinvolti nel processo di inclusione degli alunni e degli studenti con DSA: uffici scolastici regionali, istituzioni scolastiche (dirigenti, docenti, alunni e studenti), famiglie, atenei. L’ultimo è dedicato alla formazione. Le Linee Guida del MIUR sono allegate al Decreto n. 5669 del 12 luglio 2011 del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, attuativo delle Legge 170/2010. Il decreto esplicita le indicazioni contenute nella Legge 170/2010 riguardo alle modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, alle misure educative e didattiche di supporto utili a sostenere il corretto processo di insegnamento/apprendimento fin dalla scuola dell’infanzia, nonché alle forme di verifica e di valutazione scolastica al fine di garantire il raggiungimento del successo formativo degli alunni con diagnosi di DSA delle scuole di ogni ordine e 6 anche se questa sembra essere una valutazione piuttosto prudente, poiché i dati frutto delle ultime ricerche suggeriscono che la frazione di ragazzi con DSA possa essere ben oltre il 5%.4 Questo significa che considerando una classe media di circa 25 alunni, almeno uno di loro potrebbe avere un disturbo specifico dell’apprendimento.5 L’intervenuta consapevolezza della rilevanza del numero degli alunni e degli studenti con DSA all’interno della scuola italiana è sicuramente una delle ragioni che hanno indotto il legislatore ad occuparsi di DSA, dopo che già alcune Regioni - negli anni immediatamente precedenti alla approvazione della legge - si erano interessate della materia. L’altra ragione è la grande mole di studi scientifici sull’argomento, che hanno prodotto una sterminata bibliografia, soprattutto nei paesi anglosassoni, e che hanno fatto in modo di raggiungere sull’argomento risultati sufficientemente condivisi e portato il problema all’attenzione dei pedagogisti e degli operatori della scuola. E’ ormai un dato acquisito nel mondo scientifico infatti, ratificato in Italia dalle indicazioni della Consensus Conference del 20106, che i DSA abbiano un’origine grado del sistema nazionale di istruzione, a partire dal primo ciclo di istruzione sino all’Università. 4https://www.aiditalia.org/it/news-ed-eventi/news/quanti-sono-studenti-con-dsaitalia-dati-a-confronto, consultato il 14.07.2018 5 C. BACHMANN, I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) a scuola, in DSA e Scuola: Risorse per l’apprendimento: Atti del primo convegno nazionale. a cura di C. Bachmann, Lampi di Stampa, 2008, pag. 19 6 La Consensus Conference è una metodologia utilizzata per rispondere a quesiti relativi all’efficacia, ai rischi e alle applicazioni cliniche di interventi biomedici o di sanità pubblica, oggetto di specifiche controversie nella pratica clinica, orientandone anche la ricerca futura. Si realizza attraverso la produzione di rapporti di valutazione della letteratura scientifica, discussi da una “Giuria” composta da professionisti sanitari e da altre figure professionali e sociali. Il modello delle Consensus Conference (CC) è stato sviluppato negli USA da parte del National Institute of Health (NIH) negli anni ’70, come metodo per affrontare problemi complessi concernenti gli interventi sanitari e per orientare la ricerca. La CC intende definire lo “stato dell’arte” rispetto ad uno specifico problema assistenziale, attraverso un processo esplicito in cui le informazioni scientifiche vengono valutate e discusse da una “Giuria”, composta non solo da professionisti sanitari, ma anche da altre componenti professionali e sociali. La CC sui DSA si è svolta a Roma il 6 e 7 dicembre 2010 ed è stata pubblicata nel giugno del 2011. 7 neurobiologica cui si intrecciano fattori ambientali come la scuola, la famiglia ed il contesto sociale, che contribuiscono a determinare il fenotipo del disturbo e un maggiore o minore disadattamento del soggetto rispetto al contesto7 e si presentano come un’atipia dello sviluppo nell’ambito della quale è possibile la modificabilità del quadro clinico.8 La complessità da cui trae origine il fenomeno, tuttavia fa sì che la produzione normativa in materia, che sconta comunque differenze non di poco conto tra i diversi Paesi in cui esiste una normazione sui DSA, debba considerarsi “allo stato dell’Arte” in ordine ai risultati che il mondo scientifico ha raggiunto. E se accade, come nel caso dei DSA, che il decisore giuridico abbia scelto di risolvere prescrittivamente una definizione scientifica, trasformando in asserti giuridici “certi” una posizione sulla quale la scienza ancora tuttavia si interroga, è inevitabile che il progresso degli studi sui DSA, sulla loro origine e sulle ragioni per cui gli stessi abbiano rilevanza diversa in ragione degli ambienti sociali in cui maturano e dei singoli individui ai quali afferiscono, possano e debbano determinare anche la modificazione nel tempo delle norme che li riguardano, magari scontando l’inevitabile gap che esiste tra i risultati scientifici e quello della normativizzazione degli stessi. A ciò si aggiunga il rilievo che su questo tema assume il ruolo dei pedagogisti, da cui la produzione normativa attinge a piene mani, soprattutto quando indica - anche in questo caso in maniera prescrittiva – i “modelli” a cui fare riferimento e che verranno analizzati in questo studio in quanto e nella misura in cui – appunto – sono ripresi e fatti propri dalle norme. Le ragioni che portano a considerare le norme giuridiche che si occupano di DSA una proiezione delle ricerche più avanzate che il mondo delle scienze neuropsicologiche offre, devono necessariamente, per gli stessi motivi, valere per le metodologie didattiche, che hanno individuato gli strumenti in grado di consentire – ad oggi - agli alunni e agli studenti con DSA di raggiungere un pieno traguardo formativo. Anche in questo caso l’evoluzione degli studi pedagogici potrebbe portare a delle soluzioni diverse e innovative che richiederanno al 7 8 8 Consensus Conference, cit. pag. 7 Linee Guida Regione Toscana, cit. pag. 2 produttore di norme di tenerne conto al fine di rendere più efficaci gli strumenti che lo stesso ha a disposizione per indirizzare gli operatori dell’istruzione nel difficile percorso di supporto ai portatori di DSA e alle famiglie di comprendere e conoscere gli strumenti che hanno a disposizioni per interagire con le istituzioni scolastiche e – qualora sia necessario – garantire la tutela dei propri figli. L’inevitabile intreccio tra produzione scientifica e produzione normativa si consuma, oltre che in ambito definitorio, anche e soprattutto nella individuazione dei soggetti con DSA. Le “Linee Guida per la diagnosi e gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento della Regione Toscana”, prese come riferimento da questo studio – oltre a quelle del MIUR - per la completezza ed il rigore con cui sono redatte e limitatamente alle indicazioni di portata generale che contengono, facendo proprio riferimento agli studi più recenti sulla materia (sono del 2012) individuano i soggetti con DSA in quegli alunni e quegli studenti normodotati intellettivamente, che hanno usufruito di una adeguata opportunità di apprendimento e non presentano disturbi neuromotori o sensoriali o psicopatologici preesistenti o problemi significativi alla sfera emotiva.9 Anche se possono evidenziarsi a volte in concomitanza di competenze cognitive in area limite (Quoziente Intellettivo-QI tra 70 e 85), i DSA, secondo le Linee Guida della Regione Toscana, si presentano generalmente in soggetti che, se messi nelle condizioni di sviluppare stili di apprendimento specifici in grado di metterli nelle condizioni di attenuare e/o compensare il disturbo, possono raggiungere gli obiettivi di apprendimento previsti dalla classe frequentata.10 Altro dato sufficientemente certo – come ribadisce la Consensus Conference - è che la precocità degli interventi, a partire da una diagnosi tempestiva e puntuale, è sempre più spesso considerata in letteratura tra i fattori prognostici positivi.11 Il terzo aspetto da prendere in considerazione e che assume rilievo dal punto di vista dell’approccio ai DSA è la necessità della diffusione di prassi cliniche condivise per la diagnosi, che prevedano l’utilizzo di protocolli di valutazione basati su prove standardizzate a livello 9 Ibidem, pag. 3 Ibidem, pag. 2 11 Consensus Conference, cit, pag. 8 10 9 nazionale, così come di modalità di trattamento scientificamente orientate. Ciò rileva non solo al fine di consentire un livello di assistenza più efficace e omogeneo per i soggetti con DSA ma anche per permettere la rilevazione nazionale delle necessità diagnostiche e terapeutiche per questi disturbi (in termini di risorse umane ed economiche) e l’avvio di un percorso di ricerca sistematico sull’efficacia e l’efficienza degli interventi terapeutici nella popolazione di lingua italiana. In estrema sintesi, quindi, è ragionevole affermare che le norme sui soggetti con disturbi specifici di apprendimento sono costruite tenendo conto di una cornice fornita dai più recenti studi secondo cui i DSA: - sono “disturbi specifici”, disturbi che interessano cioè uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto in soggetti in cui il funzionamento intellettivo generale rimane intatto.12 - Sono altra cosa rispetto ai disturbi “non specifici di apprendimento”, relativi ad una difficoltà di apprendimento secondaria ad altri disturbi o deficit di tipo cognitivo e/o psicopatologico e/o neurologico /sensoriale,13 o alle altre difficoltà curriculari aspecifiche, connesse di solito a fattori relativi al contesto familiare, ambientale e culturale dello studente.14 - Sono un disturbo cronico, che permane per tutto il corso della vita della persona interessata. - Sono un disturbo la cui espressività si modifica in relazione all’età e alle richieste ambientali: si manifestano cioè con caratteristiche diverse nel corso dell’età evolutiva e delle fasi di apprendimento scolastico, tant’è che i sintomi dei DSA appaiono più marcati nella scuola primaria e secondaria di primo grado. - Sono un disturbo che, se trattato con idonei strumenti compensativi o dispensativi, non impedisce ai soggetti che ne sono interessati di raggiungere gli obiettivi di apprendimento previsti dalla classe frequentata soprattutto se si è in presenza di una diagnosi precoce. 12 Consensus Conference, cit., pag 7 Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 3 14 Consensus Conference, cit. pag. 8 13 10 1.2 La dislessia nella previsione della Legge 170 del 2010. Dislessia evolutiva e dislessia acquisita. Lo stretto collegamento tra norme sui DSA e scienze neuropsicologiche viene sottolineato ed esplicitato dalla legge 170 che si occupa dei DSA (Dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia) facendo riferimento – evidentemente - alle definizioni fornite dalle scienze stesse, precisando – all’ultimo comma del primo articolo – che nell'interpretazione delle definizioni date si debba tener conto dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia. Il collegamento tra diritto e scienza, in questo caso, è a doppio mandato: da una parte il decisore giuridico ha scelto di risolvere prescrittivamente una definizione scientifica, facendo propria quella che dei disturbi specifici di apprendimento dà la scienza neurologica, dall’altra lascia “aperta” l’interpretazione di queste definizioni, legandole alla evoluzione delle conoscenze scientifiche in materia. La norma – così come concepita - non può non destare perplessità: la prescrittività della definizione – che presuppone la scelta da parte del legislatore di fare propria una definizione alla quale la scienza neurologica è pervenuta in un dato momento storico – mal si sposa con una possibile interpretazione evolutiva della definizione stessa che, per come è strutturata, lascia in verità pochi margini ad una interpretazione diversa da quella che offre. Probabilmente, l’intenzione del legislatore era quella di lasciare comunque “aperte” le definizioni dei disturbi specifici di apprendimento in modo da consentire alla norma di adattarsi alla evoluzione della cornice scientifica nella quale si inserisce. In questo senso, sarebbe stato meglio, probabilmente, un riferimento puro e semplice ai disturbi specifici di apprendimento evitando di fare proprie le relative definizioni cristallizzandole in norme giuridiche. Un rinvio tout court alle conoscenze scientifiche sul punto avrebbe consentito all’interprete la possibilità di essere maggiormente aderente al progredire delle conoscenze scientifiche in materia. La definizione che il legislatore sceglie di offrire di dislessia è quella di “un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nell'imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura” 15 e 15Legge 170 del 2010, art. 1 comma 2 11 si traduce in una minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto normalmente accade per età anagrafica, classe frequentata e istruzione ricevuta. Le scienze neuropsicologiche fanno riferimento, in questo caso, alla Dislessia evolutiva distinguendo da questa la dislessia acquisita,16 che non rileva, o rileva molto latamente, ai fini di questo studio. La differenziazione tra i due tipi di dislessia riguarda l’epoca in cui insorge il disturbo di interpretazione dell’ortografia. Nella dislessia acquisita un soggetto che è in grado di leggere normalmente e con la velocità consueta e solitamente diffusa, comincia a compiere errori oppure non riesce più a riconoscere le parole con la stessa facilità. Di solito questo accade a causa di eventi patologici che hanno determinato lesioni nelle aree corticali che sono coinvolte nel processo di transcodifica. La dislessia evolutiva si manifesta invece all’inizio del processo di apprendimento della lettura. 1.3 La disgrafia e la disortografia Il disturbo specifico di scrittura si definisce disgrafia o disortografia, a seconda che interessi rispettivamente la grafia o l’ortografia. Anche in questo caso la legge 170 risolve prescrittivamente una definizione scientifica. In particolare, definisce la disgrafia come un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica17 collegato al momento motorio-esecutivo della prestazione;18 fa riferimento al controllo degli aspetti grafici, formali, della scrittura manuale.19 La disortografia, di converso, secondo la definizione fatta propria dalla norma, afferisce ad una minore correttezza del testo scritto20 e viene descritta come un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica,21 disturbo collegato ad un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura: 16 G. STELLA, La dislessia. Quando un bambino non riesce a leggere, il Mulino, 2017, pag. 3 17 Legge 170 del 2010, art. 1 comma 3. 18 Linee Guida MIUR, cit. pag. 4 19 ibidem 20 ibidem 21 Legge 170 del 2010, art. 1 comma 4, ibidem 12 riguarda cioè l’utilizzo, in fase di scrittura, del codice linguistico in quanto tale22 e concerne, quindi, il processo di trascrizione basato sul meccanismo di conversione da suono (fonema) a segno (grafema) e il riconoscimento di regole ortografiche che permettono la corretta scrittura di parole con trascrizione ambigua.23 Entrambi i disturbi, naturalmente, sono in rapporto all’età anagrafica dell’alunno.24 Per la diagnosi di disortografia – secondo le Linee Guida della Regione Toscana - è necessaria la presenza di un numero di errori ortografici che si discostino per difetto di almeno due deviazioni standard rispetto ai risultati medi dei bambini della stessa classe scolastica (misurate attraverso batterie di test standardizzati) mentre per la diagnosi di disgrafia è necessario analizzare l’assetto morfologico, spaziale e la velocità della grafia.25 1.4 La discalculia La discalculia viene definita dalla Legge 170 come un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell'elaborazione dei numeri.26 Riguarda l’abilità di calcolo, sia nella componente dell’organizzazione della cognizione numerica, sia in quella delle procedure esecutive e del calcolo. Nel primo ambito – come specificato dalle Linee Guida del MIUR - la discalculia interviene sugli elementi basali dell’abilità numerica: il subitizing (o riconoscimento immediato di piccole quantità), i meccanismi di quantificazione, la seriazione, la comparazione, le strategie di composizione e scomposizione di quantità, le strategie di calcolo a mente; nell’ambito procedurale, invece, la discalculia rende difficoltose le procedure esecutive relative calcolo scritto: la lettura e la scrittura dei numeri, l’incolonnamento, il recupero dei fatti numerici e gli algoritmi del calcolo scritto vero e proprio.27 I bambini possono cioè presentare difficoltà nell’uso dei numeri e degli ordini di grandezza (codifica semantica del numero), nel 22 Linee Guida MIUR, cit., pag. 4 Linee Guida Regione Toscana, pag. 4 24 ibidem 25 Ibidem 26 Legge 170 del 2010, art. 1 comma 5. 27 Linee Guida MIUR, cit., pag. 4 23 13 conteggio, nella transcodifica di numeri (lettura, scrittura e ripetizione di numeri), nella memorizzazione dei fatti numerici (tabelline, somme e sottrazioni con risultato entro la decina), nell’acquisizione delle procedure per lo svolgimento di calcoli mentali e scritti (misurate attraverso batterie di test standardizzati).28 Come accade per i processi di comprensione del testo, sono escluse da questa diagnosi le difficoltà nella soluzione dei problemi matematici, così come stabilito dalla Consensus Conference del 201029, a ribadire la circostanza, già sottolineata in precedenza, che i processi di comprensione, in questo caso dei problemi logico matematici, non concorrono alla diagnosi dei DSA come non vi concorrono quelli relativi alla comprensione di un testo, che semmai possono essere rilevanti al fine della individuazione di problemi di natura diversa. 1.5 La Comorbilità I disturbi di cui abbiamo parlato possono sussistere separatamente o insieme.30 In quest’ultimo caso danno luogo alla cosiddetta comorbilità, che è l’ipotesi in cui, pur interessando abilità diverse, i disturbi appena descritti possono coesistere in una stessa persona ovvero cumularsi con altri disturbi di sviluppo, anche diversi dai DSA (disturbi di linguaggio, disturbi di coordinazione motoria, disturbi dell’attenzione) e/o con disturbi emotivi e del comportamento.31 E’ evidente che, in questi casi, il disturbo risultante è superiore alla somma delle singole difficoltà, poiché ognuno dei disturbi implicati nella comorbilità influenza negativamente lo sviluppo delle abilità complessive. 28 Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 4 Consensus Conference, cit., pag. 21 30 Legge 170 del 2010, art. 1 comma 6 31 Consensus Conference, cit. pag. 8 29 14 CAPITOLO II LA DIAGNOSI DEI DSA. IL RUOLO DELLA SCUOLA E DEI GENITORI SOMMARIO – 2.1 Individuazione e segnalazione dei casi di DSA. L’attività della scuola precedente e successiva alla diagnosi. - 2.2 La funzione dei genitori. Il diritto dovere di garantire ai figli il pieno successo formativo. 2.1 Individuazione e segnalazione dei casi di DSA. L’attività della scuola precedente e successiva alla diagnosi. La diagnosi è uno degli snodi cruciali del complesso rapporto tra le istituzioni scolastiche e i soggetti con DSA. La Legge 170 stabilisce che la stessa venga effettuata dal Servizio Sanitario Nazionale attraverso i suoi ambiti specialistici ovvero, qualora questo non sia possibile perché le ASL di appartenenza ne siano prive e ove le Regioni di appartenenza lo prevedano, da specialisti o da strutture accreditate. È comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente.32 Se questo è un punto fermo della disciplina sui DSA, può ritenersi altrettanto certo che la diagnosi è solo un “passaggio” preceduto e seguito da un’attività della istituzione scolastica pensata per rendere effettiva la tutela dell’alunno o dello studente con DSA. Va chiarito che la individuazione e la segnalazione dei casi di possibili DSA deve essere fatta dalle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, che devono attivare interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA tra gli alunni e gli studenti. Si tratta di una disposizione che – come sostenuto da autorevole dottrina - rappresenta il passaggio chiave della legge 170 del 2010. Non saranno infatti più i soli famigliari degli studenti a doversi accorgere della possibile presenza di DSA: nelle intenzioni del legislatore essi dovranno essere 32 Legge 170 del 2010, art. 3 comma 1 15 fattivamente aiutati dalle scuole.33 Le Linee Guida del MIUR invitano gli insegnanti a puntare l’attenzione – per ciò che riguarda la scrittura - su errori ricorrenti, che possono apparire comuni ed essere frequenti in una fase di apprendimento o in una classe precedente a quella frequentata, ma che devono essere un campanello d’allarme nel caso si presentino a lungo ed in modo non occasionale. Nei ragazzi più grandi invece potranno essere segnali l’estrema difficoltà a controllare le regole ortografiche o la punteggiatura. Per quanto concerne la lettura, possono essere indicativi - secondo le Linee Guida - il permanere di una lettura sillabica ben oltre la metà della prima classe primaria, la tendenza a leggere la stessa parola in modi diversi nel medesimo brano, il perdere frequentemente il segno o la riga. Il bambino dislessico mostra fin da subito difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto, a fissare le corrispondenze tra i segni grafici e i suoni e a riprodurle in modo rapido e senza sforzo apparente.34 Proprio i possibili deficit nella lettura di vocali e consonanti, di parole e non-parole35 e di brani – come indicano le Linee Guida del MIUR - sono i segnali che fin da subito possono aiutare a comprendere la presenza della dislessia36 e appaiono di fondamentale importanza ai fini della diagnosi o addirittura della prediagnosi, la cui tempestività – come insegnano le scienze neuropsicologiche ed i pedagogisti – è determinante ai fini di un intervento efficace sui soggetti con DSA, al fine di accompagnarne positivamente il percorso scolastico. Anche la velocità di lettura assume rilievo a questi fini.37 Quando un docente osserva tali caratteristiche nelle prestazioni scolastiche di un alunno deve predisporre specifiche attività di recupero e potenziamento e, se anche a seguito di tali interventi, l’atipia 33 G. ARCONZO, op. cit., pag. 4 Ibidem, pag. 6. 35 Le non- parole sono stringhe di simboli ortografici, che non hanno un corrispondente valore semantico (non hanno cioè alcun significato) http://for.indire.it/dislessia/offerta_lo/lo/113/116.htm, consultato il 16.06.2018. 36Linee Guida MIUR, cit. pag. 37 Linee Guida Regione Toscana, cit. pag. 4 34 16 permane, sarà necessario comunicare alla famiglia – nelle modalità che vedremo più avanti - quanto riscontrato, consigliandole di ricorrere ad uno specialista per accertare la presenza o meno di un disturbo specifico di apprendimento.38 Alla segnalazione deve seguire, sempre, la diagnosi da parte delle strutture specializzate della ASL poiché, ovviamente, la segnalazione da parte della scuola – come detto in precedenza - non costituisce essa stessa una diagnosi di DSA39. In ogni caso, sulla base delle indicazioni fornite dalle scienze neuropsicologiche e dalla pedagogia, le norme prevedono che la diagnosi di dislessia e disortografia debba essere formulata non prima della fine del II anno del primo ciclo di istruzione, mentre per la diagnosi di discalculia e disgrafia è necessario aspettare il termine del terzo anno.40 In realtà, la letteratura scientifica suggerisce che i primi segnali della presenza di DSA possono cogliersi già nei primi tre anni di vita. I bambini con Dislessia spesso hanno avuto difficoltà di linguaggio già a partire dal terzo anno: può trattarsi di bambini che hanno imparato a parlare tardi, intorno ai due anni, o che usano un linguaggio molto scarno, oppure hanno manifestato difficoltà nella pronuncia di alcune parole o di alcune sillabe o hanno cominciato e continuato ad usare frasi dal costrutto non del tutto corretto. Il contesto scolastico, quindi, non fa che mettere in luce problematiche già presenti. In effetti, se il bambino non venisse in contatto con un ambiente in cui il linguaggio scritto e quello orale costituiscono allo stesso tempo lo strumento e l’oggetto principale di apprendimento, il suo disagio e le sue problematiche si configurerebbero in maniera meno “forte”.41 Ma effettuare la diagnosi nei tempi giusti, e cioè dopo un periodo di inserimento in percorsi scolastici e almeno a partire dal II anno della scuola primaria, come appena sottolineato, ha lo scopo di evitare falsi positivi (soggetti a cui viene diagnosticato un DSA, spiegabile invece con la condizioni etnica o culturale) e di escludere i casi di 38 Linee Guida MIUR, cit., pag. 5 Legge 170 del 2010, art. 3 comma 3 40 Linee guida Regione Toscana, cit. pag. 3 41 https://www.tuttodsa.it/dislessia.html, consultato il 12.06.2018 39 17 ritardo o rallentamento di acquisizione di apprendimenti 42 ovvero escludere falsi negativi (DSA non diagnosticati a causa della propria appartenenza), soprattutto nelle situazioni etnico culturali particolari, come l’adozione o l’immigrazione.43 A tal proposito, gli studiosi più avveduti suggeriscono trai criteri più efficaci per stabilire la diagnosi di DSA quello della “discrepanza” tra le abilità facenti parte del dominio specifico interessato, che risultano essere deficitarie in rapporto alle attese per l’età e la classe frequentata, e l’intelligenza generale del soggetto in esame, adeguata invece all’età cronologica).44 E’ importante sottolineare infatti – proprio ai fini della corretta individuazioni dei segnali di DSA – che il soggetto che ne è affetto non incontra problemi a far proprio il significato di una frase o di un testo, ma piuttosto stenta a riconoscere i segni ortografici, ad applicare le regole di conversione dei segni grafici in suoni e a ricostruire le stringhe di suoi in parole del lessico.45 E’ difficile, di solito, comprendere come ci possa essere distinzione tra l’attività di decodifica di un testo e il processo di comprensione dello stesso. Normalmente, infatti, quando un individuo legge un testo ha l’impressione di accedere direttamente al suo significato senza dedicare alcuno sforzo all’attività di interpretazione dell’ortografia. Invece esiste una “separatezza” tra il processo interpretativo dell’ortografia e quello di decodifica e la distinzione tra l’uno e l’altro emerge in tutta la sua evidenza proprio nei soggetti dislessici, che non hanno difficoltà nel processo interpretativo ma esclusivamente nelle attività di decodifica del testo.46 Per questa ragione in letteratura si preferisce a volte definire la dislessia come “disturbo di decodifica” proprio per il fatto che esso riguarda il transito dal codice scritto al codice linguistico e viceversa.47 42 Linee guida Regione Toscana, ibidem. C. BACHMAN, op. cit., pag. 16 44 Ibidem 45 Ibidem pag. 4-5 46 Ibidem, pag. 5 47 M. MARTONE, I DSA e le nuove tecnologie, Youcaprint self – Publishing, Tricase, edizione digitale, 2016, pag. 6 43 18 L’obbligo per la scuola di segnalare eventuali atipie nel processo di apprendimento è pensato per consentire a tutti i bambini in relazione ai quali le scuole sospettano la presenza di DSA – compresi i figli di quei genitori che, per le più svariate ragioni, non hanno gli strumenti o le conoscenze per intuire che eventuali difficoltà scolastiche possano essere causate proprio da un DSA – di poter immediatamente usufruire delle iniziative volte al pieno ed effettivo godimento del diritto allo studio,48 posto che è ormai scientificamente accertata l’utilità di avviare interventi di recupero anche quando non si ha ancora una diagnosi, ma esiste solo la determinazione di un livello di rischio. Ad esso si accompagna, infatti, l’obbligo di predisporre, ancor prima che intervenga una diagnosi che ufficializzi la presenza di DSA, adeguati interventi didattici da parte delle istituzioni scolastiche, come può evincersi agevolmente da una attenta lettura del comma 2 dell’art. 3 della Legge 170, laddove si prevede che “per gli studenti che, nonostante adeguate attività di recupero didattico mirato, presentano persistenti difficoltà, la scuola trasmette apposita comunicazione alla famiglia”. La collocazione di questa disposizione dopo il comma dedicato alla diagnosi potrebbe anche indurre l’interprete a considerare che le scuole siano obbligate ad attivare le “adeguate attività di recupero” solo dopo che sia intervenuta una diagnosi di DSA. Un’analisi sistematica dell’intera norma, anche sulla base del testo originario del disegno di legge, sembra tuttavia far propendere per la correttezza della tesi secondo cui le scuole debbano attivarsi sia per la individuazione precoce di possibili situazioni di DSA sia per l’attivazione dei percorsi di recupero didattico “pre-diagnosi” in favore di quegli studenti che potrebbero essere affetti da DSA.49 Questa indicazione è rafforzata dalla successiva emanazione della circolare ministeriale n. 8 del 2013 che pone l’attenzione sugli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura privata 48 Legge 170 del 2010, art. 3 comma 1 G. ARCONZO, op. cit. pag. 4. 49 Legge 170 del 2010, art. 3 comma 1 49 G. ARCONZO G., op. cit. pag. 4. 48 19 ai quali le strutture sanitarie pubbliche o accreditate non abbiano ancora rilasciato la relativa certificazione, circolare con la quale si raccomanda “di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010 qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo”. Ciò, al fine di evitare che “alunni già sottoposti ad accertamenti diagnostici nei primi mesi di scuola che, riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad ottenere la certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente avrebbero diritto”. In casi di questo tipo, il Ministero raccomanda “di superare e risolvere le difficoltà legate ai tempi di rilascio delle certificazioni (in molti casi superiori ai sei mesi) adottando comunque un piano didattico individualizzato e personalizzato nonché tutte le misure che le esigenze educative riscontrate richiedono”. 50 Questa interpretazione della norma, tuttavia, non esclude, anzi suggerisce – anche in virtù della sua collocazione all’interno dell’articolato, di considerare che le scuole sono obbligate ad attivare le “adeguate attività di recupero” anche dopo che sia intervenuta una diagnosi di DSA. La ratio della previsione, quindi, vuole che le istituzioni scolastiche abbiano una costante attenzione per l’alunno e lo studente, che assume all’interno della legge un ruolo centrale. È in funzione del soggetto affetto da disturbi specifici di apprendimento che le istituzioni scolastiche sono chiamate: - ad effettuare immediatamente – quando vi è un sospetto di DSA - le verifiche e a seguito di esse le segnalazioni alla famiglia in modo tempestivo, sì da favorire una diagnosi per quanto è possibile precoce dei disturbi; - ad intervenire sul piano didattico con apposite attività di potenziamento mirato non appena vi siano i primi segnali di DSA e prima che la diagnosi sia formalizzata e consegnata dalla famiglia alla scuola; 50 http://3.flcgil.stgy.it/files/pdf/20130611/circolare-ministeriale-8-del-6-marzo2013-strumenti-di-intervento-per-gli-alunni-con-bisogni-educativi-speciali-bes.pdf, pag. 3, consultato il 22.07.2018 20 - - a predisporre il PDP quando vi sia una diagnosi, ancorché la stessa provenga da strutture private, in considerazione non solo dei tempi di consegna della diagnosi alle famiglie da parte del servizio pubblico, ma anche in considerazione dei tempi di attesa per effettuare la visita specialistica finalizzata alla diagnosi, in modo che i tempi troppo lunghi a cui il più delle volte costringe il Servizio Sanitario Nazionale non si traduca in una ingiustificata penalizzazione dei soggetti con DSA, atteso che il PDP deve essere approvato – secondo le norme – entro tre mesi dall’inizio dell’anno scolastico. a verificare, una volta che le misure previste dal PDP siano andate a regime, che le stesse rispondano adeguatamente ai bisogni dell’alunno o dello studente e - se del caso – a modificarle. 2.2 La funzione dei genitori. Il diritto dovere di garantire ai figli il pieno successo formativo. Se è la scuola – grazie al lavoro di osservazione degli insegnanti – la prima a dover cogliere i segnali di possibili DSA e a informarne la famiglia, i genitori che per primi dovessero avvedersi delle difficoltà del proprio figlio o della propria figlia devono segnalarlo all’istituzione scolastica, sollecitandola ad un periodo di osservazione.51 La famiglia – come si è appena ricordato - è in ogni caso informata dalla scuola della esistenza di persistenti difficoltà dell’alunno o dello studente nonostante adeguate attività recupero didattico mirato.52 La famiglia, in una fase successiva, provvede, di propria iniziativa o su segnalazione del pediatra - di libera scelta o della scuola - a far valutare l’alunno o lo studente secondo le modalità previste dall’Art. 3 della Legge 170/2010 53 e consegna alla scuola la relativa diagnosi. La delicata fase di riconoscimento dei sintomi di DSA, che culminerà poi con la diagnosi da parte del Servizio Sanitario Nazionale, prevista dalle norme sui Disturbi specifici di apprendimento, afferisce direttamente con il diritto 51 Linee Guida MIUR, cit, pag. 24 Legge 170 del 2010 art 3 comma 2 53 Linee Guida MIUR, ivi. 52 21 dovere che la Costituzione assegna ai genitori di istruire ed educare i propri figli. Non vi è dubbio, infatti, che una corretta interpretazione dell’art. 30 Cost. sottenda anche il diritto – dovere dei genitori a perseguire, per i propri figli, il pieno successo formativo. Per questo motivo, segnalando all’istituzione scolastica la presenza di un possibile DSA nel proprio figlio e/o raccogliendo l’indicazione della scuola ad effettuare la diagnosi, i genitori non fanno altro che esercitare un dovere che la Costituzione assegna loro ed esercitare – di conseguenza – un diritto costituzionalmente tutelato, poiché la loro attività è finalizzata a porre in essere quelle condizioni propedeutiche ad ottenere per l’alunno o lo studente il pieno successo formativo, in aderenza alla finalità ultima dell’art. 30 Cost. Non vi è dubbio alcuno, analogamente, che la scuola – pubblica o privata – che è lo strumento previsto dall’art. 33 Cost. attraverso il quale i genitori esercitano di regola il diritto – dovere ad istruire i propri figli, deve fare in modo che le aspettative, costituzionalmente tutelate, dei genitori ad un pieno successo formativo dei propri figli debbano trovare pieno accoglimento. Per queste ragioni il rapporto tra genitori ed istituzione scolastica, che trova una sua peculiare connotazione nel dovere per la scuola di informare sulla crescita e l’andamento scolastico degli alunni e nel diritto dei genitori di conoscere e condividere le scelte organizzative e didattiche operate all’interno di essa dai docenti, anche attraverso gli organismi collegiali ai quali genitori e insegnanti partecipano, deve diventare ancora più stringente quando si parla di soggetti con DSA. Il dettato costituzionale viene attuato infatti non solo facendo in modo che all’alunno e allo studente siano date tutte le opportunità perché possa formarsi nella maniera migliore, in aderenza alle sue possibilità, ma, ancor prima, facendo sì che si creino le pre-condizioni perché questo possa avvenire: un alunno con Disturbi specifici di apprendimento che non vengano segnalati e non vengano diagnosticati, al quale non venga data, quindi, l’opportunità di usufruire di tutto quanto la normativa in materia prevede, non sarà mai posto nelle condizioni di raggiungere il pieno successo formativo e anzi, nei casi più gravi, non sarà posto nelle condizioni di completare nemmeno gli studi. Per questo, la fase propedeutica alla diagnosi assume un rilievo particolare nel percorso di un soggetto con DSA: non riconoscerne i sintomi e quindi non attivarsi in suo aiuto o non farlo in maniera 22 tempestiva potrebbe rivelarsi un vulnus non facilmente superabile non solo per la sua carriera scolastica, ma per il corso della sua intera vita. Non può non rilevarsi – al proposito - come i DSA siano attualmente sotto diagnosticati, riconosciuti tardivamente o confusi con altri disturbi, anche se, nel contempo, sono in aumento le prove scientifiche sull’efficacia della presa in carico e degli interventi riabilitativi nella riduzione dell’entità del disturbo e/o nel rendimento scolastico (misura del funzionamento adattivo in età evolutiva), nonché nella prognosi complessiva (psichiatrica e sociale) a lungo termine.54 54 Ibidem, pag. 8 23 CAPITOLO III LA DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA E PERSONALIZZATA. IL PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO. LE MISURE DISPENSATIVE E GLI STRUMENTI COMPENSATIVI. L’AUSILIO IN CLASSE SOMMARIO – 3.1 Il Piano didattico Personalizzato. Il ruolo del Consiglio di Classe. La didattica individualizzata e personalizzata. – 3.2 Il ruolo dei genitori. La partecipazione al processo di elaborazione del PDP. La formazione delle famiglie di alunni e studenti con DSA. - 3.3 Le strategie didattiche nella scuola primaria e in quella secondaria di primo e secondo grado. a. La scuola primaria. b. La scuola secondaria di I e di II grado – 3.4 Gli strumenti compensativi e le misure dispensative. a. Gli strumenti compensativi b. Le misure dispensative – 3.5 L’apprendimento delle lingue straniere. Dispensa dalle prove scritte ed esonero dallo studio delle lingue straniere. Ipotesi e conseguenze. – 3.6 Modalità e finalità di attuazione delle strategie didattiche personalizzate: dal raggiungimento del pieno successo formativo al contrasto alla dispersione scolastica. 3.7 L’ausilio in classe. L’assenza di un insegnante di supporto all’alunno o allo studente con DSA. 3.1 Il Piano didattico Personalizzato. Il ruolo del Consiglio di Classe. La didattica individualizzata e personalizzata. La stesura del Piano didattico personalizzato è di competenza del consiglio di classe e non richiede la partecipazione vincolante e la sottoscrizione (come avviene invece per il Progetto Educativo Individualizzato, il PEI) di operatori socio-sanitari. Il PDP deve contenere almeno le seguenti indicazioni: - dati anagrafici - descrizione del funzionamento delle abilità strumentali (lettura, scrittura, calcolo) 24 - attività didattiche personalizzate (per ciascuna disciplina interessata) - strumenti compensativi - misure dispensative - patto con la famiglia - forme di verifica e valutazione personalizzate. E’ lo strumento con il quale la scuola predispone una didattica personalizzata per l’alunno o lo studente con DSA mediante l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere.55 Se la didattica “individualizzata” – come suggeriscono le Linee Guida del MIUR è quella calibrata sul singolo, anziché sulla intera classe o sul piccolo gruppo, quella “personalizzata” è rivolta ad un particolare discente. In particolare, l’azione formativa individualizzata pone obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo-classe, ma è concepita adattando le metodologie didattiche in funzione delle caratteristiche individuali dei discenti, con l’obiettivo di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo, ma comportando attenzione alle differenze individuali. Si concretizza, cioè, nelle attività di recupero individuale che può svolgere l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell’ambito delle strategie compensative e del metodo di studio, attività che possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente.56 L’azione formativa personalizzata, invece, si pone in più l’obiettivo di dare a ciascun alunno l’opportunità di sviluppare al meglio le proprie potenzialità, essendo strettamente legata a quella specifica ed unica persona dello studente a cui ci si rivolge. La didattica personalizzata, quindi, anche sulla base di 55 56 Legge 170 del 2010, art. 5 comma 2 Linee Guida MIUR, cit, pag. 6 25 quanto indicato nella Legge 53/200357 e nel Decreto legislativo 59/200458, calibra l’offerta didattica sulla specificità ed unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe, considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo, in modo da favorire l’inclusione, la partecipazione e la comunicazione con l’alunno e l’accrescimento dei punti di forza di ciascuno, lo sviluppo consapevole delle sue ‘preferenze’ e del suo talento, attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche come l’uso dei mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento significativo.59 La sinergia fra didattica individualizzata e personalizzata determina dunque, per l’alunno e lo studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento60 ed è lo strumento per garantire la realizzazione del diritto allo studio, insieme all’adozione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative, anch’esse determinanti per il raggiungimento del successo formativo degli alunni con DSA.61 E’ evidente come siffatto approccio didattico tenga conto, seppure in maniera non esaustiva, del modello di inclusione suggerito dall’ICF 62 finalizzato, per il mondo della 57 LEGGE 28 marzo 2003, n.53. Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. 58 DECRETO LEGISLATIVO 19 febbraio 2004, n.59. Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53. 59 Linee Guida MIUR, cit. pag. 6 60 Ibidem 61 Ibidem 62 L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha elaborato nel 2001, con la partecipazione di 192 Paesi tra cui l’Italia, uno strumento di classificazione che analizza e descrive la disabilità come esperienza umana che tutti possono sperimentare. Tale strumento, denominato ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) propone un approccio all’individuo normodotato e diversamente abile dalla portata innovativa e multidisciplinare e si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle 26 scuola, a realizzare interventi educativi realmente inclusivi nella misura in cui aiuta a recuperare la valenza ontologica della persona in quanto essere umano e far emergere la consapevolezza che i bisogni educativi speciali delle persone non vanno sottolineati in quanto le rendono differenti dagli altri, ma, piuttosto, in quanto richiedono di pensare e organizzare in modo diverso le prassi educative per rispondere alle loro necessità. In quest’ottica l’ICF aiuta a realizzare il processo educativo di inclusione come momento di valorizzazione della ricchezza umana.63 3.2 Il ruolo dei genitori. La partecipazione al processo di elaborazione del PDP. La formazione delle famiglie di alunni e studenti con DSA. Dal momento in cui viene consegnata la diagnosi all’istituzione scolastica si apre un percorso in cui ai Genitori è richiesto di condividere le linee elaborate nella predisposizione dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati e di formalizzare con la scuola un patto educativo/formativo che preveda l’autorizzazione a tutti i docenti del Consiglio di Classe - nel rispetto della privacy e della riservatezza del caso - ad applicare ogni strumento compensativo e le strategie dispensative ritenute idonee, previste dalla normativa vigente, tenuto conto delle risorse disponibili. Appare indubbio che la condivisione degli indirizzi elaborati nel PDP e il patto educativo previsto dalle Linee Guida del MIUR presuppongano l’adesione alle scelte operate dal corpo docente non solo riguardo alla individuazione della tipologia del disturbo, ma persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità, arrivando alla definizione di disabilità intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. (Cfr F. FERRARESI, In http://www.educare.it/Handicap/la_classificazione_icf.htm#autore, consultato il 25.01.2019 e anche https://www.reteclassificazioni.it/portal_main.php?portal_view=public_custom_pag e&id=25, consultato il 25.01.2019 63 Cfr http://www.didatticaermeneutica.it/superato-il-concetto-di-guerra-giusta/, consultato il 25.01.2019. 27 anche alle attività didattiche individualizzate e personalizzate, agli strumenti compensativi utilizzati e alle misure dispensative adottate ed infine alle forme di verifica e di valutazione personalizzate che saranno usate nel corso dell’anno scolastico.64 Tuttavia detta adesione, che una interpretazione letterale della norma potrebbe pure far intendere come la necessità di una accettazione acritica da parte della famiglia delle scelte operate dal personale docente, deve più correttamente intendersi come un processo di formazione di volontà da parte della istituzione scolastica alla quale la famiglia può concorrere. Dalla lettura delle Linee Guida del MIUR si inferisce infatti che la famiglia ha la possibilità di intervenire attivamente nella predisposizione della documentazione del PDP: non solo il rapporto tra scuola e famiglia è giudicato dalla norma in questo caso “fondamentale”, ma è previsto che la famiglia possa comunicare alla scuola eventuali osservazioni su esperienze sviluppate dallo studente anche autonomamente o attraverso percorsi extrascolastici, in modo che le stesse vengano recepite nel PDP e contribuiscano al raggiungimento del pieno successo formativo dell’alunno e dello studente.65 Analogamente, la scelta di usare strumenti compensativi e misure dispensative – e quali usare – che è per l’appunto la sostanza del “patto educativo-formativo” tra scuola e famiglia, presuppone la possibilità, per la famiglia, di manifestare il consenso a formalizzare detto patto esercitando una scelta consapevole e di volontà che le permetta di ingerirsi anche nella scelta degli stessi, condividendo il giudizio su quelli ritenuti più idonei ad aiutare lo studente a superare le difficoltà che possono frenarne il pieno successo scolastico. Solo una piena condivisione delle scelte metodologico-didattiche può consentire alla famiglia di sostenere la motivazione e l’impegno dell’alunno o dello studente nel lavoro scolastico e domestico, di verificare regolarmente lo svolgimento dei compiti assegnati, di verificare che vengano portati a scuola i materiali richiesti, di incoraggiare l’acquisizione di un sempre 64 65 Linee Guida MIUR, cit. pag. 8 Linee Guida MIUR, cit. pag. 24 28 maggiore grado di autonomia nella gestione dei tempi di studio, dell’impegno scolastico e delle relazioni con i docenti, di considerare non soltanto il significato valutativo, ma anche formativo delle singole discipline. Una condivisione delle scelte metodologico – didattiche non implica tuttavia abdicazione della Scuola rispetto alle sue prerogative e alle sue responsabilità e che di converso sia tenuta ad adottare sempre le soluzioni prospettate dalla famiglia, quando quest’ultima decida di proporle. Quello che le norme propongono è innanzitutto un “metodo” che è fondato sulla opportunità di coinvolgere nelle proprie scelte la famiglia e di ascoltarne le indicazioni e che impone tuttavia, dal punto di vista della legittimità, e quindi della conformità alla legge della propria azione, di tener conto delle indicazioni dei genitori dell’alunno o dello studente e nel conseguente obbligo di esplicitare, nel corpo del PDP o dell’atto di approvazione di questo, l’iter logico che abbia portato a determinate soluzioni e nel motivare adeguatamente circa le ragioni per cui si sia, eventualmente, ritenuto di non accogliere le soluzioni prospettate dalla famiglia.66 A rafforzare questa impostazione sovviene la giurisprudenza dei TAR (TAR Lazio, sentenza n. 1211/2014) che “sanziona” i genitori che lamentano che la propria figlia sia stata respinta ma non abbiamo mai contestato le strategie adottate o l’inadeguatezza degli strumenti predisposti dal Consiglio di Classe. Può darsi il caso che la famiglia non sia d’accordo con le scelte operate nel PDP e che addirittura non sia d’accordo con la predisposizione dello stesso PDP. In questo caso – come si avrà modo di verificare più approfonditamente nell’ultima parte di questo studio - una lettura complessiva della norma imporrebbe alla scuola – e per essa al Consiglio di Classe, che ha il compito di redigere il PDP – di procedere ugualmente alla stesura dello stesso e alla sua applicazione, verbalizzando le motivazioni che hanno spinto la famiglia a non condividerne la stesura o il contenuto. Le norme sui DSA, infatti, per la loro natura pubblicistica e per le 66 DSA, diritti negati? a cura della Associazione Italiana Dislessia, in http://www.icrodarisoveria.gov.it/attachments/article/883/RISCHI%20DIFFORMIT A'2.pdf, consultato il 16.09.2018 29 finalità che perseguono, devono considerarsi inderogabili e la loro applicazione – che, come si dirà dopo - discende direttamente da un obbligo dettato dalla Costituzione – non può ritenersi rimessa al negoziato tra le parti, ancorché una di esse sia rappresentata dai genitori. Il rapporto tra scuola e famiglie degli alunni con DSA riveste, quindi, una importanza particolare. Le famiglie, soprattutto nel primo periodo di approccio dei figli con la scuola primaria, sono poste di fronte all’incertezza provocata per lo più da difficoltà inattese, che rischiano di compromettere il sereno svolgimento dell'iter scolastico da parte dei loro figli. Hanno pertanto la necessità di essere opportunamente guidate alla conoscenza del problema non solo in ordine ai possibili sviluppi dell'esperienza scolastica, ma anche informate con professionalità e costanza sulle strategie didattiche che di volta in volta la scuola progetta per un apprendimento quanto più possibile sereno e inclusivo, sulle verifiche e sui risultati attesi e ottenuti, su possibili ricalibrature dei percorsi posti in essere. Sulla scorta di tali necessità, le istituzioni scolastiche dovrebbero predisporre incontri con le famiglie coinvolte a cadenza mensile o bimestrale, a seconda delle opportunità e delle singole situazioni in esame, affinché l'operato dei docenti risulti conosciuto, condiviso e, ove necessario, coordinato con l'azione educativa della famiglia stessa. In questo modo, inoltre, è dato alla famiglia di poter intervenire ulteriormente e di suggerire – anche alla luce delle esperienze maturate nell’aiuto quotidiano prestato in favore del ragazzo con DSA – i possibili correttivi da usare nella didattica personalizzata in suo favore. La funzione educativa che la famiglia esercita, infatti, è essenziale poiché gli stessi strumenti compensativi e le stesse misure dispensative usate in classe devono poter essere usate durante lo svolgimento dei compiti in casa perché altrimenti si assisterebbe ad una ingiustificabile dicotomia tra quella che è la strategia educativa individuata dalla scuola e messa in atto durante le lezioni rispetto a quello che l’allievo deve fare nel proprio domicilio – che per lo più riguarda lo studio – con le stesse metodologie usate in classe - delle materie già spiegate a scuola – che non permetterebbe al ragazzo di portare a termine con efficacia 30 quanto programmato a lezione. Di converso, le difficoltà incontrate dai genitori che abbiano la possibilità di seguire il proprio figlio durante i compiti e le strategie che gli stessi abbiano individuato e ritenuto utili per favorire il processo di apprendimento possono essere comunicate, durante gli incontri periodici con gli insegnanti, affinché possano costituire uno strumento valido di discussione e di confronto con il personale docente ed essere dallo stesso tenuto presente al fine di migliorare il processo di apprendimento dell’alunno o dell’allievo. Da questo punto di vista, la mancanza sia nella legge che nelle Linee Guida di un riferimento alla necessità – opportunità di predisporre anche per i genitori di soggetti con DSA un utile percorso di formazione in grado di fornire loro gli strumenti utili a seguire al meglio i propri figli deve essere considerata una lacuna grave che tuttavia potrebbe essere colmata dall’attività dei singoli istituti scolastici. Gli stessi, nella propria autonomia, potrebbero attivare, unitamente ai percorsi formativi per i propri docenti – che invece sono obbligatori - anche attività di supporto ai genitori che in questo modo sarebbero messi nelle condizioni di approcciarsi in maniera adeguata ai propri figli ed essere in grado di fornire – attraverso una conoscenza più approfondita del fenomeno – anche un supporto più adeguato agli stessi docenti con i quali, secondo le Linee Guida, sono chiamati a collaborare. In questo modo si permetterebbe di valorizzare anche la disposizione della Legge 170 che prevede – tra l’altro incomprensibilmente limitandola ai soli genitori di alunni del primo ciclo di istruzione – la possibilità di usufruire di orari di lavoro flessibili purché questo non comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Una disposizione che, unitamente alle norme previste dalla legge di bilancio del 2108, che prevedono la detrazione dall’imposta lorda di un importo pari al 19 per cento delle spese sostenute in favore di minori o di maggiori di età con diagnosi di DSA fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado per l'acquisto di strumenti compensativi e di sussidi tecnici e 31 informatici necessari all'apprendimento,67 è l’unica disposizione prevista dalle norme a beneficio dei genitori di soggetti con Disturbi specifici di apprendimento. Anche questa deve essere stigmatizzata come una grave lacuna del sistema normativo. Il fatto che i DSA non siano qualificati come handicap in senso stretto non avrebbe dovuto esimere il legislatore, infatti, dall’emanare norme a supporto dei genitori - per i quali l’impegno a casa può essere in alcuni casi notevolissimo, come riconosciuto del resto dalle Linee Guida analoghe a quelle previste dalla legge 104 in favore dei parenti più prossimi dei disabili. Certo per funzioni diverse, di supporto alle necessità di natura intellettuale (lo studio in casa) ma altrettanto onerose in termini di tempo. Analogamente, manca la previsione di 67 La legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017 n. 205) prevede al comma 665 lettera a dell’art. 1 una modificazione al Testo unico delle imposte sui Redditi (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) introducendo all’art. 15, al comma 1, dopo la lettera e-bis, una disposizione (lettera e-ter) che prevede la detrazione dall’imposta lorda un importo pari al 19 per cento delle spese sostenute in favore di minori o di maggiorenni con diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado per l'acquisto di strumenti compensativi e di sussidi tecnici e informatici, di cui alla legge 8 ottobre 2010, n. 170, necessari all'apprendimento, nonché per l'uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento delle lingue straniere, in presenza di un certificato medico che attesti il collegamento funzionale tra i sussidi e gli strumenti acquistati e il tipo di disturbo dell'apprendimento diagnosticato. Con il Provvedimento n. 75067 del 6 aprile 2018 il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha comunicato le modalità per la fruizione della detrazione del 19 per cento in attuazione della norma suddetta, stabilendo che il certificato medico deve essere rilasciato dal Servizio sanitario nazionale, da specialisti o strutture accreditate, ai sensi dell'art. 3, comma 1, della Legge 8 ottobre 2010 n. 170, e deve attestare per sé ovvero per il proprio familiare, nel caso in cui la spesa è sostenuta nell'interesse di un familiare a carico, la diagnosi di DSA e il collegamento funzionale tra i sussidi e gli strumenti compensativi e il tipo di disturbo dell'apprendimento diagnosticato, per i quali è necessaria una prescrizione autorizzativa rilasciata da un medico specialista. Non vi sono altre forme di provvidenze previste dalla legge, come per esempio l’assegno di frequenza, che, come si è avuto modo di vedere in precedenza, trova la sua fonte nella legge 289 del 1990 e che la Giurisprudenza ha applicato anche ai DSA in alcuni casi particolari. 32 qualsiasi tipo di contributo a sostegno delle famiglie con DSA le quali devono per la maggior parte affrontare delle spese a volte onerose per l’acquisto dei supporti informatici necessari a garantire il pieno successo formativo dei ragazzi. Non si comprende, infatti, la dicotomia tra petizioni di principio ed effetti concreti che solo le norme che prevedono impegni di spesa da parte del Bilancio dello Stato possono offrire. In questo senso, a livello regionale si fatto di più, prevedendo, in alcuni casi, la possibilità di erogare contributi in favore delle famiglie con soggetti affetti da DSA per l’acquisto di strumenti informatici o tecnologici destinati allo studio quotidiano a casa. 68 Anche in questo caso, il ruolo di supplenza della magistratura, come si avrà modo di verificare nell’ultima parte di questo studio, si è rivelato determinante. 3.3 Le strategie didattiche nella scuola primaria e in quella secondaria di primo e secondo grado. Le linee Guida, attingendo a piene mani alle metodologie didattiche, danno precise indicazioni in relazione alle modalità di elaborazione delle strategie di insegnamento differenziandole a seconda della fascia di età a cui le stesse devono essere dirette. Il Piano didattico personalizzato deve tenere conto di queste indicazioni che, nella misura in cui sono normativizzate rappresentano un riferimento imprescindibile al fine di verificarne la correttezza e quindi la legittimità. a. La scuola primaria. In relazione alla Scuola Primaria le Linee Guida del MIUR consigliando di utilizzare per l’apprendimento della lettura e della scrittura il metodo “fono-sillabico”, oppure quello puramente “sillabico” 69 anziché quello “globale”, raccomandano al docente di rispettare i ritmi e gli stili di apprendimento degli alunni per permettere a ciascuno nel gruppo classe di procedere autonomamente all’acquisizione delle competenze di letto-scrittura, 68 69 Legge Regionale della Liguria 15 febbraio 2010 n. 3, art. 5 Linee Guida MIUR, cit. pag. 13 e segg. 33 dando ampio spazio alle attività di gruppo e assumendo il ruolo di regista. Tra le misure da inserire nel PDP dovrebbe esserci – se reputato opportuno – la dispensa dalla lettura ad alta voce - a meno che non si tratti di brani su cui possa essersi già esercitato in precedenza oltre alla previsione di attività di rinforzo contestualmente alla proposta di nuovi contenuti, facendo in modo, in ogni caso, di assumere atteggiamenti incoraggianti, evitando di incrementare l’ansia e gratificando anche i minimi risultati degli alunni con difficoltà, che non dovrebbero mai essere allontanati dai compagni e dalle attività del gruppo classe.70 Le Linee Guida danno precise indicazioni anche a proposito delle strategie per l’area del calcolo, raccomandando di usare, nella quotidianità scolastica, prevalentemente il calcolo a mente, sulla base della considerazione che il calcolo scritto ha il compito di automatizzare procedure ed algoritmi e non quello di sviluppare strategie né di potenziare le abilità di intelligenza numerica. Tuttavia, anche in questo ambito suggeriscono di privilegiare la personalizzazione e la flessibilità del metodo didattico corrispondenti alle qualità cognitive individuali.71 b. La scuola secondaria di I e di II grado. La scuola secondaria di I e II grado richiede agli studenti la piena padronanza delle competenze strumentali (lettura, scrittura e calcolo), l’adozione di un efficace metodo di studio e prerequisiti adeguati all’apprendimento di saperi disciplinari sempre più complessi; elementi, questi, che possono mettere in seria difficoltà l’alunno con DSA, inducendolo ad atteggiamenti demotivati e rinunciatari. Le Linee Guida indicano di privilegiare, nel caso di disturbo di lettura collegato alla dislessia, la capacità di comprensione del testo più che la sua decifrazione. In questo caso il PDP dovrebbe prevedere la necessità di: - insistere sul passaggio alla lettura silente piuttosto che a voce alta, in quanto la prima risulta generalmente più veloce e più efficiente; 70 71 Ibidem, pagg. 15 e 16 Ibidem 34 - insegnare allo studente modalità di lettura che, anche sulla base delle caratteristiche tipografiche e dell’evidenziazione di parole chiave, consentano di cogliere il significato generale del testo, all’interno del quale poi eventualmente avviare una lettura più analitica. Per uno studente con dislessia, gli strumenti compensativi sono in primo luogo quelli che possono trasformare un compito di lettura (reso difficoltoso dal disturbo) in un compito di ascolto. A tal fine è necessario fare acquisire allo studente competenze adeguate nell’uso degli strumenti compensativi. Le Linee Guida consigliano di fare riferimento: - alla presenza in classe (o in casa) di una persona – che evidentemente potrà essere un altro insegnante curriculare che legga gli items dei test, le consegne dei compiti, le tracce dei temi o i questionari con risposta a scelta multipla; - alla sintesi vocale, con i relativi software, anche per la lettura di testi più ampi e per una maggiore autonomia; - all’utilizzo di libri o vocabolari digitali. Studiare con la sintesi vocale è cosa diversa che studiare mediante la lettura diretta del libro di testo; Per questo le linee guida consigliano che i docenti o l’eventuale referente per la dislessia acquisiscano competenze in materia e che i materiali didattici prodotti dai docenti siano in formato digitale. Poiché per lo studente dislessico la proposta di nuovi contenuti attraverso il canale orale risulta più appropriata rispetto allo scritto, le Linee Guida consigliano di consentire la registrazione delle lezioni. Raccomandano inoltre di semplificare il testo di studio, attraverso la riduzione della complessità lessicale e sintattica e di impiegare mappe concettuali, schemi e altri mediatori didattici che possono sia facilitare la comprensione sia supportare la memorizzazione e/o il recupero delle informazioni, mediatori che sarebbe opportuno raccogliere e archiviare, sì da facilitarne l’utilizzo. In merito alle misure dispensative, lo studente con dislessia è dispensato: - dalla lettura a voce alta in classe; - dalla lettura autonoma di brani la cui lunghezza non sia compatibile con il suo livello di abilità; - da tutte quelle attività ove la lettura è la prestazione valutata. 35 In fase di verifica e di valutazione lo studente con dislessia può usufruire di tempi aggiuntivi per l’espletamento delle prove o, in alternativa e comunque nell’ambito degli obiettivi disciplinari previsti per la classe, di verifiche con minori richieste. Nella valutazione delle prove orali e in ordine alle modalità di interrogazione si dovrà tenere conto delle capacità lessicali ed espressive proprie dello studente. Per quanto riguarda il disturbo della scrittura, le linee guida prevedano che gli studenti abbiano maggior tempo nella realizzazione dei compiti scritti. In via generale, comunque, la valutazione dovrà soffermarsi soprattutto sul contenuto disciplinare piuttosto che sulla forma ortografica e sintattica. Gli studenti in questione potranno inoltre avvalersi: - di mappe o di schemi nell’attività di produzione per la costruzione del testo - del computer (con correttore ortografico e sintesi vocale per la rilettura) per velocizzare i tempi di scrittura e ottenere testi più corretti; - del registratore per prendere appunti. Per quanto concerne le misure dispensative, oltre a tempi più lunghi per le verifiche scritte o a una quantità minore di esercizi, gli alunni con disgrafia e disortografia sono dispensati dalla valutazione della correttezza della scrittura e, anche sulla base della gravità del disturbo, possono accompagnare o integrare la prova scritta con una prova orale attinente ai medesimi contenuti. Riguardo alle difficoltà di apprendimento del calcolo e al loro superamento, non è raro imbattersi in studenti che sono distanti dal livello di conoscenze atteso e che presentano un’impotenza appresa, cioè un vero e proprio blocco ad apprendere sia in senso cognitivo che motivazionale. Sebbene la ricerca non abbia ancora raggiunto dei risultati consolidati sulle strategie di potenziamento dell’abilità di calcolo, si ritengono utili i seguenti principi guida: - gestire, anche in contesti collettivi, almeno parte degli interventi in modo individualizzato; - aiutare, in fase preliminare, l’alunno a superare l’impotenza guidandolo verso l’esperienza della propria competenza; 36 - analizzare gli errori del singolo alunno per comprendere i processi cognitivi che sottendono all’ errore stesso con intervista del soggetto; - pianificare in modo mirato il potenziamento dei processi cognitivi necessari. Riguardo agli strumenti compensativi e alle misure dispensative, valgono i principi generali secondo cui la calcolatrice, la tabella pitagorica, il formulario personalizzato, potranno essere utilizzati in quanto sono di supporto ma non di potenziamento, poiché riducono il carico di lavoro ma non aumentano le competenze. 3.4 Gli strumenti compensativi e le misure dispensative. Le Linee Guida del Ministero precisano e dettagliano quali siano gli strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, e quali siano le misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere da prevedere nella predisposizione del PDP. a. Gli strumenti compensativi Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria. Le linee guida indicano fra i più noti: - la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto; - il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della lezione; - i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori; - la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo; - altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle, formulari, mappe concettuali, etc. Tali strumenti sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo. L’utilizzo di tali strumenti non 37 è immediato e i docenti - anche sulla base delle indicazioni del referente di istituto - dovranno sostenerne l’uso da parte di alunni e studenti con DSA. b. Le misure dispensative Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l’apprendimento. Per esempio, misura dispensativa è non far leggere a un alunno con dislessia un lungo brano. Ancora, misura dispensativa è consentire all’alunno o allo studente con DSA di usufruire di maggior tempo per lo svolgimento di una prova, o di poter svolgere la stessa su un contenuto comunque disciplinarmente significativo ma ridotto: ciò trova la sua ragion d’essere nel fatto che il disturbo impegna l’alunno con DSA per più tempo dei propri compagni nella fase di decodifica degli items della prova. A questo riguardo, gli studi disponibili in materia consigliano di stimare, tenendo conto degli indici di prestazione dell’allievo, in che misura la specifica difficoltà lo penalizzi di fronte ai compagni e di calibrare di conseguenza un tempo aggiuntivo o la riduzione del materiale di lavoro. In assenza di indici più precisi, una quota del 30% in più viene indicata come un ragionevole tempo aggiuntivo. L’adozione delle misure dispensative, al fine di non creare percorsi immotivatamente facilitati, che non mirano al successo formativo degli alunni e degli studenti con DSA, dovrà essere sempre valutata sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale, comunque, da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno o dello studente in questione.72 Lungi dal poter essere considerate delle forme di ingiustificato privilegio, gli strumenti compensativi e le misure dispensative consentono di porre i bambini e i ragazzi con DSA in una condizione paritetica con gli altri compagni di classe realizzando così pienamente quel principio di uguaglianza sostanziale cardine del nostro impianto Costituzionale e del nostro Stato sociale. 73 72 73 Linee Guida MIUR, cit. pag. 7 G. ARCONZO, op. cit., pag. 4 38 3.5 L’apprendimento delle lingue straniere. Dispensa dalle prove scritte ed esonero dallo studio delle lingue straniere. Ipotesi e conseguenze. Per l'insegnamento delle lingue straniere è previsto l'uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento e, nei casi particolarmente gravi, anche l’esonero.74A questo proposito, le Linee Guida danno indicazioni perché la scuola, in sede di orientamento o al momento di individuare quale lingua straniera privilegiare, informi la famiglia sull’opportunità di scegliere - ove possibile - una lingua che abbia una trasparenza linguistica maggiore, ossia una maggiore corrispondenza tra come si scrive e come si legge, poiché la trasparenza della lingua influisce sul livello di difficoltà di apprendimento della stessa da parte degli studenti con DSA.75 Giova ricordare al proposito come l’espressività clinica sia in funzione della complessità ortografica della lingua scritta. Questo significa che assume rilievo, ai fini della incidenza dei DSA e della sua rilevanza, la differenza tra lingue “opache” (per esempio l’inglese), caratterizzate da una relazione complessa e poco prevedibile tra grafemi e fonemi, e lingue “trasparenti” (per esempio l’italiano), caratterizzate da una relazione prevalentemente diretta e biunivoca tra fonemi e grafemi corrispondenti.76 Le Linee Guida precisano che si dovrà generalmente privilegiare lo sviluppo delle abilità orali rispetto a quelle scritte, dispensando l’alunno, ove si ritenga opportuno, dalle prove scritte, come vedremo a breve. Poiché i tempi di lettura dell’alunno con DSA sono più lunghi, le Linee Guida suggeriscono la possibilità di consegnare il testo scritto qualche giorno prima della lezione, in modo che l’allievo possa concentrarsi a casa sulla decodifica superficiale, lavorando invece in classe insieme ai compagni sulla comprensione dei contenuti. In merito agli strumenti compensativi, con riguardo alla lettura, gli alunni e gli studenti con DSA possono usufruire di audio-libri e di sintesi vocale con i programmi associati. Relativamente alla scrittura, è possibile l’impiego di strumenti compensativi come il computer con correttore 74 Legge 170 del 2010, art. 5 comma 3 Linee Guida MIUR, cit., pag. 19 76 Ibidem, pagg. 7 – 8 75 39 automatico e con dizionario digitale. Per quanto concerne le misure dispensative, gli alunni e gli studenti con DSA possono usufruire: - di tempi aggiuntivi; - di una adeguata riduzione del carico di lavoro; In caso di disturbo grave e previa verifica della presenza delle condizioni previste all’Art. 6, comma 5 del D.M. 12 luglio 2011 n. 566977 - come si vedrà più oltre - è possibile in corso d’anno dispensare l’alunno dalla valutazione nelle prove scritte e, in sede di esame di Stato, prevedere una prova orale sostitutiva di quella scritta, i cui contenuti e le cui modalità sono stabiliti dalla Commissione d’esame sulla base della documentazione fornita dai Consigli di Classe. Resta fermo che in presenza della dispensa dalla valutazione delle prove scritte, gli studenti con DSA utilizzeranno comunque il supporto scritto in quanto utile all’apprendimento anche orale delle lingue straniere, soprattutto in età adolescenziale. In relazione alle forme di valutazione, per quanto riguarda la comprensione (orale o scritta), sarà valorizzata la capacità di cogliere il senso generale del messaggio; in fase di produzione sarà 77 Così recita il comma 5 del D.M. 12 luglio 2011 n. 5669: “Fatto salvo quanto definito nel comma precedente, si possono dispensare alunni e studenti dalle prestazioni scritte in lingua straniera in corso d’anno scolastico e in sede di esami di Stato, nel caso in cui ricorrano tutte le condizioni di seguito elencate: - certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante esplicita richiesta di dispensa dalle prove scritte; - richiesta di dispensa dalle prove scritte di lingua straniera presentata dalla famiglia o dall’allievo se maggiorenne; - approvazione da parte del consiglio di classe che confermi la dispensa in forma temporanea o permanente, tenendo conto delle valutazioni diagnostiche e sulla base delle risultanze degli interventi di natura pedagogico-didattica, con particolare attenzione ai percorsi di studio in cui l’insegnamento della lingua straniera risulti caratterizzante (liceo linguistico, istituto tecnico per il turismo, ecc.). In sede di esami di Stato, conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, modalità e contenuti delle prove orali – sostitutive delle prove scritte – sono stabiliti dalle Commissioni, sulla base della documentazione fornita dai consigli di classe. I candidati con DSA che superano l’esame di Stato conseguono il titolo valido per l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado ovvero all’università.” 40 dato più rilievo all’efficacia comunicativa, ossia alla capacità di farsi comprendere in modo chiaro, anche se non del tutto corretto grammaticalmente. Lo studio delle lingue straniere implica anche l’approfondimento dei caratteri culturali e sociali del popolo che parla la lingua studiata e, con l’avanzare del percorso scolastico, anche degli aspetti letterari. Poiché l’insegnamento di tali aspetti è condotto in lingua materna, saranno in questa sede applicati gli strumenti compensativi e dispensativi impiegati per le altre materie. Sulla base della gravità del disturbo, nella scuola secondaria i testi letterari in lingua straniera assumono importanza minore per l’alunno con DSA: considerate le sue possibili difficoltà di memorizzazione, risulta conveniente insistere sul potenziamento del lessico ad alta frequenza piuttosto che focalizzarsi su parole più rare, o di registro colto, come quelle presenti nei testi letterari.78 Ai fini della dispensa dalle prestazioni scritte in lingua straniera in corso d’anno scolastico e in sede di esame di Stato il decreto attuativo della legge 170/2010, il D.M. 12 luglio 2011, all’art. 6 prevede che per la dispensa sia necessario che ricorrano tutte le seguenti condizioni: - certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante esplicita richiesta di dispensa dalle prove scritte; - richiesta di dispensa dalle prove scritte di lingua straniera presentata dalla famiglia; - approvazione da parte del consiglio di classe che confermi la dispensa in forma temporanea o permanente, tenendo conto delle valutazioni diagnostiche e sulla base delle risultanze degli interventi di natura pedagogico-didattica. Se ricorrono tutte le condizioni indicate, in sede di esame di Stato le modalità e i contenuti delle prove orali sostitutive delle prove scritte sono stabiliti dalla Commissione sulla base della documentazione fornita dai consigli di classe. I candidati con DSA che superano l’esame di Stato avendo sostenuto prove orali in sostituzione delle prove scritte per le lingue straniere conseguono il titolo legalmente valido. L’esonero dallo studio della lingua straniera, pure previsto dall’art.6 citato, è figura totalmente diversa dalla dispensa. Riguarda i casi di particolare gravità, anche in comorbilità con altri disturbi e 78 Linee Guida MIUR, cit., pag. 20 41 patologie, ovviamente risultanti dal certificato diagnostico, con conseguenze diverse ai fini della validità del diploma del primo e del secondo ciclo di istruzione, come vedremo più avanti. Gli alunni esonerati dallo studio della lingua straniera seguono un percorso didattico differenziato e, in sede di esame di Stato, possono sostenere prove differenziate.79 3.6 Modalità e finalità di attuazione delle strategie didattiche personalizzate: dal raggiungimento del pieno successo formativo al contrasto alla dispersione scolastica. Le indicazioni e le raccomandazioni delle Linee Guida appena delineate costituiscono un supporto imprescindibile nella adozione delle strategie educative da trasferire nella predisposizione del Piano Didattico Individualizzato. Gli alunni e gli studenti con DSA hanno una scarsa percezione di autoefficacia e di autostima. Per questo il successo nell’apprendimento è l’immediato intervento da opporre a questa tendenza che li accomuna. Ogni reale apprendimento acquisito e ogni successo scolastico rinforzano negli alunni e negli studenti con DSA la percezione di poter riuscire nei propri impegni nonostante le difficoltà che impone il disturbo, con evidenti positive ricadute sul piano psicologico complessivo. Di contro, non realizzare le attività didattiche personalizzate e individualizzate, non utilizzare gli strumenti compensativi, disapplicare le misure dispensative, collocano l’alunno e lo studente in uno stato di immediata inferiorità rispetto alle prestazioni richieste a scuola, e non per assenza di “buona volontà”, ma per una problematica che lo trascende oggettivamente. Analogamente, dispensare l’alunno o lo studente con DSA da alcune prestazioni – come la lettura ad alta voce in classe – oltre a non avere rilevanza sul piano dell’apprendimento, evita la frustrazione collegata alla dimostrazione della propria difficoltà. Le Linee Guida non omettono di sottolineare la delicatezza delle problematiche psicologiche che s’innestano nell’alunno o nello studente con DSA per l’utilizzo degli strumenti compensativi e delle misure dispensative. Infatti, ai compagni di classe gli strumenti compensativi e le misure dispensative possono 79 Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 12 42 risultare incomprensibili facilitazioni. A questo riguardo, il coordinatore di classe, sentita la famiglia interessata, può avviare adeguate iniziative per condividere con i compagni di classe le ragioni dell’applicazione degli strumenti e delle misure citate, anche per evitare la stigmatizzazione e le ricadute psicologiche negative. Resta ferma, infine, la necessità di creare un clima della classe accogliente, praticare una gestione inclusiva della stessa, tenendo conto degli specifici bisogni educativi degli alunni e studenti con DSA.80 In questa “tensione” verso i bisogni del soggetto con DSA, le Linee Guida fanno trasparire non solo l’esigenza di supportare adeguatamente chi potrebbe non riuscire a raggiungere il pieno successo formativo per problematiche che oggettivamente lo trascendono, ma anche la necessità di evitare che importanti risorse umane si perdano per strada, abbandonando la scuola: i soggetti con DSA, che proprio nell’ambiente scolastico e in alcuni tipi di indirizzi scolastici in particolare trovano le maggiori difficoltà ad esprimere le proprie potenzialità, se coadiuvati nella giusta maniera possono invece rivelarsi elementi in grado di terminare con successo il percorso scolastico e diventare dei punti di riferimento importanti per la società, al pari di coloro che non hanno questo tipo di disturbi. Come è stato detto più volte, infatti, peculiarità dei DSA è quella di attenuare la propria incidenza nel corso del tempo soprattutto grazie alla capacità dei singoli soggetti di individuare, con il supporto esterno ma, in seguito anche ex sé, quelle misure compensative in grado di fare in modo che detti disturbi incidano in maniera meno rilevante sul proprio percorso di vita. Terminato il proprio iter formativo, anche quello universitario, i soggetti con DSA avranno modo, in un ambiente di lavoro adeguato, di esprimere al meglio le proprie capacità e quindi di dare un pieno contributo alla società nella misura in cui, durante gli anni di formazione, sono riusciti a superare quegli ostacoli che – loro malgrado – rischiavano di non valorizzarne le potenzialità. 80 Linee Guida MIUR, cit., pag. 21 43 3.7 L’ausilio in classe. L’assenza di un insegnante di supporto all’alunno o allo studente con DSA. La previsione di una strategia individualizzata e personalizzata non prevede l’intervento di un insegnante di sostegno, nemmeno per i casi più gravi. Tale scelta, che appare condivisibile, atteso che i DSA non incidono sulle capacità intellettive dei ragazzi, ancorché il Parlamento europeo, in una dichiarazione scritta del 13 novembre 200781 abbia raccomandato alla Commissione e al Consiglio europeo di “favorire il riconoscimento dei disturbi dis 82 quali handicap”, non deve tradursi, però, in un eccesso di penalizzazione per i ragazzi con DSA. Se è vero che la scuola è tenuta a garantire nei confronti di tali alunni interventi didattici individualizzati e personalizzati attraverso la redazione di un piano didattico personalizzato con l’indicazione delle misure dispensative e degli strumenti compensativi adottati, è altrettanto vero che alcuni di questi ultimi dovrebbero poter prevedere, come abbiamo avuto modo di verificare in precedenza, la presenza di un soggetto in grado supportare il lavoro dell’alunno o dello studente, per esempio leggendo items dei test, le tracce dei temi o i questionari con risposta a scelta multipla. Del resto, detta possibilità è espressamente prevista in occasione degli esami di Stato, laddove le Linee Guida del MIIUR prevedono – come si avrà modo di specificare più avanti - la facoltà per la commissione d’esame di poter individuare un proprio componente che legga le prove scritte ovvero che provveda alla trascrizione del testo su supporto informatico.83 Per questo, la previsione di una ulteriore presenza in classe, oltre all’insegnante curriculare, sarebbe utile nei momenti in cui è necessario coadiuvare l’allievo o in quelle circostanza su descritte, proprio come è possibile che avvenga durante le prove conclusive del ciclo di studi. Come è stato già detto, l’ausilio di cui ha bisogno il soggetto con DSA non è finalizzato alla 81 consultabile su http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?reference=P6_TA%282007%29050 6&language=ITCfr G. Arconzo, op., cit. pag. 3 82 Con l’espressione “disturbi dis” il Parlamento europeo si riferisce espressamente a disfasia, disprassia, dislessia, discalculia, nonché disturbi da deficit d'attenzione. Cfr. Ibidem 83 Linee Guida MIUR, cit. pag. 18 44 comprensione delle materie oggetto di studio, ma piuttosto alla decodifica di un testo piuttosto che alla trascrizione dei compiti sul diario ovvero alla realizzazione di mappe concettuali che lo aiutino nello studio a casa. Vero è che la legge prevede che tutti gli insegnanti curriculari, mediante adeguata formazione, siano messi nelle condizioni di essere essi stessi d’ausilio all’alunno o allo studente DSA; ma nella vita che ogni giorno si svolge all’interno delle classi la possibilità per l’unico insegnante curriculare di supportare in maniera adeguata chi ha questa caratteristica non può che essere inevitabilmente frustrata. Per questo sarebbe opportuno che la legge colmasse questo evidente deficit mediante la previsione, nelle classi in cui sia presente un DSA, non di un insegnante di “sostegno”, la cui presenza sarebbe inevitabilmente ricollegata all’Handicap in senso stretto, ma di un insegnante che si potrebbe definire di “supporto”, un insegnante cioè che sia dotato della competenza che sui DSA dovrebbe essere comune a ciascun insegnante curriculare e che per questo, quindi, potrà essere individuato anche tra questi ultimi. Una valida alternativa ad una ipotesi di questo tipo potrebbe essere la previsione, nelle classi con DSA, di un ridotto numero di alunni o di studenti, come avviene appunto quando all’interno della classe vi sia un alunno diversamente abile. In questo modo, pur in assenza di un insegnante di supporto a quello curriculare, si consentirebbe a quest’ultimo – facendo leva sulle conoscenze sui DSA di cui dovrebbe, insieme agli altri, disporre – di poter seguire adeguatamente anche gli alunni o gli studenti con Disturbi specifici di apprendimento, che in questo modo, quindi, non verrebbero ingiustamente penalizzati. 45 CAPITOLO IV LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI CON DSA SOMMARIO – 4.1 La valutazione e l’errore – 4.2 La valutazione e la verifica degli apprendimenti. La validità del titolo conseguito dagli studenti con DSA – 4.3 Valutazione ed esami di Stato nella “Buona Scuola” 4.5 Le prove INVALSI. Modalità di svolgimento ed obbligatorietà. 4.1 La valutazione e l’errore. La valutazione è un processo dinamico e complesso e il suo ruolo è particolarmente delicato e centrale; dal punto di vista pedagogico e didattico, la sua finalità principale è quella di migliorare la qualità dei processi di insegnamento – apprendimento. Dice di più il decreto legislativo 62 del 2017, uno dei decreti attuativi della legge sulla Buona Scuola, secondo cui la valutazione “ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti”, ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell'identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze”.84 La pedagogia, a cui le norme sui DSA sono strettamente connesse, suggerisce come la valutazione, lungi dall’essere ritenuta, come dovrebbe essere, un processo multidimensionale, da considerarsi nella sua globalità e profondità,85 una esperienza educativa che si svolge lungo l’arco della vita, anche al di fuori dei contesti scolastici formali,86così come suggerisce anche l’incipit della legge 53 del 200387 si riduce ad una mera valutazione degli errori. E sembra essere quest’ultima, in effetti, la pratica valutativa più comune a 84 D.to L.vo 62 del 2017, art. 1 P. DAMIANI, DSA e valutazione: Un approccio pedagogico tra riflessioni e prospettive, Edizioni nuova cultura, ROMA, 2017, pag. 29 86 Ibidem 87 Legge n. 53 del 2003, art. 2 85 46 scuola. Ad oggi, l’individuazione, la misurazione ed il giudizio relativo agli errori effettuati dagli studenti durante gli esercizi, i compiti scolastici e nelle prove di verifica costituiscono, di fatto, la maggior parte ed il maggior peso delle azioni valutative dei docenti nei confronti degli alunni. Tuttavia, rilevare e misurare l’errore o la prestazione non significa compiere un processo di valutazione, poiché la valutazione di un oggetto è un fenomeno - come sottolineato in precedenza - molto più complesso della sua misurazione. In realtà, l’errore può essere trattato come strumento di una valutazione finalizzata esclusivamente alla quantificazione della prestazione dell’allievo in riferimento a livelli di correttezza e di punteggi più o meno standardizzati, oppure come un uno strumento di conoscenza a partire dal quale costruire un processo valutativo e comparativo orientato alla comprensione degli stili di apprendimento degli studenti e al miglioramento dei processi di insegnamento. Da questo punto di vista, l’errore può assumere una grande importanza ai fini della valutazione degli studenti con DSA: l’errore come dimensione diagnostica può offrire informazioni sia in termini di feed back sull’apprendimento sia in termini di autovalutazione sul processo di insegnamento, poiché da esso è possibile trarre argomentazioni circa l’efficacia del metodo e degli strumenti utilizzati durante le lezioni. Quest’ultima modalità di approccio all’errore disegna i parametri di una vera e propria pedagogia dell’errore: si tratta infatti di un processo di insegnamento apprendimento -valutazione molto vicino al processo diagnostico nel suo significato più profondo di conoscenza e comprensione, necessario per approcciarsi in maniera corretta agli alunni e agli studenti con DSA. A tal proposito, la raccolta di informazioni su quello che l’alunno studente riesce o non riesce a fare, su come sbaglia, su quale strategia funziona o non funzione per lui deve diventare un’opzione di valutazione diagnostica necessaria e continua per il monitoraggio del processo di insegnamento apprendimento e dell’evoluzione, in senso progressivo (o regressivo) delle funzioni neuropsicologiche degli allievi ed una fonte di informazione preziosa dal punto di vista pedagogico e didattico e non un modo per colpevolizzare chi lo ha commesso.88 Per questo la 88 Ibidem, pagg. 31 e 32 47 valutazione – in particolare quella degli studenti con DSA – non deve essere vista come un problema, ma per quello che deve essere: una potente arma, uno strumento “vantaggioso” per migliorare i processi di insegnamento – apprendimento e la gestione della classe.89 4.2. La valutazione e la verifica degli apprendimenti. La validità del titolo conseguito dagli studenti con DSA Il percorso scolastico degli alunni e degli studenti con DSA non prevede – né deve prevedere - delle differenze negli obiettivi di apprendimento rispetto agli altri ragazzi che non hanno questa caratteristica. Per questo il titolo di studio conseguito seguendo i percorsi indicati nel PDP, che non sono differenziati rispetto a quelli del curricolo ordinario, è legalmente valido. E’ previsto tuttavia, a norma dell’art. 10 del DR n. 122 del 2009, che la valutazione e la verifica degli apprendimenti per gli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento adeguatamente certificate, “comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono tenere conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell'attività didattica e delle prove di esame, sono adottati, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei”. Nel diploma finale rilasciato al termine degli esami non verrà fatta menzione delle modalità di svolgimento degli stessi.90 Questo principio è ripreso e rafforzato dalla legge 170 del 2010, che all’art. 2 indica la necessità di “adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti” mentre al comma 4 dell’art. 5 stabilisce che “agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all'università nonché gli esami universitari”. Il D.M. 5699 del 2011, cui sono allegate le Linee guida del MIUR, ribadisce e specifica che “la 89 Ibidem, pag. 28 DPR n. 122 del 2009 Art. 10; cfr anche Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 12 90 48 valutazione scolastica, periodica e finale, degli alunni e degli studenti con DSA deve essere coerente con gli interventi pedagogicididattici"91 e dispone ancora che le Istituzioni scolastiche devono adottare “modalità valutative che consentano all’alunno o allo studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto, mediante l’applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare – relativamente ai tempi di effettuazione e alle modalità di strutturazione delle prove – riservando particolare attenzione alla padronanza dei contenuti disciplinari, a prescindere dagli aspetti legati all’abilità deficitaria”.92 Stesse dinamiche debbono essere adottate in sede di Esami conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, le cui Commissioni devono tenere nel debito conto “le specifiche situazioni soggettive, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati.”93 E’ previsto altresì che sulla base del disturbo specifico le Commissioni possano “riservare in sede di esame tempi più lunghi di quelli ordinari”94 e debbano “assicurare l’utilizzazione di idonei strumenti compensativi e adottare criteri valutativi attenti soprattutto ai contenuti piuttosto che alla forma, sia nelle prove scritte, anche con riferimento alle prove nazionali INVALSI previste per gli esami di Stato, sia in fase di colloquio.”95 Le Linee Guida raccomandano, a proposito dell’Esame di Stato, di porre in essere alcune particolari attenzioni finalizzate a rendere sereno per tali candidati lo svolgimento dell’esame sia al momento delle prove scritte, sia in fase di colloquio. A questo proposito, stabiliscono che gli studenti con DSA possano usufruire di dispositivi per l’ascolto dei testi della prova registrati in formato “mp3” ovvero che, per la piena comprensione del testo delle prove scritte, la commissione possa individuare un proprio componente che possa leggere i testi delle prove scritte ovvero, per i candidati che 91 DM. n. 5699 del 12 luglio 2011, art. 6 comma 1 Ibidem, art 6 comma 2 93 Ibidem, art. 6 comma 3 94 Ibidem 95 Ibidem 92 49 utilizzano la sintesi vocale, che possa provvedere alla trascrizione del testo su supporto informatico.96 Va precisato al proposito che quella che appare essere, ad una prima lettura, una facoltà per la commissione d’esame (quella di poter individuare un proprio componente che legga le prove scritte ovvero che provveda alla trascrizione del testo su supporto informatico) deve essere intesa, alla luce di una lettura complessiva delle norme, un obbligo laddove l’esaminando abbia usato nel corso dell’anno scolastico i medesimi supporti nel corso delle prove scritte e questo possa essere rilevato dal PDP e dalla relazione finale del consiglio di classe. 4.3. Valutazione ed esami di Stato nella “Buona Scuola” Le disposizioni relative alla valutazione e all’esame conclusivo del primo e del secondo ciclo di istruzione, previste dalla legge sulla Buona Scuola,97 non introducono sostanziali novità in relazione alla valutazione periodica e finale degli studenti con disturbi specifici di apprendimento ai fini dell’ammissione alla classe successiva e all’esame di Stato. Il decreto legislativo n. 62 del 2017, uno degli otto decreti attuativi della suddetta legge, stabilisce che per le alunne e gli alunni con disturbi specifici di apprendimento certificati ai sensi della legge 8 ottobre 2010, n. 170, la valutazione degli apprendimenti, incluse l'ammissione e la partecipazione all'esame finale del primo ciclo di istruzione, sono coerenti con il piano didattico personalizzato predisposto nella scuola primaria dai docenti contitolari della classe e nella scuola secondaria di primo grado dal consiglio di classe,98 ribadendo quanto già affermato nella normativa previgente. La valutazione degli alunni con DSA deve avvenire sulla base di prove effettuate con modalità che consentono all'alunno di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento conseguito, mediante l'applicazione delle misure dispensative e degli strumenti compensativi di cui alla legge 8 ottobre 2010, n. 170, indicati nel piano didattico personalizzato.99 La stessa cosa avviene per l’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione: la norma prevede 96 Linee guida MIUR, cit. pag. 18 Legge 107 del 2015 98 Cfr. D.lvo n 62 del 2017, art. 9 del 99 Ibidem, art. 10 97 50 che la commissione possa riservare alle alunne e agli alunni con DSA tempi più lunghi di quelli ordinari e consentire l’utilizzazione di apparecchiature e strumenti informatici, ma solo nel caso in cui siano già stati impiegati per le verifiche in corso d'anno o comunque siano ritenuti funzionali allo svolgimento dell'esame, senza che per questo venga pregiudicata la validità delle prove scritte.100 Come già previsto nella normativa previgente, la possibilità per la commissione di riservare alle alunni e agli alunni con DSA tempi più lunghi di quelli ordinari deve ritenersi un obbligo qualora detta modalità di espletamento delle prove scritte sia stata prevista nel PDP per le analoghe valutazioni effettuate durante l’anno, come pure un obbligo debba ritenersi il consentire l’utilizzazione di apparecchiature e di strumenti informatici nel caso in cui siano già stati impiegati per le verifiche in corso d'anno o comunque siano ritenuti funzionali allo svolgimento dell'esame. Ove ciò non fosse, si potrebbe facilmente ritenere frustrato lo spirito dell’impianto normativo predisposto a favore degli alunni con DSA, che si troverebbero ad affrontare le prove finali con strumenti diversi da quelli di cui hanno potuto beneficiare durante l’anno o addirittura durante l’intero corso di studi, con una evidente e prevedibile penalizzazione rispetto agli alunni e alle alunne che non hanno quelle caratteristiche. Analoghe disposizioni sono previste per l’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d’istruzione.101 È possibile, infine, che il PDP prevede per l’alunno con DSA la dispensa dalla prova scritta di lingua straniera. In questo caso, in sede d’esame, la sottocommissione stabilisce modalità e contenuti della prova orale sostitutiva della prova scritta di lingua straniera102 senza che ciò possa avere conseguenze sulla validità del titolo di studio conseguito, come già precisato in precedenza. Per gli esami finali del secondo ciclo per i candidati con certificazione di DSA che hanno seguito un percorso didattico ordinario, con la sola dispensa dalle prove scritte ordinarie di lingua straniera, la commissione, nel caso in cui la lingua straniera sia oggetto di seconda prova scritta, sottopone i candidati medesimi a prova orale sostitutiva della prova 100 Ibidem, art. 11 Ibidem, art. 20 102 Ibidem, art. 11 101 51 scritta. Nel diploma finale non viene fatta menzione della dispensa dalla prova scritta di lingua straniera.103 Diverso dalla dispensa è l’esonero dallo studio della lingua straniera, eventualità cui si è fatto cenno in precedenza. I ragazzi con DSA, nei casi più gravi, possono infatti, su richiesta della famiglia e conseguente approvazione del consiglio di classe, essere esentati del tutto dallo studio della lingua straniera e non dispensati soltanto dalla prova scritta. In sede di esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione sostengono prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, con valore equivalente ai fini del superamento dell'esame e del conseguimento del diploma.104 Se l’esame da sostenere è quello conclusivo del secondo ciclo, invece, le prove da sostenere non sono ritenute equipollenti a quelle ordinarie e saranno finalizzate esclusivamente al rilascio dell’attestato di credito formativo.105 E’ evidente che gli alunni esentati dalla prova scritta di lingua straniera o del tutto esentati dallo studio della lingua non debbano sostenere la prova INVALSI di inglese, mentre devono sostenere quella nelle altre discipline previste, che sono requisito per l’ammissione all’Esame di Stato.106 Per detti candidati, il riferimento all'effettuazione delle prove differenziate è indicato solo nella attestazione e non nelle tabelle affisse all'albo dell'istituto. 4.4 Le prove INVALSI. Modalità di svolgimento ed obbligatorietà Anche le prove INVALSI devono essere affrontate con le stesse modalità usate per le prove tenute durante l’anno.107 Per le prove INVALSI, infatti, i docenti contitolari di classe o il consiglio di classe possono disporre adeguati strumenti compensativi coerenti 103 Ibidem, art. 20 Ibidem, art. 11 105 Ibidem, art. 20 106 Ibidem, art. 14. La precedente circolare relativa alle prove invalsi degli alunni con BES del 2014 aveva lasciato alla discrezionalità delle singole scuole la partecipazione degli alunni DSA alle prove INVALSI e l’uso in occasione delle stesse di strumenti compensativi o di altre misure (pag. 3). Cfr. Circolare Ministeriale n. 1865 del 10.10.2017 107 Cfr. D.lvo 62 del 2017, art. 14 104 52 con il piano didattico personalizzato e/o prevedere tempi più lunghi per il loro svolgimento. potendo utilizzare misure dispensative e strumenti compensativi utilizzati per le altre prove.108 Anche in questo caso la facoltà di utilizzare le misure o gli strumenti deve essere intesa come obbligo da parte dei docenti e/o del consiglio di Classe nel momento in cui gli stessi siano previsti dal PDP e siano stati utilizzati anche in occasione delle prove svolte durante l’anno. Si deve ritenere infatti che le prove INVALSI somministrate senza questi accorgimenti siano in contrasto con una lettura sistematica delle disposizioni perché non in grado di far emergere le effettive potenzialità dell’alunno con DSA, ancorché sia quelle effettuate durante il terzo anno della scuola secondaria di primo grado che quelle effettuate durante il quinto anno del secondo ciclo di studi (che si aggiungono a quelle effettuate durante il secondo anno di scuola secondaria superiore)109 sono obbligatorie ai fini dell’ammissione ma non influiscono sulla media (quelle del primo ciclo sin dall’anno scolastico 2017/2018, quelle del secondo dall’anno scolastico 2018/2019, secondo le indicazioni delle norme sulla Buona Scuola). Una norma di chiusura prevede infine che nel diploma finale rilasciato al termine degli esami del primo ciclo e del secondo ciclo e nelle tabelle affisse all'albo di istituto non venga fatta menzione delle modalità di svolgimento e della differenziazione delle prove.110 108 Ibidem, artt. 11 e 20 Cfr. D.P.R. 28 marzo 2013 n. 80, art. 6, comma 3 110 D.lvo 62 del 2017, art. 15 109 53 CAPITOLO V I SOGGETTI PROTAGONISTI DELL’ATTIVITÀ EDUCATIVA SOMMARIO – 5.1 Il Dirigente scolastico – 5.2 Il Referente di Istituto – 5-3 I Docenti – 5.4 Gli Uffici Scolastici Regionali 5.1 Il Dirigente scolastico Se l’alunno e lo studente sono i protagonisti ed i beneficiari delle norme a tutela dei soggetti con DSA, il Dirigente Scolastico, secondo le Linee Guida, è il garante della piena realizzazione del diritto allo studio di tutti gli alunni e gli studenti e quindi anche di quegli interessati dai disturbi specifici di apprendimento. Il suo ruolo è prevalentemente di coordinamento e di raccordo: di raccordo con le realtà territoriali e con le famiglie, nei confronti delle quali cura i rapporti ufficiali, ricevendo le diagnosi e acquisendole al protocollo per poi trasmetterle ai consigli di classe interessate e inoltrando alle famiglie le apposite comunicazioni; di coordinamento degli operatori della scuola, per i quali promuove attività di formazione e aggiornamento. Secondo le linee guida, in quest’ambito il dirigente, inoltre - promuove e valorizza progetti mirati, individuando e rimuovendo ostacoli, nonché assicurando il coordinamento delle azioni (tempi, modalità, finanziamenti); - definisce, su proposta del Collegio dei Docenti, le idonee modalità di documentazione dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati di alunni e studenti con DSA e ne coordina l’elaborazione e le modalità di revisione; - promuove l’intensificazione dei rapporti tra i docenti e le famiglie di alunni e studenti con DSA, favorendone le condizioni e prevedendo idonee modalità di riconoscimento dell’impegno dei docenti; - attiva il monitoraggio relativo a tutte le azioni messe in atto, al fine di favorire la riproduzione di buone pratiche e procedure od apportare eventuali modifiche. 54 5.2 Il Referente di Istituto Per la realizzazione degli obiettivi previsti e programmati, le Linee Guida del MIUR prevedono che il Dirigente scolastico possa avvalersi della collaborazione di un docente (referente o funzione strumentale) con compiti di informazione, consulenza e coordinamento.111 Si tratta di una figura chiave nella strategia diretta al pieno successo formativo dei soggetti con DSA. A lui le Linee Guida assegnano funzioni riferibili all’ambito della sensibilizzazione e dell’approfondimento delle tematiche, nonché del supporto ai colleghi direttamente interessati ai DSA. Il referente dovrà ovviamente avere acquisito una formazione adeguata e specifica sulle tematiche, a seguito di corsi formalizzati o in base a percorsi di formazione personali e/o alla propria pratica esperienziale/didattica. Le Linee Guida ne elencano pedissequamente le funzioni, che esercita nei confronti del corpo docente: - fornisce informazioni circa le disposizioni normative vigenti; - fornisce indicazioni di base su strumenti compensativi e misure dispensative al fine di realizzare un intervento didattico il più possibile adeguato e personalizzato; - collabora, ove richiesto, alla elaborazione di strategie volte al superamento dei problemi nella classe con alunni con DSA; - offre supporto ai colleghi riguardo a specifici materiali didattici e di valutazione; - cura la dotazione bibliografica e di sussidi all’interno dell’Istituto; - diffonde e pubblicizza le iniziative di formazione specifica o di aggiornamento; - fornisce informazioni riguardo alle Associazioni/Enti/Istituzioni/Università ai quali poter fare riferimento per le tematiche in oggetto; - fornisce informazioni riguardo a siti o piattaforme on line per la condivisione di buone pratiche in tema di DSA; 111 Linee Guida MIUR, cit., pagg. 22 e 23 55 - funge da mediatore tra colleghi, famiglie, studenti (se maggiorenni), operatori dei servizi sanitari, EE.LL. ed agenzie formative accreditate nel territorio; - informa eventuali supplenti in servizio nelle classi con alunni con DSA.112 Altra funzione assegnata al Referente d’Istituto è quella di promuovere lo sviluppo delle competenze dei colleghi docenti, ponendo altresì attenzione a che non si determini alcun meccanismo di “delega” né alcuna forma di deresponsabilizzazione, ma operando per sostenere la “presa in carico” dell’alunno e dello studente con DSA da parte dell’insegnante di classe. Non è una figura “necessaria” all’interno del singolo Istituto Scolastico. La sua individuazione e la sua nomina sono rimesse alla volontà del Dirigente Scolastico nell’ambito dell’autonomia che gli è propria legata, evidentemente, ai bisogni emergenti nel proprio contesto operativo. 113 E tuttavia, il rilievo che esso assume all’interno dell’Istituto scolastico in relazione alle problematiche connesse ai DSA dovrebbe far sì che la sua previsione, in presenza di alunni o studenti con disturbi specifici di apprendimento, debba invece essere resa obbligatoria. I rilevanti compiti che gli sono assegnati dalle norme infatti, appaiono dirimenti rispetto ad una buona politica scolastica nei confronti degli alunni e degli studenti con DSA. Atteso che dette funzioni appaiono essenziali rispetto ad una corretta attuazione delle norme sui DSA e ferme restando quelle che le Linee Guida assegnano al Dirigente, appare evidente che l’assenza di un docente referente che si faccia carico delle numerose prerogative che gli vengono assegnate rischia di compromettere l’efficacia di una impalcatura normativa certamente ambiziosa. Anzi, si dovrebbe pensare, addirittura, che a ricoprire detto ruolo debba essere un docente in tutto o in parte dispensato dall’attività didattica. La necessità di fungere da supporto costante dei colleghi, delle famiglie e dei docenti, la necessità di fungere da raccordo anche con gli altri enti territoriali e di avere una formazione ed una competenza multidisciplinari (giuridica, pedagogica, informatica) può non essere 112 113 56 Ibidem, pag. 23 Ibidem, pag. 24 frustrata o peggio non restare una mera aspirazione solo nella misura in cui gli si dia la possibilità effettiva di aggiornarsi e di espletare le funzioni che gli vengano assegnate. 5.3 I Docenti I docenti, infine, sono il terminale dell’Istituzione Scolastica ai quali gli alunni e gli studenti con DSA afferiscono direttamente. Il modello prospettato dalla norma prevede che tutti i docenti – il collegio ed i Consigli di classe interessati dall’impegno educativo debbano condividere le scelte che riguardano i DSA e quindi una forma di corresponsabilità nel progetto formativo elaborato e realizzato per gli alunni con disturbi specifici di apprendimento, anche qualora sia stato individuato il docente referente. In particolare, in base alle indicazioni delle linee guida ogni docente, per sé e collegialmente: - durante le prime fasi degli apprendimenti scolastici cura con attenzione l’acquisizione dei prerequisiti fondamentali e la stabilizzazione delle prime abilità relative alla scrittura, alla lettura e al calcolo, ponendo contestualmente attenzione ai segnali di rischio in un’ottica di prevenzione ed ai fini di una segnalazione; - mette in atto strategie di recupero; - segnala alla famiglia la persistenza delle difficoltà nonostante gli interventi di recupero posti in essere; - prende visione della certificazione diagnostica rilasciata dagli organismi preposti e consegnata al Dirigente Scolastico; - procede, in collaborazione dei colleghi della classe, alla documentazione dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati previsti; - attua strategie educativo-didattiche di potenziamento e di aiuto compensativo; - adotta misure dispensative; - attua modalità di verifica e valutazione adeguate e coerenti; - realizza incontri di continuità con i colleghi del precedente e successivo ordine o grado di scuola al fine di condividere i 57 percorsi educativi e didattici effettuati dagli alunni, in particolare quelli con DSA, e per non disperdere il lavoro svolto.114 Se il sistema normativo attribuisce un ruolo centrale agli insegnanti e alla loro capacità di osservazione, a partire dalla scuola dell’infanzia e la scuola primaria, facendo leva sulla capacità di osservazione delle prestazioni nei vari ambiti di apprendimento interessati dal disturbo (lettura, scrittura, calcolo), attivando le specifiche competenze psicopedagogiche dei docenti “curricolari” 115 si comprende la necessità dell’attivazione un percorso formativo specifico che preveda periodici aggiornamenti per il corpo docente. È estremamente importante, infatti, che tutti i docenti - titolari di funzioni educativo-didattiche - sviluppino una idonea cultura dell’osservazione e che agli stessi vengano forniti adeguati strumenti finalizzati alla stessa. Un’accurata osservazione consentirà infatti di riconoscere gli alunni che presentano difficoltà ed avviare per essi percorsi di potenziamento scolastico che possono essere attivati già dal secondo quadrimestre della prima classe della scuola primaria. Non vi è dubbio, quindi, che dal docente, soprattutto, dipenda molto del successo formativo dello studente con DSA, la sua integrazione con il resto della classe e per alcuni versi la stessa possibilità di proiettarsi positivamente dopo gli studi nella società. E per questo di straordinaria importanza è il ruolo che svolge la formazione dei docenti che non a caso la legge 170 reputa centrale per il raggiungimento degli obiettivi in essa indicati. In un clima di persistente difficoltà a comprendere le esigenze dei DSA, dovuto ad un pregiudizio determinato dalla scarsa conoscenza del problema, la formazione, infatti, è senza dubbio la chiave per permettere ai docenti di affrontare con cognizione di causa queste problematiche e ai ragazzi con DSA di poter esprimere appieno le proprie potenzialità. Il ruolo, il potere e la responsabilità degli insegnanti – come sottolineano le Linee Guida - infatti, sono molto significative: essi possono aprire nuove opportunità - cognitive ed emotive oltre che culturali - ai propri allievi con bisogni educativi speciali oppure possono bloccare e atrofizzarne funzioni, capacità e possibilità. 114 115 58 Ibidem, pag. 24 Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 5 Nell’ambito delle scienze cognitive, infatti, come già ricordato in precedenza, se la ricerca recente ha chiarito la natura neurobiologica dei disturbi dell’apprendimento e la loro specifica “non completa” modificabilità, al contempo ne ha evidenzialo la possibilità necessità di intervenire in modo adeguato sul funzionamento cognitivo ed emotivo-motivazionale delle persone con DSA.116 Le Linee Guida individuano innanzi tutto il tema della formazione in servizio, attribuendo un ruolo fondamentale agli Uffici Scolastici Regionali, chiamati ad attivare gli interventi di formazione in sinergia con i servizi sanitari territoriali, le università, gli enti, gli istituti di ricerca e le agenzie di formazione, individuando le esigenze formative specifiche, differenziate anche per ordini e gradi di scuola e tenendo conto di priorità dettate anche dalle precedenti attività formative svolte sul territorio. Le istituzioni scolastiche, anche collegate in rete, possono organizzare opportuni percorsi di formazione mirati allo sviluppo professionale di competenze specifiche in materia,117 mentre l’insegnante referente per i DSA potrà svolgere un ruolo importante di raccordo e di continuità riguardo all’aggiornamento professionale per i colleghi. A questo riguardo, la prima forma di conoscenza che le Linee Guida indicano ai soggetti interessati – i Docenti, appunto, ma anche il Dirigente Scolastico – è quella della legge: la conoscenza della legge 170 del 2010 e delle conseguenti linee guida – che riassumono e superano tutti i provvedimenti ministeriali precedentemente emanati riguardo ai DSA - consente di avere consapevolezza del percorso completo di gestione dei DSA all’interno della scuola, dei vari momenti di tale percorso e dei processi conseguenti. Del pari opportuno per i docenti è conoscere le caratteristiche dei singoli disturbi di apprendimento, anche da un punto di vista medico-sanitario e psicologico, sia perché tali caratteristiche giustificano gli specifici interventi previsti dalla Legge, sia perché ciò consente di costruire un linguaggio comune fra mondo scolastico e mondo dei servizi di diagnosi e di trattamento. Le Linee Guida indicano quindi gli ulteriori obiettivi che la formazione deve proporsi di far conoscere: 116 117 P. Damiani, op. cit., pag. 38 Linee Guida MIUR, cit., pag. 27 59 - - - - - 60 I principali strumenti che la scuola può utilizzare per l’individuazione precoce del rischio di DSA, alla luce dell’importanza che riveste per il percorso scolastico e il destino personale di alunni e studenti con DSA ai fini dell’individuazione tempestiva dei relativi segnali, come ampiamente detto in precedenza. Le Strategie educativo-didattiche di potenziamento e di aiuto compensativo, che i docenti devono acquisire in merito agli strumenti compensativi e alle misure dispensative, con riferimento alla disciplina di loro competenza, operando una integrazione tra le nuove tecnologie e le metodologie didattiche per l’apprendimento al fine di effettuare scelte consapevoli ed appropriate. Le strategie di gestione della classe con alunni con DSA, al fine di porre la dovuta attenzione alle ricadute psicologiche delle scelte educative e didattiche, ricordando che nell’apprendimento un ruolo di grande rilievo è rappresentato dagli aspetti emotivi, motivazionali e relazionali. La formazione, in tale ambito, ha l’obiettivo di sviluppare competenze per creare ambienti di apprendimento capaci di sviluppare autostima e senso di autoefficacia negli alunni e negli studenti con DSA. Le modalità relative alla concreta applicazione delle misure didattiche e valutative personalizzate, che richiede un allenamento pratico, da attuare già in fase di formazione mediante attività laboratoriali. Le forme di orientamento e di accompagnamento per il prosieguo degli studi, affinché vengano superate le visioni semplicistiche dettate da pregiudizi datati per cui i ragazzi con DSA sarebbero destinati a percorsi formativi di basso livello e gli stessi possano essere orientati scelte che scaturiscano da un bilancio a livello personale che tenga conto non solo delle aree di forza e di debolezza, ma anche della motivazione e delle scelte personali e delle opportunità disponibili, mettendo in campo l’intuizione delle potenzialità emergenti. - Le precedenti esperienze relative a ragazzi con DSA, per implementare buone pratiche didattiche, nella consapevolezza che la migliore efficacia formativa si raggiunge probabilmente con lo studio di casi concreti, dei problemi e del percorso svolto, delle criticità verificatesi in corso e delle possibili soluzioni.118 Oltre alla formazione “interna”, le Linee Guida individuano altre possibili forme di approfondimento sui DSA. Oltre al Corso di perfezionamento e Master in “Didattica e psicopedagogia per i Disturbi Specifici di Apprendimento”, promosso dal MIUR in accordo con la Conferenza nazionale permanente dei Presidi di Scienze della Formazione (CNPSF), presso le Facoltà di Scienze della Formazione,119 vi sono altre misure relative al progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità” e al progetto “A scuola di dislessia”.120 Le Linee Guida indicano inoltre i 96 Centri Territoriali di Supporto, strutture presenti su tutto il territorio nazionale e collocate presso scuole polo in cui operano tre docenti esperti sia nelle nuove tecnologie a favore delle disabilità e dei Disturbi specifici di apprendimento sia nei supporti software e hardware, oltre che sull’impiego di strumenti compensativi, al fine di promuoverne e incentivare l’azione a favore delle scuole e orientarne parte delle azioni proprio nell’ambito dei DSA, prevedendo, al fine di 118 Ibidem, pagg. 27-29 Al fine di realizzare un’offerta formativa flessibile, che si adatti ai diversi bisogni formativi del personale della scuola, i corsi, per complessivi 60 CFU, sono articolati in tre moduli, ciascuno equivalente a 20 CFU, corrispondenti rispettivamente ad un livello ‘base’, ‘intermedio’ e ‘avanzato’, che possono essere frequentati anche singolarmente. Per l’aggiornamento scientifico del piano strutturale e contenutistico dei corsi, è costituito, con decreto ministeriale, un apposito Comitato Tecnico, con compiti di coordinamento e monitoraggio, affiancato da un Comitato Scientifico, composto da docenti, esperti e studiosi provenienti dal mondo della scuola, della ricerca e dell’Università. Cfr Linee Guida, ibidem 120 Ibidem, pag. 29 e 30 119 61 incentivare forme di coordinamento fra i CTS ed aggiornare modelli e metodologie didattiche utilizzate a favore degli studenti con DSA, adeguate e cicliche forme di aggiornamento a favore degli operatori che vi lavorano.121 Prevedono infine un supporto informativo alla formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici per favorire la conoscenza specifica sui DSA attraverso una specifica sezione del proprio sito internet.122 5.4 Gli Uffici Scolastici Regionali In un sistema educativo e formativo che investe sulla centralità dell'alunno, sul forte rapporto scuola-famiglia e sull’interazione tra i soggetti – istituzionali e non – del territorio, agli Uffici Scolastici Regionali (USR) le Linee Guida del Ministero assegnano un ruolo strategico di coordinamento e di indirizzo della politica scolastica nell’ambito del quale sono chiamati ad assumere impegni ed attivare specifiche iniziative per garantire il diritto allo studio agli alunni con disturbi specifici di apprendimento. Nello specifico, viene richiesto che l’USR faccia in modo che l’attenzione e la cura educative in favore degli alunni e degli studenti con DSA non siano rimesse alla volontà dei singoli insegnanti, ma riconducibili ad una logica di sistema. Le Linee Guida, a tal proposito, indicano alcune azioni che gli USR, nel rispetto dell’autonomia di ogni singola realtà regionale, dovrebbero attivare: - protocolli deontologici regionali per condividere le procedure e i comportamenti da assumere nei confronti degli alunni con DSA (dalle strategie per individuare precocemente i segnali di rischio alle modalità di accoglienza, alla predisposizione dei Piani didattici personalizzati, al contratto formativo con la famiglia); - la costituzione di gruppi di coordinamento costituiti dai referenti provinciali per l’implementazione delle linee di indirizzo emanate a livello regionale; - la stipula di accordi (convenzioni, protocolli, intese) con le associazioni maggiormente rappresentative e con il SSN; 121 122 62 Ibidem, pag. 30 Ibidem, pag. 31 - - 123 l’organizzazione di attività di formazione diversificate, in base alle specifiche situazioni di contesto e adeguate alle esperienze, competenze, pratiche pregresse presenti in ogni realtà, in modo da far coincidere la risposta formativa all’effettiva domanda di supporto e conoscenza; il potenziamento dei Centri Territoriali di Supporto per tecnologie e disabilità (CTS) soprattutto incrementando le risorse (sussidi e strumenti tecnologici specifici per i DSA) e pubblicizzando ulteriormente la loro funzione di punti dimostrativi.123 Ibidem, pag. 22 63 CAPITOLO VI GLI ATENEI. LO STUDIO UNIVERSITARIO DEGLI STUDENTI CON DSA. PREVISIONI NORMATIVE ED AUTONOMIA SOMMARIO – 6.1 Il ruolo delle Università in favore degli studenti con DSA – 6.2 Provvedimenti dispensativi e compensativi per l’accesso e la valutazione nelle Università. a) I test di ammissione b) La flessibilità didattica c) Gli esami universitari 6.1 Il ruolo delle Università in favore degli studenti con DSA Anche per il percorso accademico sono previste importanti misure in favore degli studenti con DSA. Infatti, nonostante nel corso dell’età evolutiva si verifichino processi di compensazione funzionale che migliorano notevolmente le prestazioni dei ragazzi con DSA, il substrato biologico non scompare e può condizionare in maniera significativa le attività accademiche, richiedendo un impegno personale supplementare e strategie adeguate ad aggirarne le difficoltà. Le Università, in accordo con le finalità della legge, dovranno svolgere un ruolo importante, trovando soluzioni all’interno delle metodologie didattiche e di valutazione e favorendo l’uso di strategie e risorse, in particolare attraverso le nuove tecnologie, già in occasione delle prove di ammissione eventualmente previste.124 E’ evidente che preliminare all’applicazione delle norme previste dalla Legge 170 sia l’acquisizione, da parte dell’Ateneo, della diagnosi di cui all’art 3 della legge 170/2010 anche se – analogamente a quanto accade negli altri ordini di istruzione – nell’ambito universitario si pone ugualmente la necessità di interventi idonei ad individuare i casi sospetti di DSA negli studenti,125 per esempio mediante l’utilizzo di strumenti di screening sotto forma di questionari specifici, il cui 124 Legge 170 del 2010, art. 5 comma 4 In questo senso va interpretato l’art. 3, comma 3, della Legge 170 del 2010, così come specificano le Linee Guida MIUR cit. pag. 26. 125 64 esito, ovviamente, non è comunque una diagnosi ma solo l’evidenziazione di una difficoltà, dovendo la diagnosi, come è noto, essere effettuata dal Servizio Sanitario Nazionale, da specialisti o strutture accreditate, se previste dalle Regioni.126 6.2 Provvedimenti dispensativi e compensativi per l’accesso e la valutazione nelle Università. a. I test di ammissione Le Linee Guida prevedono che la presentazione della certificazione diagnostica, al momento dell’iscrizione, permetta di accedere ai test di ammissione con le seguenti modalità: - la concessione di tempi aggiuntivi, rispetto a quelli stabiliti per la generalità degli studenti, ritenuti congrui dall’Ateneo in relazione alla tipologia di prova e comunque non superiori al 30% in più; - la concessione di un tempo aggiuntivo fino a un massimo del 30% in più rispetto a quello definito per le prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale programmati a livello nazionale o dalle università; - in caso di particolare gravità certificata del DSA, la possibilità, per gli Atenei, di valutare ulteriori misure atte a garantire pari opportunità nell’espletamento delle prove stesse.127 b. La flessibilità didattica Le diagnosi presentate successivamente all’iscrizione permettono invece di poter fruire degli appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica.128 In particolare, per quanto attiene alle misure dispensative, ci si riferisce alla possibilità di: - privilegiare verifiche orali piuttosto che scritte, tenendo conto anche del profilo individuale di abilità; 126 Linee Guida MIUR, pag. 27 Ibidem, pag. 26 128 Legge 170 del 2010, art. 5 comma 1 127 65 - prevedere nelle prove scritte l’eventuale riduzione quantitativa, ma non qualitativa, nel caso non si riesca a concedere tempo supplementare; - considerare nella valutazione i contenuti piuttosto che la forma e l’ortografia. Per quanto attiene agli strumenti compensativi, le Linee Guida fanno riferimento alle facilitazioni e agli strumenti eventualmente già in uso durante il percorso scolastico, quali, per esempio: - registrazione delle lezioni; - utilizzo di testi in formato digitale; - programmi di sintesi vocale; - altri strumenti tecnologici di facilitazione nella fase di studio e di esame.129 c. Gli esami universitari Per quanto attiene alle forme di verifica e di valutazione, con riferimento agli esami universitari, le Linee Guida dispongono che si applichino le misure dispensative e gli strumenti compensativi già ampiamente descritti (prove orali invece che scritte; uso di personal computer con correttore ortografico e sintesi vocale; tempo supplementare fino a un massimo del 30% in più oppure riduzione quantitativa; valutazione dei contenuti più che della forma). E’ stabilito, infine, che gli Atenei prevedano servizi specifici per i DSA che pongano in essere tutte le azioni necessarie a garantire l’accoglienza, il tutorato, la mediazione con l’organizzazione didattica e il monitoraggio dell’efficacia delle prassi adottate, come l’utilizzo di tutor specializzati, la consulenza per l’organizzazione delle attività di studio, forme di studio alternative come, per esempio, la costituzione di gruppi di studio fra studenti dislessici e non, lezioni ed esercizi on line sul sito dell’università.130 129 130 66 Linee Guida MIUR, cit., pagg. 26 e 27 Ibidem, pag. 27 CAPITOLO VII I FONDAMENTI COSTITUZIONALI DELLE NORME SUI DSA. IL DIRITTO AL PIENO SUCCESSO FORMATIVO E IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA SOSTANZIALE NELLA LEGGE 170 E NELLE NORME DI RANGO SECONDARIO. L’INTERVENTO DELLE REGIONI SOMMARIO – 7.1 Le finalità della legge 170 del 2010 e l’attuazione del principio di uguaglianza sostanziale - 7.2 Il diritto al pieno successo formativo nelle norme precedenti alla Legge 170 del 2010 - 7.3 Il tentativo di allargare la platea dell’area di svantaggio: i Bisogni educativi speciali – 7.4 Le norme regionali di ausilio ai soggetti con DSA. 7.1 Le finalità della legge 170 del 2010 e l’attuazione del principio di uguaglianza sostanziale Gli obiettivi che si pone la legge 170 del 2010, di cui si è proposto un commento ragionato in questo studio, sono sintetizzati nel suo incipit: a) garantire il diritto all'istruzione; b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità; c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali; d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti; e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA; f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi; g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione; 67 h) assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale.131 Al di là delle lacune della norma, che si è cercato di evidenziare, e delle evidenti criticità che rinvengono da una applicazione della stessa non sempre in linea con le intenzioni del legislatore, appare di tutta evidenza come la legge sia stata pensata per dare attuazione al dettato costituzionale, che negli articoli 3 e 24 sancisce il diritto all’uguaglianza e assicura a tutti i cittadini la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e degli interessi legittimi. La legge n. 170 del 2010 tocca tuttavia – come sostenuto da autorevole dottrina - anche molti altri temi di specifico interesse del diritto costituzionale, alcuni dei quali sono stati già affrontati nel corso di questo studio ed in particolare quelli inerenti al diritto all’istruzione, quelli relativi alla ripartizione di competenze legislative Stato e Regioni - come vedremo più innanzi – quelli riguardanti la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e quelli che riguardano l’autonomia delle istituzioni universitarie132 L’aspetto che appare di maggiore interesse è tuttavia, senza dubbio, il tentativo di perseguire l’eguaglianza sostanziale, prevista dal secondo comma dell’art. 3, attraverso la piena realizzazione del diritto allo studio e del pieno successo formativo anche delle persone svantaggiate, valorizzando il richiamo agli artt. 9, 30, 33 e 38 Cost. Se è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona, a tutti i bambini e i ragazzi – anche a quelli in situazione di svantaggio, come sono indubbiamente quelli con DSA - deve essere riconosciuto – infatti - il diritto ad una pari opportunità di apprendimento al fine di valorizzarne le potenzialità e rimuovere gli ostacoli che ne potrebbero impedire la piena realizzazione come persone e come cittadini. Promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, di converso, vuol dire, in questa sede, anche approfondire le problematiche connesse ai disturbi specifici dell’apprendimento e prevedere in che modo 131 132 68 Legge 170 del 2010, art. 2 G. ARCONZO, op. cit., pag. 2 l’utilizzo delle misure dispensative e degli strumenti compensativi – spesso frutto di tecnologie avanzate - possa aiutare i soggetti con DSA a superare i propri deficit. Se è vero infatti che il legislatore ha sancito, per il fatto stesso di aver emanato una norma apposita, che i DSA costituiscono cosa diversa dalle disabilità prese in considerazione dalla legge n. 104 del 1992133 e stabilito, quindi, di non qualificare gli stessi come una “minorazione fisica, psichica o sensoriale…che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”, secondo la definizione fatta propria dall’art. 3 della citata legge, è pur vero che abbiamo a che fare, in ogni caso, con “disturbi” comunque capaci di costituire importanti limitazioni per alcune attività della vita quotidiana.134 Limitazioni che secondo quanto prescrive il principio di uguaglianza sostanziale, la Repubblica ha il compito di rimuovere135 e che tenta di fare proprio grazie alle misure che lo stesso legislatore ha previsto e che sono state ampiamente illustrate. La legge 170, quindi, colma un vuoto legislativo, ponendosi l’obiettivo di attribuire effettiva tutela alle persone – più correttamente agli alunni e agli studenti – affetti da DSA, nel pieno rispetto del dettato costituzionale ed in attuazione dello stesso, completando un percorso che la Corte Costituzionale aveva indicato da tempo come necessario fin dalla sentenza n. 215 del 1987, con cui attribuisce al diritto all’istruzione portata di diritto fondamentale, da garantirsi anche in favore delle persone svantaggiate. In quella sentenza “rivoluzionaria”, con cui la Corte Costituzionale ha, ancora una volta, suggerito ed anticipato al legislatore la necessità di dare concretezza ed attuazione al dettato della Carta Fondamentale, auspicando che lo stesso, nell’ambito della propria discrezionalità, approntasse “una compiuta disciplina idonea a dare organica soluzione a tale rilevante problema umano e 133 Legge 5 febbraio 1992, n. 104 "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate." 134 G. ARCONZO, op. cit., pag. 2 135 Ibidem, pag. 5 69 sociale”,136 si faceva presente come “sul tema della condizione giuridica del portatore di handicaps confluiscono un complesso di valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno costituzionale”.137 Nell’art. 34 Cost, che riconosce l'istruzione come diritto di tutti i cittadini, la Corte intravedeva piena attuazione dell’art. 2, basilare garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo, individuando la scuola tra quelle "formazioni sociali ove si svolge la sua personalità".138 Il raccordo e l’integrazione con il secondo comma dell’art. 3 Cost., che richiede il superamento delle sperequazioni di situazioni sia economiche che sociali suscettibili di ostacolare il pieno sviluppo delle persone, era poi evidente. “Lette alla luce di questi principi fondamentali, le successive disposizioni contenute nell'art. 34”, secondo la Corte, “palesano il significato di garantire il diritto all'istruzione malgrado ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona.”139 La necessità, sancita dall’art. 34, di favorire l’educazione e l’istruzione rimuovendo gli ostacoli di ordine economico, trovava, secondo la Corte, il suo completamento nella necessità di rimuovere ostacoli di altro ordine, la cui rimozione è postulata in via generale come compito della Repubblica nelle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3, secondo comma: non sostenere ciò significherebbe sottacere il fatto evidente che l'inserimento nella scuola e l'acquisizione di una compiuta istruzione sono strumento fondamentale per quel "pieno sviluppo della persona umana" che tali disposizioni additano come meta da raggiungere.140 La sentenza della Corte, che faceva, all’epoca, particolare riferimento agli handicappati, per i quali riteneva illegittimo “postulare come dato insormontabile una disuguaglianza di fatto rispetto alla quale è invece doveroso apprestare gli strumenti idonei a rimuoverla”, tra i quali, appunto 136https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1987&numer o=215, consultato il 15.07.2018 ibidem 138 ibidem 139 ibidem 140 ibidem 137 70 “l'effettivo inserimento di tali soggetti nella scuola” deve valere ancor di più – se possibile – per quei soggetti, come i quelli con DSA, per i quali questa necessità si pone in maniera ancora più forte ed evidente. Da una parte, infatti, la circostanza che gli stessi, come detto in precedenza più volte, non siano affetti da handicap non deve escluderli (e non li esclude) dal novero di quelle persone “svantaggiate” rispetto alle quali la Repubblica deve garantire il pieno sviluppo della persona apprestando i mezzi per raggiungerlo, individuando i compiti della scuola quale fondamentale istituzione deputata a tal fine, e se del caso agevolando, con misure economiche e "altre provvidenze", l'assolvimento dei compiti della famiglia - tra i quali è quello dell'istruzione ed educazione dei figli (art. 30 Cost.) presupponendo che esso possa per vari motivi risultare difficoltoso;141 dall’altra, proprio il fatto che gli stessi siano normodotati e il titolo di studio dagli stessi conseguito – a differenza di quanto accade per le persone con disabilità mentale – è pienamente valido, deve fare in modo che il compito al quale la Repubblica deve assolvere venga perseguito con altrettanta efficacia e determinazione, sì da porli nelle stesse condizioni degli alunni e degli studenti che non hanno le loro caratteristiche e ai quali, al termine degli studi, sono equiparati. 7.2 Il diritto al pieno successo formativo nelle norme precedenti alla Legge 170 del 2010 Prima che la legge 170 venisse approvata, di fronte alla evidenza scientifica del problema e alla difficoltà del legislatore di offrire una soluzione (il primo disegno di legge in materia, come accennato all’inizio, è del 2002), il diritto all’istruzione dei soggetti che presentano DSA era stato affrontato ed affermato in alcune circolari emanate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. La prima è la nota del 5 ottobre 2004 prot.4099/A/4, con la quale il Ministero riteneva “auspicabile” che le scuole, nel rispetto della loro autonomia, utilizzassero “strumenti compensativi e 141 ibidem 71 dispensativi” per venire incontro alle esigenze degli alunni dislessici,142 emessa sulla base di alcune segnalazioni di genitori che chiedevano che si tenesse conto delle caratteristiche dei loro figli sia nel processo didattico che in sede di valutazione - seguita da nota del 5 gennaio 2005 prot. 26/A 4° con la quale si auspicava nuovamente “la consueta collaborazione” tra il Ministero e le strutture periferiche “per l'utilizzazione dei provvedimenti dispensativi e compensativi” e si precisava che per l'utilizzazione dei “provvedimenti” di cui sopra potesse essere “sufficiente la diagnosi specialistica di disturbo specifico di apprendimento (o dislessia) e che tali strumenti debbano essere applicati in tutte le fasi del percorso scolastico, compresi i momenti di valutazione finale”.143 La nota del 2004 terminava con l’auspicio che i Direttori Scolastici Regionali, ai quali era indirizzata, ponessero in essere “iniziative di formazione al fine di offrire risposte positive al diritto allo studio e all’apprendimento dei dislessici, nel rispetto dell’autonomia scolastica.”144 Nella successiva 142nota del 5 ottobre 2004 prot.4099/A/4 in http://people.unica.it/disabilita/files/2010/10/circolareMIUR.pdf, consultato in data 22.07.2018 143 Prot.n.26/A 4° del 5 gennaio 2005, in http://www.isissmorciano.gov.it/wordpress/wpcontent/uploads/DSA/4/Iniziative%20Dislessia%202005.pdf, consultato il 22.07.2018. Tra gli strumenti compensativi essenziali venivano indicati: - Tabella dei mesi, tabella dell’alfabeto, e dei vari caratteri. - Tavola pitagorica. - Tabella delle misure, tabella delle formule geometriche. - Calcolatrice. - Registratore. Computer con programmi di video-scrittura con correttore ortografico e sintesi vocale. Per gli strumenti dispensativi, valutando l’entità e il profilo della difficoltà, in ogni singolo caso, si riteneva essenziale tener conto dei seguenti punti: - Dispensa dalla lettura ad alta voce, scrittura veloce sotto dettatura, uso del vocabolario, studio mnemonico delle tabelline. - Dispensa, ove necessario, dallo studio della lingua straniera in forma scritta. - Programmazione di tempi più lunghi per prove scritte e per lo studio a casa. - Organizzazione di interrogazioni programmate. - Valutazione delle prove scritte e orali con modalità che tengano conto del contenuto e non della forma.” 144 Nota del 5 ottobre 2004 prot.4099/A/4 http://people.unica.it/disabilita/files/2010/10/circolareMIUR.pdf, consultato in data 22.07.2018 72 circolare del 10 maggio 2007 il Ministero precisava che mentre gli strumenti compensativi, per la loro funzione di ausilio erano particolarmente suggeriti per la scuola primaria e, in generale, nelle fasi di alfabetizzazione strumentale per i diversi apprendimenti, le misure dispensative potevano avere un campo di applicazione molto più ampio che si estendeva anche agli studenti degli istituti di istruzione secondaria superiore. Ovviamente, si trattava di misure dispensative e di provvedimenti compensativi da attuarsi anche in occasione degli esami di Stato. A questo proposito, il Ministero ribadiva la impossibilità di dispensare gli alunni dalle prove scritte di lingua straniera, facendo tuttavia presente la opportunità di “compensare le oggettive difficoltà degli studenti mediante assegnazione di tempi adeguati all’espletamento delle prove e procedere in valutazioni più attente ai contenuti che alla forma”. Si dava conto della possibilità della dispensa dallo studio della lingua straniera in forma scritta ma della impossibilità di dispensare gli alunni dalle prove scritte di lingua straniera durante gli esami di Stato, indicando la necessità di compensare le oggettive difficoltà degli studenti mediante assegnazione di tempi adeguati all’espletamento delle prove e procedere in valutazioni più attente ai contenuti che alla forma. Stesso discorso proponeva a proposito del Latino e del Greco, per i quali, non potendosi attuare una dispensa dalla prova scritta nemmeno durante l’anno scolastico, invitava gli insegnanti a “riservare maggiore considerazione per le corrispondenti prove orali come misura compensativa dovuta”.145 Circolari dal contenuto analogo, volte a richiamare l’attenzione su tali problematiche e ad assicurare ad esempio l’utilizzo degli strumenti compensativi anche durante gli esami di Stato, sono state successivamente emanate nel marzo e nel maggio del 2008 e del 2009146. In particolare, nell'ordinanza ministeriale n. 40/2009 Il 145 nota n. Prot. 4674 del 10.05.2007, Dir. Generale Ordinamenti Scolastici, MIUR, in https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/prot4674_07.shtml, consultata il 22.07.2018 146 Vedi ultra 73 MIUR, richiamando quanto stabilito nella nota del 10 maggio 2007 appena esaminata, disponeva all’articolo 12, comma 7 che la Commissione d’esame dovesse tenere “in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, relative ai candidati affetti da disturbi specifici di apprendimento (D.S.A.), sia in sede di predisposizione della terza prova scritta, che in sede di valutazione delle altre due prove scritte, prevedendo anche la possibilità di riservare alle stesse tempi più lunghi di quelli ordinari” e che al candidato fosse consentita “l’utilizzazione di apparecchiature e strumenti informatici nel caso in cui siano stati impiegati per le verifiche in corso d’anno”.147 Ribadiva come in sede di scrutinio finale fosse “doveroso che i Consigli di classe valutino con particolare attenzione le situazioni concernenti gli allievi con DSA, verificando che in corso d'anno siano state applicate le indicazioni inserite nelle note emanate da questo Ministero” – già ampiamente richiamate – “e siano stati predisposti percorsi personalizzati con le indicazioni di compenso e dispensa, e considerando in ogni caso se le carenze presenti in questi allievi siano o meno da imputarsi al disturbo di apprendimento”. In relazione agli esami conclusivi del primo e del secondo ciclo, il MIUR raccomandava di sensibilizzare le Commissioni affinché adottassero, nel quadro e nel rispetto delle regole generali che disciplinano la materia degli esami di Stato, ogni opportuna iniziativa per un appropriato svolgimento delle prove da parte degli studenti affetti da disturbi specifici dell'apprendimento. Ribadiva come, non essendo possibile dispensare gli alunni dalle prove scritte, in particolare da quelle di lingua straniera e dalla prova scritta nazionale prevista per gli esami conclusivi della scuola secondaria di I grado (la prova INVALSI), le oggettive difficoltà degli studenti dovessero essere compensate mediante l'assegnazione di tempi più distesi per l'espletamento delle prove, l'utilizzo di 147 Ordinanza Ministeriale MIUR n. 40 08/04/2009 Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato nelle scuole secondarie superiori. A.S. 2008/2009, in http://www.integrazionescolastica.it/article/836, consultato il 22.07.2018 74 apparecchiature, strumenti informatici e ogni opportuno strumento compensativo e valutazioni più attente ai contenuti che alla forma. Pertanto, in tutti i casi in cui le prove scritte interessassero lingue diverse da quella nativa, i docenti dovevano riservare maggiore considerazione per le corrispondenti prove orali come misura compensativa dovuta, richiamando, per l'espletamento della prova scritta nazionale da parte degli studenti della scuola secondaria di I grado, quanto indicato nella circolare ministeriale n. 51/2009 148 e cioè l’utilizzo di “una versione informatizzata della prova nazionale per i candidati con disturbo specifico di apprendimento (DSA) per i quali ciascuna istituzione scolastica abbia fatto richiesta all’INVALSI in tempo utile e, comunque, non oltre il giorno precedente la prova”149. Circa gli esami di Stato conclusivi della scuola secondaria di II grado, il MIUR disponeva che la Commissione esaminatrice tenesse in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive degli alunni con disturbi specifici di apprendimento, sia in sede di predisposizione della terza prova scritta, che in sede di valutazione delle altre prove scritte, prevedendo anche la possibilità di riservare alle stesse tempi più lunghi di quelli ordinari e l'utilizzo dei mezzi compensativi più sopra menzionati. Ovviamente, nelle certificazioni sostitutive, nonché nella pubblicizzazione degli esiti conclusivi degli esami, non avrebbe dovuto esservi menzione delle misure compensative disposte nei confronti degli studenti affetti da disturbi specifici di apprendimento.150 Sulla scorta di tali circolari, gli studenti ai quali gli specialisti certificano la presenza di un DSA avevano diritto ad 148 C.M. n. 51 prot. n. 5339/R.U./U Roma, 20 maggio 2009, anno scolastico 2008/2009 – esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, in https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2009/allegati/cm51_09.pdf, consultato in data 22.07.2018 149 Ibidem. 150 Nota MIUR prot. n. 5744 del 28.05.2009, in http://www.isissmorciano.gov.it/wordpress/wpcontent/uploads/DSA/3/Esami%20di%20Stato%20Nota%20MIUR%205744%2020 09.pdf, consultato il 22.07.2018 75 usufruire delle misure compensative e dispensative. Nella realtà dei fatti, le scuole, spesso impreparate ad affrontare tali problematiche, avevano frequentemente lasciato cadere nel vuoto le richieste di misure dispensative e compensative. Ne è conseguito che sempre più spesso i genitori hanno fatto ricorso alla Giustizia Amministrativa al fine di contestare la legittimità dei provvedimenti di non ammissione alla classe successiva o agli esami di stato dei figli affetti da DSA. Nella maggioranza dei ricorsi ai Tribunali Amministrativi Regionali – come si vedrà meglio in seguito - i ricorrenti evidenziavano il fatto che le scuole non avessero tenuto in considerazione la specifica situazione degli studenti in questione, omettendo altresì la predisposizione di percorsi personalizzati contenenti le indicazioni sugli strumenti dispensativi e compensativi. Si era così sviluppata una pressoché costante giurisprudenza151 volta a censurare l’atteggiamento delle istituzioni scolastiche e a valorizzare il contenuto delle summenzionate circolari ministeriali152 ritenendo cogenti le disposizioni previste in quei provvedimenti amministrativi, ancorché non avessero la valenza di norme di rango primario. La legge del 170 del 2010, oltre che raccogliere i frutti di un dibattito parlamentare iniziato diversi anni prima e recepire le indicazioni della giurisprudenza, non ha fatto altro che – finalmente – dare forza e valore di legge alle norme a tutela dei DSA, riconoscendo ai ragazzi con queste caratteristiche una serie di diritti e in capo alle istituzioni scolastiche ed al Ministero (e per esso alle Istituzioni Scolastiche) una serie di obblighi che, come abbiamo visto, affondano la loro legittimazione nella Costituzione Repubblicana, che in questo modo trova una più compiuta 151 Si vedano, ad esempio, T.A.R. Lombardia – Milano, sez. IV, sent. 30.06.2008, n. 2251; T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III, ord. 11.09.2009, n. 1091; T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III, sent. 15.09.2009, n. 4649; T.A.R. Lazio – Roma, sez. III bis, ord. 4.08.2010, n. 6648; T.A.R. Lazio – Roma, sez. III bis, sent. 23.08.2010, n. 31203; T.A.R. Puglia - Lecce, ord. 9.09.2010, n. 709. In senso contrario, cfr. anche la già citata T.A.R. Veneto, sez. III, sen. 6.09.2007, n. 3135. citate da Arconzo, op. cit. 152 G. ARCONZO, op. cit., pag. 4 76 attuazione. La scarsa conoscenza della problematica che tuttora – dopo quasi due decenni di dibattiti sull’argomento – si registra molto spesso da parte del corpo docente unitamente ad una sorta di persistente pregiudizio contro i ragazzi con DSA è per questo ancor di più incomprensibile, frutto, probabilmente, di scarsa conoscenza del problema e delle norme che lo regolamentano, dovuta probabilmente anche a mancanza di adeguato aggiornamento. Una “inerzia” a cui il MIUR – che fin dal 2002, pur in assenza di qualsiasi disposizione normativa al riguardo e sebbene in maniera imprecisa (per esempio si tendeva a ricomprendere nella Dislessia ogni DSA) aveva cercato di porre rimedio, contribuendo alla crescita di una coscienza comune nelle istituzioni interessate - al fine di limitare la soluzione di delicate vicende personali attraverso la via giudiziaria. 7.3 Il tentativo di allargare la platea dell’area di svantaggio: i Bisogni educativi speciali Si deve sempre alla normazione di rango secondario l’introduzione nel nostro ordinamento della categoria dei Bisogni Educativi Speciali (BES) che, riprendendo la definizione usata per la prima volta circa trentacinque anni prima nel Rapporto Warnock,153 che si era posto l’obiettivo di integrare gli alunni tradizionalmente ritenuti “diversi” attraverso un approccio inclusivo basato sull’individuazione di obiettivi educativi comuni a tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro abilità o disabilità, prende atto di un’area di svantaggio scolastico molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. 154Il riferimento è al modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell’OMS che, in una prospettico bio-psico-sociale, considera la 153 Special education needs - Report of the Committee of Enquiry into the Education of Handicapped Children and Young People, 1978 154 La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) fa parte della Famiglia delle Classificazioni Internazionali dell’OMS insieme all’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems 10th revision (ICD-10), all’International Classification of Health Interventions (ICHI), e alle Classificazioni derivate 77 persona nella sua totalità e sulla base dell’analisi del contesto, consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali dell’alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni, sulla base della considerazione che “ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”.155 Sulla scorta di questa impostazione, la direttiva Ministeriale del 27.12.2012156 ricomprende tra i BES tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. Per “disturbi evolutivi specifici” la direttiva intende, oltre ai disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, ricomprendendo – per la comune origine nell’età evolutiva – anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività oltre al funzionamento intellettivo limite, quello cioè dei ragazzi con quoziente intellettivo dai 70 agli 85 punti che non presenta elementi di specificità.157 Allargando la platea di coloro che possono essere interessati dalle istituzioni scolastiche, la direttiva si pone il problema della tutela anche di tutti quegli alunni e di quegli studenti interessati da deficit da disturbo dell’attenzione, iperattività (ADHD), o che abbiano potenziali intellettivi non ottimali, descritti generalmente con le espressioni di funzionamento cognitivo (intellettivo) limite (o borderline). Gli stessi, qualora non rientrino nelle previsioni delle leggi 104 o 170 – e quindi non ottengano la certificazione di disabilità - hanno pari diritto a veder tutelato il loro successo formativo. La soluzione per il Ministero è di estendere a tutti gli alunni con bisogni educativi speciali ricompresi nella precedente “area” e quindi sprovvisti di certificazione idonea ma individuati dal Consiglio di Classe, le misure previste dalla Legge 170 per alunni e studenti con disturbi specifici di apprendimento.158 A questo proposito, l’ampia discrezionalità data al Consiglio di classe (nelle 155 Direttiva MIUR del 27.12.2012, pag. 1 Direttiva MIUR del 27.12.2012, pag. 2 157 Ibidem, pag. 3 158 Ibidem, pag. 3 156 78 scuole secondarie) o al team docenti (nelle scuole primarie) di valutare l’efficacia di strumenti specifici comporterà l’adozione e quindi la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative non al fine di certificare gli alunni con bisogni educativi speciali, ma per individuare quelli per i quali è opportuna e necessaria l’adozione di particolari strategie didattiche, la cui validità rimane comunque circoscritta all’anno scolastico di riferimento.159 E’ bene interrogarsi, tuttavia, sulla effettività della tutela accordata a questi soggetti. Se da una parte norme di rango secondario non hanno impedito ai Giudici amministrativi di dichiarare la illegittimità di provvedimenti degli istituti scolastici che non riconoscevano il diritto degli alunni con DSA ad usufruire delle tutele previste dalle stesse anche prima della emanazione della legge 170, proprio la presenza di quella legge, oggi, dovrebbe porre il problema di estendere quelle forme di tutela previste per i DSA attraverso la normazione primaria, una volta che il legislatore ha manifestato la volontà di attivarsi in favore di una parte ben determinata della platea di alunni e studenti con queste caratteristiche. Vero è che, se pure non è prevista l’obbligatorietà per gli istituti scolastici di applicare le tutele previste per i DSA anche ai BES senza certificazione DSA, una volta che il Consiglio di Classe abbia ritenuto di predisporre ed approvare un Piano Didattico Personalizzato anche per questi ultimi, è evidente che l’azione della scuola debba essere conseguente, ed è evidente che la mancata applicazione di quanto previsto nei PDP possa comportare l’illegittimità dei provvedimenti valutativi che non tengano conto di quanto in essi previsto. Tuttavia, è indubbio che una soluzione di questo tipo ponga dei problemi sulla effettività della tutela degli alunni e gli studenti con Bisogni Educativi Speciali. Sarebbe anche per questo auspicabile una riforma della legge 170 che tenga conto – oltre che delle criticità già evidenziate – anche della necessità di estendere anche ad essi la platea dei soggetti cui una norma di rango primario assicura una protezione più ampia ed efficace. 159 Nota MIUR n.2563 del 22 novembre 2013 79 7.4 Le norme regionali di ausilio ai soggetti con DSA. Anche a livello regionale il dibattito sui DSA ha trovato terreno fertile. Alcune regioni hanno emanato norme di rango primario sul tema, precedendo addirittura la legge nazionale. È il caso, per esempio, della Regione Basilicata, che già nel 2007, con la legge n. 20 del 12 novembre ha dettato norme relative ad interventi in favore dei soggetti affetti da dislessia e da altre difficoltà specifiche di apprendimento o della Regione Valle d’Aosta, con la legge 12 maggio 2009 n. 8, della Regione Liguria, con la Legge 15 febbraio 2010 n. 3, della Regione Veneto, con la Legge 4 marzo 2010, n. 16 e della Regione Molise, con la Legge 8 gennaio 2010, n.1. Altre Regioni sono intervenute successivamente alla approvazione della Legge Nazionale. (Provincia Autonoma di Trento, Legge 26 ottobre 2011, n. 14; Regione Marche, Legge del 19 novembre 2012, n. 32; Regione Calabria, Legge 11 aprile 2012, n. 10). Altre si sono limitate a dare indicazioni di carattere amministrativo vertenti per lo più sulla predisposizione di misure organizzative relative alla sanità regionale, sulla scorta delle disposizioni di attuazione della Legge 170, che all’art. 7 prevedeva la predisposizione di protocolli regionali per le attività di identificazione precoce del disturbo, da emanare entro sei mesi sulla base di linee guida del MIUR, redatte di concerto con il Ministro della salute, previa Intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che tuttavia è intervenuta, dopo una lunga gestazione, solo in data 25/7/2012.160 Le leggi regionali, focalizzate su norme relative alla organizzazione della sanità regionale finalizzata alla certificazione della diagnosi dei DSA e quindi contenute nei limiti della propria competenza funzionale e – ovviamente – territoriale, prevedono tuttavia, al contrario della legge 170, una norma che tutela i DSA anche dopo il termine del corso di studi. E’ per esempio il caso della regione Basilicata, che prevede che tutti i soggetti affetti da disturbi specifici di apprendimento (DSA) nelle prove scritte dei concorsi pubblici indetti dalla Regione 160 Accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano su “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione diagnostica dei disturbi specifici di apprendimento” sancito dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano n. 140 del 25 luglio 2012. 80 e dai suoi enti strumentali deve essere assicurata la possibilità di sostituire tali prove con un colloquio orale o di utilizzare strumenti compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo, ovvero di usufruire di un prolungamento dei tempi stabiliti per l’espletamento delle medesime prove e deve essere data adeguata pubblicità nel bando di concorso,161 o della Valle d’Aosta, che prevede norma analoga162 unitamente alla regione Liguria163 che prevede anche di concedere annualmente specifici contributi agli enti locali che abbiano segnalato la presenza di soggetti affetti da DSA con diagnosi accertata, al fine di favorire l’acquisto nelle scuole di strumenti informatici dotati di videoscrittura con correttore ortografico e sintesi vocale e di altri strumenti alternativi, informatici o tecnologici, per facilitare i percorsi didattici degli alunni e ulteriori contributi alle famiglie con soggetti affetti da DSA per l’acquisto degli stessi strumenti, destinati allo studio quotidiano a casa.164 Misure agevolative per l’espletamento dei concorsi pubblici regionali sono previsti anche dalla Regione Veneto,165 dalla Regione Marche, 166 dalla Regione Abruzzo, 167 dalla Regione Molise168 e dalla Regione Calabria.169Non vi è invece alcuna previsione del legislatore ordinario riguardo a questo delicatissimo aspetto, come se il problema dei DSA scomparisse con il termine del ciclo di studi. Le regioni, da questo punto di vista, si sono dimostrate molto più attente e lungimiranti, pur potendo prevedere norme di tutela solo nell’ambito della propria competenza, e cioè quella dei concorsi pubblici delle rispettive regioni e degli enti alle stesse collegati. È evidente che questa disparità di trattamento a sfavore delle persone con DSA che volessero concorrere in Enti pubblici non regionali deve essere colmata e toccherà al legislatore apportare le dovute modifiche alla legge 170 che non può e non deve confinare il 161 Legge Regionale della Basilicata legge n. 20 del 12 novembre art. 7 Legge Regionale della Valle d’Aosta 12 maggio 2009, n. 8, art. 8 163 Legge Regionale della Liguria 15 febbraio 2010 n. 3, art. 8 164 Ibidem, art. 5 165 Legge Regionale del Veneto, 4 marzo 2010 n. 16, art. 5 166 Legge Regionale delle Marche, 19 novembre 2012, n. 32, art. 5 167 Legge Regionale dell’Abruzzo, art. 5 168 Legge Regionale del Molise 8 gennaio 2010, n.1, art. 5 169 Legge regionale della Calabria 11 aprile 2012, n. 10, art. 8 162 81 problema dei DSA esclusivamente all’ambito scolastico poiché, come è stato ampiamente scritto, i DSA sono connaturati alla persona che ne è affetta, sebbene con l’età e con il tempo possano venire – almeno in parte - compensati. 82 CAPITOLO VIII LA TUTELA DEI MINORI CON DSA di Maria Chiara Landolfo SOMMARIO – 8.1 La giurisprudenza del Giudice Amministrativo precedente e successiva alla approvazione della Legge 170 del 2010. Il Giudizio di non ammissione all’anno successivo. I limiti della sindacabilità dell’operato della Scuola. – 8.2 La tutela innanzi al Giudice del Lavoro. L’indennità di frequenza – 8.3 Il ruolo del Tribunale per i Minorenni. L’inadempimento della famiglia e le iniziative a tutela del minore. 8.1 La giurisprudenza del Giudice Amministrativo precedente e successiva alla approvazione della Legge 170 del 2010. Il Giudizio di non ammissione all’anno successivo. I limiti della sindacabilità dell’operato della Scuola Parallelamente alla produzione dei provvedimenti amministrativi con i quali il Ministero ha dato indicazioni – a partire dal 2004 sulle modalità con cui le Scuole dovevano rapportarsi con gli alunni e gli studenti con DSA – sia in termini didattici che di valutazione e ancor prima che il legislatore approvasse la Legge 170 del 2010, nelle aule dei Tribunali Amministrativi la tutela dei soggetti con DSA è diventata prassi giurisprudenziale consolidata. Di certo, quindi, non si opera una forzatura nell’affermare che al momento della pubblicazione della Legge 170 del 2010 ci si è trovati di fronte più che ad un punto di svolta ad un rafforzamento della tutela che già da tempo veniva concessa dalla magistratura. A conferma di ciò, appare opportuno analizzare le pronunce dei Tribunali amministrativi regionali che hanno preceduto l’entrata in vigore della legge 170 del 2010. Significativa innanzitutto appare la sentenza n. 3135 del 06 settembre 2007 del Tar del Veneto che valutava il disturbo specifico dell’apprendimento quale “situazione diversa dall’handicap propriamente detto e assai meno grave di quest’ultimo”. Non si è, infatti, in presenza, secondo i giudici 83 amministrativi di “minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione, secondo quanto previsto dall’art. 3 legge n. 104/1992”170, con ciò rimarcando la necessaria tutela degli alunni che presentano queste difficoltà ancorché non in una situazione di disabilità conclamata. Il collegio, nella pronuncia su richiamata, osservando che il D.S.A, proprio a tenore delle disposizioni ministeriali, in particolare la nota n. 4099 del 5.10.04, non necessita della predisposizione del Piano Educativo Individualizzato 171. Al contrario, la sussistenza della certificazione D.S.A. consente agli interessati di richiedere alla Scuola l’utilizzo degli strumenti compensativi e dispensativi previsti dalle norme, che siano stati identificati come utili nei singoli casi per rendere più̀ agevole il percorso di studio, senza peraltro che ciò significhi “esclusione” per il discente dall'obbligo di conseguire - per accedere alla classe successiva o all'esame di qualifica professionale - risultati sufficienti nelle singole materie. Gli strumenti compensativi e dispensativi - afferma ancora il Collegio - costituiscono un mero aiuto allo studio, una facilitazione all'apprendimento e all'acquisizione delle necessarie conoscenze, per cui la non puntuale predisposizione degli stessi da parte della scuola172 non è comunque in grado di sovvertire gli esiti fortemente negativi che lo studente abbia ottenuto in più di discipline. Ad una diversa conclusione riguardo l’imprescindibilità̀ degli strumenti compensativi e dispensativi perviene la IV sezione del TAR della Lombardia. IL TAR in questo caso è chiamato a decidere sul caso di un’alunna che non aveva superato l’esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondario superiore. La ricorrente lamentava la circostanza che la Commissione non aveva tenuto in alcun conto la sua condizione medicalmente accertata di disortografia di livello grave con disgrafia e di discalculia evolutiva di livello medio che avrebbe dovuto comportare la redazione delle prove di esame con 170 TAR Veneto, sez. III, sent. 6 settembre 2007, n. 3135 Legge 7.2.92 n. 104/1992, art. 12 172 ex multis: C.S., sez. VI, n. 5914/05; Tar Calabria n. 324/07 e Tar Lombardia Milano n. 102/06 171 84 strumenti diversi da quelli ordinari come previsto da alcune direttive ministeriali. In particolare, la ricorrente contestava che le prove scritte non fossero state effettuate con l’utilizzo di un computer con correzione ortografica automatica, concedendole comunque tempi supplementari e favorendo l’esposizione orale rispetto a quella scritta. “La ricorrente - evidenzia il Tar - soffre di dislessia in forma lieve e come conseguenza di una disortografia evolutiva di livello grave con disgrafia accompagnata da una discalculia evolutiva di livello medio. La presenza di queste patologie, individuate fin dal marzo del 2004 a seguito di complessi accertamenti e noti all’istituto scolastico frequentato, avrebbero dovuto comportare l’attivazione di ausili per favorire l’apprendimento della ricorrente a mente delle direttive ministeriale, in particolare della circolare 5.10.04 prot. 4099A che prevede in questi casi l’utilizzazione di strumenti compensativi e l’attuazione di misure dispensative. La mancata predisposizione di questi presidi durante la frequenza del corso di studi ha portato anche la Commissione di esame ad una sottovalutazione delle difficoltà della ricorrente nell’affrontare le prove, cosicché̀ nessuno strumento agevolativo è stato adottato per superare gli specifici handicap, né sono stati adottati criteri specifici per la valutazione dell’esito delle prove”.173 Veniva perciò annullato il provvedimento con cui era stato dichiarato che la ricorrente non aveva superato l’esame di Stato conclusivo del corso di istruzione secondaria superiore con la necessità che la Commissione avrebbe dovuto far sostenere alla stessa le prove di esame tenendo conto di quanto prevedono le disposizioni ministeriali per le persone che presentano i medesimi disturbi della ricorrente. Dello stesso tenore una pronuncia successiva della III° sezione del TAR del Lazio174 che censurava un giudizio di non promozione alla classe superiore di un alunno affetto da dislessia per difetto di motivazione, considerata la genericità della sua formulazione, dalla quale non erano desumibili le ragioni per le quali non si era tenuto debito conto della particolare situazione dell’alunno. Il collegio giudicante accoglieva le ragioni del ricorrente che aveva evidenziato come la motivazione con la quale l’alunno non era stato ammesso alla classe successiva "al fine 173 174 TAR Lombardia, sentenza n. 2251 del 30 giugno 2008 TAR Lazio, sentenza n. 31203 del 23 agosto 2010 85 di permettergli di consolidare le conoscenze e le competenze di base nelle discipline nelle quali ha manifestato maggiori difficoltà" era viziata da illogicità. Nel caso specifico le materie in relazione alle quali l'alunno aveva manifestato maggiori difficoltà (italiano e lingue straniere) e relativamente alle quali si sperava in un potenziamento erano proprio quelle nelle quali, a causa della sua patologia, aveva incontrato difficoltà insuperabili senza il giusto ausilio. Tra l'altro, nel corso del precedente anno scolastico 2007/2008 era stata richiesta la presenza di un’insegnante di sostegno in favore dell’alunno in base alla documentazione medica rilasciata dalla ASL competente che precisava che "occorre utilizzare da parte della scuola strumenti compensativi e dispensativi come previsti dal Prot. 4099/A/4 del 25.10.2004 ... ". Tuttavia, la motivazione espressa dal Consiglio di classe non faceva cenno in alcun modo della presenza o meno dei progressi fatti in relazione ad alcune materie tra il primo quadrimestre ed il secondo, anche a riprova dell'impegno profuso dall'alunno. Inoltre il TAR evidenziava come nelle materie non direttamente interessate dalla dislessia, e cioè̀ quelle materie il cui studio comporta un minore impegno nella lettura per la loro comprensione (matematica, tecnologie, musica, arte, educazione fisica, laboratorio teatrale), l’alunno aveva riportato la piena sufficienza, ancora una volta a riprova dell'impegno profuso nello studio dal ragazzo il quale evidentemente nonostante ciò non riusciva, suo malgrado, a superare certi limiti, trovando nella sua patologia una barriera invalicabile. Il giudizio di non promozione risultava per il TAR, dunque, carente di motivazione nella misura in cui non evidenziava con compiutezza le ragioni del suo iter logico, perciò il collegio Giudicante provvedeva ad annullarlo per violazione di legge. I casi di non attuazione, da parte degli istituti scolastici, delle previsioni normative si sono continuati a riscontrare anche dopo l’emanazione della legge 170 del 2010. Il Giudice Amministrativo è costantemente allineato nel ritenere illegittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva in presenza di una carenza di motivazione circa la mancata presa in considerazione del fatto che l'alunno fosse provvisto di una certificazione di DSA, al punto da non evidenziare nel giudizio finale se i risultati negativi fossero stati conseguenza dello scarso impegno dell'alunno o del suo disturbo, del quale non sia neppure stata fatta menzione. Una 86 particolare attenzione merita, in tal senso, la sentenza del TAR dell’Umbria175 che riafferma ulteriormente che per gli studenti affetti da sindrome DSA, disturbo specifico dell'apprendimento che ricomprende diversi fenomeni, quali dislessia, discalculia e disgrafia spesso presenti in modo associato, la scuola è tenuta a elaborare e realizzare, in sede di insegnamento, verifica e valutazione, un percorso formativo personalizzato, che tenga conto delle esigenze e delle potenzialità specifiche di ciascun studente. Il TAR richiama la L. n. 170/2010 che indica a tal fine gli "strumenti compensativi" che si sostanziano nell'introduzione di mezzi di apprendimento alternativi e nell'uso di tecnologie informatiche e "misure dispensative" che si sostanziano nella riduzione del programma o nell'esenzione dalle lingue straniere, che spetta ai docenti individuare ed attuare in concreto. Non va sottaciuto, nonostante le tantissime pronunce a tutela dei portatori di DSA, che può accadere che alla fine dell’anno, nonostante la scuola abbia seguito e monitorato il percorso scolastico dello studente, questi non abbia raggiunto gli obiettivi necessari per accedere alla classe successiva. Vale la pena di chiarire – a questo proposito - che non esiste un diritto alla promozione di uno studente DSA; anch’esso è tenuto, alla stregua di tutti gli altri, a raggiungere un livello di preparazione congruo alla sua condizione e sufficiente per la prosecuzione degli studi. Gli ausili compensativi e dispensativi previsti dalla legge sono stati infatti previsti al fine di consentire ai soggetti affetti da DSA di esprimere al meglio le proprie capacità consentendo un percorso di apprendimento più efficiente. Si tratta di precetti calibrati in vista dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste che, al fine principale di favorire il successo scolastico attraverso misure didattiche di supporto, intendono promuovere lo sviluppo delle potenzialità̀ dell’individuo, garantire una formazione adeguata e ridurre i disagi relazionali ed emozionali. Tuttavia, esse non sono finalizzate a creare percorsi facilitati, che non conducono al reale successo formativo degli studenti DSA. Per questi motivi è fondamentale – come afferma il TAR Lombardia – Sezione di Milano - che la valutazione degli insegnanti deve discriminare tra ciò̀ che è espressione del disturbo e ciò̀ che esprime l’impegno 175 TAR dell’Umbria n. 329 del 13 ottobre 2011 87 dell’allievo e le conoscenze effettivamente acquisite176. E ancora, secondo il TAR Emilia Romagna, sezione di Parma, nella valutazione scolastica, intesa a definire in concreto un’efficace formazione dei singoli, secondo le finalità̀ proprie dell’istruzione pubblica, il giudizio di non ammissione alla classe superiore non rappresenta una soccombenza rispetto ai promossi, destinatari di giudizi positivi, ma esprime l’accertamento tecnico della necessità che i non ammessi, ripetendo l’anno, possano poi affrontare più̀ efficacemente l’ulteriore corso degli studi177. Queste sentenze chiariscono quali siano i criteri da seguire nella valutazione finale di uno studente DSA. Il Consiglio di classe, quindi, deve orientare il proprio giudizio tenendo in considerazione il grado di preparazione conseguito dallo studente alla luce del suo disturbo specifico sforzandosi di distinguere tra ciò che è conseguenza diretta ed immediata di questo e ciò che invece attiene alla sfera dell’impegno personale dello studente. Conseguenza immediate e dirette di una dichiarazione di illegittimità̀ a seguito di un giudizio di non ammissione perché generico ed incongruo, è quella che il TAR non potrà mai disporre il passaggio alla classe successiva ma, a seguito dell’eventuale annullamento, l'Amministrazione scolastica dovrà rinnovare lo scrutinio finale tenendo conto delle censure della stessa e riesaminare la posizione dello studente indicando specificamente le ragioni per cui la valutata situazione di dislessia consigliasse la bocciatura anziché́ la promozione. Importante è sottolineare ancora che il TAR non potrà̀ mai entrare nel merito della valutazione tecnica, che è rimessa all’assoluta discrezionalità̀ dell’amministrazione scolastica, ma potrà al massimo verificare il corretto esercizio della potestà̀ pubblica ossia se la valutazione del singolo docente abbia tenuto conto dell’incidenza che il disturbo specifico ha avuto su quel determinato elaborato o lavoro o verifica. Come stabilito dal Consiglio di Stato, l’interesse degli allievi e di coloro che esercitano potestà̀ genitoriale deve identificarsi non nel perseguimento in ogni caso dell’avanzamento alla classe successiva, ma nel corretto svolgimento del servizio pubblico scolastico 176 TAR Lombardia – sez. Milano, sentenza n. 2360/2012 TAR Emila Romagna – sez. Parma n.110/2015 che riprende Consiglio di Stato n. 3566/2015 177 88 finalizzato alla formazione ottimale degli studenti. Molto spesso, tuttavia, accade che le gravi insufficienze derivino dalla mancata attuazione del PDP e degli strumenti compensativi e dispensativi ivi previsti.178 La giurisprudenza amministrativa è unanime nel ritenere che sulla legittimità̀ del giudizio finale, espresso dal Consiglio di classe in sede di valutazione per l'ammissione alla classe successiva, non può incidere la mancata attivazione di iniziative di sostegno nel corso dell'anno scolastico, giacché le eventuali disfunzioni organizzative, pur se idonee a determinare una minore fruizione di attività̀ integrative, non sono di per sé sufficienti a giustificare o modificare l'esito negativo di un giudizio sfavorevole che si basa esclusivamente sull’accertamento dell'insufficiente preparazione dello studente e della sua incompleta maturazione personale. In quest'ottica, le possibili inadeguatezze della scuola, in rapporto all'omessa ovvero inadatta predisposizione di attività̀ di integrazione o di recupero ovvero di utilizzo di particolari ausili didattici, non danno luogo al passaggio alla classe successiva di uno studente con profitto insufficiente, atteso che lo scrutinio è naturalmente preordinato a valutare la presenza di una preparazione globalmente idonea a consentire la proficua prosecuzione degli studi, nel senso che l'alunno deve essere valutato in relazione ai risultati scolastici concretamente conseguiti ed al livello di maturazione complessivamente raggiunto. A tal proposito appare utile l’analisi di un ulteriore caso giurisprudenziale che ha visto la non ammissione di uno studente frequentante la classe I di una Scuola Secondaria di Primo Grado di Roma, al termine dell’anno scolastico 2016/2017, alla classe successiva. Veniva posta all’attenzione del TAR Lazio, che sul punto si è pronunciato con una recentissima sentenza, la vicenda relativa ad un alunno al quale, come da certificazione medica in possesso della scuola e depositata in atti, sin dal settembre 2013 veniva diagnosticato un disturbo specifico dell’apprendimento di tipo misto, con difficoltà nella lettura, nella scrittura e nel calcolo. Come emergeva nel ricorso avverso il procedimento di non ammissione all’anno successivo, pur essendo in possesso della relativa documentazione la scuola aveva predisposto il piano 178 Cfr sull’argomento C. CORNOLDI, Difficoltà e disturbi dell'apprendimento, Il Mulino, 2007 89 personalizzato per l’alunno con ben tre mesi di ritardo rispetto all’avvio dell’anno scolastico, e comunque gli insegnanti non avevano partecipato, nel corso dell’anno scolastico 2016/2017, ad alcun incontro con la struttura pubblica di riferimento, né con i professionisti esterni alla scuola che seguivano l’alunno e ciò in palese contrasto con quanto previsto dalla normativa vigente.179 Il ricorrente lamentava altresì che il piano personalizzato non fosse stato redatto in collaborazione con la struttura pubblica di riferimento né secondo il modello predisposto dal Ministero dell’Istruzione e comunque non era né realmente “personalizzato” né idoneo a perseguire l’obiettivo di cui all’art.5, comma 4, della L. n. 170 del 2010. Anche l’efficacia delle misure compensative e dispensative contenute nel piano didattico personalizzato non era mai stata monitorata durante l’anno scolastico al fine di adottare gli opportuni correttivi, in contrasto con l’art.5, comma 3, della L. n. 170 del 2010. Inoltre, secondo il piano didattico personalizzato l’alunno, date le sue difficoltà, avrebbe dovuto compensare le prove scritte negative con verifiche orali e tuttavia non tutti gli insegnanti avevano adottato tale misura. Ebbene, nel caso che ci occupa, il TAR del Lazio respingeva il ricorso con la seguente motivazione: “deve ritenersi circostanza pacifica che il minore, affetto dal disturbo indicato, è stato ritenuto dal Consiglio di Classe, nell’interesse dello stesso, privo dei requisiti necessari ad affrontare serenamente la frequenza del successivo anno scolastico. Giova evidenziare, inoltre, che a differenza del caso in cui la predisposizione degli strumenti previsti dalla L. n. 107 del 2010 sia stata del tutto omessa, non è dato al Collegio il potere di sindacare se gli strumenti predisposti dall’amministrazione a fronte dello specifico disturbo dell’apprendimento del minore siano più o meno adeguati, trattandosi di valutazione tecnico - discrezionale rimessa all’amministrazione e, pertanto, sindacabile solo a fronte di evidenti e macroscopici elementi sintomatici di eccesso di potere. Del resto, giova osservare che la ritardata protocollazione del Piano non 179 Cfr. l’art.8 del decreto del Ministero dell’Istruzione n.5669 del 12 luglio 2011, i paragrafi 6.2, 6.3, 7.4 delle Linee Guida allegate al decreto medesimo, la circolare del Ministero dell’Istruzione n.8 del 6.3.2013 e l’art.2, comma 1, lett. g), della L. n. 170 del 2010. 90 dimostra che lo stesso non sia stato attivato sin dall’inizio dell’anno scolastico – come al contrario emergerebbe proprio dal fatto che alla data del 9.9.2016 la scuola aveva già comunque preso contatti con le docenti della scuola primaria di provenienza - e, peraltro, risulta che a fronte delle problematiche del minore nel mese di marzo ha deciso di adottare un potenziamento delle misure. Ma, anche a ritenere dimostrato tale presupposto - ciò che nel caso in esame non potrebbe effettuarsi ricorrendo alla mancata contestazione ai sensi dell’art. 64 c.p.a., visto il contenuto della relazione agli atti - la questione oggetto del presente ricorso è se l’eventuale inadeguatezza degli strumenti predisposti dall’amministrazione, anche sotto il profilo organizzativo e/o della carenza di sufficienti competenze e/o mezzi oltre che della carenza di specifica preparazione del personale docente (che può, se del caso, rilevare ai fini di eventuali azioni risarcitorie innanzi al Giudice civile), possa “assorbire” fino addirittura a vanificare la valutazione rimessa al Consiglio di Classe, il cui unico parametro al fine di indirizzare la valutazione di ammissione o meno di un minore alla classe successiva, anche in caso di presenza di disturbi specifici dell’apprendimento, è – nell’esclusivo interesse del minore - quello di verificare se l’alunno possieda i requisiti minimi richiesti, non potendosi neppure addebitare all’amministrazione la circostanza, pure comprensibile, che il minore ad un certo punto “non avrebbe più voluto avvalersi delle misure compensative e dispensative previste nel piano didattico personalizzato”.180 Ai fini del giudizio di ammissione alla classe successiva, infatti, il livello di preparazione oggettivamente raggiunto dallo studente è l’unico parametro richiesto sicché laddove, come nella fattispecie in esame, emergano lacune nel grado di formazione dello studente, la valutazione finale negativa deve ritenersi immune da profili di illegittimità.181 E’, infatti, il dato oggettivo del rendimento scolastico e della preparazione dimostrata dallo studente in varie materie a fungere da presupposto necessario e sufficiente per la decisione di scrutinio finale. Invero, il giudizio di non ammissione alla classe scolastica successiva, sebbene 180 Tar del Lazio Sez. III bis, Sentenza n. 12216 del 11.12.2017, n. 12216. nello stesso senso, di recente, anche TAR Lombardia, Milano, III, sentenza del n. 1748 dell’8.8.2017 181 91 percepibile dall’interessato come provvedimento afflittivo, non ha carattere sanzionatorio, bensì finalità educative e formative, poiché si sostanzia nell’accertamento del mancato raggiungimento di competenze ed abilità proprie della classe di scuola frequentata che consigliano la ripetizione dell’anno scolastico proprio al fine di consentire di colmare lacune di apprendimento, nell’interesse specifico dell’alunno.182 In tale contesto, anche l’eventuale inosservanza parziale del piano didattico personalizzato non può di per sé inficiare la validità della decisione di non ammettere l’alunno alla classe successiva. In particolare, se si lamenta che la mancata o insufficiente predisposizione di misure di sostegno o compensative abbia impedito all’alunno di conseguire la sufficienza nelle materie interessate, l’accoglimento della doglianza non può avere quale conseguenza l’ammissione alla classe superiore. Questo perché l’interessato è stato ritenuto privo delle basi adeguate a sopportare un programma di studi verosimilmente più pesante. In questi casi non può invocarsi un provvedimento giudiziario che promuova alla classe superiore uno studente che, eventualmente anche per “colpa” dell’istituto scolastico, non sia in possesso della preparazione adeguata. 183 Un’ulteriore recente sentenza, la numero 196 del 2016 del TAR Piemonte Sezione II ha rigettato il ricorso della famiglia di una ragazzina iscritta alla seconda classe di un liceo e affetta da Disturbi specifici di apprendimento, nella fattispecie dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia per la quale, come da normativa vigente, era stato predisposto dal consiglio di classe un Piano didattico personalizzato (PDP) e che al termine dell’anno era stata bocciata. La famiglia si era rivolta al Giudice Amministrativo non contro la bocciatura, ma per richiedere un risarcimento per danni, in parte da spendere per l’iscrizione della figlia ad una scuola privata. In sostanza, la famiglia ha contestato alla scuola la mancata ripredisposizione del piano didattico personalizzato, che risaliva all’anno precedente, nonché l’inadeguatezza e la mancata attuazione delle misure dispensative e compensative previste dal piano. La sentenza per certi versi è esemplare in quanto i giudici piemontesi hanno puntato l’accento sul fatto che, se è vero che il PDP «deve 182 183 92 TAR Calabria, Reggio Calabria, I, sentenza n. 1942 dell’8.3.2013 TAR Marche, I, sentenza n. 718 del 15.12.2016 essere aggiornato annualmente entro il primo trimestre dell’anno scolastico», la famiglia della ragazza non ha sottoposto la stessa a nuovi test per aggiornare il quadro clinico, nonostante le difficoltà riscontrate all’inizio del nuovo anno, ritenendo perciò che il piano «predisposto per l’anno precedente fosse ancora adeguato alle esigenze della ragazza». In conclusione, il TAR sottolinea come la diagnosi di DSA non è di per sé garanzia di promozione nel momento in cui i docenti dovessero riscontrare da parte degli allievi scarso impegno nello studio per raggiungere gli stessi obiettivi di apprendimento degli altri compagni. Quanto all’inadeguatezza e alla mancata attuazione delle misure previste dal piano didattico personalizzato, secondo i Giudici «la scelta degli strumenti compensativi e dispensativi più idonei in relazione alle specifiche esigenze dell’avente diritto costituisce espressione dell’ampia discrezionalità tecnica che la legge riconosce in materia al corpo docente, la quale è sindacabile da questo giudice solo in presenza di macroscopiche illogicità o irrazionalità o di evidenti errori di fatto». Altre pronunce sono relative a casi in cui il percorso scolastico non segua l’iter regolare e a fronte di diagnosi di DSA, il PDP non venga adottato entro il primo trimestre, oppure non venga applicato. Una ordinanza del TAR Lombardia, sezione Milano (Ordinanza n. 371/2014) riguarda il caso di uno studente i cui genitori avevano depositato molto tempo prima dell’inizio dell’anno scolastico tutta la documentazione con cui ne attestavano le difficoltà. La scuola aveva omesso di attivarsi secondo le previsioni normative e lo studente era incappato in una serie di insuccessi scolastici con pesanti contraccolpi sulla propria autostima. Il TAR ha provveduto ad obbligare la scuola ad approvare nel giro di 15 giorni il Piano didattico personalizzato previsto dalla legge e ad attuarlo anche retroattivamente. Ulteriore situazione che può venirsi a creare è che il disturbo dell’apprendimento, magari emerso da tempo, venga diagnosticato quando l’anno scolastico è avviato o addirittura volga al termine. In questo caso la scuola deve immediatamente attivarsi per adottare il PDP e tutte le misure previste dalla legge, formulando il giudizio alla luce delle caratteristiche specifiche del disturbo. Una volta che la scuola attua nell’immediato le misure prescritte, adempie ad ogni suo dovere. Ciò non significa tuttavia che sia garantito il raggiungimento degli obiettivi scolastici da parte dello 93 studente, magari già compromessi per mancanza di prerequisiti di base e un progressivo andamento dell’anno scolastico che non ha consentito di riscontrare miglioramenti consistenti per l’incapacità di superare gli ostacoli via via emergenti, data la carente attrezzatura di base. Non vi è dubbio, quindi, che i TAR, una volta verificato il rispetto da parte della scuola di tutte le prescrizioni, sono uniformemente orientati al rigetto dei ricorsi contro eventuali bocciature. Si può ben affermare, infine, che gli strumenti compensativi/dispensativi, che il TAR del Veneto già nel 2007 vedeva come un mero aiuto allo studio, una facilitazione all'apprendimento e all'acquisizione delle necessarie conoscenze, senza tuttavia che la non puntuale predisposizione degli stessi, ed i rischi derivanti da questo, potesse sovvertire gli esiti negativi conseguiti dallo studente affetto da disturbi di apprendimento, assumono via via nelle diverse sentenze che abbiamo esaminato nel loro succedersi cronologico un rilievo sempre maggiore a dimostrazione del raggiungimento di una diversa sensibilità̀ e di un diverso atteggiamento maturato nei confronti della persona con DSA, forti dell’unico obiettivo che la scuola deve perseguire ogni giorno: raggiungere lo sviluppo massimo possibile delle potenzialità̀ dell’alunno, spingere per l’affermazione e il maturare della sua personalità̀ e pertanto puntare al raggiungimento del suo successo scolastico. E questo perché la scuola, nel contesto di elasticità e di autonomia, non può, come precisano le Linee Guida del MIUR, non porre al centro delle proprie attività e della propria cura, la “persona”, poiché la realizzazione delle strategie educative e della inclusione poste in essere dalla stessa deve sempre tener conto della particolarità e complessità di ogni persona, delle sue peculiarità considerate sia in relazione ai punti di forza sia in relazione ai punti di debolezza. Si tratta di un modo di procedere che tutto sommato non è nuovo, poiché una scuola che “dà a ciascuno ciò di cui ha bisogno” realizza in pieno una didattica che mira al raggiungimento del successo scolastico di tutti gli alunni. 94 8.2 La tutela innanzi al Giudice del Lavoro. L’indennità di frequenza. La legge 170/2010 – come si è avuto modo di accennare - non ha previsto alcun tipo di aiuto economico in favore dei soggetti DSA e delle loro famiglie. Eppure, non va sottaciuto il fatto che aldilà delle difficoltà proprie di tale patologia, i disturbi specifici di apprendimento determinano, in chi vi è affetto, una serie di conseguente di natura economica; una famiglia con un figlio DSA infatti deve affrontare spese molteplici e complesse: basti pensare – a solo titolo esemplificativo - al costo delle ripetizioni scolastiche, ai trattamenti riabilitativi, ai corsi di potenziamento, alle spese per acquistare materiale informatico e tecnologico. Queste spese sono interamente a carico delle famiglie e non tutte riescono ad affrontarle. Per questo l’indennità di frequenza può rappresentare un aiuto concreto per questi bambini e le loro famiglie. L’indennità di frequenza è una prestazione economica, erogata a domanda, a sostegno dell’inserimento scolastico e sociale dei ragazzi con disabilità fino al compimento del diciottesimo anno di età, istituita con la legge n. 289/1990.184 Tale indennità risponde alle esigenze di assicurare la cura, la riabilitazione e l'istruzione per i minori invalidi civili con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell' età ovvero ai minori ipoacusici oltre ad una certa soglia, in stato di bisogno. L’INPS si è sempre mostrato restio, soprattutto in passato, a riconoscere il diritto all’indennità di frequenza ai minori con disturbi specifici dell’apprendimento ritenendoli già adeguatamente tutelati dalla legge 170/2010, anche solo per il semplice fatto che la legge sulla DSA non ritiene possibile una comparazione tra i soggetti DSA e i soggetti invalidi considerati destinatari della indennità di cui alla legge 289/1990. A ciò va aggiunto che le norme si adeguano sempre con un certo ritardo rispetto alle nuove necessità; le leggi più recenti poi, pur riconoscendo nuove patologie, sono spesso contrarie a prevedere 184 Legge 289 dell’11 ottobre del 1990, intitolata Modifiche alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla L. 21 novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e istituzione di un'indennità di frequenza per i minori invalidi. http://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l289_90.html, consultato il 10.09.2018 95 trattamenti economici a favore degli interessati per salvaguardare il bilancio statale. L’unica possibilità per porre rimedio a queste situazioni rimane il Tribunale. A tal proposito va sottolineato che la prassi che si sta via via sempre più consolidando nelle aule di Giustizia vede i Giudici del Lavoro riconoscere, sempre più spesso, l’assegno di frequenza a favore dei soggetti con DSA a seguito del diniego da parte dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale. Tale contributo economico, può infatti, come più volte ribadito dalla giurisprudenza, essere riconosciuto anche ai bambini e ai ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento. Diverse sono infatti le sentenze con le quali è stato accolto il ricorso presentato dai genitori di bambini con dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia, con le quali l’INPS è stato condannato a corrispondere mensilmente l’indennità di frequenza a partire dal momento della presentazione della domanda amministrativa. Per aver diritto all’indennità occorre che sussistano tuttavia specifiche condizioni: a. l’età del beneficiario non deve superare i diciotto anni: al compimento della maggiore età, infatti, si perde il diritto a tale specifica prestazione economica e l’interessato può presentare domanda all’Inps per vedersi riconosciute, in ragione della patologia certificata, altre forme di sostegno economico (ad esempio, l’assegno di assistenza per invalidi civili parziali, o pensione d’invalidità civile, riconosciuta all’invalido al 74% che non possiede i requisiti contributivi minimi). b. il minore deve essere cittadino italiano o dell’UE con residenza in Italia, o cittadino extracomunitario con permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo; c. al minore devono essere state certificate (attraverso idonea visita) “difficoltà persistenti nello svolgimento delle funzioni proprie dell’età” o una ipoacusia superiore a 60 decibel nell’orecchio migliore; d. l’attestazione della necessità di frequenza continua o periodica in una delle seguenti strutture: - centri ambulatoriali (sia pubblici che privati, purché 96 convenzionati) specializzati nella terapia e riabilitazione di soggetti portatori di handicap; - scuole di ogni ordine e grado (pubbliche o private riconosciute), compresa la scuola dell’infanzia; - centri di formazione o addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale dei minori. e. il minore deve avere un reddito personale non superiore alle soglie previste annualmente dalla legge. Per l’anno 2019 il limite di reddito è pari a 4.906,68 euro. L’indennità viene corrisposta dall’Inps con cadenza mensile e il suo importo per l’anno 2019 ammonta a 285,66 euro al mese distribuiti in 12 mensilità. 185 Si tratta di una erogazione non soggetta a IRPEF. L’indennità di frequenza è concessi a seguito della verifica dei requisiti sanitari, mediante speciali commissioni mediche della Asl. Il procedimento termina con il riconoscimento dell’erogazione economica solo nel caso in cui, oltre ai requisiti sanitari, sussistano anche quelli di diritto (età, effettiva frequenza della scuola o della struttura riabilitativa, reddito). La domanda va inoltrata all’Inps, per via telematica, entro 90 giorni dal rilascio del certificato del medico curante, tramite accesso al sito internet dell’Inps personalmente oppure avvalendosi dell’ausilio di associazioni di categoria. L’erogazione dell’indennità di frequenza decorre dal mese successivo a quello della presentazione della domanda e, in ogni caso, dopo l’inizio dei corsi o della frequenza a scuola. Non sono ammesse domande presentate dopo il termine dei vari corsi o delle terapie. L’indennità è corrisposta limitatamente alla effettiva durata del trattamento o del corso e termina con il mese successivo a quello di cessazione della frequenza. Cercando di fare un po’ di chiarezza sul punto, ci si deve chiedere su che basi la commissione (ovvero il Consulente medico legale nominato dal Giudice del Lavoro, in caso di ricorso su diniego), decide se un minore dislessico, disortografico, discalculico o disgrafico presenti difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età e quindi abbia diritto all’assegno di frequenza. 185 https://www.laleggepertutti.it/261770_invalidita-2019-tutti-gli-importi-dellepensioni#Indennita_di_frequenza_2019, consultato il 28.12.2018 97 Vi sono tre criteri da tenere presenti: a. gravità del disturbo; b. gravità delle difficoltà scolastiche (cioè quanto grave è l’impatto sugli apprendimenti globali delle difficoltà di lettura scrittura e/o calcolo); c. gravità delle ripercussioni emotive. Inoltre, la patologia - essendo i DSA un disturbo suscettibile di miglioramenti nel tempo - deve essere certificata annualmente o almeno ogni due anni. La indennità di frequenza non è riconosciuta solo a soggetti con handicap ma, come precisa il testo della legge 289/1990, viene attribuita a bambini e ragazzi riconosciuti come “minori con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età”. Infatti, quando la commissione medica giudica il soggetto con DSA, la stessa non deve riscontrarne lo stato di handicap, ma deve, in ogni caso, riconoscergli"… una difficoltà persistente a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età.”186 Nella ricostruzione della normativa che ha condotto al riconoscimento della indennità di frequenza anche per ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento risultano tuttavia evidenti alcune incongruenze. Paradossale appare, infatti che, a norma della legge 289 del 1990, per chiedere l’indennità a favore dei DSA si debba far riferimento esclusivamente all’opzione per “invalidità civile”, dato, questo, in contrasto con la legge 170/2011, che stabilisce, per gli alunni e studenti DSA, un percorso diverso da coloro i quali ricadono nelle previsioni della legge 104/92. Chi è affetto da DSA, infatti, non è – proprio secondo le previsioni della legge 170 - né invalido civile né portatore di handicap. Alla luce di queste considerazioni, quindi, non può non evidenziarsi l’esistenza di una serie di lacune del sistema legislativo in ordine anche alla disciplina della tutela economica dei soggetti con DSA, tutela che poggia le basi non già sulla norma prevista dalla Legge 170 del 2010 (l’unica emanata dallo Stato sui disturbi specifici dell’apprendimento) ma sul testo di cui alla legge 289/1990 che appare ancora oggi essere applicata con grande sforzo interpretativo e spesso innescando procedimenti giudiziari che ben potrebbero non 186 98 Legge 289 del 1990, art. 2 essere scomodati. Infatti, le ASL e le sedi INPS territoriali interpretano la legge non sempre in maniera consona ai diritti dei ragazzi affetti da DSA. Con la conseguenza che sono numerosissimi i casi in cui agli alunni e agli studenti con certificazione DSA, pur avendone pienamente diritto, non viene riconosciuta l’indennità e con criteri di valutazione che sembrano variare non solo di regione in regione, ma addirittura di commissione in commissione. 8.3 Il ruolo del Tribunale per i Minorenni. L’inadempimento della famiglia e le iniziative a tutela del minore. Nel percorso precedente è stato analizzato il ruolo cardine della scuola e i doveri che la stessa ha nei confronti de ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento. Vi sono tuttavia casi nei quali, benché l’istituto scolastico si adoperi per tutelare il soggetto con DSA, la famiglia non sia propensa a farlo. È di palmare evidenza, infatti, che il ruolo che il nucleo familiare assume nei confronti dello studente con disturbi specifici dell’apprendimento è tutt’altro che marginale. Nel corso di questo studio si è già accennato alla questione della obbligatorietà o meno del PDP. A questo proposito giova ricordare che sulla base della lettera del Decreto Ministeriale 12.07.2011 sembrerebbe che il PDP non sia obbligatorio: all’art. 5 infatti si legge che “La scuola garantisce ed esplicita, nei confronti di alunni e studenti con DSA, interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato, con l’indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate”, laddove “anche” potrebbe esprimere una “possibilità”. Di converso, però, le linee guida allegate allo stesso DM non lasciano intravedere dubbi sul fatto che in caso di DSA l’adozione del PDP sia obbligatoria: “la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e nei tempi che non superino il primo trimestre scolastico un documento…e ne specifica il contenuto”187 sebbene l’indicazione secondo cui “Tale documentazione può acquisire la forma del Piano Didattico Personalizzato” contenuta nello stesso paragrafo lascia intendere che più che alla denominazione del documento stesso il Ministero privilegi i suoi contenuti, che indica in maniera puntuale. Dunque, 187 Linee Guida MIUR, cit. pag. 8 99 come già accennato in precedenza, si può ritenere che sia obbligatoria per la scuola la redazione del PDP o quanto meno di un documento che abbia quei contenuti indicati nelle norme. Nella predisposizione della documentazione in questione è tuttavia fondamentale il raccordo con la famiglia, che può̀ comunicare alla scuola eventuali osservazioni su esperienze sviluppate dallo studente anche autonomamente o attraverso percorsi extrascolastici. La scuola, acquisita la certificazione medica, non può non redigere il PDP. Ma cosa accade se la scuola dopo un periodo di analisi sul minore si avvede della possibilità che lo stesso possa avere disturbi specifici dell’apprendimento e la famiglia resta inerte. È evidente che l’inerzia da parte del nucleo familiare - che la norma omette di sanzionare espressamente - comporta gravi svantaggi per lo stesso minore e per la sua vita futura. La scuola, infatti, si trova di sicuro in una posizione di “difficoltà” se non è in possesso di una certificazione in tal senso quando invece occorra una diagnosi che, peraltro – potrebbe essere positiva. Come si tutela il ragazzo in queste situazioni? Non vi è dubbio che la strada da seguire potrebbe essere quella di adire l’autorità garante della tutela dei bisogni primari del ragazzo: il Tribunale per i Minorenni. La competenza del Tribunale per i Minorenni riguarda infatti anche casi nei quali vi è necessità di intervenire a tutela dei minori i cui genitori non adempiono in modo adeguato o non adempiono affatto ai loro doveri nei confronti dei figli (l’art. 147 del codice civile fissa tali doveri in quelli di mantenimento, educazione ed istruzione). Il Tribunale per i Minorenni, in questo caso, previa segnalazione alla Procura minorile da parte dell’Istituto Scolastico che ritenga inadempiente la famiglia e su conseguente ricorso da parte del Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale, potrebbe porre dei limiti all'esercizio della potestà genitoriale, emanando prescrizioni ai genitori del minore ed attivando l’intervento dei servizi socio-sanitari per sostenere e controllare le condizioni di vita del minore in famiglia (art. 333 del codice civile) affinché vengano adottate tutte le opportune misure in grado di consentirgli di usufruire delle condizioni di cui anche gli altri DSA usufruiscono. Proprio quest’ultima considerazione determina, a parere di chi scrive, la necessità di una revisione normativa che disciplini gli obblighi non solo della scuola ma anche delle famiglie, che devono farsi carico di 100 raggiungere l’unico obiettivo che la norma non deve perdere di vista: l’accoglienza de soggetti con DSA attraverso una normativa inclusiva che sia consapevole che “non c’è peggior ingiustizia di dare cose uguali a persone che uguali non sono.” 101 102 BIBLIOGRAFIA G. ARCONZO G, Il diritto all’istruzione dei soggetti affetti da dislessia o da altro disturbo specifico dell’apprendimento. Prime osservazioni in margine alla legge n. 170 del 2010, in www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/.../0262_a rconzo.pdf, G. ARCONZO, La normativa a tutela delle persone con disabilita nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, in C. BACHMANN, I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) a scuola, in DSA e Scuola: Risorse per l’apprendimento: Atti del primo convegno nazionale. a cura di C. Bachmann, Lampi di Stampa, 2008 F. BASILICA - L. FIANDACA, Il diritto scolastico. Casi e questioni, Editoriale Scientifica, 2013. A CARDINALETTI, F. SANTULLI, E. GENOVESE, G. GUARALDI, E. GHIDONI (a cura di), Dislessia e apprendimento delle lingue. Aspetti linguistici, clinici e normativi, Edizioni Erickson, Trento 2014 C. COLAPIETRO, Diritti dei disabili e Costituzione, Napoli 2011, pp. 56 ss. C. CORNOLDI, Difficoltà e disturbi dell'apprendimento, Il Mulino, 2007 P. CRISPIANI, Dislessia-Disgrafia come disprassia sequenziale: il trattamento ecologico-dinamico, Sintesi della relazione presentata al Simposio Internazionale di Pedagogia Speciale, Verona, 2006 P. CRISPIANI, C. GIACONI, Manuale di diagnostica pedagogica, ed. Junior, Bergamo, 2008. 103 P. CRISPIANI, C. GIACONI, La sindrome di Jack. Smarrimento cognitivo sequenziale ovvero i bambini che si perdono nelle sequenze, ed. Junior, Bergamo, 2009 M. DALOISO (a cura di), I Bisogni Linguistici Specifici. Inquadramento teorico, intervento clinico e didattica delle lingue, Edizioni Erickson, Trento, 2016 P. DAMIANI, DSA e valutazione: Un approccio pedagogico tra riflessioni e prospettive, Edizioni nuova cultura, ROMA, 2017 M. D’AMICO - G. ARCONZO (eds.), Università e persone con disabilita. Percorsi di ricerca applicati all’inclusione a vent’anni dalla legge n. 104 del 1992, Franco Angeli, 2013 F. FERRARESI, In http://www.educare.it/Handicap/la_classificazione_icf.htm#autore F. FURLAN, La tutela costituzionale del cittadino portatore di handicap, in C. Cattaneo (ed.), Terzo settore, statualità e solidarietà sociale, Milano 2001, pp. 258 ss; G. GUARALDI, A. VALENTI, E. GENOVESE (a cura di) DSA: dalla scuola secondaria all'università, Percorsi per il successo formativo, Edizioni Erickson, Trento, 2018 G. LAMPUGNANI, G. STELLA, G. CAIAZZO, Introduzione a un’esperienza di screening per l’individuazione di soggetti a rischio DSA ed intervento di formazione dei docenti nella Prima Classe della Scuola Secondaria Superiore, in “Dislessia”, anno 3, n. l, Edizioni Erickson, Trento, 2006 F. MAGNI, L’integrazione scolastica delle persone con disabilità, disturbi specifici di apprendimento (DSA) e bisogni educativi speciali (BES). Framework normativo e giurisprudenziale aggiornato, in Nuova Secondaria, XXXII, 9 maggio 2015, pagg. 2242 104 A. MARTELLI, La scuola media superiore di fronte ad un dislessico, Seminario “Quando il bambino non impara: i Disturbi Specifici di Apprendimento”, Reggio Emilia, 27 febbraio 2008 M. MARTONE, I DSA e le nuove tecnologie, Youcaprint self – Publishing, Tricase, edizione digitale, 2016 A. PAOLETTI, G. STELLA, Indici qualitativi di rischio negli screening sui disturbi specifici di apprendimento, “Dislessia”, vol. I, Edizioni Erickson, Trento, 2008. M. ROBERTO, F. PIANTA, G. 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OLIVETTI (eds.), Commentario alla Costituzione, Torino 2006, i, pp. 791 ss; http://for.indire.it/dislessia/offerta_lo/lo/113/116.htm https://www.tuttodsa.it/dislessia.html http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?reference=P6_TA% 282007%290506&language=IT Associazione Italiana Dislessia, a cura di, DSA, diritti negati? in http://www.icrodarisoveria.gov.it/attachments/article/883/RISCHI% 20DIFFORMITA'2.pdf, https://www.reteclassificazioni.it/portal_main.php?portal_view=publ ic_custom_page&id=25 105 106 SOMMARIO PREFAZIONE 03 CAPITOLO 1 IL RICONOSCIMENTO LEGISLATIVO DEI DISTURBI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO. LA DISLESSIA, LA DISGRAFIA, LA DISORTOGRAFIA E LA DISCALCUIA 1.1 La natura dei Disturbi specifici di apprendimento. La funzione “definitoria” della norma nel rapporto tra produzione giuridica e scienze neuropsicologiche e metodologie didattiche 05 1.2 La dislessia nella previsione della Legge 170 del 2010. Dislessia evolutiva e dislessia acquisita 11 1.3 La disgrafia e la disortografia 12 1.4 La discalculia 13 1.5 La Comorbillità 14 CAPITOLO II IL MOMENTO DELLA DIAGNOSI DEI DSA. IL RUOLO DELLA SCUOLA E DEI GENITORI. 2.1 Individuazione e segnalazione dei casi di DSA. L’attività della scuola precedente e successiva alla diagnosi 15 2.2 La funzione dei genitori. Il diritto dovere di garantire ai figli il pieno successo formativo 21 CAPITOLO III LA DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA E PERSONALIZZATA. IL PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO. LE MISURE DISPENSATIVE E GLI STRUMENTI COMPENSATIVI. L’AUSILIO IN CLASSE. 3.1 Il Piano didattico Personalizzato. Il ruolo del Consiglio di Classe. La didattica individualizzata e personalizzata 24 3.2 Il ruolo dei genitori. La partecipazione al processo di elaborazione del PDP. La formazione delle famiglie di alunni e studenti con DSA 27 3.3 Le strategie didattiche nella scuola primaria e in quella secondaria di primo e secondo grado 33 107 3.4 Gli strumenti compensativi e le misure dispensative 37 3.5 L’apprendimento delle lingue straniere. Dispensa dalle prove scritte ed esonero dallo studio delle lingue straniere. Ipotesi e conseguenze 39 3.6 Modalità e finalità di attuazione delle strategie didattiche personalizzate: dal raggiungimento del pieno successo formativo al contrasto alla dispersione scolastica 42 3.7 L’ausilio in classe. L’assenza di un insegnante di supporto all’alunno o allo studente con DSA 44 CAPITOLO IV LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI CON DSA 4.1 La valutazione e l’errore 46 4.2 La valutazione e la verifica degli apprendimenti. La validità del titolo conseguito dagli studenti con DSA 48 4.3 Valutazione ed esami di Stato nella “Buona Scuola” 50 4.4 Le prove INVALSI. Modalità di svolgimento ed Obbligatorietà 52 CAPITOLO V I SOGGETTI PROTAGONISTI DELL’ATTIVITÀ EDUCATIVA 5.1. Il Dirigente scolastico 5.2. Il Referente di Istituto 5.3. I Docenti 5.4. Gli Uffici Scolastici Regionali 54 55 57 62 CAPITOLO VI GLI ATENEI. LO STUDIO UNIVERSITARIO DEGLI STUDENTI CON DSA. PREVISIONI NORMATIVE ED AUTONOMIA 6.1 Il ruolo delle Università in favore degli studenti con DSA 64 6.2 Provvedimenti dispensativi e compensativi per l’accesso e la valutazione nelle Università 65 108 CAPITOLO VII I FONDAMENTI COSTITUZIONALI DELLE NORME SUI DSA. IL DIRITTO AL PIENO SUCCESSO FORMATIVO E IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA SOSTANZIALE NELLA LEGGE 170 E NELLE NORME DI RANGO SECONDARIO. L’INTERVENTO DELLE REGIONI 7.1 Le finalità della legge 170 del 2010 e l’attuazione del principio di uguaglianza sostanziale 67 7.2 Il diritto al pieno successo formativo nelle norme precedenti alla Legge 170 del 2010 71 7.1 Il tentativo di allargare la platea dell’area di svantaggio: i Bisogni educativi speciali 77 7.2 Le norme regionali di ausilio ai soggetti con DSA 80 CAPITOLO VIII LA TUTELA DEI MINORI CON DSA 8.1 La giurisprudenza del Giudice Amministrativo precedente e successiva alla approvazione della Legge 170 del 2010. Il Giudizio di non ammissione all’anno successivo. I limiti della sindacabilità dell’operato della Scuola 83 8.2 La tutela innanzi al Giudice del Lavoro. L’indennità di frequenza 95 8.3 Il ruolo del Tribunale per i Minorenni. L’inadempimento della famiglia e le iniziative a tutela del minore 99 BIBLIOGRAFIA 103 109 110