In questi giorni presso il liceo in cui insegno erano in programma diversi dibattiti
che, naturalmente, sono stati annullati per i problemi legati al "coronavirus". Uno di
questi avrebbe coinvolto il prof. Donati chiamato ad illustrare le tesi contenute nel
suo ultimo libro, Scoprire i beni relazionali. Per generare una nuova socialità, edito
da Rubbettino editore https://www.store.rubbettinoeditore.it/scoprire-i-beni-relazionali.html.
Ho provato ad intervistarlo facendogli delle domande e lasciandolo rispondere con le
sue parole, riportandole dal testo (sono riportate tra virgolette e al termine c'è la
pagina di riferimento). Un'ultima precisazione, sicuramente inutile, la nostra società
non è inquadrata come moderna dai sociologi, che si riferiscono ad essa definendola
post-moderna, tardo-moderna, o come Donati, dopo-moderna.
Premessa per gli studenti:
"Farsi una cultura", a torto, può sembrare motivo di isolamento, roba da pomeriggi
seduti su sedie lontani dal mondo. Invece, come vuole dimostrare questo piccolo
esperimento, la cultura ti porta oltre il qui e l'ora ed è per questo che è la più forte
connessione che esista, altro che internet...Detto questo, spero che nessuno studente si
senta autorizzato a considerarsi "isolato", in questo momento in cui possiamo
abbandonarci al contagio dell'affezione più forte di qualsiasi virus in circolazione.
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Cos'è il dono?
"Il dono è certamente una categoria universale dello spirito umano, ma esso assume significati e
ruoli diversi nelle varie epoche storiche e nei differenti contesti culturali." [...] Dopo essere stato
messo ai margini della società nell'epoca moderna e nei contesti di modernizzazione, emerge
sempre più come elemento indispensabile dell'azione sociale" [pag. 169]. "La modernità si è
compiaciuta di mostrare che il dono gratuito è uno degli eventi più rari della vita umana. Viene fatta
una similitudine con l'ambiguità e l'insicurezza dell'amore. Ai moderni piace far osservare che,
anche quando si parla di amore, [...] è spesso possessivo, interessato, narcisistico". (pag.173).
"Per i moderni, la gratuità nega lo scambio, mentre nelle società premoderne (come le ricerche
antropologiche che vanno da Marcel Mauss a Claude Levi-strauss hanno mostrato) il dono deve
essere sempre ricondotto ad una soggiacente struttura di scambio. Uno scambio che non è di
equivalenti (misurati in base ad uno standard monetario di altro tipo comparativo), ma di carattere
simbolico, il che non significa fatto di aria, bensì consistente in beni o azioni che hanno un valore
per ciò che significano al di là della loro utilità.[...] Sostenere che gratuità e scambio sono
incompatibili ha un valore relativo, non assoluto, perchè si riferisce a scambi utilitaristici. Ma non
tutti gli scambi sono necessariamente tali" (pag. 175-176).
Può una relazione sociale fare a meno della gratuità? "Una relazione sociale può fare a
meno della gratuità, ma allora essa -sebbene sia sociale- non è più umana, diventa un'altra cosa, per
esempio una relazione tecnica (e si noti che, fin qui, non è implicato alcun giudizio valoriale, ma
solo una descrizione di fatto), in quanto comportamento meccanico, impersonale, istintivo, privo di
intenzionalità" (pag. 170)
Quindi in cosa consiste la componente umana della relazione ? "Umanamente parlando,
non vi può essere una autentica relazione con l'alter se non a partire dal dono della relazione stessa,
e non si può essere felici che attraverso l'amore gratuito: ogni altro agire per la relazione e per la
felicità è sociologicamente suicida (perchè il soggetto, annientando la relazione, annienta se stesso).
Solo la gratuità del dono mette in relazione e rende felici. Appare così evidente che la vita sociale (il
sociale tout court) può attingere la felicità solo se, nel dono, per il dono e attraverso il dono, riesce
ad evitare l'implosione della società" (pag. 172)
Dalla sua teorie Il dono sembrerebbe prima di tutto una relazione sociale. Ma il
dono non è un atto individuale?. "L'enigma del dono è quello di come può venire all'esistenza
una relazione sociale che è propriamente umana in quanto espressione di un atto totalmente libero, e
per questo 'misterioso' nel senso di 'misteriale'(cioè contenente una verità luminosa, splendida, che i
nostri occhi umani vedono solo in condizioni particolari)". ( pag. 174)
Il dono a cosa serve? "Il dono lega. E lo fa in una maniera che particolarizza (personalizza?)
le relazioni fra le persone coinvolte. La modernità, invece, vuole slegare, deve slegare tutto per
rendere tutto disponibile all'equivalenza monetaria e funzionale dei suoi mercati [...] la gratuità
esclude il calcolo, e dunque non può vivere laddove domina il mercato. Ma la gratuità esclude
anche l'obbligazione giuridica, e dunque non può vivere sotto il comando della legge" (pag. 179)
Ma non è pericolosamente caotico ciò che si pone fuori dalle logiche (secondo
l'economia dotate di razionalità) del mercato e dalle legge (funzionale all'ordine)?
"Se una comunità di persone osserva un individuo che fa un dono gratuito ad un altro, essa pensa (si
aspetta) che verrà dimostrata una qualche gratitudine, cioè che il donatore sia riconosciuto, in
qualche modo, dal donatario, foss'anche solo con uno sguardo o una parola detta con affetto, con un
modo che rivela la comprensione della stessa gratuità come legame intimo fra le persone. [...] Ecco
perchè il dono gratis dato può essere riconosciuto nella sua specificità (motivi, finalità concreta,
norma e valore che contiene) solo in un contesto avente caratteri comunitari. Senza contesto l'agire
gratuito diventa indecifrabile, suscita ansie, timori, dubbi, incertezze, perchè solo il contesto
definisce il senso dell'agire, e senza contesto non si può agire con con-senso (l'alter potrebbe non
capire)" ( pag. 185)
Ma non si è detto che il dono consente alla società di non implodere, ora si afferma
che necessita di un contesto comunitario (che di per sè contraddistingue contesti
sociali coesi). Non è una contraddizione?
"A misura che la società dopo-moderna enfatizza il culto della persona, e dei diritti umani, si
evidenzia che il dono non è solo e tanto una regola esterna che si impone agli individui di una
comunità, ma è anche e soprattutto una manifestazione della loro interna socialità, del loro bisogno
di entrare, stare, vivere in relazioni umane (pag. 193). Il bene comune non è il prodotto di
concezioni sistemiche o individualistiche, ma relazionali. Il bene comune deve essere costantemente
generato e rigenerato attraverso dei processi sociali in cui sia data la centralità alla persona umana,
alle sue relazioni di mondo vitale e alle sue formazioni sociali, quelle che fanno la società civile.
Nel bene comune, il vantaggio che ciascuno trae per il fatto di far parte di una certa comunità non
può essere scisso dal vantaggio che pure altri ne traggono. [...]. La società odierna esprime
l'esigenza di nuovi beni comuni in un senso fenomenologico molto preciso: beni comuni nel senso
che solo comunità di persone, solo gruppi primari e gruppi associativi possono esprimerli e tutelarli.
Questa è una nuova generazione di diritti; appunto la generazione dei diritti umani , al di là dei
diritti civili, politici, e di quelli economico-sociali di welfare. (pag. 226). Pace, sviluppo, ambiente,
lotta alla povertà sono il rovescio della medaglia del bene comune, sono i beni che corrispondono al
suo carattere relazionale: cioè a dire, possono essere prodotti solo assieme, non sono una somma di
utilità individuali, ma una funzione di soggetti che stanno in relazione, e una funzione delle loro
relazioni complessive, interne ed esterne."(pag. 227).
Salvatore Di Pietro