PATRIZIA GUARNIERI
L'EMIGRAZIONE INTELLETTUALE EBRAICA
DALLA TOSCANA
ESTRATTO
da
ACCADEMIA TOSCANA DI SCIENZE E LETTERE
«LA COLOMBARIA». ATTI E MEMORIE
Vol. LXXXIV. 2019 (N.S. - LXX)
ATTI E MEMORIE
DELL’ACCADEMIA TOSCANA
DI SCIENZE E LETTERE
LA COLOMBARIA
284° anno dalla fondazione
VOLUME LXXXIV
NUOVA SERIE – LXX
ANNO 2019
FIRENZE
LEO S. OLSCHKI EDITORE
MMXX
ATTI E MEMORIE
DELL’ACCADEMIA TOSCANA
DI SCIENZE E LETTERE
LA COLOMBARIA
284° anno dalla fondazione
VOLUME LXXXIV
NUOVA SERIE – LXX
ANNO 2019
FIRENZE
LEO S. OLSCHKI EDITORE
MMXX
Tutti i diritti riservati
Casa Editrice Leo S. Olschki
Viuzzo del Pozzetto, 8
50126 Firenze
www.olschki.it
Registrazione del Tribunale di Firenze n. 579, 5 aprile 1952
ISBN 978 88 222 6703 0
L’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”
dedica il volume LXXXIV degli «Atti e Memorie» a
Maurizio Torrini
già Presidente della Classe di Scienze storiche e filosofiche
Atti del Convegno di Studi
L’INVENZIONE DELLA RAZZA
L’IMPATTO DELLE LEGGI RAZZIALI
IN TOSCANA
24-25 gennaio 2019
PATRIZIA GUARNIERI
L’EMIGRAZIONE INTELLETTUALE EBRAICA
DALLA TOSCANA
In occasione del 50° anniversario delle leggi antiebraiche fasciste del
1938, Guido Fubini – che da ragazzo aveva vissuto anche l’esilio in Francia
con i suoi genitori – notava che la memoria di ciò che esse hanno comportato tendeva ad affievolirsi anche per il desiderio di dimenticare. Un tale
comprensibile bisogno, da parte di chi le aveva drammaticamente subite,
era confluito con il voler voltare pagina prima possibile da parte di chi invece aveva delle responsabilità, e con una tendenza collettiva all’oblio. Di
contro a questa tendenza alla minimizzazione, è necessario invece documentare, raccomandava Fubini nel 1988.1
Trent’anni dopo, nell’ormai 80° anniversario delle leggi razziali, sappiamo ancora troppo poco su coloro che furono espulsi dalle università
e dalle scuole, radiati dagli albi professionali, privati del loro titolo e su
quanti, fra loro, se ne andarono all’estero per vari anni o per tutta la vita.
E sono ancora scarsi, come lamenta giustamente Paolo Caretti, gli studi
sulle molte reintegrazioni mancate benché la normativa risarcitoria del
dopoguerra le prevedesse.
Chiunque si occupi di questo tipo di indagini si imbatte nella scarsità
della documentazione negli archivi delle istituzioni che espulsero gli ebrei
e nella sua peculiare qualità: capita persino che i fascicoli nominativi siano vuoti, le carte sparite; quelle ancora conservate dicono poco di come
furono spezzate carriere di docenza o di studi, e nulla di cosa accadde
dopo a chi era stato «decaduto», «sospeso dal servizio», oppure semplicemente non più ammesso. Gli espulsi ufficiali, i professori di ruolo, furono
la minoranza visibile di un’assai più vasta e ancora non quantificata perdita di risorse intellettuali e umane allontanate dall’istruzione, dalla cultura e dalla scienza e rese invisibili. I non casuali vuoti documentari sono
spesso coperti da una narrazione normalizzante e meno drammatica di
quanto veramente accadde durante e dopo il fascismo. Si racconta spesso,
per esempio, che quanti rimasero all’estero non volevano tornare in Italia avendo fatto rapida fortuna altrove. Le storie che emergono da fonti
precise, però, sono in genere assai più tormentate; e alcune attestano i
falliti tentativi di rientrare all’università da parte di chi era stato respinto
1 G. Fubini, 1938-1988, «Rassegna di Israel», 54, 1988, 1-2, pp. 9-12, numero monografico a cura di M. Sarfatti, 1938 le leggi contro gli ebrei. Numero speciale in occasione del cinquantennale della legislazione antiebraica fascista. Cfr. https://www.jstor.org/stable/43497785?
seq=1#page_scan_tab_contents.
268
PATRIZIA GUARNIERI
per motivi politici e razziali durante il fascismo, e veniva di fatto respinto
persino dopo.
Dobbiamo essere consapevoli dei limiti dei nostri mezzi documentari,
della frequente contraddizione fra fonti scritte e memorie di familiari, molti erano allora bambini che gli adulti cercavano di proteggere dalla realtà
più penosa e dalla propria sofferenza e umiliazione. Dobbiamo cercare di
spiegare i silenzi, senza accontentarci di narrazioni accomodanti. Non dobbiamo rinunciare a dar conto anche di memorie e storie spezzate. Proprio
sulla frattura di tante vite, di individui e famiglie colpite dalle leggi razziali
e dal fascismo interessa lavorare, perché fu anche frattura di programmi di
ricerca, di insegnamenti disciplinari come emerge con evidenza in taluni
casi, all’università di Firenze e non solo, nel caso della fisica, per es., nel caso
della psicologia e in quello del diritto. L’emigrazione intellettuale produsse anche, del resto, circolazione e contaminazione di idee, valorizzazione
della ricerca e dei talenti all’estero che proprio per questo sarebbe stato
conveniente richiamare, oltre che giusto.
Intellettuali in fuga: una ricerca in corso
Displaced scholars è la definizione con cui si indicano gli studiosi che
sono costretti a lasciare la loro attività scientifica e professionale e la loro
casa (come le displaced persons) a causa di qualche calamità che in genere
crea molti danni (una guerra o un uragano). «Emergency Committee in
Aid of Displaced German Scholars» (poi Foreign Scholars) si chiamava appunto la grande organizzazione americana con sede a Manhattan, nata nel
1933 per gli studiosi tedeschi in fuga dal nazismo, e derivata dall’esperienza
dell’«Institute of International Education» che dopo la prima guerra mondiale principalmente si era occupato di studenti profughi della rivoluzione
bolscevica.2 Dal novembre 1938 l’Emergency Committee si aprì agli studiosi stranieri di ogni paese, divenendo ECADFS, inclusi quelli dall’Italia
che se ne andavano ritrovandosi senza più lavoro perché definiti di “razza
ebraica”, o perché incompatibili con le direttive del fascismo, come recitava
la legge fascistissima del 1925. Sempre nel 1933 in Inghilterra su iniziativa di
William Beveridge, allora direttore della «London School of Economics», e
di altri accademici, era sorto l’«Academic Assistance Council», che nel ’36
si era trasformato in «Society for the Protection of Science and Learning».
L’ente di New York chiuse le sue attività nel 1945; la SPSL a Londra si rin2 S. Duggan – B. Drury, The Rescue of Science and Learning: The Story of the Emergency Committee in Aid of Displaced Foreign Scholars, New York, The Macmillan Company, 1948.
L’EMIGRAZIONE INTELLETTUALE EBRAICA DALLA TOSCANA
269
novò – perché «Hitler era morto ma l’intolleranza continua» – ampliando il
suo raggio di azione.3 Erano le principali ma non le uniche organizzazioni
del genere; vi erano altre refugee organizations per ebrei, prevalentemente
dalla Germania ma anche dell’Europa dell’est, e varie organizzazioni filantropiche specie negli Stati Uniti, alcune delle quali specifiche per studenti
o accademici o professionisti qualificati, tra cui «The Friends of Refugee
Teachers» con sedi in più aree degli Usa e quella principale in Massachussets,
o l’«Emergency Committee in Aid of Displaced Foreign Physician» cui si
aggiunse quello per «Medical Scientists», e analoghi comitati interni alle
grandi società scientifiche come l’«American Psychological Association»
che instaurò un «Committee on Displaced Foreign Psychologists» nel ’38
e l’«Association of American Law Schools» che nel ’39 istituì un proprio
comitato per «German Law professors». È un fatto che gli Italiani fossero
meno organizzati dei loro colleghi tedeschi, ma anche degli austriaci, degli
ungheresi e dei cecoslovacchi, a vedere le liste e l’attività dei vari comitati.
Tuttavia la documentazione storica che ne è conservata nei loro archivi è
indispensabile per studiare la storia finora trascurata, al contrario di quella dalla Germania nazista, anche dell’emigrazione intellettuale dall’Italia
fascista.
Appunto su questo verte il progetto promosso dall’ateneo di Firenze
per l’80° anniversario delle leggi razziali che ha ottenuto il finanziamento
della Regione Toscana (bando Memoria 2018).4 L’obiettivo è far emergere,
a partire dall’università e dalla Toscana, i nomi e le storie di emigrazione e
di esilio dei displaced scholars che partirono negli anni Trenta del Novecento, e persino prima (Gaetano Salvemini ne è un esempio arcinoto). L’aver
avuto per il progetto su Intellettuali in fuga dall’Italia fascista il patrocinio dai
conservatori e rispettivamente dai proprietari degli archivi dell’«Emergency Committee in Aid of Displaced Foreign Scholars» e della «Society for the
3 Nel 1999 la SPSL ha assunto la denominazione di «Council for Assisting Refugee Academics» e dal 2014 Council for At-Risk Academics, mantenendo l’acronimo CARA, perché molti
fra loro vorrebbero tornare ai loro paesi e perciò non si considerano rifugiati. Cfr CARA.
A lifeline to Academics at Risk, https://www.cara.ngo/who-we-are/ (accesso 29 ottobre 2019).
Da segnalare che nel 2002 «The Institute of International Education» ha attivato come programma permanente della propria attività lo «Scholar Rescue Fund» richiamandosi proprio alle
origini dell’ECADGS e analoghe organizzazioni, si veda https://www.scholarrescuefund.org/
about-iie-scholar-rescue-fund (accesso 29 ottobre 2019).
4 Il progetto di cui sono responsabile scientifica ha realizzato un’attività didattica ed un’attività di ricerca, risultante in un convegno internazionale, una raccolta di saggi ed in un portale
open access e in progress. Si veda P. Guarnieri (a cura di), L’emigrazione intellettuale dall’Italia
fascista e dalle leggi razziali. Studenti e studiosi ebrei dell’università di Firenze in fuga all’estero, Firenze, Firenze University Press, 2019, e rispettivamente P. Guarnieri, Intellettuali in fuga dall’Italia
fascista. Migranti, esuli e rifugiati per motivi politici e razziali, Firenze, Firenze University Press,
2019, http://intellettualinfuga.fupress.com/.
270
PATRIZIA GUARNIERI
Protection of Science and Learning» ha decisamente favorito la ricerca, per
la disponibilità dei fondi documentari generosamente rilasciata. Tali archivi sono preziosissimi. Se gli italiani costituirono il terzo gruppo nazionale
dei richiedenti aiuto all’ECADFS dopo i tedeschi ed i polacchi, a quanto
dicono i calcoli molto approssimativamente fatti dalle segretarie del Comitato,5 i toscani risultano il primo gruppo italiano dei grantees come dirò più
avanti. Tuttavia per una ricognizione meno incompleta possibile servono
ulteriori fonti. Molti intellettuali italiani espatriarono senza fare mai domanda all’ECADFS o alla SPSL (al contrario, diversi nomi appaiono nelle
liste di entrambi gli enti), che all’epoca svolsero una funzione di supporto
agli applicants, ma anche agirono come enti di reclutamento o segnalazione
di talenti di vari ambiti disciplinari e professionali qualificati. Negli elenchi
e nei records nominativi compaiono infatti anche nomi di personaggi che
non si erano rivolti a loro, ma che qualche collega americano raccomandava per ragioni umanitarie e ben sapendo che sarebbe stato un guadagno
avvalersi dei loro servizi nella ricerca e nella docenza, a basso costo data la
situazione.
Un punto forte dell’indagine in corso è la scelta di non limitarsi ai casi
famosi, che naturalmente non mancano. Nell’elenco di Intellettuali in fuga
rientrano per esempio l’allora vincitore del Nobel per la fisica, e il maestro
di altri premi Nobel nati in Italia ma naturalizzati americani. Non ebreo ma
sposato ad una ebrea, poco dopo aver ritirato il premio a Stoccolma, Enrico Fermi sbarcò a New York il 2 gennaio 1939 insieme a sua moglie Laura
Capon (nei documenti lei sola è dichiarata Hebrew Italian) e ai loro due
bambini di 3 e 7 anni.6 Tra gli scienziati italiani più apprezzati all’estero e
alla Rockefeller Foundation, Giuseppe Levi rispose in tedesco al questionario inviatogli dalla SPSL e, senza aspettare la risposta da Londra, a 67 anni
accettò un incarico temporaneo all’Università di Liegi da cui poi dovette
scappare ancora.7 Tra gli Intellettuali in fuga ci sono anche coloro che all’epoca non erano famosi, ma lo sarebbero divenuti stando all’estero: il cardiologo fiorentino Aldo Luisada, lo psichiatra e psicoanalista pisano Silvano
Arieti; e fra le donne Rita Levi Montalcini che si nascose a Firenze sotto
falsa identità, dopo qualche incerto tentativo di andarsene oltre il confine, e
solo nel dopoguerra, visto che neppure con l’aiuto del vecchio Levi riusciva
NYPL, ECADFS, s. VIII. B. Lists and statistics 1933-45.
Cfr. Ellis Island Foundation, Laura [Capon] Fermi, https://www.libertyellisfoundation.
org/passenger-details/czoxMzoiOTAxMTk4OTQ5NTQxNyI7/czo4OiJtYW5pZmVzdCI7
(accesso su registrazione 2 novembre 2019).
7 V. Graffone – P. Guarnieri, Giuseppe Levi, in Intellettuali in fuga dall’Italia fascista,
cit. http://intellettualinfuga.fupress.com/scheda/levi-giuseppe/461 (accesso 2 novembre
2019).
5
6
L’EMIGRAZIONE INTELLETTUALE EBRAICA DALLA TOSCANA
271
a rientrare nell’università italiana, accettò un incarico negli Stati Uniti dove
non se la fecero più scappare.8
Anche da questi pochissimi esempi – nessuno dei quali è nell’elenco
dell’Emergency Committee – si capisce che nell’ottica del brain drain, delle
uscite e delle entrate di risorse, l’individuazione degli intellettuali in mobilità e delle perdite temporanee e definitive e degli eventuali guadagni va ben
oltre il conteggio dei professori strutturati espulsi dall’università, e include
molti nomi meno noti o ignoti o dimenticati, almeno in Italia da cui partirono circa 80 anni fa e di cui rischiamo di perdere le tracce. Erano studenti,
liberi professionisti di vari ambiti, dai medici agli avvocati, liberi docenti
cioè studiosi con la qualifica per insegnare all’università ma non di ruolo. Ad ogni periodico aggiornamento la lista di displaced scholars dall’Italia
si allunga ed è tuttora provvisoria: dal primo centinaio da cui ero partita,
siamo arrivati a circa 250, poi a 350 nominativi di cui ricostruire le vicende originali e le mappe dei percorsi. Per esigenze pratiche di contenere in
modo non casuale i numeri dell’elenco che è cresciuto oltre le previsioni e
sta ancora crescendo, si è cominciato dalla Toscana che rappresenta, come
spiegherò meglio più avanti, un’area emblematica di quel fenomeno di mobilità qualificata dipendente da motivi politici e razziali.
I criteri con cui si sono selezionati i nomi attengono principalmente ai
luoghi di nascita o residenza, oppure di formazione o di lavoro, tenendo conto che in certe carriere, come quella di architetto o di artista, l’attività e le
opere non hanno un’unica precisa sede, e che anche in ambito accademico
i trasferimenti su più sedi erano tipici, allora molto più di adesso. Si tratta
appunto di una storia non tanto delle espulsioni dall’università quanto della
mobilità intellettuale non ordinaria. Il criterio del luogo non può essere rigidamente esclusivo: se si guarda alla provenienza prima dell’espatrio, dalla
nascita al lavoro quasi mai avveniva tutto in uno stesso unico posto. Se si
guarda all’espulsione dal lavoro, soltanto a chi avesse avuto una posizione
strutturata e stabile potremmo riconoscere un luogo. Si verrebbero ad escludere i liberi docenti che insegnavano in più sedi e da tutte vennero allontanati, e quelli che non insegnavano e vennero comunque privati del titolo; i
liberi professionisti, i neolaureati, i neodiplomati, e gli stranieri che erano
displaced da altri paesi e che da noi avevano trovato accoglienza, fino alle
leggi del 1938. I legami con una certa area territoriale sono talvolta prioritari
ma indiretti, specie di tipo familiare se condividono l’esperienza migratoria
partendo insieme coniugi o genitori e figli nati magari in città diverse. Alcuni
sono legami inaspettati: oltre ad averci studiato da giovane ed a mantenerci
8 Per l’elenco alfabetico e varie questioni metodologiche, ivi http://intellettualinfuga.
fupress.com/contenuti/214 e sgg. Vedi inoltre V. Graffone, Rita Levi Montalcini, http://
intellettualinfuga.fupress.com/scheda/levi-montalcini-rita/468 (accesso 2 novembre 2019).
272
PATRIZIA GUARNIERI
contatti scientifici e affettivi, a Firenze Giuseppe Levi si era nascosto nella
primavera del ’44 e ad agosto proprio presso l’ateneo fiorentino era stato
reinserito in servizio, con stipendio, in attesa che anche Torino venisse
liberata.9
“The situation in Italy” nel 1938 secondo l’Emergency Committee di
New York
Da parte delle organizzazioni internazionali di aiuto, l’esistenza e la
gravità dei provvedimenti antisemiti in Italia si avvertì con un certo ritardo.
Classificando gli assistiti in base alla nazione di cittadinanza e di nascita,
sembra che l’ECADFS non prestasse generalmente attenzione all’essere
displaced dall’Italia; se l’origine era tedesca, o russa, o polacca, quella prevaleva quantunque fosse uno scholar fuggito dal nostro paese in cui aveva inizialmente trovato accoglienza, formazione e lavoro, preso la cittadinanza e
talvolta messo su famiglia.10
Alla fine dell’ottobre 1938 la questione degli scholars italiani era ancora
da mettere a fuoco: cosa si doveva fare con loro? 11 Lo domandava la solerte
segretaria del Committee davanti ai primi casi, che lei credeva fossero delle
eccezioni. A maggio 1938, per esempio, Miss Betty Drury aveva acconsentito ad incontrare un giovane studioso, pallido, occhi chiari, indubbiamente
molto bravo, «even though he is not a displaced German scholar»”.12 Si
trattava di Mario Einaudi, da cinque anni stabilitosi negli Stati Uniti con la
moglie e ancora alla ricerca di una sistemazione definitiva, il quale dall’università e dall’Italia, dov’era professore incaricato di storia delle dottrine
politiche, se n’era venuto via nel settembre 1933 per non prestare il giuramento di fedeltà al fascismo che dal mese prima era divenuto obbligatorio
anche per i liberi docenti.13
9 Archivio storico dell’università di Torino, f. «Giuseppe Levi», lettera del ministro G. De
Ruggiero, s.d., ma tra l’11 e il 16 agosto 1944 che inviava analogo avviso di ripresa del servizio
di Levi al rettore di Firenze. Si veda V. Graffone – P. Guarnieri, Giuseppe Levi, cit.
10 Segnalo il caso, registrato dall’ECADFS, del giurista Hernst Heinitz scappato da Berlino
nel 1933; a Firenze non solo aveva preso una seconda laurea, si era sposato, lavorava all’università e nello studio legale del più noto Alexander Pekelis, ma con la moglie Maria Pia Tommasi
entrò nella Resistenza passando rischiosamente le informazioni delle SS al CLN Toscano. Non
emigrò e nel ’48 si trasferì con moglie e figli in Germania. Vedi P. Guarnieri, Ernst Georg Heinitz, in Intellettuali in fuga, cit., http://intellettualinfuga.fupress.com/scheda/heinitz-ernstgeorg/421 (accesso 10 novembre 2019).
11 NYPL, ECADFS, B.I., box 54, fold. 2 Einaudi Mario, Nota di B. Drury, 21 ottobre 1938.
12 Ivi, tutto il fascicolo.
13 R.D.L. 31 agosto 1933, n. 1592, Approvazione del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore, GU n. 283, 7 dicembre 1933. Il decreto legge stabiliva l’insindacabilità dei provvedimenti
L’EMIGRAZIONE INTELLETTUALE EBRAICA DALLA TOSCANA
273
Di Italiani che avevano fatto domanda all’«Emergency Committee» ce
n’erano stati anche prima del 1938, dato che esso si occupava di displaced
scholars di qualunque religione ed etnia, non esclusivamente di ebrei, perciò,
a differenza di altre organizzazioni. Il criterio selettivo esplicito era piuttosto la cittadinanza tedesca, ma non rigidamente applicato come si vede dai
loro elenchi anche precedenti al 1938. Nel giro di pochi mesi, lo scenario
cambiò. All’inizio, da una lettera datata 6 settembre, quindi all’indomani
del primo provvedimento razziale in Italia, il presidente del Committee
venne indirettamente informato che in Italia c’era una nuova situazione
di pericolo; il direttore del «Science Service» di Washington gli chiedeva
infatti una lista degli «Italian Jewish scholars who may be displaced as a
result of the new polices». L’«Emergency Committee» non sembrava saperne ancora niente e dieci giorni dopo Miss Drury rispose di rivolgersi
semmai alla «Society for the Protection of Science and Learning» a Londra
a cui spiegò la richiesta.14 A fine dicembre, finalmente, tra i componenti dell’«Emergency Committee» iniziò a circolare la notizia pubblicata su
«Science» il 2 dicembre, che vi era un lista di professori ebrei espulsi dagli
atenei italiani apparsa due mesi addietro in la «Vita Universitaria», e di cui
si citavano pochi illustri scienziati.15 The «situation in Italy» continuava a
non essere chiara all’ECADFS, come si vede dalle domande poste da un suo
componente e direttore dell’osservatorio di Harvard, il quale si mostrava
interessato alla sorte di eccellenze internazionali della fisica e della matematica che l’università italiana perdeva. Erano stati cacciati dalle università
o addirittura dal paese? La confusione probabilmente nasceva dagli appelli
disperati di scholars tedeschi che da anni si erano rifugiati in Italia e a cui il
decreto legge del 7 settembre 1938 contro gli ebrei stranieri ingiungeva di
andarsene entro sei mesi.16
Il 4 gennaio 1939 la segretaria rispose, almeno per chiarire che c’era un
differente trattamento tra italiani e stranieri di “razza ebraica”. Per il resto,
di esclusione dai concorsi per posti di ruolo di professore universitario e negli Istituti d’istruzione superiore di chi fosse giudicato privo del requisito di regolare condotta morale e politica.
Rendeva inoltre obbligatorio ai professori di ruolo, ma anche agli incaricati e ai liberi docenti il
giuramento di fedeltà al fascismo.
14 NYPL, ECADFS, VIII, C., Subjetc files, box 203, f. 3, Situation in Italy, Betty Drury a
David Thomson, 16 settembre 1938, e a Leonard Engel, 17 settembre 1938.
15 Ivi, un abstract dattiloscritto della nota citata, Scientific news and notes, «Science», 2 dicembre 1938, p. 522.
16 R.D.L. 7 settembre 1938, n. 1381, Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri, GU
n. 208, 12 settembre 1938, proibiva loro di fissare stabile dimora nel regno; e a quanti «vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1° gennaio 1919» ingiungeva di allontanarsi
entro sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto. Si veda NYPL, ECADFS, VIII, C., Subjetc
files, box 203, f. 3, Harley Shapley a B. Drury, 24 dicembre 1938, e successive risposte di lei,
4 gennaio 1939 e 23 gennaio 1939.
274
PATRIZIA GUARNIERI
neppure al Consolato italiano avevano saputo darle informazioni certe, ma
i provvedimenti presi in Italia contro gli ebrei – concluse – non erano tanto
drastici quanto quelli presi in Germania e in Austria. Si trattava di un’opinione che sarebbe diventata luogo comune, continuandosi a sottovalutare
la situazione in Italia per l’evidente ignoranza sulla situazione medesima e
anche per i vari stereotipi sugli Italiani. Non a caso l’unica lettera di quel
fascicolo in cui il Comitato si dichiarava «interested in receiving the curriculum vitae of displaced professors and privatdocenten from Italy» fu indirizzata da Betty Drury al «Department of Greek and Roman Art, The
Metropolitan Museum of Art, New York». Per quanto illustrious immigrants,
anziché poveri e ignoranti come la stragrande maggioranza degli immigrati italiani a New York, gli intellettuali italiani si pensava potessero essere al
più artisti, o insegnanti di musica o di lingue, come constatò la moglie di
Enrico Fermi.17
Caratteri dell’emigrazione intellettuale Toscana
Nella mobilità fra più luoghi e nelle reti trasversali di aiuti professionali,
scientifici e familiari che di per sé travalicano i luoghi, emergono tuttavia
alcune caratteristiche dell’emigrazione intellettuale per l’area toscana, cioè
di chi vi aveva rilevanti legami come si è detto, su cui si è deciso di focalizzarsi. Alcune specificità sembrano ipotizzabili proprio dall’analisi dei records archivistici delle organizzazioni internazionali di aiuto, ed ovviamente riusciremo a individuarle meglio quanto più aumentano i casi di displaced
scholars di cui si riesce a ricostruire le vicende migratorie.
Anna Teicher e Francesca Cavarocchi hanno lavorato su studiosi e studenti stranieri dell’università di Firenze che ripartirono forzatamente per
la seconda volta, verso l’Inghilterra e gli Stati Uniti.18 Vorrei ricordare che
alcuni intellettuali stranieri che avevano scelto Firenze quale residenza preferita per coltivare i propri studi classici o quelli artistici, o per altre ragioni
incluso il trovarci già una comunità del proprio paese di origine,19 non ne17 Ivi, lettera di B. Drury a Gisela Richter del Metropolitan Museum, 23 gennaio 1939.
L’osservazione sullo stereotipo degli Italiani è di L. Fermi, Illustrious Immigrants. The intellectual
migration from Europe 1930/41, Chicago and London, The University of Chicago Press, 1968,
2nd ed., p. 116.
18 Si veda il saggio di A. Teicher, Da discriminati a rifugiati: gli studiosi ebrei stranieri dell’ateneo di Firenze, in P. Guarnieri (a cura di), L’emigrazione intellettuale dall’Italia, cit., pp. 41-55, e
F. Cavarocchi, Provenienze e destini degli studenti ebrei stranieri iscritti all’Università di Firenze nel
1938, ivi, pp. 21-39.
19 Per es. quella russa, cfr. G. La Rocca, L’aquila bicipite e il tenero Iris. Tracce russe a Firenze
nel primo Novecento (1899-1939), Pisa, Pisa University Press, 2018.
L’EMIGRAZIONE INTELLETTUALE EBRAICA DALLA TOSCANA
275
cessariamente passarono dall’università italiana, eppure nel ’38-39 furono
ammessi quali displaced scholars anche dall’ECADFS e dalla SPSL cui taluni
di loro avevano già presentato domanda nel 1933, colpiti dai provvedimenti
di Hitler.
Nella comunità di rifugiati dalla Germania a Firenze che avevano istituito nel 1933, sotto Fiesole, il convitto scuola per bambini tedeschi, ebrei
e non ebrei, trasferitosi poi al Pian de’ Giullari,20 sì capì immediatamente
che occorreva scappare di nuovo. Ernst Abrahamson, Paul Oskar Kristeller,
Heinrich e sua moglie Renée Kahane, Thomas E. Goldstein e suo padre
Moritz, i coniugi Ernst e Marianne Manasse che con altri insegnavano al
Landschulheim Florenz partirono per altri paesi più sicuri, e tutti raggiunsero gli Stati Uniti dopo aver fatto domanda all’ECADFS.21 Chi faceva parte
dei comitati di soccorso in Italia per gli ebrei tedeschi, come i professori Ludovico Limentani e Enzo Bonaventura dell’Università di Firenze e il prof.
Alessandro Levi dell’Università di Parma che a Firenze abitava e aveva la
maggior parte dei suoi rapporti culturali, politici e familiari (i Rosselli erano suoi cugini), da anni conosceva già sia le traversie sia le risorse dei colleghi tedeschi espatriati, incluse le grandi organizzazioni internazionali di
aiuto sorte per loro. Fu probabilmente per questo che un buon numero di
displaced scholars dalla Toscana conosceva l’Emergency Committe di New
York e ad esso si rivolse quando era ancora dedicato soltanto ai German
scholars. Alcuni lo fecero in date vicinissime a quelle dei primi provvedimenti razziali, o addirittura prima come si rileva dalle applications.
Un ulteriore dato significativo è che risultano legati alla Toscana tutti
i displaced scholars dall’Italia (stranieri inclusi, perciò) che dall’Emergency
Committee ricevettero un grant. I numeri sono bassi, ma il dato non è casuale. Da tutta Europa su circa 6000 nominativi raccolti nei loro records, furono appena 355 i grantees; e secondo l’«Emergency Committee» dall’Italia
erano 10, dalla Germania 239. L’insieme dei displaced dall’Italia è più ampio
dei displaced scholars italiani che ne costituivano un sottoinsieme; ma solo
il secondo gruppo sembra venisse distinto e comunque il calcolo risulta
approssimato per difetto. Il comitato aveva parecchie difficoltà nell’analiz20 Sul citato convitto, I. Ubbens, Das Landschulheim Florenz, in Kindheit und Jugend im Exil.
Ein Generationenthema, Exilforschung. Ein internationales Jahrbuch. Band 24, München edition
text + kritik, 2006; e K. Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, vol. 1, Firenze,
La Nuova Italia, 1993 (ed. or. Zuflucht auf Widerruf, 1989), pp. 207-215.
21 Eccetto il giornalista e scrittore Moritz Goldstein che con la moglie si era separato
dal figlio per rimanere in Europa, finché lo avrebbero raggiunto a New York per ricongiungimento familiare. Vedi P. Guarnieri, Moritz Goldstein, in Intellettuali in fuga, cit., http://
intellettualinfuga.fupress.com/scheda/goldstein-moritz/414. Tutti i casi menzionati sono
nell’elenco di Intellettuali in fuga, cit. si veda anche P. Guarnieri , Abrahamson Ernst, ivi con
bellissime foto.
276
PATRIZIA GUARNIERI
zare quantitativamente i records, come mostrano vari tentativi di calcolo
manuale con ripetuti errori, cancellazioni e correzioni: 22 se li elencavano
per disciplina, un medesimo nominativo poteva ricorrere più volte per
la disponibilità degli applicants ad adattarsi a incarichi diversi dal proprio;
quando li classificavano per sistemazione in una certa sede capitava che poi
tornassero di nuovo disoccupati e incaricati provvisoriamente in altra sede;
persino l’appartenenza nazionale per cittadinanza andava variando nei percorsi durante gli anni e alcuni scholars l’avevano persa diventando apolidi.
Per quanto è possibile dedurre in base alle vicende biografiche non facilmente ricostruibili, a dove vivevano e dove erano stati professionalmente
attivi al momento della domanda (se non erano già in fuga), 14 grantees
risultano legati all’area della Toscana: sette italiani di origine (incluso il primogenito dell’editore antiquario Olschki che però aveva cittadinanza tedesca) e altrettanti stranieri.23 Erano passati da Firenze in un periodo della
loro formazione o carriera gli storici del Rinascimento Hans Baron e Felix
Gilbert che entrambi si erano rivolti all’ECADFS, nel ’33 per poter trovare
una posizione proprio in Italia e nel ’38 perché obbligati a lasciarla. Fra coloro che cacciati da Hitler, poi da Mussolini, furono costretti a fuggire due
volte o più, anche il loro collega Paul Kristeller aveva presentato due volte
una richiesta di assistenza all’organizzazione di New York e a quella di
Londra. Altrettanto fecero gli psicologi Enzo Bonaventura e Renata Calabresi, che per vie assai diverse ebbero entrambi un finanziamento tramite l’ECADFS: provenivano dalla scuola fiorentina di Francesco De Sarlo,
estromesso da Gentile, e da una disciplina assai indebolita sotto il neoidealismo italiano, mentre all’estero era in grande sviluppo. L’ebraista Umberto
Cassuto aveva lasciato a Firenze il posto di rabbino e poi l’incarico universitario per prendere a Roma la cattedra tolta a Giorgio Levi Della Vida
– che si era rifiutato di giurare fedeltà al regime fascista –, e da essa nel ’38
era stato a sua volta espulso riceveva parte del suo stipendio dalla Hebrew
University grazie a un grant da New York.24 Altri finanziamenti arrivarono dall’ECADFS ai seguenti studiosi: i filologhi Leonardo Olschki e Henry
Kahane, il quale insegnava alla «Landschulheim Florenz» come l’avvocato
Robert Kempner; il giurista Alexander Pekelis legato a Piero Calamandrei;
22 NYPL, ECADFS, s. VIII. B. Lists and statistics 1933-45, contiene numerosi tentativi di
quantificazione, abbandonati e ripresi con esiti per loro stessi insoddisfacenti.
23 Non ho conteggiato fra questi i grantees stranieri che non mi pare ebbero legami con
la Toscana: Oscar Hoffman, Luigi Jacchia, Leo Wollemborg. Per i nomi che seguono nel testo
cfr. elenco e rispettivi articoli con foto e schede in Intellettuali in fuga, cit.
24 Per le sue complesse vicende, si veda P. Guarnieri – A. Legnaioli, Umberto (Moshe David) Cassuto, in P. Guarnieri, Intellettuali in fuga, cit., http://intellettualinfuga.fupress.com/
scheda/cassuto-umberto-moshe-david/351 (accesso 20 novembre 2019).
L’EMIGRAZIONE INTELLETTUALE EBRAICA DALLA TOSCANA
277
i fisici Giulio Racah professore a Pisa e il giovane Bruno Rossi formato alla
prestigiosa scuola di Arcetri; l’artista fiorentino Dario Viterbo già rifugiatosi in Francia e da lì precipitosamente in fuga; la medievista Helene
Wieruszowski che espulsa dal lavoro in Germania nel ’33 aveva ritrovato
una sistemazione in Spagna e poi in Italia, a Firenze, da cui fu costretta ancora a scappare.25 Tutti erano per diversi motivi legati alla Toscana.
Dove andarono? Il sionista Bonaventura con la moglie e tre figli espresse immediata preferenza per Gerusalemme, e così l’ex rabbino Umberto
Cassuto e Giulio Racah che accettarono alla Hebrew University un’occupazione prima precaria e poco pagata, date le enormi difficoltà generali.
Gli altri emigrarono negli Stati Uniti, spesso dopo altre tappe di complicati
percorsi. Nessuno di questi venne reintegrato o tornò a lavorare in Italia,
anche se nei paesi dove si stabilirono dovettero affrontare spesso e a lungo notevoli difficoltà. Per nessuno il contributo dell’ECADFS fu risolutivo.
Possiamo considerarlo un riconoscimento dato che furono davvero pochi
ad ottenerlo, ma ogni caso va valutato a sé dato che le concessioni del grant
appaiono dipendenti da svariati fattori e non da criteri rigorosi, come venne
anche contestato.
Certo è che gli Italiani furono svantaggiati. Essendo arrivati mediamente cinque anni dopo i tedeschi, non solo trovavano un mercato saturo e quindi minori opportunità di trovare un lavoro qualificato, ma
anche i contributi finanziari che avrebbero dovuto facilitare l’assunzione
definitiva, e tale quasi mai era, vennero a diminuire di numero e soprattutto di entità. Nel 1933 la media del grant rilasciato dall’«Emergency
Committeee» per i German scholars si aggirava intorno ai 2000 dollari; nel
1939-40 quando arrivava la maggioranza degli Italiani la cifra media era
quasi dimezzata a 1.021,03 dollari, nel 1940-41 scendeva a 890,10, e l’anno
successivo scendeva ancora a 807,70. Ma si tratta di medie, perché le cifre
variavano.26
Erano comunque sempre finanziamenti indiretti, versati non al singolo
studioso o studiosa, bensì alle istituzioni che ne avessero fatto domanda allo
scopo dichiarato di assumere anche a tempo determinato un certo displaced
scholar che fosse assistito dall’«Emergency Committeee», il quale reperiva
fondi da varie donazioni. Il comitato procedeva a valutare il caso del candidato in questione: la segretaria esecutiva dell’EC, la sempre presente miss
Betty Drury, preparava una istruttoria raccogliendo il c.v., le referenze, e
avendo possibilmente intervistato lei stessa l’interessato di cui riassumeva
25 C.A. Epstein, Woman refugee historian. The life and career of Helene Wieruszowski, in
A. Fair-Schulz – M. Kessler (eds.), German Scholars in Exile: New Studies in Intellectual History,
Lanham, Md., Lexington Books, 2011, pp. 85-92.
26 Vedi NYPL, ECADFS, series VIII. B. Lists and statistics 1933-45, box 201, f. 14.
278
PATRIZIA GUARNIERI
la storia di vita e le caratteristiche. Le presentazioni non apparivano sempre
scevre di soggettive simpatie e antipatie, e trasmettevano anche dettagli
fisionomici sull’aspetto del displaced scholar uomo o soprattutto donna di
cui la Drury prendeva spesso nota (fino a suscitare la protesta di un membro del Committee).27 Alla segretaria non era consentito esprimere giudizi
nel merito del valore scientifico del candidato, e lo stesso Committee formato all’inizio da 4 membri (lo scienziato medico Alfred Cohn, l’educatore Stephen Duggan, l’avvocato Bernard Flexner, il filantropo Fred Stein)
poi aumentati di numero e variati, non poteva coprire tutte le competenze
disciplinari e professionali necessarie a giudicare nel merito le centinaia e
centinaia di candidati che si rivolgevano a loro. Quanto più sembra contasse perciò erano le referenze, quelle presentate dal candidato talvolta
indicando appena dei nomi sul questionario da compilare, e soprattutto
quelle eventualmente richieste dal Comitato e dalla segretaria Drury ai
propri contatti (non sempre i più pertinenti con la specialità dello studioso
da valutare) che rispondevano o che di propria iniziativa segnalavano e
raccomandavano.
Anche questo conferma l’importanza delle reti esistenti fra coloro che
cercavano una sistemazione all’estero, le quali paiono esserci state e aver
funzionato, a partire dal passaparola, in certi ambienti di provenienza più
che in altri. Se una peculiarità dell’emigrazione intellettuale italiana, rispetto a quella tedesca, è l’aver utilizzato reti informali di vario tipo e soprattutto reti familiari come avveniva nelle ondate di emigrazione ordinaria,28
forse in Toscana gli intellettuali migranti si avvalsero non solo di quelle ma
anche di reti più strutturate che già esistevano. L’ipotesi andrebbe verificata
anche in chiave comparativa con altre aree regionali, per es. il Piemonte e la
Lombardia, la Campania e il Lazio, per analogie e differenze almeno di tipo
culturale, religioso e politico. C’erano ovviamente le reti delle università,
che in Toscana erano tre oltre a varie accademie, a Firenze, Pisa, Siena, a
Livorno e Lucca. E le reti di comunità ebraiche forti, fra cui Firenze spiccava come la capitale del sionismo italiano con documentati contatti internazionali. Per quanto possibile questo facilitava una mobilità più alta che da
altre aree territoriali. Gli «ebrei fiorentini emigrati in Palestina costituirono
proporzionalmente il gruppo italiano più numeroso», ha mostrato Arturo
Marzano, con la percentuale del 17% mentre la percentuale di ebrei resi27 Era del resto quello che si era fatto per decenni sugli emigranti poveri a Ellis Island,
dove gli Italiani abbondavano e riportavano alte percentuali di presunta inferiorità mentale e
degenerazione ai test.
28 Cfr. A. Gissi, L’emigrazione dei maestri. Gli scienziati italiani negli Stati Uniti tra le due guerre, in A. Arru – D.L.V. Caglioti – F. Ramella, Donne e uomini migranti. Storie e geografie tra breve
e lunga distanza, Roma, Donzelli, 2008, pp. 145-161.
L’EMIGRAZIONE INTELLETTUALE EBRAICA DALLA TOSCANA
279
denti a Firenze era il 5% degli ebrei italiani.29 Rispetto a comunità assai più
popolose, come quella romana, conta che la composizione sociale della popolazione ebraica fiorentina fosse di livello borghese medio alto, con molti
professionisti ed un elevato livello di istruzione e di cultura, che costituisce
un fattore predisponente alla mobilità.
Si trattava di reti già collaudate, non certo esclusivamente toscane ma
particolarmente vitali in quell’area, che si rivelarono di una certa efficacia
nell’emergenza. Accanto ai documentabili aiuti attivati dalla rete sionista,
e anch’essa antecedente alle leggi razziali c’era la rete antifascista, animata
da personaggi di almeno due generazioni. Tra i toscani anche di adozione,
Gaetano Salvemini e Max Salvadori, Guido Ferrando e il livornese Giuseppe Modigliani, Giuseppe Borgese e il grossetano Randolfo Pacciardi; tutti i
cosiddetti fuoriusciti, alcuni dei quali dovettero brutalmente accorgersi della
loro identità ebraica come Carlo e Nello Rosselli, non solo mantenevano
contatti fra loro nell’esilio, ma si organizzarono tra le due sponde dell’Atlantico. Nel 1941 costituirono l’Italian Emergency Rescue Committee, presieduto da Lionello Venturi – nato a Modena, professore a Torino e poi a
Roma –, uno dei tredici professori italiani che rifiutarono di giurare fedeltà
al fascismo, e con tesoriere Roberto Bolaffio – ingegnere nato a Gorizia, laureato a Graz, naturalizzato americano e venuto a vivere poi a Firenze – stretto collaboratore di Salvemini.30 Per salvare gli amici antifascisti esuli in Francia, quelli che erano già da anni nella East coast degli Stati Uniti procuravano
visti, sostegni finanziari, e qualche opportunità di impiego per farli arrivare
a New York.31 È emblematico che studiosi della medesima disciplina che
ben si conoscevano fra loro e che si erano formati alla stessa scuola presso
l’ateneo di Firenze, siano emigrati rispettivamente nella Palestina mandataria e negli Stati Uniti, abbiano avuto strategie, percorsi e destinazioni tanto
diverse ma appoggiandosi ciascuno ad un preciso network di relazioni e di
sostegno cui appartenevano già prima di emigrare: tramite la rete sionistica
Enzo Bonaventura entrò all’università di Gerusalemme e vi si stabilì dopo
aver visto fallire il suo tentativo di rientrare nell’università di Firenze; tramite la rete antifascista Renata Calabresi riuscì ad emigrare a New York e a
sistemarsi, grazie alla propria tenacia e agli aiuti della cerchia di Salvemini.32
29 A. Marzano, Una terra per rinascere. Gli ebrei italiani e l’emigrazione in Palestina prima della
guerra (1920-1940), Genova, Marietti, 2003, p. 125.
30 Il Fondo Bolaffio (1910-1970), Istituto Storico della Resistenza Toscano, sconvolto da
un furto nella casa degli eredi, in attesa di riordino. Della rete è testimonianza, G. Salvemini,
Lettere americane 1927-1949, a cura di R. Camurri, Roma, Donzelli, 2015.
31 Sull’operatività di quella rete si veda, ad es., il diario di V. Modigliani, Esilio, Cernusco
sul Naviglio, Garzanti, 1946.
32 Vedi P. Guarnieri, Italian Psychology and Jewish Emigration under Fascism, New York,
280
PATRIZIA GUARNIERI
I nomi ricordati finora sono quasi tutti maschili, come anche negli elenchi dell’ECADFS e quelli della SPSL. Le donne tuttavia c’erano. Studiose e
professioniste che partivano da sole e intraprendevano percorsi difficili in
quanto donne; oppure che partivano con marito e spesso figli e avevano un
ruolo primario nella decisione e nell’esperienza dell’espatrio e poi nell’inserimento nel nuovo ambiente. Erano soprattutto loro che contribuivano
alle reti dell’esilio, nel mantenere rapporti, epistolari e concreti, da lontano
e nella vita quotidiana, in un intreccio tipicamente femminile di affetti, relazioni di cura, lavoro ed impegno.
L’impegno anche a non far dimenticare, che noi non possiamo non
raccogliere.
Palgrave Macmillan, 2016, e il confronto tra The Zionist Network and Enzo Bonaventura: from
Florence to Jerusalem, ivi, pp. 113-153 e The anti-Fascist network and Renata Calabresi: from Florence
to Rome and New York, ivi, pp. 155-198.
INDICE
Nota del Presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag.
7
MEMORIE
Sandro Rogari, La grande guerra all’origine dei “mostri” del XX
secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
11
Nota della curatrice Elena Mazzini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Saluti del Rettore Luigi Dei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Saluti del Presidente Sandro Rogari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
»
»
25
27
29
Michele Sarfatti, La normativa antiebraica nella scuola e i manuali antisemiti e razzisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
31
»
47
»
67
»
81
Atti del Convegno di Studi
L’INVENZIONE DELLA RAZZA .
L’IMPATTO DELLE LEGGI RAZZIALI IN TOSCANA
24-25 gennaio 2019
LA DIMENSIONE GIURIDICA
Paolo Caretti, Le leggi razziali e il loro precedente nella legislazione
coloniale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Saverio Gentile, La scienza giuridica italiana e la legislazione antiebraica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
MEMORIE DELLA PERSECUZIONE
Lionella Viterbo Neppi Modona, Le leggi razziali e il loro impatto sulla vita delle famiglie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
360
INDICE
Gigliola Sacerdoti Mariani, I ricordi di una bambina in fuga nel
1943 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag . 89
Daniele Olschki, «Litteris servabitur orbis». La casa editrice
Olschki tra le due guerre e le leggi razziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 105
Ida Zateli, In ricordo di David Diringer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 113
ISTITUZIONI, ECONOMIA E SOCIETÀ
Giustina Manica, Il fascismo fiorentino e le leggi razziali . . . . . . . .
Bruna Bocchini, Chiesa e cattolici di fronte alle leggi razziali . . . . .
Luca Menconi, Giovanni Preziosi e le origini dell’antisemitismo . . .
Simone Duranti, L’azione antisemita del Gruppo universitario
fascista dell’ateneo fiorentino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Francesco Margiotta Broglio, Le leggi razziali dell’Italia fascista (1938-1987) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
»
»
123
133
151
»
163
»
179
»
191
»
207
»
221
»
»
237
265
CULTURA, SCUOLA E UNIVERSITÀ
Elena Mazzini, Le università e le leggi razziali del fascismo . . . . . .
Anna Teicher, Studenti stranieri, studenti ebrei: nuove presenze
nell’ateneo fiorentino nei primi anni del fascismo . . . . . . . . . . . . . . .
Salvatore Cingari, Le leggi razziali al liceo Dante di Firenze. Appunti su Guido Pereyra e Renato Coèn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Maurizio Pagano, Le leggi razziali e gli studenti del Ginnasio Liceo
Dante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Patrizia Guarnieri, L’emigrazione intellettuale ebraica dalla Toscana
Convegno inaugurale e mostra di immagini e documenti
EBREI IN CINA
DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE .
SHANGHAI, CITTÀ RIFUGIO DALLE PERSECUZIONI RAZZIALI
31 gennaio - 28 febbraio 2019
Nota a cura di Romina Vergari e Alberto Legnaioli . . . . . . . . . . . .
»
281
361
INDICE
PREMI A TESI DI DOTTORATO
EDIZIONE 2019
Luigi Filieri, Intuizione e sintesi nello scambio epistolare tra Kant e
J.S. Beck . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag . 289
Michele Mioni, Verso un nuovo patto sociale. La Seconda guerra
mondiale e le politiche sociali in Gran Bretagna, Italia e Francia . . . . » 303
Andrea Simone, Dante in scena. Percorsi di una ricezione: dalla fine
dell’Ancien Régime al Grande Attore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 315
Nicoletta Tardini, Aspetti coomologici di varietà complesse e simplettiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 325
ATTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Rendiconto dell’attività accademica 2018-2019 . . . . . . . . . . . . . .
»
»
341
343
Cariche della società . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
350
Soci scomparsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Mario Mirri, Romano Paolo Coppini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Arturo Palma di Cesnola, Fabio Martini . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Maurizio Torrini, Alessandro Savorelli . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
»
»
»
353
353
354
356
FINITO DI STAMPARE
PER CONTO DI LEO S. OLSCHKI EDITORE
PRESSO ABC TIPOGRAFIA • CALENZANO (FI)
NEL MESE DI MAGGIO 2020
ISSN 0392-0836
ISBN 978 88 222 6703 0