Paolo Maci
I disturbi specifici di
apprendimento
Profili giuridici e di tutela
con un contributo di Maria Chiara Landolfo
pe
Primiceri Editore
2019 Tutti i diritti riservati.
Finito di stampare nel mese di marzo 2019
presso Rotomail Italia Spa – Vignate (MI)
per conto di Primiceri Editore Srls
Via Savonarola 217, 35137 Padova
Prima Edizione
ISBN 978-88-3300-115-9
www.primicerieditore.it
2
Prefazione
Questo studio è una lettura ragionata delle norme sui Disturbi
Specifici di Apprendimento a partire dalla legge 8 ottobre 2010 n.
170, che riconosce e definisce la dislessia, la disgrafia, la
disortografia e la discalculia quali DSA. Si pone l’obiettivo di
tradurre in un quadro chiaro ed organico la produzione normativa di
riferimento, cercando di mettere ordine nelle fonti di produzione
primaria (la legge dello Stato) e secondaria (direttive, circolari, note,
raccomandazioni) che almeno dal 2004 si sono occupate della
materia, offrendo agli operatori (giuristi, insegnanti, dirigenti
scolastici, personale scolastico ed educativo in genere) ma anche ai
genitori una chiave per comprendere come il fenomeno sia
regolamentato nel nostro Paese e quali siano le modalità corrette per
approcciarvisi. Tenta, in questo modo, di proporre un ulteriore
stimolo alla necessità di approfondire i meccanismi regolatori di una
problematica che tuttora, dopo quasi due decenni di dibattiti
sull’argomento, registra ancora oggi sia da parte del mondo della
scuola che da parte delle famiglie una conoscenza per molti versi
scarsa e frammentaria che, unitamente ad una sorta di pregiudizio
contro i ragazzi con DSA (svogliati, poco dotati, ecc.) rischia di
avere gravi ripercussioni sulla loro autostima e sul loro
apprendimento, con conseguenze anche sulla formazione della loro
personalità e il loro futuro, anche professionale. Del resto, la
necessità di una formazione adeguata è uno degli obiettivi principali
del MIUR in questo specifico ambito, consapevole che il ruolo, il
potere e la responsabilità degli operatori della Scuola e degli
insegnanti in particolare - i terminali educativi con cui i ragazzi con
DSA si rapportano - come sottolineano le Linee Guida ministeriali,
sono estremamente importanti: gli insegnanti, soprattutto, possono
aprire nuove opportunità, cognitive ed emotive oltre quelle culturali,
ai propri allievi con bisogni educativi speciali oppure possono
bloccare e atrofizzarne funzioni, capacità e possibilità. Nell’ambito
delle scienze cognitive, infatti, la ricerca recente sembrerebbe aver
chiarito la natura neurobiologica dei disturbi dell’apprendimento e la
loro specifica “non completa” modificabilità, ma al contempo ha
evidenzialo la possibilità – e anzi la necessità - di intervenire in
modo adeguato sul funzionamento cognitivo ed emotivo3
motivazionale delle persone con DSA in modo da assicurarne il
pieno successo scolastico e formativo. La conoscenza ragionata delle
norme, obiettivo di questo studio, è ciò che consente di avere
consapevolezza del percorso completo di gestione dei DSA
all’interno della scuola, dei vari momenti di tale percorso e dei
processi conseguenti, che devono essere ben chiari al fine di
assicurarne l’applicazione, sia per il personale scolastico sia per le
famiglie interessate. E questo anche per evitare le “patologie” del
sistema, che di regola trovano davanti al Giudice Amministrativo la
loro composizione. La giurisprudenza dei TAR (il capitolo sulla
tutela degli alunni e degli studenti con DSA – l’ultimo di questo
volume - è di Maria Chiara Landolfo) sia prima che dopo
l’emanazione della legge 170 del 2010 ha ritenuto infatti di dover
“difendere” i ragazzi con DSA, sanzionando quegli istituti scolastici
che non hanno applicato correttamente le norme sulla materia. Oggi
il problema di un approccio corretto con gli alunni e gli studenti con
DSA esiste ancora. Il “pregiudizio” di fronte a qualcosa che è
oggettivamente difficile da comprendere porta ad usare scorciatoie
didattiche e di valutazione che le norme in esame, pur con i limiti di
cui si darà conto, tentano – a volte invano – di scongiurare. Per
questo, fornire uno strumento ulteriore di conoscenza può essere
utile al fine di far comprendere che è possibile, semplicemente
rispettando le norme regolatrici della materia, riuscire a far sì che
tutti i ragazzi che studiano possano essere messi nelle condizioni di
esprimere al meglio le loro potenzialità e dare il loro valido
contributo alla società, senza rimanere ingiustamente indietro.
Paolo Maci
Docente di Legislazione Scolastica
Università Telematica Pegaso
4
CAPITOLO I
IL RICONOSCIMENTO LEGISLATIVO DEI DISTURBI
SPECIFICI DI APPRENDIMENTO. LA DISLESSIA, LA
DISGRAFIA, LA DISORTOGRAFIA E LA
DISCALCUIA.
SOMMARIO – 1.1 La natura dei Disturbi specifici di
apprendimento. La funzione “definitoria” della norma nel rapporto
tra produzione giuridica e scienze neuropsicologiche e metodologie
didattiche – 1.2 La dislessia nella previsione della Legge 170 del
2010. Dislessia evolutiva e dislessia acquisita – 1.3 La disgrafia e la
disortografia – 1.4 La discalculia. – 1.5 La Comorbilità
1.1 La natura dei Disturbi specifici di apprendimento. La
funzione “definitoria” della norma nel rapporto tra
produzione giuridica e scienze neuropsicologiche e
metodologie didattiche
La legge 8 ottobre 2010 n. 1701 riconosce e definisce la dislessia, la
disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di
1 La legge 8 ottobre 2010, n. 170, intitolata Nuove norme in materia di disturbi
specifici di apprendimento in ambito scolastico, è stata pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale N. 244 del 18 Ottobre 2010. Il relativo disegno di legge, firmato dai
senatori Franco e Asciutti, è stato approvato in prima lettura al Senato nel maggio
del 2009. Nel giugno 2010, la Camera ha approvato il Ddl apportandovi alcune
modifiche. Infine, la VII Commissione “Istruzione pubblica e beni culturali” del
Senato lo ha approvato definitivamente in sede deliberante il 29 settembre 2010. La
legge viene approvata dopo un percorso durato quasi un decennio, durante il quale
si registra il fallimento di tre diversi disegni di legge presentati durante la XIV e la
XV legislatura, uno al Senato nel 2002 (A. S. n. 1838, recante “Nuove norme in
materia di difficoltà specifiche di apprendimento”) e uno alla Camera nel 2004 (A.
C. n. 5066, recante “Disposizioni in favore dei soggetti con difficoltà specifiche di
apprendimento”) e poi infine ancora al Senato nel 2007 (A. S. n. 1169, recante
“Nuove norme in materia di difficoltà specifiche d'apprendimento”), il cui iter non
terminò per effetto della fine anticipata della legislatura. Cfr G. ARCONZO, Il
diritto all’istruzione dei soggetti affetti da dislessia o da altro disturbo specifico
dell’apprendimento. Prime osservazioni in margine alla legge n. 170 del 2010, pag.
1, in
5
apprendimento (DSA)2. Si stima che sia interessata a questo disturbo
una percentuale tra il 3 e il 4,5% della popolazione in età evolutiva3
www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/.../0262_arconzo.pdf,
consultato il 14.07.2018
2 Legge 170 del 2010, art. 1, comma 1.
3 Cfr. Linee Guida Regione Toscana, pag. 2. Le Linee Guida della Regione
Toscana, adottate con Delibera della Giunta Regionale n. 1159/2012 (Linee guida
per la diagnosi e gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento) sono state
elaborate in ossequio alla Legge 170 del 2010 e del relativo decreto Ministeriale di
Attuazione (n. 5669 del 12 luglio 2011) e sono redatte da un gruppo di lavoro
regionale interistituzionale, al quale hanno partecipato rappresentanti della scuola,
dei servizi sanitari e dell’area istruzione della Regione Toscana, in conformità alle
previsioni dell’accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e
Bolzano e MIUR su “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione diagnostica dei
disturbi specifici di apprendimento” del 25/7/2012. Hanno come scopo di
uniformare le procedure diagnostiche, abilitative e di presa in carico nell’ambito
della Regione ma sono state prese come riferimento in questo studio – unitamente a
quelle emanate dal MIUR - per le indicazioni di portata generale che contengono (e
limitatamente ad esse) e per la completezza e il rigore della esposizione. Le Linee
Guida adottate dal Ministero, elaborate – come recita il testo - in base alle più
recenti conoscenze scientifiche, contengono indicazioni utili per realizzare
interventi didattici individualizzati e personalizzati, per utilizzare gli strumenti
compensativi e per applicare le misure dispensative. Indicano il livello essenziale
delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche e agli atenei per garantire il
diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA. Il documento presenta la
descrizione dei Disturbi Specifici di Apprendimento, amplia alcuni concetti
pedagogico-didattici ad essi connessi e illustra le modalità di valutazione per il
diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA nelle istituzioni scolastiche
e negli atenei. Un capitolo è poi dedicato ai compiti e ai ruoli assunti dai diversi
soggetti coinvolti nel processo di inclusione degli alunni e degli studenti con DSA:
uffici scolastici regionali, istituzioni scolastiche (dirigenti, docenti, alunni e
studenti), famiglie, atenei. L’ultimo è dedicato alla formazione. Le Linee Guida del
MIUR sono allegate al Decreto n. 5669 del 12 luglio 2011 del Ministro
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, attuativo delle Legge 170/2010. Il
decreto esplicita le indicazioni contenute nella Legge 170/2010 riguardo alle
modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, alle misure educative e
didattiche di supporto utili a sostenere il corretto processo di
insegnamento/apprendimento fin dalla scuola dell’infanzia, nonché alle forme di
verifica e di valutazione scolastica al fine di garantire il raggiungimento del
successo formativo degli alunni con diagnosi di DSA delle scuole di ogni ordine e
6
anche se questa sembra essere una valutazione piuttosto prudente,
poiché i dati frutto delle ultime ricerche suggeriscono che la frazione
di ragazzi con DSA possa essere ben oltre il 5%.4 Questo significa
che considerando una classe media di circa 25 alunni, almeno uno di
loro potrebbe avere un disturbo specifico dell’apprendimento.5
L’intervenuta consapevolezza della rilevanza del numero degli
alunni e degli studenti con DSA all’interno della scuola italiana è
sicuramente una delle ragioni che hanno indotto il legislatore ad
occuparsi di DSA, dopo che già alcune Regioni - negli anni
immediatamente precedenti alla approvazione della legge - si erano
interessate della materia. L’altra ragione è la grande mole di studi
scientifici sull’argomento, che hanno prodotto una sterminata
bibliografia, soprattutto nei paesi anglosassoni, e che hanno fatto in
modo di raggiungere sull’argomento risultati sufficientemente
condivisi e portato il problema all’attenzione dei pedagogisti e degli
operatori della scuola. E’ ormai un dato acquisito nel mondo
scientifico infatti, ratificato in Italia dalle indicazioni della
Consensus Conference del 20106, che i DSA abbiano un’origine
grado del sistema nazionale di istruzione, a partire dal primo ciclo di istruzione sino
all’Università.
4https://www.aiditalia.org/it/news-ed-eventi/news/quanti-sono-studenti-con-dsaitalia-dati-a-confronto, consultato il 14.07.2018
5 C. BACHMANN, I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) a scuola, in DSA
e Scuola: Risorse per l’apprendimento: Atti del primo convegno nazionale. a cura di
C. Bachmann, Lampi di Stampa, 2008, pag. 19
6 La Consensus Conference è una metodologia utilizzata per rispondere a quesiti
relativi all’efficacia, ai rischi e alle applicazioni cliniche di interventi biomedici o di
sanità pubblica, oggetto di specifiche controversie nella pratica clinica, orientandone
anche la ricerca futura. Si realizza attraverso la produzione di rapporti di valutazione
della letteratura scientifica, discussi da una “Giuria” composta da professionisti
sanitari e da altre figure professionali e sociali. Il modello delle Consensus
Conference (CC) è stato sviluppato negli USA da parte del National Institute of
Health (NIH) negli anni ’70, come metodo per affrontare problemi complessi
concernenti gli interventi sanitari e per orientare la ricerca. La CC intende definire
lo “stato dell’arte” rispetto ad uno specifico problema assistenziale, attraverso un
processo esplicito in cui le informazioni scientifiche vengono valutate e discusse da
una “Giuria”, composta non solo da professionisti sanitari, ma anche da altre
componenti professionali e sociali. La CC sui DSA si è svolta a Roma il 6 e 7
dicembre 2010 ed è stata pubblicata nel giugno del 2011.
7
neurobiologica cui si intrecciano fattori ambientali come la scuola, la
famiglia ed il contesto sociale, che contribuiscono a determinare il
fenotipo del disturbo e un maggiore o minore disadattamento del
soggetto rispetto al contesto7 e si presentano come un’atipia dello
sviluppo nell’ambito della quale è possibile la modificabilità del
quadro clinico.8 La complessità da cui trae origine il fenomeno,
tuttavia fa sì che la produzione normativa in materia, che sconta
comunque differenze non di poco conto tra i diversi Paesi in cui
esiste una normazione sui DSA, debba considerarsi “allo stato
dell’Arte” in ordine ai risultati che il mondo scientifico ha raggiunto.
E se accade, come nel caso dei DSA, che il decisore giuridico abbia
scelto di risolvere prescrittivamente una definizione scientifica,
trasformando in asserti giuridici “certi” una posizione sulla quale la
scienza ancora tuttavia si interroga, è inevitabile che il progresso
degli studi sui DSA, sulla loro origine e sulle ragioni per cui gli
stessi abbiano rilevanza diversa in ragione degli ambienti sociali in
cui maturano e dei singoli individui ai quali afferiscono, possano e
debbano determinare anche la modificazione nel tempo delle norme
che li riguardano, magari scontando l’inevitabile gap che esiste tra i
risultati scientifici e quello della normativizzazione degli stessi. A
ciò si aggiunga il rilievo che su questo tema assume il ruolo dei
pedagogisti, da cui la produzione normativa attinge a piene mani,
soprattutto quando indica - anche in questo caso in maniera
prescrittiva – i “modelli” a cui fare riferimento e che verranno
analizzati in questo studio in quanto e nella misura in cui – appunto
– sono ripresi e fatti propri dalle norme. Le ragioni che portano a
considerare le norme giuridiche che si occupano di DSA una
proiezione delle ricerche più avanzate che il mondo delle scienze
neuropsicologiche offre, devono necessariamente, per gli stessi
motivi, valere per le metodologie didattiche, che hanno individuato
gli strumenti in grado di consentire – ad oggi - agli alunni e agli
studenti con DSA di raggiungere un pieno traguardo formativo.
Anche in questo caso l’evoluzione degli studi pedagogici potrebbe
portare a delle soluzioni diverse e innovative che richiederanno al
7
8
8
Consensus Conference, cit. pag. 7
Linee Guida Regione Toscana, cit. pag. 2
produttore di norme di tenerne conto al fine di rendere più efficaci
gli strumenti che lo stesso ha a disposizione per indirizzare gli
operatori dell’istruzione nel difficile percorso di supporto ai portatori
di DSA e alle famiglie di comprendere e conoscere gli strumenti che
hanno a disposizioni per interagire con le istituzioni scolastiche e –
qualora sia necessario – garantire la tutela dei propri figli.
L’inevitabile intreccio tra produzione scientifica e produzione
normativa si consuma, oltre che in ambito definitorio, anche e
soprattutto nella individuazione dei soggetti con DSA. Le “Linee
Guida per la diagnosi e gestione dei Disturbi Specifici
dell’Apprendimento della Regione Toscana”, prese come riferimento
da questo studio – oltre a quelle del MIUR - per la completezza ed il
rigore con cui sono redatte e limitatamente alle indicazioni di portata
generale che contengono, facendo proprio riferimento agli studi più
recenti sulla materia (sono del 2012) individuano i soggetti con DSA
in quegli alunni e quegli studenti normodotati intellettivamente, che
hanno usufruito di una adeguata opportunità di apprendimento e non
presentano disturbi neuromotori o sensoriali o psicopatologici
preesistenti o problemi significativi alla sfera emotiva.9 Anche se
possono evidenziarsi a volte in concomitanza di competenze
cognitive in area limite (Quoziente Intellettivo-QI tra 70 e 85), i
DSA, secondo le Linee Guida della Regione Toscana, si presentano
generalmente in soggetti che, se messi nelle condizioni di sviluppare
stili di apprendimento specifici in grado di metterli nelle condizioni
di attenuare e/o compensare il disturbo, possono raggiungere gli
obiettivi di apprendimento previsti dalla classe frequentata.10 Altro
dato sufficientemente certo – come ribadisce la Consensus
Conference - è che la precocità degli interventi, a partire da una
diagnosi tempestiva e puntuale, è sempre più spesso considerata in
letteratura tra i fattori prognostici positivi.11 Il terzo aspetto da
prendere in considerazione e che assume rilievo dal punto di vista
dell’approccio ai DSA è la necessità della diffusione di prassi
cliniche condivise per la diagnosi, che prevedano l’utilizzo di
protocolli di valutazione basati su prove standardizzate a livello
9
Ibidem, pag. 3
Ibidem, pag. 2
11 Consensus Conference, cit, pag. 8
10
9
nazionale, così come di modalità di trattamento scientificamente
orientate. Ciò rileva non solo al fine di consentire un livello di
assistenza più efficace e omogeneo per i soggetti con DSA ma anche
per permettere la rilevazione nazionale delle necessità diagnostiche e
terapeutiche per questi disturbi (in termini di risorse umane ed
economiche) e l’avvio di un percorso di ricerca sistematico
sull’efficacia e l’efficienza degli interventi terapeutici nella
popolazione di lingua italiana. In estrema sintesi, quindi, è
ragionevole affermare che le norme sui soggetti con disturbi
specifici di apprendimento sono costruite tenendo conto di una
cornice fornita dai più recenti studi secondo cui i DSA:
- sono “disturbi specifici”, disturbi che interessano cioè uno
specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto
in soggetti in cui il funzionamento intellettivo generale rimane
intatto.12
- Sono altra cosa rispetto ai disturbi “non specifici di
apprendimento”, relativi ad una difficoltà di apprendimento
secondaria ad altri disturbi o deficit di tipo cognitivo e/o
psicopatologico e/o neurologico /sensoriale,13 o alle altre
difficoltà curriculari aspecifiche, connesse di solito a fattori
relativi al contesto familiare, ambientale e culturale dello
studente.14
- Sono un disturbo cronico, che permane per tutto il corso della
vita della persona interessata.
- Sono un disturbo la cui espressività si modifica in relazione
all’età e alle richieste ambientali: si manifestano cioè con
caratteristiche diverse nel corso dell’età evolutiva e delle fasi di
apprendimento scolastico, tant’è che i sintomi dei DSA appaiono
più marcati nella scuola primaria e secondaria di primo grado.
- Sono un disturbo che, se trattato con idonei strumenti
compensativi o dispensativi, non impedisce ai soggetti che ne
sono interessati di raggiungere gli obiettivi di apprendimento
previsti dalla classe frequentata soprattutto se si è in presenza di
una diagnosi precoce.
12
Consensus Conference, cit., pag 7
Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 3
14 Consensus Conference, cit. pag. 8
13
10
1.2 La dislessia nella previsione della Legge 170 del 2010.
Dislessia evolutiva e dislessia acquisita.
Lo stretto collegamento tra norme sui DSA e scienze
neuropsicologiche viene sottolineato ed esplicitato dalla legge 170
che si occupa dei DSA (Dislessia, disgrafia, disortografia e
discalculia) facendo riferimento – evidentemente - alle definizioni
fornite dalle scienze stesse, precisando – all’ultimo comma del
primo articolo – che nell'interpretazione delle definizioni date si
debba tener conto dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche in
materia. Il collegamento tra diritto e scienza, in questo caso, è a
doppio mandato: da una parte il decisore giuridico ha scelto di
risolvere prescrittivamente una definizione scientifica, facendo
propria quella che dei disturbi specifici di apprendimento dà la
scienza neurologica, dall’altra lascia “aperta” l’interpretazione di
queste definizioni, legandole alla evoluzione delle conoscenze
scientifiche in materia. La norma – così come concepita - non può
non destare perplessità: la prescrittività della definizione – che
presuppone la scelta da parte del legislatore di fare propria una
definizione alla quale la scienza neurologica è pervenuta in un dato
momento storico – mal si sposa con una possibile interpretazione
evolutiva della definizione stessa che, per come è strutturata, lascia
in verità pochi margini ad una interpretazione diversa da quella che
offre. Probabilmente, l’intenzione del legislatore era quella di
lasciare comunque “aperte” le definizioni dei disturbi specifici di
apprendimento in modo da consentire alla norma di adattarsi alla
evoluzione della cornice scientifica nella quale si inserisce. In questo
senso, sarebbe stato meglio, probabilmente, un riferimento puro e
semplice ai disturbi specifici di apprendimento evitando di fare
proprie le relative definizioni cristallizzandole in norme giuridiche.
Un rinvio tout court alle conoscenze scientifiche sul punto avrebbe
consentito all’interprete la possibilità di essere maggiormente
aderente al progredire delle conoscenze scientifiche in materia. La
definizione che il legislatore sceglie di offrire di dislessia è quella di
“un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà
nell'imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni
linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura” 15 e
15Legge
170 del 2010, art. 1 comma 2
11
si traduce in una minore correttezza e rapidità della lettura a voce
alta rispetto a quanto normalmente accade per età anagrafica, classe
frequentata e istruzione ricevuta. Le scienze neuropsicologiche
fanno riferimento, in questo caso, alla Dislessia evolutiva
distinguendo da questa la dislessia acquisita,16 che non rileva, o
rileva molto latamente, ai fini di questo studio. La differenziazione
tra i due tipi di dislessia riguarda l’epoca in cui insorge il disturbo di
interpretazione dell’ortografia. Nella dislessia acquisita un soggetto
che è in grado di leggere normalmente e con la velocità consueta e
solitamente diffusa, comincia a compiere errori oppure non riesce
più a riconoscere le parole con la stessa facilità. Di solito questo
accade a causa di eventi patologici che hanno determinato lesioni
nelle aree corticali che sono coinvolte nel processo di transcodifica.
La dislessia evolutiva si manifesta invece all’inizio del processo di
apprendimento della lettura.
1.3 La disgrafia e la disortografia
Il disturbo specifico di scrittura si definisce disgrafia o disortografia,
a seconda che interessi rispettivamente la grafia o l’ortografia.
Anche in questo caso la legge 170 risolve prescrittivamente una
definizione scientifica. In particolare, definisce la disgrafia come un
disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella
realizzazione grafica17 collegato al momento motorio-esecutivo della
prestazione;18 fa riferimento al controllo degli aspetti grafici,
formali, della scrittura manuale.19 La disortografia, di converso,
secondo la definizione fatta propria dalla norma, afferisce ad una
minore correttezza del testo scritto20 e viene descritta come un
disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei
processi linguistici di transcodifica,21 disturbo collegato ad un deficit
di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura:
16
G. STELLA, La dislessia. Quando un bambino non riesce a leggere, il Mulino,
2017, pag. 3
17 Legge 170 del 2010, art. 1 comma 3.
18 Linee Guida MIUR, cit. pag. 4
19 ibidem
20 ibidem
21 Legge 170 del 2010, art. 1 comma 4, ibidem
12
riguarda cioè l’utilizzo, in fase di scrittura, del codice linguistico in
quanto tale22 e concerne, quindi, il processo di trascrizione basato sul
meccanismo di conversione da suono (fonema) a segno (grafema) e
il riconoscimento di regole ortografiche che permettono la corretta
scrittura di parole con trascrizione ambigua.23 Entrambi i disturbi,
naturalmente, sono in rapporto all’età anagrafica dell’alunno.24 Per la
diagnosi di disortografia – secondo le Linee Guida della Regione
Toscana - è necessaria la presenza di un numero di errori ortografici
che si discostino per difetto di almeno due deviazioni standard
rispetto ai risultati medi dei bambini della stessa classe scolastica
(misurate attraverso batterie di test standardizzati) mentre per la
diagnosi di disgrafia è necessario analizzare l’assetto morfologico,
spaziale e la velocità della grafia.25
1.4 La discalculia
La discalculia viene definita dalla Legge 170 come un disturbo
specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del
calcolo e dell'elaborazione dei numeri.26 Riguarda l’abilità di
calcolo, sia nella componente dell’organizzazione della cognizione
numerica, sia in quella delle procedure esecutive e del calcolo. Nel
primo ambito – come specificato dalle Linee Guida del MIUR - la
discalculia interviene sugli elementi basali dell’abilità numerica: il
subitizing (o riconoscimento immediato di piccole quantità), i
meccanismi di quantificazione, la seriazione, la comparazione, le
strategie di composizione e scomposizione di quantità, le strategie di
calcolo a mente; nell’ambito procedurale, invece, la discalculia
rende difficoltose le procedure esecutive relative calcolo scritto: la
lettura e la scrittura dei numeri, l’incolonnamento, il recupero dei
fatti numerici e gli algoritmi del calcolo scritto vero e proprio.27 I
bambini possono cioè presentare difficoltà nell’uso dei numeri e
degli ordini di grandezza (codifica semantica del numero), nel
22
Linee Guida MIUR, cit., pag. 4
Linee Guida Regione Toscana, pag. 4
24 ibidem
25 Ibidem
26 Legge 170 del 2010, art. 1 comma 5.
27 Linee Guida MIUR, cit., pag. 4
23
13
conteggio, nella transcodifica di numeri (lettura, scrittura e
ripetizione di numeri), nella memorizzazione dei fatti numerici
(tabelline, somme e sottrazioni con risultato entro la decina),
nell’acquisizione delle procedure per lo svolgimento di calcoli
mentali e scritti (misurate attraverso batterie di test standardizzati).28
Come accade per i processi di comprensione del testo, sono escluse
da questa diagnosi le difficoltà nella soluzione dei problemi
matematici, così come stabilito dalla Consensus Conference del
201029, a ribadire la circostanza, già sottolineata in precedenza, che i
processi di comprensione, in questo caso dei problemi logico
matematici, non concorrono alla diagnosi dei DSA come non vi
concorrono quelli relativi alla comprensione di un testo, che semmai
possono essere rilevanti al fine della individuazione di problemi di
natura diversa.
1.5 La Comorbilità
I disturbi di cui abbiamo parlato possono sussistere separatamente o
insieme.30 In quest’ultimo caso danno luogo alla cosiddetta
comorbilità, che è l’ipotesi in cui, pur interessando abilità diverse, i
disturbi appena descritti possono coesistere in una stessa persona
ovvero cumularsi con altri disturbi di sviluppo, anche diversi dai
DSA (disturbi di linguaggio, disturbi di coordinazione motoria,
disturbi dell’attenzione) e/o con disturbi emotivi e del
comportamento.31 E’ evidente che, in questi casi, il disturbo
risultante è superiore alla somma delle singole difficoltà, poiché
ognuno dei disturbi implicati nella comorbilità influenza
negativamente lo sviluppo delle abilità complessive.
28
Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 4
Consensus Conference, cit., pag. 21
30 Legge 170 del 2010, art. 1 comma 6
31 Consensus Conference, cit. pag. 8
29
14
CAPITOLO II
LA DIAGNOSI DEI DSA. IL RUOLO DELLA SCUOLA
E DEI GENITORI
SOMMARIO – 2.1 Individuazione e segnalazione dei casi di DSA.
L’attività della scuola precedente e successiva alla diagnosi. - 2.2 La
funzione dei genitori. Il diritto dovere di garantire ai figli il pieno
successo formativo.
2.1 Individuazione e segnalazione dei casi di DSA. L’attività
della scuola precedente e successiva alla diagnosi.
La diagnosi è uno degli snodi cruciali del complesso rapporto tra le
istituzioni scolastiche e i soggetti con DSA. La Legge 170 stabilisce
che la stessa venga effettuata dal Servizio Sanitario Nazionale
attraverso i suoi ambiti specialistici ovvero, qualora questo non sia
possibile perché le ASL di appartenenza ne siano prive e ove le
Regioni di appartenenza lo prevedano, da specialisti o da strutture
accreditate. È comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza
dello studente.32 Se questo è un punto fermo della disciplina sui
DSA, può ritenersi altrettanto certo che la diagnosi è solo un
“passaggio” preceduto e seguito da un’attività della istituzione
scolastica pensata per rendere effettiva la tutela dell’alunno o dello
studente con DSA. Va chiarito che la individuazione e la
segnalazione dei casi di possibili DSA deve essere fatta dalle scuole
di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell'infanzia, che devono
attivare interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di
DSA tra gli alunni e gli studenti. Si tratta di una disposizione che –
come sostenuto da autorevole dottrina - rappresenta il passaggio
chiave della legge 170 del 2010. Non saranno infatti più i soli
famigliari degli studenti a doversi accorgere della possibile presenza
di DSA: nelle intenzioni del legislatore essi dovranno essere
32
Legge 170 del 2010, art. 3 comma 1
15
fattivamente aiutati dalle scuole.33 Le Linee Guida del MIUR
invitano gli insegnanti a puntare l’attenzione – per ciò che riguarda
la scrittura - su errori ricorrenti, che possono apparire comuni ed
essere frequenti in una fase di apprendimento o in una classe
precedente a quella frequentata, ma che devono essere un
campanello d’allarme nel caso si presentino a lungo ed in modo non
occasionale. Nei ragazzi più grandi invece potranno essere segnali
l’estrema difficoltà a controllare le regole ortografiche o la
punteggiatura. Per quanto concerne la lettura, possono essere
indicativi - secondo le Linee Guida - il permanere di una lettura
sillabica ben oltre la metà della prima classe primaria, la tendenza a
leggere la stessa parola in modi diversi nel medesimo brano, il
perdere frequentemente il segno o la riga. Il bambino dislessico
mostra fin da subito difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto, a
fissare le corrispondenze tra i segni grafici e i suoni e a riprodurle in
modo rapido e senza sforzo apparente.34 Proprio i possibili deficit
nella lettura di vocali e consonanti, di parole e non-parole35 e di
brani – come indicano le Linee Guida del MIUR - sono i segnali che
fin da subito possono aiutare a comprendere la presenza della
dislessia36 e appaiono di fondamentale importanza ai fini della
diagnosi o addirittura della prediagnosi, la cui tempestività – come
insegnano le scienze neuropsicologiche ed i pedagogisti – è
determinante ai fini di un intervento efficace sui soggetti con DSA,
al fine di accompagnarne positivamente il percorso scolastico.
Anche la velocità di lettura assume rilievo a questi fini.37 Quando un
docente osserva tali caratteristiche nelle prestazioni scolastiche di un
alunno deve predisporre specifiche attività di recupero e
potenziamento e, se anche a seguito di tali interventi, l’atipia
33
G. ARCONZO, op. cit., pag. 4
Ibidem, pag. 6.
35 Le non- parole sono stringhe di simboli ortografici, che non hanno un
corrispondente valore semantico (non hanno cioè alcun significato)
http://for.indire.it/dislessia/offerta_lo/lo/113/116.htm, consultato il 16.06.2018.
36Linee Guida MIUR, cit. pag.
37 Linee Guida Regione Toscana, cit. pag. 4
34
16
permane, sarà necessario comunicare alla famiglia – nelle modalità
che vedremo più avanti - quanto riscontrato, consigliandole di
ricorrere ad uno specialista per accertare la presenza o meno di un
disturbo specifico di apprendimento.38 Alla segnalazione deve
seguire, sempre, la diagnosi da parte delle strutture specializzate
della ASL poiché, ovviamente, la segnalazione da parte della scuola
– come detto in precedenza - non costituisce essa stessa una diagnosi
di DSA39. In ogni caso, sulla base delle indicazioni fornite dalle
scienze neuropsicologiche e dalla pedagogia, le norme prevedono
che la diagnosi di dislessia e disortografia debba essere formulata
non prima della fine del II anno del primo ciclo di istruzione, mentre
per la diagnosi di discalculia e disgrafia è necessario aspettare il
termine del terzo anno.40 In realtà, la letteratura scientifica
suggerisce che i primi segnali della presenza di DSA possono
cogliersi già nei primi tre anni di vita. I bambini con Dislessia spesso
hanno avuto difficoltà di linguaggio già a partire dal terzo anno: può
trattarsi di bambini che hanno imparato a parlare tardi, intorno ai due
anni, o che usano un linguaggio molto scarno, oppure hanno
manifestato difficoltà nella pronuncia di alcune parole o di alcune
sillabe o hanno cominciato e continuato ad usare frasi dal costrutto
non del tutto corretto. Il contesto scolastico, quindi, non fa che
mettere in luce problematiche già presenti. In effetti, se il bambino
non venisse in contatto con un ambiente in cui il linguaggio scritto e
quello orale costituiscono allo stesso tempo lo strumento e l’oggetto
principale di apprendimento, il suo disagio e le sue problematiche si
configurerebbero in maniera meno “forte”.41 Ma effettuare la
diagnosi nei tempi giusti, e cioè dopo un periodo di inserimento in
percorsi scolastici e almeno a partire dal II anno della scuola
primaria, come appena sottolineato, ha lo scopo di evitare falsi
positivi (soggetti a cui viene diagnosticato un DSA, spiegabile
invece con la condizioni etnica o culturale) e di escludere i casi di
38
Linee Guida MIUR, cit., pag. 5
Legge 170 del 2010, art. 3 comma 3
40 Linee guida Regione Toscana, cit. pag. 3
41 https://www.tuttodsa.it/dislessia.html, consultato il 12.06.2018
39
17
ritardo o rallentamento di acquisizione di apprendimenti 42 ovvero
escludere falsi negativi (DSA non diagnosticati a causa della propria
appartenenza), soprattutto nelle situazioni etnico culturali particolari,
come l’adozione o l’immigrazione.43 A tal proposito, gli studiosi più
avveduti suggeriscono trai criteri più efficaci per stabilire la diagnosi
di DSA quello della “discrepanza” tra le abilità facenti parte del
dominio specifico interessato, che risultano essere deficitarie in
rapporto alle attese per l’età e la classe frequentata, e l’intelligenza
generale del soggetto in esame, adeguata invece all’età
cronologica).44 E’ importante sottolineare infatti – proprio ai fini
della corretta individuazioni dei segnali di DSA – che il soggetto che
ne è affetto non incontra problemi a far proprio il significato di una
frase o di un testo, ma piuttosto stenta a riconoscere i segni
ortografici, ad applicare le regole di conversione dei segni grafici in
suoni e a ricostruire le stringhe di suoi in parole del lessico.45 E’
difficile, di solito, comprendere come ci possa essere distinzione tra
l’attività di decodifica di un testo e il processo di comprensione dello
stesso. Normalmente, infatti, quando un individuo legge un testo ha
l’impressione di accedere direttamente al suo significato senza
dedicare alcuno sforzo all’attività di interpretazione dell’ortografia.
Invece esiste una “separatezza” tra il processo interpretativo
dell’ortografia e quello di decodifica e la distinzione tra l’uno e
l’altro emerge in tutta la sua evidenza proprio nei soggetti dislessici,
che non hanno difficoltà nel processo interpretativo ma
esclusivamente nelle attività di decodifica del testo.46 Per questa
ragione in letteratura si preferisce a volte definire la dislessia come
“disturbo di decodifica” proprio per il fatto che esso riguarda il
transito dal codice scritto al codice linguistico e viceversa.47
42
Linee guida Regione Toscana, ibidem.
C. BACHMAN, op. cit., pag. 16
44 Ibidem
45 Ibidem pag. 4-5
46 Ibidem, pag. 5
47 M. MARTONE, I DSA e le nuove tecnologie, Youcaprint self – Publishing,
Tricase, edizione digitale, 2016, pag. 6
43
18
L’obbligo per la scuola di segnalare eventuali atipie nel processo di
apprendimento è pensato per consentire a tutti i bambini in relazione
ai quali le scuole sospettano la presenza di DSA – compresi i figli di
quei genitori che, per le più svariate ragioni, non hanno gli strumenti
o le conoscenze per intuire che eventuali difficoltà scolastiche
possano essere causate proprio da un DSA – di poter
immediatamente usufruire delle iniziative volte al pieno ed effettivo
godimento del diritto allo studio,48 posto che è ormai
scientificamente accertata l’utilità di avviare interventi di recupero
anche quando non si ha ancora una diagnosi, ma esiste solo la
determinazione di un livello di rischio. Ad esso si accompagna,
infatti, l’obbligo di predisporre, ancor prima che intervenga una
diagnosi che ufficializzi la presenza di DSA, adeguati interventi
didattici da parte delle istituzioni scolastiche, come può evincersi
agevolmente da una attenta lettura del comma 2 dell’art. 3 della
Legge 170, laddove si prevede che “per gli studenti che, nonostante
adeguate attività di recupero didattico mirato, presentano persistenti
difficoltà, la scuola trasmette apposita comunicazione alla famiglia”.
La collocazione di questa disposizione dopo il comma dedicato alla
diagnosi potrebbe anche indurre l’interprete a considerare che le
scuole siano obbligate ad attivare le “adeguate attività di recupero”
solo dopo che sia intervenuta una diagnosi di DSA. Un’analisi
sistematica dell’intera norma, anche sulla base del testo originario
del disegno di legge, sembra tuttavia far propendere per la
correttezza della tesi secondo cui le scuole debbano attivarsi sia per
la individuazione precoce di possibili situazioni di DSA sia per
l’attivazione dei percorsi di recupero didattico “pre-diagnosi” in
favore di quegli studenti che potrebbero essere affetti da DSA.49
Questa indicazione è rafforzata dalla successiva emanazione della
circolare ministeriale n. 8 del 2013 che pone l’attenzione sugli alunni
in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura privata
48
Legge 170 del 2010, art. 3 comma 1
G. ARCONZO, op. cit. pag. 4.
49 Legge 170 del 2010, art. 3 comma 1
49 G. ARCONZO G., op. cit. pag. 4.
48
19
ai quali le strutture sanitarie pubbliche o accreditate non abbiano
ancora rilasciato la relativa certificazione, circolare con la quale si
raccomanda “di adottare preventivamente le misure previste dalla
Legge 170/2010 qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti
della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di
considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente
riconducibili al disturbo”. Ciò, al fine di evitare che “alunni già
sottoposti ad accertamenti diagnostici nei primi mesi di scuola che,
riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad ottenere la
certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente
avrebbero diritto”. In casi di questo tipo, il Ministero raccomanda
“di superare e risolvere le difficoltà legate ai tempi di rilascio delle
certificazioni (in molti casi superiori ai sei mesi) adottando
comunque un piano didattico individualizzato e personalizzato
nonché tutte le misure che le esigenze educative riscontrate
richiedono”. 50 Questa interpretazione della norma, tuttavia, non
esclude, anzi suggerisce – anche in virtù della sua collocazione
all’interno dell’articolato, di considerare che le scuole sono obbligate
ad attivare le “adeguate attività di recupero” anche dopo che sia
intervenuta una diagnosi di DSA. La ratio della previsione, quindi,
vuole che le istituzioni scolastiche abbiano una costante attenzione
per l’alunno e lo studente, che assume all’interno della legge un
ruolo centrale. È in funzione del soggetto affetto da disturbi specifici
di apprendimento che le istituzioni scolastiche sono chiamate:
- ad effettuare immediatamente – quando vi è un sospetto di DSA
- le verifiche e a seguito di esse le segnalazioni alla famiglia in
modo tempestivo, sì da favorire una diagnosi per quanto è
possibile precoce dei disturbi;
- ad intervenire sul piano didattico con apposite attività di
potenziamento mirato non appena vi siano i primi segnali di
DSA e prima che la diagnosi sia formalizzata e consegnata dalla
famiglia alla scuola;
50
http://3.flcgil.stgy.it/files/pdf/20130611/circolare-ministeriale-8-del-6-marzo2013-strumenti-di-intervento-per-gli-alunni-con-bisogni-educativi-speciali-bes.pdf,
pag. 3, consultato il 22.07.2018
20
-
-
a predisporre il PDP quando vi sia una diagnosi, ancorché la
stessa provenga da strutture private, in considerazione non solo
dei tempi di consegna della diagnosi alle famiglie da parte del
servizio pubblico, ma anche in considerazione dei tempi di attesa
per effettuare la visita specialistica finalizzata alla diagnosi, in
modo che i tempi troppo lunghi a cui il più delle volte costringe
il Servizio Sanitario Nazionale non si traduca in una
ingiustificata penalizzazione dei soggetti con DSA, atteso che il
PDP deve essere approvato – secondo le norme – entro tre mesi
dall’inizio dell’anno scolastico.
a verificare, una volta che le misure previste dal PDP siano
andate a regime, che le stesse rispondano adeguatamente ai
bisogni dell’alunno o dello studente e - se del caso – a
modificarle.
2.2 La funzione dei genitori. Il diritto dovere di garantire ai figli
il pieno successo formativo.
Se è la scuola – grazie al lavoro di osservazione degli insegnanti – la
prima a dover cogliere i segnali di possibili DSA e a informarne la
famiglia, i genitori che per primi dovessero avvedersi delle difficoltà
del proprio figlio o della propria figlia devono segnalarlo
all’istituzione scolastica, sollecitandola ad un periodo di
osservazione.51 La famiglia – come si è appena ricordato - è in ogni
caso informata dalla scuola della esistenza di persistenti difficoltà
dell’alunno o dello studente nonostante adeguate attività recupero
didattico mirato.52 La famiglia, in una fase successiva, provvede, di
propria iniziativa o su segnalazione del pediatra - di libera scelta o
della scuola - a far valutare l’alunno o lo studente secondo le
modalità previste dall’Art. 3 della Legge 170/2010 53 e consegna alla
scuola la relativa diagnosi. La delicata fase di riconoscimento dei
sintomi di DSA, che culminerà poi con la diagnosi da parte del
Servizio Sanitario Nazionale, prevista dalle norme sui Disturbi
specifici di apprendimento, afferisce direttamente con il diritto 51
Linee Guida MIUR, cit, pag. 24
Legge 170 del 2010 art 3 comma 2
53 Linee Guida MIUR, ivi.
52
21
dovere che la Costituzione assegna ai genitori di istruire ed educare i
propri figli. Non vi è dubbio, infatti, che una corretta interpretazione
dell’art. 30 Cost. sottenda anche il diritto – dovere dei genitori a
perseguire, per i propri figli, il pieno successo formativo. Per questo
motivo, segnalando all’istituzione scolastica la presenza di un
possibile DSA nel proprio figlio e/o raccogliendo l’indicazione della
scuola ad effettuare la diagnosi, i genitori non fanno altro che
esercitare un dovere che la Costituzione assegna loro ed esercitare –
di conseguenza – un diritto costituzionalmente tutelato, poiché la
loro attività è finalizzata a porre in essere quelle condizioni
propedeutiche ad ottenere per l’alunno o lo studente il pieno
successo formativo, in aderenza alla finalità ultima dell’art. 30 Cost.
Non vi è dubbio alcuno, analogamente, che la scuola – pubblica o
privata – che è lo strumento previsto dall’art. 33 Cost. attraverso il
quale i genitori esercitano di regola il diritto – dovere ad istruire i
propri figli, deve fare in modo che le aspettative, costituzionalmente
tutelate, dei genitori ad un pieno successo formativo dei propri figli
debbano trovare pieno accoglimento. Per queste ragioni il rapporto
tra genitori ed istituzione scolastica, che trova una sua peculiare
connotazione nel dovere per la scuola di informare sulla crescita e
l’andamento scolastico degli alunni e nel diritto dei genitori di
conoscere e condividere le scelte organizzative e didattiche operate
all’interno di essa dai docenti, anche attraverso gli organismi
collegiali ai quali genitori e insegnanti partecipano, deve diventare
ancora più stringente quando si parla di soggetti con DSA. Il dettato
costituzionale viene attuato infatti non solo facendo in modo che
all’alunno e allo studente siano date tutte le opportunità perché possa
formarsi nella maniera migliore, in aderenza alle sue possibilità, ma,
ancor prima, facendo sì che si creino le pre-condizioni perché questo
possa avvenire: un alunno con Disturbi specifici di apprendimento
che non vengano segnalati e non vengano diagnosticati, al quale non
venga data, quindi, l’opportunità di usufruire di tutto quanto la
normativa in materia prevede, non sarà mai posto nelle condizioni di
raggiungere il pieno successo formativo e anzi, nei casi più gravi,
non sarà posto nelle condizioni di completare nemmeno gli studi.
Per questo, la fase propedeutica alla diagnosi assume un rilievo
particolare nel percorso di un soggetto con DSA: non riconoscerne i
sintomi e quindi non attivarsi in suo aiuto o non farlo in maniera
22
tempestiva potrebbe rivelarsi un vulnus non facilmente superabile
non solo per la sua carriera scolastica, ma per il corso della sua
intera vita. Non può non rilevarsi – al proposito - come i DSA siano
attualmente sotto diagnosticati, riconosciuti tardivamente o confusi
con altri disturbi, anche se, nel contempo, sono in aumento le prove
scientifiche sull’efficacia della presa in carico e degli interventi
riabilitativi nella riduzione dell’entità del disturbo e/o nel
rendimento scolastico (misura del funzionamento adattivo in età
evolutiva), nonché nella prognosi complessiva (psichiatrica e
sociale) a lungo termine.54
54
Ibidem, pag. 8
23
CAPITOLO III
LA DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA E
PERSONALIZZATA. IL PIANO DIDATTICO
PERSONALIZZATO. LE MISURE DISPENSATIVE E
GLI STRUMENTI COMPENSATIVI. L’AUSILIO IN
CLASSE
SOMMARIO – 3.1 Il Piano didattico Personalizzato. Il ruolo del
Consiglio di Classe. La didattica individualizzata e personalizzata. –
3.2 Il ruolo dei genitori. La partecipazione al processo di
elaborazione del PDP. La formazione delle famiglie di alunni e
studenti con DSA. - 3.3 Le strategie didattiche nella scuola primaria
e in quella secondaria di primo e secondo grado. a. La scuola
primaria. b. La scuola secondaria di I e di II grado – 3.4 Gli
strumenti compensativi e le misure dispensative. a. Gli strumenti
compensativi b. Le misure dispensative – 3.5 L’apprendimento delle
lingue straniere. Dispensa dalle prove scritte ed esonero dallo studio
delle lingue straniere. Ipotesi e conseguenze. – 3.6 Modalità e
finalità di attuazione delle strategie didattiche personalizzate: dal
raggiungimento del pieno successo formativo al contrasto alla
dispersione scolastica. 3.7 L’ausilio in classe. L’assenza di un
insegnante di supporto all’alunno o allo studente con DSA.
3.1 Il Piano didattico Personalizzato. Il ruolo del Consiglio di
Classe. La didattica individualizzata e personalizzata.
La stesura del Piano didattico personalizzato è di competenza del
consiglio di classe e non richiede la partecipazione vincolante e la
sottoscrizione (come avviene invece per il Progetto Educativo
Individualizzato, il PEI) di operatori socio-sanitari. Il PDP deve
contenere almeno le seguenti indicazioni:
- dati anagrafici
- descrizione del funzionamento delle abilità strumentali (lettura,
scrittura, calcolo)
24
- attività didattiche personalizzate (per ciascuna disciplina
interessata)
- strumenti compensativi
- misure dispensative
- patto con la famiglia
- forme di verifica e valutazione personalizzate.
E’ lo strumento con il quale la scuola predispone una didattica
personalizzata per l’alunno o lo studente con DSA mediante
l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di
apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché
misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della
qualità dei concetti da apprendere.55 Se la didattica
“individualizzata” – come suggeriscono le Linee Guida del MIUR è quella calibrata sul singolo, anziché sulla intera classe o sul piccolo
gruppo, quella “personalizzata” è rivolta ad un particolare discente.
In particolare, l’azione formativa individualizzata pone obiettivi
comuni per tutti i componenti del gruppo-classe, ma è concepita
adattando le metodologie didattiche in funzione delle caratteristiche
individuali dei discenti, con l’obiettivo di assicurare a tutti il
conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo, ma
comportando attenzione alle differenze individuali. Si concretizza,
cioè, nelle attività di recupero individuale che può svolgere l’alunno
per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche
competenze, anche nell’ambito delle strategie compensative e del
metodo di studio, attività che possono essere realizzate nelle fasi di
lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo
tutte le forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla
normativa vigente.56 L’azione formativa personalizzata, invece, si
pone in più l’obiettivo di dare a ciascun alunno l’opportunità di
sviluppare al meglio le proprie potenzialità, essendo strettamente
legata a quella specifica ed unica persona dello studente a cui ci si
rivolge. La didattica personalizzata, quindi, anche sulla base di
55
56
Legge 170 del 2010, art. 5 comma 2
Linee Guida MIUR, cit, pag. 6
25
quanto indicato nella Legge 53/200357 e nel Decreto legislativo
59/200458, calibra l’offerta didattica sulla specificità ed unicità a
livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni
della classe, considerando le differenze individuali soprattutto sotto
il profilo qualitativo, in modo da favorire l’inclusione, la
partecipazione e la comunicazione con l’alunno e l’accrescimento
dei punti di forza di ciascuno, lo sviluppo consapevole delle sue
‘preferenze’ e del suo talento, attraverso l’impiego di una varietà di
metodologie e strategie didattiche come l’uso dei mediatori didattici
(schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di
apprendimento, la calibrazione degli interventi sulla base dei livelli
raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento
significativo.59 La sinergia fra didattica individualizzata e
personalizzata determina dunque, per l’alunno e lo studente con
DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli
obiettivi di apprendimento60 ed è lo strumento per garantire la
realizzazione del diritto allo studio, insieme all’adozione degli
strumenti compensativi e delle misure dispensative, anch’esse
determinanti per il raggiungimento del successo formativo degli
alunni con DSA.61 E’ evidente come siffatto approccio didattico
tenga conto, seppure in maniera non esaustiva, del modello di
inclusione suggerito dall’ICF 62 finalizzato, per il mondo della
57
LEGGE 28 marzo 2003, n.53. Delega al Governo per la definizione delle norme
generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di
istruzione e formazione professionale.
58 DECRETO LEGISLATIVO 19 febbraio 2004, n.59. Definizione delle norme
generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma
dell'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53.
59 Linee Guida MIUR, cit. pag. 6
60 Ibidem
61 Ibidem
62 L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha elaborato nel 2001, con la
partecipazione di 192 Paesi tra cui l’Italia, uno strumento di classificazione che
analizza e descrive la disabilità come esperienza umana che tutti possono
sperimentare. Tale strumento, denominato ICF (Classificazione Internazionale del
Funzionamento, della Disabilità e della Salute) propone un approccio all’individuo
normodotato e diversamente abile dalla portata innovativa e multidisciplinare e si
delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle
26
scuola, a realizzare interventi educativi realmente inclusivi nella
misura in cui aiuta a recuperare la valenza ontologica della persona
in quanto essere umano e far emergere la consapevolezza che i
bisogni educativi speciali delle persone non vanno sottolineati in
quanto le rendono differenti dagli altri, ma, piuttosto, in quanto
richiedono di pensare e organizzare in modo diverso le prassi
educative per rispondere alle loro necessità. In quest’ottica l’ICF
aiuta a realizzare il processo educativo di inclusione come momento
di valorizzazione della ricchezza umana.63
3.2 Il ruolo dei genitori. La partecipazione al processo di
elaborazione del PDP. La formazione delle famiglie di alunni
e studenti con DSA.
Dal momento in cui viene consegnata la diagnosi all’istituzione
scolastica si apre un percorso in cui ai Genitori è richiesto di
condividere le linee elaborate nella predisposizione dei percorsi
didattici individualizzati e personalizzati e di formalizzare con la
scuola un patto educativo/formativo che preveda l’autorizzazione a
tutti i docenti del Consiglio di Classe - nel rispetto della privacy e
della riservatezza del caso - ad applicare ogni strumento
compensativo e le strategie dispensative ritenute idonee, previste
dalla normativa vigente, tenuto conto delle risorse disponibili.
Appare indubbio che la condivisione degli indirizzi elaborati nel
PDP e il patto educativo previsto dalle Linee Guida del MIUR
presuppongano l’adesione alle scelte operate dal corpo docente non
solo riguardo alla individuazione della tipologia del disturbo, ma
persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine
di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono
causare disabilità, arrivando alla definizione di disabilità intesa come una
condizione di salute in un ambiente sfavorevole. (Cfr F. FERRARESI, In
http://www.educare.it/Handicap/la_classificazione_icf.htm#autore, consultato il
25.01.2019
e
anche
https://www.reteclassificazioni.it/portal_main.php?portal_view=public_custom_pag
e&id=25, consultato il 25.01.2019
63
Cfr http://www.didatticaermeneutica.it/superato-il-concetto-di-guerra-giusta/,
consultato il 25.01.2019.
27
anche alle attività didattiche individualizzate e personalizzate, agli
strumenti compensativi utilizzati e alle misure dispensative adottate
ed infine alle forme di verifica e di valutazione personalizzate che
saranno usate nel corso dell’anno scolastico.64 Tuttavia detta
adesione, che una interpretazione letterale della norma potrebbe pure
far intendere come la necessità di una accettazione acritica da parte
della famiglia delle scelte operate dal personale docente, deve più
correttamente intendersi come un processo di formazione di volontà
da parte della istituzione scolastica alla quale la famiglia può
concorrere. Dalla lettura delle Linee Guida del MIUR si inferisce
infatti che la famiglia ha la possibilità di intervenire attivamente
nella predisposizione della documentazione del PDP: non solo il
rapporto tra scuola e famiglia è giudicato dalla norma in questo caso
“fondamentale”, ma è previsto che la famiglia possa comunicare alla
scuola eventuali osservazioni su esperienze sviluppate dallo studente
anche autonomamente o attraverso percorsi extrascolastici, in modo
che le stesse vengano recepite nel PDP e contribuiscano al
raggiungimento del pieno successo formativo dell’alunno e dello
studente.65 Analogamente, la scelta di usare strumenti compensativi
e misure dispensative – e quali usare – che è per l’appunto la
sostanza del “patto educativo-formativo” tra scuola e famiglia,
presuppone la possibilità, per la famiglia, di manifestare il consenso
a formalizzare detto patto esercitando una scelta consapevole e di
volontà che le permetta di ingerirsi anche nella scelta degli stessi,
condividendo il giudizio su quelli ritenuti più idonei ad aiutare lo
studente a superare le difficoltà che possono frenarne il pieno
successo scolastico. Solo una piena condivisione delle scelte
metodologico-didattiche può consentire alla famiglia di sostenere la
motivazione e l’impegno dell’alunno o dello studente nel lavoro
scolastico e domestico, di verificare regolarmente lo svolgimento dei
compiti assegnati, di verificare che vengano portati a scuola i
materiali richiesti, di incoraggiare l’acquisizione di un sempre
64
65
Linee Guida MIUR, cit. pag. 8
Linee Guida MIUR, cit. pag. 24
28
maggiore grado di autonomia nella gestione dei tempi di studio,
dell’impegno scolastico e delle relazioni con i docenti, di
considerare non soltanto il significato valutativo, ma anche
formativo delle singole discipline. Una condivisione delle scelte
metodologico – didattiche non implica tuttavia abdicazione della
Scuola rispetto alle sue prerogative e alle sue responsabilità e che di
converso sia tenuta ad adottare sempre le soluzioni prospettate dalla
famiglia, quando quest’ultima decida di proporle. Quello che le
norme propongono è innanzitutto un “metodo” che è fondato sulla
opportunità di coinvolgere nelle proprie scelte la famiglia e di
ascoltarne le indicazioni e che impone tuttavia, dal punto di vista
della legittimità, e quindi della conformità alla legge della propria
azione, di tener conto delle indicazioni dei genitori dell’alunno o
dello studente e nel conseguente obbligo di esplicitare, nel corpo del
PDP o dell’atto di approvazione di questo, l’iter logico che abbia
portato a determinate soluzioni e nel motivare adeguatamente circa
le ragioni per cui si sia, eventualmente, ritenuto di non accogliere le
soluzioni prospettate dalla famiglia.66 A rafforzare questa
impostazione sovviene la giurisprudenza dei TAR (TAR Lazio,
sentenza n. 1211/2014) che “sanziona” i genitori che lamentano che
la propria figlia sia stata respinta ma non abbiamo mai contestato le
strategie adottate o l’inadeguatezza degli strumenti predisposti dal
Consiglio di Classe. Può darsi il caso che la famiglia non sia
d’accordo con le scelte operate nel PDP e che addirittura non sia
d’accordo con la predisposizione dello stesso PDP. In questo caso –
come si avrà modo di verificare più approfonditamente nell’ultima
parte di questo studio - una lettura complessiva della norma
imporrebbe alla scuola – e per essa al Consiglio di Classe, che ha il
compito di redigere il PDP – di procedere ugualmente alla stesura
dello stesso e alla sua applicazione, verbalizzando le motivazioni che
hanno spinto la famiglia a non condividerne la stesura o il contenuto.
Le norme sui DSA, infatti, per la loro natura pubblicistica e per le
66
DSA, diritti negati? a cura della Associazione Italiana Dislessia, in
http://www.icrodarisoveria.gov.it/attachments/article/883/RISCHI%20DIFFORMIT
A'2.pdf, consultato il 16.09.2018
29
finalità che perseguono, devono considerarsi inderogabili e la loro
applicazione – che, come si dirà dopo - discende direttamente da un
obbligo dettato dalla Costituzione – non può ritenersi rimessa al
negoziato tra le parti, ancorché una di esse sia rappresentata dai
genitori. Il rapporto tra scuola e famiglie degli alunni con DSA
riveste, quindi, una importanza particolare. Le famiglie, soprattutto
nel primo periodo di approccio dei figli con la scuola primaria, sono
poste di fronte all’incertezza provocata per lo più da difficoltà
inattese, che rischiano di compromettere il sereno svolgimento
dell'iter scolastico da parte dei loro figli. Hanno pertanto la necessità
di essere opportunamente guidate alla conoscenza del problema non
solo in ordine ai possibili sviluppi dell'esperienza scolastica, ma
anche informate con professionalità e costanza sulle strategie
didattiche che di volta in volta la scuola progetta per un
apprendimento quanto più possibile sereno e inclusivo, sulle
verifiche e sui risultati attesi e ottenuti, su possibili ricalibrature dei
percorsi posti in essere. Sulla scorta di tali necessità, le istituzioni
scolastiche dovrebbero predisporre incontri con le famiglie coinvolte
a cadenza mensile o bimestrale, a seconda delle opportunità e delle
singole situazioni in esame, affinché l'operato dei docenti risulti
conosciuto, condiviso e, ove necessario, coordinato con l'azione
educativa della famiglia stessa. In questo modo, inoltre, è dato alla
famiglia di poter intervenire ulteriormente e di suggerire – anche alla
luce delle esperienze maturate nell’aiuto quotidiano prestato in
favore del ragazzo con DSA – i possibili correttivi da usare nella
didattica personalizzata in suo favore. La funzione educativa che la
famiglia esercita, infatti, è essenziale poiché gli stessi strumenti
compensativi e le stesse misure dispensative usate in classe devono
poter essere usate durante lo svolgimento dei compiti in casa perché
altrimenti si assisterebbe ad una ingiustificabile dicotomia tra quella
che è la strategia educativa individuata dalla scuola e messa in atto
durante le lezioni rispetto a quello che l’allievo deve fare nel proprio
domicilio – che per lo più riguarda lo studio – con le stesse
metodologie usate in classe - delle materie già spiegate a scuola –
che non permetterebbe al ragazzo di portare a termine con efficacia
30
quanto programmato a lezione. Di converso, le difficoltà incontrate
dai genitori che abbiano la possibilità di seguire il proprio figlio
durante i compiti e le strategie che gli stessi abbiano individuato e
ritenuto utili per favorire il processo di apprendimento possono
essere comunicate, durante gli incontri periodici con gli insegnanti,
affinché possano costituire uno strumento valido di discussione e di
confronto con il personale docente ed essere dallo stesso tenuto
presente al fine di migliorare il processo di apprendimento
dell’alunno o dell’allievo. Da questo punto di vista, la mancanza sia
nella legge che nelle Linee Guida di un riferimento alla necessità –
opportunità di predisporre anche per i genitori di soggetti con DSA
un utile percorso di formazione in grado di fornire loro gli strumenti
utili a seguire al meglio i propri figli deve essere considerata una
lacuna grave che tuttavia potrebbe essere colmata dall’attività dei
singoli istituti scolastici. Gli stessi, nella propria autonomia,
potrebbero attivare, unitamente ai percorsi formativi per i propri
docenti – che invece sono obbligatori - anche attività di supporto ai
genitori che in questo modo sarebbero messi nelle condizioni di
approcciarsi in maniera adeguata ai propri figli ed essere in grado di
fornire – attraverso una conoscenza più approfondita del fenomeno
– anche un supporto più adeguato agli stessi docenti con i quali,
secondo le Linee Guida, sono chiamati a collaborare. In questo
modo si permetterebbe di valorizzare anche la disposizione della
Legge 170 che prevede – tra l’altro incomprensibilmente limitandola
ai soli genitori di alunni del primo ciclo di istruzione – la possibilità
di usufruire di orari di lavoro flessibili purché questo non comporti
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Una
disposizione che, unitamente alle norme previste dalla legge di
bilancio del 2108, che prevedono la detrazione dall’imposta lorda di
un importo pari al 19 per cento delle spese sostenute in favore di
minori o di maggiori di età con diagnosi di DSA fino al
completamento della scuola secondaria di secondo grado per
l'acquisto di strumenti compensativi e di sussidi tecnici e
31
informatici necessari all'apprendimento,67 è l’unica disposizione
prevista dalle norme a beneficio dei genitori di soggetti con Disturbi
specifici di apprendimento. Anche questa deve essere stigmatizzata
come una grave lacuna del sistema normativo. Il fatto che i DSA non
siano qualificati come handicap in senso stretto non avrebbe dovuto
esimere il legislatore, infatti, dall’emanare norme a supporto dei
genitori - per i quali l’impegno a casa può essere in alcuni casi
notevolissimo, come riconosciuto del resto dalle Linee Guida analoghe a quelle previste dalla legge 104 in favore dei parenti più
prossimi dei disabili. Certo per funzioni diverse, di supporto alle
necessità di natura intellettuale (lo studio in casa) ma altrettanto
onerose in termini di tempo. Analogamente, manca la previsione di
67 La legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017 n. 205) prevede al comma
665 lettera a dell’art. 1 una modificazione al Testo unico delle imposte sui Redditi
(DPR 22 dicembre 1986, n. 917) introducendo all’art. 15, al comma 1, dopo la
lettera e-bis, una disposizione (lettera e-ter) che prevede la detrazione dall’imposta
lorda un importo pari al 19 per cento delle spese sostenute in favore di minori o di
maggiorenni con diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento fino al
completamento della scuola secondaria di secondo grado per l'acquisto di
strumenti compensativi e di sussidi tecnici e informatici, di cui alla legge 8
ottobre 2010, n. 170, necessari all'apprendimento, nonché per l'uso di strumenti
compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi
graduali di apprendimento delle lingue straniere, in presenza di un certificato
medico che attesti il collegamento funzionale tra i sussidi e gli strumenti
acquistati e il tipo di disturbo dell'apprendimento diagnosticato. Con il
Provvedimento n. 75067 del 6 aprile 2018 il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha
comunicato le modalità per la fruizione della detrazione del 19 per cento in
attuazione della norma suddetta, stabilendo che il certificato medico deve essere
rilasciato dal Servizio sanitario nazionale, da specialisti o strutture accreditate, ai
sensi dell'art. 3, comma 1, della Legge 8 ottobre 2010 n. 170, e deve attestare per sé
ovvero per il proprio familiare, nel caso in cui la spesa è sostenuta nell'interesse di
un familiare a carico, la diagnosi di DSA e il collegamento funzionale tra i sussidi e
gli strumenti compensativi e il tipo di disturbo dell'apprendimento diagnosticato, per
i quali è necessaria una prescrizione autorizzativa rilasciata da un medico
specialista. Non vi sono altre forme di provvidenze previste dalla legge, come per
esempio l’assegno di frequenza, che, come si è avuto modo di vedere in precedenza,
trova la sua fonte nella legge 289 del 1990 e che la Giurisprudenza ha applicato
anche ai DSA in alcuni casi particolari.
32
qualsiasi tipo di contributo a sostegno delle famiglie con DSA le
quali devono per la maggior parte affrontare delle spese a volte
onerose per l’acquisto dei supporti informatici necessari a garantire
il pieno successo formativo dei ragazzi. Non si comprende, infatti, la
dicotomia tra petizioni di principio ed effetti concreti che solo le
norme che prevedono impegni di spesa da parte del Bilancio dello
Stato possono offrire. In questo senso, a livello regionale si fatto di
più, prevedendo, in alcuni casi, la possibilità di erogare contributi in
favore delle famiglie con soggetti affetti da DSA per l’acquisto di
strumenti informatici o tecnologici destinati allo studio quotidiano a
casa. 68 Anche in questo caso, il ruolo di supplenza della
magistratura, come si avrà modo di verificare nell’ultima parte di
questo studio, si è rivelato determinante.
3.3 Le strategie didattiche nella scuola primaria e in quella
secondaria di primo e secondo grado.
Le linee Guida, attingendo a piene mani alle metodologie didattiche,
danno precise indicazioni in relazione alle modalità di elaborazione
delle strategie di insegnamento differenziandole a seconda della
fascia di età a cui le stesse devono essere dirette. Il Piano didattico
personalizzato deve tenere conto di queste indicazioni che, nella
misura in cui sono normativizzate rappresentano un riferimento
imprescindibile al fine di verificarne la correttezza e quindi la
legittimità.
a. La scuola primaria.
In relazione alla Scuola Primaria le Linee Guida del MIUR
consigliando di utilizzare per l’apprendimento della lettura e della
scrittura il metodo “fono-sillabico”, oppure quello puramente
“sillabico” 69 anziché quello “globale”, raccomandano al docente di
rispettare i ritmi e gli stili di apprendimento degli alunni per
permettere a ciascuno nel gruppo classe di procedere
autonomamente all’acquisizione delle competenze di letto-scrittura,
68
69
Legge Regionale della Liguria 15 febbraio 2010 n. 3, art. 5
Linee Guida MIUR, cit. pag. 13 e segg.
33
dando ampio spazio alle attività di gruppo e assumendo il ruolo di
regista. Tra le misure da inserire nel PDP dovrebbe esserci – se
reputato opportuno – la dispensa dalla lettura ad alta voce - a meno
che non si tratti di brani su cui possa essersi già esercitato in
precedenza oltre alla previsione di attività di rinforzo
contestualmente alla proposta di nuovi contenuti, facendo in modo,
in ogni caso, di assumere atteggiamenti incoraggianti, evitando di
incrementare l’ansia e gratificando anche i minimi risultati degli
alunni con difficoltà, che non dovrebbero mai essere allontanati dai
compagni e dalle attività del gruppo classe.70 Le Linee Guida danno
precise indicazioni anche a proposito delle strategie per l’area del
calcolo, raccomandando di usare, nella quotidianità scolastica,
prevalentemente il calcolo a mente, sulla base della considerazione
che il calcolo scritto ha il compito di automatizzare procedure ed
algoritmi e non quello di sviluppare strategie né di potenziare le
abilità di intelligenza numerica. Tuttavia, anche in questo ambito
suggeriscono di privilegiare la personalizzazione e la flessibilità del
metodo didattico corrispondenti alle qualità cognitive individuali.71
b. La scuola secondaria di I e di II grado.
La scuola secondaria di I e II grado richiede agli studenti la piena
padronanza delle competenze strumentali (lettura, scrittura e
calcolo), l’adozione di un efficace metodo di studio e prerequisiti
adeguati all’apprendimento di saperi disciplinari sempre più
complessi; elementi, questi, che possono mettere in seria difficoltà
l’alunno con DSA, inducendolo ad atteggiamenti demotivati e
rinunciatari. Le Linee Guida indicano di privilegiare, nel caso di
disturbo di lettura collegato alla dislessia, la capacità di
comprensione del testo più che la sua decifrazione. In questo caso il
PDP dovrebbe prevedere la necessità di:
- insistere sul passaggio alla lettura silente piuttosto che a
voce alta, in quanto la prima risulta generalmente più veloce
e più efficiente;
70
71
Ibidem, pagg. 15 e 16
Ibidem
34
-
insegnare allo studente modalità di lettura che, anche sulla
base delle caratteristiche tipografiche e dell’evidenziazione
di parole chiave, consentano di cogliere il significato
generale del testo, all’interno del quale poi eventualmente
avviare una lettura più analitica.
Per uno studente con dislessia, gli strumenti compensativi sono in
primo luogo quelli che possono trasformare un compito di lettura
(reso difficoltoso dal disturbo) in un compito di ascolto. A tal fine è
necessario fare acquisire allo studente competenze adeguate nell’uso
degli strumenti compensativi. Le Linee Guida consigliano di fare
riferimento:
- alla presenza in classe (o in casa) di una persona – che
evidentemente potrà essere un altro insegnante curriculare che legga gli items dei test, le consegne dei compiti, le tracce
dei temi o i questionari con risposta a scelta multipla;
- alla sintesi vocale, con i relativi software, anche per la
lettura di testi più ampi e per una maggiore autonomia;
- all’utilizzo di libri o vocabolari digitali.
Studiare con la sintesi vocale è cosa diversa che studiare mediante la
lettura diretta del libro di testo; Per questo le linee guida consigliano
che i docenti o l’eventuale referente per la dislessia acquisiscano
competenze in materia e che i materiali didattici prodotti dai docenti
siano in formato digitale. Poiché per lo studente dislessico la
proposta di nuovi contenuti attraverso il canale orale risulta più
appropriata rispetto allo scritto, le Linee Guida consigliano di
consentire la registrazione delle lezioni. Raccomandano inoltre di
semplificare il testo di studio, attraverso la riduzione della
complessità lessicale e sintattica e di impiegare mappe concettuali,
schemi e altri mediatori didattici che possono sia facilitare la
comprensione sia supportare la memorizzazione e/o il recupero delle
informazioni, mediatori che sarebbe opportuno raccogliere e
archiviare, sì da facilitarne l’utilizzo. In merito alle misure
dispensative, lo studente con dislessia è dispensato:
- dalla lettura a voce alta in classe;
- dalla lettura autonoma di brani la cui lunghezza non sia
compatibile con il suo livello di abilità;
- da tutte quelle attività ove la lettura è la prestazione valutata.
35
In fase di verifica e di valutazione lo studente con dislessia può
usufruire di tempi aggiuntivi per l’espletamento delle prove o, in
alternativa e comunque nell’ambito degli obiettivi disciplinari
previsti per la classe, di verifiche con minori richieste. Nella
valutazione delle prove orali e in ordine alle modalità di
interrogazione si dovrà tenere conto delle capacità lessicali ed
espressive proprie dello studente. Per quanto riguarda il disturbo
della scrittura, le linee guida prevedano che gli studenti abbiano
maggior tempo nella realizzazione dei compiti scritti. In via
generale, comunque, la valutazione dovrà soffermarsi soprattutto sul
contenuto disciplinare piuttosto che sulla forma ortografica e
sintattica. Gli studenti in questione potranno inoltre avvalersi:
- di mappe o di schemi nell’attività di produzione per la
costruzione del testo
- del computer (con correttore ortografico e sintesi vocale per
la rilettura) per velocizzare i tempi di scrittura e ottenere
testi più corretti;
- del registratore per prendere appunti.
Per quanto concerne le misure dispensative, oltre a tempi più lunghi
per le verifiche scritte o a una quantità minore di esercizi, gli alunni
con disgrafia e disortografia sono dispensati dalla valutazione della
correttezza della scrittura e, anche sulla base della gravità del
disturbo, possono accompagnare o integrare la prova scritta con una
prova orale attinente ai medesimi contenuti. Riguardo alle difficoltà
di apprendimento del calcolo e al loro superamento, non è raro
imbattersi in studenti che sono distanti dal livello di conoscenze
atteso e che presentano un’impotenza appresa, cioè un vero e proprio
blocco ad apprendere sia in senso cognitivo che motivazionale.
Sebbene la ricerca non abbia ancora raggiunto dei risultati
consolidati sulle strategie di potenziamento dell’abilità di calcolo, si
ritengono utili i seguenti principi guida:
- gestire, anche in contesti collettivi, almeno parte degli
interventi in modo individualizzato;
- aiutare, in fase preliminare, l’alunno a superare l’impotenza
guidandolo verso l’esperienza della propria competenza;
36
-
analizzare gli errori del singolo alunno per comprendere i
processi cognitivi che sottendono all’ errore stesso con
intervista del soggetto;
- pianificare in modo mirato il potenziamento dei processi
cognitivi necessari.
Riguardo agli strumenti compensativi e alle misure dispensative,
valgono i principi generali secondo cui la calcolatrice, la tabella
pitagorica, il formulario personalizzato, potranno essere utilizzati in
quanto sono di supporto ma non di potenziamento, poiché riducono
il carico di lavoro ma non aumentano le competenze.
3.4 Gli strumenti compensativi e le misure dispensative.
Le Linee Guida del Ministero precisano e dettagliano quali siano gli
strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento
alternativi e le tecnologie informatiche, e quali siano le misure
dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità
dei concetti da apprendere da prevedere nella predisposizione del
PDP.
a. Gli strumenti compensativi
Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che
sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità
deficitaria.
Le linee guida indicano fra i più noti:
- la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un
compito di ascolto;
- il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non
scrivere gli appunti della lezione;
- i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che
permettono la produzione di testi sufficientemente corretti
senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale
correzione degli errori;
- la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;
- altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle,
formulari, mappe concettuali, etc.
Tali strumenti sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una
prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il
compito dal punto di vista cognitivo. L’utilizzo di tali strumenti non
37
è immediato e i docenti - anche sulla base delle indicazioni del
referente di istituto - dovranno sostenerne l’uso da parte di alunni e
studenti con DSA.
b. Le misure dispensative
Le misure dispensative sono invece interventi che consentono
all’alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a
causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non
migliorano l’apprendimento. Per esempio, misura dispensativa è non
far leggere a un alunno con dislessia un lungo brano. Ancora, misura
dispensativa è consentire all’alunno o allo studente con DSA di
usufruire di maggior tempo per lo svolgimento di una prova, o di
poter svolgere la stessa su un contenuto comunque disciplinarmente
significativo ma ridotto: ciò trova la sua ragion d’essere nel fatto che
il disturbo impegna l’alunno con DSA per più tempo dei propri
compagni nella fase di decodifica degli items della prova. A questo
riguardo, gli studi disponibili in materia consigliano di stimare,
tenendo conto degli indici di prestazione dell’allievo, in che misura
la specifica difficoltà lo penalizzi di fronte ai compagni e di calibrare
di conseguenza un tempo aggiuntivo o la riduzione del materiale di
lavoro. In assenza di indici più precisi, una quota del 30% in più
viene indicata come un ragionevole tempo aggiuntivo. L’adozione
delle misure dispensative, al fine di non creare percorsi
immotivatamente facilitati, che non mirano al successo formativo
degli alunni e degli studenti con DSA, dovrà essere sempre valutata
sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni
richieste, in modo tale, comunque, da non differenziare, in ordine
agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno o dello
studente in questione.72 Lungi dal poter essere considerate delle
forme di ingiustificato privilegio, gli strumenti compensativi e le
misure dispensative consentono di porre i bambini e i ragazzi con
DSA in una condizione paritetica con gli altri compagni di classe
realizzando così pienamente quel principio di uguaglianza
sostanziale cardine del nostro impianto Costituzionale e del nostro
Stato sociale. 73
72
73
Linee Guida MIUR, cit. pag. 7
G. ARCONZO, op. cit., pag. 4
38
3.5 L’apprendimento delle lingue straniere. Dispensa dalle
prove scritte ed esonero dallo studio delle lingue straniere.
Ipotesi e conseguenze.
Per l'insegnamento delle lingue straniere è previsto l'uso di strumenti
compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che
assicurino ritmi graduali di apprendimento e, nei casi
particolarmente gravi, anche l’esonero.74A questo proposito, le Linee
Guida danno indicazioni perché la scuola, in sede di orientamento o
al momento di individuare quale lingua straniera privilegiare,
informi la famiglia sull’opportunità di scegliere - ove possibile - una
lingua che abbia una trasparenza linguistica maggiore, ossia una
maggiore corrispondenza tra come si scrive e come si legge, poiché
la trasparenza della lingua influisce sul livello di difficoltà di
apprendimento della stessa da parte degli studenti con DSA.75 Giova
ricordare al proposito come l’espressività clinica sia in funzione
della complessità ortografica della lingua scritta. Questo significa
che assume rilievo, ai fini della incidenza dei DSA e della sua
rilevanza, la differenza tra lingue “opache” (per esempio l’inglese),
caratterizzate da una relazione complessa e poco prevedibile tra
grafemi e fonemi, e lingue “trasparenti” (per esempio l’italiano),
caratterizzate da una relazione prevalentemente diretta e biunivoca
tra fonemi e grafemi corrispondenti.76 Le Linee Guida precisano che
si dovrà generalmente privilegiare lo sviluppo delle abilità orali
rispetto a quelle scritte, dispensando l’alunno, ove si ritenga
opportuno, dalle prove scritte, come vedremo a breve. Poiché i tempi
di lettura dell’alunno con DSA sono più lunghi, le Linee Guida
suggeriscono la possibilità di consegnare il testo scritto qualche
giorno prima della lezione, in modo che l’allievo possa concentrarsi
a casa sulla decodifica superficiale, lavorando invece in classe
insieme ai compagni sulla comprensione dei contenuti. In merito agli
strumenti compensativi, con riguardo alla lettura, gli alunni e gli
studenti con DSA possono usufruire di audio-libri e di sintesi vocale
con i programmi associati. Relativamente alla scrittura, è possibile
l’impiego di strumenti compensativi come il computer con correttore
74
Legge 170 del 2010, art. 5 comma 3
Linee Guida MIUR, cit., pag. 19
76 Ibidem, pagg. 7 – 8
75
39
automatico e con dizionario digitale. Per quanto concerne le misure
dispensative, gli alunni e gli studenti con DSA possono usufruire:
- di tempi aggiuntivi;
- di una adeguata riduzione del carico di lavoro;
In caso di disturbo grave e previa verifica della presenza delle
condizioni previste all’Art. 6, comma 5 del D.M. 12 luglio 2011 n.
566977 - come si vedrà più oltre - è possibile in corso d’anno
dispensare l’alunno dalla valutazione nelle prove scritte e, in sede di
esame di Stato, prevedere una prova orale sostitutiva di quella
scritta, i cui contenuti e le cui modalità sono stabiliti dalla
Commissione d’esame sulla base della documentazione fornita dai
Consigli di Classe. Resta fermo che in presenza della dispensa dalla
valutazione delle prove scritte, gli studenti con DSA utilizzeranno
comunque il supporto scritto in quanto utile all’apprendimento anche
orale delle lingue straniere, soprattutto in età adolescenziale. In
relazione alle forme di valutazione, per quanto riguarda la
comprensione (orale o scritta), sarà valorizzata la capacità di
cogliere il senso generale del messaggio; in fase di produzione sarà
77
Così recita il comma 5 del D.M. 12 luglio 2011 n. 5669:
“Fatto salvo quanto definito nel comma precedente, si possono dispensare alunni e
studenti dalle prestazioni scritte in lingua straniera in corso d’anno scolastico e in
sede di esami di Stato, nel caso in cui ricorrano tutte le condizioni di seguito
elencate:
- certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante esplicita richiesta
di dispensa dalle prove scritte;
- richiesta di dispensa dalle prove scritte di lingua straniera presentata dalla famiglia
o dall’allievo se maggiorenne;
- approvazione da parte del consiglio di classe che confermi la dispensa in forma
temporanea o permanente, tenendo conto delle valutazioni diagnostiche e sulla base
delle risultanze degli interventi di natura pedagogico-didattica, con particolare
attenzione ai percorsi di studio in cui l’insegnamento della lingua straniera risulti
caratterizzante (liceo linguistico, istituto tecnico per il turismo, ecc.).
In sede di esami di Stato, conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione,
modalità e contenuti delle prove orali – sostitutive delle prove scritte – sono stabiliti
dalle Commissioni, sulla base della documentazione fornita dai consigli di classe. I
candidati con DSA che superano l’esame di Stato conseguono il titolo valido per
l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado ovvero all’università.”
40
dato più rilievo all’efficacia comunicativa, ossia alla capacità di farsi
comprendere in modo chiaro, anche se non del tutto corretto
grammaticalmente. Lo studio delle lingue straniere implica anche
l’approfondimento dei caratteri culturali e sociali del popolo che
parla la lingua studiata e, con l’avanzare del percorso scolastico,
anche degli aspetti letterari. Poiché l’insegnamento di tali aspetti è
condotto in lingua materna, saranno in questa sede applicati gli
strumenti compensativi e dispensativi impiegati per le altre materie.
Sulla base della gravità del disturbo, nella scuola secondaria i testi
letterari in lingua straniera assumono importanza minore per
l’alunno con DSA: considerate le sue possibili difficoltà di
memorizzazione, risulta conveniente insistere sul potenziamento del
lessico ad alta frequenza piuttosto che focalizzarsi su parole più rare,
o di registro colto, come quelle presenti nei testi letterari.78 Ai fini
della dispensa dalle prestazioni scritte in lingua straniera in corso
d’anno scolastico e in sede di esame di Stato il decreto attuativo
della legge 170/2010, il D.M. 12 luglio 2011, all’art. 6 prevede che
per la dispensa sia necessario che ricorrano tutte le seguenti
condizioni:
- certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante
esplicita richiesta di dispensa dalle prove scritte;
- richiesta di dispensa dalle prove scritte di lingua straniera
presentata dalla famiglia;
- approvazione da parte del consiglio di classe che confermi la
dispensa in forma temporanea o permanente, tenendo conto delle
valutazioni diagnostiche e sulla base delle risultanze degli interventi
di natura pedagogico-didattica.
Se ricorrono tutte le condizioni indicate, in sede di esame di Stato le
modalità e i contenuti delle prove orali sostitutive delle prove scritte
sono stabiliti dalla Commissione sulla base della documentazione
fornita dai consigli di classe. I candidati con DSA che superano
l’esame di Stato avendo sostenuto prove orali in sostituzione delle
prove scritte per le lingue straniere conseguono il titolo legalmente
valido. L’esonero dallo studio della lingua straniera, pure previsto
dall’art.6 citato, è figura totalmente diversa dalla dispensa. Riguarda
i casi di particolare gravità, anche in comorbilità con altri disturbi e
78
Linee Guida MIUR, cit., pag. 20
41
patologie, ovviamente risultanti dal certificato diagnostico, con
conseguenze diverse ai fini della validità del diploma del primo e del
secondo ciclo di istruzione, come vedremo più avanti. Gli alunni
esonerati dallo studio della lingua straniera seguono un percorso
didattico differenziato e, in sede di esame di Stato, possono
sostenere prove differenziate.79
3.6 Modalità e finalità di attuazione delle strategie didattiche
personalizzate: dal raggiungimento del pieno successo
formativo al contrasto alla dispersione scolastica.
Le indicazioni e le raccomandazioni delle Linee Guida appena
delineate costituiscono un supporto imprescindibile nella adozione
delle strategie educative da trasferire nella predisposizione del Piano
Didattico Individualizzato. Gli alunni e gli studenti con DSA hanno
una scarsa percezione di autoefficacia e di autostima. Per questo il
successo nell’apprendimento è l’immediato intervento da opporre a
questa tendenza che li accomuna. Ogni reale apprendimento
acquisito e ogni successo scolastico rinforzano negli alunni e negli
studenti con DSA la percezione di poter riuscire nei propri impegni
nonostante le difficoltà che impone il disturbo, con evidenti positive
ricadute sul piano psicologico complessivo. Di contro, non realizzare
le attività didattiche personalizzate e individualizzate, non utilizzare
gli strumenti compensativi, disapplicare le misure dispensative,
collocano l’alunno e lo studente in uno stato di immediata inferiorità
rispetto alle prestazioni richieste a scuola, e non per assenza di
“buona volontà”, ma per una problematica che lo trascende
oggettivamente. Analogamente, dispensare l’alunno o lo studente
con DSA da alcune prestazioni – come la lettura ad alta voce in
classe – oltre a non avere rilevanza sul piano dell’apprendimento,
evita la frustrazione collegata alla dimostrazione della propria
difficoltà. Le Linee Guida non omettono di sottolineare la
delicatezza delle problematiche psicologiche che s’innestano
nell’alunno o nello studente con DSA per l’utilizzo degli strumenti
compensativi e delle misure dispensative. Infatti, ai compagni di
classe gli strumenti compensativi e le misure dispensative possono
79
Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 12
42
risultare incomprensibili facilitazioni. A questo riguardo, il
coordinatore di classe, sentita la famiglia interessata, può avviare
adeguate iniziative per condividere con i compagni di classe le
ragioni dell’applicazione degli strumenti e delle misure citate, anche
per evitare la stigmatizzazione e le ricadute psicologiche negative.
Resta ferma, infine, la necessità di creare un clima della classe
accogliente, praticare una gestione inclusiva della stessa, tenendo
conto degli specifici bisogni educativi degli alunni e studenti con
DSA.80 In questa “tensione” verso i bisogni del soggetto con DSA, le
Linee Guida fanno trasparire non solo l’esigenza di supportare
adeguatamente chi potrebbe non riuscire a raggiungere il pieno
successo formativo per problematiche che oggettivamente lo
trascendono, ma anche la necessità di evitare che importanti risorse
umane si perdano per strada, abbandonando la scuola: i soggetti con
DSA, che proprio nell’ambiente scolastico e in alcuni tipi di indirizzi
scolastici in particolare trovano le maggiori difficoltà ad esprimere le
proprie potenzialità, se coadiuvati nella giusta maniera possono
invece rivelarsi elementi in grado di terminare con successo il
percorso scolastico e diventare dei punti di riferimento importanti
per la società, al pari di coloro che non hanno questo tipo di disturbi.
Come è stato detto più volte, infatti, peculiarità dei DSA è quella di
attenuare la propria incidenza nel corso del tempo soprattutto grazie
alla capacità dei singoli soggetti di individuare, con il supporto
esterno ma, in seguito anche ex sé, quelle misure compensative in
grado di fare in modo che detti disturbi incidano in maniera meno
rilevante sul proprio percorso di vita. Terminato il proprio iter
formativo, anche quello universitario, i soggetti con DSA avranno
modo, in un ambiente di lavoro adeguato, di esprimere al meglio le
proprie capacità e quindi di dare un pieno contributo alla società
nella misura in cui, durante gli anni di formazione, sono riusciti a
superare quegli ostacoli che – loro malgrado – rischiavano di non
valorizzarne le potenzialità.
80
Linee Guida MIUR, cit., pag. 21
43
3.7 L’ausilio in classe. L’assenza di un insegnante di supporto
all’alunno o allo studente con DSA.
La previsione di una strategia individualizzata e personalizzata non
prevede l’intervento di un insegnante di sostegno, nemmeno per i
casi più gravi. Tale scelta, che appare condivisibile, atteso che i DSA
non incidono sulle capacità intellettive dei ragazzi, ancorché il
Parlamento europeo, in una dichiarazione scritta del 13 novembre
200781 abbia raccomandato alla Commissione e al Consiglio europeo
di “favorire il riconoscimento dei disturbi dis 82 quali handicap”, non
deve tradursi, però, in un eccesso di penalizzazione per i ragazzi con
DSA. Se è vero che la scuola è tenuta a garantire nei confronti di tali
alunni interventi didattici individualizzati e personalizzati attraverso
la redazione di un piano didattico personalizzato con l’indicazione
delle misure dispensative e degli strumenti compensativi adottati, è
altrettanto vero che alcuni di questi ultimi dovrebbero poter
prevedere, come abbiamo avuto modo di verificare in precedenza, la
presenza di un soggetto in grado supportare il lavoro dell’alunno o
dello studente, per esempio leggendo items dei test, le tracce dei temi
o i questionari con risposta a scelta multipla. Del resto, detta
possibilità è espressamente prevista in occasione degli esami di
Stato, laddove le Linee Guida del MIIUR prevedono – come si avrà
modo di specificare più avanti - la facoltà per la commissione
d’esame di poter individuare un proprio componente che legga le
prove scritte ovvero che provveda alla trascrizione del testo su
supporto informatico.83 Per questo, la previsione di una ulteriore
presenza in classe, oltre all’insegnante curriculare, sarebbe utile nei
momenti in cui è necessario coadiuvare l’allievo o in quelle
circostanza su descritte, proprio come è possibile che avvenga
durante le prove conclusive del ciclo di studi. Come è stato già detto,
l’ausilio di cui ha bisogno il soggetto con DSA non è finalizzato alla
81
consultabile su
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?reference=P6_TA%282007%29050
6&language=ITCfr G. Arconzo, op., cit. pag. 3
82 Con l’espressione “disturbi dis” il Parlamento europeo si riferisce espressamente
a disfasia, disprassia, dislessia, discalculia, nonché disturbi da deficit d'attenzione.
Cfr. Ibidem
83 Linee Guida MIUR, cit. pag. 18
44
comprensione delle materie oggetto di studio, ma piuttosto alla
decodifica di un testo piuttosto che alla trascrizione dei compiti sul
diario ovvero alla realizzazione di mappe concettuali che lo aiutino
nello studio a casa. Vero è che la legge prevede che tutti gli
insegnanti curriculari, mediante adeguata formazione, siano messi
nelle condizioni di essere essi stessi d’ausilio all’alunno o allo
studente DSA; ma nella vita che ogni giorno si svolge all’interno
delle classi la possibilità per l’unico insegnante curriculare di
supportare in maniera adeguata chi ha questa caratteristica non può
che essere inevitabilmente frustrata. Per questo sarebbe opportuno
che la legge colmasse questo evidente deficit mediante la previsione,
nelle classi in cui sia presente un DSA, non di un insegnante di
“sostegno”, la cui presenza sarebbe inevitabilmente ricollegata
all’Handicap in senso stretto, ma di un insegnante che si potrebbe
definire di “supporto”, un insegnante cioè che sia dotato della
competenza che sui DSA dovrebbe essere comune a ciascun
insegnante curriculare e che per questo, quindi, potrà essere
individuato anche tra questi ultimi. Una valida alternativa ad una
ipotesi di questo tipo potrebbe essere la previsione, nelle classi con
DSA, di un ridotto numero di alunni o di studenti, come avviene
appunto quando all’interno della classe vi sia un alunno
diversamente abile. In questo modo, pur in assenza di un insegnante
di supporto a quello curriculare, si consentirebbe a quest’ultimo –
facendo leva sulle conoscenze sui DSA di cui dovrebbe, insieme agli
altri, disporre – di poter seguire adeguatamente anche gli alunni o gli
studenti con Disturbi specifici di apprendimento, che in questo
modo, quindi, non verrebbero ingiustamente penalizzati.
45
CAPITOLO IV
LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI CON DSA
SOMMARIO – 4.1 La valutazione e l’errore – 4.2 La valutazione e
la verifica degli apprendimenti. La validità del titolo conseguito
dagli studenti con DSA – 4.3 Valutazione ed esami di Stato nella
“Buona Scuola” 4.5 Le prove INVALSI. Modalità di svolgimento ed
obbligatorietà.
4.1 La valutazione e l’errore.
La valutazione è un processo dinamico e complesso e il suo ruolo è
particolarmente delicato e centrale; dal punto di vista pedagogico e
didattico, la sua finalità principale è quella di migliorare la qualità
dei processi di insegnamento – apprendimento. Dice di più il decreto
legislativo 62 del 2017, uno dei decreti attuativi della legge sulla
Buona Scuola, secondo cui la valutazione “ha per oggetto il
processo formativo e i risultati di apprendimento delle alunne e
degli alunni, delle studentesse e degli studenti”, ha finalità formativa
ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al
successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell'identità
personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione
alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze”.84 La
pedagogia, a cui le norme sui DSA sono strettamente connesse,
suggerisce come la valutazione, lungi dall’essere ritenuta, come
dovrebbe essere, un processo multidimensionale, da considerarsi
nella sua globalità e profondità,85 una esperienza educativa che si
svolge lungo l’arco della vita, anche al di fuori dei contesti scolastici
formali,86così come suggerisce anche l’incipit della legge 53 del
200387 si riduce ad una mera valutazione degli errori. E sembra
essere quest’ultima, in effetti, la pratica valutativa più comune a
84
D.to L.vo 62 del 2017, art. 1
P. DAMIANI, DSA e valutazione: Un approccio pedagogico tra riflessioni e
prospettive, Edizioni nuova cultura, ROMA, 2017, pag. 29
86 Ibidem
87 Legge n. 53 del 2003, art. 2
85
46
scuola. Ad oggi, l’individuazione, la misurazione ed il giudizio
relativo agli errori effettuati dagli studenti durante gli esercizi, i
compiti scolastici e nelle prove di verifica costituiscono, di fatto, la
maggior parte ed il maggior peso delle azioni valutative dei docenti
nei confronti degli alunni. Tuttavia, rilevare e misurare l’errore o la
prestazione non significa compiere un processo di valutazione,
poiché la valutazione di un oggetto è un fenomeno - come
sottolineato in precedenza - molto più complesso della sua
misurazione. In realtà, l’errore può essere trattato come strumento di
una valutazione finalizzata esclusivamente alla quantificazione della
prestazione dell’allievo in riferimento a livelli di correttezza e di
punteggi più o meno standardizzati, oppure come un uno strumento
di conoscenza a partire dal quale costruire un processo valutativo e
comparativo orientato alla comprensione degli stili di apprendimento
degli studenti e al miglioramento dei processi di insegnamento. Da
questo punto di vista, l’errore può assumere una grande importanza
ai fini della valutazione degli studenti con DSA: l’errore come
dimensione diagnostica può offrire informazioni sia in termini di
feed back sull’apprendimento sia in termini di autovalutazione sul
processo di insegnamento, poiché da esso è possibile trarre
argomentazioni circa l’efficacia del metodo e degli strumenti
utilizzati durante le lezioni. Quest’ultima modalità di approccio
all’errore disegna i parametri di una vera e propria pedagogia
dell’errore: si tratta infatti di un processo di insegnamento apprendimento -valutazione molto vicino al processo diagnostico nel
suo significato più profondo di conoscenza e comprensione,
necessario per approcciarsi in maniera corretta agli alunni e agli
studenti con DSA. A tal proposito, la raccolta di informazioni su
quello che l’alunno studente riesce o non riesce a fare, su come
sbaglia, su quale strategia funziona o non funzione per lui deve
diventare un’opzione di valutazione diagnostica necessaria e
continua per il monitoraggio del processo di insegnamento
apprendimento e dell’evoluzione, in senso progressivo (o regressivo)
delle funzioni neuropsicologiche degli allievi ed una fonte di
informazione preziosa dal punto di vista pedagogico e didattico e
non un modo per colpevolizzare chi lo ha commesso.88 Per questo la
88
Ibidem, pagg. 31 e 32
47
valutazione – in particolare quella degli studenti con DSA – non
deve essere vista come un problema, ma per quello che deve essere:
una potente arma, uno strumento “vantaggioso” per migliorare i
processi di insegnamento – apprendimento e la gestione della
classe.89
4.2. La valutazione e la verifica degli apprendimenti. La validità
del titolo conseguito dagli studenti con DSA
Il percorso scolastico degli alunni e degli studenti con DSA non
prevede – né deve prevedere - delle differenze negli obiettivi di
apprendimento rispetto agli altri ragazzi che non hanno questa
caratteristica. Per questo il titolo di studio conseguito seguendo i
percorsi indicati nel PDP, che non sono differenziati rispetto a quelli
del curricolo ordinario, è legalmente valido. E’ previsto tuttavia, a
norma dell’art. 10 del DR n. 122 del 2009, che la valutazione e la
verifica degli apprendimenti per gli alunni con difficoltà specifiche
di apprendimento adeguatamente certificate, “comprese quelle
effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono tenere conto
delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello
svolgimento dell'attività didattica e delle prove di esame, sono
adottati, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a
legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici
compensativi e dispensativi ritenuti più idonei”. Nel diploma finale
rilasciato al termine degli esami non verrà fatta menzione delle
modalità di svolgimento degli stessi.90
Questo principio è ripreso e rafforzato dalla legge 170 del 2010, che
all’art. 2 indica la necessità di “adottare forme di verifica e di
valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti” mentre
al comma 4 dell’art. 5 stabilisce che “agli studenti con DSA sono
garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica
e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per
quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all'università
nonché gli esami universitari”. Il D.M. 5699 del 2011, cui sono
allegate le Linee guida del MIUR, ribadisce e specifica che “la
89
Ibidem, pag. 28
DPR n. 122 del 2009 Art. 10; cfr anche Linee Guida Regione Toscana, cit., pag.
12
90
48
valutazione scolastica, periodica e finale, degli alunni e degli
studenti con DSA deve essere coerente con gli interventi pedagogicididattici"91 e dispone ancora che le Istituzioni scolastiche devono
adottare “modalità valutative che consentano all’alunno o allo
studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di
apprendimento raggiunto, mediante l’applicazione di misure che
determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della
prestazione da valutare – relativamente ai tempi di effettuazione e
alle modalità di strutturazione delle prove – riservando particolare
attenzione alla padronanza dei contenuti disciplinari, a prescindere
dagli aspetti legati all’abilità deficitaria”.92 Stesse dinamiche
debbono essere adottate in sede di Esami conclusivi del primo e del
secondo ciclo di istruzione, le cui Commissioni devono tenere nel
debito conto “le specifiche situazioni soggettive, le modalità
didattiche e le forme di valutazione individuate nell’ambito dei
percorsi didattici individualizzati e personalizzati.”93 E’ previsto
altresì che sulla base del disturbo specifico le Commissioni possano
“riservare in sede di esame tempi più lunghi di quelli ordinari”94 e
debbano “assicurare l’utilizzazione di idonei strumenti compensativi
e adottare criteri valutativi attenti soprattutto ai contenuti piuttosto
che alla forma, sia nelle prove scritte, anche con riferimento alle
prove nazionali INVALSI previste per gli esami di Stato, sia in fase
di colloquio.”95
Le Linee Guida raccomandano, a proposito dell’Esame di Stato, di
porre in essere alcune particolari attenzioni finalizzate a rendere
sereno per tali candidati lo svolgimento dell’esame sia al momento
delle prove scritte, sia in fase di colloquio. A questo proposito,
stabiliscono che gli studenti con DSA possano usufruire di
dispositivi per l’ascolto dei testi della prova registrati in formato
“mp3” ovvero che, per la piena comprensione del testo delle prove
scritte, la commissione possa individuare un proprio componente che
possa leggere i testi delle prove scritte ovvero, per i candidati che
91
DM. n. 5699 del 12 luglio 2011, art. 6 comma 1
Ibidem, art 6 comma 2
93 Ibidem, art. 6 comma 3
94 Ibidem
95 Ibidem
92
49
utilizzano la sintesi vocale, che possa provvedere alla trascrizione
del testo su supporto informatico.96 Va precisato al proposito che
quella che appare essere, ad una prima lettura, una facoltà per la
commissione d’esame (quella di poter individuare un proprio
componente che legga le prove scritte ovvero che provveda alla
trascrizione del testo su supporto informatico) deve essere intesa,
alla luce di una lettura complessiva delle norme, un obbligo laddove
l’esaminando abbia usato nel corso dell’anno scolastico i medesimi
supporti nel corso delle prove scritte e questo possa essere rilevato
dal PDP e dalla relazione finale del consiglio di classe.
4.3. Valutazione ed esami di Stato nella “Buona Scuola”
Le disposizioni relative alla valutazione e all’esame conclusivo del
primo e del secondo ciclo di istruzione, previste dalla legge sulla
Buona Scuola,97 non introducono sostanziali novità in relazione alla
valutazione periodica e finale degli studenti con disturbi specifici di
apprendimento ai fini dell’ammissione alla classe successiva e
all’esame di Stato. Il decreto legislativo n. 62 del 2017, uno degli
otto decreti attuativi della suddetta legge, stabilisce che per le alunne
e gli alunni con disturbi specifici di apprendimento certificati ai
sensi della legge 8 ottobre 2010, n. 170, la valutazione degli
apprendimenti, incluse l'ammissione e la partecipazione all'esame
finale del primo ciclo di istruzione, sono coerenti con il piano
didattico personalizzato predisposto nella scuola primaria dai docenti
contitolari della classe e nella scuola secondaria di primo grado dal
consiglio di classe,98 ribadendo quanto già affermato nella normativa
previgente. La valutazione degli alunni con DSA deve avvenire sulla
base di prove effettuate con modalità che consentono all'alunno di
dimostrare effettivamente il livello di apprendimento conseguito,
mediante l'applicazione delle misure dispensative e degli strumenti
compensativi di cui alla legge 8 ottobre 2010, n. 170, indicati nel
piano didattico personalizzato.99 La stessa cosa avviene per l’esame
di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione: la norma prevede
96
Linee guida MIUR, cit. pag. 18
Legge 107 del 2015
98 Cfr. D.lvo n 62 del 2017, art. 9 del
99 Ibidem, art. 10
97
50
che la commissione possa riservare alle alunne e agli alunni con
DSA tempi più lunghi di quelli ordinari e consentire l’utilizzazione
di apparecchiature e strumenti informatici, ma solo nel caso in cui
siano già stati impiegati per le verifiche in corso d'anno o comunque
siano ritenuti funzionali allo svolgimento dell'esame, senza che per
questo venga pregiudicata la validità delle prove scritte.100 Come già
previsto nella normativa previgente, la possibilità per la
commissione di riservare alle alunni e agli alunni con DSA tempi più
lunghi di quelli ordinari deve ritenersi un obbligo qualora detta
modalità di espletamento delle prove scritte sia stata prevista nel
PDP per le analoghe valutazioni effettuate durante l’anno, come pure
un obbligo debba ritenersi il consentire l’utilizzazione di
apparecchiature e di strumenti informatici nel caso in cui siano già
stati impiegati per le verifiche in corso d'anno o comunque siano
ritenuti funzionali allo svolgimento dell'esame. Ove ciò non fosse, si
potrebbe facilmente ritenere frustrato lo spirito dell’impianto
normativo predisposto a favore degli alunni con DSA, che si
troverebbero ad affrontare le prove finali con strumenti diversi da
quelli di cui hanno potuto beneficiare durante l’anno o addirittura
durante l’intero corso di studi, con una evidente e prevedibile
penalizzazione rispetto agli alunni e alle alunne che non hanno
quelle caratteristiche. Analoghe disposizioni sono previste per
l’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d’istruzione.101 È
possibile, infine, che il PDP prevede per l’alunno con DSA la
dispensa dalla prova scritta di lingua straniera. In questo caso, in
sede d’esame, la sottocommissione stabilisce modalità e contenuti
della prova orale sostitutiva della prova scritta di lingua straniera102
senza che ciò possa avere conseguenze sulla validità del titolo di
studio conseguito, come già precisato in precedenza. Per gli esami
finali del secondo ciclo per i candidati con certificazione di DSA che
hanno seguito un percorso didattico ordinario, con la sola dispensa
dalle prove scritte ordinarie di lingua straniera, la commissione, nel
caso in cui la lingua straniera sia oggetto di seconda prova scritta,
sottopone i candidati medesimi a prova orale sostitutiva della prova
100
Ibidem, art. 11
Ibidem, art. 20
102 Ibidem, art. 11
101
51
scritta. Nel diploma finale non viene fatta menzione della dispensa
dalla prova scritta di lingua straniera.103 Diverso dalla dispensa è
l’esonero dallo studio della lingua straniera, eventualità cui si è fatto
cenno in precedenza. I ragazzi con DSA, nei casi più gravi, possono
infatti, su richiesta della famiglia e conseguente approvazione del
consiglio di classe, essere esentati del tutto dallo studio della lingua
straniera e non dispensati soltanto dalla prova scritta. In sede di
esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione sostengono
prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, con valore
equivalente ai fini del superamento dell'esame e del conseguimento
del diploma.104 Se l’esame da sostenere è quello conclusivo del
secondo ciclo, invece, le prove da sostenere non sono ritenute
equipollenti a quelle ordinarie e saranno finalizzate esclusivamente
al rilascio dell’attestato di credito formativo.105 E’ evidente che gli
alunni esentati dalla prova scritta di lingua straniera o del tutto
esentati dallo studio della lingua non debbano sostenere la prova
INVALSI di inglese, mentre devono sostenere quella nelle altre
discipline previste, che sono requisito per l’ammissione all’Esame di
Stato.106 Per detti candidati, il riferimento all'effettuazione delle
prove differenziate è indicato solo nella attestazione e non nelle
tabelle affisse all'albo dell'istituto.
4.4 Le prove INVALSI. Modalità di svolgimento ed
obbligatorietà
Anche le prove INVALSI devono essere affrontate con le stesse
modalità usate per le prove tenute durante l’anno.107 Per le prove
INVALSI, infatti, i docenti contitolari di classe o il consiglio di
classe possono disporre adeguati strumenti compensativi coerenti
103
Ibidem, art. 20
Ibidem, art. 11
105 Ibidem, art. 20
106 Ibidem, art. 14. La precedente circolare relativa alle prove invalsi degli alunni
con BES del 2014 aveva lasciato alla discrezionalità delle singole scuole la
partecipazione degli alunni DSA alle prove INVALSI e l’uso in occasione delle
stesse di strumenti compensativi o di altre misure (pag. 3). Cfr. Circolare
Ministeriale n. 1865 del 10.10.2017
107 Cfr. D.lvo 62 del 2017, art. 14
104
52
con il piano didattico personalizzato e/o prevedere tempi più lunghi
per il loro svolgimento. potendo utilizzare misure dispensative e
strumenti compensativi utilizzati per le altre prove.108 Anche in
questo caso la facoltà di utilizzare le misure o gli strumenti deve
essere intesa come obbligo da parte dei docenti e/o del consiglio di
Classe nel momento in cui gli stessi siano previsti dal PDP e siano
stati utilizzati anche in occasione delle prove svolte durante l’anno.
Si deve ritenere infatti che le prove INVALSI somministrate senza
questi accorgimenti siano in contrasto con una lettura sistematica
delle disposizioni perché non in grado di far emergere le effettive
potenzialità dell’alunno con DSA, ancorché sia quelle effettuate
durante il terzo anno della scuola secondaria di primo grado che
quelle effettuate durante il quinto anno del secondo ciclo di studi
(che si aggiungono a quelle effettuate durante il secondo anno di
scuola secondaria superiore)109 sono obbligatorie ai fini
dell’ammissione ma non influiscono sulla media (quelle del primo
ciclo sin dall’anno scolastico 2017/2018, quelle del secondo
dall’anno scolastico 2018/2019, secondo le indicazioni delle norme
sulla Buona Scuola). Una norma di chiusura prevede infine che nel
diploma finale rilasciato al termine degli esami del primo ciclo e del
secondo ciclo e nelle tabelle affisse all'albo di istituto non venga
fatta menzione delle modalità di svolgimento e della
differenziazione delle prove.110
108
Ibidem, artt. 11 e 20
Cfr. D.P.R. 28 marzo 2013 n. 80, art. 6, comma 3
110 D.lvo 62 del 2017, art. 15
109
53
CAPITOLO V
I SOGGETTI PROTAGONISTI DELL’ATTIVITÀ
EDUCATIVA
SOMMARIO – 5.1 Il Dirigente scolastico – 5.2 Il Referente di
Istituto – 5-3 I Docenti – 5.4 Gli Uffici Scolastici Regionali
5.1 Il Dirigente scolastico
Se l’alunno e lo studente sono i protagonisti ed i beneficiari delle
norme a tutela dei soggetti con DSA, il Dirigente Scolastico,
secondo le Linee Guida, è il garante della piena realizzazione del
diritto allo studio di tutti gli alunni e gli studenti e quindi anche di
quegli interessati dai disturbi specifici di apprendimento. Il suo ruolo
è prevalentemente di coordinamento e di raccordo:
di raccordo con le realtà territoriali e con le famiglie, nei confronti
delle quali cura i rapporti ufficiali, ricevendo le diagnosi e
acquisendole al protocollo per poi trasmetterle ai consigli di classe
interessate e inoltrando alle famiglie le apposite comunicazioni;
di coordinamento degli operatori della scuola, per i quali promuove
attività di formazione e aggiornamento.
Secondo le linee guida, in quest’ambito il dirigente, inoltre
- promuove e valorizza progetti mirati, individuando e
rimuovendo ostacoli, nonché assicurando il coordinamento
delle azioni (tempi, modalità, finanziamenti);
- definisce, su proposta del Collegio dei Docenti, le idonee
modalità di documentazione dei percorsi didattici
individualizzati e personalizzati di alunni e studenti con
DSA e ne coordina l’elaborazione e le modalità di revisione;
- promuove l’intensificazione dei rapporti tra i docenti e le
famiglie di alunni e studenti con DSA, favorendone le
condizioni e prevedendo idonee modalità di riconoscimento
dell’impegno dei docenti;
- attiva il monitoraggio relativo a tutte le azioni messe in atto,
al fine di favorire la riproduzione di buone pratiche e
procedure od apportare eventuali modifiche.
54
5.2 Il Referente di Istituto
Per la realizzazione degli obiettivi previsti e programmati, le Linee
Guida del MIUR prevedono che il Dirigente scolastico possa
avvalersi della collaborazione di un docente (referente o funzione
strumentale) con compiti di informazione, consulenza e
coordinamento.111 Si tratta di una figura chiave nella strategia diretta
al pieno successo formativo dei soggetti con DSA. A lui le Linee
Guida assegnano funzioni riferibili all’ambito della sensibilizzazione
e dell’approfondimento delle tematiche, nonché del supporto ai
colleghi direttamente interessati ai DSA. Il referente dovrà
ovviamente avere acquisito una formazione adeguata e specifica
sulle tematiche, a seguito di corsi formalizzati o in base a percorsi di
formazione personali e/o alla propria pratica esperienziale/didattica.
Le Linee Guida ne elencano pedissequamente le funzioni, che
esercita nei confronti del corpo docente:
- fornisce informazioni circa le disposizioni normative
vigenti;
- fornisce indicazioni di base su strumenti compensativi e
misure dispensative al fine di realizzare un intervento
didattico il più possibile adeguato e personalizzato;
- collabora, ove richiesto, alla elaborazione di strategie volte
al superamento dei problemi nella classe con alunni con
DSA;
- offre supporto ai colleghi riguardo a specifici materiali
didattici e di valutazione;
- cura la dotazione bibliografica e di sussidi all’interno
dell’Istituto;
- diffonde e pubblicizza le iniziative di formazione specifica o
di aggiornamento;
- fornisce
informazioni
riguardo
alle
Associazioni/Enti/Istituzioni/Università ai quali poter fare
riferimento per le tematiche in oggetto;
- fornisce informazioni riguardo a siti o piattaforme on line
per la condivisione di buone pratiche in tema di DSA;
111
Linee Guida MIUR, cit., pagg. 22 e 23
55
-
funge da mediatore tra colleghi, famiglie, studenti (se
maggiorenni), operatori dei servizi sanitari, EE.LL. ed
agenzie formative accreditate nel territorio;
- informa eventuali supplenti in servizio nelle classi con
alunni con DSA.112
Altra funzione assegnata al Referente d’Istituto è quella di
promuovere lo sviluppo delle competenze dei colleghi docenti,
ponendo altresì attenzione a che non si determini alcun meccanismo
di “delega” né alcuna forma di deresponsabilizzazione, ma operando
per sostenere la “presa in carico” dell’alunno e dello studente con
DSA da parte dell’insegnante di classe. Non è una figura
“necessaria” all’interno del singolo Istituto Scolastico. La sua
individuazione e la sua nomina sono rimesse alla volontà del
Dirigente Scolastico nell’ambito dell’autonomia che gli è propria
legata, evidentemente, ai bisogni emergenti nel proprio contesto
operativo. 113 E tuttavia, il rilievo che esso assume all’interno
dell’Istituto scolastico in relazione alle problematiche connesse ai
DSA dovrebbe far sì che la sua previsione, in presenza di alunni o
studenti con disturbi specifici di apprendimento, debba invece essere
resa obbligatoria. I rilevanti compiti che gli sono assegnati dalle
norme infatti, appaiono dirimenti rispetto ad una buona politica
scolastica nei confronti degli alunni e degli studenti con DSA. Atteso
che dette funzioni appaiono essenziali rispetto ad una corretta
attuazione delle norme sui DSA e ferme restando quelle che le Linee
Guida assegnano al Dirigente, appare evidente che l’assenza di un
docente referente che si faccia carico delle numerose prerogative che
gli vengono assegnate rischia di compromettere l’efficacia di una
impalcatura normativa certamente ambiziosa. Anzi, si dovrebbe
pensare, addirittura, che a ricoprire detto ruolo debba essere un
docente in tutto o in parte dispensato dall’attività didattica. La
necessità di fungere da supporto costante dei colleghi, delle famiglie
e dei docenti, la necessità di fungere da raccordo anche con gli altri
enti territoriali e di avere una formazione ed una competenza
multidisciplinari (giuridica, pedagogica, informatica) può non essere
112
113
56
Ibidem, pag. 23
Ibidem, pag. 24
frustrata o peggio non restare una mera aspirazione solo nella misura
in cui gli si dia la possibilità effettiva di aggiornarsi e di espletare le
funzioni che gli vengano assegnate.
5.3 I Docenti
I docenti, infine, sono il terminale dell’Istituzione Scolastica ai quali
gli alunni e gli studenti con DSA afferiscono direttamente. Il
modello prospettato dalla norma prevede che tutti i docenti – il
collegio ed i Consigli di classe interessati dall’impegno educativo debbano condividere le scelte che riguardano i DSA e quindi una
forma di corresponsabilità nel progetto formativo elaborato e
realizzato per gli alunni con disturbi specifici di apprendimento,
anche qualora sia stato individuato il docente referente. In
particolare, in base alle indicazioni delle linee guida ogni docente,
per sé e collegialmente:
- durante le prime fasi degli apprendimenti scolastici cura con
attenzione l’acquisizione dei prerequisiti fondamentali e la
stabilizzazione delle prime abilità relative alla scrittura, alla
lettura e al calcolo, ponendo contestualmente attenzione ai
segnali di rischio in un’ottica di prevenzione ed ai fini di una
segnalazione;
- mette in atto strategie di recupero;
- segnala alla famiglia la persistenza delle difficoltà
nonostante gli interventi di recupero posti in essere;
- prende visione della certificazione diagnostica rilasciata
dagli organismi preposti e consegnata al Dirigente
Scolastico;
- procede, in collaborazione dei colleghi della classe, alla
documentazione dei percorsi didattici individualizzati e
personalizzati previsti;
- attua strategie educativo-didattiche di potenziamento e di
aiuto compensativo;
- adotta misure dispensative;
- attua modalità di verifica e valutazione adeguate e coerenti;
- realizza incontri di continuità con i colleghi del precedente e
successivo ordine o grado di scuola al fine di condividere i
57
percorsi educativi e didattici effettuati dagli alunni, in
particolare quelli con DSA, e per non disperdere il lavoro
svolto.114
Se il sistema normativo attribuisce un ruolo centrale agli insegnanti e
alla loro capacità di osservazione, a partire dalla scuola dell’infanzia
e la scuola primaria, facendo leva sulla capacità di osservazione
delle prestazioni nei vari ambiti di apprendimento interessati dal
disturbo (lettura, scrittura, calcolo), attivando le specifiche
competenze psicopedagogiche dei docenti “curricolari” 115 si
comprende la necessità dell’attivazione un percorso formativo
specifico che preveda periodici aggiornamenti per il corpo docente.
È estremamente importante, infatti, che tutti i docenti - titolari di
funzioni educativo-didattiche - sviluppino una idonea cultura
dell’osservazione e che agli stessi vengano forniti adeguati strumenti
finalizzati alla stessa. Un’accurata osservazione consentirà infatti di
riconoscere gli alunni che presentano difficoltà ed avviare per essi
percorsi di potenziamento scolastico che possono essere attivati già
dal secondo quadrimestre della prima classe della scuola primaria.
Non vi è dubbio, quindi, che dal docente, soprattutto, dipenda molto
del successo formativo dello studente con DSA, la sua integrazione
con il resto della classe e per alcuni versi la stessa possibilità di
proiettarsi positivamente dopo gli studi nella società. E per questo di
straordinaria importanza è il ruolo che svolge la formazione dei
docenti che non a caso la legge 170 reputa centrale per il
raggiungimento degli obiettivi in essa indicati. In un clima di
persistente difficoltà a comprendere le esigenze dei DSA, dovuto ad
un pregiudizio determinato dalla scarsa conoscenza del problema, la
formazione, infatti, è senza dubbio la chiave per permettere ai
docenti di affrontare con cognizione di causa queste problematiche e
ai ragazzi con DSA di poter esprimere appieno le proprie
potenzialità. Il ruolo, il potere e la responsabilità degli insegnanti –
come sottolineano le Linee Guida - infatti, sono molto significative:
essi possono aprire nuove opportunità - cognitive ed emotive oltre
che culturali - ai propri allievi con bisogni educativi speciali oppure
possono bloccare e atrofizzarne funzioni, capacità e possibilità.
114
115
58
Ibidem, pag. 24
Linee Guida Regione Toscana, cit., pag. 5
Nell’ambito delle scienze cognitive, infatti, come già ricordato in
precedenza, se la ricerca recente ha chiarito la natura neurobiologica
dei disturbi dell’apprendimento e la loro specifica “non completa”
modificabilità, al contempo ne ha evidenzialo la possibilità necessità di intervenire in modo adeguato sul funzionamento
cognitivo ed emotivo-motivazionale delle persone con DSA.116 Le
Linee Guida individuano innanzi tutto il tema della formazione in
servizio, attribuendo un ruolo fondamentale agli Uffici Scolastici
Regionali, chiamati ad attivare gli interventi di formazione in
sinergia con i servizi sanitari territoriali, le università, gli enti, gli
istituti di ricerca e le agenzie di formazione, individuando le
esigenze formative specifiche, differenziate anche per ordini e gradi
di scuola e tenendo conto di priorità dettate anche dalle precedenti
attività formative svolte sul territorio. Le istituzioni scolastiche,
anche collegate in rete, possono organizzare opportuni percorsi di
formazione mirati allo sviluppo professionale di competenze
specifiche in materia,117 mentre l’insegnante referente per i DSA
potrà svolgere un ruolo importante di raccordo e di continuità
riguardo all’aggiornamento professionale per i colleghi. A questo
riguardo, la prima forma di conoscenza che le Linee Guida indicano
ai soggetti interessati – i Docenti, appunto, ma anche il Dirigente
Scolastico – è quella della legge: la conoscenza della legge 170 del
2010 e delle conseguenti linee guida – che riassumono e superano
tutti i provvedimenti ministeriali precedentemente emanati riguardo
ai DSA - consente di avere consapevolezza del percorso completo di
gestione dei DSA all’interno della scuola, dei vari momenti di tale
percorso e dei processi conseguenti. Del pari opportuno per i docenti
è conoscere le caratteristiche dei singoli disturbi di apprendimento,
anche da un punto di vista medico-sanitario e psicologico, sia perché
tali caratteristiche giustificano gli specifici interventi previsti dalla
Legge, sia perché ciò consente di costruire un linguaggio comune fra
mondo scolastico e mondo dei servizi di diagnosi e di trattamento.
Le Linee Guida indicano quindi gli ulteriori obiettivi che la
formazione deve proporsi di far conoscere:
116
117
P. Damiani, op. cit., pag. 38
Linee Guida MIUR, cit., pag. 27
59
-
-
-
-
-
60
I principali strumenti che la scuola può utilizzare per
l’individuazione precoce del rischio di DSA, alla luce
dell’importanza che riveste per il percorso scolastico e il
destino personale di alunni e studenti con DSA ai fini
dell’individuazione tempestiva dei relativi segnali, come
ampiamente detto in precedenza.
Le Strategie educativo-didattiche di potenziamento e di aiuto
compensativo, che i docenti devono acquisire in merito agli
strumenti compensativi e alle misure dispensative, con
riferimento alla disciplina di loro competenza, operando una
integrazione tra le nuove tecnologie e le metodologie
didattiche per l’apprendimento al fine di effettuare scelte
consapevoli ed appropriate.
Le strategie di gestione della classe con alunni con DSA, al
fine di porre la dovuta attenzione alle ricadute psicologiche
delle scelte educative e didattiche, ricordando che
nell’apprendimento un ruolo di grande rilievo è
rappresentato dagli aspetti emotivi, motivazionali e
relazionali. La formazione, in tale ambito, ha l’obiettivo di
sviluppare competenze per creare ambienti di
apprendimento capaci di sviluppare autostima e senso di
autoefficacia negli alunni e negli studenti con DSA.
Le modalità relative alla concreta applicazione delle misure
didattiche e valutative personalizzate, che richiede un
allenamento pratico, da attuare già in fase di formazione
mediante attività laboratoriali.
Le forme di orientamento e di accompagnamento per il
prosieguo degli studi, affinché vengano superate le visioni
semplicistiche dettate da pregiudizi datati per cui i ragazzi
con DSA sarebbero destinati a percorsi formativi di basso
livello e gli stessi possano essere orientati scelte che
scaturiscano da un bilancio a livello personale che tenga
conto non solo delle aree di forza e di debolezza, ma anche
della motivazione e delle scelte personali e delle opportunità
disponibili, mettendo in campo l’intuizione delle potenzialità
emergenti.
- Le precedenti esperienze relative a ragazzi con DSA, per
implementare
buone
pratiche
didattiche,
nella
consapevolezza che la migliore efficacia formativa si
raggiunge probabilmente con lo studio di casi concreti, dei
problemi e del percorso svolto, delle criticità verificatesi in
corso e delle possibili soluzioni.118
Oltre alla formazione “interna”, le Linee Guida individuano altre
possibili forme di approfondimento sui DSA. Oltre al Corso di
perfezionamento e Master in “Didattica e psicopedagogia per i
Disturbi Specifici di Apprendimento”, promosso dal MIUR in
accordo con la Conferenza nazionale permanente dei Presidi di
Scienze della Formazione (CNPSF), presso le Facoltà di Scienze
della Formazione,119 vi sono altre misure relative al progetto “Nuove
Tecnologie e Disabilità” e al progetto “A scuola di dislessia”.120 Le
Linee Guida indicano inoltre i 96 Centri Territoriali di Supporto,
strutture presenti su tutto il territorio nazionale e collocate presso
scuole polo in cui operano tre docenti esperti sia nelle nuove
tecnologie a favore delle disabilità e dei Disturbi specifici di
apprendimento sia nei supporti software e hardware, oltre che
sull’impiego di strumenti compensativi, al fine di promuoverne e
incentivare l’azione a favore delle scuole e orientarne parte delle
azioni proprio nell’ambito dei DSA, prevedendo, al fine di
118
Ibidem, pagg. 27-29
Al fine di realizzare un’offerta formativa flessibile, che si adatti ai diversi
bisogni formativi del personale della scuola, i corsi, per complessivi 60 CFU, sono
articolati in tre moduli, ciascuno equivalente a 20 CFU, corrispondenti
rispettivamente ad un livello ‘base’, ‘intermedio’ e ‘avanzato’, che possono essere
frequentati anche singolarmente.
Per l’aggiornamento scientifico del piano strutturale e contenutistico dei corsi, è
costituito, con decreto ministeriale, un apposito Comitato Tecnico, con compiti di
coordinamento e monitoraggio, affiancato da un Comitato Scientifico, composto da
docenti, esperti e studiosi provenienti dal mondo della scuola, della ricerca e
dell’Università. Cfr Linee Guida, ibidem
120 Ibidem, pag. 29 e 30
119
61
incentivare forme di coordinamento fra i CTS ed aggiornare modelli
e metodologie didattiche utilizzate a favore degli studenti con DSA,
adeguate e cicliche forme di aggiornamento a favore degli operatori
che vi lavorano.121 Prevedono infine un supporto informativo alla
formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici per favorire la
conoscenza specifica sui DSA attraverso una specifica sezione del
proprio sito internet.122
5.4 Gli Uffici Scolastici Regionali
In un sistema educativo e formativo che investe sulla centralità
dell'alunno, sul forte rapporto scuola-famiglia e sull’interazione tra i
soggetti – istituzionali e non – del territorio, agli Uffici Scolastici
Regionali (USR) le Linee Guida del Ministero assegnano un ruolo
strategico di coordinamento e di indirizzo della politica scolastica
nell’ambito del quale sono chiamati ad assumere impegni ed attivare
specifiche iniziative per garantire il diritto allo studio agli alunni con
disturbi specifici di apprendimento. Nello specifico, viene richiesto
che l’USR faccia in modo che l’attenzione e la cura educative in
favore degli alunni e degli studenti con DSA non siano rimesse alla
volontà dei singoli insegnanti, ma riconducibili ad una logica di
sistema. Le Linee Guida, a tal proposito, indicano alcune azioni che
gli USR, nel rispetto dell’autonomia di ogni singola realtà regionale,
dovrebbero attivare:
- protocolli deontologici regionali per condividere le
procedure e i comportamenti da assumere nei confronti degli
alunni con DSA (dalle strategie per individuare
precocemente i segnali di rischio alle modalità di
accoglienza, alla predisposizione dei Piani didattici
personalizzati, al contratto formativo con la famiglia);
- la costituzione di gruppi di coordinamento costituiti dai
referenti provinciali per l’implementazione delle linee di
indirizzo emanate a livello regionale;
- la stipula di accordi (convenzioni, protocolli, intese) con le
associazioni maggiormente rappresentative e con il SSN;
121
122
62
Ibidem, pag. 30
Ibidem, pag. 31
-
-
123
l’organizzazione di attività di formazione diversificate, in
base alle specifiche situazioni di contesto e adeguate alle
esperienze, competenze, pratiche pregresse presenti in ogni
realtà, in modo da far coincidere la risposta formativa
all’effettiva domanda di supporto e conoscenza;
il potenziamento dei Centri Territoriali di Supporto per
tecnologie e disabilità (CTS) soprattutto incrementando le
risorse (sussidi e strumenti tecnologici specifici per i DSA) e
pubblicizzando ulteriormente la loro funzione di punti
dimostrativi.123
Ibidem, pag. 22
63
CAPITOLO VI
GLI ATENEI. LO STUDIO UNIVERSITARIO DEGLI
STUDENTI CON DSA. PREVISIONI NORMATIVE ED
AUTONOMIA
SOMMARIO – 6.1 Il ruolo delle Università in favore degli
studenti con DSA – 6.2 Provvedimenti dispensativi e
compensativi per l’accesso e la valutazione nelle Università. a)
I test di ammissione b) La flessibilità didattica c) Gli esami
universitari
6.1 Il ruolo delle Università in favore degli studenti con DSA
Anche per il percorso accademico sono previste importanti misure in
favore degli studenti con DSA. Infatti, nonostante nel corso dell’età
evolutiva si verifichino processi di compensazione funzionale che
migliorano notevolmente le prestazioni dei ragazzi con DSA, il
substrato biologico non scompare e può condizionare in maniera
significativa le attività accademiche, richiedendo un impegno
personale supplementare e strategie adeguate ad aggirarne le
difficoltà. Le Università, in accordo con le finalità della legge,
dovranno svolgere un ruolo importante, trovando soluzioni
all’interno delle metodologie didattiche e di valutazione e favorendo
l’uso di strategie e risorse, in particolare attraverso le nuove
tecnologie, già in occasione delle prove di ammissione
eventualmente previste.124 E’ evidente che preliminare
all’applicazione delle norme previste dalla Legge 170 sia
l’acquisizione, da parte dell’Ateneo, della diagnosi di cui all’art 3
della legge 170/2010 anche se – analogamente a quanto accade negli
altri ordini di istruzione – nell’ambito universitario si pone
ugualmente la necessità di interventi idonei ad individuare i casi
sospetti di DSA negli studenti,125 per esempio mediante l’utilizzo di
strumenti di screening sotto forma di questionari specifici, il cui
124
Legge 170 del 2010, art. 5 comma 4
In questo senso va interpretato l’art. 3, comma 3, della Legge 170 del 2010, così
come specificano le Linee Guida MIUR cit. pag. 26.
125
64
esito, ovviamente, non è comunque una diagnosi ma solo
l’evidenziazione di una difficoltà, dovendo la diagnosi, come è noto,
essere effettuata dal Servizio Sanitario Nazionale, da specialisti o
strutture accreditate, se previste dalle Regioni.126
6.2 Provvedimenti dispensativi e compensativi per l’accesso e la
valutazione nelle Università.
a. I test di ammissione
Le Linee Guida prevedono che la presentazione della certificazione
diagnostica, al momento dell’iscrizione, permetta di accedere ai test
di ammissione con le seguenti modalità:
- la concessione di tempi aggiuntivi, rispetto a quelli stabiliti
per la generalità degli studenti, ritenuti congrui dall’Ateneo
in relazione alla tipologia di prova e comunque non superiori
al 30% in più;
- la concessione di un tempo aggiuntivo fino a un massimo
del 30% in più rispetto a quello definito per le prove di
ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale
programmati a livello nazionale o dalle università;
- in caso di particolare gravità certificata del DSA, la
possibilità, per gli Atenei, di valutare ulteriori misure atte a
garantire pari opportunità nell’espletamento delle prove
stesse.127
b. La flessibilità didattica
Le diagnosi presentate successivamente all’iscrizione permettono
invece di poter fruire degli appositi provvedimenti dispensativi e
compensativi di flessibilità didattica.128 In particolare, per quanto
attiene alle misure dispensative, ci si riferisce alla possibilità di:
- privilegiare verifiche orali piuttosto che scritte, tenendo
conto anche del profilo individuale di abilità;
126
Linee Guida MIUR, pag. 27
Ibidem, pag. 26
128 Legge 170 del 2010, art. 5 comma 1
127
65
-
prevedere nelle prove scritte l’eventuale riduzione
quantitativa, ma non qualitativa, nel caso non si riesca a
concedere tempo supplementare;
- considerare nella valutazione i contenuti piuttosto che la
forma e l’ortografia.
Per quanto attiene agli strumenti compensativi, le Linee Guida fanno
riferimento alle facilitazioni e agli strumenti eventualmente già in
uso durante il percorso scolastico, quali, per esempio:
- registrazione delle lezioni;
- utilizzo di testi in formato digitale;
- programmi di sintesi vocale;
- altri strumenti tecnologici di facilitazione nella fase di studio
e di esame.129
c. Gli esami universitari
Per quanto attiene alle forme di verifica e di valutazione, con
riferimento agli esami universitari, le Linee Guida dispongono che si
applichino le misure dispensative e gli strumenti compensativi già
ampiamente descritti (prove orali invece che scritte; uso di personal
computer con correttore ortografico e sintesi vocale; tempo
supplementare fino a un massimo del 30% in più oppure riduzione
quantitativa; valutazione dei contenuti più che della forma). E’
stabilito, infine, che gli Atenei prevedano servizi specifici per i DSA
che pongano in essere tutte le azioni necessarie a garantire
l’accoglienza, il tutorato, la mediazione con l’organizzazione
didattica e il monitoraggio dell’efficacia delle prassi adottate, come
l’utilizzo di tutor specializzati, la consulenza per l’organizzazione
delle attività di studio, forme di studio alternative come, per
esempio, la costituzione di gruppi di studio fra studenti dislessici e
non, lezioni ed esercizi on line sul sito dell’università.130
129
130
66
Linee Guida MIUR, cit., pagg. 26 e 27
Ibidem, pag. 27
CAPITOLO VII
I FONDAMENTI COSTITUZIONALI DELLE NORME
SUI DSA. IL DIRITTO AL PIENO SUCCESSO
FORMATIVO E IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA
SOSTANZIALE NELLA LEGGE 170 E NELLE NORME
DI RANGO SECONDARIO. L’INTERVENTO DELLE
REGIONI
SOMMARIO – 7.1 Le finalità della legge 170 del 2010 e
l’attuazione del principio di uguaglianza sostanziale - 7.2 Il diritto al
pieno successo formativo nelle norme precedenti alla Legge 170 del
2010 - 7.3 Il tentativo di allargare la platea dell’area di svantaggio: i
Bisogni educativi speciali – 7.4 Le norme regionali di ausilio ai
soggetti con DSA.
7.1 Le finalità della legge 170 del 2010 e l’attuazione del
principio di uguaglianza sostanziale
Gli obiettivi che si pone la legge 170 del 2010, di cui si è proposto
un commento ragionato in questo studio, sono sintetizzati nel suo
incipit:
a) garantire il diritto all'istruzione;
b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure
didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e
promuovere lo sviluppo delle potenzialità;
c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle
necessità formative degli studenti;
e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti
delle problematiche legate ai DSA;
f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi;
g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra
famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e
di formazione;
67
h) assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in
ambito sociale e professionale.131
Al di là delle lacune della norma, che si è cercato di evidenziare, e
delle evidenti criticità che rinvengono da una applicazione della
stessa non sempre in linea con le intenzioni del legislatore, appare di
tutta evidenza come la legge sia stata pensata per dare attuazione al
dettato costituzionale, che negli articoli 3 e 24 sancisce il diritto
all’uguaglianza e assicura a tutti i cittadini la possibilità di agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti e degli interessi legittimi. La
legge n. 170 del 2010 tocca tuttavia – come sostenuto da autorevole
dottrina - anche molti altri temi di specifico interesse del diritto
costituzionale, alcuni dei quali sono stati già affrontati nel corso di
questo studio ed in particolare quelli inerenti al diritto all’istruzione,
quelli relativi alla ripartizione di competenze legislative Stato e
Regioni - come vedremo più innanzi – quelli riguardanti la
definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e quelli che
riguardano l’autonomia delle istituzioni universitarie132 L’aspetto
che appare di maggiore interesse è tuttavia, senza dubbio, il tentativo
di perseguire l’eguaglianza sostanziale, prevista dal secondo comma
dell’art. 3, attraverso la piena realizzazione del diritto allo studio e
del pieno successo formativo anche delle persone svantaggiate,
valorizzando il richiamo agli artt. 9, 30, 33 e 38 Cost. Se è compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno
sviluppo della persona, a tutti i bambini e i ragazzi – anche a quelli
in situazione di svantaggio, come sono indubbiamente quelli con
DSA - deve essere riconosciuto – infatti - il diritto ad una pari
opportunità di apprendimento al fine di valorizzarne le potenzialità e
rimuovere gli ostacoli che ne potrebbero impedire la piena
realizzazione come persone e come cittadini. Promuovere lo
sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, di converso, vuol
dire, in questa sede, anche approfondire le problematiche connesse ai
disturbi specifici dell’apprendimento e prevedere in che modo
131
132
68
Legge 170 del 2010, art. 2
G. ARCONZO, op. cit., pag. 2
l’utilizzo delle misure dispensative e degli strumenti compensativi –
spesso frutto di tecnologie avanzate - possa aiutare i soggetti con
DSA a superare i propri deficit. Se è vero infatti che il legislatore ha
sancito, per il fatto stesso di aver emanato una norma apposita, che i
DSA costituiscono cosa diversa dalle disabilità prese in
considerazione dalla legge n. 104 del 1992133 e stabilito, quindi, di
non qualificare gli stessi come una “minorazione fisica, psichica o
sensoriale…che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione
o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di
svantaggio sociale o di emarginazione”, secondo la definizione fatta
propria dall’art. 3 della citata legge, è pur vero che abbiamo a che
fare, in ogni caso, con “disturbi” comunque capaci di costituire
importanti limitazioni per alcune attività della vita quotidiana.134
Limitazioni che secondo quanto prescrive il principio di uguaglianza
sostanziale, la Repubblica ha il compito di rimuovere135 e che tenta
di fare proprio grazie alle misure che lo stesso legislatore ha previsto
e che sono state ampiamente illustrate. La legge 170, quindi, colma
un vuoto legislativo, ponendosi l’obiettivo di attribuire effettiva
tutela alle persone – più correttamente agli alunni e agli studenti –
affetti da DSA, nel pieno rispetto del dettato costituzionale ed in
attuazione dello stesso, completando un percorso che la Corte
Costituzionale aveva indicato da tempo come necessario fin dalla
sentenza n. 215 del 1987, con cui attribuisce al diritto all’istruzione
portata di diritto fondamentale, da garantirsi anche in favore delle
persone svantaggiate. In quella sentenza “rivoluzionaria”, con cui la
Corte Costituzionale ha, ancora una volta, suggerito ed anticipato al
legislatore la necessità di dare concretezza ed attuazione al dettato
della Carta Fondamentale, auspicando che lo stesso, nell’ambito
della propria discrezionalità, approntasse “una compiuta disciplina
idonea a dare organica soluzione a tale rilevante problema umano e
133 Legge 5 febbraio 1992, n. 104 "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate."
134 G. ARCONZO, op. cit., pag. 2
135 Ibidem, pag. 5
69
sociale”,136 si faceva presente come “sul tema della condizione
giuridica del portatore di handicaps confluiscono un complesso di
valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno
costituzionale”.137 Nell’art. 34 Cost, che riconosce l'istruzione come
diritto di tutti i cittadini, la Corte intravedeva piena attuazione
dell’art. 2, basilare garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo,
individuando la scuola tra quelle "formazioni sociali ove si svolge la
sua personalità".138 Il raccordo e l’integrazione con il secondo
comma dell’art. 3 Cost., che richiede il superamento delle
sperequazioni di situazioni sia economiche che sociali suscettibili di
ostacolare il pieno sviluppo delle persone, era poi evidente. “Lette
alla luce di questi principi fondamentali, le successive disposizioni
contenute nell'art. 34”, secondo la Corte, “palesano il significato di
garantire il diritto all'istruzione malgrado ogni possibile ostacolo che
di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona.”139 La necessità,
sancita dall’art. 34, di favorire l’educazione e l’istruzione
rimuovendo gli ostacoli di ordine economico, trovava, secondo la
Corte, il suo completamento nella necessità di rimuovere ostacoli di
altro ordine, la cui rimozione è postulata in via generale come
compito della Repubblica nelle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3,
secondo comma: non sostenere ciò significherebbe sottacere il fatto
evidente che l'inserimento nella scuola e l'acquisizione di una
compiuta istruzione sono strumento fondamentale per quel "pieno
sviluppo della persona umana" che tali disposizioni additano come
meta da raggiungere.140 La sentenza della Corte, che faceva,
all’epoca, particolare riferimento agli handicappati, per i quali
riteneva illegittimo “postulare come dato insormontabile una
disuguaglianza di fatto rispetto alla quale è invece doveroso
apprestare gli strumenti idonei a rimuoverla”, tra i quali, appunto
136https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1987&numer
o=215, consultato il 15.07.2018
ibidem
138 ibidem
139 ibidem
140 ibidem
137
70
“l'effettivo inserimento di tali soggetti nella scuola” deve valere
ancor di più – se possibile – per quei soggetti, come i quelli con
DSA, per i quali questa necessità si pone in maniera ancora più forte
ed evidente. Da una parte, infatti, la circostanza che gli stessi, come
detto in precedenza più volte, non siano affetti da handicap non deve
escluderli (e non li esclude) dal novero di quelle persone
“svantaggiate” rispetto alle quali la Repubblica deve garantire il
pieno sviluppo della persona apprestando i mezzi per raggiungerlo,
individuando i compiti della scuola quale fondamentale istituzione
deputata a tal fine, e se del caso agevolando, con misure economiche
e "altre provvidenze", l'assolvimento dei compiti della famiglia - tra i
quali è quello dell'istruzione ed educazione dei figli (art. 30 Cost.) presupponendo che esso possa per vari motivi risultare
difficoltoso;141 dall’altra, proprio il fatto che gli stessi siano
normodotati e il titolo di studio dagli stessi conseguito – a differenza
di quanto accade per le persone con disabilità mentale – è
pienamente valido, deve fare in modo che il compito al quale la
Repubblica deve assolvere venga perseguito con altrettanta efficacia
e determinazione, sì da porli nelle stesse condizioni degli alunni e
degli studenti che non hanno le loro caratteristiche e ai quali, al
termine degli studi, sono equiparati.
7.2 Il diritto al pieno successo formativo nelle norme precedenti
alla Legge 170 del 2010
Prima che la legge 170 venisse approvata, di fronte alla evidenza
scientifica del problema e alla difficoltà del legislatore di offrire una
soluzione (il primo disegno di legge in materia, come accennato
all’inizio, è del 2002), il diritto all’istruzione dei soggetti che
presentano DSA era stato affrontato ed affermato in alcune circolari
emanate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca. La prima è la nota del 5 ottobre 2004 prot.4099/A/4, con la
quale il Ministero riteneva “auspicabile” che le scuole, nel rispetto
della loro autonomia, utilizzassero “strumenti compensativi e
141
ibidem
71
dispensativi” per venire incontro alle esigenze degli alunni
dislessici,142 emessa sulla base di alcune segnalazioni di genitori che
chiedevano che si tenesse conto delle caratteristiche dei loro figli sia
nel processo didattico che in sede di valutazione - seguita da nota del
5 gennaio 2005 prot. 26/A 4° con la quale si auspicava nuovamente
“la consueta collaborazione” tra il Ministero e le strutture periferiche
“per l'utilizzazione dei provvedimenti dispensativi e compensativi” e
si precisava che per l'utilizzazione dei “provvedimenti” di cui sopra
potesse essere “sufficiente la diagnosi specialistica di disturbo
specifico di apprendimento (o dislessia) e che tali strumenti debbano
essere applicati in tutte le fasi del percorso scolastico, compresi i
momenti di valutazione finale”.143 La nota del 2004 terminava con
l’auspicio che i Direttori Scolastici Regionali, ai quali era
indirizzata, ponessero in essere “iniziative di formazione al fine di
offrire risposte positive al diritto allo studio e all’apprendimento dei
dislessici, nel rispetto dell’autonomia scolastica.”144 Nella successiva
142nota
del 5 ottobre 2004 prot.4099/A/4 in
http://people.unica.it/disabilita/files/2010/10/circolareMIUR.pdf, consultato in data
22.07.2018
143 Prot.n.26/A 4° del 5 gennaio 2005, in
http://www.isissmorciano.gov.it/wordpress/wpcontent/uploads/DSA/4/Iniziative%20Dislessia%202005.pdf,
consultato
il
22.07.2018. Tra gli strumenti compensativi essenziali venivano indicati: - Tabella
dei mesi, tabella dell’alfabeto, e dei vari caratteri. - Tavola pitagorica. - Tabella
delle misure, tabella delle formule geometriche. - Calcolatrice. - Registratore. Computer con programmi di video-scrittura con correttore ortografico e sintesi
vocale. Per gli strumenti dispensativi, valutando l’entità e il profilo della difficoltà,
in ogni singolo caso, si riteneva essenziale tener conto dei seguenti punti: - Dispensa
dalla lettura ad alta voce, scrittura veloce sotto dettatura, uso del vocabolario, studio
mnemonico delle tabelline. - Dispensa, ove necessario, dallo studio della lingua
straniera in forma scritta. - Programmazione di tempi più lunghi per prove scritte e
per lo studio a casa. - Organizzazione di interrogazioni programmate. - Valutazione
delle prove scritte e orali con modalità che tengano conto del contenuto e non della
forma.”
144 Nota del 5 ottobre 2004 prot.4099/A/4
http://people.unica.it/disabilita/files/2010/10/circolareMIUR.pdf, consultato in data
22.07.2018
72
circolare del 10 maggio 2007 il Ministero precisava che mentre gli
strumenti compensativi, per la loro funzione di ausilio erano
particolarmente suggeriti per la scuola primaria e, in generale, nelle
fasi di alfabetizzazione strumentale per i diversi apprendimenti, le
misure dispensative potevano avere un campo di applicazione molto
più ampio che si estendeva anche agli studenti degli istituti di
istruzione secondaria superiore. Ovviamente, si trattava di misure
dispensative e di provvedimenti compensativi da attuarsi anche in
occasione degli esami di Stato. A questo proposito, il Ministero
ribadiva la impossibilità di dispensare gli alunni dalle prove scritte di
lingua straniera, facendo tuttavia presente la opportunità di
“compensare le oggettive difficoltà degli studenti mediante
assegnazione di tempi adeguati all’espletamento delle prove e
procedere in valutazioni più attente ai contenuti che alla forma”. Si
dava conto della possibilità della dispensa dallo studio della lingua
straniera in forma scritta ma della impossibilità di dispensare gli
alunni dalle prove scritte di lingua straniera durante gli esami di
Stato, indicando la necessità di compensare le oggettive difficoltà
degli studenti mediante assegnazione di tempi adeguati
all’espletamento delle prove e procedere in valutazioni più attente ai
contenuti che alla forma. Stesso discorso proponeva a proposito del
Latino e del Greco, per i quali, non potendosi attuare una dispensa
dalla prova scritta nemmeno durante l’anno scolastico, invitava gli
insegnanti a “riservare maggiore considerazione per le
corrispondenti prove orali come misura compensativa dovuta”.145
Circolari dal contenuto analogo, volte a richiamare l’attenzione su
tali problematiche e ad assicurare ad esempio l’utilizzo degli
strumenti compensativi anche durante gli esami di Stato, sono state
successivamente emanate nel marzo e nel maggio del 2008 e del
2009146. In particolare, nell'ordinanza ministeriale n. 40/2009 Il
145 nota n. Prot. 4674 del 10.05.2007, Dir. Generale Ordinamenti Scolastici, MIUR,
in
https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/prot4674_07.shtml, consultata
il 22.07.2018
146 Vedi ultra
73
MIUR, richiamando quanto stabilito nella nota del 10 maggio 2007
appena esaminata, disponeva all’articolo 12, comma 7 che la
Commissione d’esame dovesse tenere “in debita considerazione le
specifiche situazioni soggettive, relative ai candidati affetti da
disturbi specifici di apprendimento (D.S.A.), sia in sede di
predisposizione della terza prova scritta, che in sede di valutazione
delle altre due prove scritte, prevedendo anche la possibilità di
riservare alle stesse tempi più lunghi di quelli ordinari” e che al
candidato fosse consentita “l’utilizzazione di apparecchiature e
strumenti informatici nel caso in cui siano stati impiegati per le
verifiche in corso d’anno”.147 Ribadiva come in sede di scrutinio
finale fosse “doveroso che i Consigli di classe valutino con
particolare attenzione le situazioni concernenti gli allievi con DSA,
verificando che in corso d'anno siano state applicate le indicazioni
inserite nelle note emanate da questo Ministero” – già ampiamente
richiamate – “e siano stati predisposti percorsi personalizzati con le
indicazioni di compenso e dispensa, e considerando in ogni caso se
le carenze presenti in questi allievi siano o meno da imputarsi al
disturbo di apprendimento”. In relazione agli esami conclusivi del
primo e del secondo ciclo, il MIUR raccomandava di sensibilizzare
le Commissioni affinché adottassero, nel quadro e nel rispetto delle
regole generali che disciplinano la materia degli esami di Stato, ogni
opportuna iniziativa per un appropriato svolgimento delle prove da
parte degli studenti affetti da disturbi specifici dell'apprendimento.
Ribadiva come, non essendo possibile dispensare gli alunni dalle
prove scritte, in particolare da quelle di lingua straniera e dalla prova
scritta nazionale prevista per gli esami conclusivi della scuola
secondaria di I grado (la prova INVALSI), le oggettive difficoltà
degli studenti dovessero essere compensate mediante l'assegnazione
di tempi più distesi per l'espletamento delle prove, l'utilizzo di
147
Ordinanza Ministeriale MIUR n. 40 08/04/2009 Istruzioni e modalità
organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato nelle scuole
secondarie superiori. A.S. 2008/2009,
in http://www.integrazionescolastica.it/article/836, consultato il 22.07.2018
74
apparecchiature, strumenti informatici e ogni opportuno strumento
compensativo e valutazioni più attente ai contenuti che alla forma.
Pertanto, in tutti i casi in cui le prove scritte interessassero lingue
diverse da quella nativa, i docenti dovevano riservare maggiore
considerazione per le corrispondenti prove orali come misura
compensativa dovuta, richiamando, per l'espletamento della prova
scritta nazionale da parte degli studenti della scuola secondaria di I
grado, quanto indicato nella circolare ministeriale n. 51/2009 148 e
cioè l’utilizzo di “una versione informatizzata della prova nazionale
per i candidati con disturbo specifico di apprendimento (DSA) per i
quali ciascuna istituzione scolastica abbia fatto richiesta
all’INVALSI in tempo utile e, comunque, non oltre il giorno
precedente la prova”149. Circa gli esami di Stato conclusivi della
scuola secondaria di II grado, il MIUR disponeva che la
Commissione esaminatrice tenesse in debita considerazione le
specifiche situazioni soggettive degli alunni con disturbi specifici di
apprendimento, sia in sede di predisposizione della terza prova
scritta, che in sede di valutazione delle altre prove scritte,
prevedendo anche la possibilità di riservare alle stesse tempi più
lunghi di quelli ordinari e l'utilizzo dei mezzi compensativi più sopra
menzionati. Ovviamente, nelle certificazioni sostitutive, nonché
nella pubblicizzazione degli esiti conclusivi degli esami, non
avrebbe dovuto esservi menzione delle misure compensative
disposte nei confronti degli studenti affetti da disturbi specifici di
apprendimento.150 Sulla scorta di tali circolari, gli studenti ai quali
gli specialisti certificano la presenza di un DSA avevano diritto ad
148
C.M. n. 51 prot. n. 5339/R.U./U Roma, 20 maggio 2009, anno scolastico
2008/2009 – esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, in
https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2009/allegati/cm51_09.pdf,
consultato in data 22.07.2018
149 Ibidem.
150 Nota MIUR prot. n. 5744 del 28.05.2009, in
http://www.isissmorciano.gov.it/wordpress/wpcontent/uploads/DSA/3/Esami%20di%20Stato%20Nota%20MIUR%205744%2020
09.pdf, consultato il 22.07.2018
75
usufruire delle misure compensative e dispensative. Nella realtà dei
fatti, le scuole, spesso impreparate ad affrontare tali problematiche,
avevano frequentemente lasciato cadere nel vuoto le richieste di
misure dispensative e compensative. Ne è conseguito che sempre più
spesso i genitori hanno fatto ricorso alla Giustizia Amministrativa al
fine di contestare la legittimità dei provvedimenti di non ammissione
alla classe successiva o agli esami di stato dei figli affetti da DSA.
Nella maggioranza dei ricorsi ai Tribunali Amministrativi Regionali
– come si vedrà meglio in seguito - i ricorrenti evidenziavano il fatto
che le scuole non avessero tenuto in considerazione la specifica
situazione degli studenti in questione, omettendo altresì la
predisposizione di percorsi personalizzati contenenti le indicazioni
sugli strumenti dispensativi e compensativi. Si era così sviluppata
una pressoché costante giurisprudenza151 volta a censurare
l’atteggiamento delle istituzioni scolastiche e a valorizzare il
contenuto delle summenzionate circolari ministeriali152 ritenendo
cogenti le disposizioni previste in quei provvedimenti
amministrativi, ancorché non avessero la valenza di norme di rango
primario. La legge del 170 del 2010, oltre che raccogliere i frutti di
un dibattito parlamentare iniziato diversi anni prima e recepire le
indicazioni della giurisprudenza, non ha fatto altro che – finalmente
– dare forza e valore di legge alle norme a tutela dei DSA,
riconoscendo ai ragazzi con queste caratteristiche una serie di diritti
e in capo alle istituzioni scolastiche ed al Ministero (e per esso alle
Istituzioni Scolastiche) una serie di obblighi che, come abbiamo
visto, affondano la loro legittimazione nella Costituzione
Repubblicana, che in questo modo trova una più compiuta
151
Si vedano, ad esempio, T.A.R. Lombardia – Milano, sez. IV, sent. 30.06.2008, n.
2251; T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III, ord. 11.09.2009, n. 1091; T.A.R.
Lombardia – Milano, sez. III, sent. 15.09.2009, n. 4649; T.A.R. Lazio – Roma, sez.
III bis, ord. 4.08.2010, n. 6648; T.A.R. Lazio – Roma, sez. III bis, sent. 23.08.2010,
n. 31203; T.A.R. Puglia - Lecce, ord. 9.09.2010, n. 709. In senso contrario, cfr.
anche la già citata T.A.R. Veneto, sez. III, sen. 6.09.2007, n. 3135. citate da
Arconzo, op. cit.
152 G. ARCONZO, op. cit., pag. 4
76
attuazione. La scarsa conoscenza della problematica che tuttora –
dopo quasi due decenni di dibattiti sull’argomento – si registra molto
spesso da parte del corpo docente unitamente ad una sorta di
persistente pregiudizio contro i ragazzi con DSA è per questo ancor
di più incomprensibile, frutto, probabilmente, di scarsa conoscenza
del problema e delle norme che lo regolamentano, dovuta
probabilmente anche a mancanza di adeguato aggiornamento. Una
“inerzia” a cui il MIUR – che fin dal 2002, pur in assenza di
qualsiasi disposizione normativa al riguardo e sebbene in maniera
imprecisa (per esempio si tendeva a ricomprendere nella Dislessia
ogni DSA) aveva cercato di porre rimedio, contribuendo alla crescita
di una coscienza comune nelle istituzioni interessate - al fine di
limitare la soluzione di delicate vicende personali attraverso la via
giudiziaria.
7.3 Il tentativo di allargare la platea dell’area di svantaggio: i
Bisogni educativi speciali
Si deve sempre alla normazione di rango secondario l’introduzione
nel nostro ordinamento della categoria dei Bisogni Educativi
Speciali (BES) che, riprendendo la definizione usata per la prima
volta circa trentacinque anni prima nel Rapporto Warnock,153 che si
era posto l’obiettivo di integrare gli alunni tradizionalmente ritenuti
“diversi”
attraverso
un
approccio
inclusivo
basato
sull’individuazione di obiettivi educativi comuni a tutti gli alunni,
indipendentemente dalle loro abilità o disabilità, prende atto di
un’area di svantaggio scolastico molto più ampia di quella riferibile
esplicitamente alla presenza di deficit. 154Il riferimento è al modello
diagnostico ICF (International Classification of Functioning)
dell’OMS che, in una prospettico bio-psico-sociale, considera la
153 Special education needs - Report of the Committee of Enquiry into the
Education of Handicapped Children and Young People, 1978
154 La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della
Salute (ICF) fa parte della Famiglia delle Classificazioni Internazionali dell’OMS
insieme all’International Statistical Classification of Diseases and Related Health
Problems 10th revision (ICD-10), all’International Classification of Health
Interventions (ICHI), e alle Classificazioni derivate
77
persona nella sua totalità e sulla base dell’analisi del contesto,
consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali dell’alunno
prescindendo da preclusive tipizzazioni, sulla base della
considerazione che “ogni alunno, con continuità o per determinati
periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi
fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali,
rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e
personalizzata risposta”.155 Sulla scorta di questa impostazione, la
direttiva Ministeriale del 27.12.2012156 ricomprende tra i BES tre
grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi
evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico,
linguistico, culturale. Per “disturbi evolutivi specifici” la direttiva
intende, oltre ai disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit
del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria,
ricomprendendo – per la comune origine nell’età evolutiva – anche
quelli dell’attenzione e dell’iperattività oltre al funzionamento
intellettivo limite, quello cioè dei ragazzi con quoziente intellettivo
dai 70 agli 85 punti che non presenta elementi di specificità.157
Allargando la platea di coloro che possono essere interessati dalle
istituzioni scolastiche, la direttiva si pone il problema della tutela
anche di tutti quegli alunni e di quegli studenti interessati da deficit
da disturbo dell’attenzione, iperattività (ADHD), o che abbiano
potenziali intellettivi non ottimali, descritti generalmente con le
espressioni di funzionamento cognitivo (intellettivo) limite (o
borderline). Gli stessi, qualora non rientrino nelle previsioni delle
leggi 104 o 170 – e quindi non ottengano la certificazione di
disabilità - hanno pari diritto a veder tutelato il loro successo
formativo. La soluzione per il Ministero è di estendere a tutti gli
alunni con bisogni educativi speciali ricompresi nella precedente
“area” e quindi sprovvisti di certificazione idonea ma individuati dal
Consiglio di Classe, le misure previste dalla Legge 170 per alunni e
studenti con disturbi specifici di apprendimento.158 A questo
proposito, l’ampia discrezionalità data al Consiglio di classe (nelle
155
Direttiva MIUR del 27.12.2012, pag. 1
Direttiva MIUR del 27.12.2012, pag. 2
157 Ibidem, pag. 3
158 Ibidem, pag. 3
156
78
scuole secondarie) o al team docenti (nelle scuole primarie) di
valutare l’efficacia di strumenti specifici comporterà l’adozione e
quindi la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con
eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative non al fine
di certificare gli alunni con bisogni educativi speciali, ma per
individuare quelli per i quali è opportuna e necessaria l’adozione di
particolari strategie didattiche, la cui validità rimane comunque
circoscritta all’anno scolastico di riferimento.159 E’ bene interrogarsi,
tuttavia, sulla effettività della tutela accordata a questi soggetti. Se
da una parte norme di rango secondario non hanno impedito ai
Giudici amministrativi di dichiarare la illegittimità di provvedimenti
degli istituti scolastici che non riconoscevano il diritto degli alunni
con DSA ad usufruire delle tutele previste dalle stesse anche prima
della emanazione della legge 170, proprio la presenza di quella
legge, oggi, dovrebbe porre il problema di estendere quelle forme di
tutela previste per i DSA attraverso la normazione primaria, una
volta che il legislatore ha manifestato la volontà di attivarsi in favore
di una parte ben determinata della platea di alunni e studenti con
queste caratteristiche. Vero è che, se pure non è prevista
l’obbligatorietà per gli istituti scolastici di applicare le tutele previste
per i DSA anche ai BES senza certificazione DSA, una volta che il
Consiglio di Classe abbia ritenuto di predisporre ed approvare un
Piano Didattico Personalizzato anche per questi ultimi, è evidente
che l’azione della scuola debba essere conseguente, ed è evidente
che la mancata applicazione di quanto previsto nei PDP possa
comportare l’illegittimità dei provvedimenti valutativi che non
tengano conto di quanto in essi previsto. Tuttavia, è indubbio che
una soluzione di questo tipo ponga dei problemi sulla effettività
della tutela degli alunni e gli studenti con Bisogni Educativi Speciali.
Sarebbe anche per questo auspicabile una riforma della legge 170
che tenga conto – oltre che delle criticità già evidenziate – anche
della necessità di estendere anche ad essi la platea dei soggetti cui
una norma di rango primario assicura una protezione più ampia ed
efficace.
159
Nota MIUR n.2563 del 22 novembre 2013
79
7.4 Le norme regionali di ausilio ai soggetti con DSA.
Anche a livello regionale il dibattito sui DSA ha trovato terreno
fertile. Alcune regioni hanno emanato norme di rango primario sul
tema, precedendo addirittura la legge nazionale. È il caso, per
esempio, della Regione Basilicata, che già nel 2007, con la legge n.
20 del 12 novembre ha dettato norme relative ad interventi in favore
dei soggetti affetti da dislessia e da altre difficoltà specifiche di
apprendimento o della Regione Valle d’Aosta, con la legge 12
maggio 2009 n. 8, della Regione Liguria, con la Legge 15 febbraio
2010 n. 3, della Regione Veneto, con la Legge 4 marzo 2010, n. 16 e
della Regione Molise, con la Legge 8 gennaio 2010, n.1. Altre
Regioni sono intervenute successivamente alla approvazione della
Legge Nazionale. (Provincia Autonoma di Trento, Legge 26 ottobre
2011, n. 14; Regione Marche, Legge del 19 novembre 2012, n. 32;
Regione Calabria, Legge 11 aprile 2012, n. 10). Altre si sono
limitate a dare indicazioni di carattere amministrativo vertenti per lo
più sulla predisposizione di misure organizzative relative alla sanità
regionale, sulla scorta delle disposizioni di attuazione della Legge
170, che all’art. 7 prevedeva la predisposizione di protocolli
regionali per le attività di identificazione precoce del disturbo, da
emanare entro sei mesi sulla base di linee guida del MIUR, redatte di
concerto con il Ministro della salute, previa Intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano che tuttavia è intervenuta,
dopo una lunga gestazione, solo in data 25/7/2012.160 Le leggi
regionali, focalizzate su norme relative alla organizzazione della
sanità regionale finalizzata alla certificazione della diagnosi dei DSA
e quindi contenute nei limiti della propria competenza funzionale e –
ovviamente – territoriale, prevedono tuttavia, al contrario della legge
170, una norma che tutela i DSA anche dopo il termine del corso di
studi. E’ per esempio il caso della regione Basilicata, che prevede
che tutti i soggetti affetti da disturbi specifici di apprendimento
(DSA) nelle prove scritte dei concorsi pubblici indetti dalla Regione
160 Accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano su
“Indicazioni per la diagnosi e la certificazione diagnostica dei disturbi specifici di
apprendimento” sancito dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano n. 140 del 25 luglio 2012.
80
e dai suoi enti strumentali deve essere assicurata la possibilità di
sostituire tali prove con un colloquio orale o di utilizzare strumenti
compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo,
ovvero di usufruire di un prolungamento dei tempi stabiliti per
l’espletamento delle medesime prove e deve essere data adeguata
pubblicità nel bando di concorso,161 o della Valle d’Aosta, che
prevede norma analoga162 unitamente alla regione Liguria163 che
prevede anche di concedere annualmente specifici contributi agli
enti locali che abbiano segnalato la presenza di soggetti affetti da
DSA con diagnosi accertata, al fine di favorire l’acquisto nelle
scuole di strumenti informatici dotati di videoscrittura con correttore
ortografico e sintesi vocale e di altri strumenti alternativi, informatici
o tecnologici, per facilitare i percorsi didattici degli alunni e
ulteriori contributi alle famiglie con soggetti affetti da DSA per
l’acquisto degli stessi strumenti, destinati allo studio quotidiano a
casa.164 Misure agevolative per l’espletamento dei concorsi pubblici
regionali sono previsti anche dalla Regione Veneto,165 dalla Regione
Marche, 166 dalla Regione Abruzzo, 167 dalla Regione Molise168 e
dalla Regione Calabria.169Non vi è invece alcuna previsione del
legislatore ordinario riguardo a questo delicatissimo aspetto, come se
il problema dei DSA scomparisse con il termine del ciclo di studi. Le
regioni, da questo punto di vista, si sono dimostrate molto più attente
e lungimiranti, pur potendo prevedere norme di tutela solo
nell’ambito della propria competenza, e cioè quella dei concorsi
pubblici delle rispettive regioni e degli enti alle stesse collegati. È
evidente che questa disparità di trattamento a sfavore delle persone
con DSA che volessero concorrere in Enti pubblici non regionali
deve essere colmata e toccherà al legislatore apportare le dovute
modifiche alla legge 170 che non può e non deve confinare il
161
Legge Regionale della Basilicata legge n. 20 del 12 novembre art. 7
Legge Regionale della Valle d’Aosta 12 maggio 2009, n. 8, art. 8
163 Legge Regionale della Liguria 15 febbraio 2010 n. 3, art. 8
164 Ibidem, art. 5
165 Legge Regionale del Veneto, 4 marzo 2010 n. 16, art. 5
166 Legge Regionale delle Marche, 19 novembre 2012, n. 32, art. 5
167 Legge Regionale dell’Abruzzo, art. 5
168 Legge Regionale del Molise 8 gennaio 2010, n.1, art. 5
169 Legge regionale della Calabria 11 aprile 2012, n. 10, art. 8
162
81
problema dei DSA esclusivamente all’ambito scolastico poiché,
come è stato ampiamente scritto, i DSA sono connaturati alla
persona che ne è affetta, sebbene con l’età e con il tempo possano
venire – almeno in parte - compensati.
82
CAPITOLO VIII
LA TUTELA DEI MINORI CON DSA
di Maria Chiara Landolfo
SOMMARIO – 8.1 La giurisprudenza del Giudice Amministrativo
precedente e successiva alla approvazione della Legge 170 del 2010.
Il Giudizio di non ammissione all’anno successivo. I limiti della
sindacabilità dell’operato della Scuola. – 8.2 La tutela innanzi al
Giudice del Lavoro. L’indennità di frequenza – 8.3 Il ruolo del
Tribunale per i Minorenni. L’inadempimento della famiglia e le
iniziative a tutela del minore.
8.1 La giurisprudenza del Giudice Amministrativo precedente e
successiva alla approvazione della Legge 170 del 2010. Il
Giudizio di non ammissione all’anno successivo. I limiti della
sindacabilità dell’operato della Scuola
Parallelamente alla produzione dei provvedimenti amministrativi
con i quali il Ministero ha dato indicazioni – a partire dal 2004 sulle modalità con cui le Scuole dovevano rapportarsi con gli alunni
e gli studenti con DSA – sia in termini didattici che di valutazione e ancor prima che il legislatore approvasse la Legge 170 del 2010,
nelle aule dei Tribunali Amministrativi la tutela dei soggetti con
DSA è diventata prassi giurisprudenziale consolidata. Di certo,
quindi, non si opera una forzatura nell’affermare che al momento
della pubblicazione della Legge 170 del 2010 ci si è trovati di fronte
più che ad un punto di svolta ad un rafforzamento della tutela che già
da tempo veniva concessa dalla magistratura. A conferma di ciò,
appare opportuno analizzare le pronunce dei Tribunali
amministrativi regionali che hanno preceduto l’entrata in vigore
della legge 170 del 2010. Significativa innanzitutto appare la
sentenza n. 3135 del 06 settembre 2007 del Tar del Veneto che
valutava il disturbo specifico dell’apprendimento quale “situazione
diversa dall’handicap propriamente detto e assai meno grave di
quest’ultimo”. Non si è, infatti, in presenza, secondo i giudici
83
amministrativi di “minorazione fisica, psichica o sensoriale,
stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento,
di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un
processo di svantaggio sociale o di emarginazione, secondo quanto
previsto dall’art. 3 legge n. 104/1992”170, con ciò rimarcando la
necessaria tutela degli alunni che presentano queste difficoltà
ancorché non in una situazione di disabilità conclamata. Il collegio,
nella pronuncia su richiamata, osservando che il D.S.A, proprio a
tenore delle disposizioni ministeriali, in particolare la nota n. 4099
del 5.10.04, non necessita della predisposizione del Piano Educativo
Individualizzato 171. Al contrario, la sussistenza della certificazione
D.S.A. consente agli interessati di richiedere alla Scuola l’utilizzo
degli strumenti compensativi e dispensativi previsti dalle norme, che
siano stati identificati come utili nei singoli casi per rendere più̀
agevole il percorso di studio, senza peraltro che ciò significhi
“esclusione” per il discente dall'obbligo di conseguire - per accedere
alla classe successiva o all'esame di qualifica professionale - risultati
sufficienti nelle singole materie. Gli strumenti compensativi e
dispensativi - afferma ancora il Collegio - costituiscono un mero
aiuto allo studio, una facilitazione all'apprendimento e
all'acquisizione delle necessarie conoscenze, per cui la non puntuale
predisposizione degli stessi da parte della scuola172 non è comunque
in grado di sovvertire gli esiti fortemente negativi che lo studente
abbia ottenuto in più di discipline. Ad una diversa conclusione
riguardo l’imprescindibilità̀ degli strumenti compensativi e
dispensativi perviene la IV sezione del TAR della Lombardia. IL
TAR in questo caso è chiamato a decidere sul caso di un’alunna che
non aveva superato l’esame di Stato conclusivo del corso di studio di
istruzione secondario superiore. La ricorrente lamentava la
circostanza che la Commissione non aveva tenuto in alcun conto la
sua condizione medicalmente accertata di disortografia di livello
grave con disgrafia e di discalculia evolutiva di livello medio che
avrebbe dovuto comportare la redazione delle prove di esame con
170
TAR Veneto, sez. III, sent. 6 settembre 2007, n. 3135
Legge 7.2.92 n. 104/1992, art. 12
172 ex multis: C.S., sez. VI, n. 5914/05; Tar Calabria n. 324/07 e Tar Lombardia Milano n. 102/06
171
84
strumenti diversi da quelli ordinari come previsto da alcune direttive
ministeriali. In particolare, la ricorrente contestava che le prove
scritte non fossero state effettuate con l’utilizzo di un computer con
correzione ortografica automatica, concedendole comunque tempi
supplementari e favorendo l’esposizione orale rispetto a quella
scritta. “La ricorrente - evidenzia il Tar - soffre di dislessia in forma
lieve e come conseguenza di una disortografia evolutiva di livello
grave con disgrafia accompagnata da una discalculia evolutiva di
livello medio. La presenza di queste patologie, individuate fin dal
marzo del 2004 a seguito di complessi accertamenti e noti all’istituto
scolastico frequentato, avrebbero dovuto comportare l’attivazione di
ausili per favorire l’apprendimento della ricorrente a mente delle
direttive ministeriale, in particolare della circolare 5.10.04 prot.
4099A che prevede in questi casi l’utilizzazione di strumenti
compensativi e l’attuazione di misure dispensative. La mancata
predisposizione di questi presidi durante la frequenza del corso di
studi ha portato anche la Commissione di esame ad una
sottovalutazione delle difficoltà della ricorrente nell’affrontare le
prove, cosicché̀ nessuno strumento agevolativo è stato adottato per
superare gli specifici handicap, né sono stati adottati criteri specifici
per la valutazione dell’esito delle prove”.173 Veniva perciò annullato
il provvedimento con cui era stato dichiarato che la ricorrente non
aveva superato l’esame di Stato conclusivo del corso di istruzione
secondaria superiore con la necessità che la Commissione avrebbe
dovuto far sostenere alla stessa le prove di esame tenendo conto di
quanto prevedono le disposizioni ministeriali per le persone che
presentano i medesimi disturbi della ricorrente. Dello stesso tenore
una pronuncia successiva della III° sezione del TAR del Lazio174 che
censurava un giudizio di non promozione alla classe superiore di un
alunno affetto da dislessia per difetto di motivazione, considerata la
genericità della sua formulazione, dalla quale non erano desumibili
le ragioni per le quali non si era tenuto debito conto della particolare
situazione dell’alunno. Il collegio giudicante accoglieva le ragioni
del ricorrente che aveva evidenziato come la motivazione con la
quale l’alunno non era stato ammesso alla classe successiva "al fine
173
174
TAR Lombardia, sentenza n. 2251 del 30 giugno 2008
TAR Lazio, sentenza n. 31203 del 23 agosto 2010
85
di permettergli di consolidare le conoscenze e le competenze di base
nelle discipline nelle quali ha manifestato maggiori difficoltà" era
viziata da illogicità. Nel caso specifico le materie in relazione alle
quali l'alunno aveva manifestato maggiori difficoltà (italiano e
lingue straniere) e relativamente alle quali si sperava in un
potenziamento erano proprio quelle nelle quali, a causa della sua
patologia, aveva incontrato difficoltà insuperabili senza il giusto
ausilio. Tra l'altro, nel corso del precedente anno scolastico
2007/2008 era stata richiesta la presenza di un’insegnante di
sostegno in favore dell’alunno in base alla documentazione medica
rilasciata dalla ASL competente che precisava che "occorre
utilizzare da parte della scuola strumenti compensativi e dispensativi
come previsti dal Prot. 4099/A/4 del 25.10.2004 ... ". Tuttavia, la
motivazione espressa dal Consiglio di classe non faceva cenno in
alcun modo della presenza o meno dei progressi fatti in relazione ad
alcune materie tra il primo quadrimestre ed il secondo, anche a
riprova dell'impegno profuso dall'alunno. Inoltre il TAR evidenziava
come nelle materie non direttamente interessate dalla dislessia, e
cioè̀ quelle materie il cui studio comporta un minore impegno nella
lettura per la loro comprensione (matematica, tecnologie, musica,
arte, educazione fisica, laboratorio teatrale), l’alunno aveva riportato
la piena sufficienza, ancora una volta a riprova dell'impegno profuso
nello studio dal ragazzo il quale evidentemente nonostante ciò non
riusciva, suo malgrado, a superare certi limiti, trovando nella sua
patologia una barriera invalicabile. Il giudizio di non promozione
risultava per il TAR, dunque, carente di motivazione nella misura in
cui non evidenziava con compiutezza le ragioni del suo iter logico,
perciò il collegio Giudicante provvedeva ad annullarlo per
violazione di legge. I casi di non attuazione, da parte degli istituti
scolastici, delle previsioni normative si sono continuati a riscontrare
anche dopo l’emanazione della legge 170 del 2010. Il Giudice
Amministrativo è costantemente allineato nel ritenere illegittimo il
giudizio di non ammissione alla classe successiva in presenza di una
carenza di motivazione circa la mancata presa in considerazione del
fatto che l'alunno fosse provvisto di una certificazione di DSA, al
punto da non evidenziare nel giudizio finale se i risultati negativi
fossero stati conseguenza dello scarso impegno dell'alunno o del suo
disturbo, del quale non sia neppure stata fatta menzione. Una
86
particolare attenzione merita, in tal senso, la sentenza del TAR
dell’Umbria175 che riafferma ulteriormente che per gli studenti affetti
da sindrome DSA, disturbo specifico dell'apprendimento che
ricomprende diversi fenomeni, quali dislessia, discalculia e disgrafia
spesso presenti in modo associato, la scuola è tenuta a elaborare e
realizzare, in sede di insegnamento, verifica e valutazione, un
percorso formativo personalizzato, che tenga conto delle esigenze e
delle potenzialità specifiche di ciascun studente. Il TAR richiama la
L. n. 170/2010 che indica a tal fine gli "strumenti compensativi" che
si sostanziano nell'introduzione di mezzi di apprendimento
alternativi e nell'uso di tecnologie informatiche e "misure
dispensative" che si sostanziano nella riduzione del programma o
nell'esenzione dalle lingue straniere, che spetta ai docenti
individuare ed attuare in concreto. Non va sottaciuto, nonostante le
tantissime pronunce a tutela dei portatori di DSA, che può accadere
che alla fine dell’anno, nonostante la scuola abbia seguito e
monitorato il percorso scolastico dello studente, questi non abbia
raggiunto gli obiettivi necessari per accedere alla classe successiva.
Vale la pena di chiarire – a questo proposito - che non esiste un
diritto alla promozione di uno studente DSA; anch’esso è tenuto, alla
stregua di tutti gli altri, a raggiungere un livello di preparazione
congruo alla sua condizione e sufficiente per la prosecuzione degli
studi. Gli ausili compensativi e dispensativi previsti dalla legge sono
stati infatti previsti al fine di consentire ai soggetti affetti da DSA di
esprimere al meglio le proprie capacità consentendo un percorso di
apprendimento più efficiente. Si tratta di precetti calibrati in vista
dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste che, al
fine principale di favorire il successo scolastico attraverso misure
didattiche di supporto, intendono promuovere lo sviluppo delle
potenzialità̀ dell’individuo, garantire una formazione adeguata e
ridurre i disagi relazionali ed emozionali. Tuttavia, esse non sono
finalizzate a creare percorsi facilitati, che non conducono al reale
successo formativo degli studenti DSA. Per questi motivi è
fondamentale – come afferma il TAR Lombardia – Sezione di
Milano - che la valutazione degli insegnanti deve discriminare tra
ciò̀ che è espressione del disturbo e ciò̀ che esprime l’impegno
175
TAR dell’Umbria n. 329 del 13 ottobre 2011
87
dell’allievo e le conoscenze effettivamente acquisite176. E ancora,
secondo il TAR Emilia Romagna, sezione di Parma, nella
valutazione scolastica, intesa a definire in concreto un’efficace
formazione dei singoli, secondo le finalità̀ proprie dell’istruzione
pubblica, il giudizio di non ammissione alla classe superiore non
rappresenta una soccombenza rispetto ai promossi, destinatari di
giudizi positivi, ma esprime l’accertamento tecnico della necessità
che i non ammessi, ripetendo l’anno, possano poi affrontare più̀
efficacemente l’ulteriore corso degli studi177. Queste sentenze
chiariscono quali siano i criteri da seguire nella valutazione finale di
uno studente DSA. Il Consiglio di classe, quindi, deve orientare il
proprio giudizio tenendo in considerazione il grado di preparazione
conseguito dallo studente alla luce del suo disturbo specifico
sforzandosi di distinguere tra ciò che è conseguenza diretta ed
immediata di questo e ciò che invece attiene alla sfera dell’impegno
personale dello studente. Conseguenza immediate e dirette di una
dichiarazione di illegittimità̀ a seguito di un giudizio di non
ammissione perché generico ed incongruo, è quella che il TAR non
potrà mai disporre il passaggio alla classe successiva ma, a seguito
dell’eventuale annullamento, l'Amministrazione scolastica dovrà
rinnovare lo scrutinio finale tenendo conto delle censure della stessa
e riesaminare la posizione dello studente indicando specificamente le
ragioni per cui la valutata situazione di dislessia consigliasse la
bocciatura anziché́ la promozione. Importante è sottolineare ancora
che il TAR non potrà̀ mai entrare nel merito della valutazione
tecnica,
che
è
rimessa
all’assoluta
discrezionalità̀
dell’amministrazione scolastica, ma potrà al massimo verificare il
corretto esercizio della potestà̀ pubblica ossia se la valutazione del
singolo docente abbia tenuto conto dell’incidenza che il disturbo
specifico ha avuto su quel determinato elaborato o lavoro o verifica.
Come stabilito dal Consiglio di Stato, l’interesse degli allievi e di
coloro che esercitano potestà̀ genitoriale deve identificarsi non nel
perseguimento in ogni caso dell’avanzamento alla classe successiva,
ma nel corretto svolgimento del servizio pubblico scolastico
176
TAR Lombardia – sez. Milano, sentenza n. 2360/2012
TAR Emila Romagna – sez. Parma n.110/2015 che riprende Consiglio di Stato
n. 3566/2015
177
88
finalizzato alla formazione ottimale degli studenti. Molto spesso,
tuttavia, accade che le gravi insufficienze derivino dalla mancata
attuazione del PDP e degli strumenti compensativi e dispensativi ivi
previsti.178 La giurisprudenza amministrativa è unanime nel ritenere
che sulla legittimità̀ del giudizio finale, espresso dal Consiglio di
classe in sede di valutazione per l'ammissione alla classe successiva,
non può incidere la mancata attivazione di iniziative di sostegno nel
corso dell'anno scolastico, giacché le eventuali disfunzioni
organizzative, pur se idonee a determinare una minore fruizione di
attività̀ integrative, non sono di per sé sufficienti a giustificare o
modificare l'esito negativo di un giudizio sfavorevole che si basa
esclusivamente sull’accertamento dell'insufficiente preparazione
dello studente e della sua incompleta maturazione personale. In
quest'ottica, le possibili inadeguatezze della scuola, in rapporto
all'omessa ovvero inadatta predisposizione di attività̀ di integrazione
o di recupero ovvero di utilizzo di particolari ausili didattici, non
danno luogo al passaggio alla classe successiva di uno studente con
profitto insufficiente, atteso che lo scrutinio è naturalmente
preordinato a valutare la presenza di una preparazione globalmente
idonea a consentire la proficua prosecuzione degli studi, nel senso
che l'alunno deve essere valutato in relazione ai risultati scolastici
concretamente conseguiti ed al livello di maturazione
complessivamente raggiunto. A tal proposito appare utile l’analisi di
un ulteriore caso giurisprudenziale che ha visto la non ammissione di
uno studente frequentante la classe I di una Scuola Secondaria di
Primo Grado di Roma, al termine dell’anno scolastico 2016/2017,
alla classe successiva. Veniva posta all’attenzione del TAR Lazio,
che sul punto si è pronunciato con una recentissima sentenza, la
vicenda relativa ad un alunno al quale, come da certificazione
medica in possesso della scuola e depositata in atti, sin dal settembre
2013 veniva diagnosticato un disturbo specifico dell’apprendimento
di tipo misto, con difficoltà nella lettura, nella scrittura e nel calcolo.
Come emergeva nel ricorso avverso il procedimento di non
ammissione all’anno successivo, pur essendo in possesso della
relativa documentazione la scuola aveva predisposto il piano
178
Cfr sull’argomento C. CORNOLDI, Difficoltà e disturbi dell'apprendimento, Il
Mulino, 2007
89
personalizzato per l’alunno con ben tre mesi di ritardo rispetto
all’avvio dell’anno scolastico, e comunque gli insegnanti non
avevano partecipato, nel corso dell’anno scolastico 2016/2017, ad
alcun incontro con la struttura pubblica di riferimento, né con i
professionisti esterni alla scuola che seguivano l’alunno e ciò in
palese contrasto con quanto previsto dalla normativa vigente.179 Il
ricorrente lamentava altresì che il piano personalizzato non fosse
stato redatto in collaborazione con la struttura pubblica di
riferimento né secondo il modello predisposto dal Ministero
dell’Istruzione e comunque non era né realmente “personalizzato” né
idoneo a perseguire l’obiettivo di cui all’art.5, comma 4, della L. n.
170 del 2010. Anche l’efficacia delle misure compensative e
dispensative contenute nel piano didattico personalizzato non era
mai stata monitorata durante l’anno scolastico al fine di adottare gli
opportuni correttivi, in contrasto con l’art.5, comma 3, della L. n.
170 del 2010. Inoltre, secondo il piano didattico personalizzato
l’alunno, date le sue difficoltà, avrebbe dovuto compensare le prove
scritte negative con verifiche orali e tuttavia non tutti gli insegnanti
avevano adottato tale misura. Ebbene, nel caso che ci occupa, il
TAR del Lazio respingeva il ricorso con la seguente motivazione:
“deve ritenersi circostanza pacifica che il minore, affetto dal disturbo
indicato, è stato ritenuto dal Consiglio di Classe, nell’interesse dello
stesso, privo dei requisiti necessari ad affrontare serenamente la
frequenza del successivo anno scolastico. Giova evidenziare, inoltre,
che a differenza del caso in cui la predisposizione degli strumenti
previsti dalla L. n. 107 del 2010 sia stata del tutto omessa, non è dato
al Collegio il potere di sindacare se gli strumenti predisposti
dall’amministrazione a fronte dello specifico disturbo
dell’apprendimento del minore siano più o meno adeguati,
trattandosi di valutazione tecnico - discrezionale rimessa
all’amministrazione e, pertanto, sindacabile solo a fronte di evidenti
e macroscopici elementi sintomatici di eccesso di potere. Del resto,
giova osservare che la ritardata protocollazione del Piano non
179 Cfr. l’art.8 del decreto del Ministero dell’Istruzione n.5669 del 12 luglio 2011, i
paragrafi 6.2, 6.3, 7.4 delle Linee Guida allegate al decreto medesimo, la circolare
del Ministero dell’Istruzione n.8 del 6.3.2013 e l’art.2, comma 1, lett. g), della L. n.
170 del 2010.
90
dimostra che lo stesso non sia stato attivato sin dall’inizio dell’anno
scolastico – come al contrario emergerebbe proprio dal fatto che alla
data del 9.9.2016 la scuola aveva già comunque preso contatti con le
docenti della scuola primaria di provenienza - e, peraltro, risulta che
a fronte delle problematiche del minore nel mese di marzo ha deciso
di adottare un potenziamento delle misure. Ma, anche a ritenere
dimostrato tale presupposto - ciò che nel caso in esame non potrebbe
effettuarsi ricorrendo alla mancata contestazione ai sensi dell’art. 64
c.p.a., visto il contenuto della relazione agli atti - la questione
oggetto del presente ricorso è se l’eventuale inadeguatezza degli
strumenti predisposti dall’amministrazione, anche sotto il profilo
organizzativo e/o della carenza di sufficienti competenze e/o mezzi
oltre che della carenza di specifica preparazione del personale
docente (che può, se del caso, rilevare ai fini di eventuali azioni
risarcitorie innanzi al Giudice civile), possa “assorbire” fino
addirittura a vanificare la valutazione rimessa al Consiglio di Classe,
il cui unico parametro al fine di indirizzare la valutazione di
ammissione o meno di un minore alla classe successiva, anche in
caso di presenza di disturbi specifici dell’apprendimento, è –
nell’esclusivo interesse del minore - quello di verificare se l’alunno
possieda i requisiti minimi richiesti, non potendosi neppure
addebitare all’amministrazione la circostanza, pure comprensibile,
che il minore ad un certo punto “non avrebbe più voluto avvalersi
delle misure compensative e dispensative previste nel piano didattico
personalizzato”.180 Ai fini del giudizio di ammissione alla classe
successiva, infatti, il livello di preparazione oggettivamente
raggiunto dallo studente è l’unico parametro richiesto sicché
laddove, come nella fattispecie in esame, emergano lacune nel grado
di formazione dello studente, la valutazione finale negativa deve
ritenersi immune da profili di illegittimità.181 E’, infatti, il dato
oggettivo del rendimento scolastico e della preparazione dimostrata
dallo studente in varie materie a fungere da presupposto necessario e
sufficiente per la decisione di scrutinio finale. Invero, il giudizio di
non ammissione alla classe scolastica successiva, sebbene
180
Tar del Lazio Sez. III bis, Sentenza n. 12216 del 11.12.2017, n. 12216.
nello stesso senso, di recente, anche TAR Lombardia, Milano, III, sentenza del n.
1748 dell’8.8.2017
181
91
percepibile dall’interessato come provvedimento afflittivo, non ha
carattere sanzionatorio, bensì finalità educative e formative, poiché
si sostanzia nell’accertamento del mancato raggiungimento di
competenze ed abilità proprie della classe di scuola frequentata che
consigliano la ripetizione dell’anno scolastico proprio al fine di
consentire di colmare lacune di apprendimento, nell’interesse
specifico dell’alunno.182 In tale contesto, anche l’eventuale
inosservanza parziale del piano didattico personalizzato non può di
per sé inficiare la validità della decisione di non ammettere l’alunno
alla classe successiva. In particolare, se si lamenta che la mancata o
insufficiente predisposizione di misure di sostegno o compensative
abbia impedito all’alunno di conseguire la sufficienza nelle materie
interessate, l’accoglimento della doglianza non può avere quale
conseguenza l’ammissione alla classe superiore. Questo perché
l’interessato è stato ritenuto privo delle basi adeguate a sopportare
un programma di studi verosimilmente più pesante. In questi casi
non può invocarsi un provvedimento giudiziario che promuova alla
classe superiore uno studente che, eventualmente anche per “colpa”
dell’istituto scolastico, non sia in possesso della preparazione
adeguata. 183 Un’ulteriore recente sentenza, la numero 196 del 2016
del TAR Piemonte Sezione II ha rigettato il ricorso della famiglia di
una ragazzina iscritta alla seconda classe di un liceo e affetta da
Disturbi specifici di apprendimento, nella fattispecie dislessia,
disgrafia, disortografia e discalculia per la quale, come da normativa
vigente, era stato predisposto dal consiglio di classe un Piano
didattico personalizzato (PDP) e che al termine dell’anno era stata
bocciata. La famiglia si era rivolta al Giudice Amministrativo non
contro la bocciatura, ma per richiedere un risarcimento per danni, in
parte da spendere per l’iscrizione della figlia ad una scuola privata.
In sostanza, la famiglia ha contestato alla scuola la mancata ripredisposizione del piano didattico personalizzato, che risaliva
all’anno precedente, nonché l’inadeguatezza e la mancata attuazione
delle misure dispensative e compensative previste dal piano. La
sentenza per certi versi è esemplare in quanto i giudici piemontesi
hanno puntato l’accento sul fatto che, se è vero che il PDP «deve
182
183
92
TAR Calabria, Reggio Calabria, I, sentenza n. 1942 dell’8.3.2013
TAR Marche, I, sentenza n. 718 del 15.12.2016
essere aggiornato annualmente entro il primo trimestre dell’anno
scolastico», la famiglia della ragazza non ha sottoposto la stessa a
nuovi test per aggiornare il quadro clinico, nonostante le difficoltà
riscontrate all’inizio del nuovo anno, ritenendo perciò che il piano
«predisposto per l’anno precedente fosse ancora adeguato alle
esigenze della ragazza». In conclusione, il TAR sottolinea come la
diagnosi di DSA non è di per sé garanzia di promozione nel
momento in cui i docenti dovessero riscontrare da parte degli allievi
scarso impegno nello studio per raggiungere gli stessi obiettivi di
apprendimento degli altri compagni. Quanto all’inadeguatezza e alla
mancata attuazione delle misure previste dal piano didattico
personalizzato, secondo i Giudici «la scelta degli strumenti
compensativi e dispensativi più idonei in relazione alle specifiche
esigenze dell’avente diritto costituisce espressione dell’ampia
discrezionalità tecnica che la legge riconosce in materia al corpo
docente, la quale è sindacabile da questo giudice solo in presenza di
macroscopiche illogicità o irrazionalità o di evidenti errori di fatto».
Altre pronunce sono relative a casi in cui il percorso scolastico non
segua l’iter regolare e a fronte di diagnosi di DSA, il PDP non venga
adottato entro il primo trimestre, oppure non venga applicato. Una
ordinanza del TAR Lombardia, sezione Milano (Ordinanza n.
371/2014) riguarda il caso di uno studente i cui genitori avevano
depositato molto tempo prima dell’inizio dell’anno scolastico tutta la
documentazione con cui ne attestavano le difficoltà. La scuola aveva
omesso di attivarsi secondo le previsioni normative e lo studente era
incappato in una serie di insuccessi scolastici con pesanti
contraccolpi sulla propria autostima. Il TAR ha provveduto ad
obbligare la scuola ad approvare nel giro di 15 giorni il Piano
didattico personalizzato previsto dalla legge e ad attuarlo anche
retroattivamente. Ulteriore situazione che può venirsi a creare è che
il disturbo dell’apprendimento, magari emerso da tempo, venga
diagnosticato quando l’anno scolastico è avviato o addirittura volga
al termine. In questo caso la scuola deve immediatamente attivarsi
per adottare il PDP e tutte le misure previste dalla legge, formulando
il giudizio alla luce delle caratteristiche specifiche del disturbo. Una
volta che la scuola attua nell’immediato le misure prescritte,
adempie ad ogni suo dovere. Ciò non significa tuttavia che sia
garantito il raggiungimento degli obiettivi scolastici da parte dello
93
studente, magari già compromessi per mancanza di prerequisiti di
base e un progressivo andamento dell’anno scolastico che non ha
consentito di riscontrare miglioramenti consistenti per l’incapacità di
superare gli ostacoli via via emergenti, data la carente attrezzatura di
base. Non vi è dubbio, quindi, che i TAR, una volta verificato il
rispetto da parte della scuola di tutte le prescrizioni, sono
uniformemente orientati al rigetto dei ricorsi contro eventuali
bocciature. Si può ben affermare, infine, che gli strumenti
compensativi/dispensativi, che il TAR del Veneto già nel 2007
vedeva come un mero aiuto allo studio, una facilitazione
all'apprendimento e all'acquisizione delle necessarie conoscenze,
senza tuttavia che la non puntuale predisposizione degli stessi, ed i
rischi derivanti da questo, potesse sovvertire gli esiti negativi
conseguiti dallo studente affetto da disturbi di apprendimento,
assumono via via nelle diverse sentenze che abbiamo esaminato nel
loro succedersi cronologico un rilievo sempre maggiore a
dimostrazione del raggiungimento di una diversa sensibilità̀ e di un
diverso atteggiamento maturato nei confronti della persona con
DSA, forti dell’unico obiettivo che la scuola deve perseguire ogni
giorno: raggiungere lo sviluppo massimo possibile delle potenzialità̀
dell’alunno, spingere per l’affermazione e il maturare della sua
personalità̀ e pertanto puntare al raggiungimento del suo successo
scolastico. E questo perché la scuola, nel contesto di elasticità e di
autonomia, non può, come precisano le Linee Guida del MIUR, non
porre al centro delle proprie attività e della propria cura, la
“persona”, poiché la realizzazione delle strategie educative e della
inclusione poste in essere dalla stessa deve sempre tener conto della
particolarità e complessità di ogni persona, delle sue peculiarità
considerate sia in relazione ai punti di forza sia in relazione ai punti
di debolezza. Si tratta di un modo di procedere che tutto sommato
non è nuovo, poiché una scuola che “dà a ciascuno ciò di cui ha
bisogno” realizza in pieno una didattica che mira al raggiungimento
del successo scolastico di tutti gli alunni.
94
8.2 La tutela innanzi al Giudice del Lavoro. L’indennità di
frequenza.
La legge 170/2010 – come si è avuto modo di accennare - non ha
previsto alcun tipo di aiuto economico in favore dei soggetti DSA e
delle loro famiglie. Eppure, non va sottaciuto il fatto che aldilà delle
difficoltà proprie di tale patologia, i disturbi specifici di
apprendimento determinano, in chi vi è affetto, una serie di
conseguente di natura economica; una famiglia con un figlio DSA
infatti deve affrontare spese molteplici e complesse: basti pensare –
a solo titolo esemplificativo - al costo delle ripetizioni scolastiche, ai
trattamenti riabilitativi, ai corsi di potenziamento, alle spese per
acquistare materiale informatico e tecnologico. Queste spese sono
interamente a carico delle famiglie e non tutte riescono ad
affrontarle. Per questo l’indennità di frequenza può rappresentare un
aiuto concreto per questi bambini e le loro famiglie. L’indennità di
frequenza è una prestazione economica, erogata a domanda, a
sostegno dell’inserimento scolastico e sociale dei ragazzi con
disabilità fino al compimento del diciottesimo anno di età, istituita
con la legge n. 289/1990.184 Tale indennità risponde alle esigenze di
assicurare la cura, la riabilitazione e l'istruzione per i minori invalidi
civili con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni
proprie dell' età ovvero ai minori ipoacusici oltre ad una certa soglia,
in stato di bisogno. L’INPS si è sempre mostrato restio, soprattutto
in passato, a riconoscere il diritto all’indennità di frequenza ai minori
con disturbi
specifici
dell’apprendimento
ritenendoli
già
adeguatamente tutelati dalla legge 170/2010, anche solo per il
semplice fatto che la legge sulla DSA non ritiene possibile una
comparazione tra i soggetti DSA e i soggetti invalidi considerati
destinatari della indennità di cui alla legge 289/1990. A ciò va
aggiunto che le norme si adeguano sempre con un certo ritardo
rispetto alle nuove necessità; le leggi più recenti poi, pur
riconoscendo nuove patologie, sono spesso contrarie a prevedere
184
Legge 289 dell’11 ottobre del 1990, intitolata Modifiche alla disciplina delle
indennità di accompagnamento di cui alla L. 21 novembre 1988, n. 508, recante
norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi
civili ed ai sordomuti e istituzione di un'indennità di frequenza per i minori invalidi.
http://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l289_90.html, consultato il 10.09.2018
95
trattamenti economici a favore degli interessati per salvaguardare il
bilancio statale. L’unica possibilità per porre rimedio a queste
situazioni rimane il Tribunale. A tal proposito va sottolineato che la
prassi che si sta via via sempre più consolidando nelle aule di
Giustizia vede i Giudici del Lavoro riconoscere, sempre più spesso,
l’assegno di frequenza a favore dei soggetti con DSA a seguito del
diniego da parte dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale.
Tale contributo economico, può infatti, come più volte ribadito dalla
giurisprudenza, essere riconosciuto anche ai bambini e ai ragazzi con
disturbi specifici dell’apprendimento. Diverse sono infatti le
sentenze con le quali è stato accolto il ricorso presentato dai genitori
di bambini con dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia, con le
quali l’INPS è stato condannato a corrispondere mensilmente
l’indennità di frequenza a partire dal momento della presentazione
della domanda amministrativa. Per aver diritto all’indennità occorre
che sussistano tuttavia specifiche condizioni:
a. l’età del beneficiario non deve superare i diciotto anni: al
compimento della maggiore età, infatti, si perde il diritto a
tale specifica prestazione economica e l’interessato può
presentare domanda all’Inps per vedersi riconosciute, in
ragione della patologia certificata, altre forme di sostegno
economico (ad esempio, l’assegno di assistenza per invalidi
civili parziali, o pensione d’invalidità civile, riconosciuta
all’invalido al 74% che non possiede i requisiti contributivi
minimi).
b. il minore deve essere cittadino italiano o dell’UE con
residenza in Italia, o cittadino extracomunitario con
permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo
periodo;
c. al minore devono essere state certificate (attraverso idonea
visita) “difficoltà persistenti nello svolgimento delle funzioni
proprie dell’età” o una ipoacusia superiore a 60 decibel
nell’orecchio migliore;
d. l’attestazione della necessità di frequenza continua o
periodica in una delle seguenti strutture:
- centri ambulatoriali (sia pubblici che privati, purché
96
convenzionati) specializzati nella terapia e
riabilitazione di soggetti portatori di handicap;
- scuole di ogni ordine e grado (pubbliche o private
riconosciute), compresa la scuola dell’infanzia;
- centri di formazione o addestramento professionale
finalizzati al reinserimento sociale dei minori.
e. il minore deve avere un reddito personale non superiore alle
soglie previste annualmente dalla legge. Per l’anno 2019
il limite di reddito è pari a 4.906,68 euro.
L’indennità viene corrisposta dall’Inps con cadenza mensile e il suo
importo per l’anno 2019 ammonta a 285,66 euro al mese distribuiti
in 12 mensilità. 185 Si tratta di una erogazione non soggetta a IRPEF.
L’indennità di frequenza è concessi a seguito della verifica dei
requisiti sanitari, mediante speciali commissioni mediche della Asl.
Il procedimento termina con il riconoscimento dell’erogazione
economica solo nel caso in cui, oltre ai requisiti sanitari, sussistano
anche quelli di diritto (età, effettiva frequenza della scuola o della
struttura riabilitativa, reddito). La domanda va inoltrata all’Inps, per
via telematica, entro 90 giorni dal rilascio del certificato del medico
curante, tramite accesso al sito internet dell’Inps personalmente
oppure avvalendosi dell’ausilio di associazioni di categoria.
L’erogazione dell’indennità di frequenza decorre dal mese
successivo a quello della presentazione della domanda e, in ogni
caso, dopo l’inizio dei corsi o della frequenza a scuola. Non sono
ammesse domande presentate dopo il termine dei vari corsi o delle
terapie. L’indennità è corrisposta limitatamente alla effettiva durata
del trattamento o del corso e termina con il mese successivo a quello
di cessazione della frequenza. Cercando di fare un po’ di chiarezza
sul punto, ci si deve chiedere su che basi la commissione (ovvero il
Consulente medico legale nominato dal Giudice del Lavoro, in caso
di ricorso su diniego), decide se un minore dislessico, disortografico,
discalculico o disgrafico presenti difficoltà persistenti a svolgere le
funzioni proprie dell’età e quindi abbia diritto all’assegno di
frequenza.
185
https://www.laleggepertutti.it/261770_invalidita-2019-tutti-gli-importi-dellepensioni#Indennita_di_frequenza_2019, consultato il 28.12.2018
97
Vi sono tre criteri da tenere presenti:
a. gravità del disturbo;
b. gravità delle difficoltà scolastiche (cioè quanto grave è
l’impatto sugli apprendimenti globali delle difficoltà
di lettura scrittura e/o calcolo);
c. gravità delle ripercussioni emotive.
Inoltre, la patologia - essendo i DSA un disturbo suscettibile di
miglioramenti nel tempo - deve essere certificata annualmente o
almeno ogni due anni. La indennità di frequenza non è riconosciuta
solo a soggetti con handicap ma, come precisa il testo della legge
289/1990, viene attribuita a bambini e ragazzi riconosciuti come
“minori con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni
proprie dell’età”. Infatti, quando la commissione medica giudica il
soggetto con DSA, la stessa non deve riscontrarne lo stato di
handicap, ma deve, in ogni caso, riconoscergli"… una difficoltà
persistente a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età.”186
Nella ricostruzione della normativa che ha condotto al
riconoscimento della indennità di frequenza anche per ragazzi con
disturbi specifici dell’apprendimento risultano tuttavia evidenti
alcune incongruenze. Paradossale appare, infatti che, a norma della
legge 289 del 1990, per chiedere l’indennità a favore dei DSA si
debba far riferimento esclusivamente all’opzione per “invalidità
civile”, dato, questo, in contrasto con la legge 170/2011, che
stabilisce, per gli alunni e studenti DSA, un percorso diverso da
coloro i quali ricadono nelle previsioni della legge 104/92. Chi è
affetto da DSA, infatti, non è – proprio secondo le previsioni della
legge 170 - né invalido civile né portatore di handicap. Alla luce di
queste considerazioni, quindi, non può non evidenziarsi l’esistenza
di una serie di lacune del sistema legislativo in ordine anche alla
disciplina della tutela economica dei soggetti con DSA, tutela che
poggia le basi non già sulla norma prevista dalla Legge 170 del 2010
(l’unica
emanata
dallo
Stato
sui
disturbi
specifici
dell’apprendimento) ma sul testo di cui alla legge 289/1990 che
appare ancora oggi essere applicata con grande sforzo interpretativo
e spesso innescando procedimenti giudiziari che ben potrebbero non
186
98
Legge 289 del 1990, art. 2
essere scomodati. Infatti, le ASL e le sedi INPS territoriali
interpretano la legge non sempre in maniera consona ai diritti dei
ragazzi affetti da DSA. Con la conseguenza che sono numerosissimi
i casi in cui agli alunni e agli studenti con certificazione DSA, pur
avendone pienamente diritto, non viene riconosciuta l’indennità e
con criteri di valutazione che sembrano variare non solo di regione
in regione, ma addirittura di commissione in commissione.
8.3 Il ruolo del Tribunale per i Minorenni. L’inadempimento
della famiglia e le iniziative a tutela del minore.
Nel percorso precedente è stato analizzato il ruolo cardine della
scuola e i doveri che la stessa ha nei confronti de ragazzi con disturbi
specifici dell’apprendimento. Vi sono tuttavia casi nei quali, benché
l’istituto scolastico si adoperi per tutelare il soggetto con DSA, la
famiglia non sia propensa a farlo. È di palmare evidenza, infatti, che
il ruolo che il nucleo familiare assume nei confronti dello studente
con disturbi specifici dell’apprendimento è tutt’altro che marginale.
Nel corso di questo studio si è già accennato alla questione della
obbligatorietà o meno del PDP. A questo proposito giova ricordare
che sulla base della lettera del Decreto Ministeriale 12.07.2011
sembrerebbe che il PDP non sia obbligatorio: all’art. 5 infatti si
legge che “La scuola garantisce ed esplicita, nei confronti di alunni e
studenti con DSA, interventi didattici individualizzati e
personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano didattico
personalizzato, con l’indicazione degli strumenti compensativi e
delle misure dispensative adottate”, laddove “anche” potrebbe
esprimere una “possibilità”. Di converso, però, le linee guida
allegate allo stesso DM non lasciano intravedere dubbi sul fatto che
in caso di DSA l’adozione del PDP sia obbligatoria: “la scuola
predispone, nelle forme ritenute idonee e nei tempi che non superino
il primo trimestre scolastico un documento…e ne specifica il
contenuto”187 sebbene l’indicazione secondo cui “Tale
documentazione può acquisire la forma del Piano Didattico
Personalizzato” contenuta nello stesso paragrafo lascia intendere che
più che alla denominazione del documento stesso il Ministero
privilegi i suoi contenuti, che indica in maniera puntuale. Dunque,
187
Linee Guida MIUR, cit. pag. 8
99
come già accennato in precedenza, si può ritenere che sia
obbligatoria per la scuola la redazione del PDP o quanto meno di un
documento che abbia quei contenuti indicati nelle norme. Nella
predisposizione della documentazione in questione è tuttavia
fondamentale il raccordo con la famiglia, che può̀ comunicare alla
scuola eventuali osservazioni su esperienze sviluppate dallo studente
anche autonomamente o attraverso percorsi extrascolastici. La
scuola, acquisita la certificazione medica, non può non redigere il
PDP. Ma cosa accade se la scuola dopo un periodo di analisi sul
minore si avvede della possibilità che lo stesso possa avere disturbi
specifici dell’apprendimento e la famiglia resta inerte. È evidente
che l’inerzia da parte del nucleo familiare - che la norma omette di
sanzionare espressamente - comporta gravi svantaggi per lo stesso
minore e per la sua vita futura. La scuola, infatti, si trova di sicuro in
una posizione di “difficoltà” se non è in possesso di una
certificazione in tal senso quando invece occorra una diagnosi che,
peraltro – potrebbe essere positiva. Come si tutela il ragazzo in
queste situazioni? Non vi è dubbio che la strada da seguire potrebbe
essere quella di adire l’autorità garante della tutela dei bisogni
primari del ragazzo: il Tribunale per i Minorenni. La competenza del
Tribunale per i Minorenni riguarda infatti anche casi nei quali vi è
necessità di intervenire a tutela dei minori i cui genitori non
adempiono in modo adeguato o non adempiono affatto ai loro doveri
nei confronti dei figli (l’art. 147 del codice civile fissa tali doveri in
quelli di mantenimento, educazione ed istruzione). Il Tribunale per i
Minorenni, in questo caso, previa segnalazione alla Procura minorile
da parte dell’Istituto Scolastico che ritenga inadempiente la famiglia
e su conseguente ricorso da parte del Procuratore della Repubblica
presso lo stesso Tribunale, potrebbe porre dei limiti all'esercizio
della potestà genitoriale, emanando prescrizioni ai genitori del
minore ed attivando l’intervento dei servizi socio-sanitari per
sostenere e controllare le condizioni di vita del minore in famiglia
(art. 333 del codice civile) affinché vengano adottate tutte le
opportune misure in grado di consentirgli di usufruire delle
condizioni di cui anche gli altri DSA usufruiscono. Proprio
quest’ultima considerazione determina, a parere di chi scrive, la
necessità di una revisione normativa che disciplini gli obblighi non
solo della scuola ma anche delle famiglie, che devono farsi carico di
100
raggiungere l’unico obiettivo che la norma non deve perdere di vista:
l’accoglienza de soggetti con DSA attraverso una normativa
inclusiva che sia consapevole che “non c’è peggior ingiustizia di
dare cose uguali a persone che uguali non sono.”
101
102
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105
106
SOMMARIO
PREFAZIONE
03
CAPITOLO 1
IL RICONOSCIMENTO LEGISLATIVO DEI DISTURBI
SPECIFICI DI APPRENDIMENTO. LA DISLESSIA, LA
DISGRAFIA, LA DISORTOGRAFIA E LA DISCALCUIA
1.1 La natura dei Disturbi specifici di apprendimento. La funzione
“definitoria” della norma nel rapporto tra produzione giuridica e
scienze neuropsicologiche e metodologie didattiche
05
1.2 La dislessia nella previsione della Legge 170 del 2010. Dislessia
evolutiva e dislessia acquisita
11
1.3 La disgrafia e la disortografia
12
1.4 La discalculia
13
1.5 La Comorbillità
14
CAPITOLO II
IL MOMENTO DELLA DIAGNOSI DEI DSA. IL RUOLO
DELLA SCUOLA E DEI GENITORI.
2.1 Individuazione e segnalazione dei casi di DSA. L’attività della
scuola precedente e successiva alla diagnosi
15
2.2 La funzione dei genitori. Il diritto dovere di garantire ai figli il
pieno successo formativo
21
CAPITOLO III
LA DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA E
PERSONALIZZATA. IL PIANO DIDATTICO
PERSONALIZZATO. LE MISURE DISPENSATIVE E GLI
STRUMENTI COMPENSATIVI. L’AUSILIO IN CLASSE.
3.1 Il Piano didattico Personalizzato. Il ruolo del Consiglio di
Classe. La didattica individualizzata e personalizzata
24
3.2 Il ruolo dei genitori. La partecipazione al processo di
elaborazione del PDP. La formazione delle famiglie di alunni e
studenti con DSA
27
3.3 Le strategie didattiche nella scuola primaria e in quella
secondaria di primo e secondo grado
33
107
3.4 Gli strumenti compensativi e le misure dispensative
37
3.5 L’apprendimento delle lingue straniere. Dispensa dalle prove
scritte ed esonero dallo studio delle lingue straniere. Ipotesi e
conseguenze
39
3.6 Modalità e finalità di attuazione delle strategie didattiche
personalizzate: dal raggiungimento del pieno successo
formativo al contrasto alla dispersione scolastica
42
3.7 L’ausilio in classe. L’assenza di un insegnante di supporto
all’alunno o allo studente con DSA
44
CAPITOLO IV
LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI CON DSA
4.1 La valutazione e l’errore
46
4.2 La valutazione e la verifica degli apprendimenti. La validità del
titolo conseguito dagli studenti con DSA
48
4.3 Valutazione ed esami di Stato nella “Buona Scuola”
50
4.4 Le prove INVALSI. Modalità di svolgimento ed
Obbligatorietà
52
CAPITOLO V
I SOGGETTI PROTAGONISTI DELL’ATTIVITÀ
EDUCATIVA
5.1.
Il Dirigente scolastico
5.2.
Il Referente di Istituto
5.3.
I Docenti
5.4.
Gli Uffici Scolastici Regionali
54
55
57
62
CAPITOLO VI
GLI ATENEI. LO STUDIO UNIVERSITARIO DEGLI
STUDENTI CON DSA. PREVISIONI NORMATIVE ED
AUTONOMIA
6.1 Il ruolo delle Università in favore degli studenti con DSA
64
6.2 Provvedimenti dispensativi e compensativi per l’accesso e la
valutazione nelle Università
65
108
CAPITOLO VII
I FONDAMENTI COSTITUZIONALI DELLE NORME SUI
DSA. IL DIRITTO AL PIENO SUCCESSO FORMATIVO E IL
PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA SOSTANZIALE NELLA
LEGGE 170 E NELLE NORME DI RANGO SECONDARIO.
L’INTERVENTO DELLE REGIONI
7.1 Le finalità della legge 170 del 2010 e l’attuazione del
principio di uguaglianza sostanziale
67
7.2 Il diritto al pieno successo formativo nelle norme precedenti alla
Legge 170 del 2010
71
7.1 Il tentativo di allargare la platea dell’area di svantaggio:
i Bisogni educativi speciali
77
7.2 Le norme regionali di ausilio ai soggetti con DSA
80
CAPITOLO VIII
LA TUTELA DEI MINORI CON DSA
8.1 La giurisprudenza del Giudice Amministrativo precedente e
successiva alla approvazione della Legge 170 del 2010. Il
Giudizio di non ammissione all’anno successivo. I limiti della
sindacabilità dell’operato della Scuola
83
8.2 La tutela innanzi al Giudice del Lavoro. L’indennità di
frequenza
95
8.3 Il ruolo del Tribunale per i Minorenni. L’inadempimento della
famiglia e le iniziative a tutela del minore
99
BIBLIOGRAFIA
103
109
110