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______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ ANNO - XX Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico - Il “caso” della giunta comunale riunita in videoconferenza durante l’emergenza sanitaria «Covid-19». RAFFAELE MARZO - Le ordinanze extra ordinem durante l’emergenza Covid-19. CAMILLA DELLA GIUSTINA - Sul fondamento legale e competenziale delle misure di contenimento dell’epidemia da Covid-19 adottate in Italia. SILVIO TROILO - The plight of domestic migrant workers in india during Covid-19 crisis. GARIMA TIWARI - AAKARSH KAMRA - CORONAVIRUS E PRIVACY: Trattamento dei dati personali da parte dei datori di lavoro. SARA CADELANO - La stretta tollerabilità delle molestie olfattive e la bassa accettazione sociale dell’inquinamento odorigeno. SALVATORE RUBERTI - Sul regime fiscale degli accordi tra pubbliche amministrazioni aventi ad oggetto la bonifica di siti inquinati. GIULIANA MICHELA CARTANESE - I beni culturali e la gestione della sicurezza sul lavoro: quale approccio alla tutela della salute e sicurezza negli scavi archeologici? ALFREDO MORRONE - ALESSANDRA GHI - Lo sviluppo sostenibile: l’evoluzione di un obiettivo imperituro. LEONARDO SALVEMINI - La costituzione guglielmina del 1871. GIOVANNI GIANNOTTI - Il diritto e il caos: itinerari di demarcazione. MATTEO CARRER - Diritto di difesa ed effettivita' della tutela giurisdizionale. CARLA NATALICCHIO - Il rapporto di primazia dei piani paesaggistici. Nota a C.d.S., n.1355/2020. AGOSTINO SOLA - Osservatorio di giurisprudenza costituzionale - CALL: Emergenza coronavirus - In ricordo dell’amico e collega prof. Giuseppe Guarino. RAFFAELE CHIARELLI AMBIENTEDIRITTO – EDITORE©® ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 1 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ AmbienteDiritto.it Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico Testata registrata presso il Tribunale di Patti (Reg. n. 197 del 19/07/2006) ISSN 1974-9562 DIRETTORE RESPONSABILE: Fulvio Conti Guglia DIRETTORI SCIENTIFICI: Giuseppe Albenzio Vice Avvocato Generale dello Stato; Raffaele Chiarelli Professore Straordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi Guglielmo Marconi; Claudio Rossano Professore Emerito di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi di Roma La Sapienza. *** COMITATO DIRETTIVO: Paolo Bianchi Professore Ordinario di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Camerino; Simone Budelli Professore Associato di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi di Perugia; Guglielmo Cevolin Professore Aggregato di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi di Udine; Salvatore Cimini Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Teramo; Angelo Lalli Professore Associato di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi La Sapienza; Alfredo Morrone Docente a contratto di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi Chieti – Pescara. *** COMITATO SCIENTIFICO: Richard Albert Full Professor in Constitutional Law at University of Texas at Austin; Domenico Amirante Professore Ordinario di Diritto Pubblico Comparato (IUS/21) Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli; Gaetano Armao Professore Aggregato di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Palermo; Francisco Balaguer Callejón Professore Ordinario di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Granada; Michele Belletti Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi di Bologna; Mario Bertolissi Professore Ordinario di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Padova; Francesca Biondi Professoressa Ordinaria di Diritto ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 2 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Milano; Elena Buoso Professoressa Associata di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Padova; Paola Caputi Jambrenghi Professoressa Ordinaria di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”; Sabino Cassese Giudice emerito della Corte Costituzionale, Professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa; Marcello Cecchetti Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi di Sassari; Cristiano Celone Professore Associato di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Palermo; Mario Pilade Chiti Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Firenze; Antonio Colavecchio Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Foggia; Gian Paolo Dolso Professore Associato di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Trieste; Marina D'Orsogna Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Teramo; Vera Fanti Professoressa Ordinaria di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Foggia; Renato Federici Professore Associato di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Roma La Sapienza; Leonardo Ferrara Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Firenze; Diana Urania Galetta Professoressa Ordinaria di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Milano; Giuseppe Garzia Professore Aggregato di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università di Bologna; Paolo Giangaspero Professore Ordinario di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Trieste; Loredana Giani Professoressa Ordinaria di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università Europea di Roma; Walter Giulietti Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi dell'Aquila; Matteo Gnes Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Urbino Carlo Bo; Andrea Gratteri Professore Associato di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Pavia; Dimitris Liakopoulos Full Professor of European Union Law in Fletcher School of Law and Diplomacy - Tufts University; Vincenzo Lippolis Professore Ordinario di Diritto Pubblico Comparato (IUS/21) Università degli Studi Internazionali di Roma; Fabrizio Lorenzotti Professore Associato di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Camerino; Francesco Longobucco Professore Associato di Diritto Privato (IUS/01) Università Roma Tre; Giuseppe Losappio Professore Associato di Diritto Penale (IUS/17) Università degli studi di Bari "Aldo Moro"; Antonella Massaro Professore Associato Diritto penale (IUS/17) Università degli Studi Roma Tre; Ludovico Mazzarolli Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi di Udine; Agostino Meale Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Bari; Cesare Mirabelli Professore Ordinario di Diritto Ecclesiastico (IUS/11) Università degli Studi Roma Tor Vergata, Presidente Emerito della Corte costituzionale; Stefano Nespor Professore a contratto di Diritto Amministrativo (IUS/10) Politecnico di Milano; Dante Flàvio Oliveira Passos Professor Adjunto de Administracāo, Universidade Estadual de Paraìba; o, Universidade Estadual de Paraìba; Marco Olivi Professore Associato di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università Ca’ Foscari di Venezia; Gabriel Doménech Pascual Profesor Titular de Derecho Administrativo (IUS/10) Universitat de Valencia; Paolo Passaglia Professore Ordinario di Diritto Pubblico Comparato (IUS/21) Università di Pisa; Aristide Police Professore Ordinario di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università di Roma Tor Vergata; Nicoletta Rangone Professoressa Ordinaria di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università di Roma LUMSA; Cecilia Ricci Professoressa Associata di Storia Romano (L-ANT/03) Università degli Studi del Molise; Maurizio Riverditi Professore Associato di Diritto Penale (IUS/17) Università degli Studi di Torino; Raffaele Guido Rodio Professore Ordinario di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli studi di Bari; Roberto Romboli Professore Ordinario di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Pisa; Tulio Raul Rosembuj Professore Ordinario di Diritto Tributario IUS/12 (Universidad de Barcelona) e Prof. a contratto in LUISS; Ugo Salanitro Professore Ordinario di Diritto Privato (IUS/01) Università degli Studi di Catania; Andrea Scella Professore Ordinario di Diritto Processuale Penale (IUS/16) Università degli Studi di Udine; Elisa Scotti Professoressa Associata di Diritto Amministrativo - Docente di Diritto dell'Ambiente - (IUS/10) Università degli Studi di Macerata; Andrea Simoncini Professore Ordinario di Diritto Costituzionale (IUS/08) Università degli Studi di Firenze; Sara Spuntarelli Professoressa Associata di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi di Camerino; Dario Elia Tosi Professore Associato di Diritto Pubblico Comparato (IUS/21) Università degli ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 3 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Studi della Valle d’Aosta; Duccio Traina Professore Associato di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi di Firenze; Silvio Troilo Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico (IUS/09) Università degli Studi di Bergamo; Francesco Fabrizio Tuccari Professore Associato di Diritto Amministrativo (IUS/10) Università degli Studi del Salento. *** COMITATO DI REDAZIONE: Antonio Mitrotti Coordinatore (Dottorando di ricerca in Diritto Pubblico comparato, Università degli Studi di Teramo); Daniela Di Paola (Funzionario MIUR); Maria Assunta Icolari (Professore associato Università degli Studi G. Marconi di Roma - Resp. Diritto Tributario Ambientale); Chiara Ingenito (Dottoranda di ricerca in Diritto Pubblico Comparato Internazionale, Università degli studi di Roma La Sapienza); Agatino Giuseppe Lanzafame (Assegnista di ricerca in Diritto Costituzionale Comparato, Università degli studi di Catania); Olivia Pini (Docente a contratto in Diritto Amministrativo, Università degli Studi di Modena); Agostino Sola (Praticante avvocato presso l'Avvocatura dello Stato); Leo Stilo (Docente a contratto in Diritto Amministrativo, Link Campus University Executive Calabria); Giacomo Vivoli (Cultore della materia in Diritto dell’ambiente, Università degli Studi di Firenze). *** ELENCO DEI REFEREES: Giuseppe Ugo Abate (Università degli Studi di Palermo); Xavier Arbos Marin (Universidad de Barcelona); Annamaria Bonomo (Università degli Studi di Bari); Marco Brocca (Università degli Studi del Salento); Marco Calabrò (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli); Achille Antonio Carrabba (Università degli Studi di Bari Aldo Moro); Gian Franco Cartei (Università degli Studi di Firenze); Giovanni Catalisano (Università degli Studi di Enna Kore); Marta Cenini (Università degli Studi dell'Insubria); Omar Chessa (Università degli Studi di Sassari); Alberto Clini (Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”); Juan Carlos Covilla Martìnez (Universidad Externado de Colombia); Gianni Cortigiani (Avvocato Distrettuale dello Stato di Firenze); Manlio d’Agostino Panebianco (CeSIntES dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata); Simona D’Antonio (Università degli Studi di Teramo); Gabriella De Giorgi (Università degli studi del Salento); Sandro De Gotzen (Università degli Studi di Trieste); Lorenzo De Gregoriis (Università degli Studi di Teramo); Maria Rosaria Di Mattia (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli); Ruggero Dipace (Università degli Studi del Molise); Enzo Di Salvatore (Università degli Studi di Teramo); Caterina Drigo (Università di Bologna); Pietro Faraguna (Università degli Studi di Trieste); Daniela Ferrara (Università degli studi di Palermo); Giancarlo Antonio Ferro (Università degli Studi di Catania); Gianpaolo Fontana (Università degli Studi "Roma Tre"); Biagio Giliberti (Universitas Mercatorum); Francesca Guerriero (Avv. penalista del Foro di Roma); Anna Rita Iacopino (Università degli Studi dell'Aquila); Armando Lamberti (Università degli Studi di Salerno); Vito Sandro Leccese (Università degli Studi di Bari); Anna Lorenzetti (Università degli Studi di Bergamo); Morena Luchetti (Avv. amministrativista del Foro di Macerata); Marco Mancini (Università Ca’ Foscari di Venezia); Donatantonio Mastrangelo (Università degli Studi di Bari); Roberto Miccù (Università degli Studi La Sapienza); Giulia Milo (Università degli Studi di Trieste); Viviana ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 4 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Molaschi (Università degli Studi di Bergamo); Alberto Oddenino (Università degli Studi di Torino); Sandra Regina Oliveira Passos Bragança Ferro (Centro Universitario Estácio da Amazônia); Vittorio Pampanin (Università degli Studi di Pavia); Paolo Patrito (Università degli Studi di Torino); Vincenzo Pepe (Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli); Carmine Petteruti (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli); Patrizia Pinna (Avvocato dello Stato presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze); Mauro Pennasilico (Università degli Studi di Bari); Oreste Pollicino (Università Bocconi); Daniele Porena (Università degli Studi di Perugia); Edoardo Carlo Raffiotta (Università degli Studi di Bologna); Carlo Rapicavoli (Direttore Generale presso Provincia di Treviso - Direttore ANCI Veneto e UPI Veneto); Saverio Regasto (Università degli studi di Brescia); Nino Olivetti Rason (Università degli studi di Padova); Pierpaolo Rivello (Università degli Studi di Torino); Mariano Robles (Università degli Studi degli Studi di Bari); Paolo Rossi (Università degli Studi di Perugia); Gianluca Ruggiero (Università del Piemonte Orientale); Francesco Emanuele Salamone (Università degli Studi della Tuscia); Ciro Sbailò (Università degli Studi internazionali di Roma); Maria Stefania Scardigno (Università degli Studi di Bari); Anna Tacente (Università degli Studi di Bari)Alma Lucia Tarantino (Università degli Studi di Bari); Marco Terrei (Centrale di committenza del Comune di Lanciano); Tommaso Ventre (LUISS Guido Carli). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 5 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ MISSION: Lo scopo principale della Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it (RGA) è quello di favorire il più ampio confronto interdisciplinare - a livello internazionale - nonché lo sviluppo della ricerca scientifica sulle complesse tematiche del Diritto pubblico, in senso esteso ed evoluto, con una particolare, e naturale, predilezione per l’approfondimento della materia ‘interdisciplinare’ del Diritto ambientale, con i suoi peculiari - e ‘naturali’ - risvolti costituzionali ed amministrativi (oltre che i ‘connaturali’ e, alle volte, inscindibili aspetti penalistici e civilistici). La Rivista, per queste ragioni, accetta sia contributi in italiano che in qualsiasi altra lingua che, ovviamente, sia conosciuta dai referees. I componenti della Rivista, i suoi collaboratori, nonché gli autori - che, secondo le linee ANVUR sono in larghissima parte strutturati presso Università italiane e straniere - fanno parte ed aderiscono alla mission a titolo squisitamente gratuito. Tutti i contributi pubblicati nel presente fascicolo sono stati sottoposti a referaggio doppio cieco conformemente alla Classe A – ANVUR. AmbienteDiritto.it - Rivista Giuridica Telematica - Electronic Review Law Public - Via Filangeri, 19 - 98078 Tortorici ME - Tel +39 0941 327734 - Fax digitale +39 1782724258 - Mob. +39 3383702058 – info (at) ambientediritto.it - (C.C. REA): 182841 - Direttore Responsabile, Proprietario ed Editore: Fulvio Conti Guglia - C.F.: CNTFLV64H26L308W - P.IVA 02601280833 - Pubblicata in Tortorici dal 2000 Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562 - (BarCode 9 771974 956204) Pubblicazione quotidiana in formato elettronico – Copyright AD - AmbienteDiritto – Editore©® ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 6 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ INDICE GENERALE Indice generale IL “CASO” DELLA GIUNTA COMUNALE RIUNITA IN VIDEOCONFERENZA DURANTE L’EMERGENZA SANITARIA «COVID-19».............................................................................................8 Raffaele Marzo*...........................................................................................................................................8 LE ORDINANZE EXTRA ORDINEM DURANTE L’EMERGENZA COVID-19...........................18 Camilla Della Giustina..............................................................................................................................18 SUL FONDAMENTO LEGALE E COMPETENZIALE DELLE MISURE DI CONTENIMENTO DELL’EPIDEMIA DA COVID-19 ADOTTATE IN ITALIA...................................................................45 Silvio Troilo................................................................................................................................................45 THE PLIGHT of domestic MIGRANT WORKERS IN INDIA DURING COVID-19 CRISIS.......66 Garima Tiwari...........................................................................................................................................66 Aakarsh Kamra.........................................................................................................................................66 EMERGENZA “CORONAVIRUS” E PRIVACY:....................................................................................75 Trattamento dei dati personali da parte dei datori di lavoro....................................................................75 Sara Cadelano...........................................................................................................................................75 LA STRETTA TOLLERABILITÀ DELLE MOLESTIE OLFATTIVE E LA BASSA ACCETTAZIONE SOCIALE DELL’INQUINAMENTO ODORIGENO..........................................84 Salvatore Ruberti*.....................................................................................................................................84 SUL REGIME FISCALE DEGLI ACCORDI TRA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI AVENTI AD OGGETTO LA BONIFICA DI SITI INQUINATI........................................................................102 Giuliana Michela Cartanese...................................................................................................................102 I BENI CULTURALI E LA GESTIONE DELLA SICUREZZA SUL LAVORO: QUALE APPROCCIO ALLA TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA NEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI? UNO STUDIO SULLA NORMATIVA ITALIANA.................................................................................116 Alfredo Morrone - Alessandra Ghi..........................................................................................................116 LO SVILUPPO SOSTENIBILE: L’EVOLUZIONE DI UN OBIETTIVO IMPERITURO................124 Leonardo Salvemini.................................................................................................................................124 LA COSTITUZIONE GUGLIELMINA DEL 1871................................................................................147 Giovanni Giannotti..................................................................................................................................147 IL DIRITTO E IL CAOS: ITINERARI DI DEMARCAZIONE............................................................165 Matteo Carrer.........................................................................................................................................165 DIRITTO DI DIFESA ED EFFETTIVITA' DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE:......................179 Il Tar Lecce solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art.120, co.5, c.p.a..........................179 Carla Natalicchio.....................................................................................................................................179 IL RAPPORTO DI PRIMAZIA DEI PIANI PAESAGGISTICI............................................................191 Nota in commento a Consiglio di Stato, n. 1355/2020...........................................................................191 Agostino Sola............................................................................................................................................191 OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE........................................................199 A cura di: Chiara Ingenito e Agatino Sola..............................................................................................199 EMERGENZA CORONAVIRUS: problemi e prospettive. Diritti, istituzioni, politica e società..........202 IN RICORDO DELL’AMICO E COLLEGA PROF. GIUSEPPE GUARINO......................................203 Raffaele Chiarelli.....................................................................................................................................203 Collaborazione con AMBIENTEDIRITTO.IT – Rivista Giuridica...................................................206 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 7 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ IL “CASO” DELLA GIUNTA COMUNALE RIUNITA IN VIDEOCONFERENZA DURANTE L’EMERGENZA SANITARIA «COVID-19». Raffaele Marzo* Abstract ita: Il contributo in lettura intende offrire una disamina sul tema del fenomeno connesso alle regole e ai meccanismi dell’organizzazione strutturale della Giunta, “governo” del Comune ed Organo esecutivo dell’Ente. Nello specifico, premessi alcuni cenni teorici, la riflessione dibatte sul “funzionamento virtuale” del menzionato Organo collegiale vagliando la prassi utilizzata dagli Enti ai prodromi dell’emergenza sanitaria e, successivamente, la modalità di riunione introdotta con l’art. 73 del D.L. n. 18/2020. Abstract eng: The contribution in reading is intended to offer a following on the issue of the phenomenon related to the rules and mechanisms of the structural organization of the Municipal Council, “government” of the Municipality and executive board of the local government unit. Specifically, given a number of theoretical hints, the reflection debates on the “virtual functioning” of the collegiate body and examining the practice used by institutions at the beginning of the health emergency and, subsequently, the meeting mode introduced with the article 73 of the Decree Law number 18/2020. SOMMARIO: 1. Premessa (sulla natura del problema e la bidimensionalità del fenomeno). - 2. Cenni sulle fonti di autonomia locale. - 3. (segue) Il Comune e l’attività di Giunta: l’autonomia tra forma e sostanza. - 4. Le provvisorie “semplificazioni” in materia di Organi collegiali e connesse questioni aperte. * Avv., Ph. S. Università “Niccolò Cusano” - Roma. Lo scritto è aggiornato al 27/04/2020. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 8 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ .Premessa (sulla natura del problema e la bidimensionalità del fenomeno). L’emergenza epidemiologica da «Covid-19», pian piano divenuta a carattere planetario, sollecita (ulteriormente) l’emersione della complessità del diritto, qui intesa non solo quale presupposto logico-filosofico o sociologico della riflessione, ma finanche condizione integrante della giuridicità1. Non a caso, i dilemmi incalzano le conseguenze delle scelte - immediate e, in alcuni casi, inevitabili - compiute dall’Esecutivo. Il presente saggio propone una disamina sul tema del fenomeno connesso alle regole e ai meccanismi dell’organizzazione strutturale della Giunta, “ governo” del Comune e Organo esecutivo dell’Ente, nel momento in cui la protezione del diritto fondamentale alla salute pubblica ha motivato interventi urgenti al fine di contrastare la diffusione del c.d. Coronavirus2. Nello specifico, in chiave metodologica, si proverà ad osservare problematicamente il “funzionamento virtuale” dell’Organo introdotto con l’art. 73 del D.L. n. 18/2020, le ripercussioni sulla c.d. «microgerarchia»3 delle fonti locali nonché, per tale via, riflettere sul più ampio rapporto Stato-Enti locali e sul loro coordinamento durante “l’emergenza”. A questo punto potrebbe essere conveniente anticipare qualche quesito: l’Ente locale (in specie il Comune) può prescindere da una propria regolamentazione in ordine all’attività della “Giunta riunita in video conferenza”? La richiamata normazione primaria è in linea con le prerogative dell’Ente locale? In assenza di specifica previsione, il “Consesso convocato per la riunione virtuale” può dirsi legittimamente operante in forza della decretazione d’urgenza? In che modo? E, soprattutto, in che termini? Come si qualifica l’autonomia 4 degli Enti in tale circostanza? Si tratta di aspetti tra loro connessi, collegati, aggrovigliati; sicché, una riflessione in termini di analisi giuridica non può che limitarsi ad affrontare solo alcuni punti nodali, 1 F. MODUGNO, Diritto pubblico generale, Laterza, Roma-Bari, 2002, passim. Del resto, proprio l’atteggiarsi degli accadimenti della storia interpella il dinamismo della scienza giuridica, talché il giurista non può esimersi dall’analizzare, con rigore e metodo, taluni contingenti fenomeni della realtà sociale: P. GROSSI, Ritorno al diritto, Laterza, Roma-Bari, 2015, p. 63 ss. e passim; G. AZZARITI, Diritto e conflitti. Lezioni di diritto costituzionale, Laterza, Roma-Bari, 2019, p. 101 ss. 2 Nell’immediatezza del fenomeno molteplici approfondimenti scientifici possono leggersi in federalismi.it, focus «Il diritto pubblico e l’emergenza Covid-19»; nell’instant forum dal titolo «Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del Coronavirus» apparso in biodiritto.org (destinati al fasc. 2/2020 del BioLaw Journal – Rivista di Biodiritto). Altresì, specificatamente per i temi affrontati nel presente contributo: A. RUGGERI, Il coronavirus, la sofferta tenuta dell’assetto istituzionale e la crisi palese, ormai endemica, del sistema delle fonti, in Consulta Online, n. 1/2020, pp. 201-223; U. ALLEGRETTI, Il trattamento dell’epidemia di “coronavirus” come problema costituzionale e amministrativo, in Forum di Quaderni costituzionali – Rassegna, 25 marzo 2020. 3 Cfr., L. PEGORARO, Gli statuti degli enti locali, Rimini, 1993, p. 9 ripresa in F. MODUGNO, Diritto pubblico generale, cit., p. 188 per addurre – previo richiamo all’art. 7 del D. Lgs. n. 267/2000 – una certa riserva di competenza goduta dai regolamenti comunali e provinciali che li esonera, quindi, «dalla subordinazione agli atti del Governo e anche in parte agli stessi statuti». 4 In passato (per un’analisi storica dei profili istituzionali: P. AIMO, Le autonomie locali fra Stato e partiti, in P. IUSO - A. PEPE, La fondazione della Repubblica 1946-1947, Interlinea editrice, Pescara, 1999, pp. 163-180) le autonomie territoriali erano sì intese con capacità di un’attività normativa e amministrativa, ma pur sempre comprese nei termini di una rigida uniformità alla posizione dominate dello Stato: cfr., per tutti, G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1954, I, p. 1 ss.; p. 84 ss.; p. 127 ss. Successivamente, un noto assestamento teorico valuta con maggior rilievo le autonomie assumendo non più una pubblica amministrazione bensì «una pluralità di Pubbliche Amministrazioni»: A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1962, pp. 121-122. Sul punto, con piglio critico, M.S. GIANNINI, Documento sugli ordinamenti territoriali (1988), ora in Id., Scritti, X, Giuffrè, Milano, 2008, p. 443. Altresì, analisi complessiva sull’autonomia intesa nel sistema costituzionale italiano è presente in L. RONCHETTI, L’autonomia e le sue esigenze, Giuffrè, Milano, 2018, passim. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 9 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ tentando di cogliere contraddizioni e/o l’acuirsi di divergenze relative allo statu quo ante e prudenzialmente ipotizzando lo scenario allo spiare del termine indicato nella deliberazione dello stato di emergenza5. Tuttavia, prima di passare alla trattazione, occorre chiarire, benché sommariamente, l’evidenziata bidimensionalità dell’argomento. Prima facie, l’intervento governativo sul menzionato oggetto di studio investe il rapporto tra «centri di potere» nel noto «pluralismo politico istituzionale»6, laddove la poderosa regolamentazione centrale ha segnato7 il passo sulle «autonomie locali»8; e ciò vale non solo (o non soltanto) per le Regioni (fenomeno certamente più evidente e ampiamente discusso9), ma anche per le municipalità10. Inevitabilmente, la disamina muove principalmente dalla Costituzione coinvolgendo quella parte che descrive e disciplina l’articolazione di enti con pari dignità politico-istituzionale nella rinnovata architettura di poteri, centrali e locali11. Altresì, sul versante strettamente riferito all’amministrazione – ecco palesata la seconda dimensione del fenomeno – viene in rilievo il riconosciuto potere statutario e regolamentare degli Enti locali rispetto al quale la potestà legislativa statuale si trasforma in legislazione di principio. Il tema investe, quindi, tanto il rapporto, pur sempre «essenziale»12, tra Costituzione e amministrazione, quanto la riflessione prettamente amministrativa e connessi aspetti attinenti alle esigenze pratiche. Nei gangli13 dell’accennata intelaiatura - appunto perimetrata dal testo costituzionale ed innervata dalla legislazione di settore - si sviluppa la presente indagine; tuttavia, per utile avvertenza, si precisa che l’oggetto di studio sarà ricondotto ad una visione 5 Il C.d.M. del 31 gennaio 2020, n. 27/2020 ha deliberato lo stato di emergenza per la durata di sei mesi. L’art. 5 Cost. prende atto – quasi fosse una ricognizione – della presenza di differenti entità nel suo articolato territorio. Si v., sul punto, M. RUOTOLO, Le autonomie territoriali, in F. MODUGNO (a cura di), Diritto pubblico, Giappichelli, Torino, 2015, spec. p. 517 e ss. 7 Per tutti, si v., M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Liber amicorum per Pasquale Costanzo, in Consulta Online – Numero Speciale, 11 aprile 2020, pp. 1-26; in particolare, l’A. segnala la trazione prioritaria della «catena normativa della giustificazione» rammentando la necessità della «ricerca del fondamento degli atti normativi collocati al suo termine (o quasi)». V. anche, sebbene con sensibile specificazione: G. AZZARITI, Il Diritto costituzionale d’eccezione, in Costituzionalismo.it, n. 1 del 2020, p. III, laddove rileva che la prassi dell’adozione di Dpcm non sarebbe conforme a Costituzione, pur chiarendo che gli specifici Dpcm non possono essere ritenuti illegittimi in trattandosi di «autoassunzione di un potere extra ordinem che si legittima per via di necessità». 8 C. ESPOSITO, Autonomie locali e decentramento amministrativo nell’art. 5 della Costituzione, in ID., La Costituzione italiana. Saggi, Cedam, Padova, 1954, p. 67 ss. 9 Emblematico quanto riferito in G. DI COSIMO - G. MENEGUES, La gestione dell’emergenza tra Stato e Regioni: il caso Marche, in Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del Coronavirus, sul n. 2/2020 di BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, pp. 1-7. 10 Infra, § 4. 11 Invero, pur ammettendo l’articolazione dello Stato in più soggetti quali, ad es., le autonomie territoriali la prima dottrina ribadiva il «concetto di autarchia» (cfr., C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, Padova, II, p. 823 ss.) e, per tale via, rifiutava, in radice, l’autonomia «in senso forte»: per questa posizione cfr., G. MIELE, La Regione, in P. CALAMANDREI - A. LEVI (diretto da), Commentario sistematico della Costituzione, II, Barbera, Firenze, 1950, p. 231 ss. 12 U. ALLEGRETTI, La pubblica amministrazione e il sistema della autonomie, in M. FIORAVANTI (a cura di), Il valore della Costituzione. L’esperienza della democrazia repubblicana, Laterza, Roma-Bari, 2009, spec. p. 115; il quale A., poco dopo, esplicita il rapporto «biunivoco» tra Costituzione e amministrazione giacché «se la Costituzione influenza l’amministrazione, l’amministrazione a sua volta influenza il modo d’essere della Costituzione, della Costituzione reale, inclusa l’interpretazione della Costituzione formale»: cit., p. 116. 13 E’ evidente che il punto meriterebbe ben altra trattazione; tuttavia, si segnala qualche spunto per una rapida considerazione: U. ALLEGRETTI, op. cit., p. 121-122 laddove riferisce la divaricazione tra dottrina costituzionalistica e quella amministrativa con indubbie differenze di concetti e di approcci; altresì, A. ORSI BATTAGLINI, Alla ricerca dello stato di diritto. Per una giustizia non amministrativa (Sonntagsgedanken), Giuffrè, Milano, 2005, p. 14 ss. 6 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 10 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ d’insieme14 provando così a mitigare ogni netta caratterizzazione del fenomeno e delle derivanti risultanze. .Cenni sulle fonti di autonomia locale. Com’è noto, l’art. 114, co. 2 Cost., stabilisce che « i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione» con ciò permettendo un chiaro ancoraggio alla c.d. potestà statutaria degli Enti locali15. Può qui solo accennarsi, a motivo di sintesi, che la relativa potestà ha avuto ad oggetto, tradizionalmente, la disciplina tanto dell’organizzazione dell’Ente quanto delle funzioni assegnate con legge. Dunque, secondo i principi teorici appena richiamati, una garantita autonomia ammette la possibilità di adottare propri statuti e regolamenti nonché favorire l’opportunità di esercitare poteri e funzioni nei limiti del rispetto dei principi stabiliti dalla Costituzione16. Peraltro, anche dopo la riforma del 2001, i c.d. «Regolamenti di organizzazione» hanno trovato collocazione alla stregua di fonti integrative dello Statuto, e perciò ad esso gerarchicamente subordinate17. Proprio, il riformato art. 117, co. 6, Cost. assegna a Comuni, Province e Città metropolitane la competenza regolamentare «in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite»18. 14 Del resto, la dibattuta linea di confine tra diritto costituzionale e diritto amministrativo appare, in alcuni casi, mitigata: S. Cassese , Mezzo secolo di trasformazioni del diritto amministrativo, in Diritto Amministrativo e società civile, I, Studi introduttivi (Muovendo dalle Opere di Fabio Roversi Monaco), BUP, Bologna, p. 5 e ss. ha così sostenuto: «La seconda modificazione del diritto amministrativo consiste nella sua costituzionalizzazione. Inizialmente, Costituzione e amministrazione erano due corpi in larga misura estranei, tanto che Otto Mayer poteva scrivere, nel 1924, nella prefazione alla terza edizione del suo Deutsches Verwaltungsrecht, che il diritto costituzionale passa, il diritto amministrativo resta. Un altro segno di estraneità sta nel fatto che la Costituzione italiana del 1948 passò sopra gli apparati amministrativi, ai quali dedicò espressamente solo due disposizioni, e solo per porre limiti all’invadenza della politica nell’amministrazione […] Ogni problema di diritto amministrativo è potenzialmente un problema anche di diritto costituzionale. La costituzionalizzazione del diritto amministrativo è avvenuta in vari modi. Attraverso la penetrazione dei diritti costituzionali fondamentali […]». 15 B. CARAVITA (a cura di), La potestà regolamentare di Comuni e Provincie. L’attuazione dell’art. 117, comma 6, della Costituzione, Jovene, Napoli, 2011, passim; C. MAINARDIS, Le fonti degli enti locali tra dottrina e giurisprudenza (a quasi un decennio della riforma del Titolo V), in R. BIN - L. COEN (a cura di), Il sistema delle autonomie locali tra efficienza amministrativa e rappresentanza della comunità, Cleup, Padova, 2010, p. 43-75. 16 Qui può dirsi delle riforme istituzionali realizzate (in specie durante la XIII legislatura), in particolare attraverso la L. cost. n. 3/2001: G. BERTI - G.C. DE MARTIN (a cura di), Le autonomie territoriali: dalla riforma amministrativa alla riforma costituzionale, Atti del Convegno, Roma – 9 gennaio 2001, Giuffrè, Milano, 2001; G.C. DE MARTIN, Primi elementi di lettura della riforma del Titolo V della Costituzione, in www.amministrazioneincammino.luiss.it. 17 Cfr., Cons. di Stato, sez. V, 14.4.2008, n. 1692. Si tenga anche conto che per l’art. 4, co. 3, della L. n. 131/2003 (c.d. legge La Loggia), resa per l’attuazione legislativa degli artt. 114 e 117, co. 6, Cost., «[…] L’organizzazione degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel rispetto delle norme statutarie. […]». Dunque, gli statuti si delineano in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell’ordinamento e nel rispetto della competenza legislativa esclusiva statale in materia elettorale; ai regolamenti è riservata la disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni del’Ente. 18 Appunto, il trascritto comma regola la distribuzione della potestà regolamentare fra i diversi livelli di governo. Sul punto si v., T. GROPPI - M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel Titolo V, Giappichelli, Torino, 2003, spec. p. 40 e passim; G. DI GENIO, Poteri locali nel quadro europeo del multilevel constitutionalism, in AA. VV., Impatto federale e nuove territorialità: autodeterminazioni regionali?, in Nuova Rass. legisl. dottr. e giur., n. 10/2011, spec. p. 1115 e ss. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 11 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Ovviamente, ciò che interessa sottolineare è che i regolamenti19 sono approvati dall’Organo competente e destinati ad entrare in vigore all’esecutività dell’atto deliberativo, salva diversa previsione esplicitata nell’atto stesso. La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni (in specie) del Comune è così riservata alla potestà regolamentare dell’Ente stesso, nell’ambito, però, della legislazione dello Stato e della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dalla Costituzione20. Nello specifico, proprio il funzionamento delle Giunte Comunali (Organo obbligatorio e deliberante, avente la primaria funzione di collaborazione con il Sindaco) è poi demandato, sovente, ad espressa previsione contenuta in apposito “Regolamento per il funzionamento” di cui costituiscono una sezione dedicata (le disposizioni del T.U.E.L. appunto valorizzano, per tale via, la c.d. potestà regolamentare dell’Ente21). La questione investe, allora, la potestà normativa che si estrinseca non solo in quella statutaria, ma anche in quella regolamentare. Se lo statuto dell’Ente locale è gerarchicamente al vertice, il regolamento sembra godere di una propria «riserva di competenza»22 che trova giustificazione nel co. 6 dell’art. 117, Cost.: la disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni è quindi «riservata alla potestà regolamentare dell’Ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli artt. 114, 117, co. 6, e 118 Cost.»23. .(segue) Il Comune e l’attività di Giunta: l’autonomia tra forma e sostanza. In relazione alla disamina che si sta conducendo, si sottolinea, a scanso di equivoci, un punto dirimente. Il focus tematico è riferito – in particolar modo – al Comune qui inteso, appunto, Ente locale per antonomasia24, individuato come tale sia nella carta costituzionale (art. 114, Cost.) che a livello di fonte primaria statale laddove, ai sensi dell’art. 3, co. 2 del T.U.E.L. esso è definito « l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo ». Peraltro, nel quadro ordinamentale la sua importanza è comprovata dalle funzioni attribuite (soprattutto 19 T. GROPPI, Autonomia costituzionale e potestà regolamentare degli enti locali, Giuffrè, Milano, 1994, 43 ss. G. DI COSIMO, I regolamenti nel sistema delle fonti, Milano, Giuffrè, 2005, passim. 21 Spec. si v., l’art. 48, co. 3, T.U.E.L.: «E’, altresì, di competenza della Giunta l’adozione dei Regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio». 22 F. MODUGNO (a cura di), Diritto pubblico, cit., 199. 23 Ibidem; nonché, Q. Camerlengo, Regolamenti regionali cedevoli e autonomia locale: «la riserva di regolamento locale» secondo la Corte costituzionale, in Giur cost., n. 3/2006, p 2476 e ss. ove l’A., commentando la sent. n. 246/2006 della Corte costituzionale, così esordisce: «Il conferimento di una determinata funzione amministrativa ad un dato “anello istituzionale” comporta la traslazione, verso lo stesso, della corrispondente potestà regolamentare» e, per tale via, sostiene «una vera e propria “riserva di regolamento” a favore degli enti locali». 24 Per inquadrarne la nascita S. Cassese, Il sistema amministrativo italiano, Presidenza del Consiglio dei Ministri-SSPA, Roma, 1982, e, nello specifico, si v.: p. 40 (cap. Le amministrazioni nella Costituzione); p. 113 (cap. I rapporti tra centro e periferia); p. 122 (cap. I poteri locali). 20 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 12 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ dopo la riforma costituzionale del 2001) sicché la sua centralità, in rapporto agli altri Enti locali, può cogliersi proprio nelle attribuzioni che ad esso sono assegnate dall’ordinamento generale. Talché l’autonomia locale25 è da intendersi «non soltanto un principio che consente di dare rappresentanza alla soggettività di determinate comunità territoriali, ma anche una modalità di organizzazione funzionale a meglio assicurare l’effettività di alcuni valori costituzionali»26. In dottrina non esiste un unico concetto di «autonomia» bensì più impostazioni dogmatiche con valutazioni radicalmente opposte tra loro 27. Non solo; essa è notoriamente anche suddivisa in «autonomia normativa» (ovvero come la «situazione giuridica nella quale si trovano delle figure soggettive – che possono essere persone giuridiche – per il fatto di godere un’indipendenza, relativa in misura variabile, in confronto ad altre figure soggettive omogenee »28) e «autonomia organizzatoria»29 (cioè la «potestà attribuita in ordinamenti giuridici statali ad enti diversi dallo Stato di emanare norme costitutive dello stesso ordinamento giuridico statale »30). Ai fini che qui interessano, rileva comunque il «potere dell’ente locale di darsi autonomamente un ordine, conformemente a quelle che sono le esigenze della propria collettività e operando, quindi, in ognuno dei campi in cui, stanti i limiti posti dall’ordinamento generale, può operare»31. In medias res, a tacere dei rapporti tra Consiglio e Giunta comunale 32, le riunioni di quest’ultima – affinché essa possa procedere ad utile deliberazione – richiedono la partecipazione obbligatoria del Segretario generale, del Presidente della seduta (Sindaco o Vice Sindaco in caso di assenza o impedimento) e, infine, della maggioranza degli Assessori. Altresì, propedeutici sono la convocazione e l’O.d.g. che rappresentano elementi necessari (benché la prassi è ormai orientata a superare la prevista forma scritta con convocazioni fate pervenire comunicate attraverso messaggi o altra strumentazione elettronica). Laddove pervenga la regolare convocazione, il Presidente 25 G. ROLLA, L’autonomia dei Comuni e delle Province, in T. GROPPI - M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, Giappichelli, Torino, 2001, p. 157. 26 G. ROLLA, La costruzione dello Stato delle autonomie. Considerazioni sintetiche alla luce dell’esperienza italiana e spagnola , in ID. (a cura di), La difesa delle autonomie locali, Giuffrè, Milano, 2005, p. 3. 27 M.S. GIANNINI, Autonomia (Saggio sui concetti di autonomia), in Riv. trim. dir. pubbl., 1951, spec. p. 852 ss. 28 L’autonomia normativa, indica anche la capacità di determinati soggetti di dettare norme che « regolano interessi che sono curati propriamente da questi soggetti», per cui «il soggetto attributario di autonomia normativa possiede una potestà di regolare interessi, propri e statali insieme, con norme proprie, integratrici delle norme statali, e a queste ad ogni effetto equiparate »: M.S. GIANNINI, op. ult. cit., p. 859. 29 Essa costituirebbe un «concetto di relazione», una «formula organizzatoria» che attiene alla distribuzione delle funzioni, talché si comprende come essa muti, e possa definirsi, «sulla base della concreta determinazione delle funzioni e del riparto delle competenze»; si v., G. ROLLA, op ult. cit., in ID. (a cura di), cit., Giuffrè, Milano, 2005, p. 15. 30 M.S. GIANNINI, op. ult. cit., p. 856. 31 Così per E. MELE, Manuale di diritto degli enti locali, Giuffrè, Milano, 2007, pp. 14-15. 32 Si riferisce, ad es., la singolare questione relativa alla determinazione delle tariffe della Tarsu: cfr., Cass. Civ., sez. Trib., 27/09/2017, n. 22545: «Rientra nella competenza della giunta comunale la determinazione delle tariffe della Tarsu, atteso che l’art. 42, comma 2, lett. a), in combinato disposto con l’art. 48, comma 3, del d. lgs. n. 267 del 2000, nello stabilire che la potestà regolamentare del Consiglio comunale comprende anche l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, ai sensi dell'art. 42, comma 2, lett. f), esclude espressamente dalla potestà regolamentare del consiglio comunale la determinazione delle aliquote dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote. Pertanto, alla Giunta comunale competono tutti gli atti rientranti, ai sensi dell’art. 107, commi 1 e 2, del t.u.e.l., nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al Consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente della Provincia o degli organi di decentramento (art. 48, comma 2, del t.u.e.l.).». ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 13 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ della seduta deve accertare, in via preliminare, la validità della stessa e, successivamente, procedere all’esame in seduta segreta dei punti da deliberare e cioè le varie proposte di deliberazione munite dei pareri ex art. 49 T.U.E.L. (pareri obbligatori non vincolanti), salvo che si tratti di atti di mero indirizzo. Dall’esposto reticolato normativo esistente emerge, allora, l’ indefettibilità della previsione regolamentare – così come per ogni Organo collegiale che operi attraverso deliberazioni – al fine di disciplinare le modalità di convocazione, il funzionamento e le votazioni. Ciò lascia presagire, quindi, che qualsiasi “variante” non può che essere supportata da un simmetrico intervento proprio per disciplinare differentemente la materia e prevedere modalità alternative e molteplici, a garanzia della validità dell’atto pubblico33 redatto dal Segretario verbalizzante. Infatti, la revisione di un disciplinare deve misurarsi con la eventuale diversa previsione regolamentare e, pertanto, qualunque intervento dovrebbe provvedere derogando e/o modificando la stessa. In altri termini, l’utilizzo dello strumento della videoconferenza – scevro da antecedente previsione regolamentare – richiederebbe, per poter legittimare la seduta e i successivi atti, un intervento formale modificativo del regolamento vigente (appunto con l’introduzione della casistica ritenuta idonea). .Le provvisorie “semplificazioni” in materia di Organi collegiali e connesse questioni aperte. La suesposta “ordinaria” procedura ha subito una sensibile torsione a seguito dell’adozione degli interventi normativi – progressivamente sempre più stringenti – adottati per fronteggiare la pandemia causata dalla diffusione del «Covid-19». Com’è noto, con la deliberazione avvenuta il 31 gennaio 2020 il C.d.M. ha dichiarato lo « stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili»: un provvedimento fondato sull’esercizio dei poteri in materia di protezione civile previsti dal D. Lgs. del 2 gennaio 2018, n. 1 che, all’art. 24, reca lo «stato di emergenza di rilievo nazionale»34. Ovviamente, le Ordinanze di protezione civile emesse nell’ambito di uno stato di emergenza di rilievo nazionale, ai sensi dell’art. 25, co. 1, D. Lgs. n. 1/2018 sono adottate “ in deroga” alle disposizioni vigenti nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di 33 Sulla natura di atto pubblico del verbale di seduta della Giunta comunale, cfr., Cass. Pen., sez. V, 22/02/2019, n. 26616: «Ai fini degli artt. 476, comma secondo e 479 cod. pen., il verbale di una seduta della giunta comunale, redatto dal segretario comunale nell’esercizio delle funzioni attribuitegli dall’art. 97, comma 4, lett. a) d. lg. 18 agosto 2000, n. 267, è un atto pubblico che, ai sensi dell’art. 2700 c.c., fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. (Fattispecie relativa ad un verbale recante la falsa attestazione dell’allontanamento, prima dell’adozione di una delibera, di un assessore che aveva invece partecipato al voto)». 34 Sul punto cfr., M. BELLETTI, La “confusione” nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, in Osservatorio AIC, fasc. n. 3/2020, pp. 5-6 nota criticamente la «sottovalutazione della situazione» proprio a partire dalla deliberazione dello stato di emergenza; al punto che, secondo il citato A., la « non chiara cognizione della drammaticità degli eventi» è confermata dalla circostanza che l’emergenza è «stata trattata – sia consentito – come un’emergenza “ordinaria” e non già drammaticamente straordinaria ed eccezionale, se non unica, che avrebbe imposto ben altre tipologie di interventi». ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 14 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea. Ne sono seguiti, “a cascata”, molteplici provvedimenti anch’essi dettati dal carattere emergenziale e/o straordinaria necessità ed urgenza (riecheggiando la formulazione dell’art. 77 Cost.). Essi hanno riguardano tutto il territorio nazionale 35 provando a bilanciare le misure adottate con la pluralità di beni costituzionalmente tutelati36. Orbene, nonostante l’animosità dei provvedimenti susseguitisi, gran parte degli iniziali interventi non hanno scalfito il funzionamento degli Organi collegiali degli Enti locali 37. Tutt’altro. Ai prodromi dell’emergenza, ciascun Ente ha cercato di adottare “soluzioni tampone”. Cosicché, in un primo momento, con l’incalzare della diffusione del «Covid19», si sono registrate variegate forme (o “nuove prassi”?) di prosecuzione dell’attività giuntale a prescindere dalla regolamentazione dell’Ente. Non a caso, la pericolosità della pandemia ha “obbligato” gli Enti locali a definire, in itinere, delle linee guida relative all’attività degli Organi politici. Ciò è avvenuto, però, prescindendo dall’esistenza o meno di una previsione regolamentare e provvedendo a disciplinare magari all’interno di una istantanea delibera della stessa Giunta - la “gestione telematica” delle sedute. Tale aspetto era e rimane controverso, poiché non è dato capire – proprio in ragione di quanto riferito - quale sia la fonte giustificatrice in difetto di anteriore previsione tale da ordinare il meccanismo virtuale e garantire lo svolgimento in adesione ai principi generali. Questi dubbi potrebbero assumono una forma più diretta: come legittimare la menzionata casistica ai fini della validità stessa dalle seduta? È da intendersi assorbente il richiamo (all’interno di un qualsiasi provvedimento) all’emergenza sanitaria facendo leva sulla prevalenza della protezione di beni di rango costituzionale? Ancora, può addursi un intervento sostitutivo e/o suppletivo con atto monocratico del Sindaco (con emanazione delle ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica)? E’ chiaro che gli atti di Giunta comunale (e/o decreti sindacali) che avessero adottato modalità operative virtuali ante decreto potrebbero essere viziate e non reggere, ex post, il vaglio del Giudice Amministrativo allorquando resteranno impressi gli effetti 35 Un richiamo cronologico: D.P.C.M. dell’11 marzo 2020; D.P.C.M. del 9 marzo 2020; D.P.C.M. dell’8 marzo 2020; D.L. 8 marzo 2020, n. 11; D.L. 2 marzo 2020, n. 9; D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 conv. L. n. 13/2020 e succ. abrogato dal D.L. n. 19/2020 ad eccezione dell’art. 3, co. 6-bis e dell’art. 4; D.P.C.M. del 23 febbraio 2020; D.P.C.M. del 25 febbraio 2020; Delibera del C.d.M. del 31 gennaio 2020; D.L. 25 marzo 2020, n. 19. Infine, ai più recenti D.P.C.M. del 1° aprile 2020; D.P.C.M. del 10 aprile 2020 ed il D.P.C.M. del 27 aprile 2020 sulla regolamentazione della c.d. “fase 2”, fissata per il 4 maggio. 36 Ex multis: V. BALDINI, Emergenza sanitaria e Stato di prevenzione, in Dirittifondamentali.it, n. 1/2020, passim; G. AZZARITI, I limiti costituzionali della situazione d’emergenza provocati dal Covid-19, in Questione giustizia, 27 marzo 2020, passim; A. ALGOSTINO, Covid-19: primo tracciato per una riflessione nel nome della Costituzione, in Osservatorio AIC, fasc. 3/2020, p. 3 e ss. indica alcuni requisiti in merito alle «restrizioni che integrano uno stato di inedita sospensione nell’esercizio dei diritti»; ovvero: «temporaneità»; «proporzionalità e ragionevolezza»; «rispetto di forme ed equilibri in relazione al potere esecutivo». 37 Ad onor del vero essi hanno ispirato (e giustificato) l’adozione della «Direttiva n. 1/2020 della P.d.C.M. – Ministro per la Pubblica Amministrazione» con la quale sono state fornite le prime indicazioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da «Covid-2019» nelle P.A. al di fuori delle c.d. «zone rosse», ovvero le aree di cui all’articolo 1 del D.L. n. 6 del 2020. Tale Direttiva ha introdotto, tra le altre cose, «la facoltà, per le autorità competenti, di adottare ulteriori misure di contenimento, al fine di prevenire la diffusione del virus […]» soprattutto con la finalità di «garantire uniformità, coerenza ed omogeneità di comportamenti del datore di lavoro per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro ». Sicché, stante il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia e l’incremento dei casi sul territorio nazionale, le Amministrazioni Pubbliche – a prescindere dalla loro collocazione geografica – hanno implementato misure organizzative temporanee rivolte ai propri dipendenti, in grado di “governare” l’emergenza sanitaria in corso (si pensi al c.d. smart working inteso quale “lavoro agile”). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 15 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ consequenziali della loro assunzione, ad una qualsiasi delibera e/o determina adottata in esecuzione38. Del resto, gli artt. 46, 47 e 48 del T.U.E.L., recanti disposizioni in materia di nomina, composizione e competenze della Giunta Comunale, nulla dispongono in ordine all’ipotesi in discorso. Nella confusione generale, la questione è stata affrontata con il D.L. n. 18/202039 recante «Misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all'emergenze epidemiologica da Covid-19”». Infatti, l’art. 73 del provvedimento poc’anzi citato – rubricato «Semplificazioni in materia di organi collegiali» –, ha previsto, al co. 2, che «i Consigli e le Giunte dei Comuni che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in video conferenza, possono riunirsi secondo tali modalità nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati rispettivamente del Presidente del Consiglio e dal Sindaco purché siano individuati sistemi che consentano di determinare con certezza i partecipanti. Tali previsioni si applicano agli organi di Governo delle Province, delle Città Metropolitane, dei Consigli e delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome in assenza di una diversa regolamentazione da parte delle leggi provinciali e regionali». Il dinamismo del Governo, facendo leva su presupposti di necessità ed urgenza, ha permesso a tutti gli Enti locali l’assunzione di misure protese a garantire lo svolgimento dei lavori giuntali (quali la partecipazione a distanza con possibilità dei componenti della Giunta e del Segretario Comunale) e di addivenire, non senza affanno, ad soluzione in linea di massima rispettosa del metodo collegiale della seduta, rendendo praticabile altre ipotesi di svolgimento (appunto in audio conferenza, videoconferenza e/o teleconferenza). Dalle raccolte riflessioni è oltremodo palese che proprio con l’entrata in vigore del D.L. n. 18/2020 la legittimità e sostenibilità dello svolgimento dell’attività della Giunta comunale durante l’emergenza sanitaria «Covid-19» può dirsi assicurata. Nondimeno, però, il sistema di “presenza” virtuale, non può che considerarsi “a tempo”; talché l’attività giuntale – presto o tardi – deve (ri)tornare a ricongiungersi con le previsioni ordinarie e regolamentari di ciascun Ente. Infatti, la stessa norma “giustificatrice” della “Giunta virtuale” esordisce, al co. 1 dell’art. 73, che la previsione è valevole « al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020». Ciò lascia intendere che, terminata la fase straordinaria, le Amministrazioni sfornite di idonea regolamentazione sul punto non potranno continuare ad utilizzare la copertura “per decreto”, ma anzi saranno obbligate a mantenersi (rientrare?) nel perimetro del peculiare regolamento e/o, qualora sia intenzione, ad agire - con i propri poteri - introducendo ex novo la facoltà di riunione virtuale della Giunta Comunale. 38 Sulla funzione di amministrazione resa prevalentemente in atti produttivi di effetti nella sfera giuridica di soggetti terzi, i quali se lesi, possono rivolgersi al giudice competente per chiedere tutela, da ultimo si legga: V. CERULLI IRELLI, Amministrazione e giurisdizione, in Giur. cost., n. 3/2019, p. 1825 ss. 39 In Gazz. Uff., Serie Generale, n. 70, Anno 161°, del 17-3-2020. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 16 ______________ ^ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 17 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ LE ORDINANZE EXTRA ORDINEM DURANTE L’EMERGENZA COVID-19 Camilla Della Giustina Abstract ita: lo scopo che si persegue con il presente contributo è quello di evidenziare come l’emergenza covid-19 abbia accelerato il processo di progressiva marginalizzazione del Parlamento. La prima parte è dedicata all’analisi di presupposti e requisiti che le ordinanze extra ordinem devono rispettare per essere compatibili con il sistema costituzionale italiano. La seconda parte, invece, analizza la situazione che si è verificata dal punto di vista giuridico per fronteggiare detta situazione di emergenza. Abstract eng: The aim of this contribution is to highlight how the covid-19 emergency has accelerated the process of progressive marginalization of Parliament. The first part is devoted to the analysis of assumptions and requirements that extra ordinances must comply with in order to be compatible with the Italian constitutional system. The second part, on the other hand, analyses the legal situation which has arisen in order to deal with this emergency situation. SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. . Le ordinanze extra ordinem. 2.1. Fonti e disciplina legislativa. 2.2. La natura giuridica delle ordinanze contingibili ed urgenti. 2.3. Limiti e presupposti delle ordinanze contingibili ed urgenti. 3. Covid-19: quando le regole saltano 3.1. Un nuovo istituto giuridico: il DPCM urgente. 3.2. Le ordinanze extra ordinem dell’emergenza. 3.3. Il caso delle Marche. 3.4. L’ordinanza e il contenzioso cautelare dell’ordinanza adottata dalla Campania 3.5. Le ordinanze della Basilicata. 4. Conclusione. 1. Introduzione. Com’era la situazione giuridica prima dell’emergenza covid-19? Era simile a quella che stiamo vivendo durante l’emergenza stessa, diversa o peggiore? Un articolo di Dicembre 2019 evidenziava che da molti, forse troppi anni, si assiste ad una crisi generalizzata del Parlamento ritenendo come nel tempo ci sia abituati a queste espressioni parlamentari atipiche senza rendersi conto che in realtà si tratta di ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 18 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ vere e proprie illegittimità e palesi difformità rispetto al modello costituzionale e legale40. Lo scopo che intendo perseguire con il presente contributo è quello di mostrare come la riflessione dottrinale e giurisprudenziale che si era formata in tema di ordinanze extra ordinem avesse rinvenuto un proprio punto di equilibrio ammettendo l’adozione delle stesse al rispetto di determinati requisiti di sostanza e di forma e di come detti requisiti siano stati totalmente non seguiti durante l’emergenza che ci troviamo oggi a vivere. L’aspetto preoccupante non concerne la limitazione apportata alle libertà fondamentali quanto le modalità con cui le stesse sono state ristrette. 2. Le ordinanze extra ordinem. Il sostantivo ordinanza indica provvedimenti autoritativi i quali impongono, vietano o regolano un determinato comportamento esprimendo al contempo un comando maggiormente articolato rispetto al semplice ordine. Nell’interpretazione maggiormente estensiva l’ordinanza appartiene agli ordini ossia quella tipologia di atti attraverso i quali la pubblica amministrazione sulla base di una potestà di supremazia, fa sorgere a carico d un soggetto un dovere di condotta positivo (comando) o negativo (divieto), la cui inosservanza espone l’obbligato ad una sanzione in caso di disobbedienza41. Oltre a questo l’ordinanza deriva da un processo valutativo tanto da rendere la stessa impregnata di discrezionalità42. In dottrina vengono adottati tre criteri di classificazione delle ordinanze. Si tratta di criteri che indicano i presupposti che legittimano l’adozione delle ordinanze, il livello di predeterminazione del contenuto delle stesse ad opera di una norma attributiva ed infine il grado gerarchico delle disposizioni che vengono sospese o derogate mediante l’adozione di dette ordinanze43. L’adozione del primo criterio comporta l’esistenza di due tipologie di ordinanze: ordinanze generali ossia capaci di far fronte a fatti emergenziali definiti come innominati e ordinanze speciali ossia quelle predeterminate per fronteggiare emergenze tipiche. Il secondo criterio fa riferimento alle ipotesi in cui il soggetto titolare del potere di ordinanza possa determinare le diverse misure emergenziali da adottare. Infine l’ultimo criterio richiamando il criterio gerarchico suddivide le ordinanze a seconda che le stesse rispettino il criterio poc’anzi menzionato, ossia le ordinanze in senso stretto, oppure deroghino le disposizioni vigenti cioè le ordinanze contra legem44. Ulteriore classificazione distingue tra ordinanze normali o ordinarie, atti necessitati o provvedimenti d’urgenza ed infine ordinanze di urgente necessità o contingibili ed urgenti45. Le prime sono dei provvedimenti attraverso cui viene imposta ad un soggetto 40 E. MINNEI, L’art. 116 Cost. e la preoccupazione (strumentale?) della marginalizzazione del Parlamento, in www.AmbienteDiritto.it, Fasc. 4/2019, p. 23, cit. 41 V. ITALIA, G. LANDI, G. POTENZA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1999, p. 222, cit. 42 G. MORBIDELLI, Delle ordinanze libere a natura normativa, in Diritto amministrativo, fasc. 1-2/2016, pp. 33-73. 43 C. GALATERIA, I provvedimenti amministrativi d’urgenza. Le ordinanze, Giuffrè, Milano, 1953, p. 41. 44 G. BERNABEI, Carattere provvedimentale e decretazione d’urgenza, Cedam, Padova, 2017, pp. 225-230. 45 Si segnala per completezza che parte della dottrina sostiene che si debba distinguere solamente tra ordinanze normali e ordinanze contingibili ed urgenti. T. TESSARO, Gli atti amministrativi del Comune, Maggioli, Rimini, 2002, p. 312. Altra parte della dottrina propone una quadripartizione. Precisamente si avrebbero il potere di ordinanza istituzionalizzato, il potere di ordinanza tipicizzato, potere di ordinanza necessitato e ordinario ed infine potere di ordinanza extra ordinem. Il potere di ordinanza istituzionalizzato farebbe riferimento a un potere di ordinanza da ritenere istituzionalizzato nell‟ordine delle competenze proprie degli organi della Pubblica Amministrazione” che “può manifestarsi, anzitutto attraverso atti amministrativi generali, volti a disciplinare determinati settori della stessa amministrazione ovvero attraverso atti amministrativi particolari, indirizzati propriamente a dettare singole ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 19 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ una determinata condotta che è prevista solo in astratto dalla norma. Si assiste quindi ad una trasposizione di un obbligo generico ad un obbligo specifico grazie ad un provvedimento di esecuzione preordinato a far osservare e rispettare le prescrizioni contenute in leggi e regolamenti46. La seconda categoria ossia gli atti necessitati sono anch’essi provvedimenti amministrativi tipici, previsti e disciplinati dalla legge per quanto concerne i presupposti ma il loro tratto distintivo è dato dalla possibilità per gli stessi di essere legittimati ad intervenire nel disciplinare situazioni determinate di necessità ed urgenza. Da un punto di vista storico, la possibilità di adottare ordinanze d’urgenza è strettamente collegata all’esigenza di far fronte a situazioni straordinarie con strumenti straordinari, ossia extra ordinem. Questi ultimi sono utilizzabili nel momento in cui il verificarsi di eventi straordinari non possa essere gestito attraverso gli strumenti ordinari previsti dall’ordinamento giuridico47. Se questo è il presupposto affinchè possano essere adottate le ordinanze extra ordinem risulta necessario individuare il perimetro di quella che può essere definita l’amministrazione dell’emergenza alla quale sono collegati in modo intimo i concetti di necessità ed eccezione. L’emergenza può essere definita come l’insieme delle situazioni a fronte delle quali la normale scansione delle fasi in cui si articola ogni procedimento amministrativo non è né idonea, né sufficiente alla cura dell’interesse pubblico per il quale il relativo potere è stato attribuito a determinate amministrazioni pubbliche da una particolare fonte di produzione normativa 48. Si tratta di un concetto che nel corso del tempo è stato soggetto a diversi cambiamenti. In epoca liberale, ad esempio, la nozione di emergenza veniva intesa quale stato di eccezionale necessità, giuridicamente delimitata e fronteggiata con gli strumenti delle ordinanze contingibili ed urgenti o dello stato d’assedio, aventi come fine primario se non esclusivo la tutela della sicurezza e dell’incolumità dei cittadini49. In un momento successivo lo stesso concetto di emergenza ha subito un ridimensionamento a causa della crescente complessità della società e della esponenziale crescita dei conflitti al punto da far divenire l’emergenza un aspetto tipico della vita quotidiana. Il risultato di questa evoluzione è stato il progressivo affiancamento all’amministrazione dell’emergenza quella del rischio50. La prima può essere analizzata da prospettive differenti. In primis con l’espressione “amministrazione dell’emergenza” si può far riferimento alla particolare forma assunta dall’azione amministrativa durante i casi di emergenza. Precisamente il riferimento attiene al rapporto tra norma e fatto, ossia si deve analizzare le modalità che il potere pubblico può esercitare prendendo in considerazione due fattori: l’esistenza di un fatto imprevedibile e l’agire nel contesto di uno Stato di diritto. In secundis l’amministrazione dell’emergenza può essere prescrizioni di comportamento, quali sono gli ordini di servizio. Il secondo sarebbe invece preordinato a garantire l’osservanza dei regolamenti e delle leggi. Il potere di ordinanza necessitato ordinario produrrebbe i propri effetti tutte le volte in cui a previsione normativa ipotizza delle potestà, attribuite normalmente ad un numero limitato di autorità amministrative, che permettono di provvedere, in occasione di determinati eventi già preventivamente indicati e individuati in termini fenomenici. Infine il potere di ordinanza extra ordinem dovrebbe essere esercitato nell’ impossibilità di far fronte a determinate fattispecie con le norme giuridiche esistenti (leggi e regolamenti), salva la riserva assoluta di legge. F. BARTOLOMEI, Ordinanza (dir. amm.), in Enciclopedia del diritto XXX ed., Milano, 1980, p. 973, cit. 46 M. AIMONETTO, Le ordinanze del Sindaco e dei dirigenti comunali, Maggioli, Rimini, 2004, pp. 24-30. 47 M. TURAZZA, L’art. 54, comma 4, del t.u. enti locali al vaglio della Corte costituzionale: un anche di troppo? Nota a T.A.R Venezia, 22 marzo 2010 n. 40 sez. III, in Giurisprudenza costituzionale, fasc. 3/2010, pp. 2760-2775. 48 F. TEDESCHINI, voce Emergenza (dir. amm.), in Diritto on line, http://www.treccani.it/enciclopedia/emergenza-diramm_ %28Diritto-on-line%29/2017, cit. 49 M. A., M.A.CABIDDU, Necessità ed emergenza: ai confini dell’ordinamento, in Dir. pubbl.ico, n. 2/2010, p. 168, cit. 50 U. BECK, La società del rischio, Carocci, Roma, 2002, p. 31. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 20 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ l’elemento complementare dell’amministrazione del rischio. Infine l’espressione amministrazione dell’emergenza concerne anche i profili organizzativi dell’amministrazione nel momento in cui la stessa deve far fronte alle emergenze 51. Le funzioni proprie dell’amministrazione dell’emergenza sono essenzialmente due ossia quella di prevenire52 e quella di gestire53 l’emergenza. Lo strumento tipico dell’amministrazione dell’emergenza concerne il potere per la pubblica amministrazione di adottare ordinanze extra ordinem54 ossia ordinanze contingibili ed urgenti. Queste ultime rappresentano una sola delle quattro categorie giuridiche che consentono la possibilità di esperire poteri di emergenza. In una prima classe si fanno rientrare le elaborazioni dottrinarie esistenti circa il diritto non scritto, le riflessioni sul potere costituente ed infine l’analisi dei fenomeni relativi al colpo di stato e alle azioni rivoluzionarie. La seconda ricomprende tutta l’elaborazione teorica incentrata sulla sospensione dei diritti costituzionali, il riferimento al concetto di stato di assedio interno o civile dichiarato dal Governo per fronteggiare situazioni quali sommosse politiche o sociali o calamità naturali. La terza categoria ricomprende l’utilizzo del decreto-legge nonché i poteri straordinari del Governo in tempo di guerra. L’ultima categoria farebbe riferimento alle ordinanze contingibili ed urgenti55. Le ordinanze extra ordinem comprendono diverse tipologie di provvedimenti quali le ordinanze contingibili ed urgenti del Sindaco, le ordinanze dell’autorità di pubblica sicurezza, quelle conformi al modello della protezione civile 56 ed infine le stesse Regioni ed Enti Locali possono adottare provvedimenti contingibili ed urgenti nei casi previsti dalla legge57. Il tratto peculiare delle ordinanze extra ordinem concerne la conformità necessaria delle stesse alle norme costituzionali e ai principi informanti l’ordinamento giuridico. Oltre a questo è necessario che dette ordinanze dispieghino in modo limitato i propri effetti nel tempo alla luce della situazione di necessità ed urgenze che le stesse sono chiamate a disciplinare. È richiesto che le ordinanze de qua possiedano quale propria fonte una autorizzazione legislativa contenente il presupposto, la materia da disciplinare, la finalità perseguita58 e l’autorità legittimata ad adottarle. Infine è necessario che venga rispettata la riserva di legge59. Nonostante le ordinanze contingibili ed urgenti possiedano diverse esplicazioni le stesse sono accomunate dall’essere espressione di un potere straordinario 60. Esso 51 M. RICCI, Il potere di ordinanza nella gestione delle emergenze ambientali, AmbienteDiritto.it., fasc. 2/2019, pp. 1-25. Essa è preordinata allo studio dei dati al fine di predisporre delle tattiche di prevenzione di eventi emergenziali ovvero analizzare misure limitative derivanti dalla conseguenze di detti eventi. 53 L’azione di essa è successiva al verificarsi di detti eventi. 54 Esse appartengono al genus delle ordinanze e in termini generali sono volte a garantire l’osservanza delle leggi o dei regolamenti. 55 R. CAVALLO PERIN, Il diritto amministrativo dell’emergenza per fattori esterni all’amministrazione pubblica, in Diritto amministrativo, fasc. 4/2005, pp. 777-841. 56 Il riferimento è all’art. 5 L. 225/1992 con la quale si istituiva il Servizio Nazionale di Protezione civile e veniva altresì ammesso il ricorso allo strumento delle ordinanze contingibili ed urgenti anche nell’ipotesi in cui le stesse dovessero derogare alle norme vigenti dell’ordinamento. In detta materia le ordinanze contingibili ed urgenti sono provvedimenti straordinari che possono essere in contrasto con l’ordinamento giuridico posto che esse vengono adottate in ambiti nei quali non sia possibile adottare fonti primarie il tutto all’interno di situazioni caratterizzate dalla necessità di provvedere. C. VENTIMIGLIA, I poteri di ordinanza extra ordinem tra procedimento e processo: la Corte costituzionale segna il cammino, in L.R. PERFETTI, Procedura, procedimento e processo, Cedam, Padova, 2010, pp. 159-162. 57 E. CASETTA., Manuale di diritto amministrativo, XIX ed., Giuffrè, Milano, 2017, pp. 370-380. 58 Viene richiesto che sussista un nesso di strumentalità tra la situazione di emergenza e le misure adottate per gestire quest’ultima, a tal proposito è necessario il rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza. Corte cost., 2 luglio 1956, n. 8, 23 maggio 1961, n. 26, 3 aprile 1987, n. 100, 3 maggio 1987, n. 201. 59 G. MARAZZITA, Il conflitto tra autorità e regole: il caso del potere di ordinanza, in Rivista AIC, n. 4/2010. 60 Nel diritto amministrativo potere straordinario assume differenti significati. Un primo concerne il profilo soggettivo del potere ossia si definisce potere straordinario quello costituito una tantum con provvedimento di una superiore autorità (politica, 52 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 21 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ esplica i propri caratteri in senso pieno e proprio solamente con riferimento al potere di ordinanze contingibili ed urgenti61. In questa ipotesi il potere straordinario è quello idoneo a fronteggiare situazioni straordinarie ossia situazioni capaci di danneggiare un determinata organizzazione di amministrazione. È evidente come in detto contesto l’espressione “potere straordinario” significa potere rispetto al quale non è possibile predeterminarne il contenuto e, di conseguenza, derogatorio del principio di tipicità degli atti amministrativi, nonché derogatori rispetto all'ordine normale dell'attribuzione e delle competenze: la legge conferisce a una determinata amministrazione «la capacità di esercitare, a fronte di situazioni che per la loro eccezionalità la legge non è in grado di prevedere, ogni tipo di potere che si renda necessario allo scopo62. L’amministrazione alla quale viene attribuito dalla legge il potere straordinario può esercitare al ricorrere di situazioni straordinarie poteri amministrativi di diverso tipo a prescindere dall’ordine delle attribuzioni e dalle competenze. La differenza sussistente tra le ordinanze contingibili ed urgenti e gli atti necessitati è data dal fatto che per quanto concerne le prime la deroga è disposta da singolo provvedimento volta per volta alla luce delle circostanze che richiedono questo tipo di intervento. In altri termini le disposizioni che prevedono le ordinanze possiedono un duplice effetto. In primis legittimano la pubblica amministrazione ad emanare provvedimenti anche in circostanze non previste dall’assetto normativo63. In secundis ammettono la possibilità per le autorità di derogare ad un numero indeterminato di norme64. Emerge di conseguenza con chiarezza la vera natura delle ordinanze extra ordinem: ossia esse derogano all’insieme dei poteri ordinari disciplinati e previsti dall’ordinamento giuridico al fine di regolare e disciplinare situazioni ordinarie e tipiche. Nonostante il potere di adottare ordinanze extra ordinem ponga dubbi di conformità dello stesso rispetto all’ordinamento costituzionale le stesse rispondono ad un compito insostituibile: ossia le stesse svolgono la funzione di valvola nei casi in cui la norma non appronta alcun provvedimento tipico per intervenire65. amministrativa o giurisdizionale), nell'ambito di un singolo ente, per far fronte a una specifica e transeunte esigenza operativa mediante l'esercizio di poteri altrimenti imputati ad organi ordinari dell'ente. Ulteriore sfumatura viene assunta circa la modalità di esercizio del potere che tuttavia resta dotato di tutti i suoi caratteri tipici, sia riguardo al soggetto (non viene derogato né l'ordine delle attribuzioni né quello delle competenze) sia riguardo all'atto adottato e ai suoi effetti (che resta quello previsto dalla legge nel suo modello tipico). Si tratta degli atti necessitati ossia quegli atti emanati in situazioni eccezionali in modo conforme a norme eccezionali che li prevedono. Precisamente assumono rilevanza nell’ipotesi in cui l’amministrazione debba adottare una disciplina che si discosta dal paradigma previsto normalmente derogando quindi allo stesso. Questo tratto derogatorio rinviene la propria fonte nella legge poiché è la stessa a prevedere la possibilità di intervenire in maniera derogatoria qualora si dovesse verificare una determinata situazione definita dalla stessa legge come eccezionale. F. SATTA, Ordine e ordinanza amministrativa, in Enc. giur. Treccani, XXII, Roma, 1990. M.S. GIANNINI, Potere di ordinanza e atti necessitati, in Giur. compl. Cass. civ., XXVII, 1948, p. 949. 61 A. CARDONE, Le ordinanze di necessità ed urgenza del Governo, in P. CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti 2006. Le fonti statali: gli sviluppi di un decennio, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 248-253. A. MORRONE, Le ordinanze di necessità e urgenza tra storia e diritto, in A. VIGNUDELLi (a cura di), Istituzioni e dinamiche del diritto. I confini mobili della separazione dei poteri, Giuffrè, Milano, 2009, p. 172. 62 V. CERULLI IRELLI, Principio di legalità e poteri straordinari dell'amministrazione, in Dirittopubblico.,2007, p. 354, cit. 63 Posto che si tratta di provvedimenti atipici che consentono di attribuire poteri straordinari nell’ipotesi in cui vi sia il presupposto dell’urgenza è richiesto che l’obbligo di motivazione per il Sindaco con il quale devono essere evidenziate sia la gravità che la pericolosità della situazione oltre alla precisa elencazione dei pericoli gravi e concreti che possono rappresentare una minaccia imminente per la popolazione. Si tratta di elementi idonei a giustificare l’adozione delle ordinanze extra ordinem. T.A.R. CampaniaNapoli, III, 15 febbraio 2011 n. 952. M. VACCARELLA, Il potere di ordinanza sindacale per la sicurezza urbana e l’incolumità pubblica. Quaderni di Diritto e processo amministrativo, 14, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2012, p.39. 64 G.U. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessità e di urgenza (dir. cost. e amm.), in Novissimo Digesto italiano, XII, Utet, Torino, 1965,p. 92. 65 V. ANGIOLINI, Necessità ed emergenza nel diritto pubblico, Giuffrè, Milano, 1986, p. 143, cit. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 22 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Volendo pervenire ad una definizione delle ordinanze di necessità ed urgenza o contingibili ed urgenti bisogna precisare, in primo luogo, come detta locuzione non rappresentano un endiadi, ma caratterizzano lo stato accidentale di necessità. In secondo luogo si deve sottolineare che secondo la ricostruzione esistente in giurisprudenza e dottrina la caratteristica dell’urgenza attiene all’indifferibilità del provvedimento che deve essere tale da impedire l’impiego dei mezzi ordinari, mentre la contingibilità farebbe riferimento al contenuto di straordinarietà, accidentalità e imprevedibilità66. Poste queste due riflessioni autorevole dottrina ha definito detta tipologia di ordinanze quali atti di autorità amministrative, adottabili sul presupposto della necessità e dell’urgenza del provvedere, per far fronte ad un pericolo di danno grave ed imminente per la generalità dei cittadini, con contenuto discrezionalmente determinabile e non prestabilito dalla legge e con il potere di incidere derogativamente e sospensivamente sulla legislazione in vigore, con efficacia (tendenzialmente) temporanea67. Solamente in relazione a questa tipologia di atti si ritiene che possa esplicarsi il potere di ordinanza in senso stretto ossia quale esercizio di un potere extra ordinem. L’esercizio di detto potere consente di adottare atti generali o singolari non predeterminati quanto al contenuto, emanati in casi di urgente necessità da autorità amministrative diverse dal Governo68. Si tratta di atti definibili come atipici in quanto il loro contenuto non è predeterminato69 e di conseguenza sono atti derogatori posto che gli stessi introducono o deroghe a diritto qualora lo stesso non disciplini la fattispecie o deroghe a specifiche disposizioni nell’ipotesi in cui queste ultime contengano mezzi di intervento non applicabili nel caso concreto70. 2.1. Fonti e disciplina legislativa. Volgendo la disamina alle fonti legislative del potere di ordinanza a livello degli enti locali si esamineranno le fonti legislative che riconoscono detto potere in capo al Presidente della Regione, al Prefetto ed infine al Sindaco. Prima di procedere all’analisi normativa si precisa che la regola per distribuire la competenza tra detti enti locali si rinviene dalla lettura congiunta dell’art. 117 co. 1 del Dlgs. 112/1998 e dell’art. 32 L. 833/1978. Il criterio cardine da seguire è rappresentato dall’ambito territoriale rispetto al quale insiste l’emergenza da gestire: se avrà carattere locale la competenza sarà del Sindaco, se insisterà su più Comuni o sull’intero territorio regionale la competenza sarà del Presidente della Regione71. Partendo dalle prime la fonte attributiva del potere di ordinanza contingibile ed urgente al Presidente della Regione è l’art. 32 co. 3 L. 833/1978 il quale enuncia che nelle medesime materie72 sono emesse dal presidente della giunta regionale o dal 66 F. BARTOLOMEI, Ordinanza (dir. amm.), op. cit., pp. 979-980, cit. G. RAZZANO, Le ordinanze di necessità ed urgenza nell’attuale ordinamento costituzionale, in www.associazionedeicostituzionalisti.it , cit. 68 G.U, .RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessità e urgenza, op., ult., cit., p. 91. 69 M. BROCCA, Le contraddizioni delle ordinanze ordinarie del sindaco. Nota a Corte Costituzionale, 7 aprile 2011, n. 115 , in Foro amministrativo, CDS, fasc. 7-8/2011, pp. 2278-2305. 70 F. SATTA, ,Ordine e ordinanza amministrativa, op., cit., p. 2. 71 M. BORGATO – D. TRABUCCO, Brevi note sulle ordinanze contingibili ed urgenti: tra problemi di competenza e cortocircuiti istituzionali, in Dirittifondamentali.it, 24.3.2020. 72 Si tratta di quelle contenute nel precedente comma ossia materia di igiene e sanita' pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle gia' esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi. 67 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 23 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente piu' comuni e al territorio comunale. Per quanto concerne il potere di ordinanza riconosciuto al Prefetto la fonte di tale potere è stata rinvenuta nell’art. 2 Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 73 secondo cui il Prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica. Dall’analisi di detta disposizione non emergono alcuni presupposti ai quali ancorare l’attivazione dello stesso. La stessa Corte costituzionale ha ritenuto che detta disposizione indichi anche il limite del potere del Prefetto perché circoscrive il potere prefettizio a materie determinate, ancorandolo, per altro verso, ai soli motivi di sanità o di sicurezza pubblica74. Di conseguenza il Prefetto può ricorrere al potere di ordinanza ogni volta che lo stesso reputi necessario ed urgente intervenire in modo derogatorio: dal punto di vista legislativo quindi si tratta di una competenza definibile come generale poiché idonea a fronteggiare fatti emergenziali sia naturali, sia connessi con l’attività umana sia emergenze pubbliche 75. L’art. 216 del medesimo testo unico disciplina un’ipotesi particolare, ossia facendo salvo quanto contenuto nell’art. 2 qualora la dichiarazione di pericolo pubblico si estenda all’intero territorio della Repubblica, il Ministro dell’interno può emanare ordinanze anche in deroga alle leggi vigenti, sulle materie che abbiano comunque attinenza all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica. Le fonti normative che attribuiscono al Sindaco il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti sono due. La prima è data dall’art. 104 L. 2248/1865 all. a) secondo cui appartiene pure al sindaco di fare i provvedimenti contingibili ed urgenti di sicurezza ed igiene pubblica sulle materie di cui al numero 6 dell'articolo 138, e di far eseguire gli ordini relativi a spese degl'interessati senza pregiudizio dell'azione penale in cui fossero incorsi. La seconda invece si rinviene negli art. 50 co. 5-676 e 54 co.4 e 4-bis77 del D.lgs. 267/2000 73 R.D. 18 giugno 1931, n. 773), Corte cost. 4 gennaio 1977, n. 4. Oltre a questo la Corte precisa anche che la tutela della salute e dell'incolumità delle persone non può non limitare il concreto esercizio del diritto di sciopero, così come avviene per altri interessi, che trovano del pari riconoscimento nel testo costituzionale e la cui salvaguardia, insieme a quella della sicurezza verso l'esterno, costituisce la prima ed essenziale ragion d'essere dello Stato. i particolari limiti che all'esercizio del diritto di sciopero possono derivare dall'applicazione dell'art. 20 del t.u. comunale e provinciale del 1934 trovano il loro fondamento nell'art.32 Cost., a norma del quale "la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività ", poiché tra i motivi legittimanti il Prefetto a provvedere con ordinanze contingibili e urgenti vi sono espressamente menzionati quelli "di sanità " (concretamente invocati nel caso de quo dall'ordinanza del Prefetto di Rieti). Ed a conclusioni analoghe deve giungersi altresì per i motivi "di sicurezza", che hanno riferimento alla integrità fisica ed incolumità delle persone e costituiscono perciò concetto diverso da quello di "ordine pubblico" (distintamente richiamato, infatti, nell'art. 2 del t.u. di p.s.): non potendosi dubitare che l'interesse alla tutela di quei beni rientri nel nucleo essenziale degli interessi generali, preminenti su ogni altro, sottostanti all'intera Costituzione e da questa perciò recepiti e garantiti (anche espressamente, attraverso l'ampia formulazione dell'art. 2 relativo ai "diritti inviolabili dell'uomo"). 75 G. MARAZZITA, Il conflitto tra autorità e regole: il caso del potere di ordinanza, in Forum di Quaderni costituzionali. 76 In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma. 77 Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, [anche] contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la 74 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 24 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ ossia il Testo Unico degli Enti Locali successivamente modificato con Dl. 92/2008 convertito successivamente nella L. 125/200878. A seguito di detta modifica l’art. 54 co. 4 aveva creato problemi di legittimità costituzionale nella parte in cui era stata inserita la congiunzione “anche” prima delle parole “contingibili ed urgenti”. Secondo la ricostruzione del T.A.R. Veneto79 in questo modo al Sindaco sarebbe stato attribuito potere normativo sganciato dai presupposti fattuali della contingibilità ed urgenza, dunque tendenzialmente illimitato e capace di incidere sulla libertà dei singoli di tenere ogni comportamento che non sia vietato dalla legge al punto da rendere la disposizione censurata avrebbe disegnato una vera e propria fonte normativa, libera nel contenuto ed equiparata alla legge. A seguito dell’ordinanza di remissione del T.AR. Veneto la Consulta 80 ha osservato come l’espressione anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento sia posta tra due virgole che consentono di concludere come questa espressione debba essere riferita esclusivamente ai provvedimenti contingibili ed urgenti e non anche alle ordinanze sindacali di ordinaria amministrazione 81. Oltre a questo il Giudice delle Leggi evidenzia che se la corretta interpretazione della norma oggetto del sindacato non conferisce ai sindaci alcun potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione in deroga a norme legislative o regolamentari vigenti82. Ulteriori modifiche si sono realizzate mediante il Dl. 14/2017 convertito con modificazioni in L. 48/201783. Essenzialmente detto decreto-legge interviene su tre fronti. In primo luogo viene concettualizzata la nozione di sicurezza urbana rinvenibile negli scopi che il legislatore canalizza i poteri sindacali ossia benessere delle comunità sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l'incolumità pubblica sono diretti a tutelare l'integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti. 78 Esse rinvengono a loro volta la propria fonte nell’art. 153 R.D. 148/1915 il quale riconosceva al Sindaco un potere generale extra ordinem al fine di far fronte a tutti i casi di urgenza e necessità che avessero dovuto verificarsi nell’ambito locale. A. PIROZZOLI, Il potere di ordinanza del sindaco, in Rivista AIC, n. 1/2011, pp. 1-6. 79 Ordinanza n. 191 del 22.3.2010. 80 Corte cost. n. 115, 7.4.2011. 81 Oltre a questo la Corte costituzionale sottolinea che nonostante le ordinanze sindacali ordinarie e quelle di contingibili ed urgenti nonostante abbiano in comune la finalità, ossia garantire la tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana risultano essere diverse rispetto ai presupposti e al regime giuridico al quale sono assoggettate. Le prime devono rispettare le disposizioni legislative e regolamentari mentre le seconde possiedono quale presupposto quello dell’urgenza e sono ammesse solamente nel rispetto di detta situazione eccezionale e soggiacciono ai principi generali dell’ordinamento. 82 Successivamente la pronuncia de qua analizza i diversi profili di illegittimità costituzionale dell’art. 54 co. 4. La Corte rileva come l’attribuire ai Sindaci, quali Ufficiali di Governo, un potere non collegato ai presupposti della contingibilità ed urgenza consente l’esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico, genericamente identificato dal legislatore. Detto potere, nella ricostruzione della Consulta, risulta essere indeterminato ed espressione di una discrezionalità illimitata al punto da porsi in contrasto con il principio di legalità sostanziale. Esso deve essere rispettato in relazione a qualsivoglia conferimento di poteri amministrativi e non ammette l’assoluta indeterminatezza del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa. Oltre a questo il potere attribuito ai Sindaci di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione viola l’art. 23, 97 e 3 Cost. Precisamente il primo risulta essere violato poiché lo stesso non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Il secondo, invece, risulta essere compromesso dato che contiene una riserva relativa di legge preordinata a garantire l’imparzialità della pubblica amministrazione. L’art. 3 sarebbe violato in quanto in ipotesi di assenza di una base legislativa gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci. L. IACOBONI, Il potere di ordinanza del sindaco nella più recente giurisprudenza, in www.contabilita-pubblica.it. 83 S. GARDINI, Le ordinanze sindacali contingibili ed urgenti. Nuovi scenari e nuovi poteri, in Federalismi.it, n. 15/2018, pp. 1-25. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 25 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ territoriali (art. 1, co. 2), attraverso una serie di misure di rassicurazione finalizzate a rafforzare la percezione che le pubbliche istituzioni concorrono unitariamente alla gestione delle conseguenti problematiche, nel superiore interesse della coesione sociale. In secondo luogo viene specificatamente attribuito al Sindaco la possibilità di adottare provvedimenti extra ordinem qualora ricorrano «situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana», con particolare attenzione alla tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materie di orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche (art. 8). Viene altresì previsto che nelle materie rispetto alle quali viene consentito il potere di ordinanza contingibile ed urgente i Comuni possano adottare regolamenti. Infine l’art. 54 co. 4- bis ha subito modifiche ad opera dell’art. 8 Dl. 14/2017 poiché è stata inserita la previsione secondo cui i provvedimenti extra ordinem adottabili dal Sindaco al fine di prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti e lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardanti fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti. 2.2. La natura giuridica delle ordinanze contingibili ed urgenti. È opinione condivisa in dottrina84 che la questione relativa alla fonte del potere circa l’adozione di ordinanze debba essere collocato all’interno della questione molto più ampia e complessa relativa alla completezza o non completezza dell’ordinamento giuridico. La questione concerne, in altre parole, la non previsione di strumenti giuridici capaci di fronteggiare situazioni non prevedibili secondo una valutazione ex ante85. A tal proposito è stato affermato che l’ordinamento giuridico non ammetta l’esistenza di lacune in quanto lo stesso manifesta e rappresenta quello che è il diritto vivente esistente in una determinata società. La prospettiva cambia quando anziché studiare l’ordinamento giuridico si volge lo sguardo all’ordinamento normativo il quale è formato dalle leggi promulgate dal Parlamento al fine di disciplinare le diverse situazioni e necessità che le singole leggi sono chiamate a regolare. Con riferimento all’ordinamento normativo lo stesso può essere definito lacunoso in quanto è impossibile prevedere, disciplinare ogni eventuale fattispecie concreta. Questa mancanza normativa nella concretezza viene colmata grazie all’attività di interpretazione mediante la quale, in prima battuta, si deve collocare il problema rispetto al quale si ritiene essere esistente la lacuna. La risoluzione dello stesso avviene mediante l’applicazione di principi generali dell’ordinamento giuridico, principio di giustizia, criteri di risoluzione delle antinomie oppure interpretazione estensiva o analogica86. In relazione al quadro appena prospettato è stato sostenuto che il potere di ordinanza sia una delle forme di eterointegrazione dell’ordinamento. Si tratta di un modus 84 L. GALATERIA, I provvedimenti amministrativi di urgenza: le ordinanze, op., cit. A tal proposito è stato sostenuto che poiché l'ordinamento giuridico non può non essere completo ed offrire così una regolamentazione esaustiva di tutte le possibili situazioni conflittuali […] deve necessariamente esistere una c.d. norma di chiusura alla cui stregua il conflitto è risolto ogniqualvolta una regola non sia individuabile nemmeno con il ricorso alla analogia legis. La norma di chiusura nel nostro ordinamento è quella contenuta nel secondo comma dell'art. 12 disp. prel. che rinvia ai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. V. F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, ESI, Napoli, 2007, p. 51, cit. 86 F. SATTA, Ordine e ordinanza amministrativa, op., ult., cit., p. 3. 85 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 26 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ operandi eccezionale dato che le lacune non sono sanata dalla legge ma grazie all’attività del soggetto chiamato a rinvenire una soluzione concreta rispetto ad un conflitto di interessi non sciolto dalla norma. La particolarità di questo potere ordinanza è che in detta ipotesi esso perderebbe il carattere di attività amministrativa poiché l’attività stessa assumerebbe quali caratteristiche l’essere creativa e dispositiva. Nel meccanismo appena descritto, infatti, la soluzione del conflitto viene rinvenuta attraverso un’attività normativa particolare, diretta ed occasionale decisa dallo stesso amministratore con la conseguenza che l’attività amministrativa svolge non la propria funzione, ossia quella di perseguire fini di pubblico interesse, ma crea il diritto87. Posta questa peculiarità del potere di ordinanza ci si è interrogati circa la natura giuridica delle stesse ordinanze. Partendo dalla riflessione secondo cui le norme che attribuiscono il potere di ordinanza possiedono la struttura tipica delle norme sulla produzione giuridica si è arrivati a ritenere come le stesse ordinanze emanate sulla base di quelle disposizioni siano atti di produzione giuridica. Questa conclusione poggia su altri due aspetti. In primis la capacità derogatoria delle ordinanze offrirebbe la prova circa la capacità delle stesse di innovare l’ordinamento giuridico. In secundis la caratteristiche delle stesse di essere generali ed astratte consentirebbe di sostenere come le stesse siano norme in quanto dotate delle caratteristiche tipiche di queste ultime ossia la generalità e l’astrattezza88. Ricostruzione opposta e maggiormente condivisa in dottrina e giurisprudenza sostiene come le ordinanze debbano essere ricondotte all’interno del genus dei provvedimenti amministrativi89. A sostegno di questa tesi vi è quale argomento principale quello secondo cui le ordinanze sono emanata dall’amministrazione nello svolgimento e per lo svolgimento dei compiti attribuiti alla stessa. Oltre a questo si richiede che le ordinanze possiedano il carattere della concretezza in quanto devono essere strettamente collegate ad una situazione determinata relativa ad un fatto contingente ed eccezionale. Oltre a ciò le ordinanze possiedono una capacità innovativa delimitata temporalmente ossia circoscritta al periodo di tempo entro cui persistente la situazione che l’ordinanza è chiamata a disciplinare 90. Infine, le ordinanze non possiedono e non possono possedere la stessa caratteristica degli atti con forza di legge ossia quella di innovare l’ordinamento giuridico e non hanno nemmeno la stessa efficacia ossia la capacità di abrogare le leggi anteriori o gli atti equiparati alle leggi 91. Aderente a questo approccio dottrinario risulta essere una pronuncia 92 della Corte costituzionale secondo cui la natura sia sostanziale che formale delle ordinanza è quella amministrativa. A tal proposito la Corte precisa che qualora le ordinanze siano normative non sono certamente ricomprese tra le fonti del nostro ordinamento giuridico; non innovano al diritto oggettivo; né, tanto meno, sono equiparabili ad atti con forza di legge, per il sol fatto di essere eccezionalmente autorizzate a provvedere in deroga alla legge. Sia che si rivolgano a destinatari determinati, prescrivendo loro un comportamento puntuale, sia che dispongano per una generalità di soggetti e per una serie di casi possibili, ma sempre entro i limiti, anche temporali, della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare, sono provvedimenti amministrativi, soggetti, come ogni altro, ai controlli giurisdizionali esperibili nei confronti di tutti gli atti amministrativi. 87 L. GALATERIA, I provvedimenti amministrativi di urgenza: le ordinanze, op., ult., cit., pp. 13-20. M.S. GIANNINI, Potere di ordinanza e atti necessitati, in Giurisprudenza com. cass. civ., vol. XXVII, 1948, p. 388. 89 A. ANDRONIO, Le ordinanze di necessità e urgenza per la tutela dell'ambiente, Giuffrè, Milano, 2004, pp. 42-55. 90 Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2004, n. 4402. 91 G.U. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessità e di urgenza, op. cit., p. 94, cit. 92 Corte cost. 4 gennaio 1977, n. 4. 88 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 27 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Una tesi intermedia tra quelle appena esposte ritiene che le ordinanze contingibili ed urgenti possano essere definite come atti proprio al limite tra fonte e provvedimento 93. Le stesse nonostante possiedano le caratteristiche della generalità e dell’astrattezza sono volte a disciplinare solamente la situazione concreta da disciplinare. Un ulteriore aspetto problematico che ha impegnato il dibattito dottrinale concerne la possibile conformità a Costituzione di queste ordinanze. La Carta costituzionale italiana annovera fra i suoi principi la rigidità della costituzione, il riconoscimento dei diritti fondamentali, la previsione della riserva di legge, la tipicità e la tassatività delle fonti primarie del diritto, la supremazia del Parlamento rispetto al Governo nella distribuzione del potere legislativo, la tipicità degli atti aventi forza di legge, il principio di separazione tra potere legislativo e amministrativo nonché il principio di legalità dell’amministrazione94. Dato questo assetto normativo ci si è chiesti se sia ammissibile la permanenza degli atti extra ordinem all’interno dell’ordinamento costituzionale italiano. La dottrina maggioritaria ha ritenuto la legittimità di dette ordinanze precisando come le stesse sono provvedimenti amministrativi che, in quanto previsti dalle norme, stanno nel principio di legalità e che il potere di ordinanza può essere definito come potestà di creare provvedimenti atipici al di fuori della previsione normativa e, pertanto, sotto tale profilo, necessariamente derogatori, senza tuttavia che ciò possa significare che il titolare abbia un’assoluta libertà di scelta95. Ulteriore aspetto concerne il perimetro entro cui è possibile per la pubblica amministrazione intervenire con le ordinanze. Vi deve essere quale presupposto quello dell’urgente necessità il quale deve essere a sua volta declinato entro specifici limiti siano essi di materia (igiene, sanità pubblica) o relativi a specifici fini da perseguire (ordine pubblico, sicurezza pubblica, ecc)96. Si deve precisare come la legittimità delle ordinanze extra ordinem all’interno dell’ordinamento costituzionale dipende dal rispetto di alcuni limiti e presupposti che ne indicano l’ammissibilità. 2.3. Limiti e presupposti delle ordinanze contingibili ed urgenti. Come detto nel precedente paragrafo le ordinanze extra ordinem sono ritenute rispettose della Carta costituzionale a condizione che le stesse rispettino determinati presupposti e determinati limiti ossia che le stesse spieghino la propria azione all’interno di un perimetro ben delimitato e circoscritto. Il primo presupposto che legittima l’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti è dato dal verificarsi di situazioni di necessità avente carattere eccezionale ed imprevedibile che proprio per la loro peculiarità non possono essere regolate con gli strumenti ordinari dell’ordinamento giuridico e che pertanto legittimano la pubblica amministrazione ad esercitare provvedimenti extra ordinem. Ulteriori presupposti sono dati dall’urgenza, dalla contingibilità ed infine dalla temporaneità degli effetti dei provvedimenti de quibus. Per quanto concerne i limiti le ordinanze contingibili ed urgenti devono spiegare i propri effetti nel rispetto della Costituzione e delle norme imperative primarie e 93 V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, Cedam, Padova, 2000, p.29, cit. A. MORRONE, Le ordinanze di necessità ed urgenza tra storia e diritto, in A. VIGNUDELLI, Istituzioni e dinamiche del diritto. I confini mobili della separazione dei poteri, Giuffrè, Milano, 2009,pp. 148-149. 95 M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1970, p. 580. 96 E. MAGGIORA, Le ordinanze negli enti locali, Giuffrè, Milano, 2008, pp. 247-255. 94 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 28 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ possono essere emanate nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, quale ad esempio il principio di legalità 97. Nonostante detto principio98 non possa essere eluso dall’adozione di dette ordinanze queste costituiscono un’eccezione rispetto alla regola della tipicità delle fonti dell’ordinamento. Precisamente le ordinanze di cui si tratta hanno lo scopo di affrontare situazioni caratterizzate da particolare necessità, connotate da eccezionalità ed urgenza ed infine non possono avere contenuto predeterminato99. Si deve precisare che le ordinanze contingibili ed urgenti possiedono quale caratteristica principale quella secondo cui il contenuto prescrittivo viene stabilito volta per volta dall'atto senza previa determinazione nel diritto vigente 100. Le norme che attribuiscono il potere si limitano solamente a determinare il presupposto, ossia l’urgente necessità di provvedere, ad indicare la materia che le stesse possono disciplinare ed infine il fine che le stesse devono perseguire. Si tratta di indicazioni generiche alle quali si deve aggiungere la circostanza in base alla quale le norme attribuenti detto potere autorizzano i soggetti in capo ai quali sorge il potere di ordinanza di porre in essere qualunque tipo di atto e quindi di determinare qualunque tipo di effetto in ordine a situazioni soggettive indeterminate, al fine di provvedere secondo ciò che richiede una determinata situazione di necessità101. Da quanto appena descritto emerge come il potere di ordinanza possa essere definito anche come una deroga al principio di legalità sub-specie tipicità delle fonti primarie102. Si tratta di una deroga ammessa e consentita solamente al ricorrere di determinate condizioni. Oltre al ricorrere della situazione di urgenza103 e contingibilità è richiesto che l’amministrazione ponga in essere solamente quelle limitazioni indispensabili per il perseguimento dell’interesse pubblico e che allo stesso tempo risultino si traducano nel minor sacrificio possibile rispetto alle posizioni soggettive dei soggetti destinatari dell’ordinanza104. L’amministrazione potrà adottare strumenti straordinari solamente quando la situazione eccezionale non possa essere affrontata con i poteri ordinari ossia quelli conferiti alle diverse autorità amministrative in relazione ai diversi compiti di 97 Se necessario possono essere adottate contra legem a condizione che le stesse intervengano in materie non coperte da riserva assoluta di legge. 98 Il principio di legalità richiede che qualsiasi potere amministrativo sia sempre previsto dalla legge. La funzione che il principio de quo svolge risulta essere duplice: assume un aspetto garantista in quanto richiede che l’azione pubblica sia conforme alle orme generali ed astratte ma anche democratica ossia l’esigenza che la norma derivi da un atto che rinvenga la propria forza vincolante dalla volontà dei cittadini. L. CARLASSARE, Legalità (principio di), in Enc. giur. Traccani, XVIII, Roma, Ist. Enc. It., 1990, p. 1. Conseguenza diretta ed immediata del principio di legalità è data dalla tipicità degli atti amministrativi ossia la legge deve stabilire i presupposti, il procedimento e gli effetti del potere che attribuisce ad una determinata amministrazione. E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2008, p. 508, 99 G.M FOTI, Il potere di ordinanza del Sindaco alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale, in www.ildirittoamministrativo.it, pp. 1-6. 100 G.U. RESCIGNO, Recenti e problematici sviluppi del potere di ordinanza del Sindaco, in M. MANETTI – R. BORELLI, Sicurezza urbana: poteri e garanzie. Atti del convegno Monteriggioni, 11 Giugno 2010, Maggioli, San Marino, p. 24. 101 V. CERULLI IRELLI, Lineamenti di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino, 2019, pp. 290-291, cit. 102 A tal proposito autorevole dottrina ha sostenuto che andare contro il principio di tipicità degli atti amministrativi significa ledere il principio di legalità in senso sostanziale. La legalità formale c'è: l'atto infatti è previsto da una disposizione con forza di legge; ma la legge in questo caso si limita ad attribuire un potere generico e generale, indeterminato, e cioè il potere di stabilire qualunque cosa il soggetto abilitato decida di decidere, salvi gli eventuali presupposti e le eventuali finalità per cui l'atto è ammissibile secondo legge. Viene meno l'essenziale della legalità in senso sostanziale, e cioè la possibilità di commisurare l'atto concreto al tipo astratto previsto dalla legge (l'ordinanza, per quanto riguarda il contenuto, e cioè il momento più importante di un atto autoritativo, diventa per dir così legge di se stessa). G.U. RESCIGNO, Recenti e problematici sviluppi del potere di ordinanza del Sindaco, op.,cit., , pp. 25-26, cit. 103 Deve essere interpretata come urgenza di provvedere ossia non possibilità di differimento dell’adozione degli atti volti a tutelare l’interesse in pericolo. F. BARTOLOMEI, voce Ordinanza in Enc. dir., XXX, Giuffrè, Milano, 1980. 104 R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza e principio di legalità, Giuffrè, Milano, 1990, p. 62. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 29 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ amministrazione. Qualora non dovesse ricorrere questa condizione il potere di ordinanza risulterebbe non essere giustificato105. Posto che il potere di ordinanza risulta essere residuale poiché il presupposto per il suo esercizio è dato dall’inadeguatezza dei poteri determinati nel contenuto il potere in questione può essere tollerato solamente nell’ipotesi in cui non vi siano, o non siano sufficienti, gli strumenti esistenti, sia ordinari, sia d'urgenza tipizzati 106. Sostenere che le ordinanze extra ordinem possiedano carattere residuale vuol dire come il potere di adottare le stesse sia precluso ogni volta in cui vi sia una normativa specifica che disciplini la fattispecie in questione107. In conclusione il potere di adottare ordinanza extra ordinem è legittimo solamente quando la situazione di urgenza sia strettamente correlata alla situazione di necessità e di contingibilità108. La necessità che viene ammessa quale deroga del diritto è solamente quella che si traduce in uno stato di fatto che richiede che sia necessario ed indispensabile derogare al diritto109. Per quanto attiene alla contingibilità la stessa è stata equiparata sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza al concetto di imprevedibilità. A questa posizione è stato obiettato come l’ordinanza possa intervenire anche su una situazione già conosciuta e esistente da tempo senza che questo comporti l’urgenza circa la necessità di provvedere110. Una caratteristica intrinseca di questo aspetto è dalla provvisorietà. Si deve trattare di un provvedimento temporaneo, legato a circostanze contingenti e destinato a perdere efficacia quando le stesse verranno meno111. Si tratta di un requisito interpretato dalla giurisprudenza amministrativa all’interno della quale si individuano essenzialmente due filoni interpretativi. Il primo 112 ha costantemente sostenuto come le ordinanze extra ordinem debbano possedere un’efficacia limitata nel tempo poiché le stesse sono finalizzate a offrire un rimedio avente carattere occasionale e momentaneo destinato a spiegare effetti all’interno dei limiti temporali in cui si verifica la situazione di fatto che si intende fronteggiare 113. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici amministrativi quindi l’amministrazione non avrebbe il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti ogni volta che detta ordinanza dovesse assumere il carattere di continuità e stabilità degli effetti 114. Un secondo orientamento giurisprudenziale, invece, ha sottolineato che le ordinanze de quibus non debbano per forza possedere il carattere della temporaneità quando essere dirette ad eliminare la situazione di pericolo che risulta essere il tratto peculiare e caratteristico115. Questa interpretazione estensiva non deve essere interpretata come un segnale di incoerenza con i principi generali in tema di provvisorietà e temporaneità della misura, bensì come la conferma della elasticità che caratterizza necessariamente 105 V. CERULLI IRELLI, Principio di legalità e poteri straordinari dell’Amministrazione, op., cit, pp. 353-358. M. GNES, I limiti del potere d'urgenza, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, n. 3/2005, p. 672, cit. 107 Cons. St., sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6366. 108 A tal proposito le ordinanza contingibili ed urgenti sono definite altresì come ordinanze di necessità ed urgenza. 109 Solo se la necessità è tale da non consentire di ricorrere ai normali strumenti di intervento, cioè solo se è urgente, è ammissibile ricorrere al potere di ordinanza. G.U. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessità e di urgenza, op.,ult., cit, p. 92, cit. 110 Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 2006, n. 5639. 111 V. CERULLI IRELLI, Lineamenti del diritto amministrativo, op., cit., p. 293. 112 Tar Lazio, sez. II, 6 ottobre, 2001 n. 8173; Cons. St., sez. V, 14 aprile 1997 n. 351; CGA Sicilia, sez. giur., 30 aprile 1997 n. 39; Cons. St., sez. V, 4 aprile 1975 n. 426; Tar Lombardia, Milano, sez. II, 4 ottobre,1991 n. 1227. 113 Tar Calabria, sez. II, 13 dicembre 2011 n. 1552. 114 Cons. St., sez. V, 30 giugno 2011 n. 3922; Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2001 n. 998. 115 Tar Campania, Salerno, sez. I, 15 dicembre 2006, n. 2216; Tar Valle d'Aosta, 20 dicembre 2004, n. 165; Cons. St., sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6168. 106 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 30 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ questi provvedimenti116. Questo assunto prende le mosse dalla considerazione secondo cui i provvedimenti extra ordinem hanno quale finalità essenziale e peculiare quella di disciplinare situazioni di rischio imprevedibili od impreviste dalle quali potrebbero derivare effetti provvisori o permanenti collegati al perdurare o meno della situazione di pericolo da disciplinare117. In giurisprudenza118 si è affermato come la contingibilità di detto potere si debba necessariamente coniugare con la proporzionalità. Risulta essere quindi preclusa all’amministrazione procedente la facoltà di discostarsi da regole che di regola presidierebbero il suo doveroso modus procedendi in tutti i casi in cui ciò non risulti ragionevolmente necessario in relazione alla natura dei provvedimenti da adottare, né giustificato alla stregua di tutte le contingenze della vicenda concreta 119. Il principio di proporzionalità diviene il canone rispetto al quale valutare se il potere pubblico sia coerente e rispettoso delle linee fondanti l’ordinamento giuridico e non invada sfere di potere che a detto potere devono essere estranee. Si tratta di un principio che si declina a sua volta in due sotto-principi. In primis si esplica quale elemento di valutazione dell’adeguatezza della misura in relazione all’interesse pubblico che l’amministrazione persegue. In secundis viene un criterio utile per modulare il sacrificio imposto agli interessi privati dinnanzi all’interesse pubblico120. La Corte costituzionale ha sostenuto che alla luce del principio di proporzionalità affinché le misure siano legittime è necessario che le stesse siano proporzionali, appunto, rispetto alla situazione da fronteggiare. Di conseguenza il Giudice delle Leggi ha evidenziato l’esistenza di un rapporto di proporzionalità tra la portata dell'evento cui far fronte e il contenuto dei provvedimenti: tra le misure adottate e la qualità e la natura degli eventi deve sussistere un nesso di congruità e proporzione 121. Sempre in relazione al principio di proporzionalità una pronuncia del Consiglio di Stato sottolinea che il principio di proporzionalità, di cui si fa applicazione in materia di ordinanze di necessità ed urgenza, rientra tra i principi generali dell'ordinamento ed implica che la Pubblica Amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti. Di conseguenza, le autorità amministrative non possano imporre con atti amministrativi straordinari obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino in misura superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente necessaria alla tutela del pubblico interesse che l'autorità è tenuta a perseguire, in modo che il provvedi mento emanato sia idoneo, cioè adeguato all'obiettivo da realizzare, e necessario, nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno negativamente incidente, sia disponibile122. Dalla disamina delle sentenze proposte in relazione al principio di proporzionalità emerge come lo stesso qualora non venga rispettato conduca all’illegittimità della stessa ordinanza. Situazione di emergenza che presenti i tratti dell’urgenza e della contingibilità non è la sola idonea a garantire che il potere di adottare ordinanze extra ordinem venga ritenuto conforme all’ordinamento costituzionale. 116 Cons. St., sez. V, 9 febbraio 2001, n. 580, cit. A. NEGRELLI, Il limite dei principi generali al potere di ordinanza di necessità ed urgenza nella giurisprudenza italiana, in Foro amministrativo TAR, fasc. 9/2012, pp. 3009-3047. 118 Cons. St., sez. V, 28 giugno 2004, n. 4767, confermativa di Tar Piemonte, sez. I, 18 novembre 1999, n. 707. 119 P. M. VIPIANA PERPETUA, Le ordinanze sindacali contingibili ed urgenti in materia di circolazione stradale e tutela della salute e dell’incolumità fisica, in Istituzioni del Federalismo, n.3 e 4/2013, p. 804, cit. 120 Tar Lazio, Roma, sez. III, 15 settembre 2006, n. 8614; Tar Campania, Salerno, sez. II, 22 aprile 2005, n. 659; Tar Lazio, Roma, sez. I, 30 dicembre 2004, n. 4088. 121 Corte costituzionale 14 aprile 1995, n. 127, cit. 122 Cons. St., sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087,cit. 117 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 31 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ L’aspetto sul quale fare chiarezza concerne l’individuazione dei confini da porre affinché il potere di ordinanza non invada i contenuti propri di scelte che devono essere riservate al legislatore123. L’esempio tipico di ordinanza contingibile ed urgente si rinviene nell’art. 2 R.D124. n. 773/1931 con il quale veniva previsto che il Prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica . Con riferimento a detta disposizione la Consulta ha sostenuto come solamente prevedendo e indicando limiti al potere di ordinanza le norme attributive dello stesso possono ritenersi conformi a Costituzione125. In questa pronuncia il Giudice delle Leggi sottolineò come non sia ammesso il contrasto tra i provvedimenti del Prefetto e i principi generali dell’ordinamento in quanto dovunque tali principi siano espressi o comunque essi risultino, e precisamente non possono essere in contrasto con quei precetti della Costituzione che, rappresentando gli elementi cardinali dell'ordinamento, non consentono alcuna possibilità di deroga, nemmeno ad opera della legge ordinaria126. I principi generali dell’ordinamento comprendono i principi costituzionali e i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico127 all’interno dei quali devono essere ricompresi quelli derivanti dal diritto europeo ossia quelli contenuti nelle pronunce della Corte di Giustizia o rinvenibili nelle disposizioni sovranazionali128. Se queste sono le “fonti” da cui derivano i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico gli stessi, ad una prima approssimazione, possono essere individuati all’interno dei criteri informatori dell'intero ordinamento giuridico dello Stato, i quali sono anzitutto enunciati nella Costituzione (es. principio di democraticità, di solidarietà, di eguaglianza) e possono essere altresì ricavati dalla ratio di complessi normativi, comuni all'intero diritto statale, attraverso un procedimento induttivo dal generale al particolare129. L’altro limite individuato dalla Corte è stato quello rappresentato dalla riserva di legge, sia essa assoluta o relativa. Precisamente la Consulta ha ricordato che nelle materie rispetto alle quali è prevista la riserva assoluta di legge non è ammissibile l’esistenza di un atto amministrativo avente un contenuto difforme dalle previsioni costituzionali e che l’eventuale legge che dovesse attribuire il potere di adottare un simile atto dovrebbe ritenersi illegittima. Nelle materie rispetto alle quali è dettata la riserva relativa di legge la legge può legittimamente attribuire poteri amministrativi aventi contenuto integrativo a condizione però che la legge stessa contenga criteri idonei ad imbrigliare la discrezionalità degli organi titolari dei poteri. Rispettare la riserva di legge non si traduce ad una prescrizione normativa ad opera del legislatore “ in bianco” genericamente orientata ad un principio valore, senza una precisazione, anche non 123 R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza e principio di legalità, op., cit., pp. 93-97. È rimasta in vigore nella sua originaria formulazione grazie alla pronuncia della Corte costituzionale 27 maggio 1961, n. 26, che l'ha dichiarata incostituzionale nei sensi e nei limiti indicati in motivazione. 125 Corte cost. n. 26/1961. 126 La corte si era già pronunciata sulla medesima questione (Corte cost. 2 luglio 1956, n. 8) e in quell’occasione aveva stabilito che l’art. 2 non fosse contrario a Costituzione a condizione che lo stesso venisse interpretato nel modo indicato dalla pronuncia stessa. Precisamente la Consulta aveva ritenuto che l’art. 2 doveva essere interpretato alla luce del nuovo ordinamento costituzionale e che le ordinanze menzionate nello stesso erano ascrivibili ai provvedimenti amministrativi. La seconda volta la Corte mutò orientamento in quanto nel frattempo era intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione (Cass., S.U., 16 giugno 1958, n. 2068) con la quale l’ordinanza prefettizia era stata ascritta alle ordinanze libere e che qualora vi fossero stati altri presupposti le stesse sarebbero state idonee a degradare i diritti soggettivi garantiti dalla Costituzione in interessi legittimi. S. FRANCHIONI, Potere di ordinanza, sicurezza urbana e Costituzione, in A. LORENZETTI- S. ROSSI (a cura di) Le ordinanze in materia di incolumità pubblica e di sicurezza urbana. Origini, limiti e contenuti, Jovene, 2010, p.10. 127 Cons. St., sez. IV, del 28 ottobre 2011 n. 5799. 128 Cons. St., sez. IV, 27 maggio 2002 n. 2915. 129 Tar Campania, Salerno, 25 maggio 1987 n. 182, cit. 124 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 32 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ dettagliata, dei contenuti e modi dell'azione amministrativa limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini130. Sempre la Corte costituzionale131 successivamente ha precisato che l’adozione di un decreto ministeriale recante la disciplina dell’ambito di applicazione delle norme di potere di ordinanza assolve solamente la funzione di orientare l’esercizio della funzione di Sindaco quale ufficiale del Governo e all’interno del rapporto gerarchico che lega il primo al Ministro dell’Interno. Dall’altra parte però questo non risulta rispettare il requisito della riserva di legge dato che si tratta di un atto inidoneo a delimitare la discrezionalità del potere pubblico. Questa inadeguatezza del decreto ministeriale deriva dalla natura dello stesso ossia l’essere un atto amministrativo espressione di discrezionalità e non capace per propria natura a porre limiti alla discrezionalità stessa132. Alla luce di questo esso non potrebbe ritenersi assolta la funzione di riserva di legge ex art. 23 Cost. senza incorrere in un vizio logico di autoreferenzialità. Ulteriore aspetto evidenziato dalla Corte concerne il fatto che la sfera di libertà dei cittadini è suscettibile di essere incisa solo dalle determinazioni di un atto legislativo, direttamente o indirettamente riconducibile al Parlamento, espressivo della sovranità popolare. L’attività amministrativa straordinaria risulta essere imbrigliata altresì dal rispetto del principi relativi all’organizzazione della pubblica amministrazione quale per esempio il principio di sussidiarietà, di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Partendo dal primo si deve rammentare che il nostro ordinamento risulta essere informato al principio di sussidiarietà ossia nel momento dell’individuazione dell’organo competente ad esercitare un pubblico potere la preferenza cade sull’autorità locale più vicina ai cittadini. Solamente nell’ipotesi in cui detto intervento dovesse rivelarsi insufficiente viene ammesso l’intervento di un’autorità appartenente a un livello superiore di governo133. Si deve registrare un orientamento della Corte costituzionale secondo il quale la compressione della sfera di autonomia regionale debba ritenersi legittima solo quando la stessa possa essere definita come indispensabile al fine di offrire una direzione coerente ed unitaria durante la situazione di emergenza134. Questa limitazione secondo la giurisprudenza della Consulta può essere definita come legittima solamente a due condizioni. In primo luogo è necessario che detta limitazioni risulti essere circoscritta e a condizione che la stessa non sfoci in un sacrificio del nucleo essenziale delle attribuzioni regionali135. In secondo luogo viene richiesto che intervenga il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni attraverso cui realizzare una compartecipazione delle Regioni alla fase decisionale la quale a sua volta deve assumere le vesti di un’intesa fra Regioni e Stato 136. A tal proposito in giurisprudenza è stato ricordato che il principio di diritto per cui la situazione di necessità ed emergenza che autorizza, ai sensi di art. 5 legge 225/1992, l'adozione, da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di ordinanze extra ordinem, non vale a comprimere senza limiti l'autonomia regionale che esige, viceversa, che gli interventi straordinari si realizzino d'intesa con le Regioni interessate137. 130 Corte cost. 4 aprile 2011, n. 115, cit. Corte cost., 24 giugno 2009, n. 196. 132 A. CARDONE, L’incostituzionalità della riforma delle ordinanze sindacali tra presupposizione legislativa e conformità alla previa legge: un doppio regime per la riserva relativa? In giurisprudenza costituzionale, fasc. 2/2011, pp. 2065-2104. 133 G. RAZZANO, Le ordinanze di necessità e urgenza, op., cit. 134 Corte cost. 5 febbraio 2003, n. 39. 135 Corte cost. 14 aprile 1995, n. 127. 136 Corte cost., 30 ottobre 2003, n. 327. 137 Cons. St., sez. V, 29 aprile 2003, n. 2154., cit. 131 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 33 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ 3. Covid-19: quando le regole saltano. L’emergenza covid-19 avvenuta in Italia a partire dal mese di Gennaio 2020 ha rappresentato un terreno fertile per far emergere le criticità che da tempo segnano il nostro sistema costituzionale. I precedenti paragrafi dedicati alla disamina degli aspetti di legittimità delle ordinanze extra ordinem corroborati dalla riflessione della dottrina e della giurisprudenza svolgono la funzione di esaltare maggiormente il contrasto tra ciò che rappresenta(va) essere il punto d’arrivo di una riflessione giuridica e quello che è avvenuto nell’ultimo lasso temporale. Per completezza si ritiene di seguire il seguente metodo: una prima riflessione verrà dedicata alla fonte primaria adottata per gestire l’emergenza evidenziando come successivamente si sia realizzata una vera e propria fuga dalle fonti primarie per approdare a quelle secondarie. Successivamente si analizzeranno le ordinanze adottate dalla Regione Marche e Basilicata ripercorrendo lo svolgimento del contenzioso amministrativo cautelare che si è sviluppato in relazione ad un’ordinanza adottata dalla prima. 3.1. Un nuovo istituto giuridico: il DPCM urgente. Il primo provvedimento con il quale furono adottate misure restrittive fu il Dl. 6/2020 138 il quale agli art. 1 e 2 predisponeva misure atta a contenere l’emergenza e la diffusione del virus covid-19. Questo decreto-legge prevedeva nel proprio articolato la possibilità di adottare con successivi DPCM sentiti i Ministri competenti nonché il Presidente della Regione interessata misure maggiormente restrittive di contenimento dell’emergenza 139. Queste premessa necessaria e doverosa permette di svolgere alcune riflessioni circa l’evoluzione del decreto-legge nonché dei DPCM adottati. Partendo dal primo si ricorda come lo stesso sia stato utilizzato in maniera inadeguata quale strumento di normazione primaria. Nella situazione d’emergenza che stiamo vivendo detto decreto ha assunto la funzione di assolvere a fonte legale rispetto al potere di decretazione del Presidente del Consiglio e non quale strumento idoneo per affrontare casi straordinari di necessità ed urgenza140. Concentrando l’attenzione nei confronti dei diversi DPCM adottati 141 in questa situazione emergenziale si deve evidenziare come gli stessi incidano su diritti e libertà garantiti dalla nostra Carta costituzionale quali: libertà di circolazione ed espatrio, libertà di riunione, libertà di culto, libertà di manifestazione del pensiero, diritto alla tutela giurisdizionale142, diritto alla salute, libertà di emigrazione ed infine libertà di iniziativa economica. Rispetto ad esse il Governo è intervenuto con DPCM il quale avrebbe quale fonte il decreto-legge adottato in all’inizio dell’emergenza. I diversi 138 Successivamente convertito in L. 13/2020. Art. 2 L. 13/2020 enuncia che le autorità competenti, con le modalità previste dall'articolo 3, commi 1 e 2, possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell'emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'epidemia da COVID-19 anche fuori dei casi di cui all'articolo 1, comma 1. 140 L. DELL’ATTI – G. NAGLIERI, Le fonti della crisi. Fra esigenze unitarie e garanzie costituzionali nel governo dell’emergenza da covid-19, in Biodiritto, 11.3.2020, successivamente inserito nel n.2/2020. 141 DPCM 4.3.2020, DPCM 8.3.2020, DPCM 9.3.2020, DPCM 11.3.2020. 142 In relazione a questo aspetto si deve rammentare che vengono sospesi i procedimenti civili e penali ad eccezione dei casi urgenti ex art. 2 co.2 lett. g Dl. 11/2020. 139 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 34 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ decreti presidenziali adottati inducono la gran parte della dottrina a chiedersi se gli stessi possano ritenersi conformi al dettato costituzionale dato che gli stessi disciplinano materie rispetto alle quali è prescritta la riserva di legge sia essa assoluta o relativa. Ulteriore aspetto problematico concerne l’impossibilità di agire per ottenere l’annullamento dei diversi DPCM posto che l’art. 3 Dl. 11/2020 dispone il rinvio delle udienze dei procedimenti amministrativi anche fino al 31.12.2020. Si tratta di un’ipotesi astratta e meramente eventuale ma comunque idonea a non garantire la tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost. posto che la Corte costituzionale giudica solamente sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni ex art. 134 Cost.. Ulteriore aspetto che induce a ritenere come lo strumento del decreto-legge sarebbe stato quello da prediligere ed adottare 143 concerne la caratteristica dei diversi DPCM adottati ossia come gli stessi siano “a termine”. A tal proposito si ritiene che lo strumento della decretazione d’urgenza144 sarebbe stato estremamente conforme a Costituzione per almeno due ordine di motivi. In primo luogo il periodo di vigenza dei sessanta giorni sarebbe stato maggiormente ampio rispetto alle varie scadenze contenute nei diversi DPCM. In secondo luogo qualora vi fosse stata la necessità di reiterare il decreto-legge essa sarebbe stata supportata da nuovi presupposti aventi natura straordinaria. La caratteristica peculiare dei decreti-legge, infatti, è l’essere una fonte definibile come extra ordinem145 poiché con la decretazione d’urgenza la circostanza straordinaria di necessità ed urgenza assurge a legge ossia costituisce essa medesima una vera e propria fonte del diritto146. Infine questo vulnus che si è realizzato rispetto alle garanzie apprestate dalla nostra Costituzione ai diritti e alle libertà non ha visto l’intervento di nessun altro organo costituzionale quale Presidente della Repubblica, Consiglio dei Ministri, Corte costituzionale o qualsiasi magistrato, Parlamento poichè tutti sono stati relegati al ruolo di mero spettatore e, sostanzialmente, deprivati di strumenti di intervento 147. Non si può che ritenere che il Presidente del Consiglio dei Ministri abbia esercitato il proprio potere in modo abnorme poiché l’art. 2 L. 13/2020 gli consentiva di adottare i provvedimenti attuativi dell’emergenza a condizione che gli stessi fossero correlati, in quanto discendenti, al Dl. 6/2020. Con i DPCM del 8, 9 e 11 Marzo il Presidente del Consiglio ha esercitato ricorrendo a fonti secondarie un potere sostanzialmente legislativo148. 143 Autorevole dottrina evidenziò che nel passato, precisamente la prassi dell’ultimo venticinquennio ha progressivamente complicato i termini di una problematica che nei primi lustri del periodo repubblicano sembra relativamente semplice. Di più: sia nel senso quantitativo che nel senso qualitativo, la decretazione legislativa d’urgenza rappresenta ormai – per eccellenza – il punto saliente del distacco riscontrabile fra la fedeltà delle fonti normative e il modello immaginato o presupposto dai costituenti. L. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, p. 241, cit. La situazione emergenziale del covid-19 sarebbe stata la situazione ideale per poter utilizzare la decretazione d’urgenza in quanto sarebbe stata perfettamente corrispondente alla ratio dell’art. 77 Cost. 144 In dottrina è stato sostenuto che la particolarità del decreti-legge, in quanto atto governativi concerne la possibilità per gli stessi di violare le leggi, ossia risultano essere un’eccezione alla regola secondo cui gli atti governativi non possono derogare o sospendere le leggi ma non hanno la forza per abrogare la legislazione vigente in quanto sono solamente dei provvedimenti provvisori. Qualora il decreto-legge non dovesse venire convertito in legge lo stesso sarebbe illegale in quanto non sarebbe giustificata la violazione della legge da parte di un atto amministrativo. P. PINNA, Lo stato di eccezione e il decreto legge, in Diritto @ storia. Rivista Internazionale di Scienze Giuridiche e Tradizione Romana, n. 12/2014. 145 G. PITRUZZELLA, La legge di conversione del decreto legge, Padova, 1989, p. 24, cit. 146 S. ROMANO, Sui decreti-legge e lo stato di assedio in occasione del terromoto di Messina e Reggio-Calabria, in Rivista di diritto pubblico e della pubblica amministrazione in Italia, n. 1/1909, pag. 262, cit. 147 A. VERNATA, Decretazione d’urgenza e perimetro costituzionale nello stato di “emergenza epidemologica” in Biodiritto, 13.3.2020, successivamente inserito nel n.2/2020, p. 6, cit. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 35 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La situazione che si è concretamente realizzata durante l’emergenza epidemologica è stata una notevole concentrazione di potere in capo al Presidente del Consiglio, secondo una valorizzazione inedita della sua responsabilità e delle prerogative di cui all’art. 95, co. 1 Cost. (e inaspettata, se si pensa agli inizi della legislatura), il quale si trova autorizzato ad apprestare limiti consistenti alle libertà fondamentali dei cittadini (principalmente di circolazione, con conseguenti riverberi sulle libertà di riunione e di iniziativa economica) su tutto il territorio nazionale, prescindendo dalla collegialità governativa e anche dal controllo del capo dello Stato (che, come ha dichiarato Conte, rimane comunque costantemente informato delle scelte compiute)149. Parte della dottrina ritiene come nonostante tutto si possa ritenere rispettato il principio di legalità partendo dalla constatazione secondo cui la stessa Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile in un paio di pronunce che le norme contenute in decreti-legge possano a loro volta rinviare a fonti secondarie per la propria attuazione150. In questa ricostruzione teorica e giurisprudenza sembra che la funzione del decreto-legge sia quella di fornire una base legale ad atti secondari e duttili il tutto finalizzato ad adottare misure proporzionali nei confronti dei cittadini e rapportate all’evoluzione della situazione emergenziale. In questo scenario la legalità sostanziale è stata interpretata in maniera abbastanza “blanda” rispetto alla quale, secondo parte della dottrina, sono stati adottati adeguati bilanciamenti al fine di garantire una legalità procedurale151. L’opinione di chi scrive è che anche nelle situazioni di emergenza non si dovrebbe dimenticare che la riserva di legge possiede una valenza democratica, e non solo, nel momento in cui la stessa risulta essere la fonte e il perimetro del potere. Leggendo la riserva di legge come strumento espressione del principio democratico emerge come non vi sia nessuna discrasia tra l’idea che il principio di legalità abbia quale fonte la nozione di legge in senso formale e quella secondo cui detto principio possieda altresì un aspetto sostanzialistico diretto a regolare il contenuto e limiti della discrezionalità di cui gode la pubblica amministrazione152. Successivamente il Presidente della Repubblica ha emanato il Dl. 19/2020 153 con il quale sono state introdotte delle prescrizioni più precise e dettagliate rispetto al precedente. Precisamente l’art. 3 co. 1 e 2 prevede che nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro 148 E. FALLETTI, La forma è sostanza? Alcune sommarie riflessioni sulla gestione dell’emergenza covid-19 in Italia, in Biodiritto, 19.3.2020, successivamente inserito nel n.2/2020. 149 A. LAURO, Urgenza e legalità ai tempi del covid-19: fra limiti imprescindibili e necessaria flessibilità, in Biodiritto, 18.3.2020, successivamente inserito nel n.2/2020, p. 3, cit. Per completezza e correttezza si segnala come altra corrente dottrinaria ritenga che non si dovrebbe manifestare troppa preoccupazione per la tenuta dello Stato costituzionale di diritto: il Presidente della Repubblica, in occasione di un videomessaggio rivolto alla Nazione, ha espresso la propria approvazione e sostegno nei confronti degli strumenti governativi impiegati, e il c.d. “modello Italia” è considerato esemplare e lodato dalla comunità internazionale . A. PALMA, Libertà e dovere: questioni costituzionali alla luce dell’emergenza covid-19, in Biodiritto, 18.3.2020, successivamente inserito nel n.2/2020, p. 2, cit. Si ritiene di non poter condividere questa affermazione in quanto non si può sovrapporre un ragionamento giuridico ad un politico. La nostra Costituzione ha previsto uno strumento ossia il decreto-legge per fronteggiare casi straordinari di necessità ed urgenza idoneo anche a limitare i diritti e le libertà costituzionalmente garantiti. 150 Corte cost. 18 gennaio 2018, n. 5, Corte cost. 21 febbraio 2018, n. 98. 151 La dequotazione del principio di legalità in senso sostanziale – giustificata dalla valorizzazione degli scopi pubblici da perseguire in particolari settori come quelli demandati alle autorità amministrative indipendenti – impone, tuttavia, il rafforzamento del principio di legalità in senso procedimentale (Cons. Stato VI sez., 24 maggio 2016 n. 2182). 152 L. CARLASSARE, Regolamenti dell’esecutivo e principio di legalità, Cedam, Padova, 1966, pp. 153-154. 153 Decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19. (20G00035) (GU Serie Generale n.79 del 25-03-2020) ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 36 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all'articolo 1, comma 2, esclusivamente nell'ambito delle attivita' di loro competenza e senza incisione delle attivita' produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale. I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza in contrasto con le misure statali, ne' eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1. Il secondo elemento inedito concerne la depenalizzazione retroattiva delle violazioni commesse in data anteriore all’entrata in vigore del presente del decreto ex art. 4. co. 8. Infine prevede l’abrogazione del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ad eccezione degli articoli 3, comma 6-bis, e 4 e dell'articolo 35 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 (art. 5 co.1). 3.2. Le ordinanze extra ordinem dell’emergenza. L’aspetto problematico che si rinviene in materia di fonti secondarie nel caso di specie concerne il mancato rispetto del D.lgs. 1/2018154. Ricostruendo i fatti si ricorda come il 31.1.2020 sia stato dichiarato lo stato di emergenza 155 preceduto da un paio di ordinanze del Ministero della Salute. Solo un momento successivo il Capo del Dipartimento della protezione civile ha provveduto ad adottare un’ordinanza concernente primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili156. Questo primo passaggio porta con sé un empasse. Stando all’art. 24 D.lgs. 1/2018 la dichiarazione di stato di emergenza promana da una proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri su richiesta del Presidente della Regione interessata e si basa su di una valutazione rapida ad opera del Dipartimento della Protezione civile. Analizzando la Delibera del Consiglio dei Ministri emerge come la stessa possieda quale base la considerazione secondo cui la situazione che si è in concreto verificata, a causa della sua intensità ed estensione, non è fronteggiabile con i mezzi e poteri ordinari”, di modo che, altrettanto correttamente, si giunge alla dichiarazione dello stato di emergenza in base all’art. 7, comma 1, lett. c), del citato decreto legislativo 1/2018, che fa riferimento a situazioni di carattere “nazionale 157 risultando quindi assente una valutazione ad opera del Dipartimento della protezione civile. Alla luce di dette considerazioni il provvedimento de quo si dipana in tre fasi fondamentali: l’attribuzione del potere di ordinanza al Capo del Dipartimento della protezione civile in deroga ad ogni disposizione di legge e nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico, la dichiarazione di stato di emergenza per sei mesi ed infine lo stanziamento di 5.000.000 in attuazione dei primi interventi. Emerge come l’aspetto problematico riguardi l’attribuzione al Capo del Dipartimento della protezione civile del potere di ordinanza poiché da una parte risulta essere una previsione superflua da una parte e dall’altra carente di alcuni elementi. Partendo dal primo aspetto si deve richiamare l’art. 25 D.lgs. 1/2018 il quale enuncia che per il 154 Codice della protezione civile. Delibera del Consiglio dei ministri adottata ai sensi dell’art 7, co. 1, lett. c) del D.lgs. n. 1 del 2018 che ragiona di “emergenze di rilievo nazionale”, delibera pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1 febbraio 2020. 156 Ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020, a firma appunto del Capo del Dipartimento della protezione civile Angelo Borrelli. 157 Delibera del Consiglio dei ministri di data 31 gennaio 2020. 155 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 37 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di protezione civile, da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza. È evidente quindi che l’attribuzione del potere di ordinanza al Capo del Dipartimento della protezione civile derivi direttamente dalla dichiarazione dello stato di emergenza. L’aspetto carente invece concerne i limiti e le modalità riferibili a detto potere di ordinanza. Si ritiene che gli stessi siano quelli tipici stabiliti per le ordinanze contingibili ed urgenti. Il problema nasce dal fatto che la delibera si riferisce solamente ai principi generali dell’ordinamento giuridico mentre il D.lgs. allude anche alle norme dell’Unione Europea alle quali l’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile fa riferimento in maniera generica quali vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario158. Con riferimento a dette espressioni si deve rammentare la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui detti principi devono assolutamente comprendere anche le norme e i diritti costituzionali al punto da sostenere che il potere di ordinanza possa essere definito legittimo e compatibile con l’impianto costituzionale a condizione che lo stesso non travolga detti diritti 159 e che non si possa menomare l’esercizio dei diritti garantiti dalla Carta costituzionale attraverso le ordinanze del Prefetto160. Ulteriore aspetto concerne l’indicazione ex art. 25 co.1 D.lgs. 1/2018 nelle ordinanze circa l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare. Si tratta di una disposizione che può essere definita sia come superflua sia come difficile da attuare nelle situazioni concrete. Si ricorda che l’ordinanza extra ordinem deve possedere un contenuto perimetrato che dovrebbe permettere una facile individuazione delle norme che sono derogate o che potrebbero essere derogate dalla stessa. L’ordinanza n. 630/2020 contiene quale previsione la deroga alle norme vigenti. Questo dettato conduce a qualificare il contenuto come generico nonché meramente ricognitivo di previsioni già contenute nella legge. Ad esempio in detta ordinanza viene prevista la convocazione di un Comitato scientifico nazionale. Si ritiene che utilizzare un’ordinanza per far ricorso ad un atto meramente organizzativo non possieda un motivo fondato anche perché l’art. 13 del D.lgs. 1/2018 contiene un elenco relativo a tutte le strutture operative della protezione civile e che quindi avrebbe potuto svolgere la funzione di norma di copertura. Ulteriore aspetto caratteristico dell’ordinanza n. 630/2020 concerne l’indicazione delle leggi da derogare al fine di realizzare le attività previste da detta ordinanza. In particolare l’art. 3 prevede che sia possibile derogare leggi ed altre disposizioni regionali strettamente connesse alle attività previste dalla presente ordinanza. Si tratta di un enunciato abbastanza strano posto che la deroga con riferimento alle leggi regionali debba essere strettamente connessa alle attività previste dall’ordinanza. Si tratta di un ulteriore discrasia rispetto al dettato del D.lgs. 1/2018 il quale prevede ex art. 25 co.1 che le ordinanze della protezione civile possano derogare ad ogni disposizione vigente senza quindi distinguere tra leggi regionali o leggi statali. 158 Ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del dipartimento della protezione civile, recante appunto Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili. 159 Corte cost., 2 luglio 1956, n. 8. 160 Corte cost., 27 maggio 1961, n. 26. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 38 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Infine l’ordinanza n. 630/2020 oltre a riportare nella propria intestazione “Capo del Dipartimento della protezione civile” e non “Capo della protezione civile” sembra discostarsi dall’assetto normativo contenuto dal D.lgs. 1/2018161. Superata la disamina dell’ordinanza n. 630/2020 si ritiene necessario esaminare alcune delle ordinanze adottate dai Presidenti delle Regioni. Si ricorda come l’art. 3 del Dl. 6/2020 il quale ha autorizzato il Ministero della Salute, i Presidenti regionali e i Sindaci ad emanare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di igiene e sanità pubblica rispetto all’intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni, alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale. Il Ministro della Sanità ha altresì concluso intese con i Presidenti di diverse regioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia) e approvando con un proprio decreto un modello da seguire per l’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti ad opera dei diversi Presidenti delle Regioni162. 3.3. Il caso delle Marche. Si tratta di una delle poche ordinanze rispetto alle quali si è sviluppato il contenzioso amministrativo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri proponeva ricorso avverso la Regione Marche chiedendo la sospensione dell’efficacia e l’annullamento dell’ordinanza n. 1 del 25.2.2020 contenete “misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” con la quale è stata disposto che a partire dalle ore 00.00 di mercoledì 26 febbraio 2020 fino alle ore 24,00 del 4 marzo 2020, sul territorio della Regione Marche è disposta: a) la sospensione di tutte le manifestazioni pubbliche, di qualsiasi natura; 4/3/2020 N. 00118/2020 REG.RIC. 2/4 b) la sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, universitarie (lezioni, esami di profitto e sedute di lauree) e di alta formazione professionale e dei percorsi di istruzione e formazione professionale, salvo le attività formative svolte a distanza e quelle relative alle professioni sanitarie ivi compresi i tirocini; c) la sospensione di ogni viaggio di istruzione sia sul territorio nazionale sia estero; d) la sospensione dell’apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura e delle biblioteche; e) la sospensione dei concorsi pubblici fatti salvi quelli relativi alle professioni sanitarie per le quali dovranno essere garantite le opportune misure igieniche. Precisamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri evidenziava come la Regione avesse emesso l’ordinanza nonostante non ricorresse il presupposto ex art. 1 co.1 Dl. 6/2020 ossia l’esistenza di almeno una persona positiva all’interno della zona interessata. Il TAR Marche rilevava con decreto cautelare (n. 56/2020) l’inesistenza di casi di contagio accertati nelle Marche al momento dell’adozione dello stesso nonché riteneva esistente il presupposto dell’estrema gravità ed urgenza previsto dall’art. 56 c.p.a al fine di concedere la tutela monocratica urgente. Per queste ragioni accoglieva l’istanza cautelare provvedendo a sospendere gli effetti del provvedimento impugnato e fissando per la trattazione collegiale la camera di consiglio in data 4.3.2020. 161 G.P. DOLSO, Prime note sulla dichiarazione dello Stato di emergenza, in www.AmbienteDiritto.it, Fasc. 1/2020. L. DELL’ATTI – G. NAGLIERI, Le fonti della crisi. Fra esigenze unitarie e garanzie costituzionali nel governo dell’emergenza da covid-19, op., cit. 162 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 39 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Precisamente è stato sostenuto che anche l’ulteriore censura svolta dalla ricorrente, con la quale si prospetta che la Regione avrebbe erroneamente indicato, a sostegno del potere di ordinanza, la disposizione di cui all’art. 2 del D.L. n. 6 del 2020 - che prevede la possibilità per le autorità competenti di disporre misure “ulteriori”, al di fuori dei casi di cui all’art. 1 comma 1 (ossia anche in assenza del riscontro di almeno una persona positiva) - pare assistita dal fumus boni iuris, atteso che tali misure non possono essere altrettanto invasive, sia per intensità sia per latitudine, rispetto a quelle giustificate dalla presenza di un focolaio di infezione; in altri termini, la possibilità di adottare misure “ulteriori” va, in via sistematica, riferita ad interventi che comportino un sacrificio minore delle libertà individuali, rispetto a quelli previsti dall’art. 1 del cit. D.L. n. 6. Si possono svolgere almeno un altro paio di considerazioni. In primis si ritiene che sussista una violazione del principio di leale collaborazione ad opera della Regione in relazione alle modalità attraverso le quali è stata adottata l’ordinanza ossia il giorno 24 Febbraio il Presidente della Regione avrebbe annunciato ai giornalisti la decisione di adottare un’ordinanza contenente misure di contenimento analoghe a quelle adottate nelle Regioni con casi positivi. A seguito di detta dichiarazione sarebbe seguito “un incontro telefonico” tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Regione attraverso il quale il primo invitava il secondo a posticipare al giorno successivo l’adozione dell’ordinanza in occasione del tavolo tecnico che si sarebbe dovuto tenere al fine di coordinare le operazioni tra il governo centrale e quello locale. Durante l’incontro tenutosi la Regione non ha manifestato la voluntas circa l’adozione del provvedimento in questione per poi adottarlo nelle ore immediatamente successive a quell’incontro. In secundis la necessità di ricorrere al giudice amministrativo al posto della Corte costituzionale con conflitto di attribuzioni sembra essere giustificata sia sotto il profilo temporale sia per il fatto che non sussisteva un vero e proprio accordo formale raggiunto tra il Governo e la Regione163. 3.4. L’ordinanza e il contenzioso cautelare dell’ordinanza adottata dalla Campania. L’ordinanza citata in questo paragrafo ha dato luogo ad un’altra ipotesi di contenzioso cautelare amministrativo. L’ordinanza n. 15/2020 obbliga all’art. 1 tutti i cittadini a rimanere nelle proprie abitazioni ammettendo spostamenti solamente per esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. Nel successivo chiarimento n. 6/2020 viene disposto che l’attività sportiva svolta in luoghi pubblici o aperti al pubblico non è coerente con lo spirito dell’ordinanza n. 15/2020. Con ricorso n. 1048/2020 l’Avvocato chiedeva l’annullamento previ sospensione dei provvedimenti appena citati e il TAR in sede cautelare sottolineava che l’ordinanza 15/2020 richiama plurime disposizioni legislative che fondano la base legale del potere di adozione di misure correlate a situazioni regionalmente localizzate, il che esclude ogni possibile contrasto di dette misure con quelle predisposte per l’intero territorio nazionale. Oltre a questo viene sostenuto che la situazione di necessità ed urgenza causata dalla rapida diffusione del virus Covid-19 consenta di adottare misure restrittive della libertà personale in considerazione della prevalenza della tutela della salute pubblica. A tal 163 G. DI COSIMO – G. MENEGUS, La gestione dell’emergenza coronavirus tra Stato e Regioni: il Caso Marche, in Biodiritto, 16.3.2020, successivamente inserito nel n.2/2020. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 40 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ proposito il tribunale sostiene che considerato peraltro aspetto che, nella valutazione dei contrapposti interessi, nell’attuale situazione emergenziale a fronte di limitata compressione della situazione azionata, va accordata prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica. Per i motivi appena descritti il TAR Campania in sede cautelare respinge la richiesta di sospensione dell’Ordinanza n. 15/2020 e del chiarimento n. 6/2020 fissando la camera di consiglio in data 21.4.2020 per la trattazione collegiale. Detta pronuncia seppur resa in un giudizio cautelare permette di svolgere alcune riflessioni relative al rapporto esistente ed intercorrente tra l’art. 16 Cost. e l’art. 32 Cost. In primis si ritiene doveroso ricordare che detto decreto contenga una frase abbastanza problematica ossia l’ordinanza 15/2020 richiama plurime disposizioni legislative che fondano la base legale del potere di adozione di misure correlate a situazioni regionalmente localizzate. Il quadro normativo che richiama l’ordinanza de qua è costituito dal Dl. 6/2020 e quattro DPCM adottati dal Presidente del Consiglio dei Ministri tra cui il DPCM 9 Marzo 2020 il quale prevede che sia evitato ogni spostamento delle persone fisiche in entrata ed uscita dai territori di cui al presente articolo, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. Il TAR nella propria ricostruzione giuridica probabilmente ritiene consentita la riserva di legge per relationem rinvenendo la fonte del potere di ordinanza extra ordinem nell’art. 5 co. 4 DPCM 8 marzo 2020 il quale a sua volta richiama l’art. 3 co. 2 Dl. 6/2020 nella parte in cui fa salvo il potere di ordinanza delle Regioni . In base al quadro normativo così ricostruito il Giudice amministrativo ritiene che il Presidente della Regione Campania rinvenga il proprio potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti nel Dl. 6/2020. Analizzando il Dl. 6/2020 emerge che lo stesso contenga delle previsioni “in bianco” quali le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dai casi di cui all’articolo 1, comma 1 (art. 2 co.1)164. La disposizione in esame non risulta essere di certo rispettosa dei requisiti richiesti dalla Consulta la quale ha ritenuto necessario che ammissibile che la legge ordinaria attribuisca all’Autorità amministrativa l’emanazione di atti anche normativi, purché la legge indichi i criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell’organo a cui il potere è stato attribuito165. Ulteriore questione problematica che emerge dal caso in esame è se la riserva di legge richiesta dall’art. 16 Cost. debba ritenersi assoluta o relativa posto che in dottrina non vi è una posizione unanime. Una risalente pronuncia della Corte costituzionale esplicava la ratio della previsione ex art. 16 Cost. ossia in alcuni commenti dell’art. 16 si è rilevata la frase “limitazioni che la legge pone in via generale”, affacciando il dubbio che le limitazioni debbano riferirsi a situazioni di carattere generale, quali epidemie, pubbliche calamità e simili. Tale interpretazione, che pure era affiorata durante i lavori dell’Assemblea costituente, è infondata e fu perciò respinta; la frase deve intendersi nel senso che la legge debba essere applicabile alla generalità dei cittadini, non a singole categorie. Si è osservato, infatti, che la formula generica dell’art. 16 riguarda un’infinità di casi difficilmente prevedibili, che ben possono essere compresi nella sintetica dizione “motivi di sanità o di sicurezza”, e che la finalità della norma costituzionale è di conciliare l’esigenza di non lasciar liberi di circolare 164 C. DELLA GIUSTINA, Il TAR in via cautelare non sospende l’ordinanza che vieta l’attività fisica. Nota a TAR Campania, sez. V, N. 01048/2020 del 18.3.2020, in Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del Coronavirus, su BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 30.3.2020. 165 Corte cost 27 maggio 1961, n. 26. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 41 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ indisturbati soggetti socialmente pericolosi e l’esigenza di impedire un generico e incontrollato potere della Polizia166. Lo scopo di evitare che soggetti socialmente pericolosi possano circolare in maniera indisturbata sembra poco corrispondente alla situazione che è in atto a livello mondiale 167. Qualora si volesse ammettere che la previsione dell’art. 16 Cost. richieda la riserva di legge relativa e non assoluta si arriverebbe alla medesima conclusione per le ragioni poc’anzi esposte ossia l’esistenza di un decreto-legge contenente disposizioni troppo generali per poter limitare una libertà costituzionalmente garantita. Poste queste precisazioni in tema di (mancato) rispetto del principio di legalità la domanda da porsi è se ed in che modo sia possibile ammettere un bilanciamento tra compressione delle libertà fondamentali e la tutela del diritto alla salute. Il diritto alla salute costituisce un diritto fondamentale dell’individuo e, al tempo stesso, un interesse della collettività ex art. 32 Cost. Queste due anime esistenti nel diritto alla salute portano a considerare lo stesso come un diritto avente una dimensione “superindividuale” oltre ad essere spesso oggetto di bilanciamento nelle pronunce della Corte costituzionale la quale spesso procede ad un continuo e vicendevole bilanciamento tra diritti fondamentali e principi costituzionali168. Partendo dal presupposto che è la stessa Consulta a sostenere che nel nostro ordinamento tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia prevalenza assoluta sugli altri169 ci si deve chiedere se nel caso di specie, ossia emergenza covid-19, sia ammissibile procedere a detto bilanciamento. La tesi sostenuta fino a questo momento è che, in relazione all’ordinanza n. 15/2020, sia stato leso il principio di legalità e che detta ordinanza proprio per questo motivo non siano idonea a porre limiti alle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione italiana. La domanda che sorge è se il bilanciamento possa operare tra disposizioni che impongono il rispetto di una determinata procedura da adottare e le libertà compressa nelle ordinanze extra ordinem. In altri termini le prescrizioni contenute nel Dl. 6/2020 sono talmente generali ed astratte che anche ammettendo che l’art. 16 Cost. contenga una riserva relativa di legge non sarebbe comunque idoneo a fondare legittimamente il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti. Di conseguenza prima ancora di chiedersi se sia legittimo o meno il bilanciamento contenuto in esse si dovrebbe evidenziare che le stesse sono state adottate in violazione delle prescrizioni formali contenute nella Carta costituzionale italiana e nelle pronunce del Giudice delle Leggi. Parte della dottrina ha ritenuto che proprio per lo scopo perseguito dai diversi DPCM ossia la tutela della salute collettiva gli stessi debbano ritenersi apprezzabili, sia perché la situazione emergenziale in atto è del tutto inedita e implica l’adozione di misure eccezionali, sia perché essi risultano circoscritti in un arco temporale ben definito170. Sicuramente il diritto alla salute quale diritto fondamentale deve essere bilanciato rispetto agli altri diritti costituzionalmente garantiti ma nel rispetto di almeno due condizioni. In primis è necessario che intervenga un atto idoneo a comprimere i diritti 166 Corte cost., 14-23 giugno 1956, n. 2. L. A. MAZZAROLLI, «Riserva di legge» e «principio di legalità» in tempo di emergenza nazionale. Di un parlamentarismo che non regge e cede il passo a una sorta di presidenzialismo extra ordinem con ovvio conseguente strapotere delle pp.aa.. La reiterata e prolungata violazione degli artt. 16, 70 ss., 77 Cost., per tacer d’altri, in Federalismi.it Osservatorio emergenza covid-19, 23.3.2020. 168 F. MINNI- A. MORRONE, Il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, in RivistaAIC, .n. 3/2013. 169 Corte cost. 9 maggio 2013, n.85. 170 A. PALMA, Libertà e doveri: questioni costituzionali alla luce dell’emergenza covid-19, in Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del Coronavirus, su BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 18.3.2020, p. 3, cit. 167 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 42 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ ex art. 13 e ss. Cost. e che possieda non solo il rango di fonte primaria ma anche un contenuto preciso, concreto e definito. In secundis il bilanciamento deve avvenire secondo i tre criteri indicati nella sentenza 85/2013: necessità, sufficienza e proporzionalità della limitazione. 3.5. Le ordinanze della Basilicata. Oggetto di studio sono le ordinanze n. 1 e 2 del 23 e 27 febbraio 2020 le quali rivengono la propria fonte normativa nell’art. 32 co. 3 L. 833/1978 e sono state entrambe emanate a seguito dell’adozione del Dl. 6/2020. La prima ordinanza prevedeva l’obbligo per gli studenti residenti in Basilicata e provenienti dalle sei Regioni del nord Italia di sottoporsi a misure di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva. La seconda ordinanza sostitutiva della prima delimitava detta permanenza domiciliare solamente nei confronti di quei soggetti che avessero trascorso gli ultimi quattordici giorni nelle zone dichiarate a rischio epidemologico dall’OMS nonché nei confronti di quei soggetti che avessero soggiornato nei Comuni italiani nei quali si erano verificati episodi di trasmissione locale del virus. La prima ordinanza contiene elementi di contrasto rispetto alla previsione dell’art. 2 DPCM 23 febbraio 2020 attuativo a sua volta del Dl. 6/2020 posto che in questi ultimi due provvedimenti la permanenza domiciliare era stata prefigurata quale extrema ratio171. Oltre a questo detta ordinanza presenta altri tre profili critici. Il primo concerne l’individuazione dei soggetti rispetto ai quali dette misure devono essere imposte ossia solamente gli studenti e non i lavoratori ad esempio. Il secondo concerne il collegamento territoriale in quanto detta ordinanza risulta applicabile solamente quando i soggetti prima indicati fossero residenti nei territori individuati ma non anche domiciliati presso gli stessi. Infine per quanto concerne le Regioni di provenienza l’ordinanza de qua nei indica sei mentre il DPCM individuava solamente due, ossia Veneto e Lombardia, e di queste solo alcuni comuni come territori interessati alle misure urgenti di contenimento del contagio. 4.4. Riflessioni circa le ordinanze regionali dell’emergenza. I tre esempi di ordinanze riportate nei precedenti paragrafi dimostrano la difficoltà di coordinamento rivenuta nella gestione dell’emergenza sanitaria covid-19. I principi dell’interdipendenza soggettiva tra enti dello Stato e di leale collaborazione sono stati emarginati dalla responsabilità esistente in capo ai vertici governativi ed amministrativi. Probabilmente durante episodi di crisi emergenziale si dovrebbe garantire la supremazia statale al fine di evitare l’esistenza di disposizioni difformi sull’intero territorio nazionale. Nonostante la materia “tutela della salute” sia una competenza concorrente tra Stato e Regione lo stesso diritto alla salute ex art. 32 Cost. dovrebbe consentire in periodi di emergenza sanitaria una gestione centrale e il principio di leale collaborazione 171 La misura della permanenza domiciliare era prevista solamente nei confronti di quei soggetti che provenivano dalle zone definite dall’OMS a rischio epidemologico mentre prescrizioni maggiormente stringenti erano previste per i soggetti che avessero avuto stretti contatti con casi confermati di malattia infettiva. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 43 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ dovrebbe fungere quale strumento per suggerire strategie organizzative e raccordi istituzionali inediti172. 5. Conclusione. L’emergenza covid-19 e la gestione della stessa hanno indotto la dottrina a porsi numerose domande, principalmente ci si chiede se il verificarsi di un emergenza sia un valido motivo per imporre un considerevole sacrificio nei confronti delle libertà che dovrebbero caratterizzare gli ordinamenti liberali contemporanei. A questo si deve aggiungere la considerazione secondo cui non viene rispettato il dettato costituzionale e si utilizzano fonti secondarie per apportare queste limitazioni. A parere di chi scrive la riserva di legge non deve essere intesa come un capzioso formalismo ma come un istituto predisposto ad evitare un’eccessiva concentrazione del potere in capo al Governo. Precisamente viene notato che il Costituente ha voluto prevedere una riserva di legge rinforzata proprio come ancora di stato di diritto nello stato di necessità, come fondamentale lume di garanzia nell’oscurità dell’eccezione 173. Ulteriore problema ha riguardato la gestione dello stato di emergenza. Si assiste ad una non-coordinazione tra centro e periferia, si sono utilizzati dati statistici incompleti e travisati nel loro significato al fine di giustificare un approccio unidirezionale a detta epidemia174. Le incongruenza evidenziate soprattutto nel terzo paragrafo non possono che condurre a ritenere come si stia assistendo ad una triste pagina della storia costituzionale italiana, un momento storico dettato dall’incertezza che investe diversi diritti costituzionali. 172 F. SEVERA, Sui raccordi tra livelli di Governo in tempi di emergenza, in Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del Coronavirus, su BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 28.3.2020. 173 G. MENEGATTO, Diritto e diritti nell’emergenza: ripartire dalla Costituzione, in Biodiritto, 11.3.2020, successivamente inserito nel n.2/2020, p. 4, cit. 174 L. DEL CORONA, Le decisioni pubbliche ai tempi del coronavirus: tra fondatezza scientifica, principio di precauzione e tutela dei diritti, in Biodiritto, 18.3.2020, successivamente inserito nel n.2/2020. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 44 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ SUL FONDAMENTO LEGALE E COMPETENZIALE DELLE MISURE DI CONTENIMENTO DELL’EPIDEMIA DA COVID-19 ADOTTATE IN ITALIA. Silvio Troilo Abstract: L’articolo ricostruisce le basi legali e costituzionali del variegato complesso di misure adottate in Italia per fronteggiare l’epidemia da Covid-19 (DPCM, ordinanze ministeriali, ordinanze di protezione civile, ordinanze regionali e locali), alla luce della giurisprudenza costituzionale e amministrativa, pervenendo alla conclusione che il sistema di interventi posto in essere, pur potendo essere meglio calibrato, risulta comunque conforme al principio di legalità. Abstract: The article reconstructs the legal and constitutional bases of the complex of measures adopted in Italy to deal with the Covid-19 epidemic (Prime Ministerial Decrees, ministerial orders, civil protection orders, regional and local orders), in light of the constitutional and administrative jurisprudence, reaching the conclusion that the intervention system put in place, although it can be better calibrated, is nonetheless compliant with the rule of law. SOMMARIO: 1. La Costituzione e le situazioni di emergenza. – 2. Le basi legali e la forma giuridica dei provvedimenti emergenziali adottati. – 3. La giurisprudenza costituzionale e amministrativa in materia. – 4. I margini di intervento regionali e locali. – 5. Le prime valutazioni delle ordinanze regionali e locali operate dall’autorità amministrativa e da quella giudiziaria. – 6. Cenni conclusivi. 1. LA COSTITUZIONE E LE SITUAZIONI DI EMERGENZA. Come è noto, quando si verifica una situazione di emergenza in cui occorre adottare norme giuridiche non previste da precedenti leggi o in deroga ad esse – e non c’è il tempo di attendere l’intervento del Parlamento – si deve utilizzare l’istituto previsto  Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università degli Studi di Bergamo. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 45 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ dall’art. 77 della Costituzione, ossia il decreto-legge, che è adottato dal Governo ma sottoposto all’esame parlamentare e alla conversione in legge entro 60 giorni175. In situazioni particolari – quando, nell’ambito del territorio e delle competenze di una Regione o di un ente locale, si presenti un pericolo grave per l'incolumità o la sicurezza pubblica, ovvero la necessità di tutelare l'unità giuridica o l'unità economica del Paese e in particolare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, o ancora vi sia il mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa dell’Unione europea – il Governo, ai sensi dell’art. 120, comma 2°, Cost., può sostituirsi agli organi della Regione o dell’ente locale che hanno omesso di intervenire o l’hanno fatto illegittimamente. A parte tali casi (e lo stato di guerra dichiarato formalmente dal Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Parlamento, ex art. 78 Cost.), la Costituzione italiana non contiene prescrizioni esplicite sulla gestione delle emergenze 176, diversamente dalle carte costituzionali di altri Paesi europei ed occidentali 177. 175 Per V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, Padova, Cedam, 1984, p. 104, il decreto-legge nasce proprio quale “strumento di eccezione utilizzato per la «gestione» di stati di emergenza diversi dalla guerra” in cui deve assicurarsi “la sopravvivenza dello Stato e dell’ordinamento”. Nel medesimo senso cfr. anche F. MODUGNO, D. NOCILLA, Problemi vecchi e nuovi sugli stati di emergenza nell’ordinamento italiano, in AA.VV., Scritti in onore di M.S. Giannini, III, Milano, Giuffrè, 1988, pp. 513 ss., spec. p. 519, che rilevano come – nella vigente Costituzione – siano gli articoli 77 e 78 Cost. le statuizioni attorno alle quali ruota il problema delle misure da adottare nelle situazioni di crisi o di emergenza. 176 Si tratta di una scelta consapevole: per una sintetica ricostruzione del dibattito sul punto in Assemblea Costituente v., da ultimo, A. CARDONE, La “normalizzazione” dell’emergenza. Contributo allo studio del potere extra ordinem del Governo, Torino, Giappichelli, 2011, pp. 77 ss.; G. DE MINICO, Costituzione emergenza e terrorismo, Napoli, Jovene, 2016, pp. 34 ss. Ciò non implica, comunque, che il fondamento dei poteri emergenziali si fondi sulla necessità come fonte del diritto, come sostenuto a suo tempo da Santi Romano (in L’instaurazione di fatto di un ordinamento costituzionale e la sua legittimazione (1901), nonché Sui decreti-legge e lo stato d’assedio in occasione del terremoto di Messina e di Reggio Calabria (1909), entrambi ora in ID., Scritti minori, I, Milano, Giuffrè, 1950): cfr., ex plurimis, F. MODUGNO, D. NOCILLA, Stato di Assedio, in Noviss. Dig. It., XVIII, Torino, 1970; C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II, Padova, Cedam, 1976, p. 702; P.G. GRASSO, Necessità (stato di) (diritto pubblico), in Enc. Dir., XXVII, Milano, 1977, p. 866; A. CARDONE, op. cit., pp. 49 ss.; M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Rivista AIC, 2/2020, pp. 113-114. Invece, per altre voci, come G. AZZARITI, Il Diritto costituzionale d’eccezione, in Costituzionalismo.it, 1/2020, i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri adottati per fronteggiare l’odierna emergenza epidemica non possono essere ritenuti illegittimi, benché la loro adozione non sia conforme a Costituzione, in quanto si tratta di “autoassunzione di un potere extra ordinem che si legittima per via di necessità”. 177 In generale, “fonti di emergenza esistono – con nomi e forme diverse – in tutte le Costituzioni fondate sull’attribuzione ordinaria del potere legislativo al Parlamento rappresentativo. Esse valgono a sopperire alle lentezze parlamentari e politiche che possono determinarsi nella sede parlamentare e che possono risultare insostenibili di fronte a situazioni di emergenza” (G. ZAGREBELSKY, Manuale di diritto costituzionale, Torino, Utet, 1993, I, pp. 174-175). Tuttavia, soltanto in alcuni Paesi è direttamente la Carta costituzionale a disciplinare la dichiarazione o l’instaurazione dello stato di emergenza (variamente denominato). Così in Francia l‘art. 16 Cost. prevede che, “quando le istituzioni della Repubblica, l’indipendenza della nazione, l’integrità del territorio o l’esecuzione degli impegni internazionali sono minacciati in maniera grave ed immediata e il regolare funzionamento dei poteri pubblici costituzionali è interrotto, il Presidente della Repubblica adotta le misure richieste dalle circostanze dopo aver ufficialmente consultato il Primo ministro, i Presidenti delle assemblee ed il Presidente del Consiglio costituzionale. Egli ne informa la nazione con un messaggio. Tali misure devono essere ispirate dalla volontà di assicurare ai poteri pubblici costituzionali, nel minor tempo possibile, i mezzi necessari per provvedere ai loro compiti. Il Consiglio costituzionale è consultato al riguardo. Il Parlamento si riunisce di pieno diritto. L’Assemblea nazionale non può essere sciolta durante l’esercizio dei poteri eccezionali (…)”. Inoltre, l’art. 36 Cost. dispone che “lo stato d’assedio è decretato dal Consiglio dei ministri. Non può essere prorogato oltre dodici giorni senza autorizzazione del Parlamento”. Peraltro tali articoli non sono stati ritenuti applicabili nella situazione attuale, per cui il Parlamento ha modificato, con legge, il codice della sanità pubblica, inserendovi la previsione dello “stato di emergenza sanitaria”, che può essere dichiarato dal Consiglio dei Ministri, sotto il controllo delle Camere, per non oltre la durata di un mese (o, questa prima volta, di due mesi) e può essere esteso soltanto previa autorizzazione legislativa: in base ad esso il Primo ministro può, con proprio decreto avente valore di regolamento, adottare misure che limitano la libertà di movimento, di aggregazione e di impresa. Neppure in Germania è stato dichiarato lo stato di emergenza a livello nazionale, ma è stata applicata un’apposita legge federale per il contrasto delle epidemie (Infektionschutzgesetz – IfSG) del 2000, che prevede un ampio coinvolgimento dei Laender, ma solo con poteri esecutivi (mentre è preclusa una loro autonoma competenza legislativa). L’accentramento normativo a livello federale non ha comunque impedito che i diversi Stati membri assumessero iniziative differenziate e in parte contraddittorie (ad ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 46 ______________ 2. LE BASI LEGALI E EMERGENZIALI ADOTTATI. AMBIENTEDIRITTO - Editore©® LA FORMA ______________ GIURIDICA DEI PROVVEDIMENTI Ora – come ha rilevato lo stesso Presidente del Consiglio Conte nell’informativa alla Camera dei deputati del 30 aprile scorso – “stiamo affrontando un’emergenza che non ha precedenti nella storia della Repubblica: siamo costretti a riconsiderare modelli di vita, a rimeditare i nostri valori, a ripensare il nostro modello di sviluppo”. In tale situazione l’Esecutivo ha adottato misure di inusitata incisività ed ampiezza (dal divieto generalizzato di uscire di casa, salvo che per gravi necessità, al divieto di svolgimento di numerosissime attività, ecc.) attraverso provvedimenti formalmente amministrativi (anche se sostanzialmente normativi)178: decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM)179, ordinanze – ma anche decreti, circolari e note – ministeriali (OM, DM, CM), ordinanze e decreti del Capo della Protezione civile (OCDPC e DCDPC) e del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza, cui si sono aggiunte ordinanze regionali e comunali (o meglio sindacali). Oltre – e prima ancora – della specifica disciplina da loro recata, occorre esaminare quali siano i fondamenti legali di tali provvedimenti e se quei fondamenti riposino, a loro volta, sulla Costituzione. Le ordinanze e i decreti adottati poggiano su tre principali basi normative, che si affiancano l’una all’altra (mentre più sullo sfondo sono rimaste altre due fonti, l’art. 50, esempio in tema di limiti agli assembramenti). La Costituzione federale contiene, peraltro, svariate e dettagliate disposizioni relative a situazioni di emergenza, introdotte a partire dal 1968, che però si riferiscono a pericoli o ad esigenze relativi alla difesa nazionale, in senso lato: l’art. 12-a (in tema di servizio militare e civile obbligatorio e di stato di difesa), l’art. 17-a (in base a cui “(2) le leggi che regolano la difesa, ivi compresa la protezione della popolazione civile, possono stabilire limitazioni ai diritti fondamentali della libertà di circolazione e di residenza e dell'inviolabilità del domicilio“), l’art. 80-a (relativo allo “stato di tensione”, che deve essere deciso dal Bundestag a maggioranza di almeno due terzi dei voti espressi), nonché gli articoli da 115-a fino a 115-l relativi allo stato di difesa. In Spagna, invece, è stato formalmente dichiarato lo “stato di allarme” ai sensi dell’art. 116 Cost., secondo cui “1. Una legge organica regolerà gli stati di allarme, di eccezione e di assedio, le competenze e le limitazioni corrispondenti. 2. Lo stato di allarme sarà dichiarato dal Governo mediante decreto deliberato dal Consiglio dei Ministri, per un termine massimo di quindici giorni, riferendo al Congresso dei Deputati riunito immediatamente a tale scopo, senza la cui autorizzazione detto periodo non potrà essere prorogato. Il decreto determinerà l'ambito territoriale cui si riferiscono gli effetti della dichiarazione. 3. Lo stato di eccezione sarà dichiarato dal Governo mediante decreto deliberato dal Consiglio dei Ministri, previa autorizzazione del Congresso dei Deputati. L'autorizzazione e proclamazione dello stato di eccezione dovrà determinare espressamente gli effetti dello stesso, l'ambito territoriale cui si riferisce e la sua durata, che non potrà eccedere i trenta giorni, prorogabili per un altro periodo di uguale durata, con gli stessi requisiti. 4. Lo stato di assedio sarà dichiarato dalla maggioranza assoluta del Congresso dei Deputati, su proposta esclusiva del Governo. Il Congresso determinerà il suo ambito territoriale, durata e condizioni. (…)“. 178 Essendo caratterizzati dalla generalità e dall’astrattezza (cfr. G.U. RESCIGNO, Sviluppi e problemi nuovi in materia di ordinanze di necessità e urgenza e altre questioni in materia di protezione civile alla luce della sentenza n. 127 del 1995 della Corte costituzionale, in Giur. cost., 1995, pp. 2196-2197) o, comunque, dalla novità (come sembra opinare la Corte costituzionale nella sentenza n. 346/2010). Non manca chi, invece, li considera – per lo meno con riferimento ai provvedimenti previsti dai D.L. nn. 6 e 19 del 2020 per affrontare la specifica emergenza da coronavirus – atti amministrativi tipici di carattere temporaneo, anche perché non è espressamente prevista la loro capacità di derogare ad ogni disposizione vigente, pur nel rispetto della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento: il che si spiegherebbe proprio per il loro carattere esecutivo, essendo espressione almeno in parte di discrezionalità tecnica (R. CHERCHI, A. DEFFENU, Fonti e provvedimenti dell’emergenza sanitaria Covid-19: prime riflessioni, in Dirittiregionali.it, 1/2020, pp. 654-655). Tali provvedimenti sono riportati sul sito internet della Protezione civile (http://www.protezionecivile.gov.it/attivita-rischi/rischio-sanitario/emergenze/coronavirus/normativa-emergenza-coronavirus). 179 Che, peraltro, sono anch’essi delle ordinanze, pur se adottate nella forma – tipica per quell’organo – di decreto (cfr., per tutti, E. RAFFIOTTA, Sulla legittimità dei provvedimenti del Governo a contrasto dell’emergenza virale da coronavirus, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, Instant Forum Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus, 18 marzo 2020, p. 4; M. LUCIANI, op. cit., p. 123). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 47 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ co. 5, TUEL e l’art. 2 TULPS, che conferiscono poteri di ordinanza, rispettivamente, ai Sindaci ed ai Prefetti): a) la legislazione in tema di protezione civile, raccolta oggi nel Codice della protezione civile (D.Lgs. n. 1 del 2018, che riunisce in un testo unico la legge n. 225 del 1992 e le norme successive); b) alcuni appositi decreti-legge, due dei quali hanno, in particolare, disciplinato l’adozione dei provvedimenti in parola (il n. 6 del 23 febbraio 2020 e il n. 19 del 25 marzo 2020: il secondo ricomprende anche le norme del precedente – che, benché già convertito, è stato abrogato – e fa salvi gli effetti da esso prodotti); c) l’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, e l’art. 117 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Così, sulla base del primo di tali fondamenti legislativi (e, specificamente, dell’art. 7, co. 1, lett. c, e dell’art. 24, co. 1 del Codice della protezione civile), il Consiglio dei ministri ha dichiarato, il 31 gennaio 2020, lo stato di emergenza nazionale per una durata di sei mesi180 ed ha stabilito che, per affrontare l’emergenza, si provveda con ordinanze emanate dal Capo del Dipartimento della Protezione civile, che, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico 181 e nei limiti delle risorse stanziate, possono derogare a ogni disposizione vigente182. In seguito, di fronte alla necessità di adottare ulteriori e inusitate misure di contenimento dell’epidemia, prive di precedenti nella storia dell’Italia repubblicana e in grado di limitare pesantemente i diritti fondamentali, il Governo ha ritenuto preferibile affiancare allo strumento delle ordinanze extra ordinem del Capo della Protezione civile e del Commissario straordinario provvedimenti emessi sulla base di presupposti ben definiti con fonte primaria, adottando i già citati decreti-legge nn. 6 e 19183. In base ad essi possono essere assunte, “secondo principi di adeguatezza e 180 La delibera del Consiglio dei Ministri è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 1 febbraio 2020, n. 26. Per un suo commento, non privo di rilievi critici, v. G.P. DOLSO, Coronavirus: nota sulla dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario, in questa Rivista, 1/2020. 181 I principi generali dell’ordinamento comprendono i principi costituzionali e i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico (Cons. Stato, Sez. IV, 28 ottobre 2011, n. 5799). Questi ultimi – al cui interno devono essere ricompresi anche i principi derivanti dal diritto europeo, ossia quelli rinvenibili nelle disposizioni dell’UE o nelle pronunce della Corte di Giustizia (Cons. Stato, Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2915) – possono essere ricavati dalla ratio di complessi normativi, comuni all'intero diritto statale, attraverso un procedimento induttivo dal generale al particolare (così TAR Campania - Salerno, 25 maggio 1987, n. 182). In dottrina v., tra gli altri, V. ANGIOLINI, Necessità ed emergenza nel diritto pubblico, Padova, Cedam, 1986, pp. 121 ss. e 141 ss. 182 La delibera governativa stabilisce espressamente, quale limite alle ordinanze, il rispetto dei soli principi generali dell’ordinamento giuridico, mentre il Codice della protezione civile prevede anche quello delle norme dell’Unione europea. Peraltro, nella prima ordinanza adottata (3 febbraio 2020, n. 630, recante “Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili“), costituente quadro di riferimento per quelle successive, il Capo del Dipartimento della Protezione civile ha fatto riferimento anche al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Inoltre tale ordinanza, nell’art. 3, ha analiticamente indicato le principali norme a cui essa intendeva derogare, come richiesto dall’art. 25, co. 1, del Codice (ritiene invece che l’indicazione sia stata generica C. DELLA GIUSTINA, Le ordinanze extra ordinem durante l’emergenza covid-19, in questa Rivista, 2/2020, pp. 30-31, aggiungendo che una tale indicazione, “peraltro, può essere definita sia come superflua sia come difficile da attuare nelle situazioni concrete“). 183 Secondo C. PINELLI, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, in Astrid Rassegna, 5/2020, p. 7, “che disposizioni simili siano state adottate con decreto-legge, riflette proprio l’esigenza di fare ricorso a una fonte più elevata e perciò meno controversa delle ordinanze ministeriali d’urgenza”. Per M. CAVINO, Covid-19. Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, in Federalismi.it, Osservatorio Emergenza Covid-19, 18 marzo 2020, p. 4, l’adozione dei decreti-legge ha segnato la scelta di una “terza via”, rispetto all’uso della normativa sulla protezione civile o di quella in materia di sanità pubblica, mentre altri autori concentrano la loro attenzione soltanto sui decreti-legge, quale fondamento delle misure emergenziali, sminuendo o trascurando il ruolo del Codice e della L. n. 833: v., ad es., U. ALLEGRETTI, Il trattamento ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 48 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso”, una o più tra svariate misure (elencate abbastanza precisamente in 29 punti, spesso contenenti ognuno più misure) “per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020” (art. 1 D.L. 25 marzo 2020, n. 19) [corsivi aggiunti]. Tali misure, però, non sono direttamente adottate dai decreti-legge, ma (ancora) mediante ordinanze contingibili ed urgenti – che, poi, possono assumere diverse forme, tra cui quella del DPCM – le quali, come è stato rilevato, risultano “non solo, ragionando di fonti, il più agile strumento di governo della crisi, ma anche il più conforme al principio di proporzionalità, giacché capace di raggiungere gli effetti desiderati con un grado di afflittività tarato sulle esigenze contingenti, salvaguardando quanto più possibile i diritti fondamentali, nella loro duplice proiezione individuale e sociale-relazionale”184. Così, le misure in parola “sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri" (che, per il Codice, è autorità nazionale di protezione civile), “su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale”185, e sentito, di norma, il Comitato tecnico scientifico istituito per l’emergenza [corsivi aggiunti]. “In casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute, le misure … possono essere adottate dal Ministro della Salute ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dell’epidemia di “coronavirus” come problema costituzionale e amministrativo, in Forum di Quaderni costituzionali, 25 marzo 2020, pp. 2 ss.; G. BOGGERO, Le “more” dell’adozione dei dpcm sono “ghiotte” per le Regioni. Prime osservazioni sull’intreccio di poteri normativi tra Stato e Regioni in tema di Covid-19, in Dirittiregionali.it, 1/2020, Forum su La gestione dell’emergenza sanitaria tra Stato, Regioni ed enti locali,p. 2; A. CANDIDO, Poteri normativi del Governo e libertà di circolazione al tempo del COVID-19, in Forum di Quaderni costituzionali, 10 marzo 2020, p. 6; G. TROPEA, Il Covid-19, lo Stato di diritto, la pietas di Enea, in Federalismi.it, Osservatorio Emergenza Covid-19, 18 marzo 2020, pp. 10 ss.; L.A. MAZZAROLLI, “Riserva di legge” e “principio di legalità” in tempo di emergenza nazionale. Di un parlamentarismo che non regge e cede il passo a una sorta di presidenzialismo extra ordinem, con ovvio, conseguente strapotere delle pp.aa. La reiterata e prolungata violazione degli artt. 16, 70 ss., 77 Cost., per tacer d’altri, in Federalismi.it, Osservatorio Emergenza Covid-19, 23 marzo 2020, pp. 12-13. 184 L. DELL’ATTI, G. NAGLIERI, Le fonti della crisi. Fra esigenze unitarie e garanzie costituzionali nel governo dell’emergenza da covid-19, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, Instant Forum Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus, 11 marzo 2020, pp. 2-3). Certo, come notano ancora i due autori, “la circostanza che, in una situazione contingibile, il decreto-legge venga adottato con la funzione prevalente di disporre un fondamento legale del potere di decretazione del Presidente del Consiglio, piuttosto che come strumento di gestione dell’emergenza tout-court, corrobora la tesi della progressiva «normalizzazione» della sua natura” originariamente eccezionale. 185 Il coordinamento tra Stato e Regioni è dunque affidato allo strumento del mero parere espresso da parte dei Presidenti regionali (o del Presidente della loro Conferenza), configurando così una leale collaborazione “debole”, capace di garantire comunque il coinvolgimento delle Regioni senza però rallentare un iter che dev’essere rapido e snello (cfr. G. DI COSIMO, G. MENEGUS, La gestione dell’emergenza coronavirus tra stato e regioni: il caso Marche, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, Instant Forum Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus, 16 marzo 2020, p. 2; G.P. DOLSO, op. cit., p. 12, che, pur condividendo tale approccio, manifesta un certo stupore per la diversità di disciplina rispetto a quella prevista dal Codice della protezione civile, che richiede l’intesa delle Regioni). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 49 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ dicembre 1978, n. 833”, con efficacia limitata fino al momento dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio (art. 2 D.L. n. 19 cit.)186. Anche le Regioni possono adottare una o più misure aggiuntive, tra quelle previste dai decreti-legge, ma solo “nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri … e con efficacia limitata fino a tale momento, … in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, … esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale” (art. 3, co. 1, D.L. n. 19 cit.). Pure i Sindaci possono adottare ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza nei rispettivi Comuni, purché non siano in contrasto con le misure statali, né eccedano i limiti di oggetto fissati dai citati decreti-legge (altrimenti tali ordinanze sono inefficaci) (art. 3, co. 2, D.L. n. 19 cit.). I poteri di intervento degli enti territoriali sono quindi ammessi entro limiti rigorosi, che “si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente” (art. 3, co. 3, D.L. n. 19 cit.)187: infatti, riconoscono alle Regioni ed ai Comuni significativi poteri di questo tipo, in particolare, la L. n. 833 del 1978, il Codice della protezione civile, nonché il TUEL e il D.Lgs. n. 112 del 1998. L’art. 32 della L. n. 833 del 1978 dispone che, nelle materie di cui al secondo comma (cioè “in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria”), “sono emesse dal presidente della giunta regionale o dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale” (co. 3°)188. Il Testo unico degli enti locali, all’art. 50, co. 5 – al pari dell’art. 117 del D.Lgs. n. 112 del 1998 – prevede che “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale189 ... Negli altri casi l'adozione dei 186 Il D.L. n. 19 del 2020 pare, dunque, aver derogato implicitamente alla L. n. 833 del 1978, riducendo i margini d’intervento del Ministro della Salute, le cui ordinanze dovrebbero ora costituire provvedimenti non più a competenza generale (sia pure ai fini circoscritti della tutela della vita e dell’integrità fisica delle persone, nonché degli animali nell’ambito della sanità veterinaria) ma riferiti a situazioni sopravvenute e destinati ad essere riassorbiti dai successivi DPCM (cfr. M. LUCIANI, op. cit., pp. 128-129). 187 Circa i limiti previsti per le ordinanze regionali e locali dal precedente D.L. n. 6, v. infra il par. 4. 188 Al fine di evitare la proliferazione di provvedimenti regionali divergenti, il Ministro della Salute, nel periodo immediatamente successivo all’emanazione del primo decreto-legge (il n. 6 del 23 febbraio 2020), ha adottato varie ordinanze previa intesa con i Presidenti di diverse Regioni (Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia) ed ha definito, con proprio decreto del 26 febbraio, un modello da seguire per l’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti ad opera dei Presidenti delle Regioni “non interessate dal cluster”, sulle quali – se rispettose dello schema – si intendeva resa, con il decreto, l’intesa del Ministro stesso. Tale DM è quindi configurabile come un atto di indirizzo e coordinamento (benché, in materia di tutela della salute, la Corte costituzionale ne abbia escluso l’adottabilità con sent. n. 329/2003), comunque meno irrispettoso dell’autonomia regionale di quanto sarebbe potuto accadere, dato che l’art. 32 della L. 833 del 1978 consentiva al Ministro anche di emanare direttamente una propria ordinanza, con efficacia estesa ad una parte soltanto del territorio nazionale comprendente più Regioni. “La vicenda in commento è, insomma, dimostrativa di come, in presenza di esigenze uniformanti, la leale collaborazione si [possa] atteggi[are] o a collante fra uniformità e differenziazione – nel senso che, negli organi e con le procedure cooperativi, centro e periferia ponderano e condividono le misure unitarie da adottare – oppure a simulacro del rispetto dell’autonomia costituzionale delle Regioni, con moduli collaborativi più formali che sostanziali (Carrozza 1989), come pare essere avvenuto in questo caso “ (come rilevato da L. DELL’ATTI, G. NAGLIERI, op. cit., pp. 5-6). 189 Il comma 5 aggiunge che “Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 50 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali”. Il Codice della protezione civile, a sua volta, dispone che sono autorità di protezione civile “i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in qualità di autorità territoriali di protezione civile e in base alla potestà legislativa attribuita, limitatamente alle articolazioni appartenenti o dipendenti dalle rispettive amministrazioni” (art. 3, co. 1, lett. b), e “i Sindaci e i Sindaci metropolitani, in qualità di autorità territoriali di protezione civile limitatamente alle articolazioni appartenenti o dipendenti dalle rispettive amministrazioni” (art. 3, co. 1, lett. c). Inoltre, “le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nell’esercizio della propria potestà legislativa, definiscono provvedimenti con finalità analoghe a quanto previsto dal presente articolo [si tratta delle ordinanze di protezione civile] in relazione alle emergenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b), da adottarsi in deroga alle disposizioni legislative regionali vigenti, nei limiti e con le modalità indicati nei provvedimenti di cui all’articolo 24, comma 7” (art. 25, co. 11). Tra l’altro, secondo la giurisprudenza costituzionale, le leggi regionali possono anche stabilire limitazioni alla libertà di circolazione, poiché l’art. 16 della Costituzione non contiene una riserva di legge statale (sentt. n. 51/1991 e n. 264/1996). In ogni caso, limitazioni del genere potranno essere previste a condizione che risultino necessarie per garantire interessi pubblici corrispondenti alle competenze delle Regioni: ove, come nella situazione odierna, tali interessi ineriscano alla tutela della salute ed alla protezione civile, su cui le Regioni hanno competenza concorrente, le leggi – e, a cascata, le ordinanze – regionali dovranno rispettare la normativa statale di principio, dove normalmente si troverà il conferimento del potere limitativo (ad esempio il potere di fermare i trasporti pubblici o di impedire l’accesso agli esercizi commerciali). Sulla base, dunque, del complesso delle disposizioni legislative indicate 190, sono stati adottati, come già evidenziato, moltissimi provvedimenti, statali, regionali e locali: in primo luogo DPCM, poi ordinanze, decreti e circolari ministeriali, ordinanze regionali e locali – non sempre coerenti con i fondamenti anzidetti – ma anche ordinanze del Capo della Protezione civile e del Commissario straordinario per il contrasto dell’emergenza. tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche”. Il successivo art. 54, co. 4, prevede, poi, che “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione ”. Peraltro, il co. 4-bis precisa che “I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l'incolumità pubblica sono diretti a tutelare l'integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti”. 190 La legittimazione dei DPCM e delle ordinanze, infatti, si fonda sul combinato disposto delle norme generali del Codice della protezione civile – che conferiscono il potere di ordinanza in via principale al Presidente del Consiglio, il quale “può” avvalersi del Capo del Dipartimento o di Commissari straordinari – e di quelle speciali dei decreti-legge succedutisi in questo periodo (cfr., per tutti, M. LUCIANI, op. cit., p. 123; E. RAFFIOTTA, Sulla legittimità dei provvedimenti del Governo, cit., pp. 7-8; R. CHERCHI, A. DEFFENU, op. cit., pp. 655-656; A. MORELLI, Il Re del Piccolo Principe ai tempi del Coronavirus. Qualche riflessione su ordine istituzionale e principio di ragionevolezza nello stato di emergenza, in Dirittiregionali.it, 1/2020, Forum su La gestione dell’emergenza sanitaria tra Stato, Regioni ed enti locali, pp. 524-525). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 51 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Soprattutto queste ultime si fondano espressamente sul Codice della protezione civile, ma ovviamente tengono conto anche dei decreti-legge sopra menzionati, mentre le ordinanze del Ministro della Salute nonché quelle regionali e locali fanno esplicito riferimento all’art. 32 L. n. 833 del 1978 e all’art. 117 D.Lgs. n. 112 del 1998 (nonché talora, meno appropriatamente, al TUEL). Come pure altri commentatori hanno notato191, dalla loro semplice lettura risulta evidente che le ordinanze di protezione civile fin qui adottate sono intervenute per finalità connesse all’emergenza e per rispondere ad impellenti esigenze organizzative e di supporto. Pertanto, il loro utilizzo appare conforme alle basi legislative sopra indicate, così come – prescindendo dalla (pur necessaria) valutazione della loro “adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente” [corsivi aggiunti] – quello dei DPCM e di (forse non tutte) le ordinanze e circolari ministeriali, mentre non pochi dubbi suscitano numerose ordinanze regionali e locali (come si illustrerà meglio nei par. 4 e 5). 3. LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E AMMINISTRATIVA IN MATERIA. Il fondamento dei provvedimenti anzidetti sulle fonti legislative sopra ricordate risulta conforme alla Costituzione, che tutela – in modo presupposto ma talora anche espresso192 – l’essenziale interesse alla conservazione dell’ordinamento (in senso ampio). Poiché tuttavia la Carta fondamentale non disciplina specificamente le competenze e le procedure al riguardo, deve ritenersi che la legittimazione a disciplinare l’adozione delle misure necessarie s’indirizzi alla legge e non direttamente all’Esecutivo193. A sgombrare ogni dubbio circa il potere delle fonti primarie di conferire ad autorità amministrative la facoltà di adottare atti di questo tipo, vi è una consolidata giurisprudenza costituzionale, oltre che amministrativa, secondo cui quegli atti e quel potere trovano fondamento nel principio di legalità (v., in particolare, Corte cost., sent. n. 115/2011). Perciò il loro limite non si rinviene nelle fonti primarie, cui possono derogare, ma nei principi dell’ordinamento giuridico e nelle norme costituzionali. Così provvedimenti analoghi, già in passato (quando, peraltro, non assunsero mai carattere così incisivo e diffuso), sono stati ritenuti ammissibili dalla Consulta, sia pure a precise condizioni dato che il principio di legalità, nel nostro ordinamento, va inteso non solo in senso formale, ma anche sostanziale (v., da ultimo, la sent. n. 191 Cfr., ad esempio, R. CHERCHI, A. DEFFENU, op. cit., p. 650; M. LUCIANI, op. cit., pp. 124-125 e 128. Naturalmente possono rimanere dubbi relativi allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente in quanto tale. 192 Ad esempio, per M. LUCIANI, op. cit., p. 113, riferimenti espliciti in tal senso si trovano "nella previsione dell’indivisibilità (art. 5) e dell’unità (art. 87) della Repubblica, ma anche in quella dell’intangibilità dei princìpi supremi del vigente ordine costituzionale, quali argini alla negoziazione pattizia, alla revisione costituzionale, al diritto sovranazionale e al diritto internazionale (artt. 7, 10, 11 e 139)"; per G. DE MINICO, op. cit., p. 38 si rinvengono anche e soprattutto nell’art. 120, co. 2°, Cost. e nel suo riferimento al “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”; per F. CINTIOLI, Sul regime del lockdown in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020), in Federalismi.it, Osservatorio Emergenza Covid-19, 6 aprile 2020, spec. pp. 4 e 8 ss. si trovano nell’art. 77 e nell’art. 78 Cost. (il quale ultimo però – occorre dire – contempla una fattispecie del tutto diversa qual è la guerra); per M. CALAMO SPECCHIA, Principio di legalità e stato di necessità al tempo del “COVID-19”, in Osservatorio AIC, 3/2020, 28 aprile 2020, p. 8, negli artt. 5, 11, 16, 17, 32, 77 e 120 Cost., che riassumono il fondamento della salus Rei publicae. 193 Cfr. M. LUCIANI, op. cit., p. 114; contra A. CARDONE, op. cit., p. 400. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 52 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ 195/2019, ma già prima, e nella materia che qui interessa, la citata sent. n. 115/2011194). Invero, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che “il potere di ordinanza è un «potere atipico» che deroga, in parte, al principio di legalità sostanziale, nel senso che il legislatore si limita a «nominare» il provvedimento da adottare, prevedendo generali presupposti legittimanti, quali la necessità e l’urgenza, e demandando, per la definizione del suo contenuto, al potere determinativo della stessa amministrazione. Tale deroga si giustifica, sul piano costituzionale, all’esito di un complessivo bilanciamento degli interessi e dei valori, in ragione dell’esigenza di assicurare la cura concreta ed immediata di taluni interessi ritenuti prevalenti che richiedono un intervento immediato ed urgente che, in quanto tale, non sarebbe compatibile con una rigida predeterminazione legale del contenuto dell’atto da adottare”195. Ma, senza spingersi così in là, la Corte costituzionale ha precisato che è comunque “conforme a Costituzione la possibilità che alle autorità amministrative siano affidati i poteri di emissione di provvedimenti diretti ad una generalità di cittadini, emanati per motivi di necessità e di urgenza, con una specifica autorizzazione legislativa che però, anche se non risulti disciplinato il contenuto dell’atto (che rimane, quindi, a contenuto libero), indichi il presupposto, la materia, le finalità dell’intervento e l’autorità legittimata” (sent. n. 617/1987). Perciò, alla luce della complessiva giurisprudenza della Consulta196: a) bisogna innanzitutto che ci sia da parte del Governo una dichiarazione formale dello stato d’emergenza, per un periodo di tempo delimitato (sent. n. 83/2010), il che è avvenuto il 31 gennaio scorso 197; b) “ci deve essere una specifica autorizzazione legislativa che, anche senza disciplinare il contenuto dell'atto (questo in tal senso può considerarsi libero), indichi il presupposto, la materia, le finalità dell'intervento e l'autorità legittimata” (sent. n. 201/1987), il che si può rinvenire negli artt. 7 e 24 del Codice della protezione civile (che identificano i presupposti della dichiarazione dello stato di emergenza), nell’art. 25, co. 2, dello stesso Codice (che fornisce alcune indicazioni essenziali sui possibili 194 La quale ha sottolineato che i provvedimenti in questione devono essere autenticamente extra ordinem: infatti “non è consentito alle ordinanze sindacali «ordinarie» ... di derogare a norme legislative vigenti, come invece è possibile nel caso di provvedimenti che si fondino sul presupposto dell’urgenza e a condizione della temporaneità dei loro effetti”. Sulla necessità di rispettare, anche nella presente situazione, il principio di legalità (rule of law) si è espresso anche il Segretario Generale del Consiglio d’Europa, adottando il documento Respecting democracy, rule of law and human rights in the framework of the COVID-19 sanitary crisis. A toolkit for member states, Information Documents SG/Inf(2020)11, 7 April 2020, in www.coe.int: “2.1. The principle of legality. Even in an emergency situation the rule of law must prevail. … 5 It is a fundamental principle of the rule of law that state action must be in accordance with the law. 6 The «law» this context includes not only acts of Parliament but also, for example, emergency decrees of the executive, provided that they have a constitutional basis”. 195 Così, da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2019, n. 953. 196 In particolare, le sentt. n. 246/2019, n. 44/2019, n. 83/2010, n. 127/1995, n. 418/1992, n. 201/1987, n. 4/1977, n. 26/1961, n. 8/1956. Per una ricognizione della giurisprudenza amministrativa v. E.C. RAFFIOTTA, Norme d’ordinanza. Contributo a una teoria delle ordinanze emergenziali come fonti normative, Bologna, BUP, 2019, pp. 68 ss. 197 La declaratoria dello stato di emergenza – che, nel caso di specie, si fonda sulla dichiarazione dello stato di emergenza internazionale fatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il giorno precedente (senza considerare i dati epidemiologici all’epoca già disponibili) – deve avvenire “sulla base dei dati e delle informazioni disponibili”, che devono dimostrare la sussistenza dei “requisiti di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c)” del Codice. Essa non si sottrae al controllo giurisdizionale, come riconosciuto dalla Corte costituzionale: “la stessa dichiarazione dello stato di emergenza può avvenire solo in presenza dei presupposti legislativamente previsti .... L’atto amministrativo a carattere generale, che funge da presupposto per l’applicabilità delle sanzioni penali previste dalle norme censurate, è pertanto esso stesso suscettibile di valutazione, sotto il profilo della legittimit à, da parte dei giudici ordinari e di quelli amministrativi, nell’ambito delle rispettive competenze” (sent. n. 83/2010). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 53 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ contenuti delle ordinanze susseguenti), negli artt. 32 della L. n. 833 del 1978 e 117 del D.Lgs. n. 112 del 1998 e, soprattutto, nei decreti-legge succedutisi in questi mesi (che precisano ulteriormente tali possibili contenuti, fornendo un lungo elenco degli interventi ammessi: v. l’art. 1, co. 2, D.L. n. 6 e l’art. 1, co. 2, D.L. n. 19); c) i provvedimenti emergenziali devono rispettare i principi generali dell’ordinamento giuridico e le norme dell’Unione europea (sent. n. 44/2019); d) il potere di ordinanza non può incidere “su settori dell’ordinamento menzionati con approssimatività, senza che sia specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensione” (sent. n. 127/1995); e) i provvedimenti adottati devono essere provvisori: non devono stabilire nuove regole né abrogare quelle esistenti, ma possono soltanto derogare a queste ultime per un lasso di tempo delimitato, anche se – per quel periodo – disciplinano alcune fattispecie in modo diverso (senza produrre, comunque, i medesimi effetti dell’abrogazione) (sentt. n. 127/1995, n. 201/1987, n. 4/1977, n. 26/1961)198; f) occorre proporzionalità fra la singola regola di condotta prescritta da tali atti e l’evento da fronteggiare (sentt. n. 201/1987 e n. 4/1977)199; g) tali provvedimenti devono, poi, essere adeguatamente motivati ed essere pubblicati (sent. n. 26/1961); h) infine, essi sono impugnabili. Non avendo valore di legge200, non possono essere sottoposti al sindacato della Corte costituzionale, ma possono essere impugnati, secondo le ordinarie regole processuali, davanti al giudice amministrativo (che può anche sospenderne l’efficacia in via cautelare) e forse anche davanti a quello ordinario, laddove ledano direttamente diritti soggettivi201. 198 Ciò in quanto “alla fonte primaria «intermediaria», a sua volta, non è consentito conferire a quei provvedimenti la medesima forza della legge, perché della forza di una fonte può disporre solo la fonte sovraordinata” (M. LUCIANI, op. cit., p. 114). Cfr. anche V. CRISAFULLI, op. cit., p. 194 (per il quale la deroga che “abbia carattere temporaneo” è sospensione, non abrogazione parziale) e S.M. CICCONETTI, Le fonti del diritto italiano, Torino, Giappichelli, 2019, p. 66. Riconosce invece forza di legge alle fonti extraordinem F. MODUGNO, Le fonti del diritto, in ID. (a cura di), Diritto pubblico, Torino, Giappichelli, 2017, pp. 191-192. Va anche segnalato che, poiché non è consentito alla fonte legittimata di derogare alla fonte legittimante, i provvedimenti in parola non possono disporre in difformità rispetto agli specifici decreti-legge od al Codice della protezione civile che li hanno abilitati a disciplinare il contrasto dell’emergenza. Definitivi, peraltro, possono risultare gli effetti concretamente determinati dalla deroga pur temporanea, ma questa è cosa del tutto diversa. 199 Così, la giurisprudenza amministrativa ha precisato che le ordinanze di protezione civile, “pur nella puntuale disciplina di legge, rientrano nell’ampio genus delle ordinanze di necessità e urgenza e debbono pertanto rispettarne i parametri di legittimit à: per cui, al fine di circoscrivere per quanto possibile la deroga, vanno anche puntualmente motivate quanto a proporzione tra la deroga e la situazione di fatto che la impone, e debbono dimostrare che la deroga è effettivamente limitata, nel tempo e nello spazio, allo stretto indispensabile a far fronte alla situazione di necessità e urgenza da cui scaturisce (tra le varie, Cons. Stato, Sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3726)” (così Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 701). 200 Infatti, la Corte costituzionale nega che le ordinanze derogatorie della legge abbiano, per ciò solo, forza di legge (v., in particolare, le sentt. n. 8/1956 e n. 4/1977). D’altra parte, non paiono nemmeno di natura regolamentare, pur trattandosi di atti normativi (M. LUCIANI, op. cit., p. 121-122; E.C. RAFFIOTTA, Norme d’ordinanza, cit., spec. pp. 249 ss.). Non manca chi, invece, le considera – per lo meno con riferimento ai provvedimenti previsti dai D.L. nn. 6 e 19 del 2020 – atti amministrativi tipici di carattere temporaneo, anche perché non è espressamente prevista la loro capacità di derogare ad ogni disposizione vigente, pur nel rispetto della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento: il che si spiegherebbe proprio per il loro carattere esecutivo, essendo espressione almeno in parte di discrezionalità tecnica (R. CHERCHI, A. DEFFENU, op. cit., pp. 654-655; conf., più in generale, F. SORRENTINO, Le fonti del diritto italiano, Padova, Cedam, 2009, pp. 303 ss.). 201 Infatti, è vero che, in base all’art. 133, co. 1, lett. p) e q), del Codice del processo amministrativo, “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: … le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225” (riferimento da intendersi oggi agli articoli 24, 25 e 26 del d.lgs n. 1/2018, ai sensi dell’art. 47, co. 1, lett. i dello stesso Codice della Protezione civile), mentre ai sensi dell’art. 25, co. 9, del Codice della protezione civile “la tutela ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 54 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Gli atti adottati ai sensi dei D.L. nn. 6 e 19 – diversamente dalle ordinanze emanate ai sensi del Codice della protezione civile (ma non dai provvedimenti attuativi delle ordinanze stesse202) – sono inoltre sottoposti al controllo preventivo della Corte dei Conti, entro termini dimezzati, rimanendo comunque provvisoriamente efficaci, esecutori ed esecutivi durante lo svolgimento del controllo. Inoltre “l’emergenza non legittima il sacrificio illimitato dell'autonomia regionale”: “l'esercizio del potere di ordinanza deve quindi risultare circoscritto per non compromettere il nucleo essenziale delle attribuzioni regionali” (Corte cost., sent. n. 127/1995). Sotto altro profilo, i provvedimenti emergenziali devono basarsi su precisi dati ed evidenze scientifici (tenendo conto “del loro raggiunto grado di condivisione a livello sovranazionale”: sent. n. 84/2016)203, come richiesto anche alle fonti primarie: infatti la c.d. “ragionevolezza scientifica” rappresenta ormai una dimensione ulteriore – non limitata al contesto sanitario – del controllo di ragionevolezza delle leggi204. In proposito, la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale riconosce, da un lato, l’autonomia della scienza medica e delle professioni chiamate ad applicarla e, dall’altro, il potere di regolamentazione del legislatore (e – si deve ritenere – anche di chi detta la disciplina contingibile nelle fasi di emergenza), che tuttavia non dispone di una piena discrezionalità politica, ma è tenuto a misurarsi con lo stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali, oltre che con le sensibilità etiche presenti nella società205. “La legge n. 225 [confluita oggi nel Codice della protezione civile] si fa carico di siffatte esigenze”, ma “nell'ipotesi di dubbi applicativi, la legge sulla protezione civile deve essere comunque interpretata secundum ordinem in modo da scongiurare qualsiasi pericolo di alterazione del sistema delle fonti, riconducendo l'attività del commissario delegato e il potere di ordinanza ai principi già richiamati” (sent. n. 127/1995). 4. I MARGINI DI INTERVENTO REGIONALE E LOCALE. giurisdizionale davanti al giudice amministrativo avverso le ordinanze di protezione civile e i consequenziali provvedimenti commissariali nonché avverso gli atti, i provvedimenti e le ordinanze emanati ai sensi del presente articolo è disciplinata dal codice del processo amministrativo”. Tuttavia, riguardo ai DPCM e alle ordinanze ministeriali, regionali e locali che adottano misure di contenimento ai sensi dei D.L. nn. 6 e 19 del 2020 (e che presentano varie peculiarità rispetto alle ordinanze di protezione civile, ad esempio circa la soggezione al controllo della Corte dei Conti) è dubbio che si possa procedere ad una applicazione estensiva o analogica degli artt. 133 e 25 cit., i quali prevedono ipotesi tassative di giurisdizione esclusiva, per cui il riparto di giurisdizione potrebbe essere affrontato secondo i principi generali del rapporto tra interesse legittimo e diritto soggettivo e la declinazione dell’art. 7 del Codice del processo amministrativo. 202 V., da un lato, l’art. 2, co, 4, D.L. n. 19 oggi vigente e, dall’altro, l’art. 25, rispettivamente co. 3 e co. 6, ult. periodo, del Codice cit. 203 Sull’utilizzo dei dati scientifici nella fase emergenziale in oggetto, v. L. DEL CORONA, Le decisioni pubbliche ai tempi del coronavirus: tra fondatezza scientifica, principio di precauzione e tutela dei diritti, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, Instant Forum Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus, 18 marzo 2020. 204 Su cui v., tra gli altri, S. PENASA, Il dato scientifico nella giurisprudenza della Corte costituzionale: la ragionevolezza scientifica come sintesi tra dimensione scientifica e dimensione assiologica, in Politica del diritto, 2/2015, pp. 271 ss. 205 Cfr., ex plurimis, sentt. n. 114 del 1998 e n. 282 del 2002, nonché nn. 185 del 1998, 121 del 1999 e 188 del 2000 sul trattamento Di Bella, nn. 151 del 2009, 8 del 2011 e 162 del 2014 in materia di fecondazione assistita, n. 5 del 2018 in tema di vaccinazioni obbligatorie. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 55 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Nella fase di emergenza che stiamo vivendo, la ripartizione delle competenze per il contrasto all’epidemia fra lo Stato e gli enti territoriali e il coordinamento dei rispettivi interventi sono apparsi uno degli aspetti più problematici 206, tanto che è sembrato che, in più d’un caso, il Governo abbia irrigidito le misure precedentemente adottate proprio per prevenire le fughe in avanti delle autorità regionali e locali, e non esporsi alla critica di essere stato troppo esitante207. Sul tema, la giurisprudenza costituzionale, pur evidenziando che “in caso di calamità di ampia portata, riconosciuta con la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, è possibile la chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative mediante la loro allocazione a livello statale” (sent. n. 246/2019) 208, ha rilevato che “anche in situazioni di emergenza la Regione non è comunque estranea, «giacché, nell’ambito dell’organizzazione policentrica della protezione civile, occorre che essa stessa fornisca l’intesa per la deliberazione del Governo e, dunque, cooperi in collaborazione leale e solidaristica» (sentenza n. 8 del 2016)”, alla luce di un principio di “coinvolgimento delle Regioni [che] è previsto in generale dal codice della protezione civile del 2018” (sent. n. 246/2019, cit.). Ha poi osservato che gli interventi di protezione civile da parte delle Regioni “possono essere effettuati anche in deroga alle disposizioni vigenti, secondo le prescrizioni di volta in volta stabilite dalle ordinanze di protezione civile, nei limiti e con le modalità indicate dallo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea, in ragione di quanto previsto dall’abrogato art. 5 della legge n. 225 del 1992 e attualmente dall’art. 25 del d.lgs. n. 1 del 2018”, con la conseguenza che le Regioni sono abilitate alla “deroga alla disciplina statale”, ancorché sulla scorta di “altre disposizioni statali” (sent. n. 44/2019). L’intervento dello Stato rimane però essenziale, alla luce “di un principio fondamentale della materia della protezione civile, che assume una valenza particolarmente pregnante quando sussistano ragioni di urgenza che giustifichino un intervento unitario da parte dello Stato (sentenza n. 284 del 2006)” (sent. n. 277/2008). E ciò esclude che “il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale”(sent. n. 82/2006; conf. sent. n. 284/2006). Dunque, pur in presenza di una struttura policentrica della protezione civile, le funzioni statali hanno un rilievo preminente, collegandosi a imprescindibili esigenze unitarie. 206 Al riguardo cfr., ex plurimis, F. SEVERA, Sui raccordi tra livelli di Governo in tempi di emergenza, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, Instant Forum Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus, 28 marzo 2020; V. BALDINI, Riflessioni sparse sul caso (o sul caos….) normativo al tempo dell’emergenza costituzionale, in Dirittifondamentali.it, 1/2020, sub Emergenza sanitaria e diritti fondamentali, 2 aprile 2020, p. 985. 207 Nella generalità dei casi, i divieti imposti ai singoli cittadini dalle diverse ordinanze regionali e locali sono risultati abbastanza omogenei tra i singoli territori, anche se sono state aggiunte specificazioni puntuali, non sempre coincidenti, circa gli orari di apertura e chiusura dei negozi e supermercati , lo svolgimento di attività motoria, i divieti di assembramenti in luoghi pubblici quali parchi e giardini, l’uso di mascherine, ecc. In alcuni provvedimenti, però, sono state introdotte restrizioni (o, più raramente, esenzioni) ben più sostanziali, in particolare divieti di ingresso nel territorio regionale ovvero di accesso a luoghi di lavoro (come gli studi professionali). Una raccolta dei provvedimenti regionali e locali, ma anche di quelli nazionali, è effettuata da Astrid online e reperibile in www.astrid-online.it/dossier/emergenza-sanitaria-sistema-delle-fonti-privacy/raccolta-atti-emergenza-covid-19/index.html. 208 In particolare, nelle materie di competenza concorrente possono essere attratte funzioni amministrative a livello centrale allo scopo di individuare norme di natura tecnica che esigono scelte omogenee su tutto il territorio nazionale (sent. n. 284/2016). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 56 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Pertanto – pur se, nel caso di specie, il Governo non ha attratto in sussidiarietà a livello statale le funzioni amministrative regionali in materia di tutela della salute e di protezione civile – pare da escludere che le ordinanze delle Regioni, finché perdura un’emergenza di carattere nazionale, possano sovrapporsi o derogare in senso meno restrittivo a quelle statali209. Anche perché non sembra irragionevole che il contenimento dell’epidemia debba avvenire con modalità analoghe su tutto il territorio nazionale, salvo esigenze del tutto peculiari eventualmente presenti in alcuni specifici territori, considerata la – almeno potenzialmente – simile capacità di contagio del virus al Sud come al Nord, al di là della sua (diversa) concreta diffusione 210. E ciò sembra valere anche per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome211. Più dubbio è se le Regioni possano introdurre deroghe per assicurare un più elevato livello di protezione del diritto alla salute nell’ambito territoriale di loro pertinenza. In una importante pronuncia in materia di emissioni elettromagnetiche (sent. n. 307/2003), la Corte costituzionale rilevò alcuni anni fa che “la logica della legge [statale] è quella di affidare allo Stato la fissazione delle «soglie» di esposizione ..., alle Regioni la disciplina dell’uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti ...”. Se il problema “consistesse esclusivamente nella tutela della salute dai rischi dell’inquinamento elettromagnetico, potrebbe invero essere lecito considerare ammissibile un intervento delle Regioni che stabilisse limiti più rigorosi rispetto a quelli fissati dallo Stato”, ma così non è: perciò “la fissazione a livello nazionale dei 209 In tal senso si sono pronunciati anche i tribunali amministrativi di Lombardia e Calabria. Il TAR Lombardia – Milano, Pres. I Sez., decreto 23 aprile 2020, n. 634, in questa Rivista, ha sospeso in via cautelare l’ordinanza della Regione Lombardia 11 aprile 2020, n. 528 nella parte in cui consentiva la consegna di prodotti a domicilio da parte degli operatori commerciali al dettaglio di tutte le categorie merceologiche, anche se non comprese nell’allegato 1 del D.P.C.M. del 10 aprile 2020. Infatti, l’ordinanza regionale ampliava, anziché restringere, le attività consentite, incidendo sul diritto alla salute dei lavoratori e contravvenendo al dettato dell’art. 3, co. 1, del d.l. 19 del 2020, che autorizzava le Regioni ad introdurre misure ulteriormente restrittive tra quelle di cui all’articolo 1, co. 2, al fine di fronteggiare specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio, comunque senza incidere sulle attività produttive e su quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale. Il TAR Calabria Catanzaro, I Sez., sentenza 9 maggio 2020, n. 841, in questa Rivista, con pronuncia di merito in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del Codice del processo amministrativo ha annullato l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria 29 aprile 2020, n. 37, nella parte in cui disponeva che sul territorio regionale fosse «consentita la ripresa delle attività di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto». “Spetta infatti al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus COVID-19, mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’art. 3, comma 1 d.l. n. 19 del 2020, che valgono, ai sensi del successivo terzo comma, per tutti gli «atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente»”, per cui l’ordinanza in oggetto non poteva trovare fondamento nell’art. 32 della L. n. 833 del 1978, come sostenuto dalla Regione. 210 In tal senso v. anche TAR Calabria - Catanzaro, sent. n. 841/2020, cit., che sottolinea come sia “ormai fatto notorio che il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l’efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale, nonché l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate (si pensi, in proposito, alla diminuzione delle limitazioni alla circolazione extraregionale). … Un tale modus operandi [quello previsto dai decreti-legge e dai DPCM] appare senza dubbio coerente con il principio di precauzione, che deve guidare l’operato dei poteri pubblici in un contesto di emergenza sanitaria”. 211 Nei cui confronti la Corte costituzionale ha già riconosciuto in passato la facoltà dello Stato di adottare ordinanze extra ordinem: v. ad esempio la sent. n. 617/1987, rivolta alle Province autonome di Trento e Bolzano, secondo cui “la spettanza del potere [di ordinanza] allo Stato trova la sua giustificazione, oltre che nella gravità del pericolo da evitare e nell'urgenza, nella natura stessa del bene da tutelare. Trattasi, infatti, di un bene primario e di un valore assoluto costituzionalmente garantito alla collettività. … Il pericolo imminente di danno grave del bene [in quel caso dell’]ambiente, di valore assoluto primario, impone il rimedio urgente e contingibile e rende legittimo l'intervento dello Stato cui è affidata in via principale, anche se non esclusiva, la cura e la tutela di interessi che riguardano beni di tal natura e di tal valore. La residualità del potere, la specie della situazione da tutelare, la stessa natura del provvedimento, vincolato nel presupposto e nella causa, la sua durata, molto limitata nel tempo (al massimo sei mesi), fanno sì che non risulti lesa l’autonomia dell'ente regionale”. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 57 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ valori-soglia, non derogabili dalle Regioni nemmeno in senso più restrittivo, rappresenta il punto di equilibrio fra le esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle emissioni elettromagnetiche, e di realizzare impianti necessari al paese”. Non si tratta, dunque, di far valere soltanto quella “esigenza di uniformità della tutela di diritti costituzionalmente garantiti, uniformità che risulterebbe compromessa da un frazionamento istituzionale di competenze” (sent. n. 32/1991), ma di tenere complessivamente conto di tutti gli interessi in gioco su scala nazionale in un vicenda così problematica. Infatti, ancora la Corte costituzionale, nella sent. n. 85/2013 sulla vicenda Ilva, ha precisato che “tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona”. Occorre, invece, garantire “un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. La qualificazione come “primari” dei valori dell’ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto”. In ogni caso, nel tentativo di contemperare le esigenze unitarie con eventuali improcrastinabili necessità locali, l’art. 3, co. 2, del primo decreto-legge – il D.L. n. 6, poi abrogato dal D.L. n. 19 – consentiva ai Presidenti delle Regioni e ai Sindaci di esercitare il loro potere di emanare ordinanze in materia sanitaria, previsto dagli artt. 32 della L. 833 del 1978, 117 del D.Lgs. n. 112 del 1998 e 50, co. 5, del TUEL, a tre condizioni (cumulative): a) solamente “nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri”212; b) in casi di “estrema necessità e urgenza”; c) al fine di adottare “le misure di cui agli articoli 1 e 2 del decreto-legge”, fra le quali peraltro erano comprese anche “ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dei casi di cui all’articolo 1, comma 1” 213 (ma anche tali misure “ulteriori” potevano essere adottate solo “con le modalità previste dall’articolo 3, commi 1 e 2” e, quindi, pur sempre “nelle more” dei DPCM). Perdurando comunque le polemiche e la confusione, il successivo D.L. n. 19 del 2020 (che, come già detto, ha abrogato e sostituito il precedente), all’art. 3, co. 1, ha precisato che le ordinanze regionali: a) possono essere emanate solo “nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, 212 Peraltro, si è aperto un dibattito sul significato dell’espressione “nelle more”: per alcuni sarebbe stata possibile l’adozione di ordinanze anche “subito dopo” l’intervento statale, perché si sarebbe stati “nelle more” di possibili ulteriori ordinanze statali (così, ad esempio, F. CINTIOLI, op. cit., p. 14) o per la ragione che “il periodo di mora terminerà soltanto nel momento in cui l’emergenza si sarà conclusa, ossia quando sarà stato adottato l’ultimo DPCM” (G. BOGGERO, op. cit., p. 363). Nel senso, invece, che il D.L. n. 6 del 2020 “non ammette[va] ordinanze sindacali contingibili e urgenti dopo l’adozione dei DPCM”, G. TROPEA, op. cit., pp. 10 ss. e M. LUCIANI, op. cit., p. 134. 213 Al riguardo, il TAR Marche, Pres. I Sez., decreto 27 febbraio 2020, n. 56, ha affermato che “la possibilità di adottare misure «ulteriori» [anda]va, in via sistematica, riferita ad interventi che comportino un sacrificio minore delle libertà individuali, rispetto a quelli previsti dall’art. 1 del cit. D.L. n. 6”. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 58 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento”; b) sono legittimate solo da “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso”; c) possono “introdurre misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2”, ma “esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale”. Al di fuori di tale ambito, la competenza ad adottare – in casi di estrema necessità e urgenza e nelle more dei DPCM – provvedimenti per fronteggiare situazioni sopravvenute è riconosciuta al Ministro della Salute (ai sensi dell’art. 32 della L. n. 833 del 1978), mentre ai Presidenti delle Regioni spetta di dare un parere sugli schemi di DPCM, se di interesse delle proprie Regioni, ed eventualmente di proporne l’adozione (art. 2, co. 2, D.L. 19, cit.). Peraltro, per esigenze di compromesso politico-istituzionale, il D.L. n. 19 ha stabilito, all’art. 2, co. 3, che: a) “sono fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ovvero ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833”; b) “continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”; c) “le altre misure, ancora vigenti alla stessa data, continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni”. Quanto alle ordinanze sindacali – legittimate, più che dall’art. 50, co. 5, del TUEL, che è lex generalis e si riferisce ad “emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”, dall’art. 32, terzo comma, della L. n. 833 del 1978 (come lex specialis) – i decreti-legge via via emanati come “ lex specialissima” (in particolare, prima l’art. 35, co. 1, del D.L. n. 9 del 2020 e poi l’art. 3, co. 2, del D.L. n. 19 del 2020) hanno stabilito, a pena di inefficacia, che devono rispettare tutte le disposizioni statali adottate nella fase emergenziale. Pur avendo preso atto di ciò, non pochi Sindaci hanno ritenuto di poter comunque introdurre misure locali di contenimento dell’epidemia più restrittive rispetto a quelle statali e regionali, a condizione di rispettare i canoni della proporzionalità e dell’adeguatezza. Ma, ancor più che per le Regioni, sembra da escludere che essi possano operare un bilanciamento degli interessi diverso da quello fissato dal legislatore e dalle autorità statali di protezione civile 214. E soprattutto la lettera del D.L. n. 19 del 2020, mentre ammette l’introduzione in via temporanea di misure ulteriormente restrittive da parte delle Regioni, lo esclude da parte dei Sindaci: evidentemente, il legislatore statale ha ritenuto di dover vietare un eccesso di differenziazione territoriale. Come giustamente rilevato dal Consiglio di Stato 215, “in presenza di emergenze di carattere nazionale ..., pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali 214 In tal senso M. LUCIANI, op. cit., p. 136. Misure sindacali più restrittive, invece, sono in generale ammesse da A. RUGGERI, Il coronavirus contagia anche le categorie costituzionali e ne mette a dura prova la capacità di tenuta, 21 marzo 2020, in Dirittiregionali.it, 1/2020, Forum su La gestione dell’emergenza sanitaria tra Stato, Regioni ed enti locali, pp. 376-377. 215 Nel parere reso sull’annullamento governativo straordinario dell’ordinanza del Sindaco di Messina che pretendeva di sottoporre ad autorizzazione comunale l’ingresso in Sicilia attraverso il porto della città (Cons. Stato, Sez. I, Ad. 7 aprile 2020, parere n. 735, in questa Rivista). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 59 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali”. In definitiva, le ordinanze regionali, in presenza di un sopravvenuto aggravamento del rischio sanitario nel territorio, possono intervenire riguardo alle attività di competenza dell’ente che non siano state oggetto di disciplina da parte dei più generali provvedimenti statali, nel rispetto comunque del bilanciamento tra i diversi interessi costituzionali operato in sede nazionale e cedendo il passo di fronte alla specifica regolamentazione eventualmente dettata da ulteriori DPCM 216. Invece, le ordinanze sindacali possono soltanto specificare e adattare alla situazione locale le previsioni dettate dai provvedimenti statali ed eventualmente regionali. Ove tali limiti non vengano rispettati, come è invero accaduto, il Governo dispone del potere generale di annullamento degli atti di ogni amministrazione pubblica, salvo quella regionale217, conferito dall’art. 138 del TUEL e dall’art. 2, co. 3, della legge n. 400 del 1988. Invece, contro le ordinanze regionali l’Esecutivo può sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, ma può anche, più semplicemente, ricorrere al TAR (al pari, in questo caso, dei privati), che può sospenderne l’efficacia in via cautelare: infatti, né la natura costituzionale delle competenze, né il potere discrezionale che ne connota i relativi atti di esercizio escludono la sindacabilità nelle ordinarie sedi giurisdizionali di quegli atti, quando essi trovano un limite “nei principi di natura giuridica posti dall’ordinamento, tanto a livello costituzionale quanto a livello legislativo” (Corte cost., sent. n. 81/2012)218. In estrema ipotesi, ai sensi dell’art. 120, secondo comma, della Costituzione e dell’art. 8 della legge n. 131 del 2003 (c.d. legge La Loggia), il Governo può sostituirsi agli organi regionali e locali, se del caso nominando un commissario, ove si configuri un grave pericolo per l’incolumità pubblica o per la tutela dell’unità giuridica od economica del Paese. 216 Cfr. M. LUCIANI, op. cit., p. 134; M. BORGATO, D. TRABUCCO, Brevi note sulle ordinanze contingibili ed urgenti: tra problemi di competenza e cortocircuiti istituzionali, in Dirittifondamentali.it, sub Emergenza sanitaria e diritti fondamentali, 24 marzo 2020, p. 4; R. CHERCHI, A. DEFFENU, op. cit., p. 656. 217 Per alcuni, invece, l’istituto dell’annullamento governativo straordinario sarebbe applicabile anche agli atti regionali: così, da ultimo, F.F. PAGANO, Il principio di unità e indivisibilità della Repubblica ai tempi dell’emergenza Covid-19, in BioLaw Journal Rivista di BioDiritto, Instant Forum Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus, 18 marzo 2020, p. 3. 218 Perché la controversia assuma un tono costituzionale non basta, quindi, che nella questione oggetto di giudizio vengano in gioco attribuzioni previste dalla Costituzione (v., tra le altre, Corte cost., sent. n. 224/2019). D’altronde, vi è diversità di struttura e finalità fra il giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione ed il sindacato giurisdizionale davanti al giudice amministrativo: il primo è finalizzato a restaurare l’assetto complessivo dei rispettivi ambiti di competenza degli enti in conflitto; il secondo, viceversa, si svolge sul piano oggettivo di verifica di legalità dell’azione amministrativa, con l’esclusivo scopo della puntuale repressione dell’atto illegittimo. Ciò comporta la possibilità della loro simultanea proposizione, sicché deve escludersi che in tali ipotesi sussista difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 19 luglio 2013, n. 17656; Cass., Sez. Un., 20 maggio 1978, n. 2492). Oltre tutto, mentre la Corte costituzionale può pronunciarsi solo sul riparto delle attribuzioni, il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 113 Cost., può decidere su ogni profilo di illegittimità dell’atto, anche su aspetti di eccesso di potere, sicché, anche per esigenze di concentrazione, lo Stato e la Regione possono scegliere, anziché di proporre due giudizi e devolvere alla Corte costituzionale l’esame dei profili sul difetto di attribuzione, di presentare un solo ricorso al giudice amministrativo, deducendo tutti i possibili motivi di illegittimità dell’atto (in tal senso da ultimo, proprio sul tema che ci occupa, TAR Calabria - Catanzaro, sent. n. 841/2020, cit.). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 60 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ 5. LE PRIME VALUTAZIONI DELLE ORDINANZE REGIONALI E LOCALI OPERATE DALL’AUTORITÀ AMMINISTRATIVA E DA QUELLA GIUDIZIARIA. Nonostante il quadro sopra delineato, i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e diversi Sindaci hanno emanato numerose ordinanze, prevedendo divieti o esenzioni non sempre in linea con la disciplina dettata a livello nazionale219. In vari casi, nei confronti di tali provvedimenti è stata prestata acquiescenza, tanto dal Governo quanto dai privati, o è stata fornita una interpretazione adeguatrice. Così, concentrando ad esempio l’attenzione sulla Regione più colpita dall’epidemia, la Lombardia, il suo Presidente ha adottato le ordinanze 2 marzo 2020, n. 514, 22 marzo 2020, n. 515, 23 marzo 2020, n. 517, 4 aprile 2020, n. 521, 6 aprile 2020, n. 522, 11 aprile 2020, n. 528, 24 aprile 2020, n. 532, 30 aprile 2020, n. 537, 3 maggio 2020, n. 539, con cui sono state stabilite misure quasi sempre più restrittive per il contenimento ed il contrasto del contagio. Esse sono state motivate alla luce della circostanza “che, seppur le dimensioni sovranazionali del fenomeno epidemico e l’interessamento di più ambiti sul territorio nazionale rendano necessarie misure volte a garantire uniformità nell’attuazione dei programmi di profilassi elaborati in sede internazionale ed europea, il dato epidemiologico regionale di gran lunga superiore al dato nazionale (al 10 aprile 2020, circa due quinti della popolazione italiana contagiata è lombarda, i contagi in Lombardia sono circa tre volte superiori a quelli registrati nella seconda regione italiana) impone l’adozione ed il mantenimento sul territorio lombardo di misure specifiche e più restrittive e comunque adeguate al contesto di riferimento” (così l’ord. n. 528 cit.). Alla luce di tale circostanza, sono state introdotte varie deroghe alle misure adottate con DPCM: ad esempio, nonostante quanto disposto a livello nazionale il 10 aprile 2020, l’ordinanza n. 528 cit. ha prescritto che “a.1) le attività professionali, scientifiche e tecniche di cui ai codici Ateco 69 (Attività legali e contabili), 70 (Attività di direzione aziendali e di consulenza gestionale), 71 (Attività degli studi di architettura e d'ingegneria; collaudi ed analisi tecniche), 72 (Ricerca scientifica e sviluppo) e 74 (Altre attività professionali, scientifiche e tecniche) devono essere svolte in modalità di lavoro agile, fatti salvi gli specifici adempimenti relativi ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza. Qualora l’esercizio dei predetti servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza comporti il contatto diretto con i clienti presso gli studi delle attività, essi devono avvenire esclusivamente previo appuntamento”. In questo caso – come pure in altri – è stato operato un tentativo di conciliazione fra la disciplina dettata a livello statale e quella fissata a livello regionale: così la Prefettura di Bergamo, con nota n. 0043591 prot. emessa il 25 aprile 2020 in risposta 219 Basti pensare alla riapertura delle librerie e dei negozi di abbigliamento per bambini che, benché disposta dal DPCM del 10 aprile 2020, è stata vietata, tra le altre, dall’ordinanza del Presidente della Regione Lombardia 11 aprile 2020, n. 528 e dall’ordinanza del Presidente della Regione Sardegna 13 aprile 2020, n. 19. O, ancora, all’obbligo generalizzato di indossare mascherine e guanti imposto, oltre che da provvedimenti regionali, da ordinanze sindacali, come quella del Sindaco di Cagliari 3 aprile 2020, n. 21 (per l’accesso ai negozi di generi alimentari e ai mercati), che suscitano perplessità in ordine alla proporzionalità di una decisione così incisiva assunta a livello locale, anche per le concrete e note difficoltà di reperimento delle mascherine. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 61 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ ad una istanza del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, ha ritenuto “possibile, ricorrendo all’interpretazione sistematica, cogliere la ratio per cui detta attività professionale debba svolgersi senza implicare la contemporanea presenza, presso gli studi, di un numero significativo di professionisti e clienti. … Alla luce della ratio del quadro normativo complessivo, si ritiene che le prospettate attività di controllo della corrispondenza o di recupero dei fascicoli o di collegamento telematico da studio rientrino tra quelle strettamente prodromiche all’assistenza legale e siano, come tali consentite … non implican[d]o assembramenti di persone e quindi rispettan[d]o la ratio della normativa emergenziale. Si ritiene, pertanto, che siano consentiti per comprovate esigenze lavorative (art. 1, comma 1, lett. a del DPCM del 10 aprile u.s.) gli spostamenti dei professionisti presso gli studi legali al fine dello svolgimento di attività strettamente connesse a quelle professionali, nel rispetto delle regole di distanziamento sociale e di uso dei dispositivi di protezione individuale”, anche quando tali attività non si riferiscano a servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza. Tuttavia, allargando lo sguardo all’insieme delle ordinanze adottate dalle Regioni e dai Comuni, non sono mancati i ricorsi giurisdizionali davanti al giudice amministrativo. Considerate le difficoltà di organizzazione del processo poste dalla situazione d’emergenza e la “tramutazione ex lege” della domanda cautelare collegiale in domanda monocratica, disposta per questa fase d’emergenza, fino al 15 aprile, dall’art. 84 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18220 (e comunque i non rapidi tempi processuali per ottenere, anche precedentemente, una pronuncia collegiale), i Presidenti dei TAR e delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato 221 si sono trovati “nell’imbarazzante posizione di destinatari di richieste cautelari di alto impatto politico-sociale, da decidere in solitudine, senza le garanzie del contraddittorio, e con udienze camerali per forza di cose non ravvicinate nel tempo”222. Dal complesso delle decisioni monocratiche finora assunte – per lo più di rigetto – emerge223 che è stato ritenuto sussistente un “margine per integrazioni territoriali su scala regionale in rapporto alle assai diverse situazioni del contagio e delle sue prospettive, da Regione a Regione” (così Cons. Stato, Pres. III Sez., decreto n. 1553/2020) e che molte prescrizioni regionali più rigorose di quelle statali sono state considerate ammissibili sulla base dell’esigenza di prevenire in ogni modo il rischio di contagio, anche quando non contengono specifiche motivazioni circa un quadro epidemiologico più grave di quello nazionale 224. All’opposto, un allentamento non 220 Convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 2020, n. 27. Quanto al rito, si applica la procedura di cui all’art. 56, co. 1, del Codice del processo amministrativo, come chiarito dal Presidente del Consiglio di Stato nella nota esplicativa 19 marzo 2020, prot. int. 1454, consultabile in www.giustizia-amministrativa.it. È possibile la previa audizione delle parti senza formalità, per iscritto o con collegamento da remoto. 221 I Presidenti di sezione del Consiglio di Stato, infatti, stanno ammettendo la possibilità di impugnare i decreti cautelari dei Presidenti di TAR – esclusa dall’ art. 56, co. 2, del Codice del processo amministrativo e accolta in passato solo in taluni casi eccezionali – sulla base di una “interpretazione costituzionalmente orientata praeter legem” (come affermato da Cons. Stato, Pres. III Sez., decreto n. 2294/2020), proprio per assicurare una più adeguata tutela dinanzi alla possibile e irreversibile compromissione, nei tempi tecnici del procedimento cautelare collegiale, di un bene della vita direttamente tutelato dalla Costituzione. 222 M. MIDIRI, Emergenza, diritti fondamentali, bisogno di tutela: le decisioni cautelari del giudice amministrativo, in Dirittifondamentali.it, 2/2020, sub Emergenza sanitaria e diritti fondamentali, 4 maggio 2020, pp. 96-97. 223 Come evidenziato da M. MIDIRI, op. cit., pp. 100 ss. 224 V. TAR Sicilia - Palermo, Pres. I Sez., decreto n. 458/2020, confermato da Cons. Stato, Pres. III Sez., decreto n. 2028/2020; TAR Sardegna, Pres. I Sez., decreto n. 122/2020; TAR Friuli-Venezia Giulia, Pres. I Sez., decreto n. 61/2020. Qualche tribunale ha ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 62 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ giustificato e prematuro delle prescrizioni nazionali è stato censurato alla luce della necessità di tutelare la salute dei lavoratori225. D’altra parte, è stato evidenziato che, nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, “vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali” (così il Consiglio di Stato nel parere sull’annullamento governativo straordinario, ex art. 138 TUEL, dell’ordinanza del Sindaco di Messina 5 aprile 2020, n. 105226). Infatti, “per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona – dal libero movimento, al lavoro, alla privacy – in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall’Ordinamento, ma) potenzialmente tali da diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche e le tragiche statistiche del periodo” (Cons. Stato, Pres. III Sez., decreto n. 1553/2020). Nel bilanciamento con la tutela della salute pubblica recedono, dunque, le pur fondamentali esigenze di garanzia dei diritti di libertà, anche se vi è una qualche apertura alle istanze individuali prive di impatto collettivo227. 6. CENNI CONCLUSIVI. Lo schema seguito per adottare le misure di contrasto all’epidemia di Covid-19 ha suscitato più d’un dubbio in merito alla legittimità formale e/o sostanziale dei richiamato, peraltro, i dati elaborati da unità di crisi istituite in ambito regionale (così TAR Campania, Pres. V Sez., decreto n. 416/2020, su cui v. C. DELLA GIUSTINA, op. cit., pp. 33 ss.), il che dovrebbe implicare una rivalutazione della misura restrittiva in caso di miglioramento della situazione. In controtendenza, il decreto cautelare TAR Marche, Pres. I Sez., 27 febbraio 2020, n. 56 – emesso peraltro in una fase ancora iniziale dell’epidemia – ha sospeso l'efficacia dell’ordinanza del Presidente della Regione 25 febbraio 2020, n. 1 con cui erano state disposte incisive misure non ancora previste a livello nazionale se non per specifiche aree del Paese (dalla sospensione della frequenza delle attività scolastiche e universitarie a quella delle manifestazioni pubbliche e dell’apertura dei musei): tale decreto ha rilevato l’inesistenza nelle Marche di casi di contagio accertati al momento dell’adozione dell’ordinanza regionale ed ha evidenziato che “la possibilità di adottare misure «ulteriori» va, in via sistematica, riferita ad interventi che comportino un sacrificio minore delle libertà individuali, rispetto a quelli previsti dall’art. 1 del cit. D.L. n. 6” (sulla pronuncia v. G. DI COSIMO, G. MENEGUS, op. cit., pp. 3 ss.). 225 TAR Lombardia, Pres. I Sez., decreto n. 634/2020, in questa Rivista, che ha sospeso l’ordinanza regionale lombarda n. 528, cit., nella parte in cui autorizzava il commercio al dettaglio di tutte le merci, a fronte del DPCM vigente che lo consentiva solo per specifiche categorie merceologiche ritenute essenziali o strategiche. 226 La quale imponeva a “chiunque intende fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina, sia che viaggi a piedi sia che viaggi a bordo di un qualsiasi mezzo di trasporto” l’obbligo di registrarsi, almeno 48 ore prima della partenza, “nel sistema di registrazione on-line www.sipassaacondizione.comune.messina.it, fornendo una serie di dati identificativi e di informazioni personali”, e di “attendere il rilascio da parte del Comune di Messina del Nulla Osta allo spostamento”. Sulla vicenda v. N. PIGNATELLI , L’annullamento straordinario ex art. 138 TUEL di un’ordinanza comunale: il Covid-19 non “chiude” lo stretto di Messina, in Dirittiregionali.it, 1/2020, Forum su La gestione dell’emergenza sanitaria tra Stato, Regioni ed enti locali, 12 aprile 2020. 227 Così TAR Sicilia - Palermo, Pres. Sez. II, decreto 1 aprile 2020, n. 416, in questa Rivista, ha sospeso il decreto del Prefetto di Palermo che disponeva, nel periodo di emergenza epidemiologica, la sospensione dell’attività imprenditoriale di una società operante nel settore della comunicazione e delle affissioni esterne attraverso svariati impianti pubblicitari, atteso che l’attività per conto di enti ed istituzioni pubbliche, espletata dalla ricorrente, era consentita dall’art. 1, lett. a), DPCM 22 marzo 2020, rientrando nell’ambito dei “servizi di informazione e comunicazione” di cui all’allegato 1 del medesimo DPCM. A sua volta TAR Campania - Napoli, Pres. V Sez., 20 marzo 2020, n. 433 in questa Rivista, ha sospeso il provvedimento adottato dalla Legione dei Carabinieri di “diffida e messa in quarantena” per 14 giorni nei confronti di un avvocato che era uscito dalla propria abitazione per impegni professionali relativi ai giudizi pendenti presso un Tribunale. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 63 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ provvedimenti così emanati, potendosi, per molti, derogare alle fonti primarie e limitare pesantemente i diritti di libertà soltanto mediante decreto-legge, unico istituto previsto a tal fine dalla Costituzione228. Nonostante – come si è cercato di illustrare – non si condividano tali riserve, resta il fatto che il sistema di fonti normative apprestato per fronteggiare l’emergenza poteva certamente essere meglio definito e calibrato229, anche se “è tutto da dimostrare che per la garanzia dei diritti sia più efficace la catena fonte primaria / provvedimento applicativo e non quella fonte primaria / fonte secondaria / provvedimento applicativo”230. In ogni caso, l’emergenza non autorizza alcun atto a derogare alla Costituzione (né alle fonti legislative che specificamente disciplinano l’adozione dei provvedimenti emergenziali)231: occorre, dunque, concentrare l’attenzione, oltre e più che sulla forma, sul contenuto di tali provvedimenti, per verificare che i principi e le garanzie costituzionali siano stati rispettati nel merito. Ma ciò esula dai confini di questo contributo. 228 In tal senso, tra gli altri, G. SALERNO, Coronavirus, decreto del governo. Caos e scontro tra poteri: 4 domande a Conte, su il sussidiario.it, 26 febbraio 2020; F. CLEMENTI, Quando l'emergenza restringe le libertà meglio un decreto legge che un Dpcm, su Il Sole 24 ore, 13 marzo 2020; L.A. MAZZAROLLI, op. cit., pp. 12 ss.; A. VENANZONI, L’innominabile attuale. L’emergenza Covid19 tra diritti fondamentali e stato di eccezione, in Forum di Quaderni costituzionali, 26 marzo 2020, pp. 492 ss.; F. TORRE, La Costituzione sotto stress ai tempi del coronavirus, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, Instant Forum Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus, 27 marzo 2020, pp. 4-5; M.A. DE PASQUALE, La gestione normativa della crisi. Dalle deficienze sanitarie alla caotica gestione multilivello della crisi (sperimentale): «necessitas non habet legem, sed ipsa sibi facit legem», in Dirittiregionali.it, 1/2020, Forum su La gestione dell’emergenza sanitaria tra Stato, Regioni ed enti locali, 18 aprile 2020. È criticata anche la concentrazione di poteri nell'Esecutivo – o, meglio, nel Presidente del Consiglio dei Ministri – mentre il Parlamento è confinato nel ruolo di mero ratificatore di decisioni assunte dal capo del Governo, dai Ministri, dai Presidenti di Regione, dai Sindaci e dal Capo della Protezione civile (ex plurimis, G. SILVESTRI, Covid-19 e Costituzione, in www.unicost.eu/covid-19-e-costituzione/, 10 aprile 2020; E. FALLETTI, La forma è sostanza? Alcune sommarie riflessioni sulla gestione dell’emergenza Covid-19 in Italia, in BioLaw Journal - Rivista di BioDiritto, Instant Forum Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus, 19 marzo 2020, pp. 5-6). 229 Cfr., per tutti, A. RUGGERI, Il coronavirus, la sofferta tenuta dell’assetto istituzionale e la crisi palese, ormai endemica, del sistema delle fonti, in Consulta Online, I/2020, 6 aprile 2020, pp. 210 ss.; M. BELLETTI, La “confusione” nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, in Osservatorio AIC, 3/2020, 28 aprile 2020, spec. pp. 7 ss. Sull’interpretazione “blanda” del principio di legalità in senso sostanziale operata nella fase di emergenza, v. ex plurimis C. DELLA GIUSTINA, op. cit., pp. 26 ss.; G. TROPEA, op. cit., pp. 10 ss. In generale, sul rapporto tra potere di ordinanza e decretazione d’urgenza, v. A. ARCURI, Il Governo delle emergenze: i rapporti tra decreti-legge e ordinanze di protezione civile dal terremoto de L’Aquila al crollo del ponte Morandi, in Osservatorio sulle fonti, 2/2019; A. CARDONE, Il rapporto tra ordinanze del Governo e decreti-legge, in Osservatorio sulle fonti, 2/2012; F.F. PAGANO, Dal decreto-legge alle ordinanze di protezione civile. Ampiezza e limiti costituzionali del sindacato del giudice amministrativo sul potere extra ordinem del governo , in Rivista AIC, 22 novembre 2011; E. ALBANESI, R. ZACCARIA, Le “fonti” dell’emergenza: dal decreto-legge alle ordinanze di protezione civile, in Amministrare, 2/2010, pp. 185 ss. 230 Come giustamente rilevato M. LUCIANI, op. cit., p. 140. Forse, come era stato autorevolmente suggerito da B. CARAVITA, L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana, in Federalismi.it, 6/2020, 18 marzo 2020, p. VII, si sarebbe dovuto guardare ai contenuti degli atti di volta in volta adottati: laddove si fossero mantenuti nei limiti tipici dei provvedimenti contingibili e urgenti, rispettando i criteri della provvisorietà, della non astrattezza, della proporzionalità con l’emergenza, i DPCM e le altre ordinanze avrebbero potuto rappresentare uno strumento adeguato; qualora, invece, i contenuti non avessero corrisposto a queste caratteristiche o avessero prodotto effetti permanenti o inciso sul bilancio, si sarebbe dovuto intervenire con decreti-legge. 231 Contra F. S. MARINI, Le deroghe costituzionali da parte dei decreti-legge, in Federalismi.it, Osservatorio Emergenza Covid-19, 22 aprile 2020, pp. 8 ss., secondo cui “non può che convenirsi ancora una volta con Esposito che il decreto-legge non può essere limitato dalle norme costituzionali, ma può all’opposto introdurre norme in deroga o rottura della Costituzione”. Deve, però, trattarsi di deroghe temporanee: per l’Autore, i decreti e le relative leggi di conversione non possono infatti introdurre modifiche irreversibili o stabili. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 64 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La tutela della collettività e la garanzia delle libertà individuali devono, comunque, essere realizzate “nello stesso ‘spazio’ e precisamente con gli strumenti del diritto”, nell’imprescindibile quadro di riferimento della Costituzione232. 232 E. DENNINGER, Dallo ‘Stato di diritto’ allo ‘Stato di prevenzione’ e l’autonomia della persona, in V. BALDINI (a cura di), Sicurezza e Stato di diritto: problematiche costituzionali, Cassino, 2005, pp. 45 ss. Cfr. M. MIDIRI, op. cit., p. 104. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 65 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ THE PLIGHT OF DOMESTIC MIGRANT WORKERS IN INDIA DURING COVID-19 CRISIS Garima Tiwari233 Aakarsh Kamra234 Abstract Domestic migrant workers in India travel from their villages to work in bigger cities. The lockdown as a result of the coronavirus emergency left this marginalised section of population stranded in their cities of work- without shelter, food, livelihood and means of transportation to return back to their villages. The article provides an assessment of the current condition of these internal migrant workers in India during the COVID-19 crisis and provides an analysis of their legal and human rights. It discusses the inhumane treatment afforded to them and also highlights the emergence of social boycotting of these workers by the community. In this light, the article also studies the response of the government and the judiciary to deal with this situation. INDEX 1.Introduction- 2. Governmental Response to the Migrant Workers Exodus- 3. Supreme Court of India and Migrant Workers- 4. Inhumane treatment, Social Boycott and Stigmatization- 5. Right to Food: Public Distribution System-6. Conclusion. .Introduction 233 234 Garima Tiwari, Ph.D. is an Assistant Professor at School of Law, Bennett University, India. Mr. Aakarsh Kamra is an Advocate-on-Record at the Supreme Court of India. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 66 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ The coronavirus (COVID-19) pandemic has shown the vulnerability of the nations across the world. It is inflicting damage not only to human life but also to the socioeconomic structures surrounding it where the gaps between the privileged and the marginalized have resurfaced.235The legislature, executive and the judiciary in India are grapping to with this is “social emergency”236. As a response to the COVID-19 crisis, countries are taking several steps to prevent its spread through lockdowns, isolations, quarantines, travel bans and declaration of emergencies. India too went into the world’s biggest lockdown starting 24th March 2020 which at the time of writing this paper still subsists. The lockdown has affected some segments of the society more than the others. The United Nations High Commissioner for Human Rights, Michelle Bachelet, pointed out that the Indian lockdown represents a massive logistical and implementation challenge because of its population and density.237 Globally, the condition of migrant workers has witnessed an ugly truth since the outbreak of pandemic.238 World over the number of internal migrants is about two‐and‐ a‐half times that of international migrants. 239 In India, it is estimated that around 139 million internal migrant workers travel to cities from villages for work in the informal sector which constitutes almost 80% of the Indian workforce. For the disempowered workmen, migration to urban economic centres provides an escape from poverty and unemployment. With the lockdown, not only did the factories, establishments and workplaces heavily dependent upon migrant workers shut down, but their means of being transported to their secure native place was also stopped. The loss of employment, starvation from hunger, eviction due to non-payment of rent and lack of effective means to return back to their villages were amplified in greater measure due to the outbreak of the pandemic. 240 The initial reaction of the government was to transport migrant workers back to their native stations which failed miserably for lack of preparedness and the risk of the virus spreading en masse. As many as 500,000600,000 workers had to walk back home on foot in the absence of any transportation options.241 The lockdown also led to many law and order issues in as much as, in the absence of the state being able to restrain workers from venturing out, the law enforcement agencies had to employ means to curtail actions that breached statutory compliances. Many died walking hundreds of miles and some even committed suicide.242 In this background, the objective of the paper is to study the situation of migrant workers in India during the COVID-19 crisis from a socio-legal perspective. The first part of the paper highlights the immediate government response in terms of grants and aids for the migrant workers. Thereafter, the paper studies how the Supreme Court of India has dealt with the present situation. The third and fourth part of the paper highlight the major issues which are faced by the internal migrant workers in India, 235 NIGAM, COVID-19:Dealing with an Untameable Virus, 8 April 2020 in https://ssrn.com/abstract=3571289 PM Modi calls Covid-19 situation 'social emergency', says lockdown may not be lifted in one go, 8 April 2020 in https://timesofindia.indiatimes.com/. 237 S. DATTA, India: Migrant workers' plight prompts UN call for ‘domestic solidarity’ in coronavirus battle, 2 April 2020 in https://news.un.org/en/story/2020/04/1060922. 238 P. HEIJMANS, Virus Surge in Southeast Asia Migrant Workers Serves as Warning, 28 April 2020 in https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-04-28/virus-surge-in-southeast-asia-migrant-workers-serves-as-warning. 239 International Organization of Migration, World Migration Report, 2020. 240 World Bank, COVID-19 Crisis Through a Migration Lens (2020) in https://openknowledge.worldbank.org. 241 R. SADAM, Last Journey: Migrant Worker Dies after Walking for Miles to Reach Home in TN amid Lockdown, 4 April 2020 in https://www.news18.com/ ; Covid-19: At least 22 migrants die while trying to get home during lockdown, 29 March 2020 in https:// scroll.in. 242 Coronavirus Lockdown: Another Migrant Dalit Labour Commits Suicide, 3 April 2020 in https://www.groundxero.in. 236 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 67 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ which have not been catered to by the government. Finally, the paper provides concluding remarks. .Governmental Response to the Migrant Workers Exodus. On 23rd March 2020, International Labour Organization released the international labour standards relevant to the evolving COVID-19 outbreak. 243 India looked towards its domestic legislation which unfortunately proved futile and inadequate to deal with migrant worker situation. The fact that there is already in existence a law for internal migrant workers, provided hope, however, the enforcement of this law has never been validated. The Inter-State Migrant Workmen (Regulation of Employment and Conditions of Service) Act, 1979244 was enacted to regulate the service conditions of inter-state laborers. It specifically provides that every worker should be enrolled at the source and destination states in India to ensure safe migration, prevention of exploitation and protection of their rights. It is the duty of the employers to provide for accommodation, sanitation facilities, healthcare etc. But most employers do not register themselves and thereby, the workers are unable to avail the benefits of this law in this crisis. Therefore, domestic worker coming from interstate and working as house help or with unregistered employers cannot avail the provisions of this act and this led to a cascading impact leaving hundreds of migrant laborers stranded.245 While the government could not enforce this particular enactment, it had to come up with immediate policy decisions and advisories to assist the migrant workers. The government set up camps with basic provisions to provide shelter to stranded migrants. It also took measures to distribute food on a massive scale and insisted that the employers pay wages and landlords to waive rents. On 26 th March 2020, the Union Finance Minister announced packages under the Prime Minister Garib Kalyan Yojana (translates as Prime Minister's Poor welfare scheme)246 under which an amount of Rs 1.7 lakh crore ($ 22.5 billion aid) was allocated to assist migrant workers, sanitation workers, Accredited Social Health Activists as well as urban and rural poor via direct benefit transfers to their accounts and through food rations available through administrative routes.”247 Regional efforts taken by the government have also been documented.248 But there are reasonable doubts that this help will not reach the migrant workers.249Further, the scheme is not “specifically” targeted towards migrant workers alone. The apprehensions proved accurate when in the absence of a structured 243 International Labour Organization, ILO Standards and COVID-19 (coronavirus), 23 March 2020. The Inter-State Migrant Workmen (Regulation of Employment and Conditions of Service) Act, 1979 in https://indiacode.nic.in/ 245 ET Online, Coronavirus fallout: A law that could’ve helped migrant workers, 10 April 2020 in https://economictimes.indiatimes.com/. 246 Ministry of Finance, Finance Minister announces Rs 1.70 Lakh Crore relief package under Pradhan Mantri Garib Kalyan Yojana for the poor to help them fight the battle against Corona Virus, 26 March 2020 in https://pib.gov.in/PressReleaseIframePage.aspx?PRID=1608345 247 K SHROFF, “We are deserted”: Migrant workers forced to walk hundreds of kilometres due to lockdown, 26 March 2020 in https://caravanmagazine.in. 248 Status Report of the Action Taken by CLC Organization as on 02.04.2020 in Wake of COVID-19 https://clc.gov.in/clc/sites/default/files/mygov_15859316941.pdf 249 A BHAT, Coronavirus: India’s lockdowns are a matter of life and death for its 450 million informal workers, 24 March 2020 in https://www.scmp.com/week-asia/health-environment/article/3076714/coronavirus-indias-lockdowns-are-matter-life-and-death? fbclid=IwAR0BPLAXcvavJCSxG4Y3jaQWp9SVQfz5b2FH-XmmIekFp0IKwq2T7lO_bJE. 244 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 68 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ disbursal of food ration or distribution of cooked food, many workers were left stranded for days without access to food despite the system of community kitchens. Thereafter, the Ministry of Home affairs issued a specific advisory 250 on 27th March 2020 to all states in India to take immediate provisions for support in the form of food and shelter to different migrant workers including those from unorganised sector. Another advisory was issued the by the Ministry of Home Affairs on 20 th April 2020 251 which divided the migrant workers into three categories based on the locations where the migrant workers are currently situated. Firstly, migrant workers who are in the cities of their local residence, Secondly, migrant workers who are on their way and are yet to reach their destination city/village Thirdly, migrant workers who have reached their destination. Those migrant workers who are on their way and are yet to reach their destination have been instructed to be kept in quarantine centers. 252 The latest advisory suggests that migrant workers may be able to go home in sanitised buses and will be kept in quarantine, however, the implementation remains under question. 253 Thus, while the government is attempting to provide all possible measures, reports have shown that people are trying to escape from the quarantine shelters, as there is overcrowding, lack basic facilities like food and hygiene. 254While laudatory, the policy decisions and advisories by the Government have assisted the workers only “temporarily”. The loss of employment and livelihood, along with the inability to reach their agricultural fields to cater to crops, will cause a huge socio-economic meltdown. .Supreme Court of India and Migrant Workers Legislation on migrant workers has proven to be inadequate and the government advisories are dealing with the crisis management. In this light, it is important to see the role of the judiciary in perpetuating its rights-based jurisprudence. Public Interest Litigation (PIL) has allowed the Supreme Court of India to hear the matters of the poor and weaker segments of the society directly through diluted and expansive locus standi. Before the COVID-19 crisis as well, the court has issued directions to concerned authorities to protect and promote the rights of workers.255 Two PILs were filed by advocates highlighting the plight of migrant workers.256In Harsh Mander and Another v. Union of India257 petitioners claimed a “right to livelihood” for migrant workers. The 250 MHA, MHA issues advisory to all States/UTs to make adequate arrangements for migrant workers, students etc. from outside the States to facilitate Social Distancing for COVID-19, 27 March 2020 in https://pib.gov.in/PressReleaseIframePage.aspx? PRID=1608518 251 Ministry of Health and Family Welfare, Advisory for quarantine of migrant workers (2020) in https://www.mohfw.gov.in/pdf/Advisoryforquarantineofmigrantworkers.pdf 252 S. MEHROTRA, J PARIDA, India has the resources to care for its embattled migrant workers – but does it have the will? 27 April 2020 in https://scroll.in/. 253 MHA Order Dt. 29.4.2020 on movement of migrant workers, pilgrims, tourists, students and other persons in https://www.mha.gov.in/sites/default/files/MHAordernew_29042020.PDF 254 G. PANDEY, Coronavirus in India: Migrants running away from quarantine, 15 April 2020 in https://www.bbc.com/news/world-asia-india-52276606; M. LOIWAL, Coronavirus: It's traumatic, say migrant labourer in West Bengal’s quarantine facilities 8 April 2020 in https://www.msn.com/. 255 S. S. RODRIGUES, Law Related to Migrant Labour in http://www.grkarelawlibrary.yolasite.com/resources/LLMSY-Lab-2Sarita.pdf. 256 V. DEVADASAN, G. BHATIA, Coronavirus and the Constitution – X: Rights, not Policy, 7 April 2020, in https://indconlawphil.wordpress.com/. 257 Harsh Mander and Another v. Union of India , Writ Petition (Civil) No. 10801/2020. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 69 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ petitions, inter alia, detailed how thousands of workers, and in several cases, their families, were being forced to walk great distances to reach their respective homes because there was no prior information. Further, many workers were housed in shelter homes without any adherence to the norms of social distancing. 258 In response, the Union of India submitted a “Status Report” 259 that has been referred to extensively by the Supreme Court, while giving its directions in the Petitions. The petition had argued that the Centre and the States should, either jointly or severally, take responsibility to pay migrant workers at least a week’s wages for their sustenance. 260 Thus, relying on Article 14 ( right to equality) and Article 21 ( right to life) of the Constitution of India, the petitioners sought for “minimum wage” for the workers. The petitioners’ plea also stated that the State ought to perform its positive obligation by mitigating the uneven effect caused by its ‘own decision’ of an enforced lockdown. The Supreme Court respecting the separation of power doctrine said that it cannot interfere with the policy decisions of the government and that no payment of money to migrant workers was required since they were receiving food at the shelter homes. Hence, it left the decision upon the wisdom of the government.261 Thus, the court refrained from interfering in the policy decisions taken by the government. The court’s observation makes one contemplate on the rich history of the Court in upholding the right of life and keeping it at a higher pedestal much beyond mere animal existence even in times of emergency situations. Compounding these problems was the fact that in the wake of the lockdown, the Court started holding video conferencing for hearing extremely urgent matters. Many advocates and organizations involved in providing rescue work found that due to the video conferencing and substantial alterations in the procedure for getting matters listed due to COVID-19 restrictions, issues pertaining to the alleged inefficiency of government steps in addressing the conditions of the marginalised were not taken up on priority basis.262 It is also pertinent to mention that the High Courts in the State of Kerala and Uttar Pradesh had passed orders whereby the recovery of taxes and bank loans was stayed till the pandemic is over. The Supreme Court in an appeal filed by the Central Government stayed the orders thereby creating further problems for a large section of labourers who had taken loans from banks and were living on serious debts.263 In Alakh Alok Srivastava v. Union of India 264the Supreme Court again asserted that it is satisfied with the steps taken by the government. Further, approach of the law officers of the court has been questionable in as much as statements have been made that adequate food supply to migrant workers. However, through first-hand accounts of people associate with handling of helpline numbers answering distress calls hundreds 258 S. MAHAJAN, Migrant Workers' plight during Coronavirus Lockdown: Will not interfere in government decision for few days, CJI SA Bobde 7 April 2020 in https://www.barandbench.com. 259 Alakh Alok Srivastava v. Union of India, Status Report, Diary No. 10789 of 2020. 260 Legal Correspondent, Centre files report on migrant workers, 7 April 2020 in https://www.thehindu.com/. 261 S. PRAKASH, SC refuses to pass order for payment of wages to migrant workers during lockdown, 7 April 2020 in https://www.tribuneindia.com/. 262 P. BHUSHAN, The Supreme Court Is Locked Down and Justice Is in 'Emergency' Care, 28 April 2020 in https://thewire.in/law/lockdown-supreme-court-justice. 263 PTI, SC stays orders of Kerala, Allahabad HCs restraining recovery of taxes, dues, 20 March 2020 in https://economictimes.indiatimes.com/. 264 Alakh Alok Srivastava v. Union of India ,Writ Petition(s)(Civil) No(s).468/2020 dated 30th March 2020. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 70 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ of migrant labourers stranded in different parts of the country without food or adequate supply of ration. Despite this the Court found it appropriate to uphold the doctrine of separation of power strict and did not give any specific directions to ameliorate the position of the migrant workers. .Inhumane Treatment, Social Boycott and Stigmatization. Steps taken by the government and the judicial decisions have had little impact on the distressing social conditions. Several human rights issues have emerged including those pertaining to safe housing, adequate food supply and hygienic living conditions. Footage posted on social media showed workers locked weeping and begging to be freed.265 Lack of proper training to deal with the situation caused Indian health workers to spray a group of migrant workers with disinfectants consisting of bleaching powder and jets of sodium hypochlorite to prevent the spread of coronavirus. 266 Consequently, immediate action was ordered against these officials. 267 This even prompted the United Nations Office of the High Commissioner of Human Rights to call upon268 the Indian police forces to show restraint and abide by international standards on the use of force and humane treatment in their efforts to respond to this pandemic. 269 Reports abounded of the difficulties faced by workers in reaching their hometowns, including being stopped and questioned to the point of harassment, being made to pay (bribe) for what was supposed to be free transport services, and often being inhumanly treated. 270 COVID-19 has exacerbated a lot of social problems and behavioural changes. 271 Mob lynching or vigilante violence has become a commonplace menace in India particularly during this pandemic. Previously, vigilantism and lynching was targeted against minorities of a particular caste or religion, as a means for “instant justice”. In Tehseen S. Poonawalla v. Union of India 272 the Supreme Court of India laid down guidelines in mob violence and lynching cases. However, there is no specific law relating to lynching as of now. While the usual cases of lynching are a product of dominant narrative wherein people who do not fit into the narrative are outcasted, in COVID-19, such a narrative is the fear of the disease and lack of awareness as to its spread. 273 Villagers across India have reportedly erected barricades, dumped trees or dug trenches to stop outsiders from entering their villages and appointed guards at entry points. This has 265 DPA International, Indian migrants left jobless by coronavirus face hard journey home, Deutsche Presse-Agentur GmbH, 30 March 2020. 266 O RASHID, Coronavirus: In Bareilly, migrants returning home sprayed with 'disinfectant, 30 March 2020 in https://www.thehindu.com/news/national/other-states/coronavirus-in-bareilly-migrants-forced-to-take-bath-in-the-open-withsanitiser/article31204430.ece. 267 Ibid. 268 S. DATTA, India: Migrant workers' plight prompts UN call for ‘domestic solidarity’ in coronavirus battle, 2 April 2020 in https://news.un.org/en/story/2020/04/1060922. 269 Ibid. 270 T.D.SINGH, Coronavirus India Updates: Lockdown Extension On The Cards As Covid-19 Cases Mount Unabated, 2020 in https://www.bloombergquint.com/coronavirus-outbreak/coronavirus-india-updates-over-26000-covid-19-cases-in-india-death-tolltops-800. 271 D. NARAYANAN, Coronavirus would reset distances, labour market: Experts 4 April 2020 in https://economictimes.indiatimes.com/news/economy/policy/coronavirus-would-reset-distances-labour-market-experts/articleshow/ 74965143.cms?from=mdr 272 Tehseen S. Poonawalla v. Union of India (2018) 6 SC 72. 273 V.S. DRENNAN, Lynching and the creation of a Segregationist society, The Read, 7 September 2017. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 71 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ led to the emergence of a new category of “violent” social boycotting. 274 Social boycotts are instruments of exclusion.275 Reports show a man was lynched 276 to death for informing the local coronavirus help centre about some workers who had returned to his village from another state. In another incident, a mob attacked a medical team including a police patrol car after they got information that some people had returned from New Delhi and West Bengal.277 Few migrant workers seeking to return home were refused entry to their villages and they were forced to take temporary shelter in trees for days.278 Thus, lack of policy and awareness has perpetuated friction in the society. Further, government officials started posting posters on the wall of every house with members who have been quarantined and this has led to fears of stigmatization among people. The hands of those who were quarantined were stamped to ensure they stay at home.279 While prevention is pertinent, it is argued that vigilantism by neighbours and social ostracization280 will lead to fear and eventually, non-reporting. Such disclosure has been argued to be a violation of right to privacy and dignity of the individuals under Article 21 of the Constitution of India as well as their basic human rights. 281 Therefore, apart from the economic stratification that migrant workers are facing, there is an increased violation of their fundamental rights and human rights including right to shelter, livelihood, privacy, dignity and right to life. .Right to Food: Public Distribution System. The right to food is recognized in Article 25 of the Universal Declaration on Human Rights, and Article 11 of the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights as well as a plethora of other instruments. India is a signatory to both these instruments and further, India’s Constitution recognizes the right to food, specifically, Article 47 of the Directive Principles of State policy creates a “duty of the State to raise the level of nutrition and the standard of living and to improve public health.” Further, the right to food jurisprudence has emerged by interpretation of Article 21 of the Indian Constitution ( right to life).282 Through its landmark decision in the, People’s Union for Civil Liberties v. Union of India283, the Supreme Court explicitly established a constitutional human right to food and a basic nutritional floor. However, in current extreme situation it has become difficult to apply this right. The number of migrants 274 PTI, Coronavirus: Facing ‘social boycott’, man hangs self to death in Himachal’s Una 5 April 2020 in https://www.deccanherald.com/. 275 S.THORAT, N. S. SABARWAL, Caste and Social Exclusion-Concepts, Indicators, and Measurement, 2 Indian Institute of Dalit Studies, Paper No.1, 2010, 7-13. 276 M.BERG, S. WENDT, Introduction: Lynching from an International Perspective. In: BERG M., WENDT S. (eds) Globalizing Lynching History, (Palgrave Macmillan, New York, 2011) 277 A. KUMAR, Man lynched in Bihar’s Sitamarhi for informing about Covid-19 suspects, 3 April 2020 in https://www.hindustantimes.com/. 278 West Bengal migrant labourers who returned to village quarantine themselves on tree branches, 28 March 2020 in https://www.newindianexpress.com/. 279 S. DATTA, India: Migrant workers' plight prompts UN call for ‘domestic solidarity’ in coronavirus battle, 2 April 2020 in https://news.un.org/en/story/2020/04/1060922. 280 A. REDDY, The Need for Social Boycott Laws in India, (1) GNLU Law and Soc. Rev. 63 (2019). 281 D. MISHRA, ‘No one wants to go near them’-returning migrant workers in Bihar face social boycott 31 March 2020 in https://theprint.in/. 282 G.S.S. GOWDA, Right to Food in India: A Constitutional Perspective, 3 (2) International Journal of Law and Legal Jurisprudence Studies 28 (2016). 283 People's Union for Civil Liberties v. Union of India, Petition (Civil) No. 196/2001. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 72 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ and daily wager workers depending on the government relief camps has nearly doubled as per the government report with about 14.3 lakh people housed in 37,978 relief camps.284 A very pertinent issue in access to food and ration that crept up was the absence of a uniform Public Distribution system285. During the initial days of the lockdown many workers had to starve and be deprived of the government facilities for supply of ration since they did not have the necessary cards for getting free ration. This was remedied by the Delhi High Court in a Petition filed by a food distribution non-governmental organisation for opening up ration shops in Delhi on all working days and to ensure supply of food ration to people who did not possess necessary document such as the Ration card.286 The Supreme Court has asked the Central Government to consider providing ration to those people who do not have any ration cards. 287 Further, the Supreme Court in PUCL v. Union of India288 held that food security is undoubtedly extremely important and mere schemes without implementation are of no use. It has been held by the Supreme Court that there is a distinction between a statutory obligation and a constitutional obligation but there can be no doubt that right to food is actually a constitutional right and not merely a statutory right. 289 This situation of migrant workers in COVID-19 crisis has highlighted a serious lacuna in the provision for basic supplies. Several states are establishing systems for issue temporary ration cards or electronic coupons for people to access these rations. In Delhi, for instance, a non-ration cardholder has to enrol online with their phone number and getting a onetime password and then they are required to upload their identification cards. This has made it impossible for the migrant workers. While they are devoid of even a roof over their heads, getting access to smartphones and internet seems impossible, more so the literacy levels fail them290 Creating a uniform public distribution system of essential commodities through the government authorized shops is the most apt solution at this point. Thus, while health needs are an urgent and primary concern, it is pertinent that the government does not neglect the food security aspects, as such situations can become breeding grounds for social unrest and tensions. 291 .Conclusion. Coronavirus pandemic will affect the societies for a long time, particularly the marginalized. The lockdown has caused several human rights violations for migrant workers and has led to an increased social stigma and boycotting. A new form of lynching arising from fear has also emerged. While the government has announced several schemes, there is a lot of apprehension as to their enforcement. A survey points 284 Legal Correspondent, Coronavirus, Centre files report on migrant workers, 7 April 2020 in https://www.thehindu.com/news/national/coronavirus-centre-files-report-on-migrant-workers/article31283896.ece. 285 R. KHERA, A. SOMANCHI, COVID-19 and Aadhaar: Why the Union Government’s Relief Package is an Exclusionary Endeavour ( Engage, Vol. 55, Issue No. 17, April 25, 2020) 286 The Wire Staff, HC Tells Delhi Govt to Keep Ration Shops Open, Disburse Food to All, 28 April 2020 in https://thewire.in/ government/hc-tells-delhi-govt-to-keep-ration-shops-open-disburse-food-to-all 287 Aayom Welfare Society v. Union of India & Ors. WP (C) Diary No. 11031/2020 (30 April 2020). 288 PUCL v. Union of India & Ors. (2013) 2 SCC 688. 289 Swaraj Abhiyan (II) v. Union of India & Ors. Writ Petition (Civil) 857 of 2015 dated 13 May 2016. 290 D. SINHA, Food for All During Lockdown: State Governments Must Universalise PDS, 20 April 2020 in https://thewire.in/rights/covid-19-lockdown-food-supply-pds. 291 FAO, COVID-19: Our hungriest, most vulnerable communities face “a crisis within a crisis” (2020). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 73 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ out that most of the schemes announced were never made known to the labourer thereby causing them to have no access to these scheme and measures. 292 There are several challenges surrounding successful governance. The fact that judiciary has supported the government policies and has refused to interfere can be a positive critique of the democratic Indian governance, however, it has deviated from its rich history of upholding the rights of the marginalized and bridging the gap with those who are privileged. The problems of access to the schemes introduced by the government need to be addressed. It is often seen that migrants in a city are presumed as mere labour power and not as equal citizens. The crisis posed by the COVID 19 is an opportunity to understand these issues, identify the migrant work force and assess means to give access of all schemes introduced for their benefit. This crisis further gives an opportunity to understand that parity in economic relief measures announced at different levels do not create newer hierarchies of poverty and discrimination. Though it is true that the pandemic has altered how the world for migrant labourer would be post the Pandemic however learning from the lessons experienced during the period of lockdown, there surely can be light at the end of the tunnel if adequate social, economic and legislative reforms are undertaken proactively. 292 JAN SAHAS, Voices of the Invisible Citizens A Rapid Assessment on the Impact of COVID-19 Lockdown on Internal Migrant Workers Recommendations for the State, Industry & Philanthropies, April 2020. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 74 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ EMERGENZA “CORONAVIRUS” E PRIVACY: Trattamento dei dati personali da parte dei datori di lavoro. Sara Cadelano293 Abstract La tematica del diritto alla riservatezza dei prestatori di lavoro nei confronti dei datori di lavoro in ordine a dati personali concernenti la propria salute e, più in generale, la sfera privata e familiare si rivela particolarmente attuale nel presente periodo storico, a causa del diffondersi dell'emergenza sanitaria provocata dal “nuovo Coronavirus”. Con il presente scritto, si intende proporre, dopo aver esaminato la normativa rilevante in materia, una possibile soluzione al delicato problema del bilanciamento dei diversi interessi in gioco e dimostrare la necessità di un provvedimento di carattere sovranazionale da parte del Comitato europeo per la protezione dei dati, al fine di armonizzare la relativa disciplina nei vari Paesi dell'Unione Europea. SOMMARIO: 1. Le dichiarazioni ufficiali dell'O.M.S. sul “Covid-19”: da “emergenza internazionale” a “pandemia”. - 2. Privacy, salute e sicurezza sul lavoro. Il quadro normativo vigente in Italia. - 3. Il parere del Garante per la privacy (02/02/2020) e l'ordinanza della Protezione civile (n. 630/2020). - 4. Il decreto legge n. 6 del 23/02/2020. - 5. Il D.P.C.M. del 01/03/2020. - 6. Raccolte dati “fai da te”: il parere del Garante per la privacy italiano (02/03/2020). - 7. Il parere del Garante per la privacy della Danimarca (05/03/2020). - 8. Conclusioni. 293 Avvocata, Ph.D. in “Diritto dell'attività amministrativa informatizzata e della comunicazione pubblica”, S.s.p.l. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 75 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® 1. Le dichiarazioni ufficiali dell'O.M.S. internazionale” a “pandemia”. sul ______________ “Covid-19”: da “emergenza Il 31/12/2019, la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan (Cina) ha segnalato all'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) un cluster di casi di polmonite ad eziologia ignota nella città di Wuhan, nella Provincia cinese di Hubei. Il 09/01/2020, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie in Cina ( “China C.D.C.”) ha rivelato che è stato identificato un nuovo “Coronavirus”, provvisoriamente denominato dalle autorità sanitarie internazionali “Virus 2019-nCoV”, come causa eziologica della malattia respiratoria denominata294 “Covid-19” (“Corona Virus Disease 2019”). Il Gruppo di Studio sul Coronavirus (C.S.G.) del Comitato internazionale per la tassonomia dei virus (International Committee on Taxonomy of Viruses ) ha classificato ufficialmente con il nome di “SARS-CoV-2” il virus che provvisoriamente era stato chiamato “2019-nCoV”. L'emergenza globale da “Coronavirus” è stata dichiarata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità il 30/01/2020, ai sensi dell'art. 12 del Regolamento sanitario internazionale (R.S.I.; International Health Regulations, I.H.R. )295. L'O.M.S., infatti, ha dichiarato ufficialmente l'epidemia di Coronavirus in Cina “emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale” (P.H.E.I.C., Public Health Emergency of International Concern), per poi elevare la minaccia per l'epidemia di tale virus su scala mondiale a livello “molto alto” il 28/02/2020296. Nelle successive due settimane, il numero di casi di “Covid-19” al di fuori della Cina è aumentato di 13 volte ed il numero di Paesi colpiti è triplicato: vi sono stati, complessivamente, oltre 118.000 casi in 114 Paesi e 4.291 persone hanno perso la vita; altre migliaia stanno lottando per la propria sopravvivenza negli ospedali. 297 Per queste ragioni, l'11/03/2020, l'O.M.S. ha dichiarato il “nuovo Coronavirus” una “pandemia”, invitando tutti i Paesi ad adottare misure stringenti al fine di impedire ulteriori casi di infezioni.298 Una situazione di gravissima emergenza sanitaria, dunque. Da essa, come anticipato sopra, scaturiscono difficoltà di bilanciamento di diversi interessi giuridici in gioco, alla luce della normativa attualmente vigente. 294 Tale denominazione le è stata attribuita l'11/02/2020. Entrato in vigore il 15/06/2007. Versione in italiano: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_3066_listaFile_itemName_2_file.pdf Versione in inglese: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_3066_listaFile_itemName_9_file.pdf 296 Attualmente, oltre 20 vaccini sono in via di sviluppo. Fonti dei dati sopra riportati: sito web ufficiale del Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp? lingua=italiano&id=5338&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto e sito web ufficiale dell'I.S.S. (Istituto Superiore di Sanità): https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2 297 Dati forniti dal Direttore Generale dell'O.M.S. ,Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante la conferenza stampa dell'11/02/2020: http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4209 Testo integrale in inglese della conferenza stampa: https://www.who.int/dg/speeches/detail/who-director-general-s-opening-remarks-at-the-mediabriefing-on-covid-19---11-march-2020 298 http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/03/11/coronavirus-loms-dichiara-la-pandemia_99013beb-56e4-40b2-98b681ac4d611e72.html 295 https://www.repubblica.it/salute/2020/03/11/news/l_organizzazione_mondiale_della_sanita_il_coronavirus_e_una_pandemia_250966140/ Attualmente, non esiste una definizione scientifica definitiva di “pandemia”. Si veda, in proposito, quanto dichiarato dal Dott. Anthony Fauci, Direttore del National Institute of Allergy and Infetcious Diseases degli Stati Uniti il 26/02/2020: https://edition.cnn.com/2020/02/25/health/what-is-a-pandemic-explainer/index.html ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 76 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ 2. Privacy, salute e sicurezza sul lavoro. Il quadro normativo vigente in Italia. In Italia, il 31/01/2020, il Consiglio dei Ministri ha ufficializzato, anche nel nostro Paese, lo “stato di emergenza”, per sei mesi dalla data del provvedimento, al fine di consentire l'emanazione delle necessarie ordinanze di Protezione civile, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico; ha deliberato, inoltre, lo stanziamento dei fondi necessari per dare attuazione alle misure precauzionali derivanti dalla dichiarazione di “emergenza internazionale” effettuata dall'O.M.S.299 Nei giorni successivi, nel nostro Paese, sono stati assunti numerosi provvedimenti, sempre più rigorosi, al fine di contenere il dilagare del virus e della relativa malattia.300 Tali circostanze eccezionali e contingenti hanno, appunto, fatto emergere la necessità di un bilanciamento tra interessi privatistici e pubblicistici; in particolare, tra l'interesse alla riservatezza dei dati personali dei lavoratori e l'interesse alla salute e sicurezza sul lavoro. A tal proposito, appare utile, innanzitutto, richiamare brevemente la normativa in materia. In particolare, per quanto riguarda la normativa in materia di privacy, appare opportuno ricordare che, con l'art. 23, paragrafo 1, e con il considerando n. 4 del Regolamento U.E. 2016/679 (“G.D.P.R.”),301 sono state introdotte delle possibili limitazioni all'applicazione dei principi in materia di protezione dei dati personali, qualora necessarie per tutelare interessi generali valutati come prevalenti, nel rispetto dei principi di proporzionalità, necessità, sicurezza e qualora rivolte al perseguimento di scopi di interesse generale riconosciuti dall'U.E. o legate alla necessità di proteggere diritti e libertà altrui (conformemente a quanto previsto dall'art. 8 C.E.D.U. e dall'art. 52 Carta U.E.). In aggiunta, si precisa che, in virtù dell’art 6.1 lett. e) del “G.D.P.R.”, i trattamenti risultano leciti qualora “necessari per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento”. In ipotesi di trattamento di categorie particolari di dati personali, trova, altresì, applicazione quanto disposto dall’art 9, comma 1, del “G.D.P.R.”, in virtù del quale, tra l'altro, “È vietato trattare […] dati relativi alla salute”. Il successivo comma del medesimo articolo, tuttavia, fornisce un lungo elenco di casi di inapplicabilità della norma di cui al primo comma. In proposito, si ritiene utile rammentare, in particolare, quelle relative ai casi in cui: “a) l'interessato ha prestato il proprio consenso esplicito al trattamento di tali dati personali per una o più finalità specifiche, salvo nei casi in cui il diritto dell'Unione o degli Stati membri dispone che l'interessato non possa revocare il divieto di cui al paragrafo 1; b) il trattamento è necessario per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti specifici del titolare del trattamento o dell'interessato in materia di 299 Fonte: Gazzetta Ufficiale: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/01/20A00737/sg In particolare, per quanto concerne le misure adottate a livello nazionale, si vedano: Decreto legge 23/02/2020 n. 6 (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2020-02-23;6!vig=), D.P.C.M. 01/03/2020 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/01/20A01381/sg , successivamente abrogato dal D.P.C.M. 08/03/2020), Decreto legge 02/03/2020 n. 9 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/02/20G00026/sg), D.P.C.M. 04/03/2020 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/04/20A01475/sg , successivamente abrogato dal D.P.C.M. 08/03/2020), D.P.C.M. 08/03/2020 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/08/20A01522/sg), Direttiva del Ministro dell'Interno dell'08/03/2020 n. 14606 (https://www.interno.gov.it/sites/default/files/direttiva_ministro_interno_08032020.pdf), D.P.C.M. 09/03/2020 (https://www.gazzettaufficiale.it/gazzetta/serie_generale/caricaDettaglio;jsessionid=Ve-jzReKQ38nt76J34GX0Q__.ntc-as2-guri2a? dataPubblicazioneGazzetta=2020-03-09&numeroGazzetta=62&elenco30giorni=true) e D.P.C.M. 11/03/2020 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/11/20A01605/sg). 301 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32016R0679 300 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 77 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ diritto del lavoro e della sicurezza sociale e protezione sociale, nella misura in cui sia autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri o da un contratto collettivo ai sensi del diritto degli Stati membri, in presenza di garanzie appropriate per i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato; […] g) il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato; h) il trattamento è necessario per finalità di medicina preventiva o di medicina del lavoro, valutazione della capacità lavorativa del dipendente, diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale [...]”. Per quanto concerne, invece, la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, risulta utile richiamare il disposto dell'art. 2087 c.c., l'art. 5 Legge 300/'70 e l'art. 41 del d.lgs. n. 81/2008. Specificamente, l'art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro di “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. In virtù di quanto disposto dall'art. 5 “Statuto dei lavoratori”, in materia di “Accertamenti sanitari”, inoltre: “(comma 1:) Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. (Comma 2:) Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. (Comma 3:) Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico”. Infine, si ricorda che, ai sensi dell'art. 41 del d.lgs. n. 81/2008, la sorveglianza sanitaria sui dipendenti è demandata al medico competente. 3. Il parere del Garante per la privacy (02/02/2020) e l'ordinanza della Protezione civile (n. 630/2020). Risulta, in proposito, particolarmente interessante anche il contenuto del parere 302 emesso il 02/02/2020 dal Presidente del Collegio Garante per la protezione dei dati personali in Italia, avente ad oggetto la bozza di ordinanza del Dipartimento di Protezione civile, conseguente alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31/01/2020 (recante “Disposizioni urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”). Con tale parere, infatti, il Presidente Antonello Soro ha considerato le disposizioni contenute nella suddetta ordinanza idonee a rispettare le garanzie previste dalla normativa in materia di protezione dei dati personali nel contesto di una situazione di emergenza; in tal modo, ha implicitamente affermato che il diritto alla privacy non costituisce un diritto assoluto ma possa essere limitato, ai fini del perseguimento di un obiettivo di interesse pubblico generale preminente o per proteggere diritti e libertà altrui. La circostanza derivante dal diffondersi del nuovo Coronavirus, pertanto, può giustificare una compressione del diritto alla riservatezza. 302 https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9265883 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 78 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Ricevuto tale parere e preso atto del suo contenuto, il Capo del Dipartimento della Protezione civile, con ordinanza n. 630 del 03/02/2020303, ha, di fatto, previsto che l'esercizio di alcuni diritti civili fondamentali dei soggetti coinvolti nell'emergenza Coronavirus, tra i quali il diritto alla protezione dei dati personali, possa subire delle compressioni in ragione dell'interesse pubblico generale alla tutela della salute pubblica. Specificamente, con l'art. 5 della suddetta ordinanza, è stato stabilito che, nell'attuazione delle attività di protezione civile oggetto dell'ordinanza medesima, per assicurare la più efficace gestione dei flussi e dell’interscambio di dati personali, i soggetti che operano nel Servizio nazionale di protezione civile e quelli individuati dall’ordinanza stessa, possano realizzare trattamenti (compresa la comunicazione tra loro) dei dati personali, anche relativi agli artt. 9 e 10 del Regolamento del Parlamento europeo 2016/679/UE (“G.D.P.R.”), necessari per l’espletamento della funzione di protezione civile, al ricorrere dei casi di cui agli artt. 23, co. 1 e 24, co. 1, del d. lgs. 02/01/2018, n. 1, fino al 30/07/2020. La comunicazione dei dati personali a soggetti pubblici e privati, diversi da quelli testé indicati, nonché la diffusione dei dati personali diversi da quelli di cui agli articoli 9 e 10 del suddetto Regolamento U.E. è effettuata, nei casi in cui risulti indispensabile, ai fini dello svolgimento delle attività di cui all'ordinanza medesima. Il trattamento dei dati deve, comunque, essere effettuato nel rispetto dei principi di cui all’art. 5 del citato “G.D.P.R.”, adottando misure appropriate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati. 4. Il decreto legge n. 6 del 23/02/2020. Con il d.l. n. 6 del 23/02/2020,304 al fine di evitare il diffondersi del “COVID-19” nei comuni o nelle aree nei quali risultasse positiva almeno una persona per la quale non si conoscesse la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi fosse un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio di tale virus, è stato previsto che “le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”. Tra le misure di cui al comma 1 sono previste anche sospensioni o limitazioni delle attività lavorative per le imprese. 305 Il legislatore, pertanto, ha ritenuto di non dover introdurre deroghe ai principi generali sopra esposti, non avendo conferito al datore di lavoro alcun potere autonomo di introdurre provvedimenti attuativi delle misure di contenimento del virus. 5. Il D.P.C.M. del 01/03/2020. Il 01/03/2020, con D.P.C.M., sono state introdotte ulteriori disposizioni in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da “Covid-19”. In particolare, con l'art. 3 del D.P.C.M. in parola, sono stati introdotti determinati obblighi, operanti sull'intero territorio nazionale, in capo al lavoratore che sia transitato in una zona a 303 http://www.protezionecivile.gov.it/amministrazione-trasparente/provvedimenti/dettaglio/-/asset_publisher/default/content/ocdpc-n630-del-3-febbraio-2020-primi-interventi-urgenti-di-protezione-civile-in-relazione-all-emergenza-relativa-al-rischio-sanitarioconnesso-all-in 304 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/23/20G00020/sg 305 Si precisa che l’art. 3 demanda, per la definizione delle misure specifiche di attuazione dei principi del d.l., ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 79 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ rischio. Nello specifico, è stato stabilito che chiunque sia rientrato in Italia nei 14 giorni precedenti il 01/03/2020 dopo aver soggiornato in una zona a rischio epidemiologico, come identificate dall'O.M.S., o sia transitato o abbia sostato nel territorio dei Comuni delle “zone rosse” 306 deve informare dell'eventualità di contagio il Dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per territorio ed il proprio medico di base (ovvero il pediatra di libera scelta), attraverso i canali designati dalle Regioni. La previsione di tale obbligo, invero, ha generato, nella pratica, una certa confusione, specialmente in ambito lavorativo. In diversi casi, infatti, i datori di lavoro, sia pubblici che privati, hanno effettuato delle raccolte dati “fai da te”, raccogliendo (ad esempio, tramite termoscanner per la misurazione della temperatura corporea e mediante appositi questionari) i dati dei prestatori di lavoro e di chi acceda nei locali dell'azienda, in ordine all'assenza di sintomi influenzali e vicende relative alla sfera privata (ovvero se siano stati recentemente nelle zone colpite dal virus o se siano entrati in contatto con persone legate a tali aree). L'obiettivo dei datori di lavoro è chiaro: garantire la salute e sicurezza di tutti i lavoratori sul lavoro, evitare un'eventuale chiusura dell'azienda da parte delle autorità preposte ed evitare, altresì, la quarantena di tutti i colleghi, qualora un lavoratore risultasse positivo al test per “Covid-19”. Per non violare la normativa sulla riservatezza, tuttavia, numerosi datori di lavoro si sono rivolti direttamente al Garante per la privacy, domandando se sia possibile, da parte loro, porre in essere tali pratiche. 6. Raccolte dati “fai da te”: il parere del Garante per la privacy italiano (02/03/2020). La questione ha riguardato, in particolare, la richiesta ai lavoratori di compilare questionari autocertificando i propri dati personali (relativi alla salute e alla sfera personale e familiare) e la misurazione coatta della temperatura corporea dei lavoratori stessi, all'ingresso di alcune aziende del Nord Italia 307, tramite termoscanner, come avviene negli aeroporti, rifiutando l'accesso qualora risultasse una temperatura superiore a 37 gradi. Ciò ha scatenato le proteste dei sindacati, che hanno considerato tali pratiche lesive della privacy ed illegali, in quanto le stesse violerebbero l'art. 5 dello “Statuto dei lavoratori” ed il D.P.C.M. in materia di “Coronavirus” che attribuisce tale competenza al solo personale di sanità pubblica. La problematica, tuttavia, riguarda l'intero territorio italiano, dal momento che, con il D.P.C.M. del 09/03/2020, sono state abolite le “zone rosse” e l'intero territorio italiano è stato dichiarato “zona protetta”. Invero, potrebbe, al riguardo, osservarsi che, teoricamente, il prestatore di lavoro potrebbe spontaneamente prestare il proprio consenso esplicito a tali misure, sulla base del sopra menzionato art. 9, comma 2, lett. a), del “G.D.P.R.”. 306 Successivamente abolite con D.P.C.M. del 09/03/2020, mediante il quale l'intero territorio italiano è stato dichiarato “zona protetta”. 307 La notizia è stata riportata da diversi quotidiani, tra cui il “Corriere della Sera:” https://www.corriere.it/economia/lavoro/20_marzo_10/coronavirus-misurare-febbre-dipendenti-scoppia-caso-privacy-b5537ea662ba-11ea-a693-c7191bf8b498.shtml nonché “Federprivacy”: https://www.federprivacy.org/informazione/primo-piano/item/1297coronavirus-e-misure-di-emergenza-quali-spazi-per-il-datore-di-lavoro e “Ravenna Notizie”: https://www.ravennanotizie.it/economia/2020/03/09/no-a-misurazione-obbligatoria-febbre-in-azienda-fiom-blocca-marcegagliaillegale-e-lede-privacy-lavoratori/ ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 80 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Tuttavia, tale soluzione non appare concretamente applicabile. A differenza di quanto accade ai passeggeri negli aeroporti, infatti, il nominativo del dipendente, essendo conosciuto dal datore di lavoro e dai propri colleghi, non costituisce un dato anonimo e minimizzato. Inoltre, occorre considerare lo stato di soggezione del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, che gli impedirebbe di decidere in piena serenità se prestare o meno il proprio consenso. Infine, occorre rimarcare che la sorveglianza sanitaria non è di competenza del datore di lavoro, bensì del medico competente. Interrogato in proposito, in data 02/03/2020, il Garante ha precisato che “I datori di lavoro devono [...] astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa”. Infatti, l'accertamento e la raccolta di informazioni concernenti i sintomi tipici del suddetto virus e le informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo sono di competenza degli operatori sanitari e della protezione civile. Tuttavia, come specificato dal Garante, “resta fermo l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro”. A tal fine, il Ministro per la pubblica amministrazione ha provveduto a fornire istruzioni circa l’obbligo per il dipendente pubblico (e per chiunque operi, a vario titolo, presso la P.A.) di segnalare all’amministrazione (ai sensi dell'art. 20 del d.lgs. 09/04/2008, n. 81 308) la propria provenienza da un’area a rischio o di aver avuto contatto con persone provenienti dalle medesime aree, anche per la conseguente informativa all'Autorità sanitaria competente ai fini della salvaguardia della salute del luogo di lavoro 309. Come precisato nel parere del Garante, inoltre, laddove si riveli necessario, il datore di lavoro può invitare i propri dipendenti ad effettuare le su citate comunicazioni, anche fornendo canali dedicati, al fine di agevolare le modalità di inoltro delle stesse. Resta fermo, in ogni caso, l'obbligo, posto in capo al datore di lavoro, di comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio “biologico” derivante dal “Covid-19” per la salute e sicurezza sul lavoro, nonché gli altri adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori per il tramite del medico competente (ad esempio, la possibilità di sottoporre ad una visita straordinaria i lavoratori più esposti). In particolare, nell'ipotesi di dipendente che svolga mansioni a contatto con il pubblico, il quale, nel corso dell'attività lavorativa, venga a contatto con un caso sospetto di Coronavirus, il prestatore di lavoro stesso, anche tramite il proprio datore di lavoro, è tenuto a comunicare tale circostanza ai servizi sanitari competenti, nonché a rispettare le indicazioni di prevenzione fornite dagli operatori sanitari interpellati. Pertanto, il Garante per la privacy “invita tutti i titolari del trattamento ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni fornite dal Ministero della salute e dalle istituzioni competenti per la prevenzione della diffusione del Coronavirus, senza effettuare iniziative autonome che prevedano la raccolta di dati anche sulla salute di utenti e lavoratori che non siano normativamente previste o disposte dagli organi competenti”. Si precisa che, in seguito al parere del Garante per la privacy ed alle proteste dei sindacati, le aziende di cui sopra hanno stabilito di limitarsi ad effettuare una mera informativa in ordine ai comportamenti da tenere, rendendo volontaria (e non più coatta) la misurazione della temperatura.310 308 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2008/04/30/008G0104/sg Direttiva n. 1/2020: http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/26-02-2020/direttiva-n1-del-2020 310 https://www.ravennanotizie.it/economia/2020/03/09/no-a-misurazione-obbligatoria-febbre-in-azienda-fiom-blocca-marcegagliaillegale-e-lede-privacy-lavoratori/ 309 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 81 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Peraltro, la medesima problematica affrontata dal Garante per la privacy italiano si è già presentata anche in un altro Paese membro dell'Unione Europea (ovvero, la Danimarca) ed è facile prevedere che si presenterà presto anche negli altri Paesi dell'U.E., dato il rapido diffondersi del “Covid-19”. 7. Il parere del Garante per la privacy della Danimarca (05/03/2020). Pochi giorni dopo il rilascio del parere del Garante per la privacy italiano, e precisamente il 05/03/2020, il “Datatilsynet” (Garante per la privacy della Danimarca) ha avuto occasione di esprimersi in ordine al medesimo argomento, manifestando, tuttavia, un approccio maggiormente flessibile311. Secondo la citata autorità danese, infatti, i datori di lavoro possono raccogliere e comunicare dati personali dei propri dipendenti, qualora ciò si renda necessario, a condizione che tale trattamento non sia normativamente vietato e che le informazioni raccolte non siano eccessivamente dettagliate e specifiche. Ad esempio, secondo il Datatilsynet, nel contesto della crisi legata al “Covid-19”, i datori di lavoro possono legittimamente registrare e comunicare la circostanza che un dipendente abbia visitato una zona a rischio epidemiologico, se un dipendente sia a casa in quarantena (senza indicarne il motivo) e se un dipendente sia malato (senza indicarne il motivo). Tuttavia, prosegue l'Authority danese, la raccolta e la comunicazione dei dati deve essere limitata a quanto strettamente necessario. Pertanto, è necessario che il datore di lavoro, prima di procedere al trattamento, si interroghi sull'effettiva necessità della raccolta e comunicazione, se gli scopi della comunicazione possano essere ugualmente raggiunti limitando la quantità di dati personali da trattare, nonché sulla reale necessità di indicare i nominativi dei lavoratori coinvolti. 8. Conclusioni. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, non si può non rimarcare la delicatezza dell'argomento e la necessità di operare un più equilibrato bilanciamento tra gli interessi in gioco. Una soluzione potrebbe essere quella di consentire al datore di lavoro, in questi casi, di avvalersi del medico competente per l'effettuazione dei suddetti controlli, in maniera tale da minimizzare i dati (conformemente a quanto previsto con il “G.D.P.R.”) e, contestualmente, tutelare la sicurezza del lavoro e dei lavoratori (come previsto dal d.lgs. n. 81/2008 e ss.mm.ii., “T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro”). Infatti, ai sensi dell'art. 2087 c.c., la misurazione della temperatura corporea ed il rilascio di dichiarazioni aventi i contenuti sopra indicati possono essere considerati come misura di gestione preventiva dell'emergenza, a condizione che la sorveglianza sanitaria sui dipendenti sia demandata al medico competente e nel rispetto di quanto disposto dall'art. 5 dello “Statuto dei lavoratori”. A tal fine, il datore di lavoro dovrà procedere ad aggiornare il documento di valutazione del rischio (D.V.R.), indicando il medico competente che stabilisca tali pratiche come adatte a prevenire il rischio di diffusione del “Coronavirus”, con criteri 311 Documento in lingua originale (danese): https://www.datatilsynet.dk/presse-og-nyheder/nyhedsarkiv/2020/mar/hvordan-er-det-med-gdpr-og-coronavirus/ Per un commento in lingua inglese: https://www.insideprivacy.com/covid-19/danish-supervisory-authority-issues-covid-19-guidance/ ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 82 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ di diligenza e prudenza. Occorre considerare, tuttavia, la necessità, in materia, di una linea d'azione comune tra i diversi Paesi dell'Unione Europea, tanto più in ragione dell'esistenza di numerose aziende che hanno sedi e stabilimenti sparsi in diversi Paesi membri. Si è già visto, infatti, che il Datatilsynet ha avuto occasione di esprimersi sull'argomento in maniera non del tutto conforme rispetto al Garante per la privacy italiano e la medesima situazione potrà ripetersi con riferimento agli altri Paesi europei, recentemente coinvolti anch'essi dalla diffusione del virus. Sarebbe, pertanto, auspicabile, sul punto, una pronuncia dell'E.D.P.B. (Comitato europeo per la protezione dei dati, European Data Protection Board), così da armonizzare maggiormente la disciplina a livello sovranazionale ed evitare pericolose incertezze interpretative. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 83 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ LA STRETTA TOLLERABILITÀ DELLE MOLESTIE OLFATTIVE E LA BASSA ACCETTAZIONE SOCIALE DELL’INQUINAMENTO ODORIGENO Salvatore Ruberti* Abstract (it) L’inquinamento olfattivo è una forma di inquinamento atmosferico. La giurisprudenza ha qualificato il fenomeno come molestia ex art. 844 c.c. e art. 674 c.p. e ha elaborato i criteri di stretta tollerabilità e di bassa accettazione sociale. Individuare le sostanze disperse nell’atmosfera non è facile; soprattutto per accertare la loro tossicità. A tal fine, tornano utili le classificazioni degli odori e le gradazioni di percezione olfattiva anche se la giurisprudenza da grande importanza alle dichiarazioni dei testimoni. Dal 2017, il Codice dell’ambiente contiene l’art. 272bis rubricato “emissioni odorigene”. Abstract (en) Olfactory pollution is a form of air pollution. The jurisprudence has qualified the phenomenon as harassment ex art. 844 c.c. and art. 674 of the Criminal Code and has developed the criteria of strict tolerability and low social acceptance. Identifying the substances dispersed in the atmosphere is not easy; especially to ascertain their toxicity. To this end, classifications of odors and gradations of olfactory perception are useful even if jurisprudence gives great importance to witness statements. Since 2017, the Environmental Code contains art. 272bis entitled “odorous emissions”. SOMMARIO: Premessa; 1. L’alterazione della composizione dell’aria atmosferica: un tentativo di definizione di inquinamento olfattivo; 2. La tollerabilità delle emissioni olfattive: da una dimensione normale a un rigoroso concetto di stretta tollerabilità e bassa accettabilità sociale; 3. Il pregiudizio da moleste olfattive prescinde dal rilascio delle autorizzazioni e dal rispetto dei limiti imposti per legge; 4. La limitazione delle emissioni nell’atmosfera: con il nuovo art 272bis il fenomeno della molestia olfattiva entra nel Codice dell’Ambiente; 5. Il problema dei roghi nelle campagne: quale limite?; 6. L’abbandono dei rifiuti: quando l’inquinamento odorigeno è conseguenza di un’altra fattispecie criminosa; 7. Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n.155 e s.m.i “Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa”; ___________ * Studio Legale Tanza - Ufficio Legale ADUSBEF ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 84 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ PREMESSA La propagazione di sostanze nell’aria si può manifestare anche sotto il profilo olfattivo causando un turbamento e un fastidio non necessariamente dovuto ad agenti tossici. Il cosiddetto inquinamento odorigeno è sempre stato ricompreso nel più generale concetto di inquinamento atmosferico; sull’argomento, una specifica letteratura giuridica si è sviluppata in tempi relativamente recenti e in Italia solo nel 2017 con D.Lgs. n. 183 veniva introdotto un nuovo articolo al Codice dell’Ambiente, l’art. 272 bis, rubricato “emissioni odorigene”. La presenza di esalazioni nell’aria, così come percepite dall’olfatto, presenta una serie di problematiche: in primis, l’odore non si “vede” o, meglio, non lo si vede arrivare (a differenza di una propagazione fumosa, ad esempio) e non è per niente facile riuscire ad individuarne la fonte in tempi brevi; a tutt’oggi, non è neanche disponibile un metodo tecnologico scientifico per verificare e accertare la natura degli odori. Il senso olfattivo, inoltre, passato un certo intervallo di tempo, si abitua all’odore venendone meno la percezione. Considerate queste caratteristiche, è evidente che il problema delle emissioni odorigene ha importanti ricadute sulla vivibilità delle città o degli ambienti frequentati dalle persone anche in considerazione del fatto che un’esalazione può anche essere inoffensiva da un punto di vista tossicologico ma arrecare lo stesso un disturbo; tutte le esalazioni vanno incontro ad un giudizio di bassa accettabilità sociale. Le fonti delle propagazioni olfattive possono essere molteplici: dai grandi agglomerati industriali alle piccole e medie imprese i cui processi di lavorazione emettono emissioni odorigene; vi si annoverano gli impianti di trattamento dei rifiuti, le discariche e gli occasionali o sistematici sversamenti illegali di rifiuti; spesso è l’incenerimento di scarti dell’agricoltura che genera forti odori che si avvertono anche a grandi distanze; all’interno delle città, poi, il fenomeno può essere causato dall’azione combinata dei singoli impianti di riscaldamento o da una cattiva manutenzione dell’impianto fognario. La presenza di sostanze nell’aria che generano un odore (non necessariamente sgradevole come si chiarirà in seguito) procura sicuramente un fastidio ed è potenzialmente responsabile di malanni fisici come disturbi del sonno o perdita dell’appetito; maggiore è il grado di tossicità maggiore è il rischio di malattie molto più gravi. La questione delle emissioni odorigene, nel recente passato, è sempre stata trattata con una certa superficialità considerando il fenomeno come ricompreso nel più generale contesto dell’inquinamento atmosferico. A tutt’oggi, però, si può decisamente rilevare una maggiore attenzione al problema; i legislatori dei diversi gradi di governo hanno prestato maggiore attenzione a dare la giusta valutazione del concetto di “bassa tolleranza sociale” che trova il suo naturale corollario nel fatto che, la giurisprudenza, ha ritenuto tale principio preminente anche a fronte di un rispetto delle normative in materia di emissione. Se le propagazioni odorigene rappresentano un nocumento alla salubrità e alla vivibilità dell’ambiente di riferimento il fatto che le stesse siano complementari ad emissioni nella norma giustifica, comunque, l’intervento delle autorità preposte a tutela della vivibilità e della salubrità dell’ambiente. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 85 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ 1. L’alterazione della composizione dell’aria atmosferica: un tentativo di definizione di inquinamento olfattivo. Il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203312 adottato in Attuazione delle direttive CEE 80/779 313, 82/884314, 84/360/CEE315 e 85/203316 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della L. 16 aprile 1987, n. 183 (ora abrogato), definiva l’inquinamento atmosferico come: “ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati” (art. 2). La suddetta norma, per quanto abrogata, fornisce una definizione dettagliata e precisa di inquinamento atmosferico costruita intorno al concetto di modificazione dello stato fisico dell’aria a causa della presenza di sostanze che ne minano la salubrità con pregiudizio per la salute umana e la compromissione degli usi legittimi dell’ambiente317. Il contenuto dell’art. 2 del DPR 24 maggio 1988 n. 203 consente di inserire l’inquinamento olfattivo nella stessa grande categoria di inquinamento atmosferico ma, allo stesso, fornisce interessanti punti di riferimento per creare una voce nuova all’interno dei fenomeni pregiudizievoli per l’ambiente e per la salute umana. Il concetto di inquinamento odorigeno non trova una definizione nell’Ordinamento italiano ma la sua rilevanza è tale, ormai, che sarebbe opportuno inserire una definizione normativa del fenomeno che non può essere etichettato solo come un generale fenomeno molestatore più o meno grave. La ricerca di una definizione di questo fenomeno è anche abbastanza agevole considerato che la letteratura scientifica e giuridica forniscono un’adeguata descrizione di tutti i concetti chiave necessari ad esplicitare, in modo soddisfacente, l’assunto di “inquinamento odorigeno”. In primis, una sostanza odorigena è definita come un prodotto chimico che genera una percezione di odore mentre con il concetto di odore si individua qualsiasi emanazione gassosa percepibile attraverso il senso dell’olfatto o, per usare la definizione di 312 Si tratta del primo atto normativo che abbia previsto l’obbligo di autorizzazione per ogni impianto che preveda processi di lavorazione che immettono sostanze inquinanti nell’aria 313 Relativa ai valori limite e ai valori guida di qualità dell'aria per l'anidride solforosa e le particelle in sospensione. 314 Concernente un valore limite per il piombo contenuto nell'atmosfera 315 Concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali 316 Concernente le norme di qualità atmosferica per il biossido di azoto 317 La prima definizione di inquinamento atmosferico è contenuta nella Legge n. 615 del 13 luglio 1966 dove si evince “Emissione in atmosfera di fumi, polveri, gas e odori di qualsiasi tipo atti ad alterare le condizioni di salubrità dell’aria e a costituire pertanto pregiudizio diretto o indiretto alla salute dei cittadini e danno ai beni pubblici o privati” ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 86 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ autorevole dottrina, “L’odore è una risposta soggettiva ad una stimolazione delle cellule olfattive, presenti nella sede del naso, da parte di molecole gassose”318. Il “disturbo” si può definire come la fastidiosa percezione dell’odore 319; è bene chiarire che si tratta di una percezione imprevedibile, non facilmente riconducibile ad una fonte (almeno nell’immediato) ed è complicato se non impossibile anche solo ipotizzarne la durata e la permanenza nell’aria. Le caratteristiche dell’odore sono: 1) percettibilità o soglia: l’odore è strettamente correlato alla presenza di diverse sostanze, alcune delle quali possono essere tossiche o nocive; se presenti in concentrazioni superiori a un certo limite di soglia possono causare nell’organismo vari tipi di reazioni320; 2) intensità: intesa come forza dello stimolo olfattivo, è correlata alla concentrazione di odorante; 3) diffusibilità. la tensione di vapore è un parametro indicativo della capacità di diffusione dell’odore di una determinata sostanza anche se è necessario analizzarla congiuntamente alla soglia olfattiva, a questo scopo è necessario introdurre il cosiddetto O.I. ( Odor Index)321; 4) tono edonico o sgradevolezza: è la sensazione che si ricava da un odore, ossia la sua accettabilità. Viene valutato su scale di giudizio da 0 a 6322. È possibile cercare di classificare gli odori basandosi sulla qualità; in proposito, si segnalano diversi studi dei quali, il più conosciuto, è scuramente quello proposto da H. Zwaardemaker che distingue nove classi: 1. Etereo (frutta); 2. Aromatico (chiodi di garofano); 3. Balsamico (fiori); 4. Ambrosio (muschio); 5. Agliaceo (cloro); 6. Empireumatico (caffè tostato); 7. Caprilico (formaggio); 8. Repellente (belladonna); 9. Fetido (corpi in decomposizione). Pelosi individuava otto odori classificati come fondamentali: sudore, sperma, pesce, maltato, urina, muschiato mentolato e canfora Crocker e Henderson suggerirono una diversa catalogazione basata su 4 odori fondamentali (fragrante, acido, bruciato e caprilico) combinando i quali è possibile ottenere tutti gli altri effluvi. 318 S. CARONNO-A. FOSCHI P.M.I.P.(Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione), Definizione di odori e problemi inerenti ai controlli e alle autorizzazioni, Milano 1998 319 Più in generale, il disturbo può essere inteso come la conseguenza di una molestia o di altro fatto idoneo a turbare il modo di vivere quotidiano. Cassazione penale, sentenza n. 42087 del 21 dicembre 2006. 320 Tali limiti sono definiti in base al tipo di stimolo suscitato dalla miscela odorosa nell’uomo. Si possono così distinguere diverse soglie legate alla percezione dell’odore: soglia di percezione assoluta o di rilevabilità: è la concentrazione a cui è certa la rilevabilità dell’odore. Ciò corrisponde al valore di potenziale critico di membrana richiesto per provocare uno stimolo nel sistema ricettivo. Viene indicata con la sigla ATC (Absolute Threshold Concentration) o con l’equivalente OT (Odor Threshold); soglia di riconoscimento delle sostanze responsabili dell’odore: concentrazione a cui l’individuo è in grado, non solo di rilevare l’odore, ma anche di riconoscerne le sostanze responsabili; soglia di fastidio o di contestazione: è la concentrazione a cui un odore viene percepito come sgradevole. Tali soglie olfattive rappresentano così la percentuale di un gruppo di persone che riconosce la presenza di un odore (possono riferirsi al 50% o al 100% delle persone esposte). APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici) ( A cura di), Metodi di misura delle emissioni olfattive. Quadro normativo e campagne di misura, Manuali e Linee guida 19/2003. 321 Definito come il rapporto (adimensionale) tra la tensione di vapore della sostanza, in ppm, e la soglia (100%) della sostanza stessa, sempre in ppm. Sono considerati potenzialmente poco odorosi i composti il cui O.I. è inferiore a 105 (alcani, alcoli a basso peso molecolare), mentre i composti con O.I. più elevati sono i mercaptani il cui O.I. può raggiungere un valore di 109. La diffusibilità è un parametro importante soprattutto per quanto riguarda la cosiddetta pervasività degli odori, ovvero la capacità di certe classi di analiti di diffondere verso l’alto maggiormente rispetto ad altre, che non riuscendovi, danno maggiori problemi di impatto sulle zone circostanti. 322 Le suddette indicazioni sono tratte da: a cura di APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici) ( A cura di), Metodi di misura delle emissioni olfattive. Quadro normativo e campagne di misura, cit. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 87 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Il Department of Environmental Protection Perth, Western Australia323 ha elaborato una diversa suddivisione che tiene conto dell’intensità (come da tabella sotto riportata) INTENSITÀ DI ODORE PUNTEGGIO TONO EDONICO Impercettibile 0 Nessun fastidio Appena percettibile 1 Fastidio molto leggero Debole 2 Fastidio leggero Distinto 3 Fastidio distinto Forte 4 Fastidio serio Molto forte 5 Fastidio molto serio Estremamente forte 6 Fastidio estremamente serio Da diversa fonte abbiamo, invece, i “Descrittori di qualità associati ad alcune delle sostanze odorigene più comuni”324 SOSTANZA DESCRITTORI SOSTANZA DESCRITTORI Acetaldeide dolce n-Esano Solvente Acetone dolce, pungente 1-Esanolo fiori, piacevole Acido acetico Pungente Etanolo Dolce, piacevole Acido butirrico dolce, sudore Etil-mercaptano Cavolo in decomposizione Acido valerianico dolce,sudore,formagg Etil-solfuro Nauseante io Acido solfidrico uova marce Fenolo Medicinale, dolce Allil-mercaptano Aglio Metiletil-chetone Dolce Ammoniaca pungente, Metanolo Medicinale, dolce ammoniacale Anidride solforosa zolfo, pungente Metil-mercaptano Cavolo in decomposizione Benzene Solvente Metil-solfuro vegetale marcio Benzil-mercaptano Sgradevole Nitrobenzene lucido da scarpe, amaro Benzilsolfuro zolfo, uova marce Percloroetilene Solvente o-Bromuro-fenolo Medicinale Pinene resinoso, pino Butil-mercaptano Sgradevole Piridina Fetido pungente Cicloesanolo Canfora Scatolo Fecale Dimetil-solfuro vegetale marcio Tiocresolo Rancido Diallil-solfuro Difenil-solfuro Aglio Gomma bruciata Tiofenolo Xilene putrido, marcio Solvente terz.. Come si può notare, non necessariamente deve trattarsi di odori sgradevoli e ciò significa che una “piacevole” sensazione olfattiva (ad esempio dolce, di fiori o di pino) 323 324 Department of Environmental Protection, Odour Methodology Guidelines, Perth, Western Australia, Marzo 2002 Fonte: DEFRA( Department for Environment, Food & Rural Affairs) Guideline, 2005 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 88 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ che, magari, non desta preoccupazione è, in realtà, sintomo della presenza nell’aria di sostanze potenzialmente tossiche. Utilizzando le precedenti descrizioni dei fenomeni inquinanti, è possibile raggiungere un’adeguata definizione di inquinamento olfattivo identificando, tale fenomeno, come la presenza nell’aria di una o più emanazioni gassose percepibili attraverso il senso dell’olfatto idonee a modificare la normale composizione o stato fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell'aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo; da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati”. 2. La tollerabilità delle emissioni olfattive: da una dimensione normale a un rigoroso concetto di stretta tollerabilità e bassa accettabilità sociale. L’assenza di una normativa specifica sul fenomeno delle molestie olfattive ha creato non pochi problemi ai giudici chiamati a dirimere controversie in ordine a questo tipo di fenomeno. La giurisprudenza ha avuto a disposizione, per diverso tempo, solo le normative codicistiche con le limitazioni proprie di una disciplina concepita in un periodo storico nel quale il fenomeno delle propagazioni gassose (soprattutto se consequenziali ad un’attività umana) non si manifestava con l’intensità e le problematiche dei giorni attuali. Gli arresti giurisprudenziali in materia si sono rilevati adeguati e decisivi anche per orientare l’attività del legislatore verso il riempimento di un vuoto legislativo che richiedeva immediate risposte. La Suprema Corte ha, in primis, affrontato il problema riconducendo il fenomeno della propagazione di odori nella categoria delle “molestie” disciplinate, a livello civile, dell’art. 844 Codice civile e, nell’ambito penale, dal II comma dell’articolo 674 del Codice penale. La giurisprudenza è subito andata alla ricerca di un “limite” quale punto di riferimento per costruirvi intorno un iter logico. L’approccio tradizionale valorizzava il limite della “normale tollerabilità” 325 come “valore massimo” all’interno del quale il contenimento delle emissioni non comportava alcuna conseguenza o possibilità di contestazione. Superato il limite della “normale tollerabilità” il responsabile può essere diffidato a cessare l’immissione ed eventualmente anche a rispondere dei danni. L’aumento delle emissioni olfattive, comparato con le condizioni del caso concreto e con una valutazione dei luoghi, può assumere le connotazioni di un illecito penale; i Giudici di legittimità hanno individuato un reato ex art. 674 II comma c.p. “ in presenza di 325 Questa espressione, normale tollerabilità, evidenzia la necessità di tener conto di un criterio obiettivo di medietà, di tutte le circostanze del caso concreto e quindi della situazione specifica dei luoghi e dei tempi. Risulta assolutamente irrilevante, così, la condizione soggettiva del singolo; occorre, invece, considerare, secondo un criterio di medietà, di reattività normale se le lesioni subite siano o meno tali da superare la soglia della accettabilità e quindi da incidere, secondo un parametro di ordinarietà, sul godimento del bene da parte del soggetto che reagisce all’immissione. F. CARINGELLA, Studi di diritto Civile, Volume 2, Proprietà e diritti reali (con la collaborazione di M. GIORGIO), Milano, 2007. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 89 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ “molestie olfattive” promananti da impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera (e rispettoso dei relativi limiti, come nel caso di specie), e ciò perché non esiste una normativa statale che preveda disposizioni specifiche - e, quindi, valori soglia - in materia di odori326. Non potendo disporre di “una normativa statale che preveda disposizioni specifiche”, gli Ermellini hanno stabilito con una maggiore precisione gli estremi e le condizioni dell’eventuale fattispecie penale così statuendo: ”a) l'evento del reato consiste nella molestia, che prescinde dal superamento di eventuali valori soglia previsti dalla legge, essendo sufficiente quello del limite della stretta tollerabilità; b) qualora difetti la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testimoni, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica, ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti327. La ricerca della giurisprudenza di un limite di riferimento, dunque, ha compiuto il primo passo nel disattendere l’assunto per cui la presenza della prescritta autorizzazione fungerebbe da scriminante. La Suprema Corte ha preso, così, le distanze dal concetto di normale tollerabilità per volgere l’attenzione verso un più stringente criterio di “stretta tollerabilità” “quale parametro di legalità dell'emissione, attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana di quello della “normale tollerabilità”, previsto dall'art. 844 cod. civ. in un'ottica strettamente individualistica”328. Il parametro della “normale tollerabilità” viene contenuto nei rapporti di vicinato; la Suprema Corte, infatti, nel proseguo della motivazione statuisce che l’art. 844 c.c. “ è norma destinata a risolvere il conflitto tra proprietari di fondi vicini per le influenze negative derivanti da attività svolte nei rispettivi fondi” . Con questo importante arresto, la giurisprudenza di legittimità circoscrive l’ambito di applicazione dell’art 844 c.c. a questioni attinenti esclusivamente il diritto di proprietà perché il criterio della normale tollerabilità è inidoneo per giudicare su propagazioni gassose che attentano alla salubrità dell’aria e alla salute umana. L’iter logico è del tutto coerente in quanto l’attenzione si sposta da una molestia al diritto di proprietà ad un pregiudizio al diritto alla salute e alla salubrità dell’aria. Questo cambiamento di paradigma non ha riscontrato l’unanime accettazione da parte della dottrina e non sono mancate perplessità in ordine al fatto che la giurisprudenza alle volte si accontenta “ai fini dell’applicazione dell’art. 674 c.p., dell’idoneità delle emissioni a turbare la tranquillità o la salute psichica delle persone. In sostanza, rileverebbero stati d’animo quali la paura o l’ansia, allarmi generalizzati circa possibili 326 Cassazione penale, Sez. 3, sentenza n. 37037 del 29 maggio 2012 Cassazione penale, Sez. 3, sentenza n. 19206 del 27 marzo 2008 ripresa da Cassazione penale, sentenza n. 12019 del 10 febbraio 2015 328 Cassazione penale, Sez. 3, sentenza n. 2475 del 9 ottobre 2007 327 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 90 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ danni alla salute causati da determinate emissioni che pure non siano privatamente idonee ad offendere la salute fisica delle persone”329. La giurisprudenza ha preso atto delle difficoltà di poter disporre di metodi scientifici per misurare una propagazione gassosa e poter elaborare un giudizio circa la loro ammissibilità; dovendo, però, arrivare ad una valutazione di tollerabilità, la Suprema Corte ha riconosciuto un valore decisivo alle testimonianze e alle dichiarazioni di chi, nel caso concreto, ha vissuto in prima persona i disagi e i nocumenti causati dalle propagazioni olfattive. La valutazione, allora, senza necessariamente prescindere dagli studi e dalle indagini scientifiche, si colloca in un ambito sociale e cerca le sue risposte nel vissuto quotidiano di un indefinito gruppo di persone chiamate a convivere (ma non a tollerare) con la presenza di emissioni non solo gassose. Al giorno d’oggi, le fonti emissive di propagazioni olfattive sono molteplici e non è facile delinearne una categoria; si pensi ai grandi e medi impianti industriali, a quelli di trattamento e smaltimento rifiuti, di trattamento delle acque superflue, di lavorazione di scarti di origine animale e vegetale, di verniciatura, di produzione mangimi, oltre che a molti allevamenti zootecnici. Si tratta di attività antropiche diffusissime e localizzate in prossimità delle città se non al loro interno. Un tempo, si trattava di attività che non destavano alcuna preoccupazione e che erano del tutto tollerate; l’accresciuta sensibilità delle popolazioni per le tematiche ambientali ha minato l’accettabilità sociale verso quelle fonti di emissioni specie quando i miasmi finiscono per diffondersi nell’ambiente urbano. La medicina, del resto, ha documentato un ampio spettro di esiti sanitari, acuti e cronici, che vanno dai sintomi respiratori alla morbosità e mortalità per cause cardiologiche, respiratorie e tumorali; è vero anche, però, che c’è chi sostiene che “Gli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico sulla salute dell’uomo non sono mai stati sufficientemente chiari ed è difficile rilevarne l’influenza sull’aumento di alcune patologie e decessi…Molti gas nocivi, presenti nell’aria, sono incolori e inodori, per cui difficilmente ci accorgiamo di inalarli, se non quando siamo immersi nel traffico e percepiamo gli odori sgradevoli dei gasi di scarico”330. Seguendo un coerente iter logico, la giurisprudenza e la dottrina già da tempo hanno riconosciuto l’ulteriore principio della “bassa accettabilità sociale” quale espressione del diffuso sentire sociale. A livello individuale e collettivo si è nell’ambito di un’interazione tra la sfera della valutazione e quella dell’azione che attiva il rifiuto, l’opposizione o il conflitto aperto. Il concetto di “accettabilità sociale” non ha un’unica definizione universalmente accettata; c’è chi ritiene che la stessa “si ottiene se le attività di progetto non 329 L’autore non è pervaso da tale interpretazione ed evidenzia che “da un lato trasforma un reato contro l’incolumità pubblica – come risulta dalla rubrica anteposta all’art. 672 c.p. – in un reato contro la tranquillità pubblica, dimenticando che alla tutela di tale ultimo interesse sono dedicati altri articoli di altro titolo (Titolo I, Capo I, Sezione I del Libro III del codice penale). D’altro canto, finisce per equiparare stati d’animo (nemmeno malattie in senso psichiatrico) a malattie fisiche eludendo il raffronto con la salute delle persone e, soprattutto, finisce per avallare fenomeni di psicosi o di isteria collettiva basati su dicerie anziché su dati scientificamente verificati” C. RUGA RIVA, Diritto Penale dell’Ambiente, Torino, 2013 330 V. TUFARIELLO, Il danno da immissioni, Milano 2012 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 91 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ comportano cambiamenti drastici delle condizioni normali dell'area, e se le parti interessate possono trarre vantaggi dal progetto”331. Una forma di approccio è stata elaborata nell’ambito delle energie rinnovabili dove è stato evidenziato una evidente favore della popolazione come, in passato, vi era una valutazione positiva verso la creazione dei grandi agglomerati industriali visti come un notevole impulso alla produzione e, soprattutto, all’occupazione. L’accettabilità sociale, però, è un elemento che non si può valutate sulla grande scala ma rappresenta una dimensione che riguarda soprattutto le popolazioni locali o, comunque, quella parte di cittadina che viene a confrontarsi quotidianamente con tutti quelli che possono essere gli effetti della vicinanza di un’attività produttiva. Un’altra definizione (Wustnhagen, Wolsink, Burer Rolf Wustenhagen, 2007) propone un concetto di accettabilità sociale composta in tre distinte dimensioni: 1) accettabilità sociopolitica, di carattere molto generale che riguarda la popolazione nel suo complesso ed è molto lontana da quel livello locale nel quale il cittadino vede potenzialmente intaccati i suoi interessi; 2) accettabilità della comunità che interessa l’attività in una fase primordiale quando, cioè, bisogna individuare il sito dove localizzare l’impianto; in questa fase, un’ampia accettabilità sociale riscontrata nella prima dimensione trova un ridimensionamento a causa degli inevitabili disappunti da parte di coloro che popolano o vivono nei pressi del sito individuato; 3) accettabilità di mercato che è inerente alle risposte, positive o meno, del comparto economico di riferimento. L’aspetto dell’accettabilità sociale (molto trascurato negli anni passati) riveste, oggi, un ruolo fondamentale nella programmazione e nella progettualità di nuovi impianti tanto che si sono sviluppati determinati studi per sviluppare, fin dall’inizio, un approccio di favore e di buoni rapporti con le popolazioni locali insistendo molto su strumenti di comunicazione e campagne pubblicitarie che possano evitare o attenuare un calo dell’accettabilità sociale. 3. Il pregiudizio da moleste olfattive prescinde dal rilascio delle autorizzazioni e dal rispetto dei limiti imposti per legge. Un aspetto interessante nella giurisprudenza sopra richiamata, riguarda l’approccio riservato all’elemento delle autorizzazioni previste per legge la cui carenza comporta determinate conseguenze ma l’avvenuto suo rilascio non è sufficiente ad operare come scriminante in caso di propagazioni gassose qualificate come molestatrici. La parte V del D.Lgs. n. 152/2006 (codice dell’Ambiente) comprende le “Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera”. La disciplina si applica agli impianti e alle attività che rilasciano emissioni nell’atmosfera stabilendo, tra le altre cose, i valori di emissione, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni. 331 A. C. DE JESUS, Environmental sustanability of geothermal development. Proceedings of the World Geothermal Atti del Congresso tenutosi a Firenze nei giorni 18-31 Maggio1995. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 92 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ L’art. 269 del D.Lgs. n. 152/2006 impone la richiesta ed i rilascio di autorizzazione per tutti gli impianti destinati a produrre emissioni e il successivo art. 279 regola la disciplina delle relative sanzioni. L’assenza di autorizzazione rappresenta una violazione di legge che si perfeziona anche se l’impianto non è ancora entrato in funzione (quest’ultimo profilo è messo in discussione da una parte della giurisprudenza). La pericolosità deriva dall’aver sottratto, alla Pubblica amministrazione, la possibilità di esercitare un controllo preventivo su un’attività potenzialmente dannosa per l’ambiente. “A fianco della tutela dell’ambiente e della salute umana” quindi “questa normativa garantisce e tutela lo svolgimento della funzione amministrativa di controllo preventivo sulle fonti di emissioni inquinanti. In materia ambientale, infatti, l’autorizzazione in primo luogo ha una funzione abilitativa e serve, cioè, a rimuovere un ostacolo all’esercizio di alcune facoltà dell’amministrato. D’altro canto, però, essa – al pari della comunicazione – ha altresì la funzione di consentire alla pubblica amministrazione il controllo ed il rispetto della normativa e degli standard di settore, attraverso il c.d. monitoraggio ecologico. Così l’omessa richiesta di autorizzazione o l’omessa comunicazione successiva da parte del gestore dell’impianto, impediscono all’autorità competente di raccogliere le conoscenze e le informazioni ambientali, necessarie per esercitare la funzione di vigilanza e per impartire le relative sanzioni in caso di disobbedienza a questi precetti”332. Per questo motivo “in tema di inquinamento atmosferico, il reato di cui all’art. 25 del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203 (oggi abrogato e sostituito dall’art. 279 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152) che punisce l’esercizio di un impianto esistente in difetto di autorizzazione, è configurabile indipendentemente dalla circostanza che le emissioni superino i valori limite stabiliti, in quanto non si tratta di un reato di danno ma di un reato formale o di condotta che tende a garantire un controllo preventivo da parte della P.A.”333 Come anticipato prima, la giurisprudenza non è unanime sul punto considerata quella diversa prospettazione che ha ritenuto imprescindibile che un’attività di propagazione sia per lo meno iniziata essendo insufficiente un giudizio di mera potenzialità di emissioni334. Per completezza, va aggiunto che “l’installazione in un impianto di apparecchiature che aumentano le emissioni richiede un’ulteriore preventiva autorizzazione atteso che devono essere autorizzate tutte le emissioni, anche di modeste dimensioni, che abbiano concreta attitudine”335. 4. La limitazione delle emissioni nell’atmosfera: con il nuovo art 272bis il fenomeno della molestia olfattiva entra nel Codice dell’Ambiente. 332 M. PELISSERO, Reati contro l’ambiente e il territorio, Torino, 2019 Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 35232 del 28 giugno 2007. 334 “L’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 279 d. lgs. n. 152 del 2006 per l’emissione in atmosfera di sostanze (pericolose e non) in assenza di autorizzazione, comporta la prova della concreta produzione delle emissioni da parte dell’impianto, non potendo dirsi sufficiente la mera potenzialità produttiva di emissioni inquinanti” Cassazione Penale, Sez. III, sentenza n. 5347 del 12 gennaio 2011. 335 Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 44362 del 29 novembre 2007 333 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 93 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La Parte V del D.Lgs. n. 152/2006 è una disciplina relativamente recente (come tutto il Codice dell’Ambiente, del resto), arricchita da continue modifiche e aggiunte come l’art. 272bis rubricato “emissioni odorigene” introdotto con Decreto legislativo n. 183/2017336. La novellata disciplina in tema di emissioni ha ereditato decenni di giurisprudenza e dottrina formatesi sull’articolo 474 c.p. ossia una delle due sole disposizioni (insieme all’art. 844 c.c.) per disciplinare il fenomeno da propagazione sotto i due diversi profili civile e penale. Il criterio di normale tollerabilità ha rappresentato il punto di partenza e un parametro più che sufficiente per disciplinare situazioni che non andavano oltre i normali rapporti di vicinato; tale criterio, evidentemente, risulta utile a fronte di emissioni modeste e, quindi, non sufficienti ad arrecare nocumento ad un consistente numero di persone (figuriamoci un quartiere o un’intera città). In principio, le necessità della produzione ricevevano un “trattamento di favore”: “il principio di socialità, da cui l’istituto della proprietà è pervaso, torna a riflettersi sulla disciplina delle emissioni. Per l’art. 844 del c.c., il proprietario del fondo deve sopportare le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino che non superino la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alle condizioni dei luoghi. Il duplice criterio del grado di intensità delle immissioni e del carattere particolare della zona è coordinato a quello delle esigenze della produzione: si prescrive al giudice di contemperare nell’applicazione della norma le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Un ulteriore è indicato al giudice per agevolare la risoluzione dei delicati conflitti nei rapporti di vicinato, autorizzandolo a tener conto delle priorità di un determinato uso”337. Il progressivo sviluppo industriale e la comparsa dei grandi insediamenti industriali nelle prossimità degli agglomerati urbani ha reso indispensabile prima un’interpretazione da parte della giurisprudenza e, successivamente, un intervento legislativo. L’art. 674 c.p. assicura la tutela della pubblica incolumità e concerne, altresì, l’interesse a prevenire pericoli più o meno gravi alle persone; in tal senso, le cosiddette molestie olfattive dovranno essere valutate non solo sotto il profilo della conclamata e definita pericolosità delle esalazioni ab origine, ma anche sotto il profilo degli effetti dell’esposizione continuata a dette sostanze. La propagazione di queste esalazioni maleodoranti costituisce un’offesa al benessere dei cittadini e grave pregiudizio per il tranquillo svolgimento della loro vita di relazione. Non sarebbe necessario neanche accertare l’effettivo nocumento alle persone; l’attitudine delle condotte (in conseguenza delle quali si emettono o si rilasciano i miasmi fastidiosi) ad arrecare disturbo è sufficiente per configurare le fattispecie delittuose ex art. 674 c.p.. 336 Attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché per il riordino del quadro normativo degli stabilimenti che producono emissioni nell’atmosfera, ai sensi dell’art 17 della legge 12 agosto 2016, n. 170. 337 Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 94 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Questa attitudine, ricorda la giurisprudenza, non deve essere necessariamente accertata con perizia in quanto anche il giudice può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle emissioni, quando tali dichiarazioni si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi. L’interesse ed il diritto fondamentale ad avere un aria salubre e pulita non può in nessuno modo essere disatteso da interessi privati e da qualsiasi altra attività, lecita o autorizzata anche in considerazione del fatto che “ È configurabile il reato di getto pericoloso di cose in caso di produzione di “molestie olfattive” mediante un impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera, in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione, quale parametro di legalità dell'emissione, del criterio della “stretta tollerabilità”, e non invece, di quello della “normale tollerabilità” previsto dall'art. 844 cod. civ., attesa l'inidoneità di quest'ultimo ad assicurare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana ”338 e, sotto altra fattispecie di illecito è stato chiarito che “Per la configurabilità del reato di cui agli artt. 269 e 279, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, trattandosi di reato permanente, formale e di pericolo, non si richiede neppure che l’attività inquinante abbia avuto inizio, essendo sufficiente la sola sottrazione della stessa al controllo preventivo degli organi di vigilanza sia il pericolo che la libera disponibilità dell’impianto, privo di autorizzazione, potesse, attraverso il suo utilizzo, provocare, mediante emissioni in atmosfera, conseguenze potenzialmente dannose per l’ambiente. Inoltre, nella specie, è stata esclusa la rilevanza delle dichiarazioni e delle attestazioni del consulente chimico circa la conformità alla normativa dell’impianto, evidenziando la necessità di un accertamento al riguardo da parte degli organi ispettivi a ciò preposti”.339 La definizione di molestia declinata nel significato dell’art. 674 c.p., dunque, attiene ad ogni condotta in grado di turbare, in modo giuridicamente apprezzabile, la tranquillità e la quiete delle persone; la giurisprudenza ha anche ritenuto che fosse integrata la condotta di “molestia” anche nel caso in cui il fatto incriminato arrechi alle persone “ … preoccupazione ed allarme circa eventuali danni alla salute a seguito della esposizione ad emissioni atmosferiche inquinanti…”340. Sempre la Suprema Corte ha evidenziato che la locuzione “emissione di gas, vapori o fumo” ricomprende anche l’esalazione di odori molesti, nauseanti o puzzolenti, ove presentino carattere non del tutto momentaneo, siano intollerabili o almeno idonee a cagionare un fastidio fisico apprezzabile come nausea o disgusto ed abbiano un impatto negativo, anche in ordine psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione (per esempio necessità di tenere le finestre chiuse…)341. Questo “bagaglio” giurisprudenziale ha, quindi, preceduto l’entrata in vigore del nuovo articolo 272- bis nel Codice dell’Ambiente rubricato “Emissioni odorigene”. Come anticipato, la nuova 338 Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 36905 del 14 settembre 2015 Cassazione penale, sentenza n. 50632 del 7 novembre 2017 340 Vedi Cassazione penale, Sez. III, sentenze n. 20755 del 14 marzo 2003; n. 38297, del 18 giugno 2004 e n. 21814 del 11 maggio 2007 341 Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3678 del1dicembre 2005 339 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 95 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ disciplina non contiene una definizione di inquinamento olfattivo né tanto meno fornisce elementi utili a tal fine. La disciplina, invero, rimette alla normativa regionale il potere sia di determinare le misure necessarie per prevenire o limitare le emissioni odorigene degli stabilimenti interessati dalla disciplina del Titolo V del Codice dell’ambiente. Il potere di determinazione rimesso alle Regioni è, praticamente, totale: l’ente territoriale può stabilire, in primis,valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm3) per le sostanze odorigene. La normativa regionale può, inoltre, imporre prescrizioni per la localizzazione degli impianti oltre a fornire indicazioni di natura gestionale e l’obbligo di piani di contenimento. Vi è ricompresa anche la definizione procedure e metodi per definire portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m3 o ouE/s). Il nuovo articolo è stato introdotto per assolvere agli obblighi di recepimento della Direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 (relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi) la quale, nei Consideranda n. 2 e 3, così recita: “Al fine di garantire un ambiente sano per tutti, il programma d'azione prevede che gli interventi a livello locale siano integrati da politiche adeguate sia a livello nazionale che dell'Unione… Le valutazioni scientifiche indicano che la perdita in termini di durata di vita media dei cittadini dell'Unione imputabile all'inquinamento atmosferico è di otto mesi.” Il nuovo articolo 272bis del Codice dell’Ambiente recepisce la consolidata giurisprudenza in tema di immissioni e, soprattutto, di criterio di tollerabilità; infatti, se un filone giurisprudenziale (recentemente ribadito) sentenziava che ”in tema di immissioni (nella specie di rumori ed esalazioni provocati dallo svolgimento di attività di officina), i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica che, di regola, vengono compiuti mediante apposita consulenza d'ufficio con funzione “percipiente”, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone, potendosi in tale materia ricorrere alla prova testimoniale soltanto quando essa verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti e non si riveli espressione di giudizi valutativi”342 un’altra prospettazione giurisprudenziale espressione di consolidato orientamento (ovviamente attinente alla precedente pronuncia) fissava un fondamentale criterio ossia che “ Il limite di tollerabilità delle immissioni non ha carattere assoluto ma è relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti; spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa”343. 342 343 Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1606 del 20 gennaio 2017 Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3438 del 12 febbraio 2010 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 96 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La nuova disciplina riconosce maggiore discrezionalità agli Organi di Vigilanza i quali, in sede di rilascio delle autorizzazioni, potranno applicare limiti più stringenti rispetto a quelli stabiliti dalla normativa regionale oltre la possibilità di sviluppare adeguati “piani di contenimento” in ragione della vicinanza di recettori sensibili. Interessante (e coerente con la posizione della giurisprudenza della Cassazione) è anche la giurisprudenza amministrativa; in particolare, il TAR Catanzaro (Calabria) così si è espresso: “anche se non è rinvenibile un riferimento espresso alle emissioni odorigene, le stesse debbono ritenersi ricomprese nella definizione di “ inquinamento atmosferico” e di “emissioni in atmosfera”, poiché la molestia olfattiva intollerabile è al contempo sia un possibile fattore di “pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente”, che di compromissione degli “altri usi legittimi dell'ambiente”, ed in sede di rilascio dell’autorizzazione, dovendo essere verificato il rispetto delle condizioni volte a minimizzare l'inquinamento atmosferico (infatti per l'art. 296, comma 2, lett. a, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, il progetto deve indicare le tecniche adottate per limitare le emissioni e la loro quantità e qualità), possono pertanto essere oggetto di valutazione anche i profili che arrecano molestie olfattive facendo riferimento alle migliori tecniche disponibili”344. La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che con la locuzione “ambiente” deve intendersi “…il contesto delle risorse naturali e delle stesse opere più significative dell’uomo protette dall’Ordinamento perché la loro conservazione è ritenuta fondamentale per il pieno sviluppo della persona. L’ambiente è una nozione oltreché unitaria, anche generale, comprensiva delle risorse naturali e culturali, veicolata nell’ordinamento italiano dal diritto comunitario”345; in tal modo, la Suprema Corte ha focalizzato un principio ripreso successivamente dalla Cassazione stessa la quale, pronunciandosi in relazione ai nuovi diritti ambientali introdotti dalla legge n. 68/2015, ha ribadito che per ambiente “ deve intendersi, secondo una concezione unitaria, non solo il contesto delle risorse naturali, ma anche l’insieme delle opere di trasformazioni operate dall’uomo e meritevoli di tutela”346. Anche la giurisprudenza civilistica ha affermato che il bene pubblico “ambiente” comprende l’assetto del territorio, la ricchezza di risorse naturali, il paesaggio come valore estetico, e culturale e come condizione di vita salubre il tutte le sue componenti347 e, partendo da questo principio, ha sentenziato che l’alterazione del bene ambiente consiste nella modificazione definitiva dell’equilibrio ecologico, biologico e sociologico del territorio348. 5. Il problema dei roghi nelle campagne: quale limite? 344 TAR Catanzaro (Calabria) sentenza n. 682 del 21 marzo 2018 Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 9727 del 15 giugno 1993 346 Cassazione penale sentenza n. 2990 del 3 luglio 2018; unitarietà del concetto ambiente già riconosciuto dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 316 del 9-22 luglio del 1998 347 Cassazione civile sentenza n. 25010 del 10 ottobre 2008 348 Cassazione civile sentenza n. 8662 del 4 aprile 2017 345 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 97 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Le propagazioni olfattive possono derivare dalla combustione di cumuli di rifiuti agricoli generati soprattutto dalle operazioni di potatura; anche in merito a tale eventualità è opportuno riportare alcune considerazioni: piccoli falò vengono spesso accesi nelle campagne da singoli agricoltori e proprietari di appezzamenti di terreno; si tratta di piccolissimi focolai che quasi non generano fiamma con emissioni minime. Purtroppo, come accaduto in passato, quella che è quasi una tradizione campagnola si è spesso trasformata in una grave violazione delle norme in tema di sicurezza e di igiene ambientale quando i piccoli falò vengono sostituiti da grandi cumuli di materiale vegetale che offrono occasione per occultare la smaltimento (illegale, ovviamente) di contenitori di plastica o di polistirolo che, bruciando, emettono grandi quantità di diossina. Gli scarti vegetali provengono da piante che, con una certa regolarità, sono state sottoposte a trattamenti chimici (si pensi ai pesticidi irrorati direttamente sulle coltivazioni) e, conseguentemente, la combustione delle foglie e degli altri residui agricoli contribuisce a disperdere nell'aria esalazioni di natura chimica altamente tossica; si tenga, inoltre, presente che è pratica diffusa quella di spargere i cumuli destinati alla bruciatura con olio esausto per garantire una continua e ininterrotta combustione con evidenti dispersione di agenti inquinanti nell'aria. Sul punto è doveroso segnalare che il Decreto legislativo n. 152 del 2006 (Norme in materia ambientale) nella parte quarta (Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati) non prescrive in alcun modo la possibilità di smaltire, tramite bruciatura, i residui della lavorazione agricola. “Integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), del medesimo decreto, la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione, oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall'articolo 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo”349. Viceversa, la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa, ai sensi dell'art. 255 del citato decreto 350 349 6-bis. Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10). 350 1. “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito: a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. 2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2. 3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 98 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ (nella specie, trattandosi di scarti ammassati nello scavo profondo 4 metri, che non avrebbero potuto esser riutilizzati nello stesso od in altro processo produttivo e che si presentavano in stato di putrefazione, con emanazione di reflui maleodoranti, è stato ravvisato un deposito incontrollato di rifiuti, in quanto, pur essendo stati gli scarti vegetali accatastati nello stesso luogo di produzione, la loro quantità e le modalità di conservazione erano tali da far ritenere che non si trattasse di mero deposito temporaneo finalizzato al successivo smaltimento).”351 6. L’abbandono dei rifiuti: quando l’inquinamento odorigeno è conseguenza di un’altra fattispecie criminosa. Il manifestarsi del fenomeno non esclude che le emissioni fastidiose siano originate da rifiuti abbandonati o interrati nelle vicinanze del centro abitato. Purtroppo, le campagne sono spesso oggetto di sversamenti di sostanze organiche o di materiale maleodorante che, in alcuni casi, viene interrato. Il reato di abbandono di rifiuti si concreta qualora vengano rinvenuti cumuli di materiale in stato di degrado e abbandono, sia in aree pubbliche che private e la fattispecie trova sanzione all’art. 255 del D. Lgs 152/06. Il responsabile (quando è individuato) sarà obbligato a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero e allo smaltimento dei rifiuti e al ripristino dei luoghi; lo stesso obbligo ricadrà sul proprietario o conduttore dell’area. Elemento caratterizzante dell’abbandono, si tenga presente, è l’occasionalità dell’evento. Quando la condotta diventa reiterata e conseguente ad un’attività organizzata non si ha semplicemente abbandono, ma si realizza una discarica abusiva. Cioè quando i rifiuti vengano accumulati in un’area trasformata di fatto in deposito degli stessi, mediante una condotta ripetuta, consistente nell’abbandono – per un tempo considerevole e comunque non determinato – di una notevole quantità, che discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. 4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni. 5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b). 6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti. 7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. 8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all'adozione del decreto di cui all'articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234. 9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.” 351 Cassazione penale sentenza n. 39325 del 31 agosto 2018 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 99 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ occupa uno spazio cospicuo. E, si badi, la provvisorietà e lo stoccaggio in attesa di un trasferimento, da attuare in tempi lunghi, non escludono la sussistenza dell’illecito. 7. Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n.155 e s.m.i. “Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa”. La propagazione di emissioni olfattive rappresenta un fenomeno che trova una necessaria rilevanza anche nella disciplina dettata dal Decreto Legislativo n. 155/2010 emanato in attuazione della direttiva 2008/50/CE. Il Consideranda n. 2 dell’atto europeo rappresenta il punto fondamentale della regolamentazione e segna il preciso indirizzo verso il quale gli Stati membri devono muoversi con i loro atti di recepimento: dove esige che “Ai fini della tutela della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso, è particolarmente importante combattere alla fonte l’emissione di inquinanti nonché individuare e attuare le più efficaci misure di riduzione delle emissioni a livello locale, nazionale e comunitario. È opportuno pertanto evitare, prevenire o ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici nocivi e definire adeguati obiettivi per la qualità dell’aria ambiente che tengano conto delle pertinenti norme, orientamenti e programmi dell’Organizzazione mondiale della sanità.” Il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n.155 istituisce un quadro normativo unitario che pone al centro della disciplina “l’aria ambiente” ossia l’aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro. Il successivo Decreto legislativo 24 dicembre 2012 n. 250 ha significativamente modificato il D.Lgs. n. 155/2010; “l’art 1 garantisce una maggiore coerenza con alcune definizioni contenute nella direttiva 2008/50/CEE e 2004/107/CE come per esempio il concetto di “valore limite” sopprimendo la definizione che si rileva “alle conoscenze relative alle migliori tecnologie sostenibili”. Il valore limite viene quindi ridefinito come il “livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire, ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso che deve essere raggiunto entro un termine prestabilito e in seguito non deve essere superato”352. Come anticipato prima, il D.Lgs. n. 155/2010 sviluppa la sua disciplina intono al concetto di aria – ambiente imponendo l’unificazione delle metodologie di valutazione (con standard qualitativi elevati ed omogenei e secondo i canoni di efficienza, efficacia ed economicità) della qualità sull’intero territorio nazionale e adottando le opportune misure per contrastare fenomeni inquinanti in relazione alle informazioni raccolte e ottenute sula qualità dell’aria stessa; tali informazioni devono essere tempestivamente elaborate e messe a disposizione delle amministrazioni interessate. L’atto pone anche l’imprescindibile necessità di fornire un’adeguata informazione al pubblico sulla qualità del’aria ed è evidente l’importanza di questa disposizione per i riflessi sull’accettabilità sociale da parte della popolazione. Il valore limite stabilito, in particolare, riguarda 352 C. IANNICCELI, La redazione di una consulenza tecnica in ambito penale per reati edilizi, urbanistici e ambientali, 2013 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 100 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ delle specifiche sostanze ossia il biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, arsenico, cadmio, nichel e benzo(a)pirene, PM2,5 e PM10. Altro concetto chiave della disciplina è la “zonizzazione” dell’intero territorio nazionale quale presupposto per la valutazione dell’aria – ambiente e l’elaborazione delle misure più adeguate. La disciplina nazionale, mutata da quella europea, recepisce le migliori esperienze nell’ambito della valutazione della qualità dell’aria oltre alle significative indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia la quale, già in tempi non sospetti, statuiva che “in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente l’art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE come modificata dal Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882 deve essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell’ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano d’azione, anche quando essi dispongano, in forza dell’ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l’inquinamento atmosferico”353 BIBLIOGRAFIA - APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici) (a cura di), Metodi di misura delle emissioni olfattive. Quadro normativo e campagne di misura, Manuali e Linee guida 19/2003. - F. CARINGELLA, Studi di diritto Civile, Volume 2, Proprietà e diritti reali (con la collaborazione di M. GIORGIO), Milano, 2007 - S. CARONNO S-A. FOSCHI, P.M.I.P . (Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione) , Definizione odori e problemi inerenti ai controlli e alle autorizzazione , Milano 1998 - A. C. DE JESUS, Environmental sustanability of geothermal development. Proceedings of the World Geothermal Atti del Congresso, Firenze, 18-31 Maggio 1995. - DEFRA( Department for Environment, Food & Rural Affairs) Guideline; 2005 - Department of Environmental Protection, Odour Methodology Guidelines, Perth, Western Australia, Marzo 2002 - C. IANNICCELI, La redazione di una consulenza tecnica in ambito penale per reati edilizi, urbanistici e ambientali, 2013 - IPSOA Manuali HSE Health Safety Environment, Manuale Ambiente, 2017 - M. PELISSERO, Reati contro l’ambiente e il territorio, Torino, 2019 - Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942 - C. RUGA RIVA, Diritto Penale dell’Ambiente, Torino, 2013 - V.TUFARIELLO, Il danno da immissioni, in Il Diritto Italiano nella giurisprudenza, Paolo Cendon (a cura di), Milano, 2012. 353 Corte di Giustizia, Sezione II, 25 luglio 2008, Proc. C237/07 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 101 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ SUL REGIME FISCALE DEGLI ACCORDI TRA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI AVENTI AD OGGETTO LA BONIFICA DI SITI INQUINATI Giuliana Michela Cartanese 354 Abstract (it): La disciplina in materia di bonifiche dei siti inquinati appare particolarmente frammentaria e complessa in quanto contenuta in diversi testi normativi e soprattutto avente ad oggetto profili amministrativi, civilistici e fiscali oltre che tecnico-scientifici. Tra i diversi profili interessati alla bonifica, quello fiscale appare particolarmente complesso anche in considerazione della pluralità dei soggetti coinvolti e delle fasi che la compongono. Nel presente lavoro, è affrontata la questione del regime tributario ai fini IRES e IVA degli accordi tra amministrazioni pubbliche finalizzati alla realizzazione degli interventi di bonifica, invero piuttosto diffusi anche in considerazione del largo impiego di risorse pubbliche che spesso induce a privilegiare il coinvolgimento di istituzioni pubbliche. Ciò premesso, gli accordi in materia di bonifica possono assumere natura onerosa, avendo ad oggetto e configurare un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico, nel quale il le somme erogate costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto. Risultano, invece, escluse dal campo di applicazione dell’IVA tutte quelle “operazioni” nelle quali il soggetto percettore non ha alcuna prestazione da eseguire, quale un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere qualcosa ovvero quando la somma sia erogata per perseguire finalità istituzionali comuni alle parti sganciate da rapporti di carattere corrispettivo. Abstract (en): The regulations on the remediation of polluted sites appear particularly fragmentary and complex as they are contained in various regulatory texts. It concerns administrative, civil and fiscal as well as technical-scientific profiles. The fiscal profile appears particularly complex also in consideration of the plurality of subjects involved and the phases that compose.The present work addresses the issue of the tax system for IRES and VAT purposes of agreements between public administrations aimed at carrying out remediation interventions. These interventions are quite widespread also considering the wide use of public resources that often leads to favour the involvement of public institutions. All of the above, remediation agreements can be onerous in nature and constitute a significant transaction for VAT purposes when there is a synallagmatic legal relationship between the parties, in which the sums disbursed constitute the compensation for the service provided or the goods supplied. On the other hand, all the "transactions" in which the recipient does not have any service to perform are excluded from the scope of VAT application. SOMMARIO: 1. Premessa; - 2. Gli accordi tra pubbliche amministrazioni: tipologie e conseguenze fiscali; - 3. Accordi tra pubbliche amministrazioni e imposizione sul reddito; - 4. Accordi in materia di bonifiche e imposta sul valore aggiunto. 354 Dottore di ricerca in diritto tributario. Avvocato e docente legione allievi guardia di finanza Bari. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 102 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ 1. Premessa. La disciplina in materia di bonifiche dei siti inquinati appare particolarmente frammentaria e complessa in quanto contenuta in diversi testi normativi e soprattutto avente ad oggetto profili amministrativi, civilistici e fiscali oltre che tecnico-scientifici. Invero, le norme più rilevanti sono contenute nelle disposizioni del testo unico in materia ambientale d.lgs. 156 del 2006, attuativo della legge delega n. 15 dicembre 2004, n. 308,355 e nella ricchissima normativa speciale, dispersa in diversi testi di carattere normativo succedutisi nel tempo e soprattutto ispirati alla logica emergenziale e commissariale356. A questo riguardo, è definito il concetto di sito inquinati nel caso di superamento di apposite soglie di contaminazione rilevate attraverso caratterizzazioni dei siti e analisi di rischio. Con apposite conferenze di servizi possono essere prescritti programmi di monitoraggio dei siti al fine di verificare la condizione dei luoghi e l’insieme del fattori inquinanti, anche al fine di risalire agli eventuali responsabili357. Individuate le aree da sottoporre a bonifica, sono contemplate varie azioni, come la messa in sicurezza dei siti (comprensivi quelli interessati a politiche di reindustrializzazione) distinte, a seconda dei casi, in siti dismessi e con attività in esercizio (e quindi anche degli impianti produttivi e tecnologici ancora presenti e attivi), e, quindi, le attività di bonifica realizzate su siti di interesse nazionale e a quelli di rilevanza regionale e locale e quindi le tecniche anche biologiche (bioremediation, bioventing, fitorisanamento, biopile, bioreattori), microbiologiche 355 Cfr. art. 1 comma 9 lett. a), prevede tra i principi direttivi “l’introduzione di differenti previsioni a seconda che le contaminazioni riguardino siti con attività produttive in esercizio ovvero siti dismessi” e “prevedere che gli obiettivi di qualità ambientale dei suoli, dei sottosuoli e delle acque sotterranee dei siti inquinati, che devono essere conseguiti con la bonifica, vengano definiti attraverso la valutazione dei rischi sanitari e ambientali connessi agli usi previsti dei siti stessi, tenendo conto dell’approccio tabellare”. 356 Senza andare troppo indietro nel tempo, va richiamato il Decreto Legislativo n.22 del 5 Febbraio 1997 (cd. “Decreto Ronchi”) che all’art. 17, regola la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, prevedendo gli interventi di bonifica e messa in sicurezza, i termini temporali per le procedure e i tempi per l’emanazione dei successivi decreti attuativi che avrebbero disciplinato la gestione dei siti contaminati; esso stabiliva i criteri per la redazione dell’anagrafe nazionale dei siti contaminati e della lista dei siti di interesse prioritario. La stessa disposizione introduceva diverse modifiche nella gestione delle situazioni di contaminazione quale ad esempio l’onere reale delle operazioni di messa in sicurezza e bonifica posto in capo al proprietario del sito anche se egli non si configurava come l’effettivo responsabile del danno ed il privilegio speciale immobiliare per i soggetti terzi che di propria iniziativa ed a proprie spese provvedevano al risanamento del sito. La norma riceveva attuazione con il decreto 25 ottobre 1999 n. 471 che definiva” il sito inquinato come quello che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito […]”; un sito era definito inquinato se anche “[…] uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili […]”. Inoltre, si legge all’art. 2 comma 3 la definizione di sito potenzialmente inquinato come “[…] sito nel quale, a causa di specifiche attività antropiche pregresse o in atto, sussiste la possibilità che nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee siano presenti sostanze contaminanti in concentrazioni tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito”. 357 Cfr. G.P. Beretta, Lo stato delle attivita di bonifica in Italia. Siti Contaminati. Esperienze negli interventi di risanamento. Atti workshop, Roma, 2013, G.Landi, 2013, La bonifica dei siti contaminati: valutazioni su casi e sentenze in merito a obblighi ambientali, danno ambientale e inadempimenti dei soggetti obbligati, ibidem. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 103 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ (landfarming), chimico-fisiche (soil vapor extraction, air sparging, frantumazione, ecc.). Sempre nell’ottica regolatoria, particolare rilevanza presenta la disciplina del procedimento di bonifica, caratterizzato dalla definizione di competenze e modalità attuative secondo una complessa sequenza di atti proiettati nel tempo, spesso integrata e completata da accordi tra Pubbliche amministrazioni. Il ricorso a tale strumento consensuale consente di massimizzare gli sforzi degli enti coinvolti, valorizzando l’impegno comune profuso, nel rispetto delle leggi vigenti, sia nazionali che regionali (cfr. art. 117, comma 2, lett. s), Cost. che attribuisce competenza esclusiva in materia allo Stato, affidando alle Regioni funzioni attuative oltre che in materia pure all’ambiente contigue)358. In questo ambito, i profili giuridici si intrecciano con quelli tecnico-scientifici 359, anche in considerazione di quanto stabilito dalla lettera f-bis del comma 1 dell'art. 24 del D.L. 5/2012 al comma 7 del citato art. 242 del D.Lgs. n. 152/2006 , che promuove l’integrazione tra saperi. Ciò richiede apertura normativa , da tempo avviata, e soprattutto semplificazione normativa e procedimentale (art. 242 bis avente ad oggetto la procedura di bonifica “semplificata”), meritevole di essere implementata e sostenuta, anche al fine di perseguire in modo efficace gli obiettivi perseguiti, anche in relazione agli ambiti territoriali interessati (sito specificità). In questa prospettiva, l’art. 242 bis360 del codice dell’ambiente introdotto con il decreto competitività del 2014 consente la bonifica a proprie spese da parte dell’interessato, coerentemente con il principio di responsabilità (chi inquina paga)361 attraverso una procedura semplificata che consenta 358 Cfr. Corte cost., n. 151/1986; Corte cost., n. 210/1987. S. CIVITARESE, Ambiente e paesaggio nel nuovo Titolo V della Costituzione, in www.aedon.mulino.it., n. 1/2002; Id, Il Paesaggio nel nuovo Titolo V della Costituzione, in B. Pozzo – M. Renna (a cura di), L’ambiente nel nuovo Titolo V della Costituzione, Milano, 2004, pag. 135 e ss.; D. COSI, Diritto dei beni e delle attività culturali, Roma, 2008, pag. 29 e ss.. B. Caravita, A. Marrone, Ambiente e Costituzione, in B. Caravita, L. Cassetti, A. Marrone (a cura di), Diritto dell’Ambiente, Bologna, 2016, pag. 20. 359 Per ulteriori approfondimenti, cfr. Tecnologie di bonifica dei siti contaminati, a cura di E. Brugnoli, G. Zurlini, V. Uricchio, C. Massarelli, Bari 2014, e degli stessi Autori, Panoramica sui più recenti sviluppi della ricerca italiana, Bari, 2014. 360 Secondo tale disposizione, “L'operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, può presentare all'amministrazione di cui agli articoli 242 o 252 uno specifico progetto completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, nonché del cronoprogramma di svolgimento dei lavori. La caratterizzazione e il relativo progetto di bonifica non sono sottoposti alle procedure di approvazione di cui agli articoli 242 e 252, bensì a controllo ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo per la verifica del conseguimento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nei suoli per la specifica destinazione d'uso. L'operatore è responsabile della veridicità dei dati e delle informazioni forniti, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 1bis. Qualora il progetto di bonifica di cui al comma 1 riguardi un sito di estensione superiore a 15.000 metri quadrati, esso può essere attuato in non più di tre fasi, ciascuna delle quali è soggetta al termine di esecuzione di cui al comma 2. Nel caso di bonifica di un sito avente estensione superiore a 400.000 metri quadrati, il numero delle fasi o dei lotti funzionali in cui si articola il progetto è stabilito dallo specifico crono-programma ivi annesso, la cui definizione deve formare oggetto di intesa con l'autorità competente. Il crono-programma deve precisare, in particolare, gli interventi per la bonifica e le misure di prevenzione e messa in sicurezza relativi all'intera area, con specifico riferimento anche alle acque di falda. 361 Il principio chi inquina paga, pensato ai fini risarcitori, ha trovato collocazione per la prima volta in ambito europeo nel Programma d’azione per la protezione dell’ambiente del 17 aprile 1973 ove è stato stabilito che “ qualsiasi spesa connessa alla prevenzione e all’eliminazione delle alterazioni ambientali è a carico del responsabile ”. Non potendo richiamare l’ampia produzione scientifica sul tema, si richiama M. Meli, Le origini del principio “chi inquina paghi” ed il suo accoglimento da parte della comunità europea, in Riv. Giur. Amb., 1989, pag. 217 ss.; Id., Il principio comunitario ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 104 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ la riduzione e la limitazione degli effetti della contaminazione, assicurando comunque il controllo ex post. Tale disciplina va poi collegata a quella delle riparazioni di tipo risarcitorio dei danni ambientali, anche attraverso modelli di transazione globale, che evidentemente non sono precluse dall’adozione di procedura semplificate di bonifica. Tra i diversi profili interessati alla bonifica, quello fiscale appare particolarmente complesso anche in considerazione della pluralità dei soggetti coinvolti e delle fasi che la compongono. Nel presente lavoro, è affrontata la questione del regime tributario ai fini IRES e IVA degli accordi tra amministrazioni pubbliche finalizzati alla realizzazione degli interventi di bonifica, invero piuttosto diffusi anche in considerazione del largo impiego di risorse pubbliche che spesso induce a privilegiare il coinvolgimento di istituzioni pubbliche. 2. Gli accordi tra pubbliche amministrazioni: tipologie e conseguenze fiscali. Lo strumento degli accordi tra pubbliche amministrazioni ha ricevuto dapprima una propria regolamentazione nella legge generale sul procedimento amministrativo e, quindi, una notevole espansione nell’esperienza applicativa sia nel nostro Paese ma anche in altri Stati europei362, sostituendo via via manifestazioni unilaterali e autoritative delle potestà amministrative363. Il ricorso a modelli convenzionali di esercizio della potestà amministrativa trova la propria collocazione normativa nell’art. 15, legge 241 del 1990 in base al quale “anche al di fuori delle ipotesi delle conferenze di servizi, “le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività comune” (comma 1). La disciplina, volutamente scarna e generica, delinea un modello che si presta essere via via riempito di contenuti attraverso anche la regolamentazione attuativa delle parti. L’innesto nello schema aperto offerto dalla norma di contenuti pattizi specifici consente di tenere conto di assetti d’interessi rappresentati dalle diverse parti pubbliche e della <chi inquina paga>, Milano, 1996, pag. 89.; ai fini tributari cfr. P. Selicato, Imposizione fiscale e principio “chi inquina paga”, in Rass. Trib., 2005, pag. 1161. 362 Con riferimento all’esperienza francese, F. Satta – F. Cardarelli, Il contratto amministrativo, in Dir. Amm., 2007, pag. 205 ss. 363 C. AMIRANTE, La contrattualizzazione dell’azione amministrativa, Torino, 1993; B. CAVALLO, Gli accordi integrativi e sostitutivi di provvedimenti amministrativi, in Dir. Proc. Amm., 1993, pp. 137 ss.; S. CIVITARESE S. MATTEUCCI, Contributo allo studio del principio contrattuale nell’attività amministrativa, Torino, 1997; G.M. ESPOSITO, Amministrazione per accordi e programmazione negoziata, Napoli, 1999; S. GIACCHETTI, Gli accordi dell’art.11 della legge n.241 del 1990 tra realtà virtuale e realtà reale, in, Dir. Proc. Amm.,1997, pag. 513 ss.; L. MANZI., Contrattualità dell’azione della pubblica amministrazione, in Riv. Amm. 1998, pp. 43 ss.; F. MERUSI, Il coordinamento degli interessi pubblici e privati dopo le recenti riforme, in Dir. Amm., 1993, pag. 21 ss.; A. PAJNO. L’amministrazione per accordi, relazione al Convegno internazionale sul tema: I rapporti contrarruali con la pubblica amministrazione nell’esperienza storico-giuridica, Napoli, 1997, pag. 418 ss.; V. PEDACI, Aspetti e forme dell’amministrazione consensuale: il punto della situazione sugli accordi amministrativi, in I T.A.R., 1999, II, pag. 107 ss.; ID., Brevi note sugli accordi amministrativi come modello di amministrazione consensuale in L’Amm. It., 1999, pp. 1169 ss.; ID, Metodologie di coordinamento amministrativo: accordi fra amministrazione e accordi di programma, in L’Amm. It., 1999, pp. 1638 ss.; PEDACI V., Modelli di amministrazione consensuale: alcune considerazioni sugli accordi amministrativi, in Nuova Rass., 1999, pp. 852 ss.; PEDACI V., Pluralismo organizzativo e mezzi di coordinamento: note sugli accordi tra amministrazioni e su quelli di programma, in Riv. Amm., 1999, pp. 263 ss.; ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 105 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ peculiare condizione dei luoghi interessati (nel caso di specie alla bonifica) 364. Non mancano poi fattispecie tipiche di accordi tra enti pubblici fra le quali quella di cui all'art. 34, D. Lgs. n. 267/2000365, che detta anche tempi e contenuti molto più rigidi, contrapponendosi alla atipicità contenutistica dell'art. 15, L. n. 241/1990, che come tale esprime la disciplina generale di riferimento366. Tra i diversi tipi di accordo, possono essere distinti quelli di natura organizzativa e ordinamentale, che ripartiscono compiti tra amministrazioni, analogamente alle conferenze di servizi, quelli che compongono conflitti potenziali e attuali tra enti pubblici e, infine, quelli che regolano attività comuni ai diversi enti da svolgere in piena sinergia tra di essi, valorizzando rispettive funzioni e competenze di ciascuno di essi , offrendo ai soggetti sottoscrittori o anche alle comunità di cui sono espressione i risultati raggiunti. Se i primi rilevano solo su un piano interno alla P.A, i secondi restano dominati dalla logica mediaconciliativa, potendo anche contemplare reciproche concessioni secondo il modello scambistico-paracommutativo, i terzi sono, invece, ispirati ai principi di coordinamento e di governo di convergenti interessi pubblici, sia pure secondo le finalità istituzionali di ciascuno degli enti coinvolti. 3. Accordi tra pubbliche amministrazioni e imposizione sul reddito. E’ evidente come il regime fiscale applicabile risulti condizionato sia dalla natura che dal contenuto degli accordi, sia ai fini delle imposte sul reddito che soprattutto ai fini Iva. Al riguardo, occorre preliminarmente ricordare che, dopo oscillanti orientamenti di dottrina e giurisprudenza, la questione della soggettività passiva dello Stato nel rapporto tributario, ha trovato uno sbocco positivo, pur se con varianti legate alle diverse tipologie e caratteristiche dei tributi dovuti. Se contrariamente a quanto pur autorevolmente osservato367, lo Stato può anche tassare se stesso (o meglio le proprie articolazioni entificate), fermi restando specifici casi di esclusione espressamente e tassativamente stabiliti 368, il legislatore riconosce la soggettività degli pubblici sia fini B. Sordi, Pubblica amministrazione, negozio, contratto: universi e categorie ottocentesche a confronto, in Dir. Amm., n. 4/1995, 483 ss. 365 Cfr. Cass., sez. un., 13 luglio 2006, n. 15893, ha chiarito che “tra gli accordi organizzativi di cui alla L. n. 241 del 1990 e le previsioni legislative di accordi in particolari settori intercorre un rapporto di genus a species”. 364 366 GULLO F., Provvedimento e contratto nelle concessioni amministrative, Padova, 1965; LEDDA F., Il problema del contratto nel diritto amministrativo, Torino, 1962; MANFREDI G., Accordi e azione amministrativa, Torino, 2001; MASUCCI A., Trasformazione dell’amministrazione e moduli convenzionali. Il contratto di diritto pubblico, Napoli, 1988; PORTALURI P. L., Potere amministrativo e procedimenti consensuali. Studi sui rapporti a collaborazione necessaria, Milano, 1998; ZITO A., Le pretese partecipative dei privati nel procedimento amministrativo, Milano, 1996. 367 Cfr. L. Einaudi, Miti e paradossi della giustizia tributaria, Torino, 1921. 368 In questo senso, l’art. 74 , T.u.i.r stabilisce che gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demani collettivi, le comunità montane, le province e le regioni non sono soggetti all’imposta (art. 74, comma 1, T.U.I.R.) . La norma risponde all’esigenza di escludere da tassazione organi e amministrazioni pubbliche che svolgono funzioni pubbliche finanziate direttamente dallo Stato attraverso trasferimenti, evitando così che lo Stato da una mano eroghi e dall’altra prenda. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 106 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ ai IRES che Iva, differenziando il regime fiscale a seconda che si tratta di enti pubblici commerciali o non commerciali 369. Nel primo caso tutto il reddito si considera d’impresa, nel secondo il reddito è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti da imposta, soggetti a ritenuta a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva (art. 143, comma 1, T.U.I.R.). L’art. 143 Tuir stabilisce, inoltre, che non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c., rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione. In merito al primo requisito, anche per le somme ricevute (a titolo finanche di corrispettivo o altrimenti denominate), occorre verificare che le prestazioni di servizi, comprese quelle oggetto degli accordi in esame, siano rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente previste dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto e che (secondo requisito) riflettano una tendenziale copertura dei costi. Anche con riguardo agli accordi tra P.A. ex art. 15, citato, la corretta qualificazione giuridica delle erogazioni di danaro tra soggetti pubblici o privati contemplate da accordi tra Pubbliche amministrazioni in materia di bonifiche presuppone necessariamente la verifica del contenuto delle pattuizioni adottate alla luce della cornice normativa di riferimento. A tal fine, particolare rilevanza assume la volontà delle parti come manifestata negli atti consensuali adottati ma ancora di più l’insieme degli effetti giuridici ad essi riconducibili, oltre che le finalità perseguite attraverso gli accordi. Ne consegue che attribuzioni di natura patrimoniale oggetto delle obbligazioni assunte dalle parti e ovviamente prestazioni di denaro erogate da una delle parti in favore dell’altra, a fronte di attività rese possono essere diversamente qualificate, atteggiandosi ora come corrispettivo ora come contributo, ora come erogazione di altra natura, anche liberale. Non meno rilevante è poi la natura di ente pubblico e ancor di più quella di ente commerciale o non commerciale. Come è noto, profonde sono le differenze tra corrispettivi e contributi sia dal punto di vista fiscale che per gli altri settori dell’ordinamento. Più precisamente le erogazioni qualificabili come contributi, in quanto mere movimentazioni di denaro, sono escluse dall’imposta, mentre quelle configurabili come corrispettivi per prestazioni di servizi o cessioni di beni sono rilevanti ai fini dell’imposta in esame, dovendo essere assoggettate a tale tributo e regolarmente esposte in fattura. Il tutto poi va visto alla luce della natura commerciale o non commerciale dell’ente, essendo tassabili i contributi come sopravvenienze attive o come ricavi per gli enti che rivestono natura di enti commerciali. In materia, numerosi sono stati gli interventi dell’amministrazione finanziaria (si vedano le risoluzioni n. 21/E/2007 e n.16/E/2006 risoluzioni dell’Agenzia 369 L’art. 74, secondo comma, dispone che non costituiscono esercizio di attività commerciali: a) l’esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici; b) l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie locali, nonché, come disposto dall’articolo 38, comma 11, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, l’esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria. La norma stabilisce, inoltre, la decommercializzazione di funzioni proprie dello Stato ovvero di quelle che, in considerazione della loro natura, possono essere ritenute espressione di fini meritevoli, sebbene esercitate da enti pubblici. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 107 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ delle Entrate 16 febbraio 2005, n. 21/E; risposte a interpello risol. 27 gennaio 2006, n. 16/E 2 cfr. risoluzione 6 agosto 2002, n. 268/E)370 secondo i quali un contributo assume rilevanza ai fini fiscali, indipendentemente dal nomen adoperato, se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. Alla luce di quanto osservato, se gli accordi in materia di bonifiche prevedono erogazioni di tipo corrispettivo, rispondendo ad una logica di scambio paraprivatistico, il contributo dovrebbe costituire un ricavo imponibile ai fini del reddito. In caso di enti pubblici non commerciali, le somme previste anche a titolo di corrispettivo, possono non rientrano nel reddito imponibile le somme percepite per prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c., rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione a condizione che le somme pattuite non eccedano i costi di diretta imputazione. Ciò si verifica nel caso, invero, tutt’altro che raro, in cui le parti dell’accordo prevedano la rendicontazione da parte dell’ente percipiente delle somme erogate, a ristoro dei costi sopportati (c.d. rimborso a piè di lista). L’eventuale previsione di clausole di equilibrio tra quanto le prestazioni delle parti appare idonea, sempre ove esse aderiscano alle finalità istituzionali degli enti, a impedire la tassazione ai sensi dell’art. 143, citato. Sempre in materia, assume rilievo anche l’apprezzamento degli interessi delle parti, se comuni o se riconducibili ad una sola di esse. Nel caso in cui siano previsto che il committente possa giovarsi dei risultati dell’attività svolta (cd. vantaggio diretto), senza mettere a disposizione i risultati raggiungi di entrambe le parti dell’accordo ovvero dell’intera comunità nazionale o locale , le somme oggetto dell’accordo sembrano rispondere alla logica corrispettivo sinallagmatico come anche nel caso di previsione di clausole risolutive espresse o di eventuale risarcimento del danno da inadempimento o di clausole penali (strumenti tipici del sinallagma contrattuale) 371. I contributi che assumono la natura di provento commerciale a fini IRES (e che devono essere valutati in tal modo dall’ente in base alla precisa esamina della propria attività svolta e della relativa destinazione del contributo stesso) devono essere regolarmente 370 Come ha ricordato opportunamente l’Agenzia delle Entrate 34/E, cit.: “in relazione al trattamento tributario ai fini Ires dei contributi pubblici ricevuti dagli enti non commerciali si osserva che gli stessi concorrono alla formazione del reddito d’impresa se percepiti nello svolgimento di attività commerciale. Qualora, invece, i contributi vengano erogati a sostegno delle attività non commerciali che realizzano gli scopi istituzionali degli enti non commerciali, gli stessi non assumono rilevanza reddituale e non sono, pertanto, assoggettati ad imposizione ai fini delle imposte sui redditi”. 371 Sempre secondo l’agenzia delle entrate, circ. 124/e, cit L’assenza di un vantaggio diretto per l’amministrazione erogante, tuttavia, non porta necessariamente ad escludere che le somme abbiano natura di controprestazione, poiché in base ad altri elementi che regolano il rapporto tra erogante e destinatario delle somme può comunque riscontrarsi la sussistenza di un rapporto contrattuale. In tale evenienza, la natura delle somme erogate deve essere indagata valutando, in sequenza, i criteri indicati alle lettere successive. b) Previsione di clausola risolutiva espressa o di risarcimento del danno da inadempimento Il vincolo di effettiva corrispettività tra le somme erogate e l’attività finanziata, che riconduce l’erogazione nell’ambito dei rapporti contrattuali, è sicuramente denunciato dalla presenza in convenzione - anche tramite norme di rinvio - di clausole risolutive o di penalità dovute per inadempimento, strumenti tipici che regolano, in via concordata, le ipotesi in cui il sinallagma contrattuale non si realizza a causa di uno dei contraenti. c) Criterio residuale. Anche l’assenza di tali clausole, tuttavia, non necessariamente comporta che si sia in presenza di una erogazione non corrispettiva, atteso che l’attività finanziata può comunque concretizzare un’obbligazione il cui inadempimento darebbe luogo ad una responsabilità contrattuale”. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 108 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ trattati in base alle regole di tassazione del TUIR e ricompresi tra i ricavi commerciali di cui all’art. 85 Tuir e rilevando ai fini degli artt. 149 anche in ordine alla riqualificazione dell’ente come commerciale secondo il giudizio di prevalenza ivi previsto372. Al contrario i contributi in senso proprio detassati ai fini del reddito in quanto non riconducibili ad un’attività commerciale derivanti dagli accordi in esame non vanno considerati, sempre per le imposte dirette, ai fini dell'applicazione dei parametri per la valutazione della qualifica di un ente come commerciale o non commerciale. La circolare 124/E dell’agenzia delle entrate chiarisce che i parametri previsti dal comma 2 dell’art 149 Tuir non configurano presunzioni legali, ma semplici indizi valutabili in concorso con le caratteristiche complessive dell’ente. Gli elementi da prendere in considerazione sono: a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività; b) prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o delle prestazioni riguardanti l’attività istituzionale; c) prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, quali contributi, sovvenzioni, liberalità e quote associative; d) prevalenza dei componenti negativi inerenti all’attività commerciale rispetto alle altre spese. Per quanto concerne la lettera c) che prende testualmente in esame la “prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative”, la circolare dell’Agenzia delle entrate n.124/E citata ha precisato che il “raffronto va effettuato fra i componenti positivi del reddito d’impresa e le entrate derivanti dall’attività istituzionale”. Da entrambi i termini del raffronto vanno esclusi i contributi percepiti per lo svolgimento di attività aventi finalità sociale in regime di convenzione o accreditamento in quanto non concorrono alla formazione del reddito degli enti non commerciali ai sensi dell’art.143, comma 3, lett.b), del nuovo TUIR. La qualificazione dell’ente non commerciale effettuata in base alle disposizioni dell’art.149 TUIR opera anche ai fini IVA, giusta il disposto dell’ultimo comma dell’art.4 del DPR n.633 del 1972. 4. Accordi in materia di bonifiche e imposta sul valore aggiunto. Le considerazioni sviluppate ai fini delle imposte sui redditi, in larga parte possono essere estere ai fini IVA. Le somme eventualmente versate in base agli accordi possono atteggiarsi come corrispettivo, quale che sia la denominazione assunta, come contributo ovvero come rimborso spese . In base all’art. 1, d.p.r. n. 633 373, sono 372 In caso di perdita della qualifica di ente non commerciale (art. 149, T.U.I.R.), dovuta all’esercizio prevalente di attività commerciale per un intero periodo d’imposta e indipendentemente dalle previsioni statutarie, si rende interamente operante la disciplina IRES contenuta negli articoli 81 e seguenti in materia di enti commerciali, con la conseguenza che tutto il reddito prodotto è considerato reddito d’impresa. 373 Sulla natura e origine del tributo sul valore aggiunto, cfr. F. Gallo, Profili di una teoria dell’imposta sul valore aggiunto, Roma, 1974; R. Perrone Capano, L’imposta sul valore aggiunto, Napoli, 1977, pag. 78; F. Bosello, Appunti sulla struttura giuridica dell’imposta sul valore aggiunto, in Riv. dir. fin. sc. fin. 1978, I, pag. 427; P. Filippi, Imposta sul valore aggiunto, in Enc. dir., vol. XLVI, Milano, 1993. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 109 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ soggette al tributo le cessioni di beni o le prestazioni di servizi, operate nel territorio dello Stato, effettuate nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni, nonché le importazioni da chiunque effettuate374. In assenza dei requisiti oggettivo, soggettivo e territoriale, l’operazione diviene come “esclusa dal tributo”375. Ciò premesso, gli accordi in materia di bonifica possono assumere natura onerosa, avendo ad oggetto e configurare un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico, nel quale il le somme erogate costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto. Risultano, invece, escluse dal campo di applicazione dell’IVA tutte quelle “operazioni” nelle quali il soggetto percettore non ha alcuna prestazione da eseguire, quale un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere qualcosa ovvero quando la somma sia erogata per perseguire finalità istituzionali comuni alle parti sganciate da rapporti di carattere corrispettivo. Sul punto, merita di essere richiamata la circolare n. 34/E del 21.11.2013 con la quale l'Agenzia delle Entrate, di intesa con la Ragioneria Generale dello Stato, che, con riferimento specifico ad attività di ricerca contemplato da accordi tra soggetti pubblici (nel caso di specie Università) propone criteri per la corretta individuazione della natura giuridica delle somme erogate, sia ai fini delle norme sulla contabilità pubblica sia ai fini dell’assoggettamento ad IVA. Nel confermare i propri orientamenti, l’agenzia ha ritenuto “sussistente un rapporto sinallagmatico ogni qualvolta la proprietà dei risultati della ricerca ovvero la proprietà dell’opera finanziata sia trasferita in tutto o in parte all’ente finanziatore; rilevano, inoltre, in tal senso la previsione nella convenzione della clausola risolutiva, essendo la risoluzione applicabile soltanto ai contratti a prestazioni corrispettive, nei quali il sacrificio di ciascuna delle parti trova la sua giustificazione nella controprestazione che deve essere eseguita dall’altra (vincolo sinallagmatico), e l’obbligo di risarcimento del danno derivante da inadempimento, che evidenzia un interesse patrimoniale da parte del soggetto erogatore, senza, peraltro, che l’aspetto meramente formale prevalga sul sostanziale assetto voluto dalle parti” . Del tutto ovvia è poi l’esclusione dal campo d’applicazione dell’IVA riconosciuta dalla stessa agenzia “ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa come controprestazione”. Al riguardo, si rende necessario valutare se le somme erogate per le attività di bonifica costituiscano nella sostanza corrispettivi per prestazioni di servizi, ovvero si configurino come mere elargizioni per il perseguimento di obiettivi di carattere generale o comune ovvero ancora rimborsi dei costi sostenuti. Fondamentale anche in questo caso appare la verifica degli interessi delle parti secondo le disposizioni normative o amministrative che ne regolano funzioni e attività prestata (anche in funzione dei controlli di natura contabile eventualmente disposti). In questa prospettiva, la corretta qualificazione delle somme oggetto degli accordi ex art. 15 presuppone un’attenta analisi dell’accordo/provvedimento che ne prevede l’erogazione, 374 375 Cfr. M. Ingrosso, Le operazioni imponibili ai fini dell’Iva, in Dir. prat. trib., 1973, I pag. 448. A. Fedele, Esclusioni ed esenzioni nella disciplina dell’Iva, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1973, I, pag. 446. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 110 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ al fine di verificare se l’attività finanziata si atteggi come prestazione di un servizio reso nell’interesse del committente o sia un’attività istituzionale sostenuta finanziariamente per il tramite delle somme trasferiti all’ente attuatore. In ogni caso, si collocano fuori dal rapporto contrattuale le erogazioni effettuate in esecuzione di norme che prevedono l’erogazione di somme al verificarsi di presupposti specifici (si pensi a quelli con enti aventi specifiche funzioni ambientali o sanitarie). Sul punto la circolare n. 34 aggiunge che “qualora non sia riscontrabile un riferimento normativo che individui la esatta qualificazione delle erogazioni, carenza che potrebbe rilevare sotto il profilo della legittimità dell’azione amministrativa, ma che non potrebbe comportare una diversa qualificazione sostanziale del rapporto, la natura giuridica, anche agli effetti tributari, delle somme erogate dall’amministrazione deve essere individuata caso per caso, alla luce dei criteri generali di seguito indicati, la cui applicazione…. consentirà di riscontrare la sussistenza dei presupposti idonei alla qualificazione della fattispecie. Acquisizione da parte dell’ente erogante dei risultati dell’attività finanziata (o corrispettività tra elargizione di denaro ed attività finanziata) L’erogazione ….. comporta l’analisi del rapporto instaurato con l’amministrazione. Qualora sia rinvenibile un rapporto di scambio per cui alla pubblica amministrazione deriva un vantaggio diretto ed esclusivo dal comportamento richiesto al privato, ci si trova innanzi ad una prestazione e controprestazione che non può che essere inquadrata nello schema contrattuale”. Nel caso di accordi tra pubbliche amministrazioni stipulati ai sensi dell’art. 15 della l. n. 241/1990 diverse questioni si pongono ai fini IVA376. Invero, tale disposizione è stata oggetto di chiarimenti anche da parte dell’ANAC suscettibili di assumere rilievo nell’ambito nello studio del regime fiscale ai fini IVA. Infatti, secondo la delibera ANAC n. 918 del 31 agosto 2016, contenente il parere reso al Consiglio Superiore della Magistratura sulla convenzione da questo sottoscritta con l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Spa: “ una convenzione tra amministrazioni aggiudicatrici rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 15, l. 241/1990 ove regoli la realizzazione di interessi pubblici effettivamente comuni alle parti, con una reale divisione di compiti e responsabilità, in assenza di remunerazione ad eccezione di movimenti finanziari configurabili solo come 376 Cfr. L. Carpentieri, Il principio di territorialità nell’imposta sul valore aggiunto, in Riv. dir. tributario, 2002, I, pag. 4; R. Baggio, Il principio di territorialità e le esportazioni, in Aa.Vv., L’imposta sul valore aggiunto. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, Tesauro (a cura di), Torino, 2001; A. Comelli, Iva comunitaria e Iva nazionale. Contributo allo studio della teoria generale dell’imposta sul valore aggiunto, Padova, 2000; Fazzini, Il diritto di detrazione nel tributo sul valore aggiunto, Padova, 2000, pag 10; Idem, Il principio di territorialità del tributo, Padova, Cedam, 1995; A, Cecamore, Valore aggiunto (Imposta sul), in Digesto comm., XVI, Torino, 1999, secondo cui l’IVA ha elementi dell’imposta d’atto ed elementi dell’imposta periodica; Casertano, Spera, Iva. Imposta sul valore aggiunto, Roma, 1998; A. Manganelli, Territorialità dell’imposta, in Digesto comm., XV, Torino, 1998; Filippi, voce Valore aggiunto (imposta sul), in Enc. Dir., XLVI, Varese, 1993; Lupi, Imposta sul valore aggiunto, in Enc. Giur., XVI, Roma, 1989, p. 3; Micheli, L’Iva: dalle direttive comunitarie al decreto delegato, in Opere minori di diritto tributario, Milano, 1982; F, Bosello, L’imposta sula valore aggiunto. Aspetti giuridici, Bologna, Clueb, 1979; Gallo, L’Iva: verso un’ulteriore revisione, in Riv. dir. finanziario, 1978, I, p. 595 ss.; Gallo, Profili di una teoria dell’imposta sul valore aggiunto, Roma, 1974, p. 53 ss.; Manzoni, L’imposta sul valore aggiunto, Torino, 1973, pag. 13; E.Potito, La funzione della liquidazione definitiva nell’Iva, in Riv. dir. finanziario, 1973, I, p. 680; Fantozzi, Presupposto e soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, in Dir. e prat. trib., 1972, I, p. 725-729; Ingrosso, Le operazioni imponibili ai fini dell’Iva, in Dir. e prat. trib., 1972, I, pag. 460. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 111 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ ristoro delle spese sostenute e senza interferire con gli interessi salvaguardati dalla normativa sugli appalti pubblici” (tanto in applicazione delle statuizioni della CGCE – sent. 9 giugno 2009, causa C-480/06 – e a quelle del Consiglio di Stato – Sez. V – sent. n. 4832/2013). Al verificarsi di tali condizioni, è esclusa l’applicazione delle norme del Codice dei contratti pubblici, dal che si ritiene possibile stabilire un’intesa diretta tra le due amministrazioni pubbliche. In considerazione della natura doverosa e imposta di alcune delle attività di bonifica (si pensi al caso di rimozione e allontanamento rifiuti altamente pericolosi come quelli nucleari o agli interventi resi necessari per evitare disastri ambientali in aree prossime a centri urbani) insorgono seri dubbi interpretativi in ordine al presupposto impositivo ai fini Iva, all’applicazione del regime di esenzione ovvero dell’applicazione di aliquota ridotte. L’incertezza appena richiamata discende anche dalla circostanza che si possa ritenere escluso il carattere ‘oneroso’ delle operazioni di bonifica , soprattutto se disposte in base a provvedimenti autoritativi governativi, di commissari speciali o di organi prefettizi ovvero nel caso di previsione del mero ristoro delle spese sostenute di diretta imputazione). In altri termini, quando il committente si presenta come organo chiamato ad effettuare una movimentazione finanziaria, rispondente ad un precipuo interesse pubblico, a integrale copertura dei costi sopportati dall’ente destinatario impegnato nell’attività, socialmente rilevante, di bonifica, le somme di cui all’accordo ex art. 15 non sembrano pertanto assumere la natura di corrispettivi di carattere oneroso. Allo stesso tempo, non sembra nemmeno costituire un servizio riconducibile tra le operazioni imponibili, l’attività di cui all’accordo ex art. 15 citato, se rientrante tra quelle istituzionali, doverose e priva di commercialità, a fronte della quale vengono trasferite risorse che coprono i costi sostenuti e di diretta imputazione. Depone in tal senso anche l’orientamento manifestato dalla stessa agenzia delle entrate con alcuni interpelli riguardanti il complesso meccanismo di finanziamento dell’attività istituzionale di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse; in particolare, i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria hanno riguardato le erogazioni effettuate dalla Cassa Conguaglio per il settore elettrico (il cui finanziamento è a carico dell’utenza elettrica nazionale) a favore della società interamente pubblica ( in house al Ministero dell’economia e finanza)377. Rispetto a tale (mero) ‘ribaltamento’ delle somme inizialmente trattenute dalla Cassa Conguaglio (e inizialmente versate dagli utenti del servizio elettrico), l’Agenzia delle entrate ha escluso l’imponibilità ai fini Iva trattandosi di mere ‘movimentazioni finanziarie’ e, dunque, di operazioni riconducibili alle cessioni di denaro che l’art. 2, co. 3, lett. a), del dPR n. 633/72 378 espressamente esclude dal 377 Risoluzione Agenzia delle Entrate, DRE Lazio, n. 68652 del 20.10.2008. cfr. F. Gallo in F. Maffezzoni e l’Iva: la capacità contributiva come godimento di pubblici servizi, in Rass. trib., 2009, V, p. 1259; Berliri, Appunti per una costruzione giuridica dell’Iva: individuazione dell’obbligazione tributaria e delle obbligazioni connesse, in Giurisprudenza delle Imposte, 1968, p. 357, il quale afferma che “...la spesa sopportata dal consumatore – cioè il fatto indice della sua capacità contributiva...”, con ciò manifestando l’opzione che vede la forza economica manifestata dal soggetto inciso dal tributo e non dal soggetto passivo. L’economia del presente scritto non consente una compiuta disamina degli approcci contrapposti nell’analisi dell’IVA (e prima ancora dell’IGE), alla capacità contributiva manifestata dal suo presupposto, ma solo un breve cenno. Un’opzione ermeneutica, prendendo a fondamento la posizione del contribuente di fatto, effettivamente inciso sul lato economico dal prelievo, come colui che realmente 378 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 112 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ campo di applicazione del tributo. In altri termini, la Cassa Conguaglio assolve le funzioni di mero ‘tramite’ della provvista finanziaria, restando del tutto neutrale rispetto alle modalità d’impiego delle somme stesse. Rispetto alla cassa conguaglio (ora Cassa per i servizi energetici e ambientali) che, come è noto, è un ente pubblico economico che opera nei settori dell’elettricità, del gas e dell'acqua con funzioni di riscossione di alcune componenti tariffarie dagli operatori raccolte nei conti di gestione dedicati e successivamente erogati a favore delle imprese secondo regole emanate dall’Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), non appare molto diversa la posizione degli organi pubblici ( Commissari di governo) incaricati delle attività di bonifica che utilizzano risorse pubbliche interamente a carico del bilancio dello Stato che poi trasferiscono per il perseguimento dei fini istituzionali definiti , in forza di direttive ricevute e programmi di intervento definiti a livello governativo. Al riguardo, l’art. 2, terzo comma, lett. a) del DPR n. 633/1972, detta regole specifiche, nella disciplina dell’Iva, per ciò che attiene le mere movimentazioni finanziarie, ovvero “le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro ”, le quali non sono considerate cessioni di beni. Si tratta di ipotesi di esclusione dal campo di applicazione dell’Iva di cui si sono già occupate la Risoluzione n. 40/E del 11.02.2002 (prima) . A nulla rileva la circostanza che le movimentazione finanziari’ siano acausali e scollegate da specifici interventi, collocandosi all’intero di un’intesa istituzionale, ovvero che ne sia previsto un utilizzo in funzione di esigenze precipue di interesse generale e pubblico. Tale circostanza non appare tuttavia rilevante ai fini di una diversa soluzione interpretativa. Anche ove non fosse riconoscibile una movimentazione finanziaria, le somme stesse potrebbero essere considerate mere ‘cessioni di denaro’, over a rimborso dei costi dell’attività di bonifica affidata secondo la disciplina dell’art. 15 della l. 241/90, con la conseguenza che sarebbero egualmente escluse ai fini IVA, per carenza del presupposto oggettivo. Per completezza di indagine, va evidenziata che l’applicazione dell’esenzione ex art. 10, d.p.r. 633 del 1972 sembra, invece, non percorribile atteso che, per effetto dell'art. 56, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 22/1997, è stata anche abrogata la fattispecie ex art. 10, n. 27-bis), del dPR n. 633/72, che si rivolgeva a “ i canoni dovuti da imprese pubbliche, ivi comprese le aziende municipalizzate, o private per l'affidamento in concessione di costruzione e di esercizio di impianti, comprese le discariche, destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, tossici o nocivi, solidi e liquidi”. Fermo restando quanto innanzi precisato con riguardo all’esclusione ai fini IVA per completezza di indagine resta de verificare quando configuri il presupposto impositivo (accordi diversi da quelli di cui sopra o aventi ad oggetto corrispettivi di carattere sinallagmatico, altre attività di bonifica), se possa ritenersi applicabile manifesta la capacità contributiva nell’acquisto, ha inquadrato l’Imposta come un tributo in grado di colpire il consumo; cfr. Cordeiro Guerra, L’Iva quale imposta sui consumi: riflessi applicativi secondo la Corte di Giustizia, in Rass. trib, 2000, p. 322 ss.; Lupi, Giorgi, Imposta sul valore aggiunto (IVA), in Enc. Giur., Roma, 2006, p. 2. L’altra teoria, dando rilievo al soggetto passivo che si trova ad essere giuridicamente gravato dall’onere tributario, lo ha ritenuto come colui che manifesta la capacità suddetta, qualificando il tributo come un’imposta sull’effettuazione di operazioni economiche ovvero sul provento dell’attività economica ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 113 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ l’aliquota ridotta ai fini IVA. Al riguardo, è utile ricordare la circolare 34/E/2013 dell’Agenzia delle entrate secondo cui “ si configura un’operazione imponibile in presenza di un rapporto giuridico nell’ambito del quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente (cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 23 marzo 2006, Causa C-210/04 e sentenza 3 marzo 1994, Causa C-16/93). Al contrario, il presupposto oggettivo di applicazione dell’IVA può essere escluso, ai sensi della normativa comunitaria, qualora non si ravvisi alcuna correlazione tra l’attività finanziata e le elargizioni di denaro” 379. In ordine all’aliquota applicabile, potrebbe ritenersi che i servizi di bonifica contemplati anche in atti negoziali tra privati o diversi da quelli di cui all’art. 15, legge 241, cit., vengano assimilati opere e gli impianti di bonifica, anche riconducibili a opere di urbanizzazione primaria o secondaria, così accedendo all’aliquota ridotta del 10% in luogo di quella ordinaria del 22%. Ciò a condizione che il progetto di bonifica sia ‘approvato dalle autorità competenti’, così come in tutti i casi in cui rientri tra le attività pianificate dalle autorità preposte sia nazionali che regionali. Tale impostazione potrebbe essere aderente al convincimento della Direzione centrale normativa e contenzioso dell’Agenzia delle entrate espresso con la risoluzione n. 247 del 12/09/2007, ove è precisato che: il n. 127-septies della Tabella A, parte III, allegata al Dpr 633/1972, assoggetta all'aliquota del 10% le "prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al n. 127- quinquies "; il n. 127-quinquies assoggetta all'aliquota ridotta, fra l'altro, le " opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nell'articolo 4 della L. 29 settembre 1964, n. 847, integrato dall'articolo 44 della L. 22 ottobre 1971, n. 865 (...)"; l'articolo 4 della legge 847/1964 elenca le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, includendo fra le seconde "le attrezzature (...) sanitarie"; fra le attrezzature sanitarie di cui all'articolo 4 della legge 847/1964 sono comprese " le opere, le costruzioni e gli impianti destinati (...) alla bonifica di aree inquinate" (articolo 58, comma 1, Dlgs 22/1997); il Dlgs 22/1997 è stato abrogato dal Dlgs 152/2006 (nuove "norme in materia ambientale"), il cui art. 266 reca una disposizione avente lo stesso contenuto dell'abrogato articolo 58, in base alla quale fra le attrezzature sanitarie sono ricomprese "le opere, le costruzioni, e gli impianti destinati (...) alla bonifica di aree inquinate"; 379 Secondo la circ. 34/E/2013, “b) Si opera all’interno del medesimo schema (e quindi si è in presenza di una erogazione-corrispettivo a fronte di una prestazione di servizi) anche se i contratti sono stipulati al di fuori o in deroga alle norme del codice dei contratti pubblici: ciò avviene quando il contratto a prestazioni corrispettive regola rapporti per settori esclusi a norma dello stesso codice (per esempio: contratti riguardanti la sicurezza nazionale), ovvero quando i rapporti sono costituiti con soggetti dai particolari requisiti per i quali gli affidamenti sono effettuati al di fuori delle regole del medesimo codice (per es: le società operanti secondo il modello organizzativo dell’in house providing), con la conseguenza che si rendono applicabili tutte le norme tributarie che regolano tali fattispecie”. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 114 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ sulla base del parere fornito dal Ministero dell’Ambiente, " l'assoggettamento ad aliquota agevolata degli interventi necessari per effettuare la bonifica di un sito inquinato ha la finalità di costituire un incentivo all'effettiva realizzazione della bonifica stessa" e che "appare coerente che tale incentivo riguardi tutte le attività contemplate dal progetto approvato"; ciò consente di estendere alle attività di bonifica (anziché circoscrivere alle sole opere, impianti e costruzioni) che siano previste dal progetto di bonifica approvato dalle autorità competenti “l'aliquota ridotta del 10 per cento di cui al numero 127-septies della Tabella A, Parte III, allegata al DPR n. 633 del 1972”. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 115 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ I BENI CULTURALI E LA GESTIONE DELLA SICUREZZA SUL LAVORO: QUALE APPROCCIO ALLA TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA NEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI? UNO STUDIO SULLA NORMATIVA ITALIANA Alfredo Morrone - Alessandra Ghi Abstract (it) Il presente contributo propone l’analisi della questione della sicurezza sul lavoro negli scavi archeologici. A tal fine, dopo aver illustrato i dati istituzionali italiani relativi agli eventi infortunistici occorsi sugli scavi archeologici, gli autori effettuano la disamina dei principali provvedimenti legislativi nazionali ed internazionali in materia di scavi archeologici e di sicurezza sul lavoro. A seguito di ciò, si propone una riflessione circa l’opportunità di adottare una specifica normativa in materia. Abstract (en) The For this purpose, sites, and review safety at work. As aim of this paper is to discuss about the safety at work in archaeological excavations. we analyze the Italian institutional data on work-related accidents in archaeological the main national and international laws concerning archaeological excavations and a result of the above, we wonder about the adoption of a specific legislation. INDICE: 1. Introduzione 2. La sicurezza negli scavi archeologici e gli infortuni in ambito archeologico 3. La legislazione sulla sicurezza sul lavoro 4. La definizione di “scavo archeologico”. La ratifica della convenzione di Malta e la tutela degli scavi 5. Gli scavi archeologici e la disciplina sulla sicurezza 6. Conclusioni 7. Bibliografia PAROLE CHIAVE: scavo archeologico, Beni Culturali, sicurezza sul lavoro, infortuni, Sistema di gestione della sicurezza INTRODUZIONE. I più recenti interventi normativi del Legislatore italiano in materia di beni culturali testimoniano l’interesse dell’ordinamento per l’attività di ricerca archeologica, ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 116 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ evidenziando la necessità di nuovi strumenti normativi volti a rendere più efficace la tutela e la valorizzazione dei siti già esistenti. Tuttavia è opportuno segnalare che il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio dedica all’archeologia un corpus di norme invero essenziali, ma non si sofferma a delineare una disciplina organica degli scavi archeologici. Nel presente lavoro si vuol discutere circa l’opportunità di ricorrere all’adozione di una specifica disciplina di legge sulla gestione della sicurezza sul lavoro negli scavi archeologici. Per raggiungere tale obiettivo, ed al fine di derivarne un collegamento che unisca la questione definitoria di scavo archeologico con quella metodologica per lo sviluppo delle linee guida specifiche relative alla gestione della sicurezza negli scavi, questo contributo propone innanzitutto una interpretazione degli atti legislativi fino ad ora emanati dall’Unione Europea e della legislazione adottata dal nostro Paese. In particolare, ci si vuole soffermare sulla definizione di scavo archeologico fornita dalla Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, sottoscritta a Malta il 16 gennaio 1992 e ratificata dall’Italia con la Legge n. 57 del 29 aprile 2015. Si ritiene opportuno richiamare altresì la legislazione nazionale in materia di sicurezza sul lavoro, contenuta nel Testo Unico sulla Sicurezza, il Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, in particolare il titolo IV, recante le norme sulla sicurezza nei cantieri mobili e temporanei. Infine, poiché la campagna archeologica costituisce una particolare tipologia di laboratorio universitario, ne viene richiamata la legislazione specifica, ossia il D.M. n. 363 del 5 agosto 1998, recante il regolamento per l’individuazione delle particolari esigenze delle Università e degli Istituti di istruzione universitaria, ai fini delle norme contenute nel D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i. (quest’ultimo, abrogato dal Testo Unico sulla sicurezza, il sopracitato Decreto Legislativo n.81/2008). LA SICUREZZA NEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI E GLI INFORTUNI IN AMBITO ARCHEOLOGICO. L’opportunità di adottare una disciplina specifica in materia di sicurezza negli scavi archeologici, che possa essere realmente utile nel tutelare la sicurezza e la salute di quanti vi operano, nasce dalla constatazione dell’assenza di una regolamentazione ad hoc in materia, nonché dall’osservazione dei dati sugli infortuni nel settore archeologico. In ambito nazionale, infatti, tali dati rilevano alcuni aspetti di sicurezza sul lavoro che permangono, a tutt’oggi, non completamente risolti. Da uno studio preliminare dei dati INAIL sull’incidenza infortunistica relativa alla professione “archeologo” si evince, anzitutto, che quest’ultima ricomprende diverse figure lavorative tra cui: archeologo subacqueo, archeologo preistorico, paletnologo, papirologo, epigrafista e responsabile del recupero archeologico. La codifica che viene fornita dall’INAIL è, dunque, la seguente: “ le professioni comprese nell’unità “archeologo” ricostruiscono la cultura materiale e la storia dei popoli attraverso reperti provenienti da scavi o da altre metodologie di indagine archeologica”. A tale riguardo, occorre ricordare che, in via generale, gli archeologi sono esposti ad una serie di rischi che derivano dalle condizioni dei luoghi in cui si trovano ad operare, dagli strumenti utilizzati sullo scavo e dalle pratiche di lavoro adottate. Una prima analisi dei dati INAIL rileva che, in Italia, il fenomeno infortunistico in campo archeologico si delinea con una propria fisionomia, costituita da diversi ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 117 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ elementi: nell’ultimo triennio 2016-2018, il numero dei casi annuali di infortunio indennizzati nel settore archeologico non ha subìto significative riduzioni rispetto al numero dei casi registrati nel triennio precedente 2013-2015. I soggetti infortunati risultano: per il 54,8% individui compresi nella fascia d’età tra i 35 ed i 49 anni, per il 26,2% tra i 50 ed i 64 anni, per il 16,7% di età inferiore a 34 anni, ed infine, per il 2,3%, si tratta di individui di età superiore ai 65 anni. Tali dati mostrano che ad essere coinvolti negli accadimenti infortunistici sono soprattutto i giovani archeologici, aventi un’età non superiore ai 50 anni, cioè complessivamente il 71% del totale. Peraltro, i soggetti infortunati risultano essere per il 52,4% individui di sesso maschile e per il restante 47,6%, di sesso femminile. In merito alla tipologia d’infortunio, essa riguarda principalmente, ma non esclusivamente, eventi traumatici di moderata entità e lesioni osteo-articolari da caduta, seppellimento e scivolamento quali: fratture (33,3%), lussazioni, distrazioni e distorsioni (33,3%) agli arti inferiori. Nonostante il fenomeno infortunistico nella professione archeologica sia caratterizzato da indici di frequenza e di gravità complessivamente inferiori rispetto alle professioni operanti in altre tipologie di cantieri mobili e temporanei, tuttavia la questione della sicurezza sugli scavi archeologici rimane importante, vista soprattutto la molteplicità delle figure professionali che operano sullo scavo: operai edili addestrati alla sicurezza, archeologi professionisti dello scavo con decenni di esperienza alle spalle, ma anche archeologi in formazione, dottorandi e giovani studenti che si avvicendano durante la campagna archeologica. A conferma della fondatezza della questione relativa alla sicurezza in campo archeologico, alcuni studi internazionali recenti hanno messo in evidenza l’esposizione della figura dell’archeologo ad una vasta gamma di rischi occupazionali a cui dovrebbe essere prestata grande attenzione e che necessita di una preparazione adeguata da parte delle figure responsabili dello scavo: “The final responsibility for health and safety on site must be taken by the director, and he should designate one member of the dig as safety officer with as many deputies as the size of the workforce dictates. The safety officer will clearly need to rely on others for professional advice; sources of useful information appear to be few, however”380. LA LEGISLAZIONE SULLA SICUREZZA SUL LAVORO. Come sopra accennato, la disciplina della sicurezza sul lavoro negli scavi archeologici ha quale sua fonte primaria la normativa contenuta nel Tit. IV del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro, avente ad oggetto i cantieri mobili e temporanei. Un cantiere di scavo archeologico costituisce infatti, in prima approssimazione, un tipo particolare di cantiere temporaneo; esistono in esso, tuttavia, numerosi elementi che lo differenziano profondamente da un normale cantiere, soprattutto per l’attività di lavoro che in esso si svolge e che non si esaurisce con il completamento di un’opera finita, ma è costituita da un insieme di numerose operazioni caratterizzate dalla variabilità della durata e dall’incertezza del risultato. Nello scavo archeologico, infatti, si svolge non soltanto la ricerca di reperti archeologici, ma una complessa attività di studio ed indagine scientifica relativa, principalmente, al recupero, catalogazione, conservazione ed alla 380 WALDRON, H. A., Occupational health and the archaeologist, British Journal of Industrial Medicine 1985, n.42, 1985 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 118 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ valorizzazione dei reperti. Un ulteriore elemento caratterizzante lo scavo consiste nell’accesso al pubblico, anche se limitatamente a determinate zone ed orari381. L’insieme delle sopracitate attività genera, quindi, diversi aspetti interessanti dal punto di vista della gestione della sicurezza, anche sotto il profilo delle interferenze tra le lavorazioni. Congiuntamente al titolo IV del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro, occorre richiamare la disciplina dei laboratori universitari contenuta nel decreto ministeriale n. 363 del 1998, di cui lo scavo archeologico, secondo la norma contenuta nell’art.2 comma 3, costituisce una tipologia. All’art. 5 del citato decreto sono regolati gli obblighi e le attribuzioni del responsabile delle attività di ricerca in laboratorio o, in questo caso, il responsabile scientifico dello scavo, in merito alle attività di: valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute di quanti operano sullo scavo; collaborazione con il servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente; adozione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi; frequenza dei corsi di formazione ed aggiornamento professionale. Da quanto esposto, appare chiaro che il citato decreto n. 363/1998 individui per gli scavi archeologici precise esigenze in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, in ragione delle peculiari attività di ricerca e studio che in esso si svolgono e quindi che lo scavo archeologico, ai fini dell’applicazione della normativa sulla sicurezza, venga assimilato in toto ai laboratori universitari. LA DEFINIZIONE DI “SCAVO ARCHEOLOGICO”. CONVENZIONE DI MALTA E LA TUTELA DEGLI SCAVI. LA RATIFICA DELLA L’art. 24 del Codice dei Beni Culturali, in tema di interventi che possono essere realizzati sui beni culturali pubblici ai fini di protezione e conservazione, non indica le specifiche attività consentite, per le quali il Ministero 382 è tenuto a rilasciare la necessaria autorizzazione. Allo stesso modo, anche l’art. 29 del Codice, in tema di restauro dei beni, non si occupa, per la verità, di disciplinare altre modalità di intervento. Per avere una nozione di “scavo archeologico” occorre, dunque, esaminare il quadro normativo previgente e successivo all’entrata in vigore del Codice del 2004. Il D.P.R. n. 554/1999, recante Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici (L. n. 109/1994), al Titolo XIII rubricato “Dei lavori riguardanti i beni culturali”, art. 212, individuava tre diverse tipologie di opere o lavori, riferendosi a: a) gli scavi archeologici; b) il restauro e la manutenzione dei beni immobili; c) il restauro e la manutenzione di superfici architettoniche decorate e di beni mobili di interesse storico, artistico e archeologico. Tuttavia, di tali opere non veniva fornita alcuna definizione. Successivamente all’entrata in vigore del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004, il D.P.R. n. 207/2010, approvando il Regolamento di esecuzione e attuazione del codice dei lavori pubblici attualmente vigente, ha rinviato al disposto dell’art. 29 del Codice del 2004 per la definizione degli interventi e ha fornito, al contempo, la definizione di scavo archeologico, che qui appare utile riportare totalmente: “Lo scavo 381 Zanini E. (2007), La sicurezza sui cantieri archeologici: dall’applicazione delle norme alla cultura della progettazione, in Scavare in sicurezza. Norme e buone pratiche per la prevenzione degli infortuni, la salvaguardia della salute e della sicurezza e l’accessibilità ai disabili nei cantieri archeologici, pp. 17-30 382 Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 119 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ archeologico consiste in tutte le operazioni che consentono la lettura storica delle azioni umane, nonché dei fenomeni geologici che hanno con esse interagito, succedutesi in un determinato territorio, delle quali con metodo stratigrafico si recuperano le documentazioni materiali, mobili e immobili, riferibili al patrimonio archeologico. Lo scavo archeologico recupera altresì la documentazione del paleo ambiente anche delle epoche anteriori alla comparsa dell’uomo” (art. 240, secondo comma). Il D.P.R. n. 207/2010 ha stabilito, altresì, che formano oggetto del Codice dei lavori pubblici: a) gli scavi archeologici, comprese le indagini archeologiche subacquee; b) il restauro e la manutenzione dei beni immobili di interesse archeologico, storico ed artistico; c) il restauro e la manutenzione di superfici architettoniche decorate e di beni mobili di interesse storico, artistico ed archeologico (art. 240, primo comma). E’ quindi evidente il richiamo espresso ed il conseguente recepimento della formulazione prevista nel precedente D.P.R. n. 554/1999383. Dal breve excursus sul quadro della normativa interna, appena descritto, si ricava che, per un’analisi della disciplina degli scavi archeologici, occorre operare un collegamento ed una conseguente integrazione non solo con il corpus di norme contenuto nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, ma anche la legislazione in materia di appalti e lavori pubblici aventi ad oggetto i beni di interesse culturale. E’ necessario, inoltre, segnalare che l’Unione Europea ha contribuito in maniera rilevante a dotare gli Stati membri di linee guida per coordinare ed attuare una sempre più efficace tutela dei beni archeologici, fissando alcune fondamentali definizioni nella “Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico”, sottoscritta a Malta il 16 gennaio 1992384. L’art. 1 della Convenzione, infatti, nel fornire una prima definizione di “patrimonio archeologico”, ha stabilito che esso deve essere protetto “in quanto fonte della memoria collettiva europea e strumento di studio storico e scientifico”. Dopo aver individuato tutte le cose che costituiscono il patrimonio archeologico385, la Convenzione ha imposto agli Stati membri di: (i) introdurre delle procedure d’autorizzazione e di controllo degli scavi e delle altre attività archeologiche, al fine di: a) impedire scavi o allontanamento illegali di elementi del patrimonio archeologico; b) “garantire che gli scavi e le ricerche archeologiche si svolgano in modo scientifico” e che: – vengano applicati nella misura del possibile metodi di ricerca non distruttivi; – gli elementi del patrimonio archeologico non vengano portati alla luce né lasciati esposti durante o dopo gli scavi senza che siano state adottate delle disposizioni per la loro preservazione, conservazione e gestione; (ii) “ fare in modo che gli scavi e le altre tecniche potenzialmente distruttive vengano praticate esclusivamente da persone qualificate e munite di un’autorizzazione speciale”; (iii) sottomettere ad un’autorizzazione preliminare, nei casi previsti dalla legislazione interna dello Stato, l’utilizzazione di rivelatori di metalli e di altri strumenti di rilevazione o di altri procedimenti per la ricerca archeologica. A tal fine, l’art. 4 della Convenzione indica specifiche misure di protezione fisica del patrimonio archeologico che prevedano, in particolare: (i) l’acquisto o la protezione mediante altri mezzi appropriativi, da parte dell’autorità pubblica, dei terreni destinati a diventare zone di 383 Per approfondimenti, cfr. M. A. SANDULLI, commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, 2012, 258-259. A. MORRONE, Elementi di diritto dei beni culturali e del paesaggio, Milano 2014 385 L’art. 2 della Convenzione così recita: “[…] sono considerati come costituenti il patrimonio archeologico tutti i reperti, beni e altre tracce dell’esistenza dell’uomo nel passato: i. la cui salvaguardia e studio permettono di descrivere l’evoluzione della storia dell’uomo e del suo rapporto con la natura; ii. i cui principali mezzi di informazione sono costituiti da scavi e scoperte, nonché da altri mezzi di ricerca concernenti l’uomo e l’ambiente che lo circonda; iii. che si trovano su territori soggetti alla giurisdizione delle Parti contraenti”. L’art. 3 recita inoltre: “Il patrimonio archeologico comprende le strutture, costruzioni, complessi architettonici, siti esplorati, beni mobili, monumenti di altro tipo e il loro contesto, che si trovino nel suolo o sott’acqua”. 384 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 120 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ riserva archeologica; (ii) la conservazione e la manutenzione del patrimonio archeologico, preferibilmente sul luogo d’origine; (iii) la creazione di depositi idonei per i reperti archeologici allontanati dal loro luogo d’origine. Si può, quindi, con sicurezza affermare che la Convenzione di Malta abbia significativamente inciso sulla disciplina della tutela dei siti archeologici degli Stati membri. Non può, tuttavia, non essere rilevato, in questa sede, il grande ritardo con cui l’ordinamento italiano si è determinato, solo nel 2014, ad avviare l’ iter per la ratifica della Convenzione. Il disegno di legge "Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, fatta alla Valletta il 16 gennaio 1992", infatti, è stato presentato solamente il 21 febbraio 2014 ed è stato convertito nella Legge n. 57 del 29 aprile 2015. GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA DISCIPLINA SULLA SICUREZZA. Come sopra evidenziato, la Convenzione di Malta ha imposto agli Stati membri l’introduzione di procedure d’autorizzazione e di controllo degli scavi e delle altre attività archeologiche, al fine di: i) …“garantire che gli scavi e le ricerche archeologiche si svolgano in modo scientifico” e ii) “fare in modo che gli scavi e le altre tecniche potenzialmente distruttive vengano praticate esclusivamente da persone qualificate e munite di un’autorizzazione speciale”. Da tale dicitura si evince una particolare attenzione, da parte della legislazione internazionale, verso la gestione della sicurezza sugli scavi, sia attraverso l’imposizione di procedure autorizzative, nella fase precedente allo scavo, sia per mezzo di procedure di controllo, durante lo svolgimento dello scavo stesso, proprio al fine di garantire che, per tutta la durata della campagna archeologica, lo scavo si svolga nel rispetto del rigore scientifico. La Convenzione di Malta, come sopra ribadito, impone idonee procedure autorizzative e di controllo dello scavo, affinché gli scavi e le altre tecniche potenzialmente distruttive vengano praticate in via esclusiva da persone qualificate e munite di speciale autorizzazione. Pur non essendovi un palese riferimento alle norme di sicurezza sul lavoro, nel testo della citata Convenzione si esprime, tuttavia, l’esigenza di garantire che sullo scavo operino esclusivamente persone in possesso di una specifica qualifica tecnica per scavare, ma non basta: esse devono essere altresì munite di una speciale autorizzazione. Il conseguimento di tale titolo spetta all’archeologo ed a coloro che abbiano ricevuto adeguata formazione per operare sullo scavo archeologico. In ambito italiano, secondo una recente indagine sulle professioni – e sulla professione archeologo in particolare - condotta congiuntamente da ISFOL ed ISTAT e pubblicata sul sito dell’ISFOL, le conoscenze vengono definite come “ insiemi strutturati di informazioni, principi, pratiche e teorie necessarie al corretto svolgimento della professione. Esse si acquisiscono attraverso percorsi formali (istruzione, formazione e addestramento professionale) e/o con l'esperienza ”. Da tale dicitura si deduce che le conoscenze relative alla sicurezza sul lavoro rientrano nell’insieme delle conoscenze caratterizzanti la professione di archeologo e, quindi, che possano praticare gli scavi, in via esclusiva, le persone preparate ad operare in condizioni anche estreme, quindi formate ed addestrate in sicurezza. A questo punto giova evidenziare che, a livello internazionale, l’adozione di un approccio gestionale alla sicurezza negli scavi archeologici viene confermata anche dalla redazione di manuali di best practices di matrice anglosassone, la cui diffusione non era stata considerata come elemento rilevante dall’ordinamento italiano, ma che ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 121 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ trova ora, nel disposto della Convenzione di Malta ratificata anche dal nostro Paese, un presupposto importante ai fini della sua possibile applicazione negli scavi archeologici. Vale, inoltre, ricordare che il Decreto Legislativo n.81/2008, all’art.30, richiama l’adozione di un Sistema di gestione della sicurezza - adottato ed efficacemente attuato - come esimente dalla responsabilità amministrativa dell’ente per atti compiuti dai rappresentanti dell’ente stesso, in violazione delle norme antinfortunistiche. Il Sistema di gestione della sicurezza ha il duplice obiettivo di garantire che la valutazione del rischio venga condotta per ciascuna attività di lavoro e per consentire l’adozione delle misure di prevenzione e protezione; esso, peraltro, promuove interventi migliorativi della tutela della salute e sicurezza sul lavoro, attraverso l’analisi dei risultati ottenuti e la pianificazione di nuove azioni. CONCLUSIONI. Dai richiami alle discipline sopracitate sembra emergere, dunque, l’opportunità di regolamentare in modo specifico ed unitario la disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro negli scavi archeologici. Appare importante che l’ordinamento italiano, in armonia con quanto disposto dalla Convenzione di Malta, ed in applicazione dei principi stabiliti dalla legislazione nazionale in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, dalla disciplina dei laboratori universitari ed in attuazione del regolamento sui lavori pubblici, adotti una disciplina di legge specifica al fine di regolamentare la sicurezza sul lavoro negli scavi archeologici attraverso idonee prescrizioni nell’ambito delle concessioni di scavo e di ricerca, tenendo presente anche alcuni aspetti caratterizzanti la struttura e la tipologia dello scavo (se all’aperto, sotterraneo o subacqueo), e finanche il contesto socio-politico del Paese in cui la campagna archeologica si svolge. La sicurezza sul lavoro degli archeologi e di tutti coloro che prendono parte alla campagna archeologica è, infatti, profondamente influenzata da tutti gli aspetti sopracitati. Occorre, tuttavia, osservare che un possibile ostacolo alla reale efficacia di una normativa specifica sulla sicurezza negli scavi archeologici consiste nel fatto che, come sovente osservato da parte di chi scrive, nella pratica del lavoro sullo scavo, l’archeologo, poiché coinvolto emotivamente nello svolgimento della sua attività, può talvolta trascurare le elementari regole di sicurezza, modulando il proprio lavoro in situazioni contingenti, su regole fondate sull’esperienza personale o su un sapere tramandato come, peraltro, già osservato, in alcuni recenti studi, per il restauratore386. Tale evenienza, quindi, non si ha per mancanza di formazione o aggiornamento, ma per il fatto che, così come avviene in tutti gli ambienti di lavoro, la sicurezza passa attraverso i comportamenti e le percezioni del singolo individuo. La suddetta situazione può costituire - e nei fatti costituisce - una criticità nella gestione quotidiana della sicurezza sul luogo di lavoro, in quanto l’organizzazione e la definizione delle condizioni lavorative vengono ricondotte alla responsabilità del singolo ed adattate alle esigenze del momento. A tal fine, risulterebbe utile un approccio globale ai problemi della prevenzione sugli scavi: la diffusione di una “cultura della sicurezza” nei luoghi di lavoro passa, infatti, necessariamente attraverso diversi aspetti. All’aspetto tecnico e legislativo sarebbe utile, pertanto, affiancare un vero e proprio approccio gestionale del sistema della sicurezza sugli scavi archeologici, basato sul 386 d’Angelo R., Cimino L., Accardo G., La sicurezza nei cantieri di restauro, 2012 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 122 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ miglioramento continuo ed in grado, cioè, di favorire la modifica degli atteggiamenti contingenti e, nel lungo periodo, il cambiamento dei comportamenti individuali. BIBLIOGRAFIA Coli M., Tanini C., (2008), La sicurezza negli scavi: impostazione generale , in Restauro archeologico: bollettino del Gruppo di Ricerca sul restauro archeologico Anno 5, N. 2, p. 23-28 Carvajal Contreras, D.R., (2013), Review: Dangerous Places. Health, Safety and Archaeology , AP Journal, Vol. 3, 155-160, ISSN: 2171-6315 D’Angelo R., Cimino L., Accardo G., (2012), La sicurezza nei cantieri di restauro , III Conference “Diagnosis, Conservation and Valorization of Cultural Heritage”, 12/13/14 December 2012 Garrow P., (1993), Ethics and Contract Archaeology , on Practicing Anthropology: Summer 1993, Vol. 15, No. 3, pp. 10-13, https://doi.org/10.17730/praa.15.3.a311641617158024 ISFOL (2019): 2.5.3.2.4 Professione Archeologo, http://fabbisogni.isfol.it/scheda.php?limite=1&id=2.5.3.2.4&id disponibile su: Langley, R.L., Abbott L., (2000), Health and Safety Issues in Archaeology: are archaeologists at risk?, North Carolina Archaeology (Vol. 49 - 2000, 23-42), The North Carolina Archaeological Society, Inc. Micozzi F., (2013), Per le attività nei siti archeologici applicare i sistemi di gestione elimina il rischio negli scavi, Il Sole24Ore - Ambiente&Sicurezza, n.11 – 2013 Morrone A., (2014), Elementi di diritto dei beni culturali e del paesaggio , Milano 2014 Sandulli M. A., (2012), Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio , Milano, 2012, 258-259. Waldron H.A. (1985), Occupational health and the archaeologist , British Journal of Industrial Medicine 1985; n.42: pp.793-794 Zanini E. (2007), La sicurezza sui cantieri archeologici: dall’applicazione delle norme alla cultura della progettazione, in A. Ciacci (ed.), Scavare in sicurezza. Norme e buone pratiche per la prevenzione degli infortuni, la salvaguardia della salute e della sicurezza e l’accessibilità ai disabili nei cantieri archeologici, Siena 2007, pp. 17-30 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 123 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ LO SVILUPPO SOSTENIBILE: L’EVOLUZIONE DI UN OBIETTIVO IMPERITURO Leonardo Salvemini Prof. a contratto di Diritto amministrativo - Univ. degli Studi di Milano e il Politecnico di Milano Abstract: «Il futuro di noi tutti». È questo il titolo del report noto come Rapporto Bruntland che, unitamente alla Conferenza sull’ambiente umano del 1972, ha dato i natali al principio di sostenibilità. Un principio che esprime la necessità di equilibrare crescita sociale, sviluppo economico e tutela dell’ambiente, non solo per difendere il presente, garantendo a tutti i popoli della Terra soluzioni di vita dignitose, ma anche, e soprattutto, per tutelare il nostro futuro e quello dell’intera umanità. Più che di principio, quindi, è opportuno parlare di obiettivo: un obiettivo che non può ancora dirsi raggiunto ma, nemmeno, abbandonato. L’esigenza di una crescita sostenibile, infatti, innerva (o dovrebbe innervare) oggi, come ieri, i dibattiti politici e gli studi scientifici ma, soprattutto, le innovazioni tecnologiche che, oltre a creare nuovi strumenti di razionalizzazione delle risorse, permettono di individuare i limiti entro i quali il progresso può spingersi prima di trasformarsi in degrado ambientale. Se i popoli di ieri, quindi, dovevano limitare la propria crescita in relazione alle risorse che l’ambiente circostante era in grado di offrire loro, oggi noi dobbiamo circoscrivere tale sviluppo, considerando anche le opportunità offerte dall’avanzamento tecnologico. In detti termini, il principio di sviluppo sostenibile costituisce un obiettivo che si modifica nel tempo, si adatta al progresso della società, senza mai tramontare: in altre parole, un obiettivo imperituro. ABSTRACT: «The future of all of us». This is the title of the report known as the Bruntland Report which, together with the Conference on the human environment in 1972, gave birth to the principle of sustainability. A principle that expresses the need to balance social growth, economic development and environmental protection, not only to defend the present, guaranteeing all the peoples of the Earth dignified life solutions, but also, and above all, to protect our future and that of all humanity. Therefore, rather than principle, it is appropriate to speak of an objective: an objective that cannot yet be said to have been achieved but not even abandoned. The need for sustainable growth, in fact, innervates (or should innervate) today, as yesterday, political debates and scientific studies but, above all, technological innovations which, in addition to creating new tools for the rationalization of resources, make it possible to identify the limits within which progress can go before turning into environmental degradation. If the peoples of yesterday, therefore, had to limit their growth in relation to the resources that the surrounding environment was able to offer them, today we must limit this development, also considering the opportunities offered by technological advancement. In these terms, the principle of sustainable development is a goal that changes over time, adapts to the progress of society, without ever fading: in other words, an imperishable goal. SOMMARIO: 1. Premessa: uomo e natura – 2. In cerca di equilibrio. Il contributo dei popoli indigeni… - 2.1… e del (restante) mondo scientifico – 3. Il modello di crescita neoclassico e la sua insostenibilità – 3.1. Il Trail Smelter Case come epifania di una nuova sensibilità ambientale – 4. I principi ambientalisti di Stoccolma – 4.1. I frutti della Conferenza sull’ambiente umano – 5. Il rapporto Brundtland e il binomio ambiente- ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 124 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ sviluppo – 5.1. La crescita sostenibile – 5.1.1. Bisogni e limiti – 5.1.2. La metafora del cowboy e dell’astronauta. La sostenibilità verso (e per) il futuro - 6. Dichiarazione di Rio – 7. Dichiarazione sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg – 8. L’esperienza europea – 9. Sostenibilità e giustizia. La giurisprudenza in materia di sviluppo sostenibile (cenni) – 10. Note conclusive. PREMESSA: UOMO E NATURA Il termine sostenibilità ed il conseguente principio dello sviluppo sostenibile 387 si è affermato nell’ordinamento internazionale con il ben noto rapporto, del 1987, della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo presieduta dalla Premier Norvegese Gro Harlem Brundtland. Il Rapporto Bruntland o anche detto Our Common Future è un documento rilasciato dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED), in cui si definisce lo sviluppo sostenibile come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. 388 Esso costituisce il fondamento di tre emblematiche osservazioni. In primo luogo, dall’analisi del rapporto tra uomo e ambiente emerge la necessità di superare le tradizionali forme di sovranità nazionale. L’incremento dell’interdipendenza ecologica ed economica tra i diversi Paesi, soprattutto in relazione a beni “comuni o globali” ovvero a beni in grado di trascendere i confini nazionali, infatti, impone l’adozione di norme concordate, condivise, eque ed applicabili, che regolamentino i diritti e i doveri degli Stati. In caso contrario, la pressione esercitata sulle risorse limitate, finirà per distruggerne l’integrità ecologica, intaccando il patrimonio delle generazioni future. In secondo luogo, lo studio del rapporto uomo-ambiente suggerisce alcune riflessioni in merito alle conseguenze che le tensioni politiche ed i conflitti militari hanno sul patrimonio naturale. È inutile, infatti, ricordare quali gravi effetti possano derivare dagli eventi bellici sul territorio colpito o quanto cospicue possano essere le risorse finanziarie destinate al finanziamento militare, anche in condizione di pace. Risorse sottratte alla promozione e alla realizzazione di forme sostenibili di sviluppo. In ultimo, il carattere integrato e interdipendente dell’uomo con l’ambiente permette il sorgere di nuove sfide e di nuove problematiche che richiedono, per la loro risoluzione, 387 In generale sullo sviluppo sostenibile cfr., tra i molti, C. CONSALVO CORDUAS, Sostenibilità ambientale e qualità dello sviluppo, Edizioni Nuova Cultura, 2013; M. RENNA, I principi in materia di tutela dell’ambiente, in Rivista quadrimestrale di diritto dell’ambiente, 2012, pp. 73 ss.; F. FRACCHIA, Il principio dello sviluppo sostenibile, in Aa. Vv., Studi sui principi del diritto amministrativo, (a cura di) M. RENNA E F. SAITTA, Giuffrè, 2012, pp. 433 ss.; F. FRACCHIA, Lo sviluppo sostenibile. La voce flebile dell’altro tra protezione dell’ambiente e tutela della specie umana, Editoriale Scientifica, 2010; F. FRACCHIA, Sviluppo sostenibile e diritti delle generazioni future, in Rivista quadrimestrale di diritto dell’ambiente, 2010; F. PELLEGRINO, Sviluppo sostenibile dei trasporti marittimi comunitari, Giuffrè, 2009; R. BIFULCO, Diritto e generazioni future. Problemi giuridici della responsabilità intergenerazionale, Franco Angeli, 2008; P. FOIS (a cura di), Il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto internazionale ed europeo dell’ambiente, XI Convegno Alghero, 16-17 giugno 2006, Editoriale scientifica, 2007, pp. 223 ss.; F. MUNARI, Tutela internazionale dell’ambiente, in S. M. CARBONE, R. LUZZATTO, A. SANTA MARIA (a cura di), Istituzioni di diritto internazionale, Giappichelli, 2006, pp. 463 ss.; G. GRASSO, Solidarietà ambientale e sviluppo sostenibile tra costituzioni nazionali, carta dei diritti e progetto di costituzione europea, in Politica del diritto, 2003, pp. 581 ss.; M. MONTINI, La necessità ambientale nel diritto internazionale e comunitario, Cedam, 2001, pp. 198 ss.; L. MEZZETTI, Manuale di diritto ambientale, Cedam, 2001, pp. 9 ss. e V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile tra diritto internazionale e diritto interno, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2001, pp. 212 ss. 388 In dottrina cfr. G. ROSSI, Le fonti, in AA. VV., Diritto dell’ambiente, (a cura di) G. ROSSI, Giappichelli, 2017, pp. 29; E. MARIOTTI, M. IANNANTUONI, Il Nuovo Diritto Ambientale, Maggioli, 2009, pp. 20 ss. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 125 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ processi decisionali comuni tra più Stati e a lungo termine, in controtendenza rispetto all’indirizzo attualmente adottate dalle istituzioni, le quali tendono all’indipendenza, alla frammentarietà e ad operare sulla scorta di mandati di carattere limitato o con processi decisionali di breve respiro, in cui, frequentemente, i responsabili della gestione delle risorse naturali e della protezione ambientale sono istituzionalmente separati dai soggetti competenti alla gestione dell’economia. In conclusione, quindi, l’indagine sul rapporto uomo - ambiente, alla base del Rapporto Bruntland impone considerevoli cambiamenti, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. Mutamenti che impongono di incidere sotto diversi profili. In particolare, essi dovranno: 1) occuparsi delle fonti; 2) affrontare gli effetti; 3) valutare i rischi globali; 4) compiere scelte in base a precise informazioni; 5) fornire i mezzi legali; 6) investire nel futuro di noi tutti. 389 Solo in tal modo, infatti, sarà possibile raggiungere un equilibrio tra uomo e natura. IN CERCA DI EQUILIBRIO. IL CONTRIBUTO DEI POPOLI INDIGENI… L’obiettivo di un equilibrio stabile e durevole tra uomo e natura affonda le sue radici nel più lontano passato. È proprio dal passato remoto di alcune popolazioni, infatti, che ci derivano virtuosi esempi di tutela dell’ambiente e conservazione delle risorse naturali necessarie per la sopravvivenza del genere umano. Si pensi, ad esempio, ad alcuni comportamento virtuosi adottati dagli irochesi del Nord America 390, i quali, si preoccupavano, nell’assumere le loro decisioni, di ponderarne le conseguenze fino a sette generazioni successive391. Non solo, si rammentino anche i popoli indigeni, ancora presenti in alcune aeree del mondo, che, con i loro valori e saperi, spesso si rivelano attori importanti nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Oggi, tali popolazioni, antichi eredi della nostra cultura, spesso avviano forme di resistenza collettiva in difesa dei loro territori; territori che custodiscono circa i due terzi delle risorse naturali del Pianeta. In quest’ottica, il 2016 è stato un anno particolarmente significativo. Le tribù indigene hanno, infatti, giocato un ruolo fondamentale nella difesa di numerosi habitat naturale: da quelle indiane che si sono battute per la tutela di una foresta pluviale, alle tribù autoctone che hanno impedito le estrazioni minerarie, sino ai piccoli coltivatori rurali 389 Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, Il futuro di noi tutti, Bompiani, 1988, pp. 32‐78 e pp. 321‐381. Sul tema cfr. AA. VV., Messaggio degli Irochesi al mondo occidentale. Per un risveglio della coscienza, La Fiaccola edizioni, Ragusa, pp. 96 ss. secondo cui «gli Hau de no sau nee, o confederazione Irochese delle sei nazioni, sono su questa terra dall’inizio della memoria umana. La nostra cultura è tra le più antiche che ancora esistano nel mondo. Noi ricordiamo ancora i primi atti del comportamento umano. Noi ricordiamo le istruzioni originarie dei creatori della vita a questo luogo che noi chiamiamo Etenoha, Madre terra. Noi siamo i guardiani spirituali di questo luogo. (…) Al principio ci è stato detto che gli esseri umani che camminano sulla terra sono stati dotati di tutto ciò che è loro necessario per vivere. Abbiamo imparato ad amarci gli uni con gli altri, ad avere un grande rispetto per tutti gli esseri della terra. Ci è stato mostrato che la nostra vita esiste grazie alla vita degli alberi, che il nostro benessere dipende dalla vita vegetale, che noi siamo i parenti più prossimi degli esseri a quattro zampe. (…) Noi salutiamo ed esprimiamo la nostra riconoscenza alle numerose cose che mantengono la nostra vita: il granoturco, i fagioli, le farine, il vento e il sole. Allorquando le genti smettono di rispettare e di esprimere la loro gratitudine per tutte queste cose, allora tutta la vita comincia ad essere distrutta, e la vita umana su questo pianeta arriva alla sua fine. Le nostre radici sono profonde nella terra dove viviamo. Noi nutriamo un grande amore per il nostro paese, perché il luogo della nostra nascita è là. Il suolo è pieno delle ossa di migliaia di nostri antenati, ciascuno di noi fu creato su queste terre, ed è nostro dovere averne grande cura, poiché da queste terre scaturiranno le future generazioni. Noi proseguiamo il nostro cammino con grande rispetto perché la terra è un luogo estremamente sacro. (…) . A tutt’oggi, i territori che ci restano sono coperti di alberi, pieni di animali e di tutti gli altri doni della Creazione. In questo luogo riceviamo ancora il nutrimento della nostra Madre Terra. Noi abbiamo sottolineato che tutti i popoli della terra non mostrano lo stesso rispetto per questo mondo e gli esseri che esso reca. Il popolo Indoeuropeo, che ha colonizzato le nostre terre, ha mostrato assai poco rispetto per le cose che cerano e mantengono la vita. Noi pensiamo che questi popoli hanno cessato di rispettare il mondo già da molto tempo. Migliaia di anni fa tutti i popoli del mondo credevano nella stessa maniera di vivere, quella dell’armonia con l’universo. Tutti vivevano in accordo con la natura. (…) 391 Worldwatch Instituite, State of the World 2013. È ancora possibile la sostenibilità?, ( a cura di) G. Bologna, Milano, Edizioni Ambiente, 2013. 390 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 126 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ che hanno protestato contro le sementi chimiche. Non solo, si rammenti anche che gli indigeni colombiani della riserva Yaigojé Apaporis, dopo 5 anni di battaglie giudiziarie, sono riusciti ad impedire ad un’azienda Canadese, che aveva ottenuto concessioni statali, di estrarre oro dalle loro terre e a far qualificare i loro territori come parco nazionale, impedendone lo sfruttamento per usi minerari. E, ancora, Volpe Coraggiosa, capo tribù dei leggendari indiani Sioux, è riuscito coraggiosamente a bloccare la realizzazione di un oleodotto in Nord Dakota; gli Apicoltori Maya, organizzazione Messicana che riunisce più di quindicimila famiglie produttrici di miele, hanno, costretto il grande colosso della Monsanto a rinunciare alla coltivazione di 250mila ettari di soia geneticamente modificata nella penisola Yucatán, nel sud del Messico. In conclusione, i popoli indigeni, che sono parte degli ecosistemi in cui vivono e grazie ai quali sopravvivono, rappresentano i migliori protettori della biodiversità e del territorio. La loro conservazione è, quindi, imprescindibile per la realizzazione di un sistema di crescita socio economica migliore: un sistema che guardi, in primis, al raggiungimento di un equilibrio stabile tra uomo e ambiente. Del resto, come affermato da Arundhati Roy, nota scrittrice indiana, «il primo passo per re-immaginare un mondo terribilmente sbagliato sarebbe interrompere l’annientamento di coloro che hanno una visione diversa (…) è necessario concedere spazio fisico per la sopravvivenza di quanti possono sembrare i custodi del nostro passato, e invece potrebbero davvero essere le guide per il nostro futuro»392. 2.1… E DEL (RESTANTE) MONDO SCIENTIFICO. Nel corso degli ultimi due secoli, un importante contributo alla ricerca di un equilibro tra uomo e ambiente è stato offerto anche da quella parte del mondo che definiamo “civilizzata”. Numerosi filosofi, storici e scienziati hanno, infatti, cercato di evidenziare, con ogni mezzo, i numerosi pericoli per l’ambiente, per molto tempo, trascurati.393 Un importante contributo alla diffusione di una sensibilità ambientalista si deve, in particolate, a George Perkins Marsh394, il quale, per primo, analizzò le conseguenze ambientali provocate dall’attività dell’uomo. Nella sua opera Man and Nature pubblicata nel 1864, l’autore ha dettagliatamente descritto l’interdipendenza esistente tra ambiente e relazioni sociali, mettendo in luce l’azione spesso distruttrice delle attività umane perpetrate ai danni della natura e dei fragili ecosistemi. Un contributo che giunge in un secolo segnato dall’avvio di una nuova era geologica, denominata antropocene395: un’era in cui, a seguito della rivoluzione industriale e dell’espansione della produzione, della tecnologia e dei consumi, l’uomo si pone, per la prima volta, in una situazione di potere rispetto alla natura. In altre parole, « da una posizione di vulnerabilità nei confronti della natura, l’uomo è riuscito ad invertire completamente la 392 Arundhati Roy, scrittrice indiana, nonché un’attivista politica impegnata nei movimenti anti-globalizzazione contro il neoliberismo e nella difesa dell’ambiente 393 A partire dalla rivoluzione industriale, si è diffuso il pensiero ecologista, volto a studiare le relazioni tra gli organismi e l’ambiente. Il termine, coniato da ERNEST HAECKEL nel 1866, deriva da due parole di origine greca: oikos (casa) e logos (studio). (T. M. SMITH e R. L. SMITH, Elementi di ecologia, Pearson, 2017, pp. 2). 394 George Perkins Marsh (1801-1882), avvocato, politico e diplomatico, considerato il primo ambientalista nella storia americana. Nasce a Woodstock nel Vermont, nel 1801 e dedica la sua vita allo studio del territorio, della natura, della geologia, del clima, nonché della morfologia alle popolazioni vegetali ed animali. Nel 1864, scrive Man and Nature: Physical Geography as Modified by Human Action (trad: “L’uomo e la natura; ossia la superficie terrestre modificata per opera dell’uomo”). Un testo dedicato al rapporto tra ambiente, natura ed interventi umani . Un testo che Marsh rivedrà ed integrerà fino alla sua morte, avvenuta nel 1882 a Vallombrosa, in Toscana. Cfr. G. P. MARSH, F. O. VALLINO (a cura di), L'uomo e la natura. Ossia la superficie terrestre modificata per opera dell'uomo, Franco Angeli, 1993. 395 P. CRUTZEN, Benvenuti nell’Antropocene! L'uomo ha cambiato il clima, la Terra entra in una nuova era, Mondadori, 2005. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 127 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ relazione. La vulnerabilità ora è diventata attributo della natura e l’agire umano se ne configura come principale responsabile396». In detta epoca, l’imperativo dominante, legato alla produzione e alla fiducia incondizionata nel progresso assicurato dalla scienza, dalla tecnologia e dal libero mercato, diffondeva l’errata convinzione che fosse possibile sfruttare le risorse naturali, senza limite alcuno. Un’idea che portava a considerare le denunce del degrado ambientale come atti di eccesso infondato e pretestuoso allarmismo, opera di estremisti. Nonostante uno studio della National Accademy of Sciences statunitense avesse sostenuto con decisione che pace, libertà, sviluppo ed ambiente rappresentavano i quattro grandi obiettivi della popolazione a causa delle violenze subite in seguito alla seconda Guerra Mondiale 397, la necessità di tutela dell’ambiente e di un sistema equilibrato tra le attività di impresa - ovvero di produzione e di consumo da parte dell’essere umano - e la salvaguardia delle risorse, infatti, emerge solo a partire dagli anni sessanta del XX secolo.398 Da quel momento s’inizia a dubitare della bontà del principio di una crescita inarrestabile, contrapposta all’idea di uno sviluppo sostenibile399. È in questa fase che vengono pubblicati numerosi studi e ricerche volte a sottolineare la stretta interrelazione tra benessere umano e tutela dell’ambiente e viceversa. Nel notissimo lavoro intitolato la Primavera silenziosa400, pubblicato nel 1962, ad esempio, Rachel Carson descrive i gravi pericoli 401 dell’industrializzazione delle campagne e i risvolti negativi, in termini di salute per l’uomo, derivanti dall’utilizzo indiscriminato dei pesticidi. Nel contesto di denuncia del degrado ambientale legato allo sviluppo industriale incontrollato, l’opera della Carson, è stata determinante soprattutto per la grande opera di sensibilizzazione internazionale dell’importanza di un ambiente salubre che permetta e custodisca la vita. Tra le ricerche in detto settore spicca anche quella commissionata dal Club di Roma agli studiosi del System Dynamics Group del Massachusets Institute of Technology (MIT), guidato da Dennis e Donella Meadows e Jorgen Randers che, dopo due anni di intenso lavoro, ha portato alla stesura dell’opera intitolata Limits to growth402 (I limiti 396 A. ANGELINI, P. PIZZUTO, Manuale di ecologia, sostenibilità ed educazione ambientale, Franco Angeli, 2007, pp.176. A. A. LEISEROWITZ, K.W. ROBERT, M. THOMAS PARRIS, Sustainability Values, Attitudes and Behaviours: A Review of Multinational and Global Trends, in Annual Review of Environment and Resources, 2006, p. 414. 398 Prima della seconda metà del ‘900, non vi era una precisa esigenza di intervento in materia ambientale, nonostante lo sviluppo, di tesi filosofiche naturalistiche tra il 1700 e il 1800. Si ricordi, ad esempio, il contributo prestato, in detto periodo, dallo scrittore politico francese Etienne-Gabriel Morelly con il saggio intitolato Code de la nature in cui, l’autore propone di costruire un nuovo sistema sociale che, basandosi sulle leggi di natura, buone perché leggi di Dio e della ragione, non consenta all'uomo di diventare malvagio. Un pensiero che influenzo anche Jean-Jacques Rousseau. 399 La necessità di tutela ambientale emerge in particolare in Europa dove l’aumento di fenomeni quali piogge acide, deforestazione, contaminazione dei fiumi, aumento del numero delle specie in pericolo di estinzione e deforestazione rendevano chiaro che non fosse più possibile applicare la convinzione di essere titolari di un innato diritto a seguire uno sviluppo industriale accelerato fondato sul concetto di crescita economica à outrance ancora presente in paesi quali Canada, Usa e Giappone. 400 E' raro che un libro riesca a modificare il corso della storia, eppure questo saggio è riuscito a farlo. «Il libro di Rachel Carson, pietra miliare dell'ambientalismo, è la prova innegabile di quanto il potere di un'idea possa essere di gran lunga più forte del potere dei politici»: così scrive Albert Arnold "Al" Gore, Jr. politico e ambientalista statunitense che ha ricoperto il ruolo vicepresidente degli Stati Uniti d'America durante la presidenza Clinton. Del resto, Carson previde, con forte anticipo sui tempi, gli effetti delle tecniche impiegate in agricoltura, dell'uso degli insetticidi chimici, e di sostanze velenose, inquinanti, cancerogene o letali, sull'uomo e sulla natura. Dopo la pubblicazione dell'opera nel 1962, il DDT è stato vietato e si sono presi una serie di provvedimenti legislativi in materia di tutela ambientale. L'appassionato impegno, lo scrupoloso rispetto della verità e il coraggio personale dell’autrice sono serviti da modello nella lotta per la difesa dell'ambiente in tutto il mondo. Lei stesa è stata considerata la madre del movimento ambientalista. Primavera silenziosa, è un classico che conserva, tuttora, una grandissima attualità; dimostra che esistono varie alternative all'irresponsabile e all’impudente avvelenamento del pianeta da parte delle industrie chimiche, e che il lavoro congiunto di entomologi, patologi, genetisti, fisiologi, biochimici ed ecologi può suggerire soluzioni biologiche basate sulla conoscenza degli organismi viventi, per evitare che la primavera scompaia dalla faccia della Terra. 401 «L'uomo» come solva ripresa Albert Schwitzer «ha perduto la capacità di prevedere e di prevenire. Andrà a finire che distruggerà la Terra». (G. SENATORE, Storia della sostenibilità. Dai limiti della crescita alla genesi dello sviluppo, Franco Angeli, p. 31). 402 Cfr. MEADOWS H. DENNIS, MEADOWS L. DONELLA, RANDERS JORGEN, I limiti dello sviluppo, Mondadori, Milano, 1972. 397 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 128 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ dello sviluppo). Un’opera volta ad indagare le cause e gli effetti a lungo termine del modello di sviluppo economico, in base alla crescita della popolazione, del capitale industriale, degli approvigionamenti alimentari, del consumo di risorse e dell’inquinamento. I cinque predetti fattori sono stati analizzati attraverso l’utilizzo di Mondo 3: un modello informatico in grado di seguire il loro andamento e proiettare la loro possibile evoluzione in un arco di tempo compreso tra il 1900 e il 2100. Sulla base dei risultati ottenuti, gli autori hanno evidenziato la necessità di superare il modello di crescita dell’epoca, il cui indice di misura era il PIL, in favore di un modello di equilibrio globale tra tutti i fattori che determinano la qualità della vita. Infatti, se «l’attuale linea di crescita continua inalterata ..., l’umanità è destinata a raggiungere i limiti naturali … entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un improvviso, incontrollabile declino del livello di popolazione e del sistema industriale. È possibile modificare questa linea di sviluppo e determinare una condizione di stabilità ecologica ed economica in grado di protrarsi nel futuro. La condizione di equilibrio potrebbe essere definita in modo tale che venissero soddisfatti i bisogni materiali degli abitanti della terra e che ognuno avesse le stesse opportunità di realizzare completamente il proprio potenziale umano. Se l’umanità opterà per questa seconda alternativa, invece che per la prima le probabilità di successo saranno tanto maggiori quanto più presto essa comincerà a operare in tale direzione»403. Si tratta di conclusioni che costituivano un importante monito. Il rapporto, interpretato da alcuni come preoccupante, infatti, esponeva in modo chiaro e dettagliato la situazione di degrado ambientale, mostrando, tuttavia, anche una valida soluzione 404, data dal raggiungimento di un equilibrio tra i bisogni materiali dell’uomo e l’opportunità di equa soddisfazione degli stessi. IL MODELLO DI CRESCITA NEOCLASSICO E LA SUA INSOSTENIBILITÀ. La volontà di trovare un equilibrio tra lo sviluppo dell’uomo e la salvaguardia delle risorse naturali è stata caratterizzata, almeno in un primo periodo, dagli studi di singoli ambientalisti, studiosi del settore o semplicemente scrittori con uno spiccato interesse per la tutela dell’ambiente, che coglievano le sfumature di quanto pericoloso fosse lo sfruttamento incondizionato delle risorse naturali in un sistema decisamente insostenibile. Esperti che mettevano in discussione il modello economico neoclassico, 405 fondato su due principi: una crescita senza limiti e la legge della infinita sostituibilità delle risorse naturali ovvero una legge secondo cui i fattori di produzione sono tra loro intercambiabili ed il capitale naturale sostituibile con quello umano o economico 406. Una prima innovazione positiva, rispetto alla prassi di affrontare in maniera frammentaria lo studio del rapporto tra sviluppo economico ed ambiente, si è verificata 403 Rapporto MIT al Club di Roma, 1972. Il Rapporto sui limiti dello sviluppo, commissionato al MIT dal Club di Roma, fu pubblicato nel 1972. (cfr. D. H. MEADOWS, D. L. MEADOWS; J. RANDERS; W. W. BEHRENS III, op. cit., 1972). 404 Non saranno altrettanto ottimisti i successivi rapporti di revisione in quanto gli autori dovranno confrontarsi con il sorpasso della capacità di carico della Terra. Negli anni ‘90 infatti molti flussi di risorse e di inquinamento sono cresciuti oltre i rispettivi limiti nonostante i miglioramenti apportati in ambito tecnologico, la maggiore consapevolezza e le più severe politiche ambientali. Sul punto, per maggiori informazioni, cfr. MEADOWS H. DENNIS, MEADLOWS L. DONELLA, RANDERS JORGEN, Oltre i limiti dello sviluppo, Il saggiatore, Milano, 1993 e MEADOWS H. DENNIS, MEADLOWS L. DONELLA, RANDERS JORGEN, I nuovi limiti dello sviluppo, Mondadori, Milano, 2006. 405 La scuola neoclassica è una scuola del pensiero economico che nasce e si diffonde tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. È anche conosciuta come rivoluzione marginalista (o scuola marginalista). Gli economisti che vi appartengono sono detti neoclassici. Secondo la teoria neoclassica, il criterio di decisione seguito dalle imprese è quello della massimizzazione dei profitti. 406 A. ANGELINI, P. PIZZUTO, op. cit., p. 200. Sul punto si veda, inoltre, DALE ANN, At the edge: sustainable development in the 20th century, UBC Press, British Columbia, 2001. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 129 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ quando le denunce dell’insostenibilità del suddetto modello di crescita sono state recepite dall’opinione pubblica ed, in particolare, dalla classe media dei Paesi industrializzati, la quale ha svolto un’importante ruolo di pressione sui rispettivi governi nazionali, esprimendo la propria insoddisfazione in merito alle conseguenze negative dell’industrializzazione407. Fondamentali, in questo senso, sono stati anche alcuni avvenimenti internazionali. Si pensi, in particolare, alla guerra dello Yom Kippur e al relativo embargo sull’esportazione di petrolio nei confronti dei Paesi sostenitori di Israele. Una situazione che ha portato nuovamente alla luce le problematiche relative alla limitatezza delle risorse naturali. A ciò si aggiungono i gravi disastri ambientali che si sono verificati nello stesso periodo 408, come, ad esempio, quello della petroliera Torrey Canyon, avvenuto il 18 marzo 1967 e relativo allo sversamento, nel canale della Manica, di un carico di 120.000 tonnellate di petrolio con la conseguente distruzione di una gran parte delle risorse biologiche marine della zona. Questi incidenti ambientali, unitamente a tanti altri, hanno dimostrato in che modo il degrado ambientale sia in grado di riflettersi sulla ricerca del benessere da parte dell’uomo. Hanno dimostrato come la tutela dell’ambiente non possa più essere affrontata da ogni Paese singolarmente, ma richieda un approccio globale condiviso. L’inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque derivato da questi incidenti, infatti, ha svelato la natura transfrontaliera della materia ambiente; ha dimostrato la capacità dei problemi naturali di trascendere i confini nazionali e la conseguente necessità di adottare una regolamentazione collettiva a livello internazionale. IL TRAIL SMELTER CASE COME EPIFANIA DI UNA NUOVA SENSIBILITÀ AMBIENTALE. Il divieto di inquinamento transfrontaliero è stato, per la prima volta, affrontato in una contesa internazionale arbitrale tra Stati Uniti e Canada, a causa di una acciaieria Smelter Canadase situata a Trail nella Columbia Britannica di proprietà e gestita da una società canadese. In ragione della fuoriuscita di biossido di zolfo dall’acciaieria e dei conseguenti gravi danni sofferti dallo Stato di Washington tra il 1925 e il 1937, gli Stati Uniti condussero il Canada dinanzi ad un tribunale arbitrale costituito ad hoc, con la Convenzione di Ottawa del 15 agosto 1935.409 Il Tribunale arbitrale composto da tre giudici - uno canadese, uno statunitense e uno belga, con il ruolo di presidente - si trovò ad affrontare il tema della responsabilità di uno Stato nei confronti di quello limitrofo per le conseguenze di un’attività fortemente pregiudizievole per l’ambiente. In particolare, per la prima volta, si discuteva sull’obbligo per uno Stato di impedire che dalle attività esercitate sul proprio territorio potesse derivare un pregiudizio per i Paesi confinanti. In dettaglio, il quesito posto dalla convenzione di Ottawa al collegio arbitrale riguardava l’obbligo dello Stato di 407 «The middle class of the wealthiest societies, after twenty years of uninterrupted growth, in which its necessities of life such as health, housing, education and food had been satisfied, was ready to alter its priorities and embrace new ideas and behaviors that would directly modify its way of life. Do Lago, André Aranha Corrêa, Stockholm, Rio, Johannesburg : Brazil and the Three United Nations» (Conferences on the Environment, Brasília: Instituto Rio Branco Fundação Alexandre de Gusmão, 2009, p. 27). 408 Si ricordino il c.d. Grande smog di Londra del 1952, la Nube di diossina in Italia a Seveso nel 1976, la Petroliera Amoco Cadiz in Francia nel 1978, l’Union Carbide a Bophal, India, nel 1984 e la Centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina del 1986, nonché gli incidenti ambientali relativi alla Petroliera Erika avvenuto sulle coste bretoni nel 1999 e alla Petroliera Prestige avvenuto in Galizia, Spagna nel 2002. 409 Trail smelter case (United States, Canada), in Reports of International Arbitral Awards. Recueil des Sentences Arbitrales, 1938/1941, vol. III, UNRIA, pp. 1905 ss. Il testo della sentenza è consultabile all’indirizzo: http://untreaty.un.org/cod/riaa/cases/vol_III/1905-1982.pdf. In dottrina cfr. T. SCOVAZZI, Considerazioni sulle norme internazionali in materia di ambiente, in Rivista di diritto internazionale, 1989, pp. 590 ss. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 130 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ proteggere in ogni momento gli altri stati da atti dannosi derivanti da persone all'interno della propria giurisdizione. Il collegio arbitrale concluse i lavori nel 1941, affermando che nessuno Stato ha il diritto di utilizzare o di consentire l'uso del proprio territorio in modo tale da causare lesioni al territorio, alle proprietà o ai cittadini di un altro Paese. In definitiva, il Canada fu ritenuto responsabile, secondo il diritto internazionale, della condotta della Trail Smelter Company, con conseguente condanna a risarcire i danni provocati e a porre in essere un costante controllo sull’attività della stessa per evitare il ripetersi dei eventi dannosi. Il lodo Smelter Case costituisce l’epifania di due fondamentali principi di diritto internazionale dell’ambiente: il principio “chi inquina paga”410 e quello del divieto di inquinamento transfrontaliero. Un’epifania che diede avvio ad una nuova sensibilità ambientale, in forza della quale venne organizzata a Stoccolma una tra le più importanti conferenze sull’ambiente, con lo scopo di coniugare lo sviluppo umano con la tutela del patrimonio naturale ovvero di raggiungere un equilibrio tra uomo a ambiente; un equilibro necessario, soprattutto in alcune aree del pianeta, caratterizzate da condizioni di estrema povertà e massima ricchezza di risorse. I PRINCIPI AMBIENTALISTI DI STOCCOLMA. La Conferenza sull’ambiente umano, tenutasi a Stoccolma dal 5 al 16 giugno del 1972, dopo quattro anni di intensi negoziati tra gli Stati, rappresenta il primo incontro globale voluto dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di fornire linee guida e mezzi pratici per proteggere e migliorare l’ambiente, oltre che per porre rimedio ai danni causati dalle attività dell’uomo411.412 La conferenza a cui parteciparono 113 Nazioni, si concluse con l’adozione di un Piano di azione per l’ambiente costituito da 109 raccomandazioni ed una Dichiarazione composta da un Preambolo di sette punti e ventisei principi413. La Dichiarazione, come previsto nel preambolo, mira ad ispirare e guidare la popolazione mondiale, attraverso una serie di principi condivisi, al fine di preservare e migliorare le condizioni dell’ambiente umano. Si evidenziano diritti e responsabilità, nel tentativo di determinare una forma di sviluppo che si adatti sia al benessere dell’uomo, sia alla necessità di tutela dell’ambiente. Sebbene il concetto di sviluppo sostenibile sarà espressamente affermato solo 15 anni dopo, è possibile ricavare già dai principi sanciti a Stoccolma la volontà di determinare una crescita economica sempre più in armonia con l’ambiente. 410 Sul principio “chi inquina paga” cfr. G. VILLA, Il danno all’ambiente nel sistema della responsabilità civile, in B. POZZO (a cura di), La nuova responsabilità civile per danno all’ambiente. Le problematiche italiane alla luce delle iniziative dell’Unione Europea, Giuffre editore, 2002, p. 130; M. RENNA, op. cit., p. 82; R. ROTA, Ambiente e libertà economiche, principio di integrazione e bilanciamento di interessi tra ordinamento comunitario e ordinamento interno, in Astrid, 201, p. 175 e pp. 221 ss.; M. MELI, Il principio comunitario «chi inquina paga», Giuffre, 1996; G. MARCATAJO, Il danno ambientale, Edizioni Scientifiche Italiane, 2016, pp. 102 ss.; C. VIVIANI, Il principio ‘‘chi inquina paga’’ e gli obblighi di messa in sicurezza e di bonifica dei siti contaminati, in Giurisprudenza italiana, 2018, n. 5 e M. NUNZIATA, I principi europei di precauzione, prevenzione – e “chi inquina paga”, in Giornale di diritto amministrativo, 2014, n. 6. 411 «To serve as a practical means to encourage, and to provide guidelines (…) to protect and improve the human environment and to remedy and prevent its impairment» (Risoluzione 2581 dell’Assemblea Generale dalle Nazioni Unite). 412 Sulla tema, in dottrina, cfr. V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile tra diritto internazionale e diritto interno, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2001, p. 209 ss.; L. MEZZETTI, op. cit.; M. MONTINI, La necessità ambientale, op. cit., p. 27 e S. MARCHISIO, Il diritto internazionale dell’ambiente, G. CORDINI, P. FOIS, S. MARCHISIO, Diritto ambientale. Profili internazionali, europei e comparati, Giappichelli, 2008, p.13 ss. 413 Il testo ufficiale è contenuto nel Report of the UN Conference on human environment, U.N. Doc A/Conf. 48/ 14,/Rev.1 1972. Si vedano in particolare i principi 1-5. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 131 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Nel primo principio della Convenzione si legge, ad esempio: «man has the fundamental right to freedom, equality and adequate conditions of life, in an environment of a quality that permits a life of dignity and well-being». Sebbene l’iniziativa promossa da alcune delegazioni di inserire un’affermazione generale che garantisse a every human being right to a wholesome environment fu rigettata414, dal testo finale della dichiarazione emerge, comunque, un forte legame tra diritti fondamentali ed ambiente. Il citato principio riconosce, infatti, alcuni diritti umani preesistenti a livello internazionale, tra cui il diritto ad adeguate condizioni di vita ma prevede anche un elemento di novità. Il diritto a condizione di vita adeguate, infatti, viene collegato alla situazione ambientale. In altre parole, il mancato esercizio e godimento dei diritti umani viene connesso alle situazioni di degrado ambientale415. I diritti enunciati nella Convenzione vengono affiancati da una serie di obblighi. Il principio n.1, in particolate, prosegue affermando che l’uomo «bears a solemn responsibility to protect and improve the environment for present and future generations». Il ruolo dell’uomo nell’azione di tutela e salvaguardia dell’ambiente viene, quindi, enfatizzato ed adottato come denominatore comune anche nei successivi principi, relativi all’utilizzo e alla conservazione delle risorse naturali416. Nello specifico, si attribuisce all’uomo la responsabilità di utilizzare le risorse in modo tale che i benefici da esse derivanti siano condivisi dall’intera umanità e senza pregiudicare il loro possibile utilizzo da parte delle generazioni future. In detta prospettiva, è fondamentale la pianificazione razionale dell’utilizzo delle materie prime, siano esse rinnovabili o non rinnovabili. Come si evince dal principio numero 2, infatti, «the natural resources of the earth [...] must be safeguarded for the benefit of present and future generations through careful planning or management». Un altro aspetto strettamente connesso all’ambiente umano che è stato oggetto di attenzione nella Conferenza di Stoccolma riguarda la situazione dei Paesi in via di sviluppo. Un ambiente salubre, infatti, è condizione necessaria non solo per il godimento dei diritti umani, ma anche per la crescita socio-economica. Del resto, come affermato dal principio numero 8 «economic and social development is essential for ensuring a favorable living and working environment for man». I principali problemi di questi Paesi non sono quindi causati da un carente sviluppo socio-economico ma, piuttosto, dalla privazione creata da una simile condizione di povertà, arretratezza ed aumento demografico. In un siffatto contesto, la pianificazione dello sfruttamento delle risorse, il controllo della crescita demografica e lo sviluppo sociale costituiscono gli elementi alla base di una crescita socio-economica in linea con la tutela ambientale. Ecco, quindi, che lo sviluppo (sostenibile) diventa una vera e propria cura per le questioni ambientali417. Al fine di porre rimedio al degrado ambientale causato dalle condizioni di sottosviluppo, secondo il principio numero 9 della Convenzione, è necessario fornire «substantial quantities of financial and technological assistance as a supplement to the 414 I sostenitori della proposta ritenevano che il diritto di ogni essere umano ad un ambiente salubre fosse implicito nell’art. 25.1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, il quale recita «Everyone has the right to a standard of living adequate for the health and wellbeing of himself and of his family, including food, clothing, housing and medical care and necessary social services[..] e nelll’art.11 del patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali il quale afferma che The States Parties to the present Covenant recognize the right of everyone to an adequate standard of living for himself and his family, including adequate food, clothing and housing, and to the continuous improvement of living conditions». 415 Cfr. SHELTON DINAH, Stockholm and Rio Declarations, in Max Planck Encyclopedia of Public International Law, 2008. 416 Cfr. Principi 3-5. 417 Questa è la conclusione a cui è giunto il comitato riunito a Founex, nel giugno 1971, dal Segretario Generale della Conferenza sull’Ambiente Umano delle Nazioni Unite con l’obiettivo di indagare la particolare relazione tra ambiente e sviluppo. (SOHN B. LOUIS, The Stockholm Declaration on human Environment 1972, in The Harvard International Law Journal, Vol.14, N. 3, 1973). Si veda, altresì, il Report by Panel of Experts convened at Founex/Switzerland, 12 june 1971, Development and Environment, UN-Document A/Conf. 48/10 (1972). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 132 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ domestic effort of the developing countries». La cooperazione tra gli Stati e le organizzazioni internazionali risulta quindi lo strumento essenziale per coniugare la tutela ambientale e lo sviluppo economico. Solo in questo modo sarà possibile conseguire uno sviluppo «compatible with the need to protect and improve environment for the benefit of their population». Oltre alla cooperazione, altri strumenti importanti per rimediare al degrado ambientale sono la ricerca scientifica, lo sviluppo della tecnologia e l’educazione; strumenti che devono essere promossi in tutti i Paesi, in particolare in quelli in via di sviluppo, al fine di garantire una crescita sempre più in linea con le esigenze di tutela dell’ambiente. I FRUTTI DELLA CONFERENZA SULL’AMBIENTE UMANO. Solo alcuni dei 26 principi enunciati dalla Dichiarazione di Stoccolma hanno la tipica forma vincolante States shall; gli altri presentano invece la forma States should o semplicemente contengono nell’affermazione del principio «is essential». Non ci sono particolari motivazioni per queste differenze, ma emerge che « draftsmen were reluctant to couch all principles in the form of clear duties for States» 418. Per questo motivo alcuni autori ritengono che la Dichiarazione possa essere considerata un manifesto di obbiettivi politici da attuare in campo ambientale, piuttosto che l’affermazione di principi con carattere normativo. Nonostante il suo carattere formalmente non vincolante, il riconoscimento in ambito internazionale dei principi contenuti nella Dichiarazione di Stoccolma, attribuisce alla stessa un’emblematica rilevanza nel modo giuridico. In detta prospettiva, è possibile individuare un parallelismo con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Quando è stata adottata, nel 1948, pochi consideravano la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo un documento giuridicamente vincolante, ma vent’anni dopo nessuno aveva più dubbi sul rilievo dei diritti in essa sanciti. Analogamente, i principi contenuti nella Dichiarazione di Stoccolma, oggi, non sono altro che la cristallizzazione, in testi scritti, di valori che rappresentano la progressiva ed emergente presa di coscienza sulla necessità di perseguire l’obiettivo di tutela dell’ambiente419 e che, anno dopo anno, si inseriscono negli ordinamenti giuridici, operando come importanti prerequisiti per la formazione di norme a livello internazionale. L’idea di conservazione e tutela di tutte le componenti della biosfera, ad esempio, è divenuta l’elemento cardine delle misure adottate a livello nazionale e internazionale negli ultimi decenni. Inoltre, l’accento posto sull’importanza della cooperazione e della pianificazione nello sfruttamento delle risorse, anche, e soprattutto, in relazione allo sviluppo dei Paesi emergenti, ha stimolato azioni congiunte tra gli Stati420. Il dovere di cooperare è stato definito principio fondamentale del diritto internazionale dal Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare, mentre il principio 21 relativo al divieto di danneggiare l’ambiente di altri Stati o aree oltre i limiti della giurisdizione nazionale, è, secondo l’opinione maggioritaria della Corte internazionale di Giustizia, una norma di diritto internazionale dell’ambiente421. 418 SOHN B. LOUIS, ivi, p. 513. A. DEL VECCHIO, Dal Ri Junior Arno, Il diritto internazionale dell’ambiente dopo il vertice di Johannesburg, Napoli, Editoriale Scientifica, 2005, p. 24. 420 SHELTON DINAH, op. cit. 421 Cfr. Corte internazionale di giustizia, sentenza sul caso Gabcíkovo-Nagymaros (Ungheria c. Slovacchia), 1997. Il testo è consultabile all’indirizzo: https://www.icj-cij.org 419 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 133 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La Dichiarazione di Stoccolma ha stimolato non solo l’evoluzione dei principi in vere e proprie norme giuridiche, ma anche l’attuazione di numerose attività per salvaguardare l’ambiente, inserendo per la prima volta la problematica ambientale nell’agenda internazionale. Uno dei principali interventi internazionali, operati grazie alla Conferenza di Stoccolma è stata la creazione dell’UNEP422, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Si tratta di un organo internazionale a carattere universale, con sede a Nairobicon, dotato di specifiche competenze nel settore ambientale. Il principale compito dell’organo in parola consiste nel monitorare l’applicazione dei principi sanciti nella Dichiarazione di Stoccolma. Le sue funzioni sono, quindi, sia di studio, sia operative. Nello specifico, esse consistono nel fornire assistenza tecnica, anche nel settore della legislazione ambientale, ai Paesi in via di sviluppo e nell’adottare atti non vincolanti o progetti di convenzioni ambientali da sottoporre alla ratifica degli Stati. Non solo, alla Dichiarazione di Stoccolma si deve anche la creazione di numerose istituzioni nazionali dedite allo studio delle problematiche ambientali nei Paesi, oltre al rafforzamento del ruolo delle organizzazioni non governative e all’aumento di partecipazione della società civile in detto settore. Un incremento reso possibile anche grazie all’intervento delle Nazioni Unite, senza il cui contributo, come evidenziato da alcuni autori, «l’umanità non avrebbe maturato quella coscienza dei problemi comuni che è enorme perché diffusa tra masse di centinaia di milioni e forse miliardi di persone»423. In conclusione, il successo della Dichiarazione di Stoccolma si è affermato solo negli anni successivi alla sua assunzione. Nell’immediato, infatti, essa non ha condotto all’adozione di strumenti capaci di impostare in maniera diversa la relazione esistente tra ambiente e sviluppo. I suoi frutti sono maturati solo alcuni decenni dopo, grazie al consensus sul bisogno urgente di azioni in grado di affrontare le problematiche ambientali. Una siffatta considerazione, tuttavia, non deve sminuire l’importante contributo prestato dalla Conferenza sull’ambiente umano. Grazie ad esse, infatti, la questione ambientale ha trovato una propria collocazione all’interno dell’agenda multilaterale ovvero all’interno di una cornice volta a definire le priorità da affrontare durante negoziati ed incontri mondiali. Grazie allo sforzo concretizzatosi a Stoccolma, si è raggiunta una certa consapevolezza sulle problematiche ambientali e sulla necessità di tutelare le risorse naturali: una consapevolezza che porterà, dieci anni più tardi, all’adozione della Carta della Natura ma, soprattutto, del noto Rapporto Brundtland. IL RAPPORTO BRUNDTLAND E IL BINOMIO AMBIENTE-SVILUPPO. In seguito all’affermarsi in ambito internazionale delle problematiche emerse a Stoccolma e alla necessità di trovare una soluzione realistica al binomio sviluppoambiente, le Nazioni Unite hanno promosso tre inchieste indipendenti. La prima indagine, che ha dato luogo al rapporto noto come Common crisis, fu affidata a Willy Brandt con lo scopo di indagare i problemi dello sviluppo economico e sociale e le relative differenze tra Nord e Sud del mondo. 422 L’UNEP viene istituito il 15 dicembre 1972 con risoluzione 2997 dell’Assemblea Generale in qualità di organo sussidiario dotato di forte autonomia e propria struttura. Sul punto, cfr. S. MARCHISIO, Il diritto internazionale dell’ambiente, in Diritto ambientale: profili internazionali, europei e comparati, Giappichelli, 2000. 423 P. GRECO, A.P. SALIMBENI, Lo sviluppo insostenibile: dal vertice di Rio a quello di Johannesburg, Mondadori, Milano, 2003, p. 67. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 134 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La seconda, denominata Common Security di Palme, ha, invece, analizzato la corsa agli armamenti operata tra gli anni settanta e ottanta del Novecento e le problematiche connesse alla sicurezza che sono emerse dalla contrapposizione tra Est e Ovest. Entrambi i predetti rapporti rappresentano i precursori della terza indagine, denominata Our Common Future424, il cui scopo era quello di esaminare le problematiche relative alla sicurezza ambientale. Affidata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite alla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo nel 1983, l’indagine ha prodotto, dopo novecento giorni di lavori, il report intitolato Il futuro di noi tutti, più noto come Rapporto Bruntland. La Commissione, costituita da un’istituzione indipendente, presieduta dall’ex Primo Ministro norvegese Gro Harlem Brundtland, ha contribuito a portare alla luce, a livello mondiale, il degrado ambientale in relazione alle problematiche economiche e sociali. Il suo obiettivo, che era la realizzazione di un’agenda globale per il cambiamento, ha imposto la formazione di un team di vasta esperienza, non solo in discipline ambientali e di sviluppo, ma anche negli altri settori interessati da eventuali decisioni in grado di influire sul progresso sociale ed economico a livello nazionale ed internazionale. Affinché la Commissione fosse realmente indipendente, era necessaria la presenza dei rappresentanti di Paesi in via di sviluppo e la diversa estrazione sociale dei partecipanti. In detta prospettiva, furono designati 21 soggetti ricoprenti i più svariati ruoli: da quello di Ministro degli Esteri, a quello di funzionari esperto di finanze e pianificazione o responsabile di politiche agricole, scientifiche e tecnologiche. La Presidenza, infine, fu assegnata in relazione alla conoscenza della materia e al peculiare percorso di carriera da Ministro dell’ambiente a Primo Ministro. Caratteristico è stato anche il metodo di lavoro della Commissione, la quale ha ascoltato, in udienza, numerose testimonianze sulle conseguenze del degrado naturale. La Commissione ha raccolto le testimonianze delle vittime, osservando come i problemi causati da singoli incidenti ambientali occasionali ed improvvisi vadano oltre i confini spazio-temporali 425, per produrre effetti cronici e diffusi, quali, ad esempio, le crisi debitorie, la stagnazione degli aiuti e degli investimenti nei Paesi in via di sviluppo, nonché il decremento dei redditi individuali. Il rapporto è indirizzato a Governi, imprese private e multinazionali, ma soprattutto alla gente comune, in particolare ai giovani. La Commissione lungi dal voler offrire un programma d’azione, mirava quindi ad indicare un percorso, seguendo il quale gli abitanti della Terra avrebbero potuto allargare le loro sfere di cooperazione. In un siffatto contesto, il principale obiettivo della Commissione era quello di proporre soluzioni realistiche ai gravi problemi legati ad ambiente e sviluppo ovvero offrire nuove forme di cooperazione internazionale, in grado di influenzare le scelte politiche necessarie al cambiamento desiderato e, infine, elevare i livelli di consapevolezza ed impegno dei singoli individui, delle organizzazioni, delle imprese economiche, delle istituzioni e dei governi. Del resto, educazione, sensibilizzazione e partecipazione pubblica alle tematiche ambientali sono strumenti indispensabili per apportare cambiamenti sociali. 424 AA. VV., Our common future. World Commission on Environmente and develpmente, Oxford University Press (trad. it. Il Futuro di noi tutti: rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo), Bompiani, Milano, 1987. 425 Durante il periodo dei lavori della Commissione si sono verificate numerose tragedie. Si pensi, ad esempio, alle carestie che hanno interessato i territori africani, alla fuoriuscita rilascio da una fabbrica di Bhopal in India, all’esplosione di serbatoi di gas liquido in Città del Messico, sino all’esplosione del reattore nucleare di Chernobyl, o all’incendio di un magazzino in Svizzera, che ha provocato lo sversamento nel fiume Reno di sostanze chimiche, solventi e mercurio. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 135 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Al fine di raggiungere i suddetti obbiettivi, la Commissione ha analizzato una serie di importanti fattori tra loro connessi e ritenuti fondamentali per garantire una forma di sviluppo in linea con la tutela dell’ambiente. Un aspetto oggetto di attenzione da parte della Commissione è stata la salvaguardia della biosfera e, in particolare, di specie ed ecosistemi soggetti ad estinzione a causa dell’inquinamento e dell’iper-sfruttamento delle risorse naturali, a loro volta provocati dalla necessità costante di energia e dal conseguente prelievo di combustibili fossili. L’alternativa auspicata dalla Commissione consisteva nella diffusione o nel potenziamento dell’utilizzo di energia pulita e di risorse rinnovabili. Altri fattori concernevano la crescita dell’industria e l’impatto di tale progresso sull’ambiente e sulla situazione dei centri urbani. Alla massiccia industrializzazione, infatti, avrebbe fatto seguito un notevole spostamento della popolazione verso le città, già fortemente congestionate.426 Non solo, la crescita demografica avrebbe inciso sulla sicurezza alimentare e sull’inquinamento ambientale, L’aumento della popolazione, infatti, causa un incremento della domanda di beni e conseguentemente una maggiore attività produttiva, principale fonte di rischio in termini di inquinamento. In un siffatto contesto, la Commissione è giunta ad un’importante conclusione: la risoluzione del degrado ambientale non può prescindere dallo sviluppo. Quest’ultimo non può sussistere in presenza di risorse ambientali in via di deterioramento. Allo stesso tempo l’ambiente non può essere protetto qualora la crescita non tenga conto del fattore antieconomico della distruzione ambientale. Se la Commissione costituita per l’indagine denominata Our Common Future si fosse occupata esclusivamente di ambiente, quindi, l’errore sarebbe stato imperdonabile. L’ambiente non costituisce una sfera separata di azione. L’ambiente è quello in cui tutti noi viviamo e lo sviluppo è ciò a cui tutti miriamo nel tentativo di migliorare la nostra vita. Ambiente e sviluppo sono quindi inseparabili e, in quanto tali, impongono un preciso modello di crescita socioeconomica: un modello definito sostenibilità. LA CRESCITA SOSTENIBILE. Dal 1987, lo sviluppo sostenibile è divenuto un’aspirazione di (quasi) tutta la popolazione mondiale427. Del resto, sebbene tale concetto fosse già stato formulato nei primi anni settanta nella World Conservation Strategy dell’Unione internazionale per la Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali 428,fosse implicitamente contenuto nei principi sanciti a Stoccolma e fosse apparso nel report Global 2000, voluto dal Presidente statunitense Carter nel 1980, è stato grazie alla pubblicazione del Rapporto Brundtland se ha ottenuto un riconoscimento a livello globale. Il Rapporto Brundtland definisce lo sviluppo sostenibile come « lo sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri»429. Questo nuovo approccio mira ad un progresso che integri produzione, conservazione ed incremento delle risorse, in modo tale che a tutti sia 426 L’analisi di questi fattori si basava sulle proiezioni ONU dell’epoca in cui si stimava che la popolazione mondiale si sarebbe stabilizzata tra gli otto e i quattordici miliardi di individui e che il 90% di tale incremento si sarebbe attuato nei Paesi più poveri ed avrebbe riguardato per il 90% le città già sature. 427 LEISEROWITZ A. ANTHONY, KATES W. ROBERT, PARRIS M. THOMAS, op. cit.. 428 Il testo è consultabile all’indirizzo internet: https://portals.iucn.org/library/efiles/documents/WCS-004.pdf e http://www.presidency.ucsb.edu/ws/? pid=44808. 429 Rapporto Bruntland, conosciuto anche come Our Common Future, è un documento rilasciato dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED). In dottrina cfr. G. ROSSI, op. cit., p. 29. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 136 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ garantita un’adeguata base di sussistenza ed un equo accesso alle risorse. Il termine sviluppo deve essere intesto nella sua più ampia accezione e, quindi, applicato non solo ai processi di trasformazione economica e sociale dei Paesi emergenti, ma anche all’integrazione tra ambiente-sviluppo, indispensabile a tutti i Paesi, indipendentemente dalla loro risorse economiche. È importante sottolineare che, a differenza di quanto si pensasse in passato, la tutela ambientale non è un problema dei soli Paesi in via di sviluppo ma riguarda anche gli Stati industrializzati. L’idea che la sostenibilità debba trovare applicazione solo nelle Nazioni più povere del mondo, deriva, sia dalla qualificazione della povertà come un male in sé, sia dal fatto che le realtà sociali contraddistinte da miseria endemica sono maggiormente esposte a catastrofi, ecologiche e non solo. Si parala, in altre parole, di un binomio degrado ambientale e povertà che si presenta come un circolo vizioso: i Paesi poveri sono costretti a sfruttare le loro risorse naturali per ricavarne il massimo profitto, ma questo depauperamento sconsiderato del territorio produce gravi conseguenze in termini ambientali, aggravando così una situazione economia ed sociale già critica. Del resto, lo sviluppo sostenibile è perseguibile solo se vi è armonia tra entità della popolazione, incremento demografico e potenziale produttivo dell’ecosistema. Nonostante la crescita economica sia auspicata, quindi, essa non è sufficiente per migliorare le condizioni di vita di tutti gli esseri viventi. Come ampiamente ricordato, elevati livelli di attività produttiva possono coesistere con situazioni sia di diffusa povertà, sia di danno ambientale. In detta prospettiva, è indispensabile che i bisogni umani siano soddisfatti, sia incrementando il potenziale produttivo, sia assicurando opportunità eque a tutti, ivi comprese le generazioni future. Un obiettivo che non può prescindere dal contributo dei Paesi in via di sviluppo ma, allo stesso tempo, richiede anche l’impegno dei popoli industrializzati. Se ai primi è richiesto di rallentare la crescita della loro popolazione, in quanto rapidi incrementi demografici possono aumentare la pressione sulle risorse e rallentare il miglioramento dei livelli di vita, ai secondi è richiesto di ridurre i danni provocati da uno sviluppo già avvenuto. Affinché i Paesi poveri possano perseguire lo sviluppo sperato, infatti, è necessario che i più ricchi facciano propri stili di vita in sintonia con i mezzi ecologici del pianeta, per esempio per quanto riguarda l’uso dell’energia. In conclusione, il principale strumento per l’attuazione di un nuovo modello di sviluppo deve essere ricercato nell’ambito delle politiche, sia interne, sia internazionali di ogni Paese, indipendentemente dal fatto che sia industrializzato o meno. Sul punto, non può, quindi, essere condivisa la soluzione offerta dalla Commissione Brundtland che, in un momento storico in cui il principio di sviluppo sostenibile era già divenuto globale, essa suggeriva ad ogni Paese di ricercare le soluzioni più adatte per perseguire uno sviluppo sostenibile sul territorio nazionale, non ritendendo possibile determinare un unico programma di sostenibilità, dati i disuguali sistemi sociali e le diverse condizioni ecologiche di ognuno. In realtà, a dover essere ricercato nelle politiche interne di ogni Nazione, non è tanto un sistema economico già preconfezionato ma, piuttosto, la volontà politica di cambiare: una volontà che ben può accumunare ogni Paese, a prescindere dalle differenze sociali ed ecologiche di ognuno di essi. 5.1.1. BISOGNI ^ E LIMITI. Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 137 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Dalla definizione fornita nel Rapporto secondo la quale è sostenibile lo sviluppo che soddisfi i bisogni del presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri, emergono due concetti fondamentali: bisogno e limite. Il primo si riferisce a tutti quegli elementi essenziali per una vita dignitosa, come cibo, casa e lavoro; elementi spesso carenti o del tutto assenti nei Paesi più poveri della Terra. Oltre ai bisogni primari vi sono, poi, anche le legittime aspirazioni a migliorare le proprie condizioni di vita. Per i suddetti motivi, la soddisfazione dei bisogni essenziali e delle aspirazioni umane rappresenta il principale obiettivo dello sviluppo. Un obiettivo che deve essere raggiunto attraverso un progetto di crescita economica vigorosa ma, contemporaneamente, sostenibile. Se è vero, infatti, che lo sviluppo economico ha, da sempre, generato guasti ambientali di portata planetaria, a partire dalla seconda metà del XX secolo, un siffatto esito non è più tollerabile. La crescita non deve più operare come antagonista dell’ambiente. Anzi, lo sviluppo dell’economia deve divenire il primo strumento di tutela del patrimonio naturale430. A tal fine, è necessaria un’effettiva partecipazione dei cittadini al processo decisionale, una maggiore democrazia nelle scelte internazionali e, soprattutto un’espansione produttiva efficiente ovvero basata sull’idea che crescita economica e sviluppo sociale siano sinonimi e non due termini tra loro antagonisti. 431 Come sottolineato dalla Commissione Brundtland, «economia e sviluppo sociale possono e devono convalidarsi reciprocamente. Il denaro investito in istruzione e salute può infatti elevare la produttività umana, mentre lo sviluppo economico può accelerare quello sociale assicurando opportunità a gruppi diseredati o diffondendo più rapidamente l’istruzione».432 Il secondo concetto che emerge dalla definizione di sviluppo sostenibile è quello di limite. Lo sviluppo di una società è strettamente connesso ai suoi progressi tecnici, scientifici, medici, culturali e tecnologici. Analogamente, la crescita sostenibile richiede lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie nuove, in grado di offrire maggiori vantaggi nello sfruttamento delle risorse naturali, limitando la loro diminuzione ed incentivando la ricerca si beni sostituiti. Si pensi, ad esempio, alle forme alternative di produzione di energia che permettono di limitare l’inquinamento. Alla luce di tali considerazioni, è, quindi, evidente che, come sostenuto anche nel rapporto Brundtland, lo sviluppo sostenibile «comporta dei limiti, ma non assoluti, bensì imposti dall’attuale stato della tecnologia e dell’organizzazione sociale alle risorse economiche e dalla capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane»433. Non esistono precisi limiti alla crescita della popolazione o all’uso delle risorse, superati i quali si assiste ad un disastro ecologico. « Per il consumo di energia, materie prime, acqua e terra valgono limiti differenti, molti di essi si manifestano in forma di costi crescenti e profitti calanti, anziché in forma di un’improvvisa scomparsa di una 430 P. GRECO, A. P. SALIMBENI, op. cit., p. 71. Se la crescita economica viene considerata un’altra cosa rispetto allo sviluppo sostenibile si arriva a considerare lo sviluppo economico e la crescita dei consumi come due aspetti differenti e tra loro inconciliabili. Si tratta di una tesi che si fonda sull’idea secondo cui lo sviluppo economico si riferisce al solo aspetto qualitativo dell’evoluzione di un organismo complesso, mentre la crescita fa riferimento ad un aspetto puramente quantitativo del predetto sistema (cfr. A. ANGELINI, P. PIZZUTO, op. cit., p. 139). In altre parole, il concetto di crescita economica viene interpretato esclusivamente in riferimento all’incremento del prodotto interno lordo, che misura la produzione di beni e servizi valutati a prezzi di mercato; lo sviluppo, invece, è utilizzato per inserire nel predetto processo di crescita una serie di categorie non strettamente economiche quali, ad esempio, salute, aria, acqua e, protezione delle bellezze naturali. 432 Commissione Brundtland, 1987. 433 Ibidem. 431 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 138 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ base di risorse»434. I limiti devono essere ricercati di volta in volta, avendo considerazione dell’avanzamento tecnologico. In detta prospettiva, l’avanzamento tecnologico è fondamentale nel nuovo processo di sviluppo. È necessario, sia perché consente di creare novità strumenti di razionalizzazione delle risorse disponibili, alleggerendo le pressioni sul sistema naturale, sia perché permette di individuare i limiti entro i quali la crescita economica e sociale può spingersi prima di trasformassi in degrado ambientale. LA METAFORA DEL COWBOY E DELL’ASTRONAUTA. LA SOSTENIBILITÀ VERSO (E PER) IL FUTURO. Al fine di comprendere pienamente la condizione in cui si trova l’uomo degli ultimi due secoli, in relazione all’ambiente e, soprattutto, alle risorse naturali, è evocativa la metafora del cowboy e dell’astronauta, proposta nel 1966 dall’economista inglese Kenneth E. Boulding, per descrivere in maniera semplice e chiara l’evoluzione della condizione umana in seguito alla rivoluzione industriale.435 Il cowboy vive in praterie immense, le risorse naturali a sua disposizione sono superiori ai suoi bisogni e i rifiuti prodotti vengono facilmente assorbiti e riciclati. L’economia del cowboy si basa sulla legge dell’infinita sostituibilità: terminata una risorsa, inizierà a sfruttarne un’altra. L’astronauta, invece, è costretto a vivere in una navicella con risorse limitate da gestire in maniera oculata, al fine di trarne il maggior vantaggio possibile. Il navigatore spaziale, infatti, è costretto a vivere in un ambiente ristretto con risorse ridotte e senza la possibilità di sostituirle. Nel momento in cui il cowboy diventa un astronauta, quindi, egli è costretto a modificare completamente il proprio stile di vita. Ed è questo che è successo alla società del XX e del XXI secolo. L’avvento della rivoluzione industriale rappresenta il momento storico in cui si passa dalla vita nelle praterie (cowboy) a quella nello spazio (astronauta). La condizione umana presente dall’epoca del rapporto Brundtland in poi è paragonabile a quella dell’astronauta che per sopravvivere e mantenere uno stile di vita adeguato ai suoi bisogni deve utilizzare al meglio le risorse a disposizione, senza sprecarle e, soprattutto, tenendo in considerazione che devono essere sufficienti per tutti. In questo senso, lo sviluppo sostenibile si presenta come « un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento di risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali» devono essere «resi coerenti con i bisogni futuri oltre che attuali»436. Del resto lo sviluppo sostenibile non si riferisce solo al presente, attraverso la previsione di un’equa ripartizione delle risorse, ma anche al futuro. Lo scopo è quello di adottare una crescita che sia sostenibile anche nel tempo, ovvero di cui tutti possano beneficiarne, siano esse generazioni attuali o future. Per raggiungere il suddetto obiettivo è necessario trovare il giusto equilibrio tra sviluppo, sfruttamento delle risorse, ambiente ed equità. Equilibro che può essere raggiunto solo attraverso la diffusione di valori comuni e condivisi. Come sostenuto da 434 Ibidem. BOULDING E. KENNETH, Beyond Economics. Essay on society, religion and ethics, The University Press of Michigan, Ann Arbor, 1968, p. 257-287. 436 Commissione Brundtland, 1987. In dottrina, sul punto, cfr. L. MEZZETTI, op. cit., p. 9. 435 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 139 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ autorevole dottrina, infatti, l’idea della sostenibilità implica il principio della “non dittatura”. Una dittatura nel presente comporterebbe un’irresponsabilità nell’avvenire e non gioverebbe al sviluppo di un sistema sostenibile. Analogamente, una dittatura del futuro non risolverebbe i problemi del presente437. Lo sviluppo affinché possa essere sostenibile deve quindi fondarsi su principi condivisi e non imposti. Si tratta dei principii di equità intragenerazionale e di equità intergenerazionale. La prima fa riferimento all’equità tra persone appartenenti alla stessa generazione; impone una ripartizione delle risorse equa, sia a livello nazionale sia internazionale; un benessere migliore per tutti coloro che vivono nel medesimo periodo storico. La seconda, invece, sottolinea la necessità di tutelare i bisogni delle nuove generazioni. Uno sviluppo, infatti, è sostenibile solo se la soddisfazione dei bisogni delle generazioni presenti non compromette la possibilità di far fronte a quelli delle generazioni future. In detta prospettiva, è auspicabile che gli Stati utilizzino il capitale ambientale a loro disposizione in maniera razionale, così da poterlo conservare per le generazioni a venire, nelle stesse condizioni in cui lo hanno a loro volta ricevuto438. Sul punto, si è soffermata anche la Commissione Brundtland, la quale, sottolineando i problemi connessi al sistema di crescita dell’epoca, evidenziato come tali criticità derivino dal fatto che «prendiamo a prestito capitali ambientali di generazioni future, senza avere né l’intenzione né la possibilità di rifonderli: le generazioni future potranno maledirci per il nostro atteggiamento da scialacquatori, ma non potranno mai farsi ripagare il debito che abbiamo contratto con loro »439. In questi termini, il Rapporto Brundtland prospetta in maniera semplice e chiara le future conseguenze di uno sviluppo sconsiderato, indirizzato esclusivamente ad implementare la ricchezza di pochi. Non solo, sottolinea anche l’importanza dell’equità sociale, chiedendo la totale trasformazione del sistema in favore di uno sviluppo che sia sostenibile, non solo da un punto di vista economico ma anche sociale ed ambientale. La rilevanza emblematica delle suddette considerazioni ha assicurato al concetto di sostenibilità un posto tra gli obbiettivi della comunità internazionale. DICHIARAZIONE DI RIO. Nel 1992, il principio di sviluppo sostenibile è stato codificato in una dichiarazione adottata al termine del primo Summit della Terra, avvenuto a Rio de Janeiro tra il 3 al 14 giugno. Una conferenza mondiale sull’ambiente, il cui successo è stato determinato dalla partecipazione di numerosi Capi di Stato e di Governo, la quale ha permesso di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema ambiente e raggiungere decisioni condivise dall’intera comunità internazionale. 440 In particolare, a Rio, si è cercato di attuare un programma che consentisse di realizzare effettivamente ed efficacemente lo sviluppo sostenibile enunciato nel 437 P. GRECO, A. P. SALIMBENI, op. cit., p. 72. V. BARRAL, Sustainable Development in International Law: Nature and Operation of an Evolutive Legal Norm, in The European Journal of International Law, vol. 23, n. 2, Oxford University Press, 2012, p. 380. 439 Commissione Brundtland, 1987. 440 Sulla Dichiarazione di Rio de Janeiro cfr. G. ROSSI, Le fonti, op. cit., p. 29; AA. VV., Diritto dell’ambiente, (a cura di) G. ROSSI, Giappichelli, 2017, p. 13 ss. e S. MARCHISIO, Il diritto internazionale ambientale da Rio a Johannesburg, in E. R. ACUNA (a cura di), Profili di diritto ambientale da Rio De Janeiro a Johannesburg, Giappichelli, 2004, p. 12 ss. e S. MARCHISIO, Gli atti di Rio nel diritto internazionale, in Rivista di diritto internazionale, 1992, pp. 581 ss. 438 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 140 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Rapporto Brundtland. Si è giunti, quindi, alla redazione dell’Agenda 21 e della Dichiarazione di Rio o Dichiarazione sull'ambiente e lo sviluppo. I due documenti delineati gli elementi fondamentali da rispettare per garantire, sia la tutela dell’ambiente, sia il progresso. La Dichiarazione sull'ambiente e lo sviluppo contiene, in particolare, nuovi principi che completano ed ampliano quello più generale di sviluppo sostenibile. Si pensi, ad esempio, al principio di precauzione 441 e del “chi inquina paga”. Essa presenta le caratteristiche di una law- developing resolution perché ha concorso ai processi formativi di norme consuetudinarie ambientali ed è stata utilizzata come punto di riferimento per la conclusione dei successivi accordi internazionali. L’agenda 21 costituisce, invece, il piano d’azione; essa ricomprende tutte le misure necessarie affinché gli obbiettivi della Dichiarazione possano essere realizzati. L’agenza 21 e la Dichiarazione, seppur non vincolanti, costituiscono un risultato importante; rappresentano la volontà politica di cui parlava Brundtland: la volontà politica necessaria per il cambiamento. Non stupisce, quindi, che i principi affermati a Rio siano stati successivamente ripresi in numerose occasioni. L’ampia adesione e condivisione dei maggiori aspetti positivi dell’Earth Summit, infatti, ha favorito il consolidamento di valori generali sanciti a livello internazionale e la loro progressiva affermazione nelle convenzioni ambientali globali. Si pensi alle due Convenzioni globali sul tema del cambiamento climatico 442 e della biodiversità443. Nonostante le difficoltà di ratifica, le predette Convenzioni costituiscono l’impegno degli Stati aderenti a compiere un primo passo nella direzione della sostenibilità. In detta prospettiva, la Conferenza di Rio ha contribuito a formulato gli orientamenti generali della legislazione ambientale sia a livello internazionale, sia a livello nazionale, formando l’indispensabile base giuridica per le normative attuative444. DICHIARAZIONE SULLO SVILUPPO SOSTENIBILE DI JOHANNESBURG. Nel 2002, la Dichiarazione sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg del 2002 ha affermato la necessità di rafforzare i tre pilastri inseparabili dello sviluppo sostenibile: protezione dell’ambiente, crescita socio-economica locale, nazionale, continentale e Globale ed eliminazione della povertà, attraverso modelli di consumo sostenibili.445 In questa fase storica, tuttavia, la questione ambientale sembra perdere il carattere prioritario che aveva acquisito nel corso del trentennio del secolo scorso. Il summit svoltosi a Johannesburg, quindi, non colleziona i medesimi risultati di quelli ottenuti a Rio. Le motivazioni sono diverse: rilevante è sicuramente la situazione economica del momento che rievoca i timori passati. In particolare, i Paesi industrializzati, convinti che politiche ambientali troppo restrittive pregiudichino i benefici del libero commercio, con ripercussioni negative sull’occupazione, si dimostrano pronti a sospendere la strada verso la sostenibilità ambientale. 441 Per un’analisi generale del principio di precauzione si veda, in dottrina, tra i molti, G. ZUCCA, Il principio di precauzione tra incertezza intrinseca e razionalità limitata, in Observa science in society, 2005, p. 1; M. MONTINI, Profili di diritto internazionale, op. cit., pp. 35 ss. e J. P. DUPUY, Per un catastrofismo illuminato. Quando l’impossibile è certo, Medusa, 2011 e R. SUNSTEIN, Il diritto alla paura. Oltre il principio di precauzione, il Mulino, 2010. 442 Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, aperto alle ratifiche il 9/5/1992 ed entrato in vigore il 21/3/1994. 443 Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), aperta alla firma il 5/6/1992 ed entrata in vigore il 29/12/1993. 444 S. MARCHISIO, Gli atti di Rio op. cit. 445 In merito alla Dichiarazione di Johannesburg cfr., in dottrina, S. MARCHISIO, Il diritto internazionale ambientale op. cit., 2004, pp. 20 s. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 141 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Alle questioni economiche si aggiungono quelle pratiche, connesse alle difficoltà incontrate della comunità internazionale nell’attuazione di un cambiamento 446. Si tratta di difficoltà riconducibili, sia al carattere normativo indefinito del progetto di sostenibilità447, sia all’aspetto semantico del termine che, secondo alcuni, è accattivante ed ostico allo stesso tempo. Troppo accattivante per essere pubblicamente respinto e troppo ostico per essere concretamente applicato.448 In ultimo, alle suddette criticità si deve aggiungere un’importante considerazione: oggi, lo sviluppo sostenibile è andato oltre il binomio sviluppo economico e tutela ambientale e ricomprende tutta una serie di nuovi aspetti, tra cui lo sviluppo sociale, la salute e l’educazione. Si tratta di aspetti che, da un lato, ampliano e arricchiscono il termine, ma dall’altro complicano notevolmente la sua concreta attuazione. L’ESPERIENZA EUROPEA. Dalla fine degli anni’80, la tutela ambientale e il concetto di sviluppo sostenibile abbracciano anche la politica comunitaria. L’influenza esercitata dagli incontri internazionali è notevole ma, partendo da questi imput, l’Unione Europea ha saputo fare di meglio. Ha adottato e fatto proprio il concetto della sostenibilità, declinandolo all’interno di azioni e decisioni, nonché ponendolo tra i principali obbiettivi da raggiungere. Se negli anni settanta e ottanta si è preso atto del contrasto tra sviluppo economico e tutela ambientale, gli anni novanta sono stati caratterizzati da interventi normativi volti alla risoluzione del problema. La dinamica di concretizzazione normativa della tutela ecologica a livello comunitario si è mostrata, molto più consistente, efficace, strutturata ed organica, rispetto a quella del sistema giuridico internazionale449. Le differenze rispetto alla comunità internazionale sono notevoli. Nella prima, infatti, gli atti ratificati sono prevalentemente di soft law e l’applicazione della sostenibilità è lasciata alla volontà dei singoli Stati, che spesso incontrano serie difficoltà ad impegnarsi in progetti di lungo periodo, preferendo soluzioni immediate nella convinzione che non incidano negativamente sulle attività economiche. In ambito europeo, invece, le politiche ambientali sono state inserite nei Trattati, oltre che negli atti di soft law. Si tratta di differenze di azione che si riflettono anche sul rango giuridico attribuito allo sviluppo sostenibile. Quest’ultimo, infatti, assume nel settore internazionale la valenza di una norma consuetudinaria, sebbene alcuni lo considerino un concetto vincolante. A livello europeo, invece, lo sviluppo sostenibile è a tutti gli effetti un principio giuridico di rango costituzionale. Grazie al Trattato di Amsterdam, ha assunto un valore vincolante; è stato inserito tra le norme primarie della politica europea. In conclusione, sulla scia dell’influenza esercita dalle Nazioni Unite, il principio di sviluppo sostenibile si è affermato e diffuso nel quadro giuridico europeo come principio vincolante, grazie all’azione sistematica e puntuale dell’Unione che ha trasfuso la propria visione di sostenibilità all’interno delle legislazioni nazionali degli Stati membri. 446 S. MARCHISIO, Il diritto internazionale dell’ambiente, op. cit., 2000. 447 B. CONFORTI, Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, 2002, p. 222 ss. 448 Cfr. P. GRECO, A. SALIMBENI, op. cit. 449 P. A. PILLITU, Il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto dell’Unione Europea, in P. FOIS (a cura di), Il Principio dello sviluppo sostenibile nel diritto internazionale ed europeo dell’ambiente, Atti del XI Convegno di Alghero, 16-17 giugno 2006, Editoriale Scientifica, 2007, p. 226. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 142 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ L’affermazione della sostenibilità non può, tuttavia, dirsi conclusa. Molto può ancora essere fatto ma la consapevolezza della necessità di perseguire uno sviluppo durevole e tollerabile per tutti è sicuramente un ottimo punto di partenza per il raggiungimento dei predetti obbiettivi di sostenibilità; obbiettivi la cui realizzazione richiedere la cooperazione di tutti, come dimostrano anche i recenti interventi giurisprudenziali. SOSTENIBILITÀ (CENNI). E GIUSTIZIA. LA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI SVILUPPO SOSTENIBILE La giurisprudenza si è occupata spesso del principio di sviluppo sostenibile, ormai cogente nel nostro ordinamento nazionale e sovranazionale, sia con riguardo ai profili applicativi nei procedimenti amministrativi, sia in merito agli aspetti interpretativi delle fonti legislative. Non per niente la rilevanza sovrannazionale del concetto di sviluppo sostenibile è stata riconosciuta in primis della Corte di Giustizia Internazionale, la quale nella sentenza Gabcikovo-Nagymaros450, fa riferimento alle nuove norme ed esigenze enunciate negli ultimi decenni, menzionando in particolare lo sviluppo sostenibile come lo strumento da applicare per contemperare le esigenze economiche con quelle ambientali451. La Corte pur non avendo preso una posizione netta in riferimento al carattere normativo del concetto di sviluppo sostenibile, sottolinea però la cruciale importanza di un equilibrio tra sviluppo economico e tutela dell’ambiente. Più decisa sarà l’opinione individuale del giudice Weeramantry secondo il quale lo sviluppo sostenibile è un vero e proprio principio del diritto internazionale a cui andrebbe riconosciuto il rango di norma consuetudinaria 452. L’aspetto sicuramente positivo è il riconoscimento ottenuto dal concetto di sostenibilità e la maggiore attenzione conferitagli che, però, nella sua evoluzione manca di un’ultima fase. Dopo l’affermazione dei principi generali e la loro traduzione in convenzioni ambientali globali, infatti, manca il passaggio in cui le obbligazioni si trasformano, mediante l’adozione di protocolli, in precise norme di condotta contenenti obblighi dettagliati. La Corte Costituzionale, ad esempio, pronunciandosi in materia di equilibrio di bilancio, ha evidenziato come «l’equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse»453, evocando così, seppur implicitamente un concetto di crescita sostenibile, destinato ad operare in senso generale, per ogni tipologia di intervento. Del resto, il principio costituzione di equilibrio, come esplicitamente affermato dalla Corte Costituzionale, deve «operare pure in assenza di norme interposte». L’art. 81 Cost., infatti, «si sostanzia in una vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile»454.455 450 Corte internazionale di giustizia, sentenza sul caso Gabcíkovo-Nagymaros (Ungheria c. Slovacchia), 1997. Il testo è consultabile all’indirizzo: https://www.icj-cij.org 451 S. MARCHISIO, Diritto internazionale dell’ambiente, in Il diritto internazionale dell’ambiente dopo il vertice di Johannesburg, Editoriale Scientifica, 2005, p.186. 452 AGGARIN VIRIYO, Principle of Sustainable Development in International Environmental Law. Il testo è consultabile all’indirizzo interne www.ecolex.org. 453 C. Cost. 274 del 2017. 454 C. Cost. 274 del 2017. Cfr., anche C. Cost. 184 del 2016 e C. Cost. 192 del 2012. 455 In merito alla portata applicativa dell’art. 81 Cost., si ricordi che, in più occasioni, la Corte ha precisato come tale disposto costituzionale vincola anche il legislatore regionale, che «non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio cui l’art. 81 Cost. si ispira». «La copertura di nuove spese» quindi «deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 143 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Il tema dello sviluppo sostenibile è stato oggetto di attenzione anche da parte della Corte di Giustizia UE in due interessanti pronunce volte a sottolineare come l’obiettivo primario della direttiva VAS sia quello di offrire «un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione e dell'adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile»456, attraverso una previa valutazione dei progetti potenzialmente in grado di incidere negativamente sull'ambiente. In altre parole, la direttiva VAS costituisce uno strumento per l'integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell'elaborazione e nell'adozione di taluni piani e programmi, garantendo un livello elevato di protezione del patrimonio naturale. Per tale sua importante funzione, l’ambito di applicazione della citata direttiva deve essere interpretata in senso ampio457. La Valutazione Ambientale Strategica è stata oggetto di attenzione anche da parte del Supremo organo di giustizia amministrativa, il quale ha ricordato come « visto che la VAS (Valutazione Ambientale Strategica) è volta a garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente, sì da rendere compatibile l'attività antropica con le condizioni di sviluppo sostenibile e ad integrare le scelte discrezionali tipiche dei piani e dei programmi, è del tutto ragionevole che venga esperita prima dell'approvazione del piano, piuttosto che alla data della adozione, per far sì che la verifica dell'incidenza delle scelte urbanistiche sugli aspetti di vivibilità ambientale del territorio avvenga nel momento in cui tali scelte stanno per divenire definitive».458 In senso conforme, un successivo arresto della giustizia amministrativa afferma che la finalità della valutazione ambientale consiste nell’«assicurare che l'attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, così come stabilito dall'art. Art. 4, comma 3 D.Lgs. n. 152/2006»459. Infine, ad avviso della Corte di Cassazione, «le cosiddette "invarianti strutturali" sono definibili come le risorse, i beni e le regole relativi all'uso, individuati dallo statuto, nonché i livelli di qualità e le relative prestazioni minime, al fine di garantire lo sviluppo sostenibile del territorio. Ne discende che, avendo l'invariante strutturale una natura essenzialmente dinamica, essendo un obiettivo ritenuto rilevante per la sostenibilità dello sviluppo nella gestione delle risorse del territorio, la stessa non fissa alcun vincolo di immodificabilità, ma attiene alla destinazione economico-produttiva dell'area, nell'ottica della garanzia dello sviluppo sostenibile della stessa»460. Ed è in quest’ottica che alcuni interesse vengono a costituire, non solo un parametro di costituzionalità della norma e di legittimità dell’azione amministrativa, ma anche un “contrappeso” allo sviluppo che deve tendere, per la sua evoluzione positiva, verso la sostenibilità. Sempre lo stesso giudice delle leggi con la sentenza del n. 172 del 2018 ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale - per violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lett. s), Cost. - l'art. 48 della legge reg. Siciliana n. 16 del 2017 prevedeva, al comma 1, e con riferimento alle opere qualificate come di pubblica equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri»; l’indicazione della copertura «è richiesta anche quando alle nuove o maggiori spese possa farsi fronte con somme già iscritte nel bilancio, o perché rientrino in un capitolo che abbia capienza per l’aumento di spesa, o perché possano essere fronteggiate con lo «storno» di fondi risultanti dalle eccedenze degli stanziamenti previsti per altri capitoli» (C. Cost. 272 del 2011) Un principio in forza del quale, la Corte ha sottolineato come «la copertura finanziaria delle spese deve indefettibilmente avere un fondamento giuridico, dal momento che, diversamente opinando, sarebbe sufficiente inserire qualsiasi numero [nel bilancio] per realizzare nuove e maggiori spese» (C. Cost. 197 del 2019). 456 CGUE, Sez. II, 07/06/2018, n. 160/17. 457 CGUE, Sez. II, 07/06/2018, n. 671/16. 458 Cons. Stato, Sez. IV, 26/09/2019, n. 6438. 459 T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 06/08/2019, n. 910. 460 Cass. pen., Sez. III, 27/09/2018, n. 2583. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 144 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ utilità, realizzate da enti pubblici o società concessionarie di servizi pubblici (con la sola esclusione dell'impiantistica di trattamento dei rifiuti comprese le discariche), un limite ai vincoli derivanti dal piano paesaggistico territoriale alle sole misure in grado di ridurre, compensare o eliminare le eventuali incompatibilità paesaggistiche, escludendo la possibilità di stabilire divieti assoluti di intervento; al comma 2, che la procedura di valutazione della compatibilità paesaggistica, avviata con istanza del proponente, venisse conclusa, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza stessa, con delibera espressa della Giunta regionale, su proposta dell'assessore regionale per i beni culturali e l'identità siciliana; e, al comma 3, che le opere di cui al comma 1, nonché le attività estrattive che avessero già ricevuto nulla osta, pareri favorevoli o autorizzazioni prima della data di adozione dei singoli piani paesaggistici territoriali, potessero essere realizzate nel rispetto dei tempi, delle forme e delle modalità previste in questi atti, senza necessità di ulteriori valutazioni. La normativa regionale impugnata, rileva la Corte, contrasta con la finalità principale della tutela dell'interesse primario alla conservazione del paesaggio, formalizzata nel piano paesaggistico, che può prevedere anche divieti assoluti di intervento, (v. artt. 143, comma 9, e 145, comma 3, cod. beni culturali). Sotto altro profilo, la disciplina regionale contrasta con l'art. 146 cod. beni culturali, perché determina un sostanziale svuotamento del contenuto dei poteri riservati alla competenza tecnico-scientifica degli uffici amministrativi preposti alla tutela paesaggistica, ai quali soltanto spetta di compiere la verifica concreta di conformità tra l'intervento progettato e le disposizioni del piano, individuando la soluzione più idonea a far sì che l'interesse pubblico primario venga conseguito con il minor sacrificio possibile degli interessi secondari. Senza prevedere alcuna forma di partecipazione al procedimento da parte di organismi tecnici, e non distinguendo tra procedimenti autorizzatori già conclusi e procedimenti ancora in itinere alla data di adozione dei piani, l'art. 48 citato contrasta poi con la disciplina dell'autorizzazione paesaggistica dettata dall'art. 146 cod. beni culturali, in particolare con i commi 4, 5, e 6. La conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato. Il legislatore statale, tramite l'emanazione delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, qualificate norme di grande riforma economico-sociale, conserva il potere, nella materia "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali, di vincolare la potestà legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale. Il piano paesaggistico ha la funzione di strumento di ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, non solo ai fini della salvaguardia e valorizzazione dei beni paesaggistici, ma anche nell'ottica dello sviluppo sostenibile e dell'uso consapevole del suolo, in modo da poter consentire l'individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio. NOTE CONCLUSIVE. La sostenibilità, le cui basi sono state poste a Stoccolma nella prima Conferenza mondiale, organizzata dalle Nazioni Unite, viene successivamente definita e consacrata nell’agenda internazionale dal Rapporto Brundtland, assumendo il ruolo di principio fondamentale sul piano internazionale. Non solo, grazie al predetto report, il concetto ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 145 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ di sostenibilità è entrato anche a far parte del linguaggio comune e si presenta, oggi, come uno strumento capace di fronteggiare sia il degrado ambientale, sia lo sfruttamento irrazionale delle risorse, sia la povertà e il sottosviluppo di alcuni Paesi. La soluzione al degrado è, infatti, lo sviluppo sostenibile, inteso come crescita sociale in grado di soddisfare i bisogni del presente, senza compromettere la possibilità delle prossime generazioni. È proprio in quest’ottica che al concetto di sviluppo, ritenuto fondamentale per il progresso e la crescita dei Paesi emergenti, si affianca l’aggettivo sostenibile, volto a sottolineare la necessità che si tratti di una crescita compatibile con l’ambiente e con le esigenze presenti e future. In conclusione, l’importanza della sostenibilità non è legata solo alla necessità di garantire alla popolazione mondiale un pari accesso alle risorse naturali, ma aspirare anche ad uno sviluppo che consenta alle generazioni future di poter fare lo stesso. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 146 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ LA COSTITUZIONE GUGLIELMINA DEL 1871 Giovanni Giannotti Abstract (it) Lo studio esamina l’evoluzione del costituzionalismo tedesco durante il diciannovesimo secolo. Dopo un excursus sulle guerre napoleoniche e la dissoluzione del Sacro Romano Impero del 1806, l’articolo esamina poi la Confederazione del Reno; il lavoro prosegue con l’analisi delle Costituzioni tedesche della Restaurazione, la struttura della Confederazione Germanica, la rivoluzione del 1848 e la Costituzione di Francoforte. Il saggio analizza poi la Costituzione Prussiana del 1850, la Confederazione della Germania del Nord e l’unificazione della Germania, la Costituzione dell’Impero tedesco del 1871. La Costituzione istituiva il Consiglio federale o il Bundesraat, composto da rappresentanti dei vari stati, e un Reichstag eletto a suffragio universale maschile. L'impero tedesco durò dal 1871, fino alla rivoluzione tedesca del 1918, che dichiarò la Germania una Repubblica. Abstract (en) The study examines the evolution of German constitutionalism during the 19th century. After a digression on the Napoleonic wars and the dissolution of the Holy Roman Empire in 1806, the article then examines the Rhine Confederation; the work continues with an analysis of the German Constitutions of the Restoration, the structure of the German Confederation, the revolution of 1848 and the Frankfurt Constitution.The essay then analyses the Prussian Constitution of 1850, North German Confederation and the unification of Germany, the Constitution of the German Empire of 1871. The Constitution established the Federal Council or Bundesraat, comprised of representatives of the various states, and a Reichstag elected by male universal suffrage. The German Empire lasted from 1871, until the German Revolution of 1918, which declared Germany a Republic. SOMMARIO: 1. La mancata creazione di uno Stato unitario in Germania. - 2. La Confederazione Germanica. La - 3. Il 1848. La Costituzione di Francoforte. - 4. Costituzione prussiana del 1850. - 5. La Costituzione imperiale del 1871. - 6. Conclusioni. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 147 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La mancata creazione di uno Stato unitario in Germania. La Germania nel XVIII secolo presentava una ricca varietà di formazioni politiche territoriali e di tradizioni statali, per certi versi inconciliabili; difatti davanti al Sacro Romano Impero – ove permanevano tracce di feudalità - si ergeva il Regno di Prussia nel quale, anche se la feudalità era rimasta intatta nella costituzione della società civile, vi si era sovrapposta una monarchia militare e burocratica, la quale aveva assunto la direzione politica del paese. Tra l’Impero e la Prussia esistevano una costellazione di stati minori; di questi alcuni gravitavano verso i principali paesi dello scacchiere teutonico ossia Sacro Romano Impero e Regno di Prussia, mentre altri sia per contiguità territoriale, quali gli stati renani oppure per affinità di struttura sociale, come la Baviera, propendevano verso il sistema politico francese. La rivoluzione francese precisò queste tendenze, dal momento che i princìpi rivoluzionari trovarono terreno propizio di diffusione nell’occidente e nel mezzogiorno tedesco, in una società agricola già liberata dal feudalesimo e caratterizzata dalla piccola e media proprietà. La rivoluzione francese, distruggendo il Sacro Romano Impero, il quale nel corso del medioevo e dell’età moderna aveva costituito il vincolo comune delle genti tedesche, pose l’esigenza di creare un nuovo legame; per di più lo stesso liberalismo – il liberalismo germanico nel suo sviluppo aveva subito l’influsso di quello transalpino – assieme ai suoi sentimenti di autonomia e di indipendenza provocò la nascita di una coscienza nazionale che si ritorse contro i conquistatori francesi 461. Partendo da queste riflessioni si può comprendere la situazione politica tedesca e il levarsi di più voci che reclamavano l’unità del paese. Georg Wilhem Friedrich Hegel ne “ la Costituzione della Germania” scriveva: «La Germania non è più uno Stato462». Hegel aveva evidenziato l’assenza di un’entità statale unitaria nel panorama tedesco, mancanza che era emersa nel corso delle guerre contro la Francia rivoluzionaria e napoleonica, osservava ancora il filosofo di Stoccarda: « Così la Germania ha fatto su di sé l’esperienza, nella guerra con la repubblica francese, di non essere più uno Stato»; e si è accorta della sua situazione politica tanto nella guerra stessa quanto nella pace che pose fine a questa guerra463». La rivoluzione francese e le guerre di coalizione europee avevano provocato profondi mutamenti nel Vecchio Continente; per quanto riguarda lo scacchiere tedesco, a seguito della Pace di Lunéville del febbraio 181l, l’Austria era stata costretta a cedere alla Francia i territori situati a sinistra del Reno, rendendo irreversibile il tramonto dell’Impero464; del resto la frammentazione politica era un male endemico, affliggeva la Germania da secoli ed aveva contribuito alla mancata creazione di uno Stato unitario. Hegel ne La Costituzione della Germania aveva preso atto della crisi irreversibile del Sacro Romano Impero, crollato sotto i colpi delle armate transalpine e aveva rilevato sia l’assenza di un’entità unitaria che la relativa frammentazione del panorama politico teutonico, scriveva difatti: «dunque la Germania nella sua potenza bellica e finanziaria non costituisce in sé un potere statale e per questo deve essere considerata non come uno Stato, ma come una moltitudine di Stati indipendenti dei quali i più grandi 461 G. DE RUGGIERO, Storia del liberalismo europeo, Laterza, Roma – Bari, 2003, pp. 223 – 224. G. W. F. HEGEL (Scritti Politici), a cura di A. Plebe, Laterza, Bari, 1961, p. 7, v. inoltre HEGEL, Scritti politici (1798 – 1831), cur. C. Cesa, Einaudi, Torino, 1972 ove La Costituzione della Germania si trova nelle pp. 5 – 132. 463 Ivi, p. 12. 464 A. LUONGO, Della verità che sta nella potenza. Hegel e la critica del “diritto pubblico” tedesco della Costituzione della Germania, Giappichelli, Torino, 2017, p. 12. 462 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 148 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ agiscono anche esteriormente in modo indipendente, mentre i più piccoli devono incanalarsi in qualche grande indirizzo465». Era negativo dunque il suo giudizio sulla Costituzione tedesca 466; rilevava difatti sia l’infettività che l’obsoloscenza del potere imperiale, frammentato in molteplici territori di natura privatistico-comparatistica, indicava altresì come via da percorrere quello dell’istituzione di uno Stato ove fossero combinate sia l’universalità – in questo caso le idee di nazione e libertà - che la particolarità – in quest’altro caso dei ceti e dei singoli stati, ciascuno dei quali con il proprio diritto e la propria lingua, al fine di arrivare ad una sintesi armoniosa di questi elementi467. Il tema della rinascita nazionale della Germania era stato affrontato anche da Fichte, il quale, ne I Discorsi alla nazione tedesca, tenuti nell’anfiteatro delle Accademie delle scienze di Berlino ogni domenica a partire dal 13 dicembre 1807 sino al 20 marzo 1808, affermò la necessità di una rigenerazione spirituale della Germania come presupposto per la liberazione e il riscatto dalla dominazione straniera468. Nel 1814 – l’astro di Napoleone era ormai al tramonto – Anton Friedrich Justus Thibaut pubblicò il saggio Sulla necessità di un comune codice civile per la Germania. Thibaut sosteneva l’opportunità di procedere a una codificazione tedesca, da redigersi sul modello de Codice Civile di Napoleone del 1804 e del Codice civile Austriaco del 1811; nella codificazione Thibaut vedeva lo strumento essenziale per procedere all’unificazione politica della Germania469. Dell’unificazione si occupò anche da Friederich Karl Von Savigny, al riguardo ha scritto Gianni Ferrara: «Il soggetto cui, secondo Savigny, spettava il compito di unificare la Germania era la scienza giuridica e quindi il ceto che la deteneva, quello dei giuristi, specificatamente, il ceto dei giuristi della scuola storica 470». In quest’ottica è interessante notare come il compito svolto in Francia dalla borghesia e in Inghilterra dall’alleanza di cui facevano parte nobili e borghesi era affidato da Savigny non ad una classe sociale ma ad un ceto professionale471. L’assenza di uno Stato unitario e l’eccessiva frammentazione politica tedesca quindi era stata avvertita dall’intellighenzia tedesca e di conseguenza l’aspirazione all’unificazione del paese – presente in nuce già alla fine del settecento – oltre al desiderio di rinascita nazionale ampiamente implementato dall’occupazione francese, aumentarono nel corso dell’ottocento. La Confederazione germanica. Il 12 luglio1806 sedici principi tedeschi si erano separati dal Heiliges Römisches Reich deutscher Nation per creare la Rheinbund, ossia la Confederazione del Reno, mentre il 6 agosto Francesco d’Asburgo decise di rinunciare al titolo di Sacro romano imperatore – scelta dettata dalla volontà di consolidare la sovranità territoriale e di purificarla dalle componenti universalistiche che l’avevano contrassegnata fino a quel 465 G. W. F. HEGEL (Scritti Politici), a cura di A. Plebe, p. 87. Sulla nozione di Costituzione secondo in ottica hegeliana cfr. A. LUONGO, Della verità che sta nella potenza. Hegel e la critica del “diritto pubblico” tedesco della Costituzione della Germania, pp. 11 – 36. 467 A. DI MARTINO, Il federalismo tedesco e George Waitz, in Nomos. Le attualità del diritto, 3/2016. 468 J. G. FICHTE, Discorsi alla nazione tedesca. Introduzione di G. Rametta Laterza, Roma – Bari, 2014, p. II. 469 R. CALVO – A. CIATTI, Istituzioni di diritto civile, Giuffré, Milano, Tomo 1, 2011, p. 12; V. inoltre A.J.F. Thibaut, Über die Notwendigkeit eines allgemeinen bürgerlichen Rechts für Deutschland, Heidelberg, 1814. 470 G. FERRARA, La Costituzione. Dal pensiero politico alla norma giuridica, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 154. 471 Ibidem. 466 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 149 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ momento – causando la fine al Sacro Romano Impero della nazione tedesca e assumendo il titolo di imperatore d’Austria472; nel rievocare la fine del millenario impero Golo Mann scriveva: «L’ultimo imperatore romano Francesco II dichiarava il legame imperiale disciolto, liberava tutti gli stati prima esistenti dai loro obblighi e si accontentava del titolo, già istituito nel 1804, d’imperatore Austria473». Nel 1806 era stata istituita la Confederazione del Reno sotto la guida di Napoleone, al quale fu assegnato il titolo di Protettore dell’organismo appena istituito; ne facevano parte sia i principati dell’area occidentale che quelli di nuova creazione, quali il Granducato di Westfalia e il Granducato di Berg. La fine dell’impero napoleonico provocò il crollo della Rheinbund, la quale fu sostituita dalla Confederazione germanica; entrarono a far parte della Deutscher Bund sia principi che città libere e il suo ordinamento fu definito chiaramente dall’Atto finale del Congresso di Vienna – Wiener Schlußakte – del 15 maggio 1820. Facevano parte della Confederazione germanica trentanove stati – ne erano membri 35 principi tedeschi e le città Stato di Francoforte, Amburgo, Brema e Lubecca – e tra questi i principali stati dell’area germanica ossia Prussia e Austria; vi era una Dieta Federale che si riuniva – sotto la presidenza austriaca – a Francoforte sul Meno474; ciascuno stato aderente aveva un peso uguale – vale a dire disponeva di un voto in seno alla Dieta Federale 475 – e di un peso differenziato per le leggi che andavano a modificare l’atto costitutivo o le istituzioni della Confederazione476. In virtù di quanto previsto dal Deutsche Bundesakte ossia l’Atto istitutivo della Confederazione Germanica, che all’art. 13 disponeva che ciascuno Stato avrebbe dovuto promulgare una Costituzione477 e dall’art. 57 del Wiener Schlußakte478, il quale stabiliva che «il complessivo potere dello Stato» doveva «rimanere concentrato nelle mani del Capo dello Stato e che il sovrano poteva «attraverso una Costituzione cetualterritoriale essere limitato solo nell’esercizio di determinati diritti dalla collaborazione dei ceti» i principi tedeschi emanarono carte costituzionali 479, da annoverare nella fase primordiale dell’esperienza costituzionale tedesca ossia il Frühkonstitutionalismus, 472 G. NEGRELLI, L’età contemporanea, Palumbo, Padova, 1992, p. 552. G. MANN. Deutsche Geschichte des 19. und. Jahrhunderts, S. Fischer Verlag, Frankfurt am Main, 1958, tr. it. Storia della Germania moderna 1789 – 1958, Sansoni, Firenze,1964, p. 43. 474 Actes du Congrès de Vienne, Paris, 1815. Art. 57: «L’Autriche présidera la Diète fédérative. Chaque État de la confédération a le droit de faire des propositions, et celui qui préside est tenu à les mettre en délibération dans un espace de tems qui sera fixé». 475 Ivi, art. 56. 476 Ivi, art. 58. 477 Riporto l’art.13 del Deutscher Bundesakte: «In allen Bundesstaaten wird eine Landständige Verfassung stattfinden» tr. it «Vi saranno assemblee in tutti gli Stati della confederazione». L’Atto istitutivo della Confederazione germanica e la sua traduzione sono consultabili sul sito http://www.dircost.unito.it nella sezione Archivio delle Costituzioni storiche. Il Deutscher Bundesakte può essere consultato anche sul sito http://www.documentarchiv.de/nzjh/dtba.html. 478 Wiener Schlußakte. Art. 57 «Da der deutsche Bund, mit Ausnahme der freien Städte, aus souverainen Fürsten besteht, so muß dem hierdurch gegebenen Grundbegriffe zufolge die gesammte Staats-Gewalt in dem Oberhaupte des Staats vereinigt bleiben, und der Souverain kann durch eine landständische Verfassung nur in der Ausübung bestimmter Rechte an die Mitwirkung der Stände gebunden werden». tr. it «Poiché la Confederazione tedesca, se si escludono le città libere, risulta costituita da principi sovrani, così il complessivo potere dello Stato – conformandosi al succitato principio – deve rimanere concentrato nelle mani del Capo dello Stato. Il Sovrano può attraverso una Costituzione cetual-territoriale essere limitato solo nell’esercizio di determinati diritti dalla collaborazione dei ceti». Il testo del Schlußakte der Wiener Ministerkonferenzen si può consultare al sito http://www.documentArchiv.de/nzjh/wschlakte.html. 479 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, Laterza, Roma – Bari, 2012, p. 262; cfr. inoltre E. DI SALVATORE, Appunti per uno studio sulla libertà nella tradizione costituzionale europea in A.A.V.V., Itinerari giuridici per il quarantennale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Abruzzo, Giuffré, Milano, 2007, p. 364. 473 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 150 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ collocata nel periodo compreso tra il 1815 e il 1830 480; ove furono concesse Carte Costituzionali si costituirono organi parlamentari di rappresentanza, che assunsero generalmente struttura bicamerale481, con una Camera aristocratica e una Camera Bassa, della prima facevano parte generalmente i principi della casa reale e i più importanti tra i «signori» del paese, oltre ad alti prelati; la seconda invece era eletta 482 a suffragio censitario e composta dai rappresentanti dei ceti e degli ordini professionali483. Erano per lo più Carte ottriate, tuttavia la caratteristica della concessione non si riscontrava in tutte le Costituzioni poiché la Verfassungskurkunde für das Königreich Würtettemberg484 del 25 settembre 1819 e la Verfassungskurkunde für däs Königreich Sachsen del 4 settembre 1831485 rappresentavano due casi di contratto costituzionale tra il principe e il popolo486. La promulgazione di queste costituzioni risultò in seguito determinante per il rafforzamento dello stesso Stato centrale, poiché queste carte costituzionali consacrarono per la prima volta nella storia tedesca l’autonomia costituzionale dei 480 Ibidem. Sulle costituzioni tedesche della Restaurazione cfr. inoltre P. BISCARETTI DI RUFFIA. Introduzione al Diritto Costituzionale Comparato. Le forme di stato e le forme di governo, Giuffré, Milano, 1980, p. 516 481 T. KÜHNE, Il caso tedesco in I sistemi elettorali in Europa tra Otto e Novecento, a cura di M.S. Piretti, Laterza, Roma – Bari, 1997, p. 35. 482 Ritengo utile riportare quanto previsto dalla Costituzione dal Granducato di Assia – Darmstadt sulla composizione delle Camere. «Art. 51. «Gli stati del granduca formano due camere. Art. 52. La prima è composta: 1) dei principi della famiglia granducale; 2) dei capi di famiglie signoriali che si trovano in possesso di una o parecchie signorie, dietro al § 16 del nuovo editto sui rapporti signoriali; 3) del seniore della famiglia dei baroni di Riedesel; 4) del vescovo cattolico del paese: in caso di vacanza, il granduca incaricherà un ecclesiastico distinto di sostituire il vescovo all’assemblea degli stati; 5) d’un ecclesiastico protestante, che il granduca nominerà a quest’uopo per sedervi vita durante, conferendogli nel tempo stesso la dignità di prelato; 6) del cancelliere dell’università del paese o del suo supplente; 7) dei cittadini di stato distinti che il granduca chiamerà ad essere membri dell’assemblea, loro vita durante. Queste nomine non saranno estese al di là di dieci membri. Art. 53. La seconda camera è composta: 1) di sei deputati che nobiltà sufficientemente ricca del granducato sceglierà nel suo seno; 2) di dieci deputati delle città, a cui per riguardo agl’interessi del commercio o di antichi servigi onorevoli, viene accordato un diritto di elezione. Queste città sono: la residenza di Darmstadt e di Magonza, che eleggono ciascuna due deputati: Giessen, Offenbach, Friedberg, Alsfeld, Worms e Bingen. Ciascuna di queste città nomina un deputato; 3) di trentaquattro deputati che saranno scelti per circondarii formati dalle città le quali non hanno un diritto particolare di elezione e dai comuni della campagna. Le condizioni relative al diritto di elezione e al modo di esercitarlo saranno stabilite da regolamenti particolari». La Costituzione del Granducato di Assia – Darmastadt così come altre Costituzioni concesse dai sovrani nel periodo della Restaurazione sono consultabili sul sito http://www.dircost.unito.it nella sezione Archivio delle Costituzioni storiche. 483 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 263. 484 Costituzione del Granducato di Württemberg (25. 9. 1819) Noi Guglielmo per la grazia di Dio re di Wurtemberg abbiamo fatto conoscere e pubblicare le presenti per noi e pei nostri successori. Già dall’anno 1815, S. Maestà nostro padre, di graziosa memoria, aveva concepito il disegno di dare una costituzione al regno di Wurtemberg: già per suo ordine principi, conti, nobili, ecclesiastici delle due comunioni cristiane, e deputati di parecchie città e grandi baliaggi avevano aperte a questo proposito, in un’assemblea di stati, conferenze le quali furono continuate fin sotto il nostro regno nell’anno 1817. Ma se allora non si ottenne alcun risultamento da queste conferenze, noi non perdemmo nullameno mai di mira lo scopo che vi si era proposto. Per la qual cosa, onde adempiere alle nostre obbligazioni come membro della confederazione germanica, e conformemente all’art. 13 dell’atto federativo, non che per soddisfare ai desiderii dei nostri fedeli sudditi, desiderii del tutto conformi alla nostra propria convinzione, Noi convocammo il 15 scorso giugno una assemblea di stati a Ludwisburg, luogo di nostra residenza. I deputati di detti stati eletti a quest’uopo e i commissarii che Noi al fine medesimo eleggemmo, avendo preventivamente discusso sul progetto di una carta costituzionale adatta nel miglior modo possibile ai nuovi diritti e alle libertà, sì degli antichi nostri stati come di quelli che riuniti vi furono, questa discussione avendo dato luogo a rapporti che furono soggettati a scrupolosa disamina, tanto per Noi nel nostro consiglio privato, quanto pei nostri fideli stati nella loro assemblea, ne risultò infine dall’alto nostro soddisfacimento e dall’umile dichiarazione dei nostri fedeli stati un comune accordo sugli articoli che seguono […]. La Costituzione del Granducato di Württemberg si può consultare sul sito http://www.dircost.unito.it nella sezione Archivio delle Costituzioni storiche. 485 Costituzione del Regno di Sassonia (04.09.1831). Il testo si può consultare sul sito http://www.dircost.unito.it nella sezione Archivio delle Costituzioni storiche. 486 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn. Introduzione e testi, Milano, Giuffré, 2009, p. 25; ID. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, Milano Giuffré, 1985, p. 39. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 151 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Länder ed ebbero un ruolo rilevante nel processo di unificazione tedesco 487. Al riguardo Dian Schefold ha scritto: «L’unificazione tedesca si è creata, nell’Ottocento come nel secondo dopoguerra, sulla base dei Länder preesistenti e già dotati di Costituzioni. Questo è vero per la Germania del periodo del Risorgimento, quando, sulla base dell’art. 13 dell’Atto della Confederazione Germanica, ogni Stato membro fu obbligato a darsi una Costituzione con rappresentanza degli interessi (Ländstandische Verfassung). Erano Costituzioni emanante in questa via che servirono come base del movimento unitario prima del 1848/1849, poi dell’unificazione imperiale dal 1866 al 1871488». Nonostante la frammentazione politica la Germania tentò di creare un mercato interno unificato ed esente da dazi e dogane; pertanto nel 1834 fu istituita un’Unione Doganale – lo Zollverein –, cui aderirono Prussia, Sassonia, Hannover, Baviera, Assia ed altri principati tedeschi489; d’altro canto altri stati guidati dall’Austria non entrarono a farne parte490. Lo Zollverein rappresentò non solo un importante incentivo per lo sviluppo economico tedesco ma fornì anche un enorme contributo per le prospettive di unificazione nazionale491 dato che la Prussia – aveva assunto la presidenza dell’Unione Doganale – conquistò credito agli occhi dei patrioti, che guardarono di conseguenza a questa come stato guida per realizzare l’unificazione politica del paese.492 Il 1848. La Costituzione di Francoforte. Il clima rivoluzionario diffusosi nel 1848 nel Vecchio Continente provocò in Germania la nascita di un movimento che si batteva la convocazione di un’assemblea Costituente 493, ad una fase preliminare seguì nel maggio 1848 494 l’elezione a suffragio prevalentemente universale maschile di un’assemblea495, che si riunì poi a Francoforte il 18 maggio dello stesso anno nella Paulskirche sotto la presidenza di Heinrich von Gagern496. La questione nazionale si sovrappose inoltre alla questione costituzionale, dato che il movimento rivoluzionario, oltre alla promulgazione della Costituzione, richiese anche la concessione della libertà di riunione, della libertà di stampa e di altre libertà borghesi. L’assemblea di Francoforte nei primi mesi della sua attività non affrontò il problema della spettanza della sovranità né della forma di governo o della forma di stato, piuttosto preferì affrontare il problema relativo al riconoscimento dei diritti dei tedeschi497. Questi furono individuati, enunciati, prescritti e raccolti come Diritti 487 M.D. POLI, Bundesverfassungsgericht e Landesverfassungsgerichte: un modello “policentrico” di giustizia costituzionale, Giuffré, Milano, 2012, p. 59. 488 D. SCHEFOLD, Funzione, contenuto e limiti delle Costituzioni dei Länder in Germania, in A.A.V.V., La potestà statutaria nella riforma della Costituzione. Temi rilevanti e profili comparati. Materiali della Commissione di Studio e Atti del Seminario, Roma 29 marzo 2001, Giuffré, Milano, 2001, pp. 176- 177; ID. Federalismo, Regionalismo e riforma del federalismo tedesco (giugno – luglio 2006) consultabile sul sito http://www.issirfa.cnr.it. 489 A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea, il Mulino, Bologna, 2007, p. 519. 490 G. CORNI, Introduzione alla storia della Germania contemporanea, Mondadori, Milano, 1995, p. 84. 491 A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea, p. 519. 492 G. CORNI, Introduzione alla storia della Germania contemporanea, p. 84. 493 C. MORTATI, Le forme di governo. Lezioni, Cedam, Paddova, 1973, p. 144. 494 A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea, p. 519. 495 C. GHISALBERTI, Istituzioni e società nell’età del Risorgimento, Laterza, Roma – Bari, 2005, p. 142. 496 A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea, p. 519. Sull’Assemblea di Francoforte v. F. EYCK, The Frankfurt Parliament: 1848 – 1849, New York, 1968; E. SESTAN, La Costituente di Francoforte, Sansoni, Firenze, 1946 497 G. FERRARA, La Costituzione. Dal pensiero politico alla norma giuridica, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 160. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 152 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Fondamentali del popolo; erano nove articoli e comprendevano 50 paragrafi, furono pubblicati nella Gazzetta ufficiale del Reich Tedesco il 28 dicembre 1848 e ad essi si interessò lo storico e giurista Theodor Mommsen, che commentò immediatamente l’opera, articolo per articolo, paragrafo per paragrafo498. I Grundrechte des deutschen Volkes prevedevano: il diritto alla cittadinanza tedesca per gli abitanti dei paesi germanici, l’inviolabilità della persona, libertà di stampa, coscienze e culto, libertà di insegnamento, di associazione e riunione, inviolabilità della proprietà privata, il diritto ad una giustizia uguale per tutti e l’abolizione sia delle giurisdizioni non statali che dei privilegi cetuali. Il testo rappresentava la piena affermazione dei princìpi del liberalismo di origine francese con la conseguente abolizione delle libertà cetuali e locali; pertanto gli individui erano titolari delle liberà sopracitate non in quanto membri di una categoria, ma come cittadini ovvero componenti della nazione tedesca499. 498 bidem. V. inoltre T. Mommsen, Die Grunderechte des deutschen Volkes, tr. it. I Diritti fondamentali del popolo tedesco. Commento alla costituzione del 1848 cur. G. Valera tr. it. di Benedetta Giordano, il Mulino, Bologna, 1994. 499 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 303. Ritengo opportuno riportare gli artt. I – IV de I diritti fondamentali, vale a dire quelli relativi alla cittadinanza, l’uguaglianza davanti alla legge, l’inviolabilità della persona e la libertà di stampa. Ho consultato T. MOMMSEN, Die Grundrechte des deutschen Volkes, tr. it I diritti fondamentali del popolo tedesco. Commento alla costituzione del 1848 cur. G. Valera tr. di Benedetta Giordano, pp. 1 -47. Articolo I Diritto di cittadinanza §. 1. Il popolo tedesco è costituito dai cittadini degli stati che formano il Reich tedesco. §. 2. Ogni Tedesco ha il diritto di cittadinanza del Reich e può esercitare in tutti i territori tedeschi i diritti che da esso gli derivano. Sul diritto a votare per l’Assemblea del Reich disporrà una legge elettorale emanata dal Reich. §. 3. Ogni Tedesco ha il diritto di soggiornare e di risiedere in qualsiasi luogo del Reich, di acquistare e disporre in tale luogo di beni immobili di qualsiasi tipo, di praticarvi qualsiasi arte o mestiere e di acquisirvi il diritto di cittadinanza. Le condizioni per il soggiorno e la residenza verranno stabilite per tutta la Germania dal potere del Reich con una legge specifica sul diritto patrio, quelle per le attività produttive con un regolamento in materia di professioni e mestieri. §. 4. Nessuno stato tedesco può operare distinzioni nel diritto penale, processuale e civile tra i propri cittadini e gli altri Tedeschi, ponendo i secondi, come stranieri, una posizione di inferiorità. §. 5. La pena della morte civile non deve essere più applicata e, dove sia già stata inflitta, ne dovranno cessare gli effetti, salvo che ciò non comporti la lesioni di diritti privati già acquistati. §. 6. La libertà di emigrazione non è limitata dallo Stato. Non si possono riscuotere tasse di emigrazione. Su tutte le questioni concernenti l’emigrazione vige la tutela e l’assistenza del Reich. Articolo II Uguaglianza davanti alla legge §. 7. Davanti alla legge non vige nessuna differenza di ceto. È abolita la nobiltà in quanto ceto. Tutti i privilegi di ceto sono aboliti. Tutti i Tedeschi sono uguali davanti alla legge. Sono soppressi e non possono essere più introdotti, tutti i titoli che non siano legati ad una carica. Nessun cittadino può accettare decorazioni da uno stato straniero. Tutti gli idonei, indistintamente, possono accedere alle cariche pubbliche. Il servizio militare è obbligatorio per tutti. Non sono consentite sostituzioni nell’assolvimento dello stesso. Articolo III Inviolabilità della persona §. 8. La libertà personale è inviolabile. L’arresto di una persona può aver luogo, salvo che nei casi di cattura in flagranza di reato, soltanto in forza di un decreto giudiziario motivato. Tale decreto deve essere notificato all’arrestato al momento dell’arresto o entro le ventiquattr’ore successive. L’autorità di polizia deve rilasciare o rimettere alle autorità giudiziarie chiunque sia stato preso in custodia, nel corso della giornata successiva al fatto. Ogni accusato deve essere rilasciato dietro prestazione della cauzione o di una fideiussione, che verrà stabilita dal tribunale, a meno che a carico dello stesso non sussistano seri indizi di un grave delitto penale. In caso di carcerazione disposta o prolungata arbitrariamente, il responsabile delle stessa, e, ove necessario, lo Stato, sono obbligati al risarcimento dei danni morali e materiali. Si riserva a leggi speciali la possibilità di apportare le modifiche necessarie a queste disposizioni per quanto concerne la marina e l’esercito. §. 9. È abolita la pena di morte, eccezion fatta per i casi in cui essa sia prescritta dalla legge marziale, o, in caso di ammutinamento, ammessa dal diritto marittimo; sono abolite inoltre le pene della berlina, della bollatura e delle sanzioni corporali. §. 10. Il domicilio è inviolabile. La perquisizione domiciliare è consentita soltanto: 1) in forza di un decreto giudiziario motivato, che dovrà essere notificato alla parte interessata immediatamente, o entro le ventiquattr’ore successive; 2) in caso di inseguimento in flagranza, da parte del funzionario legalmente autorizzato; 3) nei casi e nelle forme in cui sia eccezionalmente ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 153 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La ripresa delle forze reazionarie nel 1849 non precluse all’Assemblea di predisporre una costituzione. La Frankufrter Reichsverfassung – nota anche con il nome di Paulskirchenverfassung – fu approvata il 28 marzo 1849 e promulgata il giorno seguente. A conclusione di lunghe e aspre discussioni fu deciso di non includere nello Stato tedesco i territori asburgici, difatti era prevalsa la linea piccolo-tedesca, in quanto l’altra scelta ossia quella grande-tedesca avrebbe comportato l’inclusione nel futuro stato tedesco anche di popolazioni non germaniche dell’Impero Asburgico vale a dire slavi, italiani e boemi500. L’Assemblea Costituente era consapevole delle problematiche connesse alla natura– federale o confederale – dell’erigendo ordinamento501, pertanto fu statuita sia l’attribuzione dei diritti previsti dalla Carta a ciascun cittadino tedesco sia il principio che essi dovevano fungere da parametri per gli Stati membri, questi di conseguenza non potevano né sopprimerli né limitarli mediante la propria legislazione 502. Era stabilito il principio dell’eguaglianza davanti la legge, la soppressione dei titoli non connessi ad un ufficio e la possibilità per tutti i cittadini in possesso dei requisiti richiesti di accedere alle cariche pubbliche503. Le libertà civili ricevevano una disciplina dettagliata e puntuale, poiché l’affermazione dell’inviolabilità del diritto era seguita da una regolazione dei casi e dei modi della limitazione e di norma era prevista la riserva di giurisdizione 504. L’arresto doveva essere convalidato entro due giorni dall’autorità giudiziaria e motivato con comunicazione eseguita entro ventiquattro ore505; era stabilito l’inviolabilità del domicilio tranne in presenza di un decreto motivato, flagranza di reato o casi eccezionali previsti dalla consentita dalla legge ad alcuni funzionari anche senza decreto giudiziario. La perquisizione domiciliare deve essere effettuata, ove possibile, previa consultazione degli inquilina della casa. L’inviolabilità del domicilio non costituisce ostacolo all’arresto di una persona su cui gravi un procedimento giudiziario. §. 11. Il sequestro di lettere e documenti – salvo in caso di arresto o perquisizione domiciliare – può essere effettuato solo in forza di un mandato giudiziario motivato, che deve essere notificato all’interessato immediatamente, oppure entro le ventiquattr’ore successive al fatto. §. 12. È garantito il segreto epistolare. Le restrizioni necessarie in caso di guerra e di inchiesta penali verranno stabilite dalla legge. Articolo IV Libertà di stampa §. 13. Tutti i Tedeschi hanno il diritto di esprimere liberamente la propria opinione con la parola, lo scritto, la stampa e le immagini. La libertà di stampa non può essere limitata, sospesa o abolita in nessun caso e in nessun modo attraverso misure preventive quali censure, licenze, costituzioni di garanzia, imposte statali, limitazioni alle tipografie o al commercio librario, divieti postali ed altri ostacoli alla libera circolazione. I reati commessi con il mezzo della stampa perseguibili d’ufficio vengono giudicati dalle Corti d’Assise. Una legge sulla stampa verrà promulgata dal Reich”. 500 A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea, p. 519. Per un quadro generale sulle posizioni kleindeutsch e grossdeutsch cfr. J. Breuilly, La formazione dello stato nazionale tedesco, Il Mulino, Bologna, 2004, pp. 13 ss. 501 G.F. FERRARI, Le libertà e i diritti, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G. F. FERRARI , Diritto Costituzionale Comparato, Tomo II, Laterza, Roma – Bari, 2014, p. 1168. 502 Costituzione di Francoforte del 28 marzo 1849, § 130 «Al popolo tedesco devono essere garantiti i seguenti diritti fondamentali. Essi devono fungere da norma per le costituzioni dei singoli Stati e nessuna costituzione o legislazione di uno Stato tedesco potrà in alcuno modo abrogarli o limitarli», in F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn, p. 173. La Costituzione di Francoforte si trova nella pp. 155-182, la traduzione dal tedesco è di Andrea de Petris. D’ora in poi sarà indicata come FRV (Frankfurter Reichsverfassung). 503 FRV, § 137. «Davanti alla legge non vige nessuna differenza di ceto. È abolita la nobiltà in quanto ceto, 504 G.F. Ferrari, Le libertà e i diritti, in P. Carrozza, A. Di Giovine, G. F. Ferrari, Diritto Costituzionale Comparato, Tomo II, Laterza, Roma – Bari, 2014, p. 1168 505 FRV, § 138. «La libertà personale è inviolabile. L’arresto di una persona può aver luogo, salvo che nei casi di flagranza di reato, soltanto in forza di un decreto giudiziario motivato. Tale decreto deve essere notificato all’arrestato entro al momento dell’arresto o entro le ventiquattr’ore successive». ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 154 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ legge506; era posto il divieto di effettuare sequestri di corrispondenza in assenza di un decreto motivato507 e garantito il segreto epistolare. La Frankfurter Reichsverfassung introduceva un sistema bicamerale, il Reichstag era articolato in due camere: Staatentahaus – la Camera degli Stati – di cui facevano parte i rappresentanti dei governi degli Stati tedeschi e Volkshaus – la Camera del popolo - eletta a suffragio universale diretto.508 La Costituzione di Francoforte era di livello tecnico elevato, anche per la presenza di numerosi docenti di diritto nella Paulskirche, rimase però inattuata per il rifiuto del Re di Prussia, Federico Guglielmo IV di accettare la carica imperiale509. 506 FRV, § 140. «Il domicilio è inviolabile. La perquisizione domiciliare è consentita soltanto: 1) in forza di un decreto giudiziario motivato, che dovrà essere notificato alla parte interessata immediatamente o entro le ventiquattr’ore successive; 2) in caso di inseguimento in flagranza, da parte del funzionario legalmente autorizzato; 3 nei casi e nelle forme in cui sia eccezionalmente consentita alla legge ad alcuni funzionari anche senza decreto giudiziario. La perquisizione domiciliare deve essere effettuata, ove possibile, previa consultazione degli inquilini della casa. L’inviolabilità del domicilio non costituisce ostacolo all’arresto di una persona su cui gravi un procedimento giudiziario». 507 FRV, §141. «Il sequestro di lettere e documenti – salvo in caso di arresto o perquisizione domiciliare – può essere effettuato solo in forza di un mandato giudiziario motivato, che deve essere notificato all’interessato immediatamente oppure entro le ventiquatt’ore successive al fatto». 508 A. PADOA SCHIOPPA, Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea, p. 520; v. inoltre M. Caravale, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 305. «Nell’aprile 1849 – scrive Fulco Lanchester - venne approvata la Legge elettorale (Gesetz, betreffend die Wahlen der Abgeordneten zum Volkshause, “Frakfurter Reichswahlgesetz” del aprile 1849), che estendeva il voto a ciascun tedesco che avesse compiuto 25 anni (art. 1) e considerava eleggibile chi, oltre il requisito dell’età, possedesse, anche tre anni di residenza in uno Stato della federazione (art. 5). Erano previsti collegi elettorali per ogni 100.000 abitanti (art. III, par. 7), mentre il meccanismo di elezione prescelto prevedeva la maggioranza assoluta in collegio uninominale per i primi due turni e il ballottaggio al terzo (art. 4)». F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn. Introduzione e testi, Giuffré, Milano, 2009, p. 34. 509 G.F. FERRARI, Le libertà e i diritti, in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G. F. FERRARI , Diritto Costituzionale Comparato, Tomo II, Laterza, Roma – Bari, 2014, p. 1168. Cfr. inoltre P. LAFUE, Historie de l’Allemagne, tr. it. Storia della Germania, Cappelli, Bologna, 1959, pp. 441 – 444. «Nel Parlamento Germanico – scrive Giorgio Negrelli – si affollano e contrastano le idee più diverse: generosi patriottismi convivono con aspirazioni pangermanistiche rivolte a spazi misurati e ad indefinite egemonie; esigenze democratiche di riforme radicali trapassano in progetti di integrazione economica commerciale e industriale dell’intera area centroeuropea; princìpi generali in termini di Repubblica o Monarchia, centralismo o federalismo, si stemperano in sottili disquisizioni giuridiche e o in calcoli di futuri equilibri politici; etc. Tutte queste tendenze si confondono e confluiscono in due alternative: quella grande – tedesca, che abbraccia anche l’Impero asburgico e ne vuole la prevalenza, e quella piccolo – tedesca che lo esclude e accetta la supremazia prussiana. La carica innovatrice va così ma mano affievolendosi, assieme allo spirito unitario ed alle concrete prospettive politiche di una Germania unificata: il 28 marzo 1849 la proposta piccolo – tedesca di stretta misura ottiene la maggioranza; l’Austria ritira i suoi rappresentanti. La Corona di un Impero Germanico è offerta al Re di Prussia Federico Guglielmo IV: questi rifiuta ciò che gli viene da un’Assemblea di salumai e bottegai. Il tentativo di unificazione tedesca si spegne così, mentre gli Stati «regionali» riprendono la loro vita indipendente. Le manifestazioni contrarie che si hanno in varie parti della Germania, ad opera di gruppi di tendenza democratica e repubblicana, sono represse con durezza senza grossi problemi. Anche ciò che resta del Parlamento (trasferitosi a Stoccarda) è sciolto con la forza (18 giugno 1849)»; G. Negrelli, L’età contemporanea, p. 133 – 134. L’accettazione del re di Prussia Federico Guglielmo IV fu subordinata al consenso degli altri principi e dato che questo mancò, il re rifiutò la proposta «Nell’aprile 1849 – scrive A.J.P. Taylor - una deputazione partì da Francoforte per andare ad offrire la corona imperiale a Federico Guglielmo IV. A Berlino ci si era aspettati tale offerta e c’erano state lunghe discussioni tra il re e i suoi ministri reazionari. I ministri e i generali prussiani non volevano aver nulla a che fare con la Germania nazionale. Erano pronti ad approfittare della confusione esistente in Germania per carpire qualche pezzo di territorio secondo il vecchio stile prussiano; ma a parte ciò, desideravano rinnovare la collaborazione conservatrice con l’Austria. Federico Guglielmo, d’altra parte non avrebbe saputo resistere alla prospettiva romantica della corona imperiale se solo questa avesse potuto essere liberata da qualunque contaminazione democratica. Gli sarebbe piaciuto accettare la corona a condizione che gli venisse offerta dai principi. Le pressioni urgenti e non angosciate dei suoi consiglieri riuscirono soltanto ad indurlo a dare alla sua accettazione una forma negativa: egli non «avrebbe raccattato una corona dal fango», non avrebbe accettato la corona a meno che non gli fosse offerta dai principi. Questa fu la risposta che diede il 3 aprile alla deputazione di Francoforte. I membri di questa prestarono attenzione solo al rifiuto, dato che sapevano ormai che i principi non avrebbero rinunciato volontariamente alla loro sovranità. La Prussia non era disposta, Francoforte non era in grado di imporre con forza l’unità ai principi»; A.J.P. TAYLOR, The course of german history tr. it. Storia della Germania (a cura di A. Aquarone), Longanesi, Milano, 1971, pp. 102 – 103. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 155 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ La Costituzione prussiana del 1850. L’ondata rivoluzionaria diffusa nel Vecchio Continente ebbe ripercussioni anche in Prussia; il 18 marzo 1848 scoppiò una rivolta a Berlino; aspri combattimenti nelle strade berlinesi e nuove manifestazioni costrinsero il Re Federico Guglielmo IV di Prussia il 25 marzo ad autorizzare un’Assemblea Costituente Prussiana, eletta a suffragio universale maschile a doppio turno; il consesso iniziò i suoi lavori il 22 maggio 1848 ma ebbe vita assai breve, dato che il sovrano nel dicembre 1848 sciolse d’imperio l’Assemblea e il 5 dicembre impose una Costituzione 510, in seguito revisionata il 31 gennaio 1850511. Tale testo - revidierte Verfassung – attribuiva al sovrano poteri quasi identici a quelli riconosciutigli dalla Carta concessa da Federico Guglielmo IV – oktroyierte Verfassung il 5 dicembre 1848512. Fulcro dell’ordinamento era sempre il sovrano, ma il principio 510 A.M. BANTI, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche all’imperialismo, Laterza, Roma – Bari, 2012, pp. 187 – 196; v. G. NEGRELLI, L’età contemporanea, Palumbo, Padova, 1992, p. 131. Il testo della costituzione del 5 dicembre 1848 è consultabile sul sito http://www.documentarchiv.de/ 511 La costituzione del 31 gennaio 1850 si può consultare sul sito http://www.dircost.unito.it nella sezione Archivio Costituzioni storiche; è presente sia la versione originale che la traduzione. 512 A.G. Manca, Costituzione e amministrazione della monarchia costituzionale prussiana (1848 – 1870), il Mulino, Bologna, 2017. Cfr inoltre Tit. III. Vom Koine , Verfassungsrkunde fur den Preussischen Staat, Vom 5. Dzember 1848, la c.d. Oktroyierte Verfassung. Riporto il Titolo III, relativo ai poteri del sovrano, il testo è consultabile sul sito http://www.documentarchiv.de/ Titel III. Vom Könige Artikel 41: «Die Person des Königs ist unverletztlich». Artikel 42: «Seine Minister sind verantwortlich. - Alle Regierungs-Akte des Königs bedürfen zu ihrer Gültigkeit der Gegenzeichnung eines Ministers, welcher dadurch die Verantwortlichkeit übernimmt». Artikel 43 «Dem Könige allein steht die vollziehende Gewalt zu. Er ernennt und entläßt die Minister. Er befiehlt die Verkündigung der Gesetze und erläßt unverzüglich die zu deren Ausführung nöthigen Verordnungen». Artikel 44 «Der König führt den Oberbefehl über das Heer». Artikel 45 «Er besetzt alle Stellen in demselben, sowie in den übrigen Zweigen des Staatsdienstes, in sofern nicht das Gesetz ein Anderes verordnet». Artikel 46 «Der König hat das Recht, Krieg zu erklären, Frieden zu schließen und Verträge mit fremden Regierungen zu errichten. Handelsverträge, sowie andere Verträge, durch welche dem Staate Lasten oder einzelnen Staatsbürgern Verpflichtungen auferlegt werden, bedürfen zu ihrer Gültigkeit der Zustimmung der Kammern». Artikel 47 «Der König hat das Recht der Begnadigung und Strafmilderung. Zu Gunsten eines wegen seiner Amtshandlungen verurtheilten Ministers kann dieses Recht nur auf Antrag derjenigen Kammer ausgeübt werden, von welcher die Anklage ausgegangen ist. Er kann bereits eingeleitete Untersuchungen nur auf Grund eines besonderen Gesetzes niederschlagen». Artikel 48 «Dem Könige steht die Verleihung von Orden und anderen mit Vorrechten nicht verbundenen Auszeichnungen zu. Er übt das Münzrecht nach Maaßgabe des Gesetzes». Artikel 49 «Der König beruft die Kammern und schließt ihre Sitzungen. Er kann sie entweder beide zugleich oder nur eine auflösen. Es müssen aber in einem solchen Falle innerhalb eines Zeitraums von 40 Tagen nach der Auflösung die Wähler und innerhalb eines Zeitraums von 60 Tagen nach der Auflösung die Kammern versammelt werden». Artikel 50 «Der König kann die Kammern vertagen. Ohne deren Zustimmung darf diese Vertagung die Frist von 30 Tagen nicht übersteigen und während derselben Session nicht wiederholt werden». Artikel 51 «Die Krone ist, den Königlichen Hausgesetzen gemäß, erblich in dem Mannsstamme des Königlichen Hauses nach dem Rechte der Erstgeburt und der agnatischen Linealfolge». Artikel 52 «Der König wird mit Vollendung des 18. Lebensjahres volljährig. Er leistet in Gegenwart der vereinigten Kammern das eidliche Gelöbniß, die Verfassung des Königreichs fest und unverbrüchlich zu halten und in Uebereinstimmung mit derselben und den Gesetzen zu regieren». Artikel 53 «Ohne Einwilligung beider Kammern kann der König nicht zugleich Herrscher fremder Reiche sein». Artikel 54 «Im Fall der Minderjährigkeit des Königs vereinigen sich beide Kammern zu Einer Versammlung, um die Regentschaft und die Vormundschaft anzuordnen, in sofern nicht schon durch ein besonderes Gesetz für Beides Vorsorge getroffen ist». Artikel 55 «Ist der König in der Unmöglichkeit zu regieren, so beruft der Nächste zur Krone oder Derjenige, der nach den Hausgesetzen an dessen Stelle tritt, beide Kammern, um in Gemäßheit des Artikels zu handeln». Artikel 56 «Die Regentschaft kann nur einer Person übertragen werden. Der Regent schwört bei Antretung der Regentschaft einen Eid, die Verfassung des Königreichs fest und unverbrüchlich zu halten und in Uebereinstimmung mit derselben und den ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 156 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ monarchico non era presentato nei termini adottati dalle costituzioni dei principati tedeschi del Vörmarz – ossia come potere originario, indefinibile e precedente la legge fondamentale – bensì sotto forma di poteri riservati al sovrano513. Il re era titolare del potere esecutivo e guidava – al di fuori di ogni controllo parlamentare – l’esercito, la burocrazia e il corpo diplomatico. I ministri erano tenuti a controfirmare i provvedimenti del sovrano ed erano politicamente responsabili verso il monarca, mentre la loro responsabilità verso le Camere era solo di natura esclusivamente giuridica. Il potere legislativo spettava al sovrano e al Parlamento; quest’ultimo era composto da due camere: la Camera dei signori – Herrenhaus – e la Camera dei deputati – Abgeordnetenhaus – eletta con il sistema delle tre classi ossia il Dreiklassenwhlrecht; per poter approvare la legge era necessario il consenso di tutti e tre ossia sovrano, Herrenhaus e Abgeordnetenhaus514. Il sistema elettorale – Dreiklassenwhlrecht - per la camera elettiva del Landtag prussiano attribuiva il diritto di voto515 a tutti i cittadini maschi prussiani di almeno 24 anni che non avevano perduto i loro diritti civili borghesi, non usufruivano di sussidi di povertà e risiedevano nel territorio statale da almeno sei mesi 516; queste caratteristiche erano conseguenza della democratizzazione del sistema elettorale effettuata in seguito alla rivolta del 1848 – 1849 e rappresentavano il tentativo di introdurre elementi di interazione sociale tipici dei modelli democratici, senza mettere però apertamente in discussione il ruolo dominante delle élites 517. Tale sistema elettorale aveva connotati plutocratici e presentava caratteristiche criptocorporative; secondo la logica del governo «il contributo partecipativo di tutti i ceti sociali alla gestione del paese doveva manifestarsi in forme altamente differenziate corrispondenti all’importanza di ogni Gesetzen zu regieren». Artikel 57 «Dem Kron-Fideikommiß-Fonds verbleibt die durch das Gesetz vom 17. Januar 1820 auf die Einkünfte der Domainen und Forsten angewiesene Rente». 513 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, Laterza, Roma – Bari, 2012, p. 318. 514 M. Caravale, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 318; v. Costituzione Prussiana del 1850 la “Verfassungsurkunde für den Preußischen Staat”. Titolo V Art. 62: «Il potere legislativo si esercita dal re e da due camere congiuntamente. Per ogni legge è necessario l'accordo del re e di entrambe le camere. I modelli di leggi finanziarie e di bilanci dello stato debbono essere per primo presentati alla seconda camera; i progetti di bilancio devono essere dalla prima camera accettati o respinti per intero». Il testo della Verfassungsurkunde für den Preußischen Staat si può consultare sul sito http://www.dircost.unito.it/index.shtml nella sezione “Archivio delle costituzioni storiche” e sul sito http://www.documentarchiv.de/ . 515 Il Regolamento (Verordnung) del 30.03.1849 introdusse il meccanismo delle tre classi, poi recepito nell’art. 71 della Costituzione prussiana. 516 V. Costituzione Prussiana del 1850 la “Verfassungsurkunde für den Preußischen Staat”. Art. 70: «Ogni Prussiano avente l'età di venticinque anni compiuti, e la qualità di elettore comunale nel comune dove ha il suo domicilio, è di pien diritto elettore primario. Quegli che ha il diritto di elettorato in più comuni non può esercitarlo che in un comune solo». Art. 71: «Per ogni 250 abitanti si nomina un elettore. Gli elettori primarii saranno divisi in tre categorie, a ragion delle imposte dirette che pagano. Questa divisione si farà in modo che in ciascuna categoria cada un terzo della somma totale delle imposte accollate a tutti gli elettori primarii. La somma totale si calcola: a) Per comune, quando questo forma da sé solo un distretto elettorale primario; b) Per distretto, se il distretto elettorale primario è composto di più comuni. La prima categoria è composta degli elettori primarii, che pagano le imposte più grosse sino alla concorrente di un terzo della somma totale. La seconda categoria è composta degli elettori primarii, che pagano imposte minori sino alla concorrente del secondo terzo. La terza categoria è composta di tutti i minimi contribuenti elettori primarii, che pagano l'ultimo terzo. Ciascuna categoria nomina separatamente un terzo degli elettori eligendi. Le categorie possono essere suddivise in più sezioni, ma nessuna potrà eccedere il numero di cinquecento elettori primarii. Gli elettori sono in ciascuna categoria eletti sulla massa degli elettori primarii del distretto, senza distinzione di categoria». 517 T. KUHNE, Il caso tedesco in I sistemi elettorali in Europa tra otto e novecento, a cura di M.S. Piretti, Laterza, Roma – Bari, 1997, p. 39. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 157 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ classe all’interno dello stato518». Gli elettori erano suddivisi in tre classi sulla base dell’imposizione fiscale e a ciascuna categorie era assegnato il medesimo numero di rappresentanti, con evidente vantaggio dei ceti più abbienti, molto meno numerosi rispetto agli altri519. Il principale problema che si pose nell’ambito del nuovo ordinamento costituzionale prussiano fu quello della legge di bilancio. La questione riguardava principalmente le spese militari: la Costituzione attribuiva al sovrano la competenza delle forze armate520e il re decise di procedere ad un sensibile incremento dell’esercito senza attendere il consenso parlamentare sulle relative spese; il culmine della lotta tra Esecutivo e Parlamento si ebbe nel 1862 quando la maggioranza dei liberali di sinistra decise di opporsi alle riforme militari521; al sovrano Guglielmo I fu chiaro che era in atto non una semplice crisi costituzionale522, ma «una vera e propria crisi politica» e il re arrivò a prendere in considerazione l’abdicazione523. Per uscire dall’impasse il sovrano decise di designare come primo ministro Otto Von Bismarck, il quale, nominato cancelliere accettò la sfida del Parlamento, affermando peraltro icasticamente di assumere la carica “non come ministro costituzionale nel comune senso della parola, ma come servitore di sua Maestà”524. Bismarck giustificò la mancata richiesta di consenso parlamentare con la teoria delle lacune costituzionali, secondo la quale, mancando nella costituzione esplicite norme sulla competenza in merito alla legge di bilancio, il monarca era legittimato dallo stato di necessità ad adottare tutti i provvedimenti indispensabili per la sopravvivenza dello Stato 525; al riguardo Bismarck sosteneva che, nonostante la Costituzione disponeva sì che per legiferare era 518 Ivi, p. 40 M. Caravale, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 319. «Le classi aventi il diritto di voto – scrive Thomas Kühne – dovevano rispecchiare le gerarchie economiche e sociali della comunità, come punto di partenza del processo politico di formazione degli obiettivi, consolidando così la visione corporativa della società. In ogni comune o distretto (che includeva fra i 750 e i 1.749 abitanti) coloro ai quali era concesso il diritto di voto vennero raggruppati in tre classi diverse per poter conciliare i due scopi: quello plutocratico e quello corporativo. Le dimensioni di ogni classe erano direttamente proporzionali al gettito fiscale e non al numero degli elettori. Secondo gli ideatori di tale sistema elettorale, ognuna delle tre classi «avrebbe riunito le persone accomunate dallo stesso punto di vista e dagli stessi desideri a causa della condivisione del medesimo stile di vita e dei medesimi bisogni. Fra il 1849 e il 1918, la prima classe era composta da circa il 3 – 5% dei legittimi elettori, la seconda dall’11 – 16% e la terza dall’80 – 86%. Sempre secondo calcoli approssimativi il voto della prima classe aveva un peso di 20 – 25 volte superiore a quello della terza classe. In molti distretti, uno ogni dieci nell’ultimo decennio del secolo, la differenza era persino maggiore perché a volte una sola persona, che possedesse un podere o una fabbrica, si trovava a pagare imposte in un quantitativo tale da permettergli di occupare la prima classe addirittura da solo; in questo modo il suo voto acquistava un peso pari a quello di 100 o 200 voti di una classe inferiore. Ognuna delle tre classi eleggeva un numero fisso di delegati (uno o due) che avrebbe poi avuto uguale rilievo nell’elezione diretta dei rappresenanti» T. KÜHNE, Il caso tedesco in I sistemi elettorali in Europa tra otto e novecento,a cura di M.S. Piretti, pp. 40 – 41. 520 Verfassungsurkunde für den Preußischen Staat. Art. 46: «Il re ha il comando supremo dell'esercito». 521 M. Caravale, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 319. A.J.P. Taylor evidenzia come il motivo dello scontro tra il Governo e il Parlamento non fu l’aumento delle spese militare, bensì il desiderio dell’Esecutivo di eleminare residui del liberalismo dall’esercito: «Il problema che portò Bismarck al potere – scrive A.J.P. Taylor – era non già la sopravvivenza della Prussia in Germania, ma la sopravvivenza in Prussia della monarchia militare e della casta militare. Guglielmo I era per educazione e tendenze personali un soldato ansioso di redimere l’esercito dall’onta del 1850 e di por rimedio alle deficienze messe a nudo dalla mobilitazione del 1859. In particolare, egli desiderava che venisse aumentata la consistenza annuale dei proscritti. Da 1815 la popolazione della Prussia era salita da dieci milioni e mezzo a diciotto milioni, l’arruolamento annuo nell’esercito non era aumentato affatto, di modo che un prussiano su tre sfuggiva al servizio militare. Roon, il ministro della guerra, progettò pertanto di rinforzare la struttura militare creando nuovi reggimenti e mettendo a disposizione nuove caserme. Ma egli aveva anche un altro obiettivo. Unico conservatore nel ministero liberale, era deciso a fare dell’esercito per lo meno un baluardo di conservatorismo». A.J.P. Taylor, The course of german history, tr. it. Storia della Germania, tr. it di A. Aquarone, Longanesi, 1971, p. 120. 522 A.J.P. TAYLOR, The course of german history, tr. it. Storia della Germania, p. 121. 523 Ibidem. 524 G. MANN, Deutsche Geschichte des 19. Und 20. Jahrhunderts, Storia della Germania moderna (1798 – 1958), Sansoni, Firenze, 1964, p.225. 525 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 319. 519 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 158 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ necessario il consenso del re e del parlamento, ma non indicava chiaramente cosa fare in caso di disaccordo tra sovrano e parlamento526, «il re doveva pertanto colmare questa lacuna finché non si fosse raggiunto un accordo costituzionale 527»; la sconfitta del Parlamento e della componente liberale che ne era anima rappresentò per usare le parole di Fulco Lanchester: « la disfatta del liberalismo tedesco e la vittoria delle forza conservatrici528», e segnò «la riconferma della persistente prevalenza, all’interno dell’ordinamento, del principio monarchico su quello parlamentare529». La Costituzione imperiale del 1871. Dopo il fallito tentativo di costituire un’Unione tra Sassonia, Prussia e Hannover l’Unione di Erfurt - nel 1850 fu ricostituita la Confederazione Germanica; la sconfitta austriaca a Sadowä del 3 luglio 1866 per mano prussiana provocò però lo scioglimento del Deutscher Bund e la nascita della Confederazione della Germania del Nord – Norddeutscher Bund – cui aderirono i principati e le città al di sopra del Reno, mentre gli stati del sud vale a dire Baden, Baviera e Württemberg rimasero fuori dal Bund530. Il Norddeutscher Bund era profondamente diverso dalla Confederazione Germanica, dal momento che non era una federazione di stati – uno Staatenbund -, bensì uno Stato Federale quindi un Bundesstaat, in cui i singoli membri conservavano ciascuno il proprio governo e si sottomettevano ad un governo federale. La Confederazione della Germania del Nord era regolamentata dalla Costituzione del 16 aprile 1867, in base alla quale il potere esecutivo era attribuito al Bundespraesidium e quello legislativo al Parlamento, composto da due camere: il Bundesrat, di cui facevano parte i rappresentanti dei governi federali, e il Reichstag, elettivo e rappresentativo della popolazione. Il Bundespraesidium spettava al Re di Prussia, il quale nominava cancelliere e ministri, responsabili nei confronti del sovrano prussiano; inoltre il monarca, con il consenso del Bundesrat dichiarava la guerra e aveva la facoltà – da solo in questo caso – di concludere trattatati internazionali; rappresentava il Bund nelle relazioni con gli altri paesi; inoltre comandava le forze armate, esercitava insieme alle due Camere il potere legislativo e aveva il potere di convocare e sciogliere il Reichstag. Il Norddeutscher Bund era dominato dunque dalla Prussia e dal suo governo e i singoli Stati erano sottoposti all’autorità prussiana531. Nel corso del conflitto franco-prussiano i principati che erano rimasti fuori dal Nordddeustscher Bund vale a dire Baden, Baviera, Württemberg, si unirono al Bund nel conflitto con la Francia;532 sconfitto a Sedan Napoleone III decise di abdicare, mentre il Reich, nato dall’unificazione di 22 stati e 3 città libere, fu proclamato 9 dicembre 1870533 e la Costituzione del nuovo impero tedesco – Reichsverfassung - entrò in vigore il 16 aprile 1871534. La nascita dell’Impero fu conseguenza dell’opera di Bismarck e della sua abilità politica; non a caso scriveva Benedetto Croce sulla unificazione tedesca che “Se il risorgimento italiano era stato il capolavoro dello spirito 526 A.J.P. TAYLOR, The course of german history, tr. it. Storia della Germania, p. 122. Ibidem. 528 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn. Introduzione e testi, p. 38. 529 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn. Introduzione e testi, p. 38. 530 F.LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn. Introduzione e testi, p. 35 531 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 342. 532 F.LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn. Introduzione e testi, p. 35 533 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn. Introduzione e testi, p. 38. 534 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 342. 527 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 159 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ liberale europeo, questo risorgimento della Germania era il capolavoro dell’arte politica e dell’unità virtù militare535”. Il dibattito sulla natura giuridica del Reich fu articolato e vide la nascita di teorie contrapposte; secondo Max von Sedydel il Reich era una confederazione in virtù della natura internazionalistica del trattato istitutivo del Bund536; mentre per Paul Laband l’Impero era uno Stato Federale537, con gli Stati membri titolari di alcuni elementi di sovranità e con il Reich titolare di una potestà unitaria superiore a quella dei membri538. Secondo A.J.P Taylor si trattava di un federalismo “di facciata”; scriveva infatti Taylor: «La costituzione di Bismarck era nominalmente federale, ma il suo federalismo era una truffa, una mera facciata per rendere più rispettabile la dittatura della Prussia539». Il perno dell’ordinamento costituzionale guglielmino era costituito da quattro organi: Bunsderath, Reichstag, Kaiser e Reichskanzler540. Il Bundesrath vale a dire ossia il Consiglio Federale era l’assemblea rappresentativa dei governi degli Stati membri ed era composto dai plenipotenziari, inviati da ciascuno Stato541; i delegati dei governi erano vincolati al mandato imperativo 542 e tutelati alla stregua dei diplomatici543; era presieduto dal Cancelliere544e al suo interno i componenti del Bund erano rappresentati con peso differenziato545. I componenti a mente dell’art. 9 RV avevano il diritto di ingresso nel Reichstag e la possibilità di esporre in quella sede l’opinione del rispettivo Governo, anche quando il Bundesrath si era già espresso sulla questione; infine il secondo comma dell’art. 9 stabiliva l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di membro del Bundesrath546. Il Bundesrath esercitava sia funzioni legislative, sia amministrative sia giurisdizionali. 535 B.CROCE, Storia d’Europa nel secolo decimonono, Adelphi, Milano, 1993, p. 309. M.V.SEYDEL, Kommentar zur Verfassungsurkunde für das deutsche pire allemand, Paris, Giard et Briére, 1873, pp. 13 ss, consultabile sul sito https://www.digitale-sammlungen.de . v. F. LANCHESTER, Le costituzioni Tedesche da Francoforte a Bonn, p. 40. ID, Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 46. 537 P. LABAND, Le droit public de l’émpire allemand, Paris, Giard et Briére, 1900, I Volume, pp. 14 ss, consultabile sul sito https://gallica.bnf.fr; v. F. La 538 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 342. v. F. LANCHESTER, Le costituzioni Tedesche da Francoforte a Bonn, p. 40. ID, Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, pp. 46 -47. 539 A.J.P. TAYLOR, Storia della Germania, p. 145. 540 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p.342; cfr. F. LANCHESTER, Le Costituzioni Tedesche da Francoforte a Bonn, p. 42; ID. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 49. Il sostantivo Bunderath con la h finale rappresenta un arcaismo rispetto a quello contemporaneo privo della stessa. 541 M. CARAVALE, Storia del Diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p.342. Art. 6 Reichsverfassung del 1871 (Costituzione Imperiale del 1871), d’ora in poi sarà usato l’acronimo R.V. R.V. art. 6: «Il Bundesrath si compone di ciascuno stato facente parte della federazione». Per consultare la Costituzione imperiale del 1871 ho usato F. Lanchester, Le Costituzioni Tedesche da Francoforte a Bonn. Introduzione e testi. Il testo della Costituzione guglielmina si trova alle pp. 182 – 208. 542 R.V. art.6 «Ogni Stato della Federazione può nominare al Bundesrath tanti delegati quanti voti possiede; però i rappresentati di uno stesso Stato devono dare il loro voto in maniera unitaria». 543 cfr. F. Lanchester, Le Costituzioni Tedesche da Francoforte a Bonn, p. 44; Id. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 50. R.V. art. 10: «L’imperatore deve assicurare ai membri del Bundesrath la protezione diplomatica d’uso». 544 R.V. art. 15: «La Presidenza del Bundesrath e la direzione dei suoi lavori appartengono al Cancelliere del Reich». 545 F. Lanchester, Le Costituzioni Tedesche da Francoforte a Bonn, p. 43; Id. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 50. La Prussia aveva 17 voti – compresi quelli dei vecchi stati di Hannover,Kurhessen,Holestein, Nassau e Frankfurt -; la Baviera ne aveva 6, la Sassonia 4, il Württemberg 4, il Baden 3, l’Hessen 3, il Mecklenburg-Schwerin 2, Sachsen-Weimar, Mecklenbur-Streliz, Oldenburg, Sachsen-Meiningen, Sachsen-Altenburg, Anhalt, Schawzburg-Sondershausen, Waldeck’ Reuss- ältere Linie, Reuss-jüngere Linie, Schaumburg-Lippe, Lubecca, Brema ed Amburgo con un voto. 546 F. Lanchester, Le Costituzioni Tedesche da Francoforte a Bonn, p. 44; Id. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 51. 536 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 160 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ In primo luogo svolgeva funzioni legislative, in quanto gli Stati membri potevano presentare progetti di legge, i quali, una volta approvati potevano essere presentati dal Cancelliere al Reichstag a nome dell’imperatore. In secondo luogo esercitava funzioni di governo, in quanto non solo approvava la dichiarazione di guerra e la stipulazione dei trattati internazionali conclusi dall’Imperatore a nome del Reich547 ma cooperava anche con il Kaiser allo scioglimento del Reichstag. L’Imperatore, infatti, a mente dell’ art. 12 Reichverfassung poteva convocare, aggiornare e sciogliere il Reichstag ma, come statuito dall’art. 24 della legge del 19 marzo 1888, il Reichstag poteva essere sciolto con una delibera del Bundesrath e con l’approvazione del Kaiser548. In terzo luogo esercitava funzioni giurisdizionali, poiché decideva la Reichsexekution contro gli Stati vale a dire l’imposizione delle leggi imperiali ai componenti del Bund che non le avessero rispettate549. La Camera rappresentativa era il Reichstag; veniva eletto a suffragio universale maschile, attribuito a cittadini che avessero superato i venticinque anni d’età e rimaneva in carica cinque anni550. La carica di parlamentare era incompatibile con quella di membro del Bunderath come disposto dall’articolo 9 comma 2 551; erano previste particolari restrizioni sulla possibilità dei funzionari pubblici di essere eletti al Reichstag, mentre l’articolo 9 stabiliva l’incompatibilità tra membro del Reichstag e del Bundesrath; la carica di parlamentare non fu retribuita fino al 1906, anno in cui venne modificato l’art. 32 della Costituzione e fu previsto un contributo spese per i parlamentari. Gli scranni erano ripartiti tra i vari stati del Bund in modo tale da assicurare la maggioranza alla Prussia, dato che si vedeva attribuiti il 59,3% dei seggi vale a dire 236 su 397552. La presidenza del Bund spettava al Re di Prussia, cui era attribuito il ruolo di titolo di imperatore. Il Kaiser rappresentava il Reich a livello internazionale, nominava gli ambasciatori e i consoli, dichiarava la guerra con l’assenso del Bundesrath e stipulava trattati e alleanze internazionali, che dovevano essere vagliate e approvate dal Bundesrath e dal Reichstag. L’Imperatore eseguiva la Reichexketution, partecipava alla funzione legislativa con la redazione e l’approvazione delle leggi; convocava e scioglieva il Reichstag, nominava il cancelliere e ne disponeva le dimissioni553. Il Cancelliere era una figura centrale dell’ordinamento guglielmino. Era nominato dal Kaiser, l’articolo 15 disponeva infatti: “La Presidenza del Bundesrath e i suoi lavori appartengono al Cancelliere del Reich. Il Cancelliere è nominato dall’imperatore. Il Cancelliere può farsi rappresentare mediante sostituzione scritta da un altro membro del Bundesrath”. Il Cancelliere rivestiva tre funzioni: era membro del Bundesrath e ne guidava la delegazione prussiana, di cui disponeva in blocco dei voti; ricopriva la carica di Presidente del Consiglio del Regno di Prussia; infine era a capo dell’amministrazione imperiale in quanto unico ministro del Reich554. 547 R.V. Art. 11 F. LANCHESTER, Le costituzioni Tedesche da Francoforte a Bonn, p. 46 549 Ibidem. 550 RV Art. 24: «Il Reichstag è eletto per 5 anni». 551 RV Art. 9: «Ogni membro del Bundesrath ha diritto di intervenire al Reichstag e di esservi sentito ogni volta che lo desidera al fine di esporre l’opinione del suo Governo, quand’anche questa non sia stata adottata dalla maggioranza del Bundesrath». Nessuno può nello stesso tempo essere membro del Bundesrath e del Reichstah 552 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn, pp. 50 – 51; ID. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 57 – 60. 553 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, pp. 342 – 343. 548 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 161 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Era a capo dell’amministrazione imperiale, a sua volta ripartita in ordinamento giudiziario e apparato burocratico imperiale; quest’ultimo era subordinato - come detto - direttamente al Cancelliere ed era suddiviso in ministeri: Ufficio Imperiale degli Interni; Ministero degli Esteri; Ministero degli Affari Coloniali; Ministero della Giustizia; Ministero del Tesoro; Ministero delle Poste; Ministero delle Ferrovie; amministrazione della Banca Centrale555. Al vertice di ciascun ministero era posto un Segretario di Stato, la cui carica era incompatibile, sulla base di quanto disposto dall’art. 21 della Costituzione, con quella di membro del Reichstag, tale incompatibilità era posta a garanzia dell’apoliticità e della competenza tecnica del ministro 556; in ultimo va rilevato come l’apoliticità e la stretta dipendenza dal Cancelliere tendevano a rendere i Segretari di Stato fedeli esecutori delle direttive ministeriali. Conclusioni. Nella tradizione della storiografia tedesca fra Otto e Novecento, la creazione del Reich realizzata da Bismarck fra il 1864 e il 1871 tramite tre guerre – guerra dei Ducati, conflitto contro l’Austria e poi contro la Francia – e mediante una fitto lavoro diplomatico è stata ritenuta generalmente come l’unico esito possibile, se non come il miglior esito, per la tormentata storia del popolo tedesco, rimasto per secoli senza stato557. L’ordinamento dell’Impero germanico era complesso e merita un’analisi d'insieme, comprensiva sia degli elementi prettamente normativi che di quelli socio-politici ai fini di una maggior comprensione. Le istituzioni imperiali rappresentavano, se si volessero usare i classici modelli costituzionalistici, una forma di governo costituzionale pura 558, complicata però dalla natura federale dell’ordinamento. Fulco Lanchester ricorda come Otto Hintze, ad inizio novecento, sosteneva che il sistema monarchico costituzionale potesse essere indicato come un sistema tipicamente prussiano; inoltre Hinzte ne rilevava la specificità rispetto ai modelli contemporanei come quello russo, austroungarico, britannico e francese 559, al riguardo osserva Gustavo Corni come « Hintzte aveva sostenuto che la monarchia costituzionale codificata dalla costituzione del Reich del 1871 fosse un principio specificatamente tedesco, superiore e migliore rispetto al modello parlamentare britannico560». Le strutture imperiali aveva quindi caratteristiche peculiari, di cui in effetti si deve tenere conto, lo ha messo in risalto Mario Caravale: «l’ordinamento dell’impero germanico era dunque complesso, composto, come era, da un sistema unitario e dall’articolazione degli stati membri. Il primo, con una crescente competenza superiore a quella di questi ultimi, si caratterizzava per la contemporanea presenza del principio monarchico e del parlamentarismo». L’impero per di più di fondava solo in modo derivato ma non diretto sul principio monarchico, dall’analisi della Costituzione 554 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn, pp. 48 - 49; ID. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 55 – 57. 555 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn, pp. 48 - 49; ID. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 55 – 57. 556 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 343. 557 G. CORNI, Introduzione alla storia della Germania contemporanea, 90. 558 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn, p. 50; ID. Alle origini di Weimar. Il dibattito costituzionalistico tedesco tra il 1900 e il 1918, p. 60; cfr. inoltre P. BISCARETTI DI RUFFIA, Introduzione al Diritto Costituzionale Comparato, Milano, Giuffré, 1980, p. 106. 559 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn, pp. 51-52. 560 G. CORNI, Introduzione alla storia della Germania contemporanea, 90. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 162 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ del 1871 non si evince un riferimento precipuo né vi un articolo preciso che lo menzioni in tutto il testo costituzionale. La natura dell’assetto costituzionale guglielmino è stata oggetto di un vasto dibattito; il giudizio Karl Marx sul Reich era negativo, nella Critica al programma di Gotha definiva le istituzioni politiche guglielmine «Un dispotismo militare, mascherato da forme parlamentari, mescolato con appendici feudali, già influenzato dalla borghesia, tenuto insieme da una burocrazia, tutelato dalla polizia561»; giudizio ruvido dunque, come quello di A.J.P Taylor, il quale sulla Costituzione Imperiale, scriveva: «La costituzione imperiale del 1871 era un pasticcio messo affrettatamente insieme da Bismarck per i suoi propri scopi. Salvo che per il nome mutato era poco più che un allargamento della costituzione della federazione della Germania del nord del 1867»; Taylor evidenziava per di più l’assenza di reali poteri del Reichstag e la mancanza di un rapporto di fiducia tra il Cancelliere e il Reichstag, notava infatti come la costituzione stabilisse la responsabilità del cancelliere ma – proseguiva - «non diceva verso chi; certamente non verso il Reichstag»; a tal proposito è opportuno ricordare quanto scritto da Hans-Ulrich Wehler, il quale ha definito il sistema politico nato nel 1871 «un apparente costituzionalismo autocratico e semiassolutista562». Certamente decisiva sull’assetto istituzionale fu la figura di Bismarck, il quale ricoprì la carica di cancelliere fino al 1890. Egli contrastò con forza coloro che spingevano per un’evoluzione dell’ordinamento costituzionale verso una forma di governo parlamentare, ove l’Esecutivo fosse responsabile verso il Reichstag; nella lotta contro i fautori della metamorfosi in senso parlamentare della forma di governo non si fece scrupolo a diffondere l’idea della corrispondenza tra parlamentarismo e predominio dei partiti e a presentare questi ultimi come portatori di interessi personali, in contrapposizione al governo imperiale indicato invece come interprete naturale degli interessi collettivi della Nazione. La forma della monarchia costituzionale contrassegnò l’ordinamento imperiale tedesco fino alla vigilia della sua caduta; nel corso del primo conflitto mondiale furono avanzate istanze per un mutamento in senso parlamentare, richieste accolte quando ormai il conflitto stava volgendo al termine. Il 28 ottobre 1918 due leggi modificarono la Costituzione del 1871; fu stabilito che il cancelliere doveva avere la fiducia del Reichstag e venne sottratto al Kaiser il comando della forze armante, nonché il potere di dichiarare la guerra e stipulare trattati563. Il tentativo di democratizzare il regime imperiale 564 tuttavia rimase inattuato per il precipitare degli eventi bellici e per lo scoppio della rivoluzione che accompagnò la sconfitta militare565 e non riuscì ad impedire il crollo politico, dopo quello militare, del Reich566. Bibliografia BANTI A. M., L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche all’imperialismo , Laterza, Roma – Bari, 2012. 561 K. MARX, Critica del programma di Gotha, a cura di U Cerroni, Roma, 1976, p. 45. H.U. WEHLER, Das Deutsche Kaiserreich. 1871-1918. Göttingen, Vandehoeck & Ruprecht, 1973, tr. it. L’impero guglielmino 1871-1918, De Donato, Bari, 1981, p. 72 563 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, pp. 345 – 346. 564 C. MORTATI, La Costituzione di Weimar, Sansoni, Firenze, 1946, p. 13 565 Ibidem. 566 M. CARAVALE, Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea, p. 345. 562 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 163 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ BISCARETTI DI RUFFIA P., Introduzione al Diritto Costituzionale Comparato. Le forme di stato e le forme di governo, Giuffré, Milano, 1980. BREUILLY J., La formazione dello stato nazionale tedesco , Il Mulino, Bologna, 2004. CALVO R. – CIATTI A., Istituzioni di diritto civile, Giuffré, Milano, Tomo 1, 2011. CARAVALE M., Storia del diritto nell’Europa moderna e contemporanea , Laterza, Roma – Bari, 2012. CORNI G., Introduzione alla storia della Germania contemporanea , Mondadori, Milano, 1995. CROCE B., Storia d’Europa nel secolo decimonono, Adelphi, Milano, 1993. 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Sulla differenza fra strutture e sovrastrutture” a firma di Renato Federici presenta, sin dal titolo, articolato con il lungo duplice sottotitolo, una pluralità di temi. Le pagine che seguono vogliono offrire, più che una recensione in senso classico, che forse potrebbe esaurirsi in uno spazio minore o con un disegno espositivo diverso, alcuni spunti di riflessione ordinandoli in serie di complessità crescente. Infatti, l’opera presenta molteplici aspetti degni di riflessione. Lo si nota anche dal tortuoso cammino che intraprende il lettore, chiamato a confrontarsi con osservazioni che spaziano dalla storia alla filosofia, da vicende recenti a problemi antichi quanto l’esperienza giuridica, tutti inquadrati sotto il profilo giuridico ma di certo non limitati ad un solo aspetto. In questo, Rivolte e rivoluzioni si caratterizza per essere una summa, nel suo genere, del pensiero dell’Autore. Ciò traspare dai riferimenti interni, dall’andamento del testo, dagli stessi temi trattati. Per fare ordine, le prime osservazioni saranno dedicate a descrivere, nel modo più piano possibile, la struttura del volume. Seguiranno osservazioni sugli aspetti centrali presentati in diversi luoghi nel contenuto. E, in terzo luogo, vi sarà occasione per ulteriori riflessioni a partire dal testo. A livello fondamentale, il testo si struttura in quattro capitoli di lunghezza ineguale, cui seguono le conclusioni e due appendici. Il primo capitolo è dedicato a “lo Stato e l’anti-Stato nelle rivoluzioni e nelle controrivoluzioni”, il secondo è “sull’acquisto della sovranità a titolo originario” ed è 567 Ricercatore RTDB in Istituzioni di diritto pubblico, Università degli studi di Bergamo. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 165 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ diviso in tre sezioni: introduzione (I); Comuni, Chiesa e Impero (II); La valorizzazione del potere parlamentare (III); il capitolo terzo è su “la pluralità degli ordinamenti spiegata da Emmanuel Josef Sieyés. Che cos’era il Terzo Stato?”; il capitolo quarto è su “il sogno e il tramonto dell’idea comunista e dei suoi ordinamenti giuridici” ed è di nuovo in sezioni: “sulla identità tra il concetto di classi sociali (come inteso nel manifesto del partito comunista) e quello di ordinamenti giuridici (I); Parigi 1848/1851 (II); Il Machiavelli del proletariato (Marx) ed il principe dei revisionisti (Croce) (III); Un grande salto, una pagina bianca (virtuale) sulla conquista del potere da parte dei Soviet in Russia. Gli avvenimenti successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Il comunismo trionfante (IV); Il tramonto (V). Seguono le Conclusioni. Sono presenti due appendici, che riportano altrettanti articoli del medesimo A. già apparsi in altra sede: “Ubi societas ibi ius. Ubi ius ibi societas. Alla ricerca dell’origine e del significato di due formule potenti” (appendice 1) e “Collegamenti ed intrecci fra origine delle lingue, delle religioni e dei sistemi giuridici” (appendice 2). Un’osservazione di stile. L’A. utilizza uno stile diretto, spesso non paludato da vestigia accademiche568, non risparmiando osservazioni personali, espressioni nette. Ciò ha un diretto impatto sul contenuto: se ne porgono un paio esempi, volutamente decontestualizzati. Non certo per mettere in discussione la scelta né tantomeno sminuire l’argomentazione, piuttosto per mettere in luce soltanto l’aspetto più prettamente retorico, lo stile di presentazione indipendentemente dal contenuto: «noi giuristi eravamo abituati a pensare che la madre di tutti i diritti occidentali fosse il diritto romano, mentre il padre (per fare una battuta spiritosa) fosse ignoto» 569; oppure «attenzione alle sovrastrutture! L’odore troppo intenso, spesso, nasconde la puzza. Le coreografie servono anche a questo, così come la propaganda più becera»570. Una seconda osservazione di sistema. Sin dalla prima pagina, è citato il “manifesto del partito comunista” e proprio all’“idea comunista” è dedicato il lungo capitolo IV, che da solo rappresenta circa un terzo del lavoro. Non si può, dunque, non vedere come scorra anche un impegno latamente politico nella lettura della storia e del concetto di diritto, sia pure – pare di vedere – non nel senso di una lettura secondo categorie puramente marxiste, cioè inevitabilmente diverse in radice da quelle cui sono abituati i giuristi insieme moderni ed occidentali. Si può dire che vi è un costante confronto con Marx e con studiosi marxisti (Gramsci, Labriola), filosofi (soprattutto Croce), col pensiero di uomini politici (Togliatti), e in particolare con la storia della messa a sistema delle idee marxiste nella realtà storica, seguendo un percorso che dal manifesto del partito comunista passa per il 1848 francese e poi la rivoluzione russa e l’instaurazione dell’URSS (fino al suo discioglimento). Si tornerà sul punto, poiché la “rivoluzione”, che è sicuramente una delle parole-chiavi del volume, è un concetto intimamente legato con il marxismo, in particolare nel senso di richiedere un profondo cambiamento di sistema (che corrisponde ad una definizione sommaria di rivoluzione, che si vedrà declinato in modo differente, seppur non diverso, dall’A.) per l’effettiva instaurazione della dittatura del proletariato. Diverse idee di fondo, di cui si darà conto poco sotto, derivano dall’adesione ad alcune teorie di Marx. A questo proposito, il volume presenta svariate argomentazioni e alcune conclusioni di sistema che si possono dire autenticamente generali, nel senso di compendiare e ordinare un pensiero elaborato nel corso del tempo e in diverse occasioni di 568 Nelle parole dell’A.: «senza pedanterie scolastiche» così il titolo del par. 20.4 del capitolo IV. D’ora in poi R. FEDERICI, Rivolte e rivoluzioni, Esi, Napoli, 2019, p. 14. D’ora in poi le citazioni delle pagine riporteranno soltanto il numero. Saranno riportati l’autore e il titolo soltanto nel caso di citazioni di opere diverse. 570 P. 235. 569 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 166 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ pubblicazione, iniziando dai due articoli riportati in appendice e in un altro volume del medesimo A., spesso citato e richiamato in nota, cioè Guerra o diritto?571 2. Osservazioni di struttura: le idee portanti. 2.1 Definizioni e punti fissi. Il primo capitolo, dedicato, come si è detto, a “lo Stato e l’anti-Stato nelle rivoluzioni e nelle controrivoluzioni” è organizzato in 11 paragrafi, ma – soprattutto – in 45 punti, che hanno lunghezza diversa, il più breve consiste in una frase e il più lungo occupa intere pagine. Non corrispondono esattamente a una fissazione di tutti gli aspetti e tutti i contenuti programmatici del volume ma essi corrispondono – questo sì esattamente – a una esposizione complessiva delle idee e delle posizioni dell’A., che peraltro prende posizione su temi storici in senso stretto (si parlerà a breve dell’importanza dello sviluppo storico dell’opera), su aspetti metodologici in senso stretto, su definizioni generali (e, in un certo senso, anticipazioni di contenuto, di riflessioni e di conclusioni) cui si atterrà nelle pagine successive. Anche le conclusioni sono formulate in punti, organizzate in 14 punti, di cui diversi suddivisi in sotto-punti. L’eterogeneità delle affermazioni che aprono il volume si amalgama non in sé stessa ma nella lettura complessiva del testo. Alle premesse fanno eco le conclusioni, nella preoccupazione di evitare di «apparire come l’estesa motivazione di una sentenza, che poi, al dunque, venga a mancare»572. Ciò che appare immediatamente è la struttura dell’opera pensata come un reticolo dove ogni cosa non solo ha il proprio posto (aspetto comune a qualsiasi trattazione argomentativa di spessore) ma dove i punti fissi sono appigli concettuali ordinati. C’è una impostazione del pensiero molto esplicita nel fornire le idee portanti già dal primo capitolo per poi approfondirle nei successivi. La ragione di questo modo di procedere è forse dovuto a chiarire in anticipo al lettore i passaggi e rendere esplicite le ragioni delle lunghe digressioni storiche, che coprono archi temporali vastissimi, e delle lunghe citazioni che si potrebbero definire filosofiche, in quanto riportano il pensiero di altri studiosi del pensiero politico (da Gramsci a Sieyes, da Croce a diversi storici citati). In ogni caso ciò permette alle presenti note di fare un’operazione, in un certo senso, uguale e contraria, ovvero raccogliere le affermazioni e le argomentazioni che scorrono nel testo per metterne alla luce la struttura e, in un secondo tempo, porre alcune osservazioni ulteriori. Nella convinzione che una sintesi è sempre e inevitabilmente parziale, ma che è pur sempre una ricognizione degli aspetti che emergono. Così si conviene ad affermazioni di principio: essere raffrontate ai principi che esse stesse pongono. Questi argomenti sono sintetizzati come segue: per prima si guaderà alla dicotomia tra la guerra e la pace, che muove le premesse e le conclusioni del volume; poi al concetto di pluralità degli ordinamenti, ripresa da Santi Romano e a sua volta centrale 571 R. FEDERICI, Guerra o diritto? Il diritto umanitario e i conflitti armati tra ordinamenti giuridici , Editoriale scientifica, Napoli, 2010; su cui M. STIPO, Guerra o diritto? Il diritto umanitario e i conflitti armati, in Renato Federici, in Archivio giuridico Filippo Serafini, 2014. 572 P. 226. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 167 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ nell’organizzare le considerazioni giuridiche dedotte dall’esperienza storica; dopo di che verranno alcune idee espresse sottotraccia sul rapporto tra filosofia e religione (intese insieme, come endiadi) col diritto e un ultimo nucleo nel rapporto tra diritto e storia, la seconda nel non infrequente ruolo di magistra vitae. 2.2. La guerra e la pace. Le rivolte e le rivoluzioni hanno entrambe – si vedrà in che modo diverso, a parere dell’A. – attinenza con la guerra, nel senso di porsi a perturbazione della pace. E si è già citato come questo volume si ponga a continuazione di Guerra o diritto?573 L’A. appare affezionato a una massima (celebre) di Von Clausewitz che nella sua opera “Della guerra” dice che «la guerra è prosecuzione della politica con altri mezzi». Da questa affermazione, tratta peraltro da un’opera di strategia militare e non di scienza politica, ma resa famosa proprio per la sua valenza quasi di filosofia politica e di fondazione (sia pure implicita) dei rapporti internazionali, l’A. fa discendere alcune considerazioni di rilievo centrale nella trattazione. La massima del von Clausewitz è, di fatto, celebre come valutazione sulla natura umana che ha conosciuto fortuna in quanto la si ritiene (comunemente, senza dare nessuna aggettivazione negativa o positiva a questo fatto) di buon senso. L’A. la pone sotto indagine deducendo che da questa massima seguirebbe che «i mezzi normali della politica sono quelli diplomatici. L’opinione non venne messa in discussione. Eppure noi avremmo seri dubbi sulla fondatezza di simile credenza» 574. Appunto, come (quasi) tutte le dichiarazioni di principio decontestualizzate, l’affermazione finisce per voler significare altro o per dare per scontato tutto un retroterra di implicazioni, precedenti e conseguenze che non è sempre opportuno dare per scontato. L’A. sembra porre al centro la politica, si tornerà sul punto in modo più dettagliato. Di conseguenza, «il diritto è la prosecuzione della politica con i mezzi meno indolori. L’altro congegno a disposizione della politica delle classi dominanti è la guerra (l’uso della forza bruta)»575. Delle due strade a disposizione del modo di “convivenza sociale” uno è pacifico ed è il diritto, l’altro è violento ed è la guerra. Il diritto, però, non è solo l’opposto della guerra. Esso è anche altro. In particolare, «il diritto agisce come un collante, mentre la guerra opera divisioni a non finire» 576 e ancora «il diritto agisce come una sorta di colla; altrimenti è il caos, l’anarchia, la guerra di tutti contro tutti»577. La posizione echeggia senza dubbio Hobbes a livello di premesse generalmente filosofiche. Tra guerra e diritto non vi è alternativa. Si tornerà sul punto tra le questioni poste quali spunti di riflessione. Un secondo piano si sovrappone a questo. Ovvero, quale sia la natura del diritto. Secondo l’A., che in questo caso sposa la tesi di Marx riportando un passo del Manifesto del partito comunista, «il vostro diritto non è che la volontà della vostra 573 Come ammette lo stesso A.: «in un certo senso questo volume potrebbe dirsi una sua [rispetto a Guerra o diritto?] continuazione, ma con un timbro diverso e la citazione di nuovi episodi», p. 113. 574 P. 8. 575 P. 222. 576 P. 4. 577 P. 228. Dello stesso identico tenore la considerazione secondo cui gli esseri umani «hanno bisogno del diritto per regolare i rapporti con i propri simili. Altrimenti è guerra di tutti contro tutti» (p. 5). ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 168 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ classe elevata a legge»578. Più in generale, «il diritto è uno strumento creato dalle tante società umane. E non solo. Esso è il mezzo attraverso il quale le classi dominanti realizzano i propri interessi; per concludere che il diritto dovrebbe essere considerato come lo strumento per prevenire tanto i conflitti giuridici quanto quelli non giuridici» 579 (ossia, i conflitti armati: rivoluzioni e guerre). Si iniziano a intravedere qui una serie di collegamenti logici tra elementi fondamentali della convivenza umana quali Stato, società, diritto, guerra e pace. Il punto fondamentale sul diritto è la sua natura strumentale e la sua natura di strumento a disposizione. In particolare, a disposizione delle classi dominanti, le quali, almeno prima facie, sono deputate a scegliere quale alternativa adottare: «a scegliere fra l’uso degli strumenti giuridici o di quelli bellici sono le classi dominanti» 580. L’A. non dà una definizione di classe dominante, ragion per cui su questo aspetto pare di doversi riferire alla definizione marxista: al di fuori dei Paesi che hanno adottato sistemi di socialismo reale, la classe dominante è la borghesia, contrapposta alla classe operaia. Tuttavia, come detto, l’A. non fa cenno a quale sia la classe dominante qui ed ora, cioè nello Stato moderno o nello Stato democratico. Si tornerà sul punto. Si pone qui l’interrogativo di cosa siano le “rivolte” e le “rivoluzioni” che danno il titolo al lavoro. La definizione e la distinzione non devono essere cercate tanto nel comune vocabolario della lingua, che peraltro non è impossibile dia i due termini come sinonimi o quantomeno come sostituibili l’uno all’altro nell’utilizzo atecnico e non scientifico. «Ecco di nuovo la domanda: qual è la differenza tra una rivolta e una rivoluzione? […] si può dire che la rivolta e l’insurrezione hanno in sé tutti i germi della ribellione; e se a questa esplosione di istinti, aggiungi una proposta razionale di ricostruzione, hai anche una rivoluzione» ma soprattutto «per fare una rivoluzione c’è bisogno ordinamento giuridico che si contrapponga ad un altro»581. Dunque, una rivoluzione è una rivolta “qualificata” in quanto pone un sistema giuridico in opposizione ad un altro: «la rivoluzione violenta non è altro che lo scontro armato tra due ordinamenti giuridici con molte analogie con la guerra civile; ma anche con differenze notevoli»582 perché la rivoluzione afferma nuovi principi. Ciò torna nel discorso fatto poco sopra dello scontro tra volontà diverse riconducibili a classi sociali diverse. Appunto, l’A. non si sbilancia su quali siano le classi dominanti ma ritiene che «per dimostrare che la volontà di una classe, per diventare dominante, deve sconfiggere la volontà della classe avversa»583. In definitiva, guerra e pace si saldano. La classe che esce vittoriosa dallo scontro è la classe vincitrice e quindi dominante. Ecco, infine, ricostruito il sistema nella sua interezza: «a nostro avviso, i sistemi sono degli strumenti; e che essi non sono gli unici strumenti a disposizione degli esseri umani. Le società umane hanno a disposizione non uno ma due mezzi. Quello giuridico è lo strumento al servizio delle classi dominanti, accettato o subito anche dalle altre classi sociali. Se le altre classi sociali invece si ribellano, significa che tra le due è in corso un conflitto bellico»584. 2.3. La pluralità degli ordinamenti. 578 P. 116. P. 114. 580 P. 7. 581 P. 20-21. 582 P. 107. 583 P. 174. 584 P. 222. 579 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 169 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Un tema ricorrente nel volume è quello della pluralità degli ordinamenti. Si tratta di un richiamo chiaro alla teoria di Santi Romano, tuttavia estesa ad alcuni aspetti e ripresa in modo non acritico. Il punto di partenza è una precisa dichiarazione tale per cui «le parole sistemi giuridici, ordinamenti giuridici, diritto oggettivo e insieme delle leggi e delle consuetudini sono utilizzate come formule aventi lo stesso significato»585. Come si è già rilevato sopra, «il diritto oggettivo (ovvero, e meglio, l’ordinamento giuridico) è uno strumento al servizio delle classi dominanti e dei loro interessi politici ed economici contro il quale i cittadini (per lo più) non si ribellano» 586. Il diritto, dunque è prosecuzione della politica con mezzi civili 587 e i “mezzi civili” sono quelli non bellici588. Pare di intendere che la guerra sia un fallimento del diritto o, meglio, un’alternativa, in certi casi addirittura liberamente esercitabile. In ogni caso, si tratta di strumenti l’uno alternativo all’altro. La pluralità degli ordinamenti – è questa la tesi di fondo – sarebbe un concetto nuovo per descrivere una realtà antica. La pluralità «si riscontrerebbe nei comuni medievali»589 e «la teoria sulla pluralità degli ordinamenti giuridici spiega non solo la formazione del partito comunista, ma riesce a chiarire altri fenomeni importanti come la creazione delle magistrature a difesa della plebe per controbilanciare il potere dei patrizi nella Roma repubblicana»590. E, ancora, cosa è «il “diritto di resistenza all’oppressione”, se non il riconoscimento (si stava per dire legittimazione) della pluralità degli ordinamenti giuridici?»591 Dunque, la pluralità degli ordinamenti, che riguarda cose così distanti nello spazio e nel tempo, è in grado di spiegare molteplici istanze. La pluralità degli ordinamenti non è un invenzione di Santi Romano, ma qualcosa che si conosceva già prima dato che «prima che ne prendesse il nome […] lo aveva già documentato Sofocle nell’Antigone»592. Non si legge, qui, una critica che forse potrebbe discendere dalle pagine che contornano queste affermazioni: tale per cui solo lo Stato democratico moderno (o lo Stato moderno tout court) chiede ai propri cittadini di non fare sostanziale affidamento che ad un unico ordinamento, il proprio. Da questa affermazione, unitaria concettualmente anche se la si è vista espressa in diverse forme nel corso del volume, discendono alcuni importanti corollari: che «lo Stato è una delle tante creazioni del diritto»593, che «l’economia precede il diritto»594 in quanto l’economia è uno dei conflitti “riducibili”, cioè risolvibili attraverso il diritto595. A questo punto, la conseguenza ulteriore è che lo Stato non è una sovrastruttura. Il linguaggio delle strutture e sovrastrutture è marxiano. Secondo Marx «tanto i rapporti giuridici quanto le forme dello Stato non possono essere compresi né per sé stessi, né 585 P. 3, anche se non mancano occasioni in cui i termini sono differenziati, il che non vale a corroborare l’affermazione tale per cui sono tutti sinonimi: v. il passo citato alla nota che segue; oppure «quindi lo scopo del diritto oggettivo (o meglio, degli ordinamenti giuridici)» p. 96. 586 P. 247. 587 P. 247. 588 P. 352. 589 P. 38. 590 P. 231. 591 P. 233. 592 P. 114. 593 P. 6. 594 P. 254. 595 P. 96. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 170 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ mediante la cosiddetta evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici nei rapporti materiali dell’esistenza, cioè nei rapporti di produzione» 596. Ciò è coerente con quanto sopra: l’economia attiene ai rapporti di produzione quindi non è sovrastruttura ma struttura e in quanto struttura precede il diritto. «Se il comunismo da ideale diventa organizzazione o Stato, non può fare a meno del suo diritto. L’organizzazione delle società umane non è una sovrastruttura» 597. E, puntualmente, anche per i comunisti «una volta al potere in Unione Sovietica, mutarono idea [rispetto all’errata conclusione che fosse sovrastruttura] e si resero conto che il diritto è uno strumento della politica delle classi dominanti e quindi indispensabile»598. Dunque l’A. concorda «sull’idea che il diritto sia lo strumento delle classi dominanti per mantenere il dominio sulle classi subalterne. Mentre ci è sembrato di poter dimostrare che il diritto non sia da considerare una sovrastruttura»599. Il fatto di essere essenziale non aggiunge caratteristiche di oggettività al diritto: innanzitutto, «la funzione delle leggi e dei sistemi giuridici è quella di prevenire e risolvere le controversie»600; in secondo luogo, il sistema rimane intrinsecamente relativista perché «i sistemi giuridici possono essere buoni o cattivi, giusti o ingiusti, la responsabilità però è di chi li costruisce e li fa muovere. Ossia, la responsabilità è delle classi dominanti»601. 2.4. Filosofia e religione. L’opera non tratta compiutamente né di filosofia né di religione, tuttavia, indagando sui fondamenti del diritto, inevitabilmente li incrocia. E lo fa da una prospettiva storica e sostanzialmente laica. Se nell’antichità precristiana «gli epicurei negavano l’ingerenza della divinità nelle cose umane»602, sotto l’impero universale medievale nella «contrapposizione tra volontà del re (tra il diritto stabilito dai re) e legge divina si può scorgere quanto sia antica la possibilità di rintracciare ciò che in passato era sfuggito ai giuristi: la pluralità degli ordinamenti giuridici»603. Ampie riflessioni sono poi contenute nelle lunghe e articolate ricostruzioni del pensiero crociano604, del dibattito in Assemblea costituente tra Croce e Togliatti 605, delle lunghe pagine dei Quaderni del carcere di Gramsci interamente riportate sul pensiero di Croce606 dove il pensiero dell’A. non appare in prima linea, ma che si può forse indovinare nel collage operato607. Interessanti osservazioni a questo proposito sono da rintracciare nelle pagine finali, quelle dedicate agli allegati: in particolare, lì si legge che «allora viene da concludere 596 Per tutti, la voce struttura/sovrastruttura nel Dizionario di filosofia (2009), rintracciabile in www.treccani.it. P. 1-2. 598 P. 100. 599 P. 177-178. 600 P. 225. 601 P. 226. 602 P. 25. 603 P. 30. 604 Attorno a p. 150. 605 P. 150 ss. 606 Che pure toccano argomenti e argomentazioni fondamentali sulle quali, come si osservava, l’A. lascia la parola a Gramsci stesso. 607 Ad esempio nel riportare le parole di Togliatti sulla convivenza della Chiesa (ortodossa) nello Stato (sovietico). 597 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 171 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ che lingue, consuetudini, leggi e religioni abbiano avuto un’origine parallela o quasi. Molte religioni sono state create dagli esseri umani associati; tutte le lingue primordiali sono nate dall’istinto e dalle prime convenzioni umane: linguistiche, sociali e giuridiche»608. Si diceva di un’ottica laica: eccone un esempio, poiché si postula la natura (esclusivamente o perlomeno sostanzialmente) umana delle religioni, quando diverse tra queste – e non solo il cristianesimo – si pongono come rivelate, cioè non derivate dall’invenzione umana bensì attribuite a Dio che entra nella storia per farsi conoscere dall’uomo. Non sarebbero, dunque, strutturalmente riconducibili a convenzioni, sia pure in senso non giuridico e più ampio possibile. Ancora, sul piano più filosofico che religioso, si legge che «la guerra sta al diritto come l’ignoranza sta alla giustizia. L’ingiustizia si fonda sull’arretratezza collettiva e la guerra (la ribellione armata e la rivoluzione violenta) è lo sfogo di chi non dispone di altri mezzi (o non li vuole usare)»609. Oppure, ancora sul piano tra ordine naturale e sovrannaturale si legge che «una comunità senza diritto, forse esiste e resiste unicamente in Paradiso, ma sulla Terra dove gli esseri umani sono dei legni storti per natura, ciò è quasi impossibile. Avremmo scritto impossibile, ma visto che tutto è relativo, preferiamo “quasi impossibile”» 610. Ebbene, dipende in questo caso cosa si intende per “paradiso”, perché nella teologia cattolica è forse il luogo più rigidamente regolato, tra gerarchie e cori angelici nonché ordine dei beati al cospetto della Presenza divina611. Infine, scorrendo il testo si leggono alcune considerazioni rivolte più specificamente, sia pure indirettamente, al rapporto tra quei due poteri che sono stati (e per molti versi sono) il fondamento dell’esperienza giuridica e statale degli ultimi due millenni in occidente. Si tratta di passaggi sporadici, di cui vale ricordarne esplicitamente almeno uno: l’osservazione tale per cui se la Chiesa avesse dato ordine ai propri fedeli di gettare le armi durante la Prima Guerra Mondiale «sarebbe tornata una Chiesa eroica: quella delle origini, la Chiesa dei poveri, dei deboli e dei pacifici che affrontavano il martirio, anziché imbracciare le armi per uccidere l’avversario»612. 2.5. Il diritto e la Storia. In “Rivolte e rivoluzioni” la Storia entra in gioco in molte occasioni poiché, con Marx, «si può ben dire che le rivoluzioni sono le locomotive della storia»613. Diverse pagine sono dedicate ad altrettanto diverse epoche storiche: gli antichi greci e romani614, l’epoca comunale615, l’Inghilterra medievale616, la Francia prima della 608 P. 268. P. 284. 610 P. 46. 611 Basti il riferimento all’ordine soprannaturale poeticamente espresso da Dante nella Divina commedia, dove peraltro risulta ben ordinato tutto l’“aldilà”, Inferno compreso. 612 P. 116. 613 P. 17. 614 P. 22. 615 P. 76 616 P. 76 609 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 172 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ rivoluzione, gli eventi rivoluzionari617, in epoca napoleonica618, della seconda repubblica619 e del secondo impero620; la Russia, in particolare nell’ultima fase dell’Unione Sovietica e nella transizione con il crollo dell’URSS, la nascita delle nuove repubbliche, la presa del potere da parte di Elstin621. Non manca la ricostruzione del dibattito in Assemblea costituente, ma limitatamente ad una sintesi del pensiero di Benedetto Croce sul marxismo, peraltro all’interno della dialettica del partito comunista dell’epoca622. In altre occasioni, invece, la ricostruzione è molto più serrata, come dimostrano alcune sintesi storiche di ampi archi623 oppure i paralleli tra Robespierre ed Eltsin, Luigi XVI e Gorbaciov624 (che spetta agli storici dire se e quanto arditi). Peraltro sono molti, e netti, i giudizi storici dell’A. Di questi, se ne propone una rassegna, peraltro senza pretesa di completezza e rimandando al testo per l’approfondimento delle singole affermazioni e per la loro compiuta giustificazione, che non può essere riportata per esteso. Si legge che: «nella storia della Francia anteriore alla rivoluzione coesistevano più ordinamenti giuridici: due di essi (il Clero e l’Aristocratico) erano dominati dalla nobiltà. Essi, per secoli, avevano soffocato i sudditi»625; «non poche rivolte e rivoluzioni sono state innescate da motivi fiscali e da altri motivi economici: carestie, oppressioni, malgoverno» 626; «è così che, quasi dal nulla, nascono nuovi ordinamenti giuridici, ai quali sarebbe stata assegnata la denominazione di Comuni»627; «l’aristocrazia era accecata dalla voglia di riprendere i poteri perduti dai propri antenati durante il regno di Luigi XIV» 628; «lo Stato sovietico è stato vittima del troppo diritto; e cioè dalla pretesa di voler tutto regolare» 629; le “pretese” delle guerre «compresa quella assurda, di esportare la democrazia […] roba da pazzi! cosa da non credere!»630 oppure, «dopo la realizzazione del “sogno”, il sistema marxista-leninista franò su se stesso complice un sistema poliziesco di paura e di segretezza»631. Per una quota considerevole dello sviluppo complessivo, l’opera si presta ad essere considerata come una sintesi di storia e di storia del diritto che ha a cuore gli snodi di creazione di nuove pluralità giuridiche e, come altre opere anche più celebri 632, pone l’attenzione sui momenti di snodo, sulle rivoluzioni, ideali, intellettuali e guerreggiate. Ciò peraltro conferma che “rivolte e rivoluzioni” va affrontato come un saggio di teoria dello Stato prima ancora che come un saggio di una specifica branca del diritto. Anche una collocazione latamente giuspubblicistica si addice, nonostante le ricostruzioni storiche pure spostino spesso il baricentro. 617 In larghi passaggi, ad esempio p. 99 ss. P. 92 619 P. 121 ss. 620 P. 124 ss. peraltro, è interessante notare che le vicende dell’esperienza di Luigi Napoleone sono filtrate soprattutto attraverso Marx, di cui è intensamente (e si può dire esclusivamente) citato in nota Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte. 621 P. 188 ss. 622 P. 151 ss. A questo tema sono dedicati i parr. 19 e 20, 21 della sezione III del capitolo IV oltre all’allegato che chiude il capitolo medesimo. 623 Per un significativo esempio, p. 162. 624 P. 218. 625 P. 11. 626 P. 17. 627 P. 38, giudizio peraltro ripreso a p. 67 nell’asserire che «gli ordinamenti comunali (che erano sorti dal nulla) […]». 628 P. 87. 629 P. 46. 630 P. 149. 631 P. 183. 632 Il riferimento va almeno a H. J. BERMAN, Diritto e rivoluzione, Il Mulino, 1998 (ed. italiana). 618 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 173 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Non appaiono spesso considerazioni sullo Stato qui ed ora. Nonostante i problemi sollevati facciano pensare alla situazione attuale e alla condizione del diritto e dello Stato moderno, democratico e sociale, l’A. pare non sbilanciarsi sul punto, preferendo considerazioni sul passato, remoto o recente, anche in funzione del fatto che il volume si chiude con il “tramonto” dell’idea comunista e quindi non affronta specificamente i problemi dello Stato democratico. Sul quest’ultimo si legge che «la funzione di un ordinamento liberale e democratico è quella di portare allo scoperto le opinioni dissenzienti e le esigenze di tutti, e di tutte le classi sociali. Allo scopo che si formino ordinamenti nascosti e alternativi»633. L’idea fondante è che «libertà e democrazia, dunque, sono il motore della crescita umana e sociale» in quanto il metodo democratico delle elezioni nasce per «portare il confronto politico, economico e sociale nelle sedi appropriate (e non nelle piazze e tanto meno nei campi di battaglia)» 634: in sintesi, la democrazia permetterebbe alle idee di circolare e di confrontarsi senza creare frizioni che degenerino in violenza. 3. Alcune domande inespresse. Quando i giuristi riflettono sul diritto è inevitabile giungere in pochi passaggi logici e argomentativi ad ogni estensione e latitudine della scienza giuridica. Avendo a riferimento un volume che ragiona sulle argomentazioni di massimi sistemi, è impossibile non portare argomentazioni di dibattito, di discussione, anche di contorno e raffronto sui medesimi livelli generali. È per questa ragione che si sono evidenziati i punti cardine del ragionamento e dell’argomentazione dell’A., per avere maggiore agio nel proporre alcune osservazioni che si vogliono lasciare allo stadio di ipotesi di ragionamento e di contributo alla discussione. Non spetta a chi scrive ipotizzare scenari alternativi, non dopo aver provato a dare conto di un volume intero in sole poche pagine. Tuttavia, pare opportuno utilizzare le chiavi estratte dal volume nelle pagine precedenti per contribuire ad arricchire il dibattito. Sulla modalità, si proporranno ipotesi logiche, che servano insieme a chiarire gli aspetti già identificati e a metterli alla prova di alcune alternative, sia pure non argomentate con la medesima profondità che può presentare un volume monografico. Non dunque, una discussione dei punti, piuttosto un’aggiunta di argomenti, soprattutto per esplicitare alcune domande che sorgono o possono sorgere nella lettura e che, in qualche modo, restano sullo sfondo, se non affrontate o risolte esplicitamente. Primo. Si è detto che il diritto è uno strumento al servizio delle classi dominanti. Sorge una domanda: quale diritto risponde a questa definizione? È piuttosto evidente che si tratta di un’istanza filosofica. San Tommaso d’Aquino o san Roberto Bellarmino – per fare due esempi illustri di una visione completamente diversa del diritto – non sarebbero di certo d’accordo con tale affermazione, in quanto partono da un presupposto totalmente altro, quello paolino dell’ omnis potestas a Deo. Il diritto umano, nel sistema complessivo delle fonti di cui parla S. Tommaso 635, occupa un posto tutt’altro che centrale, inquadrato com’è nel quadro di una visione che deriva dal Creatore non solo l’esistenza, ma la regolamentazione. Nessun giurista moderno 633 P. 34. Entrambe le ultime citazioni a p. 35. 635 Nella Summa teologica, I-II, p. 90 e seguenti. 634 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 174 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ ragiona con le categorie della scienza giuridica attorno all’ordine divino della Creazione e della Salvezza, ma ciò non toglie che in altri tempi siano state giustificate e giustificabili visioni filosofiche, giuridiche – e, in questo esempio, teologiche – del diritto. Dunque, il diritto come strumento delle classi dominanti risponde soltanto al diritto inteso come decisione dell’uomo per l’uomo svincolata da ogni ordine soprannaturale. Anche il diritto nel consuetudinario si dovrebbe dimostrare in modo diverso il consolidarsi di un diritto espressione di una classe. In verità l’opzione più semplice è quella per cui il diritto è ciò che piace al principe ( quod principi placuit legis habet vigorem) e al di fuori di questo schema l’affermazione va ulteriormente contestualizzata. Ancora, il tema delle classi dominanti merita una considerazione speciale in quanto è sì derivata dal pensiero marxista ma l’A. non lo pone all’interno di un sistema di socialismo reale. Dunque, in uno Stato moderno, democratico e sociale, esistono (o in che senso esistono) le classi dominanti? In caso affermativo, quali sono? (e, per stretta conseguenza, chi ne sono gli esponenti). Ancora, esse esistono come categoria giuridica? Ancora in conseguenza, ciò è conforme all’assetto costituzionale democratico e sociale? Oppure ciò deve essere sottoposto a rivoluzione? Innanzitutto, le classi. Leggendo l’art. 3 della Costituzione e i suoi omologhi nelle Carte fondamentali degli Stati occidentali, moderni e democratici, si legge che i cittadini sono uguali davanti alla legge. Dunque le classi sociali non esistono come entità formali. Si potrebbe obiettare, tuttavia, che esse esistono al di fuori delle griglie di indagine della scienza giuridica, ma non fuori dalla visione delle scienze sociali. Sono i cosiddetti “poteri forti”, come a volte sono indicati con linguaggio giornalistico, o, più prosaicamente, le lobby di interesse. O, per usare una terminologia diversa ancora, gli stakeholder economici e sociali in diversi settori cruciali. Resta da approfondire la sovrapponibilità formale tra il linguaggio marxiano e marxista con questo ulteriore linguaggio, posto che Marx aveva presente le classi sociali della sua epoca. Dunque, nel caso esistano le classi sociali e, ancora più specificamente, nel caso esista una classe dominante, essa ha rilevanza giuridica? Non diretta, ma quantomeno indiretta, nel senso di rappresentare non solo e non tanto degli interessi economici, sociali, politici propri, bensì nell’essere autenticamente “dominante”. Bisogna considerare che la presenza di un soggetto dominante è – in fondo – incompatibile con la forma di Stato democratica e sociale, la quale presuppone l’uguaglianza delle persone (e dei voti che esprimono) nonché opera secondo il principio di maggioranza, tale per cui non è il più forte che decide, bensì la proposta che raggiunge il maggior numero di voti. Ipotizzare che questo sia un sistema di facciata e che vi sia un secondo, o ancora ulteriore e più profondo, livello di potere è esercizio interessante, che peraltro non viene affrontato dall’A., il quale condivide la tesi base marxista e, come si diceva, pare non porre osservazioni a questo proposito a carico dello Stato democratico e sociale, né in generale né riferito a nessuno Stato particolare, compresa la Repubblica italiana. Anzi, appare come un sostenitore della democrazia come antidoto al pensiero unico. Un’ulteriore questione che sorge è la seguente: se si ammettesse nel ragionamento che esiste una classe dominante anche nello Stato democratico, questo sarebbe da rivoluzionare? Ovvero: da un lato la sussistenza di una effettiva classe dominante è compatibile con il principio democratico in sé stesso? Dall’altro lato: se anche fosse compatibile, l’odierna (da individuare) classe dominante è quella “corretta”? (e in base ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 175 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ a quali considerazioni, posto che il popolo – o la nazione, secondo altri ordinamenti – è sovrano?). Si vede bene come queste ulteriori considerazioni non spostano gli argomenti dell’A., bensì li calano in una dimensione pubblicistica non generalissima, bensì già aderente alle regole costituzionali (seppur non ancora alle regole costituzionali specifiche di nessuno Stato determinato). Si giunge quindi al secondo aspetto da analizzare. In forma di domanda esplicita: lo Stato segue il diritto? l’A. pare sostenere di sì. La società ne è il fondamento (è “struttura”), il diritto ne consegue in via diretta ( ubi societas ibi ius), lo Stato completa il quadro come frutto del diritto. Questa visione è indubbiamente debitrice delle categorie marxiane di struttura e sovrastruttura che si sono viste più sopra. Non sarebbe impossibile, forse anche hobbesianamente, ipotizzare che è lo Stato il primo degli elementi e che è la volontà di questi, oggettivizzata, a divenire diritto. Anche quanto alla società, le posizioni concettuali possibili sono varie. Poiché l’A. difende esplicitamente la tesi della pluralità degli ordinamenti e il corollario dell’invertibilità reciproca tra ius e societas, allora si può sostenere quanto sopra, ma se si procede da diverse premesse, proprio la reciprocità del rapporto potrebbe fondare una collocazione opposta tra i due elementi. È, questo, forse il punto più aperto tra quelli presentati dall’A., e lo è tanto più si colloca tra questioni che sfumano dalle conseguenze degli assiomi giuridici alle rispettive premesse. Basta, insomma, non riconoscersi nelle premesse marxiane per accedere ad altre conseguenze logiche. Il terzo punto entra in uno dei temi chiave: la pace non solo e non tanto come contrario della guerra o del conflitto ma come obiettivo del diritto e dello Stato. La guerra secondo Gentili (1598) «è figlia dell’incompletezza di quello che allora veniva chiamato “diritto delle genti”»636 poiché i principi non riconoscono autorità sopra di loro e quindi, in mancanza di un arbitro sovraordinato, risolvevano – e tutt’oggi risolvono – le questioni dibattute con la violenza. L’A. si attiene a questa tesi, aggiungendo più oltre, però, che «la teoria della città universale è facile da formulare, molto più difficile è la traduzione pratica delle idee o delle ideologie politiche ed economiche ritenute come le migliori» nonché che «la Storia insegna, che gli individui e i gruppi sociali amano anche autogovernarsi e, entro certi limiti, è una cosa buona» 637. Dunque secondo l’A. l’ordine e la pace universale non deve essere confuso con un potere unico o uno Stato esteso quanto il mondo. Dunque, l’obiettivo è la pace, ma a livello nazionale, o statale. «Dalla lettura di Alberico Gentili, in qualche modo si può desumere che il nascente Stato moderno (siamo sul finire del XVI secolo) sia stato pensato come organizzazione a difesa del genere umano»638. Ciò in piena assonanza con quanto già affermato nel celebre Defensor pacis di Marsilio da Padova e da altri pensatori – basti citare Kant639 – successivi. Difficile, in questo caso, trovare uno spunto o un esempio che porti un punto di vista diverso. Si può rintracciare, ancora una volta, ricorrendo a pensatori che abbiano un’impostazione teorica del tutto diverso. È interessante qui citare s. Roberto Bellarmino, secondo il quale «finis quidem immediatus potestatis Policae, est pax Reipublicae temporalis, sed haec pax subordinatur paci supernaturali hominis cum 636 P. 28. Entrambe le citazioni p. 226 sia pure non consecutive. 638 P. 30. 639 I. KANT, Per la pace perpetua, 1795. 637 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 176 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Deo; ita vero paci beatae, quae est in superna Hierusalem: quae tandem subordinatur gloriae Dei Conditoris, qui est primum principium, et ultimus finis omnium rerum»640. Da qui – è ovvio, approfondendo molto i passaggi argomentativi – la legittimità della guerra in certi casi, il diritto di resistenza ad un potere ingiusto e, in generale, una lettura non scontata del “pacifismo”, che rifugge la pace ad ogni costo, che non guarda alla pace come mera assenza di conflitti e che, infine, subordina l’architettura umana delle norme ad istanze superiori. Quale ulteriore questione attorno a questo tema, si torna infine alla mancanza teorica di alternative tra guerra e diritto. La posizione è, se si vuole, maggioritaria in dottrina e hobbesiana ad un tempo. Al di fuori dell’ordine vi è il disordine, in una contiguità di posizioni che non lascia zone grigie. O, se si vuole, le zone grigie possono esiste ma non cambiano il risultato. Condizioni di relativa pace o di guerra intermittente sono comunque espressione di disordine. Appunto, se non sono rivoluzioni, sono rivolte, guerre civili o altre declinazioni della guerra di tutti contro tutti, sia pure su scala diversa o con conseguenze materiali meno accentuate. La guerra di tutti contro tutti non significa deflagrazione di un conflitto mondiale, ma uno stato alternativo all’ordine della pace. Poiché ci si è prefissati di fare ipotesi alternative per arricchire il dibattito, viene qui alla mente un’alternativa che – in verità – non pare esplorata in dottrina e che meriterebbe forse migliore attenzione: l’ironia. Pace e guerra sono estremamente serie, e una delle due è persino mortalmente seria. Tuttavia, si ipotizzi uno Stato dove l’ordine dell’autorità costituita fosse contrastato non dalla violenza, bensì dal ridicolo che contagi, ovviamente, non solo colui contro il quale l’ordine è diretto, bensì chi lo deve eseguire. In un esempio, non solo il dissidente bensì il poliziotto che deve arrestare il dissidente. È il concetto espresso dalla battuta “una risata vi seppellirà”, utilizzata, non a caso, anche come slogan di contestazione (nel ’68 e nelle contestazioni degli anni ’70). La potenza dell’ironia non va forse sottovalutata e un comico che sappia togliere credibilità ad un uomo politico ha – probabilmente – a disposizione uno strumento di notevole potenza, ad esempio in sede elettorale. Nessuna questione sulla gravitas della guerra e della pace, soprattutto se sono collegate alla vita e alla morte, tuttavia non è impossibile che anche altre strade possano essere esplorate per discutere l’alternativa che Hobbes innanzitutto ha posto alla base di questo tipo di ragionamenti. Quarto punto. Non appare in nessun punto della trattazione che l’A. abbia voluto offrire una teoria generale del diritto, tuttavia si vede bene come soltanto condividendo l’impostazione data da Marx alle strutture e alle sovrastrutture si possono condividere anche le ulteriori conseguenze di sistema. Un caso per tutti può essere chiarificatore ed, insieme, esempio. La primazia dell’economia sul diritto. L’A. non dice se il mercato ha primazia sullo Stato – e la questione non è indifferente poiché un conto è l’economia e un conto è il mercato – ma si ponga questo ragionamento. L’economia si fonda sugli scambi tra privati. Gli scambi, a loro volta, sono giuridicamente dei contratti. Si potrebbe dire che gli scambi avverrebbero anche se non avessero la veste di contratto. O, se si vuole, che anche con un diritto “diverso”, 640 R. BELLARMINO, Tractatus de potestate summi pontificis in rebus temporalibus adversus Gulielmum Barclaium (l’edizione consultata è quella literis Mathiae Riedl, 1712) È il cap. XIV (p. 165 edizione consultata). Se ne propone traduzione: «il fine immediato del potere politico è certo la pace temporale dello Stato, ma questa pace è subordinata alla pace soprannaturale dell’uomo con Dio, cioè alla pace beata della celeste Gerusalemme, la quale è subordinata a sua volta alla gloria di Dio Creatore, primo principio ed ultimo fine di tutte le cose». ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 177 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ con uno Stato “diverso”, in grado di dare un’altra forma, un altro significato giuridico ai contratti, gli scambi avverrebbero ugualmente. Cioè indipendentemente dalla forma giuridica, la quale inevitabilmente seguirebbe. Eppure, si potrebbe argomentare, lo Stato dimostra in ogni occasione che la forza della legge supera il mero fatto dello scambio. Infatti, alcuni contratti sono fuori dalla legge o sono contro la legge. Lo Stato potrebbe – e può – vietare gli scambi, tutti o alcuni. Oppure può fissare elementi essenziali dello scambio stesso: ad esempio il prezzo. Oppure può impedire che un determinato bene (o anche tutti i beni) vengano scambiati. E normalmente lo fa, per ragioni che non riguardano l’economia, bensì l’etica, la morale, l’opportunità, la libera scelta (sono i ben noti casi del divieto di traffico di organi umani, piuttosto che di spaccio di sostanze stupefacenti ecc.) Proprio lo Stato di socialismo reale non solo dichiara, ma impone un modello di produzione e distribuzione dei beni che nulla ha a che vedere con il mercato “liberale” o “capitalista”. La recente e tragica esperienza dell’epidemia da Covid-19 ha dimostrato che lo Stato – la Repubblica italiana, ad esempio – può fermare interi settori produttivi con una semplice fonte del diritto (di necessità ed d’urgenza) nonostante sia – o per quanto resti – democratico e sociale, ispirato al libero scambio e parte di organizzazioni internazionali tese a favorire con convinzione la libera concorrenza e lo scambio il più possibile aperto. In questo senso, parrebbe di argomentare, almeno a livello di speculazione teorica, che non è impossibile ribaltare i termini della questione e subordinare l’economia al diritto. In ultimo, si segnala un punto che l’A. non ha ulteriormente argomentato e che è parso particolarmente interessante a chi scrive, ovvero la citazione, en passant, che la democrazia sia un sistema di “concorrenza di pensiero” 641. Il riferimento alla concorrenza può assumere molte forme che qui in verità non interessano, poiché sarebbero, secondo la sensibilità odierna, soprattutto tratte dalle metafore o dalle immagini economiche. Interessa più il pensiero. Non solo e non tanto come sinonimo o come formula sintetica per descrivere la “proposta politica” che può essere di una persona, di un gruppo, di un partito e così via, quanto per esprimere il fatto che la democrazia pone, presuppone una condivisione di pensiero che ne sia fondamento. E, anche se resta impossibile determinare se sia la società a influenzare le istituzioni o, al contrario, le istituzioni a influenzare la società, il tema è interessante. Si domanda ancora, e in altro ambito, l’A.: perché è crollata l’Unione Sovietica? Perché «è crollata l’organizzazione del partito comunista, e cioè è venuto meno il vero ordinamento giuridico che aveva retto quell’immenso Paese»642. E ancora «la crisi del partito comunista sovietico è coincisa con la crisi dell’ordinamento sovietico: con la fine dell’uno si è avuto il decesso dell’altro» 643. La crisi del partito sovietico è avvenuta per molte ragioni e forse può non costituire semplificazione inaccettabile il fatto che – a un certo punto – si è ritenuta impossibile la sopravvivenza dell’ideologia così come era divenuta parte dello Stato. È pur vero che, secondo l’A. (nel trattare della visione di Capograssi riguardo al concetto di “esperienza giuridica”) «non si può e non si deve mischiare e confondere il collettivo con l’individuale»644, tuttavia forse è anche col pensiero che si cementano le società. 641 P. 35. P. 175. 643 P. 213. 644 P. 252. 642 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 178 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ DIRITTO DI DIFESA ED EFFETTIVITA' DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE: Il Tar Lecce solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art.120, co.5, c.p.a. Carla Natalicchio Tar Puglia - III Sez. di Lecce - 02 marzo 2020, ordinanza n. 297 Riti speciali - Appalti – Motivi aggiunti ex art.120, comma 5 cpa – Termine per la proposizione – Contrasto con l'art. 24 – Rilevanza e non manifesta infondatezza. E' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 5 c.p.a. nella parte in cui fa decorrere il termine di trenta giorni per la proposizione dei motivi aggiunti dalla ricezione della comunicazione dell'aggiudicazione di cui all'art.79, d.lgs.n. 163 del 2006, per contrasto con il diritto di difesa e il principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 24 Cost., in quanto, equiparando il termine per la proposizione dei motivi aggiunti a quello per la proposizione del ricorso, impedisce di fatto la tutela giurisdizionale della parte ricorrente avverso i vizi di legittimità del provvedimento di aggiudicazione rivelati dagli atti e dai documenti successivamente conosciuti. Abstract: I motivi aggiunti rappresentano lo strumento processuale finalizzato a contestare la legittimità di atti o vizi ulteriori, non conosciuti al momento della proposizione del ricorso e la cui successiva conoscenza è spesse volte riconducibile all’esercizio del diritto di accesso. Il contributo analizza il delicato rapporto intercorrente tra i motivi aggiunti ed il diritto di accesso nell'ambito del rito speciale previsto dall'art. 120 co. 5 cpa, con particolare riferimento alla individuazione del dies a quo per la proposizione dei predetti motivi aggiunti ai fini della tempestiva proposizione di questi ultimi. Nel contributo vengono analizzate le posizioni oscillanti assunte a riguardo dalla giurisprudenza, culminate nell'ordinanza del Tar Lecce, qui in commento, di rimessione alla Corte Costituzionale dell'art. 120 co. 5 cpa. Abstract: The added reasons represent the procedural tool aimed at contesting the legitimacy of further acts or vices, not known at the time of the appeal and whose subsequent knowledge is often times attributable to the exercise of the right of access. The contribution analyzes the delicate relationship between the added reasons and the right of access as part of the special rite provided for by art. 120 co. 5 cpa, with particular reference to the identification of the dies a quo for the proposition of the aforementioned reasons added for the purpose of the timely proposition of the latter. The contribution analyzes the fluctuating positions taken in this regard by the jurisprudence, culminating in the order of the Tar Lecce, here in comment, of remission to the Constitutional Court of art. 120 co. 5 cpa. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 179 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ SOMMARIO: - Premessa - 1. La vicenda in breve. - 2. Le considerazioni del Tar Lecce – 3. Riflessioni a margine della pronuncia. Premessa. Le disposizioni processuali vigenti in materia di contenzioso in materia di contratti pubblici, sulle gare pubbliche e gli atti connessi e collegati sono, come noto, caratterizzate da elementi di forte accelerazione e concentrazione. Il rito speciale disciplinato dall'art. 120 c.p.a si distingue, tra l'altro per (i) l'esclusione dell'alternativo ricorso straordinario al Capo dello Stato; (ii) la dimidiazione dei termini processuali, compresi quelli relativi agli atti introduttivi; (iii) la peculiare tutela cautelare;645 (iv) i limiti di spazio degli atti difensivi; (v) la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.646 La dimidiazione dei termini processuali relativi agli atti introduttivi ha creato non pochi contrasti giurisprudenziali in riferimento al dies a quo per l'impugnazione e non da ora647. Il termine dimidiato di impugnazione, infatti, decorre dalla comunicazione dell'atto lesivo eseguita ai sensi dell'art. 76 del nuovo codice (ossia dell'art. 79 del precedente codice dei contratti pubblici) e per i bandi e gli avvisi con i quali viene indetta la gara dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale Italiana, eseguita ai sensi degli artt. 72,73 e 98 del nuovo codice ( ossia dell'art. 66 comma 8, del precedente codice del 2006). Il termine resta sempre di trenta giorni anche nell'ipotesi di mancata pubblicità del bando, in questo caso il dies a quo comincia a decorrere dalla pubblicazione dell'avviso di aggiudicazione definitiva solo se lo stesso contenga le motivazioni per le quali la P.A. ha deciso di omettere la pubblicità del bando, in difetto il termine decadenziale si prolunga in sei mesi a decorrere dal giorno successivo alla stipulazione del contratto. Orbene, a fronte della previsione contenuta nel comma 5 dell'art. 120 cpa del termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso648, il giudice amministrativo è già stato più volte chiamato a pronunciarsi sulla effettiva decorrenza del predetto termine laddove, come spesso nella pratica avviene, la comunicazione di cui all'art. 76 fosse incompleta o irregolare.649 645 Sulla fase cautelare si veda F.G. Scoca, Diritto Ammnistrativo, Torino, Giappichelli, 2019; Id., La fase cautelare, in Dir. proc. amm., 2010, p. 1130 ss.; Id., Procedimento cautelare, in Il processo amministrativo, a cura di A. Quaranta - V. Lopilato, Milano, Giuffrè, 2011, nonché, se si vuole, F. Aperio Bella, La tutela cautelare, in Il nuovo processo amministrativo, a cura di M.A. Sandulli, Milano, Giuffrè, 2013. Tra i contributi monografici M.V. Lumetti, Processo amministrativo e tutela cautelare, Padova, Cedam, 2012. 646 Sul rito accelerato previsto dall'art. 120 c.p.a. cfr. F. Caringella, Il processo dei contratti pubblici dopo il D.Lgs. n. 50/2016, in Manuale di Diritto Amministrativo, XIII ed. 2020, Dike Editrice. 647 Sulla dimidiazione dei termini processuali relativi agli atti introduttivi cfr. E. Casetta, La tutela dinanzi al giudice amministrativo- I riti speciali, in Manuale di Diritto Amministrativo, XXI ed., Giuffrè Francis Lefebvre; F.G. Scoca, Giustizia Ammnistrativa, Torino, Giappichelli, 2017; V. Lopilato Manuale di Diritto Ammnistrativo, Torino, Giappichelli, 2020, 648 In base all’art. 120, co. 5 c.p.a.: “Per l'impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all'articolo 66, comma 8, dello stesso decreto”. 649 V. Cons.Stato, sez.V n. 421/2018 e n. 2796/2019. Sul dies a quo, relativamente a illegittimità determinatesi successivamente all'aggiudicazione, ma prima della stipula del contratto, V. Corte giust., 8 maggio 2014, causa C-161/13, che, in sostanza “riapre” i termini per agire: nel caso di specie era stata autorizzata la modifica della composizione dell'ATI dopo la comunicazione dell'aggiudicazione definitiva. In argomento è di rilievo pure Corte giustizia, 12 marzo 2015, causa C-538/13. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 180 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ In assenza di una chiara disposizione, si è assistito a differenti orientamenti del giudice amministrativo: da quello più rigoroso che fa decorrere il termine di trenta giorni sempre dal momento della ricezione della comunicazione di cui all'art. 79 d.lg.n.163/2006 (oggi art. 76, d.lg. 50/2016) 650, a quello più garantista in virtù del quale, pur riconoscendo il carattere perentorio del termine ad impugnationem nell'ambito del processo amministrativo, predilige tuttavia un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione di cui all'art. 120 comma 5, c.p.a., resa necessaria dal principio di tutela dell'esercizio effettivo del diritto di difesa ( art. 24 Cost.) e del consolidato principio secondo il quale solo dalla piena conoscenza dell'atto censurato inizia a decorrere il termine per la sua impugnazione. 651 Secondo tale orientamento “ il dies a quo del termine impugnatorio va posticipato al momento dell'effettiva cognizione dell'effetto lesivo (e quindi al momento dell'accesso a quegli atti di gara da cui esso è reso percepibile) a meno di non voler imporre alla parte ricorrente un problematico ricorso al buio”652. Nel già complesso quadro sopra delineato si inserisce l'ulteriore questione, affrontata dal Tar salentino nella pronuncia qui in commento, relativa del dies a quo per la proposizione dei motivi aggiunti nell'ambito del rito accelerato previsto dall'art. 120 co.5 cpa. Stando all'interpretazione stricto sensu letterale della disposizione, nel termine di trenta giorni il ricorrente sarebbe onerato non solo di proporre il ricorso principale, anche al buio, ma anche i motivi aggiunti necessari a far valere vizi conoscibili e/o conosciuti dal concorrente successivamente al formale accesso agli atti di gara. Come conciliare il termine perentorio previsto all'art. 120 co.5 cpa, con i termini previsti per l'accesso agli atti? Come individuare il termine effettivo per la proposizione dei motivi aggiunti ed il dies a quo per la decorrenza di detto termine a fronte della disciplina dettata dal 5 comma dell'art. 120 cpa e delle novità introdotte a riguardo al decreto Sbloccacantieri?653 Gli interrogativi sono stati approfonditi nell'ordinanza del Tar leccese qui commentata. 1. La vicenda in breve. La ricorrente, quale impresa mandataria di un costituendo RTI, ha partecipato alla gara, per l'affidamento del servizio di informatizzazione municipale della stazione appaltante, aggiudicata alla controinteressata con determina dirigenziale del 27.05.2019, comunicata alla ricorrente in data 29.05.2019, la quale ha proposto una 650 Ex multis Tar Veneto – sez II- Venezia, 15/07/2019 n. 836 Sul tema della piena conoscenza cfr. M Clarich, Manuale di Diritto Ammnistrativo, quarta edizione, ed. Il Mulinosi; S. De Paolis - B. Rinaldi, Piena conoscenza ed effettività della tutela: riflessioni e attualità del pensiero dei maestri, in Atti del convegno “L'impugnabilità degli atti amministrativi”, Giornate di studio in onore di E. Cannada Bartoli, 13-14 giugno 2008, Siena, in giustamm.it; L. Ferrara, Motivazione e impugnabilità degli atti amministrativi, in Foro amm. Tar, 2008, 1193; A. Reggio d'Aci, La piena conoscenza del provvedimento amministrativo e la decorrenza del termine per la sua impugnazione, in Urb. app., 2007, 11, 1367; F. Ceglio, La piena conoscenza e la decorrenza del termine per la proposizione del ricorso, in Giorn dir. amm., 2003, 5, 495; R. Damonte, Conoscenza del provvedimento amministrativo e termini di proposizione del ricorso al giudice amministrativo, in Riv. giur. edil., 2000, 1, 1135; R. Politi, Decorrenza del termine per l'impugnazione del provvedimento in sede giurisdizionale e conoscenza della motivazione dell'atto: spunti di riflessione, in TAR, 1999, 2, 133; G. Virga, La disciplina dei termini nel processo amministrativo, in Atti del convegno di studi organizzato dalla facoltà di giurisprudenza di Messina, 15-16 aprile 1988, Milano, Giuffré, 1989, 249; S. Baccarini, La comunicazione del provvedimento amministrativo tra prassi e nuove garanzie, in Dir. proc. amm., 1994, 1, 8; Id., motivazione ed effettività della tutela, in giustamm.it. 652 In tal senso Tar Lazio – sez. III – Roma, 02/08/2017 n. 9145 653 Sul nuovo codice dei contratti cfr. V. Lopilato Manuale di Diritto Ammnistrativo cit.; F. Caringella, Il processo dei contratti pubblici dopo il D.Lgs. n. 50/2016, cit., passsim. 651 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 181 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ prima richiesta di accesso alla documentazione di gara in data 30 maggio 2019 ex art. 22 e ss L.241/90 e smi e art.53 del d.lgs. 18.04.2016 n.50, reiterata il successivo 02 luglio 2019, allorché le era stata negata l'accesso all'offerta tecnica. Solo il 15.07.2019 la ricorrente si è vista concedere un accesso, peraltro anche questo solo parziale, che tuttavia le ha consentito, in data 31.07.2019, la proposizione del ricorso per motivi aggiunti, per una serie di ulteriori doglianze che incolpevolmente non aveva avuto la possibilità di formulare, stante l’ostinato ostracismo della s.a., al momento della notificazione del ricorso principale avvenuta il 27.06.2019.Quindi il ricorrente ha ritenuto il 15 luglio fosse il dies a quo dal quale calcolare il termine decadenziale di trenta giorni per la proposizione del ricorso per motivi aggiunti. Ed è proprio il termine per la proposizione dei motivi aggiunti nei giudizi di cui all'art.119, comma 1, lettera A) ad esser stato oggetto di approfondimento dal Tar salentino considerato che l’art. 120, co. 5 c.p.a. esplicitamente riferisce il termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione relativa all’aggiudicazione definitiva anche alla proposizione di motivi aggiunti.654 Fino all'ordinanza qui in commento, non pare esser mai stata data rigida applicazione a tale disposizione che, nella più pedissequa delle interpretazioni, avrebbe consentito alle s.a. meno diligenti, quelle, in altri termini che autorizzano tardivamente un accesso pieno agli atti di gara, di evitare qualsiasi ricorso che non fosse di quelli c.d. “ al buio”. La giurisprudenza, quindi, ha sempre interpretato l'art. 120, co. 5 c.p.a dando risalto al dato dell’effettiva conoscenza degli atti di gara, che sola consente la proposizione consapevole, nella forma del ricorso, ovvero dei motivi aggiunti, del rimedio giurisdizionale. Diversamente si rischierebbe di violare apertamente il diritto di difesa (art. 24 Cost.), che impone di ritenere che la mancata o tardiva ostensione dei documenti di gara da parte dell’amministrazione non possa impedire l’accesso alla tutela giurisdizionale, fermo restando l’onere, per l’interessato di attivarsi prontamente, specie nel settore degli appalti pubblici, per accedere ai documenti relativi al provvedimento lesivo. Purtuttavia il Tar Lecce ha ritenuto che una tale interpretazione fosse contraria al dato letterale della norma. 2. Le considerazioni del Tar Lecce. Nell'ordinanza qui in commento, il Tar ha chiarito che i motivi aggiunti costituiscono lo strumento atto a contestare la legittimità di atti e vizi ulteriori, non conosciuti né conoscibili al momento della proposizione del ricorso ma solo successivamente all'esercizio da parte dell'interessato del diritto di accesso. In questa ottica l'art. 120 co.5 c.p.a., nella parte in cui fa decorrere il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell'avviso di cui all'art. 79. d.lgs. n. 163/2006 anche per la proposizione dei motivi aggiunti, si pone in contrasto con l'art. 24 Cost., che impone di collegare la decorrenza del termine di decadenza per adire il Giudice alla concreta possibilità di esercitare pienamente il diritto di azione quindi, nel caso di specie, alla data in cui il ricorrente ha avuto piena conoscenza degli atti e dei vizi ulteriori che giammai avrebbe potuto conoscere al momento della proposizione del ricorso principale. Come 654 Sul ricorso per motivi aggiunti cfr. V. Lopilato, Manuale di Diritto Ammnistrativo cit., cap.26- parte seconda, par.13.; F.S. Marini ed A. Storto, Diritto Processuale Amministrativo, 2018- La Tribuna; F. Caringella, Manuale ragionato di Diritto Amministrativo, Dike editrice, parte XII, cap.IV, par.4.3., A. Liberati, Il Processo innanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali, Tomo I, Padova, Cedam, 2006. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 182 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ osservano i giudici salentini “nonostante gli sforzi profusi dalla giurisprudenza amministrativa per interpretare l’art. 120, comma 5, c.p.a., in parte qua, conformemente alla Costituzione (art. 24), ed anzi (anche) in virtù dei sopra riportati tentativi interpretativi della giurisprudenza, ad avviso meditato del Collegio, la norma in questione (nella parte in cui disciplina il termine di decorrenza per la proposizione dei motivi aggiunti), a causa del proprio univoco tenore letterale (che non ammette eccezioni) e dei correlati e definitivi effetti preclusivi/ decadenziali, non sfugge ai prospettati forti dubbi di incostituzionalità per violazione del diritto di difesa e del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 della Costituzione (e ciò anche ove la si interpretasse secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato sopra richiamata, che tenta di mitigare la rigidità della disposizione di cui trattasi).”655 Il Tar salentino ha posto l'accento sulla questione relativa alla interpretazione costituzionalmente orientata della norma. Se è vero, infatti, che il giudice deve interpretare la legge in conformità ai principi costituzionali, applicando direttamente la Costituzione laddove ciò fosse possibile e, quindi, trovando un significato della lettera della legge che assicuri maggiore conformità alla lettera ed allo spirito della Costituzione, è pur vero che non si può arrivare a travalicare la lettera della legge sino a disapplicarla. Inoltre, sebbene l'art. 120.co.5, in riferimento al termine per la proposizione dei motivi aggiunti, si pone in evidente contrasto anche con i principi di effettività del ricorso giurisdizionale nella materia degli appalti delineati dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, il giudice a quo non può fare ricorso al potere di disapplicazione delle norme interne in contrasto con il diritto euro unitario. Manca, infatti, a giudizio del Tar “una norma (processuale) euro-unitaria self executing che possa trovare applicazione in luogo della norma interna da disapplicare”.656 Alla luce della problematiche sopra evidenziate e dei contrasti giurisprudenziali che non permettono una definizione chiara ed univoca della questione, il Tar salentino ha ritenuto di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120 co.5 c.p.a. nella parte in cui fa decorrere il termine di trenta giorni per la proposizione dei motivi aggiunti dalla ricezione della comunicazione dell'aggiudicazione di cui all'art.79, d.lgs.n. 163 del 2006, per contrasto con il diritto di difesa e il principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 24 Cost., in quanto, equiparando il termine per la proposizione dei motivi aggiunti a quello per la proposizione del ricorso, impedisce di fatto la tutela giurisdizionale della parte ricorrente avverso i vizi di legittimità del provvedimento di aggiudicazione rivelati dagli atti e dai documenti successivamente conosciuti a seguito di istanza di accesso.657 3. Riflessioni a margine della pronuncia. La quaestio juris sulla quale il Tar Lecce ha chiesto che si esprima la Suprema Corte delle Leggi è stata di recente affrontata dalla giurisprudenza dei Tar e del Consiglio di Stato, ma giammai ha avuto una univoca soluzione, almeno dall'entrata in vigore del c.d. Decreto Sbloccacantieri. 655 Tar Puglia sez. di Lecce, III, 02 marzo 2020, ord. n. 297. Cfr. ord. 297/2020 del Tar Lecce. Sul rapporto tra processo amministrativo e diritto comunitario cfr. E. Picozza, Processo Amministrativo e Diritto Comunitario, seconda edizione, Padova, Cedam; M.P. Chiti e G. Greco, Trattato di Diritto Amministrativo Europeo, Milano, Giuffrè, 2017. 657 Sul rito speciale in materia di accesso cfr. S. Cassese, Corso di Diritto Amministrativo, Milano, Giuffrè, 2015; A.Liberati, Il Processo innanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali, Tomo II, Padova, Cedam. 656 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 183 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Procedendo in ordine, non può esimersi dal rilevare come sia noto l’orientamento giurisprudenziale precedente, quello sorto sotto il vigore dell’art. 79, comma 5, d.lgs. 163/2006 per il quale: “il termine di trenta giorni per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione di cui all’art. 79, comma 5, del d.lgs. 163/2006, ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell'atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione”658 “poiché detta disposizione consente la visione ed estrazione di copia dei documenti di gara entro dieci giorni dalla comunicazione, il termine per l’impugnazione può essere prorogato al massimo di dieci giorni rispetto a quello decorrente dalla comunicazione (e deve essere correlativamente ridotto nelle ipotesi in cui, effettuato l’accesso agli atti della gara, la relativa documentazione sia stata resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni); - se la parte ha già proposto ricorso avverso l’aggiudicazione, può proporre motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 43, cod. proc. amm., nell’ulteriore termine, che può essere al massimo di dieci giorni, per vizi rilevati dagli atti successivamente conosciuti attraverso l’accesso agli atti;”659 È altresì noto come tale orientamento abbia continuato a trovare una qualche applicazione anche dopo l’entrata in vigore del vigente codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 50 del 2016, il cui art. 76, a differenza del previgente art. 79 del d.lgs n. 163/2006, non prevede una procedimentalizzazione dell’accesso agli atti di gara e dei tempi entro cui tale accesso è consentito.660 La vexata quaestio è stata affrontata e risolta oltre che alla luce dell’attuale sistema normativo nazionale, in ossequio ai principi generali rinvenienti dalla giurisprudenza dell'Unione europea in tema di diritto di difesa e di quello nazionale in ossequio al principio di effettività (art. 1 cpa). In sostanza, la stazione appaltante, nella comunicazione con la quale rende nota l'avvenuta aggiudicazione, è tenuta a esporre le ragioni che hanno condotto a preferire quell'offerta, ovvero, in alternativa, ad allegare i verbali della procedura.661 Se la stazione appaltante trasmette una comunicazione incompleta, nella quale, cioè, non sono specificate le ragioni di preferenza o alla quale non sono allegati i verbali di gara, così come se, pur in presenza di comunicazione esaustiva e completa degli atti richiesti, è indispensabile conoscere gli elementi tecnici dell'offerta dell'aggiudicatario per aver chiare le ragioni che hanno spinta a preferirla, l'impresa concorrente potrà richiedere di accedere agli atti della procedura. La necessità di procedere all'accesso ai documenti per poter avere piena conoscenza della motivazione del provvedimento e degli atti endo - procedimentali che l'hanno preceduto non sospende la decorrenza del termine ordinario di impugnazione662 . Come affermato dal Consiglio di Stato “i principi di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost., e art. 1 Cod. proc. amm.), così come enucleati anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 663 (…) tuttavia, 658 Cfr. Cons. Stato, V, n. 592/2017. 659 Cfr. Consiglio di Stato sez. III, 6/3/2019, n.1540. 660 Cfr. Consiglio di Stato sez. V, 13/8/2019, n.5717. 661 Sulla comunicazione ex art. 76 d.lgs. 50/2016 Cfr. E. Casetta, La tutela dinanzi al giudice amministrativo- I riti speciali, in Manuale di Diritto Amministrativo, XXI ed., Milano, Giuffrè, parte II, cap. X, sez.II, par. 23. 662 Ex multis, Cons. Stato, IV, 21 marzo 2016, n.1135; V, 15 gennaio 2013, n. 170; V, 5 novembre 2012, n. 5588; III, 13 maggio 2012, n. 2993; IV, 2 settembre 2011, n. 4973; V, 25 luglio 2011, n. 4454. 663 Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza 8 maggio 2014, in C-161/13 Idrodinamica Spurgo. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 184 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ portano a ritenere che, qualora la stazione appaltante rifiuti illegittimamente di consentire l’accesso (ovvero, in qualunque modo tenga una condotta di carattere dilatorio), il potere di impugnare non “si consuma” con il decorso del termine di legge, ma è incrementato di un numero di giorni necessari alla effettiva acquisizione dei documenti stessi (cfr. Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540; sez. III, 14 gennaio 2019, n. 349; sez. V, 5 febbraio 2018, n. 718; sez. III, 22 luglio 2016, n. 3308).”664 Siffatta necessità tuttavia, non deve avere ricadute sullo svolgimento delle procedure di gara di guisa che è oramai da tutti condivisa l'esigenza per la quale tanto per la proposizione di motivi aggiunti quanto per la notifica del ricorso, non è possibile consentire al concorrente di procrastinare ad libitum l’accesso665 e quindi far decorrere poi dal suo concreto esercizio il termine per impugnare gli atti di una pubblica gara. Laddove, infatti, fosse ammesso un differimento del termine per impugnare senza precisi limiti temporali, l'azione amministrativa sarebbe esposta all’inconveniente di poter essere in ogni tempo sindacata in sede giurisdizionale semplicemente differendo l’accesso agli atti di gara.666 Sotto tale profilo può esser ben apprezzata l'esigenza avvertita dalla curia leccese visto che l’art. 120, co. 5 c.p.a., esplicitamente riferisce il termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione relativa all’aggiudicazione definitiva anche alla proposizione di motivi aggiunti. Le esigenze da conciliare sono chiare. Da un lato, quella del ricorrente che in tanto può esercitare effettivamente e pienamente il proprio diritto di difesa, se ed in quanto abbia una cognizione altrettanto piena ed effettiva degli atti di gara che saranno oggetto delle proprie censure. Dall'altro, l'esigenza della s.a. di portare a termine nel minor tempo possibile la gara. Da ultimo, l'esigenza dell'aggiudicataria e quindi il suo affidamento nel confidare nella certezza dei rapporti con la p.a. che non possono esser sottoposti ad una condizione sospensiva indeterminata, per di più dipendente dai propri avversari, concorrenti non risultati vincitori della gara, e dalla loro decisione di scegliere il momento per loro più conveniente in cui azionare il proprio diritto di accesso e conseguenzialmente ricorrere. La necessità del contemperamento delle esigenze testè citate è stata avvertita dal giudice amministrativo il quale si è già orientato per una soluzione che appare più che condivisibile e che riesce a coordinare tutte le esigenze coinvolte appena riferite, prima fra tutte quella del ricorrente e del suo diritto di difesa, inteso non come vuoto simulacro ma declinato in osservanza del principio di effettività, ma anche nel rispetto dell'interesse della s.a. di concludere il più rapidamente possibile una procedura di gara mai prescindendo dalla constatazione che, se realmente le s.a. avessero avuto come obbiettivo la rapida definizione delle loro gare, sarebbero state più attente, ma soprattutto tempestive nell'ostendere gli atti di quelle procedure senza imporre ai candidati risultati non aggiudicatari defatiganti procedimenti di accesso. Significativa, in tal senso, una pronuncia del Tar Sicilia che afferma che “ una rigida applicazione di tale disposizione (…), tuttavia, rischierebbe di porsi in contrasto con il diritto di difesa (art. 24 Cost.), che impone di ritenere che la mancata o tardiva ostensione dei documenti di gara da parte dell’amministrazione non possa impedire l’accesso alla tutela giurisdizionale; fermo restando l’onere, per il privato, di attivarsi 664 Così testualmente, Cons. Stato,V, 03 aprile 2019, n. 2190 665 Sull'accesso agli atti nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici cfr. L. Minervini, Accesso agli atti e procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici, in Foro Amministrativo (II), Fasc.5, 2019, pag.949 666 Sui limiti dell'accesso nei procedimenti di appalto cfr. T.Rossi, I limiti dell'accesso civico generalizzato nei procedimenti di appalto delle Pubbliche Amministrazioni, in lamministrativista.it, 3 maggio 2019, nota a Tar Milano – sez IV-11 gennaio 2019 n. 45 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 185 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ prontamente, specie nel settore degli appalti pubblici, per accedere ai documenti relativi al provvedimento lesivo”.667 In applicazione dei principi appena esposti, nella fattispecie al vaglio del Tar salentino, i motivi aggiunti proposti dalla ricorrente sarebbero stati più che tempestivi: dal termine di trenta giorni decorrente dall’accesso agli atti (intervenuto il 15 luglio 2019), non andrebbe, infatti, sottratto nulla, nemmeno un giorno, visto che la Determina Dirigenziale del Comune di aggiudicazione definitiva, pubblicata il 28/05/2019, è stata trasmessa via pec il 29/05/2019 ed essendo illeggibile ritrasmessa, finalmente visibile, il 31/05/2019, quindi la proposizione dell’istanza di accesso ex art. 22 L.241/90 trasmessa via pec il 30/5/2019 è avvenuta il primo giorno utile dalla conoscenza del provvedimento lesivo senza che sia intercorso vanamente nemmeno un giorno, lasciando integri i trenta giorni a disposizione per la proposizione dei motivi aggiunti che sono stati proposti il 31 luglio 2019 quindi più che tempestivamente. Al fine di valutare la tempestività del ricorso e, di conseguenza, dei motivi aggiunti, il giudice amministrativo pone particolare importanza alla condotta, spesso dilatoria, tenuta dalla s.a.. Come ha osservato, sul punto, il Consiglio di Stato nella pronuncia del 31 ottobre 2018, n. 6187 “L'art. 79 cit., al comma 5, impone alla stazione appaltante di comunicare l'aggiudicazione definitiva, tra gli altri, all'aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un'offerta ammessa in gara tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni. (…) In caso di proposizione del ricorso introduttivo del giudizio avverso l’aggiudicazione oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., pertanto, occorre verificare, per la tempestività del ricorso, se la comunicazione dell’aggiudicazione fosse completa; qualora sia incompleta, se la parte interessata abbia presentato tempestiva istanza di accesso ai documenti per acquisire gli elementi necessari all’impugnazione; in caso di tempestiva istanza, quale condotta abbia tenuto l’amministrazione ovvero se essa abbia fornito o meno un accesso completo e in tempo debito”668 Laddove, quindi, l’amministrazione abbia tenuto una condotta dilatoria, la giurisprudenza perviene alla conclusione che il termine di impugnazione debba differirsi del tempo necessario all’acquisizione della documentazione richiesta con l’istanza di accesso. In tal senso si è pronunciato di recente il Consiglio. di Stato, sez.V, 03 aprile 2019, n. 2190 affermando testualmente che “Dei predetti principi va fatta applicazione nell’odierno giudizio: è pacifico tra le parti che la comunicazione di aggiudicazione fosse incompleta e, che, dunque, l’A.t.i. ricorrente avesse necessità di accedere ai documenti componenti l’offerta tecnica dell’aggiudicataria per proporre motivata impugnazione [...] Risulta dagli atti di causa che l’istanza di accesso ai documenti amministrativi è stata tempestivamente proposta poiché presentata il giorno stesso in cui era ricevuta comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione […] allo stesso modo è provato che l’amministrazione ha consentito l’accesso ai documenti 667 TAR Sicilia, II, 16 ottobre 2019, n. 2404 che precisa “Il Collegio, dunque, ritiene che la questione possa essere risolta nei seguenti termini. Il termine di trenta giorni di cui al citato comma 5 opera senza deroghe con riferimento al provvedimento di aggiudicazione definitiva, che il concorrente dovrà impugnare con il ricorso introduttivo; quanto ai motivi aggiunti, con i quali far valere vizi ulteriori degli atti di gara, il termine in questione deve decorrere dalla conoscenza di tali atti, che siano resi disponibili dalla stazione appaltante. Da tale termine, tuttavia, va sottratto il tempo intercorrente tra la conoscenza dell’atto lesivo (provvedimento di aggiudicazione definitiva) e la proposizione dell’istanza di accesso di accesso agli atti: il tempo che il privato abbia impiegato per l’esercizio del diritto di accesso, invero, non può valere quale immotivata proroga del termine di legge.” 668 Cons. Stato, 31 ottobre 2018, n. 6187. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 186 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ solamente [...] dopo quasi trenta giorni dalla presentazione dell’istanza e in seguito alla presentazione di due solleciti.”669 Non v'é ombra di dubbio, quindi, che univocamente la giurisprudenza abbia ritenuto necessario aumentare il termine di trenta giorni, legislativamente previsti, per ricorrere o proporre motivi aggiunti, senza pervenire alla medesima unitarietà in ordine al numero di giorni da incrementare. Venuto meno quello di dieci giorni, a parere di chi scrive, immotivatamente utilizzato, come già riferito, anche dopo l’entrata in vigore del vigente codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 50 del 2016, si è ritenuto di portare i vecchi dieci giorni a quindici, poiché quindici sono i giorni previsti dal secondo comma dell'art.76 come termine massimo per la s.a. per rispondere alla richiesta scritta dell'offerente o del candidato interessato che chieda informazioni. Questo termine non convince assolutamente. Anzitutto perché un termine previsto dal Legislatore a carico della stazione appaltante e, ponendolo tout court a carico del ricorrente, diventa nei suoi confronti pregiudizievole e premiante rispetto le s.a. meno diligenti. Vero è, infatti, che laddove l'amministrazione fosse ligia ed ossequiosa al proprio obbligo di compiutezza delle informazioni congiunte alla notizia della aggiudicazione, il ricorrente avrebbe trenta giorni per esercitare con piena effettività il proprio diritto di difesa; laddove, invece, come pare esser accaduto nella fattispecie in commento, avesse serbato un ostinato ostracismo all'accesso, il ricorrente, consumati inutilmente i trenta giorni in un ricorso al buio, utile solo a non prestare acquiescenza all'altrui aggiudicazione, avrebbe solo quindici giorni a disposizione. Ovviamente quanto precede non nel caso in cui la richiesta di informazioni sia avvenuta e soprattutto sia stata concessa ex art. 76 del cpa. Avrebbe fatto più piacere, quindi, dipanare per sempre e definitivamente ogni dubbio in ordine ai rapporti tra qualificazione della richiesta e termini per la proposizione dei motivi aggiunti ma tanto non appare esser stata una esigenza del Tar remittente. Convince, invece, la soluzione del TAR Sicilia, II, 16 ottobre 2019, n. 2404, equilibrata nella ripartizione delle conseguenze a carico del ricorrente, nella considerazione del termine utilizzato per proporre l'accesso, e delle s.a., nello spatium delibandi per la sua ostensione, ma ritenuta dal Tar Lecce “minoritaria” soprattutto perché passata in giudicato in assenza del vaglio dei giudici di Palazzo Spada. Nell'ordinanza, quindi, pare non esser stato dato sufficiente risalto alla qualificazione dell'accesso richiesto dalla ricorrente e alle problematiche connesse. La qualificazione dell'istanza di accesso operata dall'istante assume, infatti, un'importanza fondamentale in relazione alle conseguenza di tale qualificazione comporta come ha avuto modo di evidenziare il Consiglio di Stato, sez.V, nella recente pronuncia del 20 aprile 2019, n.1817 nella quale chiarisce che: “ la coesistenza di più modelli legali di accesso comporta una prima conseguenza, di ordine procedurale, ed anche processuale, concernente la qualificazione dell'istanza di accesso, in prima battuta, da parte dell'amministrazione interpellata e, quindi, da parte del giudice chiamato a pronunciarsi sul diniego o sul silenzio. Nel caso in cui l'opzione dell'istante sia espressa per un determinato modello, resta precluso alla pubblica amministrazione - fermi i presupposti di accoglibilità dell'istanza - di diversamente qualificare l'istanza stessa al fine di individuare la disciplina applicabile; in correlazione, l'opzione preclude al privato istante la conversione in sede di riesame o di ricorso giurisdizionale (cfr., per l'inammissibilità dell'immutazione in corso di causa dell'actio ad exhibendum, pena la 669 Così Cons. di Stato,V, 03 aprile 2019, n. 2190. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 187 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ violazione del divieto di mutatio libelli e di ius novorum (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 28/03/2017, n.1406)”670. Nel caso che ci occupa, in data 30.05.2019 la ricorrente nella sua istanza di accesso ha formalizzato un riferimento esplicito alle disposizioni normative di cui all'art. 22 della L.241 del 1990 e dell'art. 53, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Ne discende quindi, che l'istante ha qualificato formalmente il diritto di accesso che stava esercitando come accesso “ordinario” agli atti di gara (ex art.li 22 della L.241 del 1990 e 53, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), e non invece, come accesso “ semplificato” di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50 cit.. Pertanto, in disparte dalla appena riferita assoluta intangibilità della qualificazione dell'esercizio del proprio diritto effettuata dall'interessato, quella medesima qualificazione è stata riconosciuta dalla stessa stazione appaltante che si è ben guardata dal concedere nessuno degli accessi richiesti nel termine di 15 giorni. L'Amministrazione resistente, quindi, non ha mai dimostrato di voler consentire un accesso del tutto deformalizzato e semplificato. Anzi ha ostacolato in ogni modo l'esercizio del diritto tracimando ben oltre il solco tracciato dalla L.241/90. Sul punto vale la pena di richiamare una pronuncia del Consiglio di Stato che ha affrontato la questione della tempestività dei motivi aggiunti, qualora la possibilità di conoscere i contenuti dell’offerta (e prospettare i vizi della relativa valutazione) sia derivata soltanto dall’accesso agli atti assicurato dall’art. 79 del d.lgs. 163/2006. Nel solco dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (cfr. in particolare, la sentenza 8 maggio 2014, in C-161/13), il Consiglio di Stato ha affermato i seguenti principi: - il termine di trenta giorni per l'impugnazione del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione di cui all’art. 79, comma 5, del d.lgs. 163/2006, ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall'aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell'atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione (cfr. Cons. Stato, V, n. 592/2017): - poiché detta disposizione consente la visione ed estrazione di copia dei documenti di gara entro dieci giorni dalla comunicazione, il termine per l'impugnazione può essere prorogato al massimo di dieci giorni rispetto a quello decorrente dalla comunicazione (e deve essere correlativamente ridotto nelle ipotesi in cui, effettuato l'accesso agli atti della gara, la relativa documentazione sia stata resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni); - se la parte ha già proposto ricorso avverso l'aggiudicazione, può proporre motivi aggiunti, ai sensi dell'art. 43, cod. proc. amm., nell'ulteriore termine, che può essere al massimo di dieci giorni, per vizi rilevati dagli atti successivamente conosciuti attraverso l'accesso agli atti; - inoltre (cfr. Cons. Stato, III, n. 3308/2016), qualora la stazione appaltante rifiuti illegittimamente di consentire l'accesso, il termine non inizia a decorrere e il potere di impugnare non si “consuma”, in quanto il termine di impugnazione comincia a decorrere solo a partire dal momento in cui l'interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura (cfr. Cons. Stato, V, n. 4144/2015; III, n. 5121/2011); in altri termini, in caso di comunicazione omessa o incompleta, la conoscenza utile ai fini decorrenza di quel termine coincide con la cognizione comunque acquisita degli elementi oggetto della comunicazione (cfr. Cons. Stato, III, n. 25/2015), eventualmente acquisita in sede di accesso, senza che sia necessaria l'estrazione delle relative copie (cfr. Cons. Stato, V, n. 1250/2014). 670 Così Cons. di Stato ,V, 20 aprile 2019, n.1817. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 188 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Alla luce dei principi testè riportati il Supremo Collegio conclude nel senso che “ anche nel caso in esame la comunicazione dell’aggiudicazione non indicava “le caratteristiche e i vantaggi dell'offerta selezionata”, e nel verbale conclusivo della verifica di congruità dell’offerta è stata sì esternata la valutazione effettuata, ma in relazione ad una descrizione dei contenuti dell’offerta sintetica e parziale. Così da rendere necessario l’accesso agli atti da parte di SO.GE.SI., rispetto al quale la stazione appaltante ha ritenuto di applicare la procedura ordinaria di cui agli artt. 22 e ss. della legge 241/1990 e non, invece, quella accelerata e semplificata prevista dall'art. 79, comma 5quater, del d.lgs. 163/2006. Tale scelta ha comportato il superamento del termine di quaranta giorni (trenta giorni ordinari cui si aggiungono i dieci per l'accesso), che deve ritenersi imputabile alla stazione appaltante, e pertanto idoneo a rendere tempestivi i motivi aggiunti.”. 671 Non v'è chi non veda, quindi, come il particolare rito accelerato previsto per gli appalti debba comunque essere letto in combinato disposto con le norme regolatrici del diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici i cui limiti oggettivi del diritto sono espressamente perimetrati mediante il rinvio agli artt. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, quindi, mediante la fissazione delle deroghe del comma 2 (che elenca ipotesi di mero differimento) e del comma 5 (che elenca diverse ipotesi di esclusione assoluta ed un’ipotesi di esclusione relativa – quest’ultima dovuta all’eccezione alla lettera “a” posta dal comma 6). Laddove, pertanto, l'istante abbia specificatamente qualificato la propria istanza di accesso come proposta ai sensi e per gli effetti dell'art. 22 e seguenti della l.241/90, ne consegue che il richiamo testuale alla disciplina testè richiamata vada inteso come “rinvio alle condizioni, modalità e limiti fissati dalla normativa in tema di accesso documentale, che devono sussistere ed operare perché possa essere esercitato il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.”672 Del resto la proponibilità dell'istanza di accesso ex art. 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241 anche nell'ambito delle gare ed in riferimento a segreti tecnici o commerciali è stato di recente espressamente previsto dal Tar Molise nella sentenza n. 332/2019: “tratti di specialità rispetto alla disciplina generale di cui agli artt. 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevede che l’accesso agli atti della gara sia azionabile anche relativamente alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali, laddove sia finalizzato alla difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto; ne consegue, quindi, che la prevalenza del diritto a conoscere atti ed informazioni concernenti segreti tecnici e /o commerciali deve essere riconosciuta proprio nei casi in cui l’istante ricorra avverso gli atti della procedura di gara; invero la partecipazione alle gare di appalto pubbliche comporta l’accettazione implicita da parte del concorrente delle regole di trasparenza ed imparzialità che caratterizzano la selezione, fermo restando l’obbligo tassativo per il richiedente l’accesso di utilizzare i documenti acquisiti esclusivamente per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici”673 Alla luce delle considerazioni sin qui esposte risulta evidente come, nonostante più di qualche precedente, finanche euro unitario, il Tar Lecce abbia ritenuto esser arrivato il momento di devolvere la questione al vaglio della Corte Costituzionale, sicuramente interpretando l'esigenza di una pronuncia certa che non sia affidata di volta in volta 671 Cfr. testualmente, Cons. Stato, III, 06/03/2019, n. 1540 cit. Cfr. testualmente, Cons. Stato, V, 02/08/2019, n. 5503. 673 T.A.R. Campobasso, (Molise) sez. I, 10/10/2019, n.332. 672 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 189 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ agli equilibrismi ermeneutici del collegio chiamato a risolvere il caso concreto, ma che, nella perdurante inerzia del Legislatore, si esprima definitivamente su una questione così rilevante e di primaria importanza nel quotidiano esercizio di diritti costituzionalmente garantiti. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 190 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ IL RAPPORTO DI PRIMAZIA DEI PIANI PAESAGGISTICI Nota in commento a Consiglio di Stato, n. 1355/2020. Agostino Sola Abstract [IT] Con il presente contributo si intende osservare il fenomeno della primazia dei piani paesaggistici nel rapporto con gli altri strumenti di governo del territorio, funzionale all’applicazione del principio di salvaguardia e tutela dinamica del paesaggio. [EN] The aim of this paper is to observe the phenomenon of primacy of landscape plans in the relationship with the other instruments of government of the territory, functional to the application of the principle of safeguard and dynamic protection of the landscape. SOMMARIO: 1. Primazia dei piani paesaggistici: precettività, adeguamento e salvaguardia; - 2. Tra gerarchia e competenza: rapporti tra le previsioni delle amministrazioni di settore; - 3. Il coordinamento del piano paesaggistico con gli altri strumenti di pianificazione territoriale. 1. Primazia dei piani paesaggistici: precettività, adeguamento e salvaguardia. La sentenza in commento offre importanti spunti per affrontare il tema della primazia dei piani paesaggistici rispetto agli altri strumenti di governo del territorio. Il principio di primazia degli strumenti di pianificazione e di controllo funzionali alla tutela degli interessi di conservazione dell'ambiente e del paesaggio è stato, sin dalle prime formulazioni legislative in materia, via via declinato dalla giurisprudenza di ogni grado: già ai tempi della legge Galasso ai piani paesistici (oggi paesaggistici) era ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 191 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ devoluta la funzione di dettare norme minime, inderogabili dai piani urbanistici di qualsiasi livello, volte alla salvaguardia dei beni vincolati e nei confronti di qualsiasi attività umana, anche diversa da quella puramente edilizia. In particolar modo, si deve ritenere che tale principio sia preordinato ad assicurare una salvaguardia del paesaggio di tipo dinamico che non tenga conto delle eventuali modifiche della pianificazione urbanistica preesistente ma che possa anche prevedere il coordinamento di interventi di miglioramento della situazione anche mediante il recupero di aree degradate ricomprese fra quelle da conservare.674 Il principio di prevalenza dei piani paesaggistici, espresso dall’art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) deve intendersi operante anche nei confronti delle disposizioni previste negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale delle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette, né tantomeno sono suscettibili di deroga da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico. In materia, la Corte Costituzionale ha affermato, in una nota sentenza, la n. 367/2007, la rilevanza del valore primario e assoluto del paesaggio 675, in grado, per queste sue proprietà di sovrapporsi e prevalere rispetto alle pianificazioni urbanistiche ed è in siffatta più ampia prospettiva che, dunque, si colloca il principio della gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall'art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004, che, al tempo stesso, è considerata norma interposta in riferimento all'art. 117 Cost. in materia di "conservazione ambientale e paesaggistica" ed esprime un principio fondamentale in materia di "governo del territorio" è valorizzazione dei beni culturali e ambientali676. Proprio in virtù di tale pacifica giurisprudenza677, la disciplina unitaria di tutela del bene ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni e dalle Province autonome, in materia di competenza propria, che riguardano l’utilizzazione dell’ambiente e, quindi, altri interessi ed in tale contesto è indubbia l’assoluta prevalenza del piano paesaggistico sugli altri strumenti di regolazione del territorio, avendo funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela, che non può essere subordinata a scelte di tipo urbanistico, anche di tipo premiale, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale. Un altro principio vigente in materia attiene alla salvaguardia dei valori tutelati di cui si è già visto in tema di pianificazione urbanistica con la previsione delle misure minime ed inderogabili volte alla tutela del processo di ordinata urbanizzazione; simile ideologia si cela dietro la previsione che, nelle more dell’approvazione dei piani paesaggistici, gli stessi possano prevedere ulteriori misure di salvaguardia per la garanzia degli interessi che sono chiamati a tutelare, in modo tale da evitare una 674 TAR Lazio, sez. I, sent. n. 1270/1989. La sentenza n. 367/2007 della Corte Costituzionale richiama nella definizione del paesaggio quale valore “primario” alle sentenze n. 151/1986 e n. 182 e n. 183 del 2006, ed anche “assoluto”, se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641/1987). 676 Corte Costituzionale, sent. n. 180/2008. 675 677 Ma si vedano anche Corte Cost., sent. n. 108/2008; Cons. Stato, sez VI, n.371/2011; Cons. Stato, sez IV, sent. n. 4244/2010; Cons. Stato, sez VI, sent. n. 5459/2009. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 192 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ carenza effettiva di tutela dal momento dell'adozione e fino all'approvazione dello stesso. 2. Tra gerarchia e competenza: rapporti tra le previsioni delle amministrazioni di settore. La primazia dei piani paesaggistici si esplica esclusivamente per quanto attiene al paesaggio, ed è configurata, anche in base alla giurisprudenza costituzionale 678, una prevalenza settoriale e non generale. Per quanto riguarda, invece, la possibilità di prevedere limiti e vincoli più stringenti rispetto a quanto previsto dalla disciplina del piano paesaggistico occorre distinguere tra gli strumenti urbanistici e i piani di settore. A proposito degli strumenti urbanistici, nella nuova formulazione 679 del citato art. 145 manca il riferimento alla possibilità di introdurre in tali strumenti ulteriori previsioni conformative che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, possano risultare utili ad assicurare l'ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dai piani territoriali; in tal modo è venuto meno il meccanismo della “doppia tutela” e la possibilità di introdurre misure di salvaguardia dei valori paesaggistici diverse da quelle predisposte nei piani di riferimento. Quanto attiene, invece, alle tutele specifiche in tema ambientale, così come definite dai piani di settore, trovano un ruolo di primo piano le linee guida nazionali espresse nelle sedi preposte al fine di stabilire i criteri di soluzioni delle antinomie. Correntemente il criterio adottato è quello di preferire la specialità dei vincoli di settore rispetto al piano paesaggistico, tuttavia, in tal modo, però, si ammette la possibilità che ciascun piano sia astrattamente in grado di paralizzare quanto previsto dagli altri piani in virtù della primazia degli interessi in esame, i quali, se assoluti, non ammettono limitazioni di sorta alcuna. La dottrina 680, a questa impasse offre due soluzioni: la prima è la reductio ad unum mediante armonizzazione dei diversi modelli di tutela settoriali nella valutazione ambientale strategica, dalla quale secondo parte della giurisprudenza amministrativa 681 sono esenti i piani paesaggistici che diventerebbero quindi fulcro della gestione di tutti gli interessi di natura ambientale e paesaggistica presenti sul territorio; la seconda soluzione discenda dall’impossibilità di graduare i valori della tutela ambientale, in quanto tutti primari e assoluti, e quindi si propone di risolvere le antinomie facendo ricorso al criterio cronologico. Qualora, infatti, le previsioni di due distinti specifici 678 Corte Costituzionale, sentt n. 367/2010 e 193/2010. Secondo le modifiche apportate al Codice dei beni culturali e del paesaggio dal d.lgs. n. 63/2008. 680 Gianluca Conti, Art. 145 in Gianluca Famiglietti e Nicola Pignatelli (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio: annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, Roma, NELDIRITTO EDITORE, 2015 681 TAR Sicilia, Catania, sez. II, sent. 1481/2014 secondo la quale il piano paesaggistico, limitandosi a tutelare l'ambiente nel suo aspetto visivo, non interferisce sugli ulteriori profili in cui si sostanzia la complessa nozione di ambiente, e per questo motivo non resta soggetto alla procedura di valutazione ambientale strategica; richiamando la giurisprudenza consolidata già in TAR Sicilia, Catania, sez. II, n. 2111/2013; C.G.A. Sicilia, sez. giurisd., n. 811/2012, per la quale “il piano paesaggistico, pur essendo uno strumento di programmazione, non soggiace a VAS, non perché sia, o non, fuori dal campo di applicazione della relativa disciplina, ma solo perché esso fissa il parametro di validità e di validazione di tutti i piani e programmi che devono esser sottoposti alla VAS stessa, essendo a loro volta obbligati dalla legge a proporre soluzioni di sviluppo sostenibile a salvaguardia dell'ambiente e del patrimonio culturale”. 679 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 193 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ strumenti di tutela ambientale hanno efficacia sulla medesima porzione di territorio, si rende necessario operare un coordinamento delle discipline simultaneo e cumulativo, che spesso si risolve nella prevalenza di uno a discapito dell’altro. La soluzione ottimale sarebbe, ovviamente, una in cui non ci fosse bisogno di ricorrere a criteri di soluzione delle antinomie tra strumenti di pianificazione ma nella prassi, anche se in teoria sarebbe così, ciò spesso non accade; per ridurre però al minimo tali evenienze, lo stesso art. 134 del Codice predispone che, nella redazione dei piani paesaggistici, la ricognizione dei vincoli già esistenti, al fine di garantire una tutela unitaria e coordinata sul territorio; ma è anche ben noto come, in fase di pianificazione, sia facile travalicare i confini posti dal legislatore nazionale e/o regionale. Quanto attiene, invece, al rapporto con le aree naturali protette, inizialmente, secondo giurisprudenza costante e ai sensi dell’art. 25 della legge n. 394/1991, si riteneva che il piano per il parco avesse valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e che fosse quindi in grado di sostituire i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello; tale previsione lasciava intendere come tale strumento, nelle zone di competenza, fosse prevalente e sovraordinato rispetto agli strumenti di pianificazione regionale a finalità ambientale. Con l’avvento del Codice dei beni culturali e del paesaggio e le successive modifiche integrative, però, il rapporto con gli strumenti di pianificazione settoriale a tutela degli interessi specifici si è ribaltato: i piani paesaggistici, infatti, sono suscettibili di dettare disposizioni prevalenti rispetto a quanto previsto dalle normative settoriali tra le quali sono espressamente citate le aree naturali protette. Ciò nonostante l’art. 145 delimita l’area di prevalenza alle disposizioni attinenti alla tutela del paesaggio, risultando escluse da questo vincolo gerarchico tutte le prescrizioni dei piani parco non aventi finalità specifica di tutela del paesaggio, in quanto, si ricordi, orientati alla tutela dei valori ambientali e naturali presenti. Ed infatti, in un quadro di tutele parallele di interessi differenziati, i beni paesaggistici sono una specie del più ampio genere dei beni culturali. La tutela dell’ambiente invece mira a garantire la conservazione di caratteri fisici, chimici e biologici delle matrici ambientali -terra, aria, acqua- al fine di sorreggere dei vari ecosistemi. Tale cambio di rotta del legislatore va inteso nella volontà di dare una tutela unitaria e complessiva del territorio regionale da attuarsi attraverso la conformazione degli strumenti specifici di tutela delle aree protette agli strumenti sovraordinati; tuttavia si potrebbe opinare come, in una tale impostazione, viene meno una visione congiunta dei profili paesaggistici e naturalistici, che, invece, sarebbe pienamente considerata laddove siano i piani per il parco a disciplinarsi autonomamente. Tale concezione, però, stante l’inerzia del legislatore statale nella previsione delle intese che avrebbero portato all’adozione congiunta degli strumenti di pianificazione paesaggistica, non assume un ruolo decisivo nelle concrete esperienze attuali dove questi strumenti di pianificazione tendono ad una visione unitaria e collegata, utilizzando nella fase istruttoria quanto già previsto nell’uno per la disciplina ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 194 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ dell’altro strumento, ed indubbiamente i rapporti di prevalenza e specialità sono, in concreto, stabiliti di volta in volta nelle disposizioni di tali strumenti.682 3. Il coordinamento del piano paesaggistico con gli altri strumenti di pianificazione territoriale. In tema di coordinamento tra la pianificazione paesaggistica e gli altri strumenti di governo del territorio, si prevede espressamente dall’art. 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio che le disposizioni dei piani paesaggistici siano prevalenti sugli altri strumenti di regolazione del territorio, avendo il medesimo la funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela, che non possono essere subordinati a scelte di tipo urbanistico683. Nella materia della pianificazione del territorio con la nozione di coordinamento si intendono soprattutto gli omonimi piani che determinano gli indirizzi generali di assetto del territorio e orientano e coordinano l'attività urbanistica stabilendo le direttive da seguire nel territorio considerato. Nel caso dei piani territoriali a vocazione generale il coordinamento riguarda una dimensione di organizzazione e funzionalizzazione: il rapporto tra il piano territoriale di coordinamento statale ed i piani comunali è stato posto a base di una ricostruzione del sistema urbanistico connotato dal principio di gerarchia, non solo tra piani ma anche tra soggetti pubblici, in particolare Stato e comuni, ed in termini funzionali di coordinamento tra interessi. Quando però il rapporto non intercorre tra atti di pianificazione a contenuto generale, perché l'interesse è specifico, il carattere funzionale del coordinamento è ancora più evidente: in questi casi, infatti, l'interesse di settore è per così dire trasversale, quale nel nostro caso è il paesaggio, ed il suo porsi come misura di coordinamento nei confronti di altri interessi prescinde da rapporti di gerarchia tra atti o tra soggetti, come stabilito dallo stesso Codice in materia di cooperazione tra amministrazioni pubbliche per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio.684 La questione posta dalla dottrina in merito alla portata generale ovvero specifica del piano paesaggistico porta a grandi e differenti conclusioni: il percorso ermeneutico è partito dalla considerazione che, ai sensi dell’art. 145 del Codice, la pianificazione paesaggistica può avere portata generale ed estendersi sui vari territori regionali. Il fulcro di differenziazione e coordinamento, dunque, si trova nell’interesse tutelato: la tutela del paesaggio deve prevalere sugli altri strumenti urbanistici. Anche nella lettera della norma si ribadisce esplicitamente l’inderogabilità delle previsioni dei piani paesaggistici da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, oltre ad essere cogenti per gli strumenti urbanistici degli enti territoriali ed 682 Sandro Amorosino, I rapporti tra i piani dei parchi e piani paesaggistici, in Maria Immordino e Nicola Gullo (a cura di), Sviluppo sostenibile e regime giuridico dei parchi, Napoli, Editoriale scientifica, 2006 683 TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. n. 4617/2013. 684 Stefano Matteucci Civitarese, La pianificazione paesaggistica: il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione, in www.aedon.mulino.it, n. 3/2005. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 195 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi dagli stessi eventualmente contenute. La giurisprudenza685, però, ha rilevato che il terzo comma dell’articolo 145 del d. lgs. n.42/2004 sancisce la prevalenza immediata delle norme dei piani paesaggistici su quelle degli strumenti urbanistici, ma i piani cui si riferisce sono quelli che saranno adottati o conformati dopo la sua vigenza. Il percorso ermeneutico a sostegno di tale tesi si evincerebbe, sul piano logico-formale, dal riferimento ai nuovi piani con il richiamo all’art. 143 e a quelli già in vigore con l’art. 156, ed è solo per questi ultimi che viene delineato il procedimento di conformazione alle nuove disposizioni. Del resto, sul piano sistematico e sostanziale, sarebbe illogico immaginare che una norma sopravvenuta possa attribuire alla disciplina pianificatoria preesistente effetti ulteriori e più cogenti di quelli previsti tanto dalla disciplina stessa, quanto dalle norme generali vigenti che attribuiscono alla pianificazione paesistica e territoriale un’efficacia essenzialmente conformativa686 e non immediatamente prevalente687. Il principio dell’immediata prevalenza degli strumenti di tutela paesaggistica, si attua, dunque, nei confronti degli strumenti urbanistici non ancora adottati. Il piano paesaggistico risulta essere, dunque, un provvedimento sovraordinato ed in grado di coordinare gli altri atti pianificatori, essendo stato affidato ad essi il compito di dettare una specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale. Tale processo è stato portato a compimento nel Codice dei beni culturali e del paesaggio con il quale si prevede che la tutela del paesaggio abbia una portata generale e comunque una decisiva prevalenza di valore rispetto alla pianificazione urbanistica, sull'intero territorio, venendo quindi a disciplinare anche immobili non soggetti a vincolo paesaggistico. All'interno di questo quadro si collocano le previsioni normative che stabiliscono che i piani paesaggistici dettino misure di coordinamento con gli strumenti di pianificazione territoriale di settore, nonché con gli strumenti regionali e territoriali per lo sviluppo economico; è coerente con tale impostazione la previsione del piano ambientale che imponga agli strumenti urbanistici sottostanti di prevedere un intervento concertativo della Soprintendenza nella fase della progettazione di un piano attuativo di iniziativa privata.688 Ma il coordinamento con gli altri strumenti di gestione del territorio non si sostanzia esclusivamente nell’imposizione di vincoli e limiti che paralizzino le attività economicosociali in virtù della tutela paesaggistica ma è rivolta alla proposizione di progetti e attività di incentivazione e recupero dei valori ambientali, anche ai sensi della Convenzione europea del paesaggio che vede una pianificazione in grado di aggiungere utilità e prospettive di sviluppo. E per il raggiungimento di tali obiettivi, è indubbio che i contenuti dei piani paesaggistici siano prevalenti, nelle forme espresse pocanzi, sugli strumenti urbanistici che sono tenuti a conformarvisi. Da un punto di vista dei rapporti tra i poteri pubblici, in specie Stato e Regioni questa impostazione alternativa si presta - ancora una volta - ad una lettura duale. Per un 685 TAR Umbria, Perugia, Sez. I, sent. n. 402/2006. Ci si riferisce, nello specifico, all’ art. 150 del D. Lgs. n. 490/1999 che prevede la conformazione dei piani regolatori generali e degli altri strumenti urbanistici alle previsioni dei piani territoriali paesistici e dei piani urbanistico-territoriali. 687 TAR Umbria, Perugia, Sez. I, sent. n. 402/2006. 688 Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 4244/2010, commento di Giancarlo Montedoro, in www.aedon.mulino.it, n. 3/2010. 686 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 196 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ verso, infatti, attraverso l'urbanistica le Regioni hanno la possibilità ultima di definire e conformare il proprio territorio; per altro verso, tuttavia, potrebbe anche dirsi il contrario e cioè che sia lo Stato a definire il territorio regionale, e quindi nazionale, attraverso il paesaggio, visto che la pianificazione paesaggistica, conferita alle Regioni, deve assoggettarsi alle direttive del Ministero nella funzione di dettare le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale già prevista nel decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ma finora senza trovare grande applicazione. Nella realtà, però, si assiste ad una progressiva perdita di potere e autonomia degli enti locali in tema di pianificazione urbanistica – la cd. depianificazione - in quanto le disposizioni paesaggistiche sono sviluppate in maniera così dettagliata da non rendersi necessario, o spesso possibile, un successivo intervento comunale, diventando, dunque, da guida nella pianificazione a sostituto della stessa. Senza dimenticare che sono leggi statali a porre le linee guida in tema di pianificazione paesaggistica, e che, se si ampliano i confini della stessa a discapito della disciplina degli enti territoriali, il potere dello Stato si estende a tal punto da controllare e disciplinare indirettamente ma completamente il governo del territorio. Tale timore è ulteriormente rafforzato dalla possibilità per i piani paesaggistici di essere immediatamente vincolanti anche nei confronti dei privati. Nonostante le limitate possibilità previste nel Codice, la fase di attuazione, riservata agli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, dovrebbe prevedere interventi specifici ed azioni concrete finalizzati alla riqualificazione e gestione ottimale del paesaggio, nel rispetto delle linee guida regionali, senza snaturarsi in una mera esecuzione degli strumenti di tutela del paesaggio ma, anzi, estendendone e valorizzandone la tutela.689 Mentre è pacifico che il Codice dei beni culturali e del paesaggio ribadisca la prevalenza gerarchica del piano paesaggistico sugli strumenti di pianificazione provinciale e comunale, si sottolinea come l’art. 145 attribuisca ai Comuni una funzione ulteriore: quella di completare, alla luce delle caratteristiche del territorio, le previsioni conformative dettate dalla Regione, laddove siano limitate a tratteggiare per ampie linee prescrizioni ed indirizzi. È, dunque, una funzione che consente una corretta lettura del principio di sussidiarietà, assicurando una disciplina conformativa più aderente all’effettivo stato dei luoghi, purché non si realizzi un eccesso di funzioni, come, ad esempio, sarebbe la puntuale individuazione degli immobili e delle aree oggetto di nuova tutela690. Inoltre, la Corte Costituzionale ha avuto modo di riaffermare691 che i rapporti tra i due strumenti sono improntati ad un modello rigidamente gerarchico, che è espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni paesaggistici sull’intero territorio nazionale che superi la pluralità degli interventi delle amministrazioni locali. In base a tale impostazione, riprendendo l’esempio effettuato in 689 Francesco Magnosi, Sulla preminenza del piano paesaggistico sugli altri strumenti di pianificazione territoriale, in www.pausania.it, 2011. 690 Ai sensi dell’art. 134 lett. C, con il quale si prevede la possibilità di tutelare aree e beni immobili secondo la disciplina paesaggistica attraverso l’inserimento nel piano di specie. 691 Corte Costituzionale, sent. n. 182/2006. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 197 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ precedenza692, alla Regione spetta non solo il compito di tipizzare, ma anche individuare in modo puntuale ed inequivoco gli immobili o le aree da sottoporre a specifica disciplina di salvaguardia e di utilizzazione, con la conseguenza che, laddove il piano non abbia completato tali imprescindibili operazioni, poste a garanzia della certezza dei limiti all’uso dei beni, le relative previsioni, al di là della qualificazione datane nel provvedimento, non possono che assumere la funzione di mera ricognizione, di analisi, di indicazione per ulteriori previsioni conformative dei valori paesaggistici riservate all’autonomia dei Comuni. Il potere conformativo dei Comuni su specifici beni non può, quindi, che riferirsi a quelli cui sia stata previamente riconosciuta la specifica qualificazione paesaggistica dalla fonte gerarchicamente sovraordinata, salvo che non sia la stessa Regione a prevedere una sorta di flessibilità per categorie meno rilevanti, con previsioni di salvaguardia fino all’ adeguamento.693 Si segnala però l’esempio virtuoso della Regione Sardegna, la quale ha previsto ha previsto nel proprio piano paesaggistico694 delle apposite intese tra enti locali, e quindi Comuni, Province e Regione, per la definizione delle azioni strategiche necessarie per le trasformazioni e il recupero urbanistico del territorio nell’attuazione dello stesso piano paesaggistico695. Si veda sentenza massimata e per esteso su www.AmbienteDiritto.it: CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 24 febbraio 2020, n. 1355 692 Nel caso di specie, era oggetto di una sentenza del TAR Sardegna, Cagliari, la n. 2241/2007, richiamando quanto stabilito nelle pronunce dello stesso tribunale, le nn. 1807/2007, 1810/2007 e 1811/2007. 693 Così in TAR Sardegna, Cagliari, sent. n. 2241/2007. 694 Approvato con Deliberazione di Giunta Regionale n. 36/7 del 5 settembre 2006. 695 Ai sensi dell’art. 11 delle norme tecniche di attuazione (n.t.a) l’intesa diviene strumento di attuazione, essendo orientata alla definizioni di azioni strategiche preordinate a disciplinare le trasformazioni ed il recupero urbanistico del territorio in attuazione delle previsioni del piano paesaggistico regionale; tali intese orientano gli interventi ammissibili verso obiettivi di qualità paesaggistica basati sul riconoscimento delle valenze storico culturali, ambientali e percettive dei luoghi. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 198 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ OSSERVATORIO DI GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE A cura di: Chiara Ingenito e Agatino Sola Corte costituzionale, sentenza 13 febbraio 2020, n. 16 resa nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 17; 20; 22, commi 3, 4, 14 e 15; 23; 69, comma 2, e 82 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 10-16 luglio 2018, depositato in cancelleria il 17 luglio 2018, iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2018. Massima È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., l'art. 69, comma 2, lett. a), della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, che disapplica sul territorio regionale il sistema dei c.d. ambiti territoriali minimi per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, imposto dalla legislazione statale. La disciplina concernente le modalità dell'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è riferibile alla competenza legislativa statale in tema di "tutela della concorrenza", con la conseguenza che allo Stato spetta la disciplina del relativo regime, sia per i profili che incidono in maniera diretta sul mercato, sia per quelli connessi alla gestione unitaria del servizio. La deroga introdotta dalla disposizione impugnata all'art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, come convertito, si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e), poiché comporta un effetto restrittivo sull'assetto competitivo del mercato di riferimento. (Precedenti citati: sentenze n. 119 del 2019, n. 65 del 2019, n. 173 del 2017, n. 93 del 2017, n. 287 del 2016, n. 285 del 2016, n. 160 del 2016, n. 30 del 2016, n. 32 del 2015, n. 165 del 2014, n. 125 del 2014, n. 134 del 2013 e n. 62 del 2012). Sebbene alla Regione Siciliana spetti, ai sensi dell'art. 17, lett. h), dello statuto di autonomia, la competenza legislativa concorrente in materia di servizi pubblici di prevalente interesse regionale, tale potestà deve in ogni caso essere esercitata entro i limiti dei princìpi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato. (Massimario Corte costituzionale, n. 41462) Corte costituzionale, sentenza 6 marzo 2020, n. 40 Resa nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale dell’art. 34 comma 7bis ultimo periodo e art. 38 comma 8 della legge della regione Liguria 1 luglio 1974 n. 29 ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 199 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ (norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio ), promosso dal dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria nel procedimento vertente tra l’Associazione Lega per l’abolizione della caccia Onlus e altri e la Regione Liguria e altri, con ordinanza dell’11 ottobre 2018, iscritta al n. 57 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2019. Massima La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34 comma 7bis, ultimo periodo, della legge della Regione Liguria 1 luglio 1994 n. 29, con cui la Regione Liguria aveva esteso – di mezz’ora – l’orario giornaliero di apertura per la caccia. Ciò in quanto si abbasserebbero i livelli minimi di protezione ambientale stabiliti dal legislatore statale. La stessa Corte ha invece dichiarato non fondata questione di legittimità costituzionale dell’art. 38 comma 8 della reg. Liguria n. 29 del 1994, sollevata in riferimento all’art. 117 secondo comma lettera s) Cost., con cui il cacciatore deve provvedere alla annotazione dei singoli abbattimenti dopo avere accertato l’effettiva uccisione dei relativi esemplari. E ciò in quanto il previo “accertamento” degli abbattimenti non compromette – ed anzi assicura – un più effettivo monitoraggio delle specie oggetto di prelievo venatorio. (Massima di redazione, CI) Corte costituzionale, sentenza 18 marzo 2020, n. 51 Resa nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale dell’art. 1 del decreto legislativo 11 dicembre 2016, n. 239 (Norma di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige recante modifica del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 in materia di prelievo venatorio ), modificativo dell’art. 1, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di minime proprietà colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste ), e dell’art. 24, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 9 dicembre 1991, n. 24 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia ), promosso dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento nel procedimento vertente tra l’Associazione protezione animali natura - Ente provinciale protezione animali e ambiente (PAN - EPPAA) e altri e la Provincia autonoma di Trento, il comitato faunistico della Provincia autonoma di Trento e l’Associazione cacciatori trentini, con ordinanza del 3 agosto 2018, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2018. Massima La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione alla disposizione (art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 279 del 1974, modificato sul punto dall’art. 1 del decreto legislativo n. 239 del 2016) con cui è stato previsto, in deroga alla normativa statale di cui alla legge n. 157 del 1992, che l’esercizio della caccia “in forma vagante” e quello mediante “appostamento fisso” ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 200 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ possano essere congiuntamente ammessi sul territorio della Provincia autonoma di Trento (nonché dell’intero territorio regionale). (Massima di redazione, CI) Corte costituzionale, sentenza 10 aprile 2020, n. 63 resa nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere b) e c), della legge della Regione Veneto 8 febbraio 2019, n. 6 ( Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2 “Addestramento e allenamento dei falchi per l’esercizio venatorio”), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato l’8-12 aprile 2019, depositato in cancelleria il 16 aprile 2019, iscritto al n. 51 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2019 Massima È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., l’art. 1, comma 1, lettera b), della legge della Regione Veneto 8 febbraio 2019, n. 6, che sostituisce l’art. 3, comma 3, della legge della Regione Veneto 20 gennaio 2000, n. 2, nella parte in cui prevede che la Regione possa autorizzare i falconieri “ad addestrare ed allenare i falchi durante l’intero periodo dell’anno, con divieto di cattura di fauna selvatica ”, invece che “con divieto di predazione di fauna selvatica”. La sostituzione del divieto di predazione con il divieto di cattura, infatti, abbassa il livello di tutela dell’ambiente previsto dalla l. n. 157/1992 e, quindi, invade la competenza del legislatore statale. L’esercizio della competenza legislativa regionale, infatti, trova un limite nella disciplina statale della tutela ambientale, salva la facoltà delle Regioni di prescrivere livelli di tutela ambientale più elevati di quelli previsti dallo Stato (cfr. Corte cost. nn. 74/2017 e 7/2019). (Massima di redazione, AL) ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 201 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ CALL DI AMBIENTEDIRITTO.IT EMERGENZA CORONAVIRUS: problemi e prospettive. Diritti, istituzioni, politica e società. Il tema delle emergenze, che si ripetono in modo sempre più ampio e frequente nel mondo globalizzato, è molto caro ad AmbienteDiritto. In questi anni la Rivista ha pubblicato varie riflessioni sull’argomento, ha realizzato numerosi incontri di studio, corsi di formazione e, a marzo dello scorso anno, ha organizzato presso il Senato della Repubblica italiana anche un convegno nazionale dal titolo “Emergenze e tutela ambientale”. Oggi, la portata mondiale e sconvolgente del Covid-19 ha acuito l’urgenza di riflessioni su questa emergenza, ovvero sugli effetti che il Coronavirus potrà avere in campo istituzionale, politico e sociale. Per tale ragione invitiamo tutti coloro che vorranno contribuire alla riflessione ad aderire alla presente call, spedendo un abstract entro il 18 giugno 2020. Esso non potrà superare le 300 parole e dovrà contenere: titolo, elenco degli autori e relative affiliazioni accademiche, indirizzo e-mail del/i proponente/ i. Il sommario dovrà essere inviato al seguente indirizzo e-mail: rivista @ ambientediritto.it Successivamente, il Comitato Scientifico composto dai Prof.ri Belletti Michele, Bianchi Paolo, Budelli Simone, Cassese Sabino, Cerrina Feroni Ginevra, Chiarelli Raffaele, Regasto Saverio, indicherà ai partecipanti il termine entro il quale il contributo dovrà pervenire in redazione. In ogni caso, chi volesse inviare insieme all’ abstract anche il contributo può senz’altro farlo, purché esso segua le specifiche tecniche redazionali. Superata l’ordinaria procedura di rapida valutazione, i contributi verranno pubblicati nella Rivista AmbienteDiritto.it. Gli scritti, considerati più interessanti dal Comitato Scientifico costituiranno il materiale per una successiva pubblicazione cartacea dotata di ISBN. Roma, lì 2 aprile 2020 Il Comitato scientifico PROPONI UN ARTICOLO a: rivista at ambientediritto.it ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 202 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ IN RICORDO DELL’AMICO E COLLEGA PROF. GIUSEPPE GUARINO. Raffaele Chiarelli Un occhio sempre attento a ciò che cambia nel mondo, un cervello vivacemente aperto alla riflessione, una penna impegnata a registrare i risultati di una vita dedicata con alacre tranquillità alla ricerca hanno smesso di funzionare. Il diritto pubblico ha perso uno studioso che è stato in grado di interpretare non solo testi giuridici, ma alcune epoche, anticipando problemi che sarebbero emersi successivamente, e cercando spesso di proporre concretamente meditate soluzioni, senza restare mai prigioniero delle ondate di conformismo, che spesso in Italia hanno travolto, assieme agli operatori dell’informazione, anche i cultori della scienza. La vastità dell’opera scientifica di Giuseppe Guarino è tale da renderne difficile non solo una riassuntiva esposizione panoramica, ma ancora di più ogni sintesi volta ad indicare gli aspetti essenziali del suo insegnamento, anche se può forse cogliersi nel continuo impegno a varcare i confini tradizionalmente posti tra le varie discipline giuridiche e tra il diritto e il non diritto, una radicata fede nella forza integrativa e ordinativa dell’argomentazione giuridica. Due meditate riflessioni sembrano aver ispirato, fin dai primi lavori, la sua analisi : la formazione spontanea del diritto non si realizza nel chiuso di un determinato gruppo sociale ma, entrando necessariamente in rapporto con “la compiuta interezza del diritto”; lo studio del diritto è lo studio dell’”unità e la contemporaneità degli ordinamenti” nelle loro interrelazioni spaziali e temporali, giuridiche e non giuridiche, che tendono a moltiplicarsi assieme agli ordinamenti. L’evidente allargamento degli orizzonti che queste premesse comportano si riflette largamente nella ricerca di Giuseppe Guarino, che ha spaziato in una grande varietà di ambiti. Nel 1946, analizzando l’esperienza costituzionale transitoria italiana, aveva percepito il determinate rilievo dei partiti nel CLN e nella formazione dei governi, rilevandone le modalità, e aveva avuto occasione di illustrare con lucidità l’immanente condizionamento politico del diritto costituzionale nella problematica dello scioglimento delle assemblee parlamentari, che sarà oggetto di una sua nota monografia del 1948; con I decreti legislativi luogotenenziali. Sulla normatività della Costituzione materiale, (Foro penale 1947) , le problematiche della transitorietà gli suggeriranno ulteriori approfondimenti sul rapporto tra normatività e forza politica e sociale nella formazione del diritto costituzionale. Dopo aver potuto partecipare, dalle pagine della Rassegna di diritto pubblico al dibattito culturale tra giuristi, che ha ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 203 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ accompagnato la fase costituente , ha dedicato la sua attenzione ad alcuni istituti della Carta che risultavano particolarmente innovativi dell’assetto costituzionale (referendum, presidente della repubblica, indirizzo politico etc.), mantenendo vivo e costante un interesse per gli argomenti giuridici di carattere generale, che l’accompagnerà per tutta la vita , fin da Potere giuridico e diritto soggettivo (1949), Oggetto, funzione e metodo della teoria generale del diritto (1953). Un tale interesse si sarebbe concretato in approdi sistematici del diritto amministrativo espressi con L’organizzazione pubblica (1977), attraverso la promozione e la direzione scientifica di ricerche come quella sugli enti pubblici italiani (1968), e del Dizionario amministrativo (iniziata nel 1977, e ripresa successivamente), ma anche con le riflessioni Sulla utilizzazione dei modelli differenziati nella organizzazione pubblica (1968), e la sintesi in Atti e poteri amministrativi (1994), oltre che nella prosecuzione del percorso iniziato con Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti dei giuristi (Rivista trimestrale di diritto pubblico 1970), che perverrà, con L’uomo istituzione (2005), alla costruzione di una teoria delle istituzioni che costituirà un completamento e un’integrazione della teoria di Santi Romano e che, con Riflessioni sulle teorie economiche e sulla teoria delle istituzioni. (Diritto e cultura 2004), risulterà orientata a superare le barriere interdisciplinari e ad integrare la ricerca economica dei nostri giorni. La parabola dell’espansione dell’intervento pubblico nell’economia, che ebbe Giuseppe Guarino protagonista politico, lo vide contemporaneamente impegnato alla costruzione degli strumenti concettuali funzionali al necessario allargamento dell’indagine giuridica in campi che le apparivano preclusi. Alcuni saggi raccolti nei volumi di scritti di diritto pubblico dell’economia, come Sul regime costituzionale delle leggi di incentivazione e di indirizzo(1961), Enti pubblici strumentali, sistema delle partecipazioni statali, enti regionali(1962), Pubblico e privato nella organizzazione e nella disciplina delle imprese (1968), unitamente a Efficienza e legittimità dell’azione dello Stato : le funzioni della Ragioneria dello Stato nel quadro di una riforma della pubblica amministrazione (1969), e al Profilo giuridico di La Banca d’Italia e il sistema bancario 1919-1936, (1993), hanno posto quelle che sono state considerate le basi della vasta produzione scientifica italiana di diritto pubblico dell’economia . La consapevolezza della frequenza dei limiti delle impostazioni statocentriche, particolarmente ricorrenti nelle trattazioni giuspubblicistiche, ha indotto Giuseppe Guarino ad esplorare e approfondire gli argomenti della globalizzazione con Il governo del mondo globalizzato, (2000), e con I soldi della guerra. Gli Stati Uniti: spesa militare, innovazione, economia globale, 2003. Espressa in una serie di monografie a partire da Dieci giorni per privatizzare, (1993), Dalla Costituzione all’Unione Europea (1994), Verso l’Europa ovvero la fine della politica (1997), Salvare l’Europa, salvare l’euro (2013), Cittadini europei e crisi dell’euro (2014), l’appassionata partecipazione al dibattito, tuttora in corso, sulle tormentate dinamiche dell’integrazione europea ha evidenziato un’eccezionale capacità di anticipare l’esplosione delle più forti tensioni e di individuarne le radici. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 204 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Anche sulle problematiche ambientali il contributo di Giuseppe Guarino, che è stato direttore di Atomo, petrolio, elettricità, è stato di grande rilievo. Negli studi del diritto dell’energia possono considerarsi particolarmente pionieristici: Stato ed energia nucleare (1959), Unità ed autonomia del diritto dell’energia (1961), La disciplina giuridica dei permessi di ricerca e delle concessioni minerarie (1962), La disciplina giuridica degli oleodotti (1964). Nell’epoca del Corona Virus, di fronte alla crescita continua di sempre più pervasive forme di prescrittività legittimate dalle più varie competenze tecniche può sembrare attuale una delle osservazioni conclusive della Prolusione romana del 1962 dal titolo Tecnici e politici nello Stato contemporaneo, in cui si avvertiva la necessità della frequente revoca dei tecnici “politicamente rilevanti” : “se si riconoscesse ai tecnici la stabilità, sia pure entro un periodo predeterminato, si verrebbe ad attribuire ad essi una forza eccessiva nei confronti dei politici” che, rilevava Giuseppe Guarino, “restano in carica talvolta per periodi molto brevi”. Sono consapevole di aver trascurato di menzionare parecchi approdi importanti di una ricerca che è proseguita fino agli ultimi giorni di una vita, ma sono sicuro che Geppe Guarino avrebbe ridacchiato e mi avrebbe perdonato. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 205 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Collaborazione con AMBIENTEDIRITTO.IT – Rivista Giuridica La rivista è aperta, in particolare, ad accademici, a studiosi ed esperti delle discipline giuridiche; la collaborazione con AMBIENTEDIRITTO.IT è gratuita e volontaria. Può consistere nell’invio di testi e/ o di documentazione giuridica (sentenze, ordinanze etc.). Gli scritti e quant’altro inviato, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. Le proposte di collaborazione, per l’espletamento della procedura di valutazione, possono essere sottoposte alla redazione di AD a questo indirizzo E-mail: rivista @ ambientediritto.it. I riferimenti agli autori dei lavori pubblicati (articoli, commenti, interventi…) saranno citati all’interno del testo ed in una pagina appositamente creata. E’ inoltre possibile, previo accordo, creare e gestire nuove sezioni del Portale. L’esubero di nuove informazioni continuamente prodotte ed acquisite determina un istintivo atteggiamento collettivo di difesa, come segnalano la frantumazione dei linguaggi scientifici in un gran numero di settori e sottosettori spesso scarsamente comunicanti e, nel più vasto riferimento sociale, una cultura sempre più frammentata in tanti interessi particolari e quasi mai tesa alla ricerca con prospettive globali. La cultura fortemente frammentata e accelerata è sfociata sul piano intellettuale e su quello sociale nel senso dell’effimero, è diventata cultura dell’effimero e ha aumentato l’incapacità di creare sintesi come risposte ai problemi giuridici, sociali e del diritto. Occorre articolare collegamenti e interdipendenze capaci di mettere in relazione e valorizzare a pieno tutta la ricchezza, la fecondità e la capacità autoprogettuale di ogni singola disciplina e sottodisciplina. Occorre una ricerca interdisciplinare che sia ricerca di globalità come ricerca di relazione fra diversi frammenti e quindi come ricerca di orizzonti di significati. ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 206 ______________ AMBIENTEDIRITTO - Editore©® ______________ Una comunicazione “certificata del diritto” è il tentativo complesso di localizzare nella storia l’istante dell’originalità primitiva, di indicare lo stadio larvale di ciò che verrà. Le nostre difficoltà, ovviamente, non alla sola effimera modernità sono imputabili: arduo è imparare a farsi esperti, a vivere. AMBIENTEDIRITTO.it - EDITORE©® ^ Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XX - Fascicolo 2/2020 207