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1.5 Strage degli Innocenti di Camillo Procaccini STRAGE DEGLI INNOCENTI Camillo Procaccini (Bologna, 1546 – Milano 1629). Olio su tela, cm. 290 x 600. Parete destra del coro. 32 In seguito alle direttive del Concilio di Trento il culto dei santi subisce un notevole impulso82. In contrapposizione all'austerità dei luoghi di culto e dei riti della pratica protestante, il mondo cattolico risponde con lo sfarzo nelle cerimonie e negli apparati, con l'esaltazione dei martiri. Le chiese si arricchiscono di altari e vi è una presenza viva della nobiltà nell'ambito cittadino e parrocchiale. Spesso vengono modificate le strutture delle chiese, con aggiunte di cappelle, ampliamenti verso l'esterno dove possibile, oppure, in caso contrario con l'avanzamento del presbiterio. A volte con deformazioni vistose che possono perfino cambiare l'idea architettonica d'origine. La chiesa tramelliana di San Sisto, viene modificata per ottenere l'arretramento del coro, che risulterà sotto il punto di vista decorativo sviluppato tutto intorno alla Madonna Sistina di Raffaello, ricco di affreschi e particolarmente dipinti a olio83. Ma l'ampliamento è da imputare soprattutto a questioni liturgiche. Il successore dell'abate Ferrari, fu nuovamente Padre Antonio da Piacenza, proseguì nel cammino, commissionando a Camillo Procaccini il 4 ottobre del 1600 le grandi tele con la Strage degli Innocenti e il Martirio dei Santi Sisto e Lorenzo. L'abate Antonio insieme al Procaccini sottoscrivono un accordo di commissione in cui il pittore «s'obbliga parimenti di darli finiti di tutto punto entro mesi diciotto». L'abate si impegna a pagare il lavoro ducatoni 400 in tre rate e il Procaccini riceve come caparra 60 ducatoni. Il 24 ottobre 1601 riceve altri 200 ducatoni «quali a bon conto» delle opere che sta preparando per San Sisto84. Ma alla data del 14 luglio 1603, come emerge dalle trascrizioni del Pancotti, il Procaccini non ha terminato nessuno dei due dipinti promessi e rinuncia al Martirio i San Sisto e San Lorenzo. Si obbliga a terminare la Strage degli Innocenti entro Natale dello stesso anno «nè l'havendo fatto niuno de detti quadri hora il 82 A. PROSPERI, Il Concilio di Trento: una introduzione storica, Torino 2001, pp. 114-142. 83 R. ARISI, Camillo Procaccini a Piacenza , in <<Arte Cristiana>> N. 639, 1997, pp. 137-145. 84 R. ARISI, La chiesa e il monastero di San Sisto a Piacenza, Piacenza 1977, pp. 284-285. 33 Padre Abbate et io come cellerario di San Sisto facendo istanze de havere il quadro o denera che sig.re ha havuto, si obblighi al presente dargli a Natale prossimo che viene de l'anno 1603 e non dandoli a restituire li denari in fedde di ciò di pugno suo si è sottoscritto adi 14 luglio 1603 cioè il quadro delli Innocenti, l'altro non lo farò più»85 . Già il 5 luglio 1603 i monaci avevano commissionato al bergamasco Gian Paolo Cavagna la tela con il Martirio dei Santi Sisto e Lorenzo. Probabilmente la tela fu consegnata negli ultimi mesi del 1604 o nei primi mesi del 1605, anche perché il saldo per la Strage avviene il 17 marzo 1605 , come testimoniato dalle carte lasciate dal monsignor Pancotti86, il lavoro alla fine viene valutato 200 ducatoni. Camillo Procaccini, figlio di Ercole il Vecchio 87, risulta iscritto alla compagnia bolognese dei pittori; l'eco di un suo probabile viaggio a Roma si riscontra nei dipinti per San Prospero in Reggio Emilia, tra il 1585 e il 1587; in quest'anno raggiunge la famiglia a Milano88. A Milano il conte Pirro Visconti lo invita per la decorazione della villa e del ninfeo presso Lainate dove dimostra un'adesione alla poetica del Correggio. Le ripercussioni dei sottinsù e delle figure aeree realizzate dal Correggio, tra il duomo e la chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma, si riconoscono nel suo lavoro di Lainate e rappresentano una novità rispetto alla tradizione prospettica milanese. A Milano Camillo si afferma anche nell'ambito della pittura religiosa della diocesi ambrosiana, segnata in quegli anni dalla vigorosa azione di ritorno all'ordine avviata dall'arcivescovo Carlo Borromeo,da poco scomparso, ottenendo commissioni prestigiose nell'ambito cittadino, come l'allestimento delle due ante dell'organo meridionale del duomo, nel 85 V. PANCOTTI , La strage degli Innocenti di San Sisto, in «La Scure», Piacenza 23 giugno 1934. 86 V. PANCOTTI, La strage degli Innocenti di Camillo Procaccini, in «La Scure», Piacenza 1 luglio 1934. 87 V. ZANI in Pittura a Milano dal Seicento al Neoclassicismo, a cura di M. GREGORI, Milano, 1999, p. 201. 88 G. BOLAFFI, Dizionario enciclopedico dei pittori e degli incisori italiani dal XI al XX secolo, IX, Torino 1972, pp. 237-240. 34 1592. Il successo ottenuto gli permise di riceve nel 1597 la commissione di due ulteriori imposte, portate a compimento nel 160289, periodo in cui ricade la commissione della grande tela con la Strage degli innocenti per San Sisto. Chiamato a confrontarsi con il clima di una città riformata dal rigore borrominiano, Camillo seppe interpretare quelle esigenze senza eccessivi irrigidimenti, e probabilmente proprio questa sua attitudine, in un momento in cui molte chiese nella città di Piacenza venivano adeguate alle esigenze di culto previste dal Concilio di Trento, fece propendere all'abate Padre Antonio da Piacenza la scelta della commissione della Strage al Procaccini90. I lavori dell'artista a Piacenza sono numerosi a partire dalle opere nel duomo iniziate nel 1601, quando si decise di ristrutturare l'intero presbiterio, incaricando del progetto il cremonese Angelo Nani91, i suoi cicli di affreschi e tele, nel presbiterio e nelle cappelle di S. Alessio e di S. Martino, complementari a quelli di Ludovico Carracci e di Gian Mauro della Rovere, detto il Fiamminghino, il quale collaborò con il Procaccini nelle vele ai lati del presbiterio e nella grande tela destinata alla cappella della Sacra Famiglia in duomo, La Sacra Famiglia con Sant'Anna. Importante è anche il ciclo dei dipinti in Santa Maria di Campagna, appena terminati i lavori in duomo, dove gli fu affidato il transetto sinistro dove era l'altare dedicato al Perdono di Assisi. Dalla seconda metà del '500, dopo la presenza eccezionale del Pordenone in Santa Maria di Campagna, artisti lombardi ed emiliani operano gomito a gomito nelle stesse chiese piacentine: Procaccini e il Fiamminghino accanto a Ludovico Carracci, a Lanfranco e a Gian Battista Trotti, detto il Molosso. Sicuramente sorprende che Piacenza, per decorare le sue chiese, non si sia rivolta ad artisti di Parma ma di Milano, di Cremona, di Modena e di Bologna, anche se 89 D. CASSINELLI, F. FRANGI, A. MORANDOTTI, P. VANOLI, Camillo Procaccini (1561-1629): le sperimentazioni tra Emilia, Lombardia e Canton Ticino, catalogo della mostra (Rancate 2007), Milano 2007, pp. 15-21. 90 F. ARISI, La pittura, in , Storia di Piacenza, Vol. 4, Dai Farnese ai Borbone (1545-1802), I, Piacenza 1999, pp. 401-492. 91 P. CESCHI LAVAGETTO, La pittura del Seicento nelle chiese e palazzi di Piacenza, in La pittura in Emilia e in Romagna, Il Seicento, a cura di A. EMILIANI, Milano 1993, p. 14. 35 il Malvasia attribuisce l'intervento di Procaccini a Piacenza alle «serenissime altezze di Parma»92. La vecchia rivalità con Parma doveva essersi accentuata dopo l'uccisione del Duca Pier Luigi Farnese (10 settembre 1547), quando la corte aveva abbandonato di fatto Piacenza, anche se nel 1558 Margherita d'Austria aveva posato la prima pietra del palazzo Farnese e aveva disposto di essere sepolta proprio in San Sisto93. La Strage piacque al Carasi che scrisse: «E' una delle più belle opere di questo autore: la disposizione delle figure, l'aggiustatezza nel disegno, la forza del colorito, e la vivacità dell'espressione ne formano il merito. Ma se poi una tela esprime orribili visaggi di carnefici, smanie disperate di povere madri, spettacolo così sanguinoso stia bene nel Santuario di una Chiesa, qualch'uno potrebbe dubitarne»94. Lo Scarabelli, di cultura illuministica e legato già ad un clima neoclassico, trova il dipinto eccessivamente drammatico: «La forza di tutte le passioni che possono immaginarsi nel soggetto vi è espressa con assai gagliardia; forse anche troppo, chè in luogo di pace, quali i templi pur sono, mal si convengono ire e spaventi.» 95, giudizio giustificato dal fatto che alla fine del Settecento il concetto di decoro è cambiato e non risponde più a quelli che erano i dettami della riforma cattolica. L'episodio della Strage degli Innocenti è narrato nel Vangelo secondo Matteo: il racconto comincia dopo la nascita di Gesù, al tempo di Erode il Grande(73-4 a.C.). Alcuni magi giunsero a Gerusalemme chiedendo dove si trovasse il re dei Giudei, appena nato. Erode si turbò alla notizia e chiese ai sommi sacerdoti e agli scribi del popolo il luogo dove sarebbe dovuto nascere il messia. Avuta risposta che le profezie 92 CESCHI LAVAGETTO, La pittura del Seicento nelle chiese e palazzi di Piacenza, Milano 1992, p. 113. 93 G. FIORI, Il governo di Ottavio Farnese, in , Storia di Piacenza: Vol. 4, Dai Farnese ai Borbone (1545-1802), tomo I, Piacenza 1999, pp. 29-34. 94 C. CARASI, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, p. 62. 95 L. SCARABELLI, Guida ai monumenti storici ed artistici della città di Piacenza, Piacenza 1841, p. 62. 36 indicavano Betlemme, disse ai magi, convocati in segreto, di recarsi nella cittadina giudea e di tornare a riferirgli, affinché potesse adorarlo anche lui. Avvertiti in sogno da un angelo i magi decisero di non tornare a Gerusalemme. Avvertito a sua volta da un angelo, Giuseppe portò la sua famiglia in Egitto (fuga in Egitto); Erode, sentendo minacciato il proprio trono, ordinò l'uccisione di tutti i neonati maschi dai due anni in giù del territorio di Betlemme. L'episodio termina ricordando come la strage degli innocenti avesse verificato una profezia biblica, narrata nel Libro di Geremia96. Il soggetto è interpretato dal Procaccini con eccezionale senso del dramma, le madri cercano di sottrarre disperatamente i loro figli dalle mani dei carnefici; alcuni uccisi giacciono per terra, in primo piano. La scena è resa con colori vivaci, gialli limone e verdi forti, frequenti anche i rossi, eccezionalmente mossa in confronto alle opere precedenti milanesi, probabilmente dovuto all'influsso del Morazzone come sostiene Arisi97. La tela con la Strage può essere confrontata con altre opere del Procaccini di origine emiliana come la Decollazione del Battista che decora la piccola chiesa di San Giovanni decollato a Crema98, il confronto mette in evidenza analogie compositive e stilistiche, riconoscibili nella simile attenzione per la resa dei corpi muscolosi e possenti e nell'utilizzo dei colori intensi, stesi con ampie campiture, inoltre il volto del carnefici sulla sinistra della composizione è possibile avvicinarlo ai disegni di Camillo con teste grottesche99. La tela con la Strage rappresenta un momento di turbinosità nell'attività artistica del Procaccini che successivamente controllerà questa impetuosità giungendo ad una calma solenne, come nel ciclo di tele per la cappella del sacramento nella collegiata di Bellinzona (1601-1610) e nelle opere di Cremona 100; ma 96 Vangelo secondo Matteo, 2, 1-16. 97 R. ARISI, La chiesa e il monastero di San Sisto a Piacenza, Piacenza 1977, pp. 284-285. 98 G. LUCCHI, Crema Sacra, Crema 1986, p. 102. 99 Disegno di teste grottesche, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi in N. W. NEILSON, Camillo Procaccini: Paintings and Drawings, New York 1979, p. 134. 100 M. P. TANZI, 1606: Camillo Procaccini a Cremona, in «Bollettino d'Arte», Vol. 66, 1991,pp. 49-52. 37 con l'opera di San Sisto non è certo solo una differenza legata al luogo di realizzazione delle opere, si tratta bensì di un lento mutamento di stile101. 101 A. SPIRITI, Pittura seicentesca nel ducato di Milano: novità e riflessioni, in «Arte Lombarda», Nr. 113/115, 1995, p. 94. 38