MAURO PAPALINI
La Beata Maria Teresa Fasce
Abbadessa del [Monastero Agostiniano di Santa Rita da Cascia
La sua vita, la sua spiritualità
Edito dal Monastero Agostiniano S. Rita – Cascia.
In copertina Medaglia commemorativa della Beatificazione Madre Teresa Fasce. Scultore Mauro
Baldessari.
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PRESENTAZIONE
Ogni anno moltissima gente si reca a Cascia in pellegrinaggio per pregare S. Rita, la Santa
taumaturga che ha tanti devoti in tutto il mondo; in questa cittadina la Santa è sempre vìssuta e qui
si è santificata nel modo meraviglioso che noi tutti sappiamo.
Salendo verso la Basilica, però, si erge una statua in bronzo: una monaca maestosa, di taglia
imponente, come se stesse a guardia del Monastero e del Santuario. In genere pochi sanno chi ella
sia: è la Beata Maria Teresa Fasce, che fu abbadessa del monastero di S. Rita per ventisette anni, dal
1920 alla sua morte, avvenuta il 18 gennaio 1947. Una figura quasi contemporanea, dunque; una
persona che molti hanno conosciuto e che tuttora ricordano, al punto che ella sembra essere ancora
qui tra di noi. E pensare che se andiamo a Cascia e trascorriamo una bellissima giornata di preghiera
e di riposo lo dobbiamo proprio a questa monaca, sì certo, proprio a lei, alla Beata Maria Teresa
Fasce, che è stata colei che ha pensato, voluto con tutta se stessa e realizzato la Basilica che
conserva il corpo di S. Rita, l’orfanotrofio femminile che ospita le famose “apette ” per le quali
tanta gente invia offerte, ed altre strutture per accogliere i visitatori, come la casa del pellegrino.
Ebbene, questa donna che tanto ha fatto per S. Rita oggi è come lei, è Beata, la Chiesa infatti l'ha
elevata agli onori degli altari indicandola ai cristiani come modello di vita da seguire e imitare. Ma
la Beata Maria Teresa non si è certo santificata con le
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realizzazioni edilizie, per quanto ciò abbia avuto la sua importanza, ma si è fatta santa perché ogni
giorno ha compiuto perfettamente la volontà di Dio, perché ha vissuto sempre mettendo in pratica
tutte le virtù cristiane, e perché ha salito con amore il suo Calvario portando con gioia la sua pesante
croce fatto di tante malattie e sofferenze.
In questo piccolo libro cercheremo di conoscere un po' meglio questa figura così affascinante senza
la pretesa di voler trattare approfonditamente tutti gli aspetti della sua vita e della sua spiritualità;
questo libretto è destinato a tutti, in particolare alle anime semplici che hanno interesse a conoscere
una Beata che le possa aiutare nelle difficoltà della vita, e non sono poche, ma che soprattutto
rappresenti per ognuno un modello di comportamento cui far riferimento. Chiediamo scusa se
questo breve libro risulterà scritto in modo troppo sintetico.
Giugno 1997
L'AUTORE
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PARTE PRIMA
VITA DELLA BEATA M.TERESA FASCE
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L’infanzia e la giovinezza
Torriglia è un’amena e ridente località nell’entroterra genovese che dista circa 35 chilometri dal
capoluogo ligure, Essendo piena di verde e di aria buona è stata sempre meta di villeggiatura per i
cittadini di Genova in cerca di riposo e di tranquillità. Nella seconda metà del secolo scorso la
famiglia Fasce era una delle più in vista della cittadina: faceva parte della borghesia medioalta e
possedeva l’Albergo dei Cacciatori. Eugenio Fasce era il capofamiglia e sposò Margherita Valente;
dal loro matrimonio nacquero tre figli: Luigia, Vittorio e Beatrice. Ma quando quest’ultima aveva
appena sei mesi la madre morì ed Eugenio Fasce si trovò in gravi difficoltà con tre bambini piccoli
da allevare e gli impegni del lavoro. Pensò quindi di risolvere il problema sposando in seconde
nozze la sorella di Margherita, Teresa Valente, così che i figli potessero avere più presente la figura
della madre morta e si affezionassero ad una persona che già conoscevano bene. Da questo secondo
matrimonio nacquero altri cinque figli: Giangiuseppe, Francesco, Clorinda, Maria (la nostra Beata)
e Carmelia.
La Beata Maria Teresa Fasce nacque a Torriglia in una stanza dell’Albergo dei Cacciatori il 27
dicembre 1881, venne battezzata il giorno dopo nella parrocchia
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di S. Onorato Abate della stessa cittadina.
I primi anni di Maria, o più familiarmente Marietta, trascorsero sereni insieme alle sorelle più
piccole Clorinda e Carmelia. Marietta frequentò con successo la scuola elementare e poi entrò
assieme a Clorinda e Carmelia nel collegio retto dalle suore Giannelline dove la nostra Beata, oltre
a ricevere un'ottima educazione, apprese l’arte del ricamo, del taglio e del cucito. Nonostante la sua
spiccata intelligenza non poté continuare la scuola perché alla fine del l'ottocento l'istruzione non
era fondamentale per una donna. Aveva una grande sensibilità per le arti, specialmente per la
musica che amava tanto; cantava benissimo, tutti quelli che l'hanno conosciuta dicono che aveva
una voce molto melodiosa. Il 5 agosto 1888 Marietta
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Fasce ricevette la Cresima e poi la Comunione, com’era d'uso in quei tempi (è solo dopo il Concilio
Vaticano II che si impartisce prima la Comunione e poi la Cresima). Nel 1889 un'altra tragedia
colpì la famiglia Fasce: Teresa, seconda moglie di Eugenio e madre della Beata, morì in giovane
età. Il problema dell'educazione dei figli si riproponeva in maniera più drammatica di prima, allora
Luigia Fasce, la primogenita, fece un gesto di grande amore verso la famiglia. Ella aveva nel cuore
il desiderio di farsi suora, ma di fronte ad una simile tragedia interpretò la volontà di Dio nel modo
più saggio e, rinunciando alla sua vocazione, si occupò a tempo pieno dell'educazione civile e
religiosa dei fratelli e delle sorelle. La nostra Beata la ricorda con molto affetto chiamandola "la
vicemamma".
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La famiglia Fasce era cattolica in tempi in cui essere cattolici non era certo facile nell'Italia postunitaria dove c’erano dure contrapposizioni tra laici e cattolici; per questo Marietta e gli altri figli
ricevettero un’ottima educazione religiosa. Ben tre sorelle Fasce ebbero nel loro animo Lintenzione
di consacrarsi alla vita religiosa: Luigia, Beatrice e Marietta. Di Luigia abbiamo già detto; Beatrice
manifestò chiaramente il suo desiderio di farsi suora al padre, ma egli rifiutò categoricamente.
Eugenio Fasce era sì cattolico, ma viveva pur sempre in una società dove contavano il prestigio, la
sistemazione con un buon matrimonio e cose del genere, quindi anch’egli aveva i suoi pregiudizi e
non poteva accettare che qualcuna delle sue figlie rinunciasse ai vantaggi della vita borghese per
rinchiudersi in qualche convento. Beatrice pertanto accettò a malincuore la volontà del padre che
anzi la fece sposare con un giovane di ottima famiglia; ma dopo poco tempo Beatrice morì e sul
letto di morte ella pronunciò queste parole: “Se qualcuna delle sorelle volesse farsi suora non
contrastatela”. Anche Marietta coltivava in segreto l’aspirazione a farsi suora, ma con prudenza
aspettava il momento propizio per manifestare la sua intenzione, e poi voleva essere sicura fino in
fondo di quel che voleva perché sapeva bene che i fratelli l’avrebbero ostacolata in tutti i modi.
Marietta aveva un carattere forte e volitivo, ma accettava docilmente tutto ciò che Luigia o gli
insegnanti a scuola o le suore nel collegio le dicevano per educarla nel modo migliore possibile. Era
molto briosa e vivace, era sempre richiesta come compagna di giochi. Dopo pochi anni anche
Eugenio Fasce morì e Carmelia Fasce, sorella minore della nostra Beata, ci racconta che ella
piangeva molto durante la malattia del babbo, ma Marietta la consolava
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e la incoraggiava dicendole: “Vieni Carmelia, preghiamo, dopo piangeremo”. Ecco la donna
concreta che ritroveremo molti anni dopo nel Monastero di Cascia! La Beata Maria Teresa Fasce va
subito all’essenziale senza perdersi in cose inutili.
Marietta trascorse l’adolescenza e la giovinezza ha Genova e Torriglia. A Genova frequentò la
parrocchia di Nostra Signora della Consolazione retta dai padri agostiniani; questo sarà molto
importante per la sua spiritua16
lità e per la sua vocazione. In quei tempi alla Consolazione c'erano due padri agostiniani molto
validi: il parroco P. Camillo Butti e soprattutto il P. Mariano Ferriello, confessore della Beata Maria
Teresa che la guiderà nella scelta di Cascia e nei primi difficili anni di postulante, di novizia e di
professa. Marietta frequentava assiduamente la sua parrocchia e collaborava facendo catechismo ai
bambini ed insegnando canto. Si iscrisse alla Congregazione delle Figlie di Maria alla quale
continuò ad appartenere anche dopo il suo ingresso in Monastero. Nel frattempo continuava a
lavorare nel laboratorio di taglio e ricamo delle suore Giannelline insieme a Clorinda e Carmelia.
Abbiamo già sottolineato che Marietta sicuramente coltivava da molto tempo la vocazione religiosa,
ma come tutti i grandi operatori di imprese memorabili ella voleva avere la massima chiarezza
dentro di sé e perciò attese molto tempo prima di dirlo alla famiglia: ma come si sviluppò la
vocazione religiosa nell’animo della Beata Maria Teresa?
A proposito di questo noi non abbiamo testimonianze sue dirette, ma possiamo provare ad
immaginarlo. La frequentazione degli Agostiniani, secondo noi. ebbe un
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ruolo decisivo: Marietta certamente conobbe la spiritualità di S. Agostino se non leggendo le sue
opere, quanto meno ascoltando le omelie di P. Butti, di P. Ferriello e degli altri; inoltre conobbe
certamente i Santi dell’Ordine Agostiniano in quanto nella sua parrocchia si celebravano le loro
feste. Sicuramente ella avrà sentito parlare di S. Chiara da Montefalco, esempio fulgidissimo di vita
religiosa, di S. Nicola da Tolentino, di S. Monica, di
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S. Tommaso da Villanova e di molti altri. E’ normale quindi che la sua vocazione si indirizzasse
verso il modello agostiniano; ma perché la Beata Maria Teresa quando comunicò alla famiglia la
sua decisione di farsi suora vi aggiunse anche “a Cascia”? Qui la risposta è relativamente più
semplice: il 24 maggio 1900 Papa Leone XIII canonizza solennemente Santa Rita da Cascia nella
Basilica di S. Pietro in Vaticano. I padri agostiniani cercarono di far conoscere questa nuova santa
vissuta cinquecento anni prima perché ella aveva avuto una storia personale che poteva colpire
molto la gente: Santa Rita era stata infatti figlia brava, sposa amorosa, madre affettuosa, vedova
saggia e religiosa santa. Anche i padri della Consolazione a Genova tennero alcune conferenze e
parlarono diffusamente di questa Santa. Evidentemente Marietta. allora diciannovenne, prese Santa
Rita come modello di vita perché questa santa aveva attraversato momenti durissimi nella sua vita,
ma aveva sempre fatto la volontà del Signore, piena di amore verso Dio e il prossimo. Marietta ne
parlò molte volte al padre Mariano Ferriello ed egli la incoraggiò ad andare avanti perché aveva
capito bene le qualità di questa ragazza genovese dolce ed energica, contemplativa e concreta al
massimo grado.
La vocazione e l'ingresso in Monastero.
Quando Marietta Fasce ritenne che era ormai giunto il momento di far partecipe la famiglia della
sua scelta irrevocabile disse apertamente di volersi fare religiosa agostiniana nel monastero di S.
Rita a Cascia. Doppia meraviglia per i fratelli che come il loro padre non vede19
vano di buon occhio una vocazione religiosa, e poi a Cascia, un posto sconosciuto, mai sentito
nominare da nessuno e così lontano da Genova e dalla famiglia. Luigia in realtà era favorevole alla
vocazione della sorella, ma perché proprio a Cascia, quel posto così strano? Cominciò una grande
discussione, e Marietta dovette dar fondo a tutta la sua grinta che non era certo poca. I fratelli le
ricordarono il rifiuto che il padre aveva opposto a Beatrice, ma ella rispose: “Lui morto vede ben
altrimenti che al tempo di Beatrice, perché è in luogo di verità!” Accettato il fatto della vocazione
religiosa di Marietta bisognava ora decidere il monastero dove ella potesse consacrarsi a Dio.
Marietta insisteva con Cascia, ma Luigia e gli altri cercarono di convincerla ad andare in un
monastero agostiniano in Liguria; dopo averne visitati alcuni quello che pareva soddisfare più
Marietta era quello di Savona. Le monache di questo monastero furono incaricate di prepararle il
corredo per entrare, ma un giorno dei primi mesi del 1906 nel laboratorio delle suore Giannelline,
mentre Marietta e le due sorelle stavano lavorando, ella scoppiò in un pianto irrefrenabile. Clorinda
e Carmelia si spaventarono terribilmente e tornarono di corsa a casa da Luigia. Marietta non
riusciva proprio a parlare per il gran pianto, quando si calmò un po’ disse singhiozzando: “A
Savona no...a Savona non posso...io devo andare a Cascia”. Alla fine anche la famiglia si convinse
ed acconsentì.
Il padre Ferriello e l’arciprete di Torriglia scrissero la lettera di presentazione all’abbadessa del
monastero di S. Rita di Cascia sottolineando le qualità preziose e le virtù della signorina Maria
Fasce, ma la risposta fu sorprendentemente negativa: l’abbadessa del monastero, M. Giuseppina
Gattarelli, rispose che Cascia non era il
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luogo adatto per una signorina abituata alle comodità della vita borghese in una grande città come
Genova, mentre Cascia era un paesotto con quattro ciottoli dove la signorina Fasce non avrebbe
potuto resistere. Marietta non si scoraggiò e la domanda fu ripetuta; questa volta la risposta arrivò
per telegramma e fu positiva, nel senso che la signorina Fasce poteva andare a Cascia per vedere il
posto e giudicare se le piacesse o no.
Così Marietta, Luigia e Carmelia affrontarono il lungo e
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scomodo viaggio in treno da Genova a Spoleto e poi fino a Cascia, dove giunsero il 20 giugno
1906. Marietta non potè entrare subito, ma per una serie di motivi dovette attendere due giorni
prima del suo ingresso. Durante il viaggio in treno ella aveva fatto due sogni importantissimi, che
raccontò a Carmelia: nel primo aveva visto il Sacro Cuore di Gesù luminoso e fulgente che le
sorrideva; nel secondo aveva visto una suora vestita di bianco con il viso bellissimo che la
accoglieva sorridente. Quando il giorno successivo le sorelle Fasce bussarono al portone del
monastero non venne ad accoglierle l’abbadessa, come era consuetudine, ma venne loro ad aprire
una suora vestita di bianco dal viso bellissimo, e Marietta sussurrò a Carmelia che questa
rassomigliava moltissimo a quella che aveva visto in sogno. Non dobbiamo meravigliarci del colore
dell’abito delle agostiniane perché fino agli anni venti o giù di lì nel periodo estivo le monache
indossavano un abito bianco fino al giorno di S. Agostino, 28 agosto, quando esse rimettevano il
loro tradizionale abito nero. L'abbadessa cercava di mettere in rilievo le difficoltà e l’inospitalità di
Cascia: non venne ad accoglierla al suo arrivo, la fece aspettare due giorni prima di farla entrare, e
quando entrò non la fece passare dal portone principale, bensì da un ingresso secondario dove c’era
una scala buia con un soffitto basso pieno di ragnatele.
Finalmente il 22 giugno 1906, festa del Sacro Cuore di Gesù, Maria Fasce realizzava il suo
proposito tanto desiderato e sognato: farsi suora nel monastero di S. Rita in Cascia. La sorella
Carmelia afferma che Marietta trovò tutto così bello, tutto buono, tutto come aveva desiderato, ma
fu proprio così?
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I suoi primi anni nel Monastero.
Com’era quel luogo tanto ardentemente desiderato e sognato da Maria Fasce? Certamente non era
quel paradiso che ella pensava. Dopo l'unità d'Italia gli ordini religiosi vennero soppressi con una
legge del 7 luglio 1866; ciò provocò difficoltà gravissime per conventi e monasteri, specialmente
per i più poveri e sconosciuti come quello di S. Rita. Purtroppo l’abbandono materiale e l'incuria
investirono anche la sfera spirituale provocando rilassatezza, violazioni continue delle regole
religiose e tanti altri mali. Alla fine dell’ottocento il monastero di Cascia aveva solo una ventina di
monache anziane; il 20 settembre 1897 arrivarono dal monastero di Visso (Macerata) sette giovani
monache che pareva avrebbero dovuto risolvere molti problemi, ma non fu così. Queste, poco
inclini alla mentalità contemplativa delle monache più anziane, si appropriarono di tutte le cariche e
portarono nel monastero un clima di conflitto e di aridità spirituale. L'Ordine agostiniano e la Santa
Sede vennero avvertiti di tutto ciò da alcune denuncie; si cercò di porre rimedio, ma ciò accadde
molto tardi, quando la Beata Maria Teresa Fasce era abbadessa già da due anni, cioè nel 1922. anno
in cui le sette monache provenienti da
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Visso vennero trasferite in un altro monastero. Ecco l'ambiente che trovò la sognante Maria Fasce,
sognante sì, ma con i piedi ben piantati per terra, ella amava i grandi ideali, ma era
straordinariamente concreta e caparbia nel realizzarli.
Il primo grande ideale, il primo grande progetto che realizzò fu la sua vocazione religiosa tanto
particolare e mi
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steriosa e come in tutte le cose della sua vita anche qui la Beata Maria Teresa trovò molte difficoltà.
Entrata finalmente nel monastero di S. Rita in Cascia fu postulante per sei mesi, finché nella notte
di Natale del 1906 ricevette l’Abito di monaca Agostiniana e fu ammessa al noviziato. Sempre nella
notte di Natale dell’anno successivo, 1907, Maria Fasce emise i voti religiosi di castità, povertà e
obbedienza, cioè fece la Professione semplice prendendo i nomi di Teresa Eletta, da allora in poi
ella fu Suor Maria Teresa Eletta Fasce, o Maria Teresa o più semplicemente Suor Teresa Fasce.
Non ci sfugge il fatto che anche la madre della nostra Beata si chiamasse Teresa, ma noi non
sappiamo se ciò fosse stata una richiesta di Suor Maria Teresa oppure una pura coincidenza,
crediamo piuttosto che le monache siano venute incontro ad un suo desiderio.
Se nei primi tempi tutto le appariva buono, tutto le sembrava bello, come dice la sorella Carmelia,
nei tre anni successivi vennero problemi e dubbi che per un carattere deciso e non abituato alle
mezze misure ed ai compromessi rappresentavano una sofferenza morale molto forte. I sogni di una
perfetta vita religiosa della Beata si erano infranti contro gli scogli ed i ciottoli della dura realtà,
quell’atmosfera così poco spirituale da noi descritta sopra produsse nella giovane suora un effetto
devastante. ma ella non era il tipo da scoraggiarsi o da buttarsi a terra. Opportunamente consigliata
dal suo confessore di una volta P. Mariano Ferriello. ella chiese al Generale dell’Ordine
agostiniano, Padre Tomás Rodríguez, il cosiddetto “Extra claustra”, letteralmente “fuori del
chiostro": si tratta di una pausa di riflessione accordata a chi ha alcuni dubbi; esso consiste nel
passare alcuni mesi lontano dal monastero in cui si è vissuti tornando in
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famiglia e qui valutare attentamente il da farsi. Nel giugno 1910 Suor Maria Teresa partì da Cascia
e se ne tornò a Genova dove rimase per undici mesi. Così ella visse in famiglia, ma rispettando
scrupolosamente le regole della vita religiosa: in questo periodo certamente ella avrà pregato
moltissimo il Signore e S. Rita per il suo futuro, esaminando con la consueta lucidità e calma la sua
vita passata e le prospettive future, e quando si sentì spiritualmente pronta ad intraprendere
l'impresa che voleva realizzare con tanta pervicacia, cioè essere monaca agostiniana nel monastero
di S. Rita, risolti i suoi dubbi si riconfermò nei suoi propositi e ripartì definitivamente per Cascia;
era il mese di maggio del 1911.
Il 22 maggio 1912 fece la professione solenne iniziando la sua inarrestabile ascesa sul monte della
santità. Il dubbio principale che la tormentava era se denunciare quel clima rilassato e poco
spirituale del monastero oppure sopportare eroicamente, ma ella non era il tipo da stare zitta anche
perché valutava attentamente quale fosse il vero bene: se ella avesse taciuto e sopportato ne avrebbe
guadagnato solo la sua santità personale, ma non le altre consorelle, mentre se avesse fatto presente
ai suoi superiori le cose che non andavano avrebbe contribuito alla restaurazione di una vita
autenticamente e veramente contemplativa e santa all’interno del monastero. Inutile dire che la
Beata Maria Teresa optò per la seconda soluzione: infatti con tre pungenti lettere scritte durante
l’anno 1916 la Beata elencò tutti i mali che affliggevano il monastero chiedendo una soluzione
definitiva, come in effetti avvenne.
Il 17 luglio 1914 la Beata Maria Teresa fu nominata maestra delle novizie e la sua prima allieva fu
proprio colei che la aiuterà validamente lungo la sua faticosa vi27
ta, suor Maria Giuseppa Rosato, che fu anche la sua più grande confidente. Del resto in questi primi
anni di vita religiosa la Beata Maria Teresa Fasce ebbe modo di mostrare alle consorelle tutte le sue
eccezionali qualità ed il suo carattere forte e volitivo, ma allo stesso tempo docile e rispettoso.
Risaltò innanzi tutto la sua umiltà: ella non si metteva mai in mostra, accettava con gioia tutti i
consigli, anche i rimproveri sbagliati, come in questi due casi: una volta una suora la rimproverò
perché cantava male, proprio lei che aveva una voce melodiosa e cantava divinamente, e la Beata
umilmente si mise in fondo al coro e vi rimase fino a quando non fu nominata maestra di canto; un
giorno una sua consorella le corresse una parola in modo sbagliato: la Beata, pur sapendo che la sua
consorella aveva torto, da quel momento lesse ogni volta quella parola in modo sbagliato per non
umiliare quella suora. Sono questi piccoli episodi che fanno vedere la grandezza dell’animo di Suor
Maria Teresa.
Per risolvere l’incresciosa situazione del monastero denunciata con forza dalla Beata, nel 1917 le
autorità dell'Ordine agostiniano intervennero direttamente perché le monache riunite in capitolo non
riuscivano ad eleggere la loro abbadessa; quindi fu nominata d'autorità Suor Consiglia De Angelis e
Suor Maria Teresa Fasce fu nominata Vicaria, era il 1 agosto 1917. Ella svolse il suo ruolo di
Vicaria con grande acutezza e solerzia al punto che nel capitolo successivo la Beata Maria Teresa
Fasce venne eletta all’unanimità Abbadessa del monastero di S. Rita a Cascia. Era il 12 agosto
1920, e rimase tale fino alla morte, in ventisette anni per nove volte fu rieletta sempre all’unanimità.
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La Madre Abbadessa.
Ora che la Beata Maria Teresa era al comando poteva portare a compimento la sua seconda grande
impresa, la ricostruzione morale e spirituale della comunità delle monache di Cascia. La vita nel
monastero cambiò radicalmente: ma la Beata Maria Teresa non impose nulla
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con la forza; con i suoi insegnamenti e soprattutto con i suoi esempi ella divenne la pietra miliare, la
testata d’angolo su cui ricostruire una comunità religiosa propriamente detta, e vi riuscì, anche se
non mancarono problemi. Questi non erano solo di carattere spirituale o di governo del monastero,
ben presto cominciarono i suoi gravissimi mali fisici che la accompagneranno per tutta la vita.
Quando fu eletta abbadessa, il 12 agosto 1920, ella soffriva già di un tumore al seno sinistro ma
nessuno lo sapeva tranne i medici che dovettero operarla un mese dopo la sua elezione. L’11
settembre 1920 la nuova abbadessa si sottopose ad un lungo intervento per asportare materia
tumorale dal petto; durante l'operazione ella fu meravigliosa: non emise un lamento, come del resto
era e sarà sempre suo costume, non accettò l’anestesia totale, ma solo quella locale per potersi
rendere ben conto di ciò che le accadeva, ma soprattutto per poter offrire le sue sofferenze al suo
Divino Sposo Gesù Cristo che per amore nostro aveva tanto sofferto ed era morto in croce. Prima
dell’operazione non voleva farsi legare, ma poi acconsentì dicendo: “Hanno legato anche Lui (Gesù
Cristo)! " E questo non fu il solo intervento che la Beata Maria Teresa Fasce dovette subire, ce ne fu
un altro dello stesso genere nel 1928, e nell’anno successivo si temette seriamente per la sua vita, al
punto che si pensava di sostituirla nel ruolo di abbadessa, ma per fortuna si riprese bene. Il cancro al
seno non fu il solo male che l’afflisse, anzi ne ebbe tanti e tutti molto gravi: fu affetta da mal di
cuore, dall’asma che a volte quasi le toglieva il respiro, dal diabete, da problemi circolatori che le
davano fortissimi bruciori ai piedi e molto spesso le sue consorelle dovevano rinfrescarla con acqua
o pezzetti di marmo per darle un po’ di sollievo. La
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Beata Maria Teresa non fece mai pesare su nessuno i suoi mali e quando si doveva far aiutare le
dispiaceva enormemente perché causava disturbo alle altre. Quelle monache che l’hanno assistita
sono concordi nel dire che la Beata non si lamentava mai di niente e se chiedeva qualcosa lo faceva
con molto garbo. Le malattie e i dolori le impedivano anche di camminare liberamente, quindi la si
doveva trasportare su un seggiolone portato a spalla dalle monache, ma per nessuna era una fatica
trasportare la Madre perché quando si stava con lei si dimenticava tutto e ci si sentiva serene e
tranquille: la Beata Maria Teresa dava a tutte un'impressione di sicurezza e di calma proprio perché
lei per prima era sicura, serena e calma. La Beata Maria Teresa Fasce è chiamata semplicemente
dalle suore o dai casciani “la Madre” o “la Badessa”, questo perché ella ha incarnato perfetta31
mente l'ideale di abbadessa e di madre sollecita verso le sue figlie e verso i pellegrini che durante la
sua vita incontrò.
Si dice che ella fosse severa ed austera, è vero, ma non dobbiamo mai dimenticare che la Beata
conobbe bene i rischi di una vita monastica disordinata, quindi voleva evitare ad ogni costo che le
sue monache deviassero dalla retta via. Per questo era molto esigente e pretendeva che ognuna
facesse perfettamente il proprio dovere e si impegnasse fino in fondo nei compiti a lei affidati,
ognuna naturalmente secondo le proprie possibilità. Era molto rigida nell’applicazione scrupolosa
della regola agostiniana che ella prendeva a modello di vita e di cui colse lo spirito essenziale:
voleva infatti che la comunità fosse unita in un cuore solo ed un'anima sola. Voleva avere tutto sotto
il suo controllo non perché bramasse il potere ed il comando, al contrario; ma sentiva molto la sua
responsabilità di Madre Abbadessa davanti a Dio e alle sue consorelle e se qualcuna aveva dei
problemi ella doveva aiutarla a risolverli perché la serenità e la tranquillità spirituale e materiale
non fossero turbate. Possedeva un intuito eccezionale: coglieva e percepiva i desideri ed i pensieri
delle monache senza che esse li manifestassero; abbiamo molte testimonianze di questo. Senza
gridare al miracolo diciamo che la Beata Maria Teresa era un'anima assolutamente dedita a Dio,
quindi è normale che lo Spirito Santo potenziasse fortemente quelle capacità e quelle qualità che
ella possedeva già naturalmente. Voleva che le monache rispettassero scrupolosamente il silenzio
perché non si distraessero dal pensiero di Dio che era il primo e unico costante compito: per
facilitare questo aveva escogitato un sistema: ogni monaca doveva dire ad un’altra: “À che pensi?"
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La preghiera poi aveva un ruolo fondamentale nella vita della nostra Beata: lei stessa pregava
moltissimo e voleva che le monache facessero altrettanto; la preghiera non doveva essere interrotta
per nessun motivo ed era il rimedio che ella raccomandava sempre a tutti, monache e pellegrini. La
Beata Maria Teresa Fasce era convinta che la santità consiste non tanto nel fare grandi cose, ma
piuttosto nel fare bene le pìccole cose perché soprattutto in esse si vede la fedeltà di ognuno alla
Santissima Volontà di Dio. Per questo era attentissima ad ogni minimo particolare della vita delle
sue monache: come sempre fu lei a dare il buon esempio; faceva a meno di ogni cosa superflua o
che non serviva, non buttava mai niente anche perché il monastero in quei tempi non si trovava
certo in condizioni economiche floride, tutt’altro; portava i suoi abiti finché era possibile,
raccoglieva anche i pezzetti di carta per terra per metterli nel forno a fare il fuoco. Le monache
cercavano di imitarla in tutto e per tutto, e da quel che si dice ci riuscivano abbastanza bene. del
resto la sua presenza illuminava tutto il monastero perché la Beata Maria Teresa era trasparente e
riluceva della luce di Dio.
Sappiamo bene che fisicamente era di taglia imponente: alta, ingrossata dalle malattie, portamento
elegante ed imperioso che incuteva soggezione; ma spiritualmente era molto più imponente,
nell'esercizio delle virtù cristiane era gigantesca, nel l’amare Dio e il prossimo sovrastava qualsiasi
altro; è ovvio che di fronte ad una simile personalità ci si sentisse come disarmati ed inferiori.
Nessun testimone, ad onor del vero, ha mai affermato che la Beata incutesse paura; ciò si spiega
bene perché ella governava con sapienza, saggezza, fermezza, prudenza. ma soprattutto con
dolcezza. Era tenera ed affet33
tuosa con tutte, non faceva mai parzialità né aveva preferenze per alcuna; quando correggeva lo
faceva con molta discrezione non alzando mai la voce e non umiliando mai la sua consorella
bisognosa della correzione. Tutti la ricordano inalterabile, cioè di umore stabile, non si arrabbiava
mai, non dimostrava i suoi stati d’animo in modo esagerato né nella gioia né nella tristezza.
Sappiamo che la Beata Maria Teresa si esercitò moltissimo nell'autocontrollo di se stessa: per
naturale tendenza era propensa al comando e ad imporsi, ma non lo fece mai pesare; era molto
intelligente, ma aveva un’attenzione tutta particolare verso chi non lo era, anzi aveva enorme stima
delle monache più umili e semplici come Suor Cherubina, alla quale molto spesso affidava
l’incarico di pregare nella cella di S. Rita per chi ne aveva bisogno. Nonostante i suoi guai fisici ella
lavorava moltissimo: il governo del monastero, le alterne vicende della costruzione del nuovo
tempio di cui tra poco diremo, la fittissima corrispondenza con i pellegrini e con i devoti di S. Rita
che chiedevano conforto e preghiere; la Beata pensava a tutti, aveva una parola buona per tutti:
incoraggiava, consolava, spronava a pregare sia nei colloqui con i pellegrini che venivano a Cascia
che per lettera. Spesse volte scriveva di notte perché soffriva di insonnia per i dolori che aveva. Non
volle mai una vera scrivania, ma usava una rozza cassa da imballaggio che ella adottò come suo
tavolo di lavoro, e quando le regalarono una scrivania vera e propria, le monache dovettero insistere
moltissimo perché la accettasse, ma lei diceva molto spesso: “L’altra era più comoda”.
Nella seconda parte di questo libro parleremo della sua spiritualità ed allora capiremo bene perché
la Beata si comportasse così e dove trovasse la forza.
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La costruzione del nuovo tempio di S. Rita.
La Beata Maria Teresa Fasce fu un'anima prevalentemente contemplativa e desiderosa di silenzio e
solitudine per far posto soltanto a Dio; eppure il suo nome è legato principalmente ad opere terrene,
pur essendo esse molto importanti per lo spirito; si tratta della Basilica di S. Rita e del l'Orfanotrofio
"Alveare di S. Rita.
Se oggi noi vediamo Cascia così com’è lo dobbiamo principalmente al genio lungimirante della
nostra beata, ma anche alla intelligente collaborazione delle figlie, le monache del suo Monastero,
le quali hanno saputo accogliere fedelmente il desiderio della Madre come un vero testamento
spirituale e nel corso degli anni, fino ad og
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gi, hanno saputo realizzare quelle Opere ritiane intorno al Santuario che ne rendono più ricca e
adeguata la funzionalità. Basti pensare alla casa del Pellegrino, al Seminario Agostiniano ora Casa
di Esercizi Spirituali "S. Rita", alla Casa per i Confessori, all'Ospedale e in ultimo ai lavori di
ampliamento del Viale del Santuario. Esse, dietro l'esempio della Madre seppero continuarne i
"progetti" riuscendo a realizzare cose che prima sembravano incredibili data la povertà del
monastero e l’esiguo spazio del territorio casciano, ma non dobbiamo dimenticare che la Beata
Maria Teresa Fasce aveva scelto come suo modello di vita S. Rita, la Santa degli impossibili.
All’inizio di questa breve biografia abbiamo già visto il carattere eminentemente ritiano della
vocazione della Beata Fasce. Ella continuò sempre ad onorare la sua Santa non solo con la
preghiera ed imitandone profìcuamente le virtù, ma anche facendo qualcosa di concreto perché
questa Santa così affascinante fosse conosciuta in Italia e nel mondo.
In effetti S. Rita non era così popolare come oggi: la sua beatificazione, avvenuta nel 1628. passò
quasi inosservata salvo che in Umbria; anche la sua canonizzazione non portò tutti quei frutti che ci
si poteva attendere, ma nel 1900 gli agostiniani si diedero molto da fare e la Santa cominciò ad
essere conosciuta specialmente in Spagna. Il casciano P. Angelini O.S.A. nel suo bellissimo libro
sulla nostra Beata ci dice che una volta non si vedevano pellegrinaggi a Cascia anzi, quando ne
arrivava uno era un avvenimento che suscitava molta curiosità.
La Beata Maria Teresa era donna previdente e prudente oltre che saggia, per questo una sua
costante era quella di progettare le cose a lungo termine e realizzarle soltan-
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to quando si sentiva sicura; come fece con la sua vocazione, così fece con le opere in onore di S.
Rita. Inoltre ella aveva una fede incrollabile ed una fiducia totale nella divina Provvidenza che
faceva tenerezza; uniamo queste cose insieme ed ecco la figura forte, intrepida e maestosa della
Beata Maria Teresa Fasce che si lancia in un'avventura esaltante come la costruzione di un “nuovo
tempio”, come si disse allora; ma questa avventura le darà tantissimi dispiaceri e sarà per lei una
prova durissima che Dio le diede e che supererà alla grande. E’ chiaro che la Beata non poté fare
tutto da sola, sia perché si trovava dentro un monastero e non poteva contattare sempre
tempestivamente le persone necessarie (non è come oggi che abbiamo tanti strumenti che dalla
nostra camera ci mettono in contatto con tutti in ogni parte del mondo), sia perché l'entità delle
opere era enorme e richiedeva un lavoro di équipe. Perciò ella cercò dei collaboratori e li trovò nei
padri del suo stesso Ordine, in particolare il padre Possidio Marabottini ( 1874 1936). Questo
valente agostiniano fu un esempio di dedizione a Dio ed ai suoi disegni, condivise con entusiasmo
le iniziative prese dalla Beata Fasce e contribuì non poco a realizzarle. ma si sa che la vita ci porta
anche a decisioni dolorose e ad avere punti di vista diversi gli uni dagli altri; per questo la
collaborazione fra il P. Marabottini e la Beata Fasce si interruppe, tra poco ne vedremo i motivi.
Non appena la Beata fu eletta abbadessa nel 1920 ella cominciò a registrare scrupolosamente tutte
le grazie attribuite all'intercessione di S. Rita di cui veniva a conoscenza, ma avvertì subito
l’esigenza di uno strumento agile e valido per poter comunicare con i devoti della “Santa
Taumaturga”. così la chiamava lei, e per farla conoscere ulteriormente. La Beata Maria Teresa
pensò ad
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un bollettino da distribuirsi sia a Cascia che nelle altre parti dove c’erano devoti di S. Rita. Questo
fu il primo passo fondamentale per la realizzazione di tutto ciò che seguirà; dal bollettino, infatti,
vennero lanciate le varie raccolte di offerte per le opere ritiane. Il 22 maggio 1923 il primo numero
del bollettino vide la luce: il titolo era “Dalle api alle rose”, questo titolo è facilmente spiegabile: in
esso si voleva comprendere tutta la vita di S. Rita, dalle api che le entravano e le uscivano dalla
bocca alcuni giorni dopo la sua nascita, alle rose fiorite tra la neve che una sua parente le portò dal
suo orto di Roccaporena pochi mesi prima della morte della Santa. Il primo numero del Bollettino
“Dalle api alle rose” era costituito da pochi fogli e parlava della festa di S. Rita. P. Angelini. allora
bambino e grande amico della badessa, fu incaricato da lei di distribuire ai casciani il primo
numero, ed altre copie vennero mandate per posta ad alcuni devoti conosciuti dal monastero. Il
primo direttore del bollettino fu naturalmente il padre Possidio Marabottini. e fu un ottimo direttore.
La diffusione del bollettino incrementò notevolmente il numero dei devoti che si recavano a Cascia
in pellegrinaggio presso la tomba di S. Rita, infatti questi pellegrinaggi si infittirono molto nel 1924
e soprattutto nell’anno successivo, 1925. in cui si celebrava il venticinquesimo anniversario della
canonizzazione di S. Rita. Ciò comportò notevoli problemi perché Cascia non era pronta ad
accogliere tante persone tutte insieme, proprio per l’annoso problema della mancanza di spazio:
qualcosa bisognava pur fare per disciplinare l'omaggio devoto dei pellegrini al corpo di S. Rita, ma
non c'era tempo poiché i festeggiamenti per il venticinquesimo della canonizzazione erano troppo
vicini e non si poteva ormai ampliare la piccola chiesa né tantomeno
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costruire un nuovo tempio anche se la Beata Teresa Fasce e il P. Marabottini ci pensavano. L’unica
soluzione che pareva fattibile era la costruzione di un nuovo altare più piccolo e che non fosse
davanti all’ urna che conteneva il corpo della Santa, quello antico infatti era molto grande ed
impediva l’accesso dei pellegrini all’urna, il nuovo altare venne realizzato molto rapidamente: il
bollettino lanciò la campagna per raccogliere le offerte e ne avvivarono moltissime, di poche lire
come di mille lire, tutti vollero partecipare secondo le loro possibilità a questa prima realizzazione
pratica in onore di S. Rita. L’altare fu costruito in marmo di Siena con l’aiuto del padre agostiniano
Agostino Ruelli e scolpito dallo scultore Domenico Mastrojanni. Il 22 maggio 1925 pertanto fu una
festa grandissima ed altrettanto il 24 maggio, anniversario della canonizzazione di S. Rita; il
bollettino ne parlò ampiamente e l'eco di queste feste e del nuovo altare arrivò dappertutto.
Dato il grande successo della campagna di raccolta delle offerte per costruire il nuovo altare, la
Beata Maria Teresa e il suo prezioso collaboratore P. Marabottini pensarono di lanciarsi nella
grande impresa: tentare la costruzione di un nuovo tempio in onore di S. Rita. L’opera sembrava
impossibile, ma la fiducia smisurata della Beata nella provvidenza di Dio e l'entusiasmo del P.
Marabottini vinsero ogni ragionevole indugio. Nel giugno 1925 il bollettino lanciò l'idea e chiese
offerte ai devoti per la realizzazione di un'opera che effettivamente era molto necessaria; ma i
progetti degli uomini non procedono sempre speditamente nonostante il loro benemerito fine, e così
la costruzione di questo nuovo tempio fu lunga e laboriosa, piena di ostacoli e di duri scogli. Ci
furono una serie impressionante di problemi e di diffi41
coltà vere e presunte che amareggiarono moltissimo l'animo sensibile della nostra Beata e la
costrinsero a subire la cattiveria del mondo: quel mondo che ella aveva sognato di lasciare per
sempre quando entrò nel monastero di S. Rita da Cascia, ma che ora se lo ritrovava addosso con
tutte le sue contraddizioni e le sue complicazioni. O imperscrutabile profondità dei disegni di Dio!,
per dirla con S. Paolo. La Beata Maria Teresa Fasce che era tutta di Dio suo Sposo, si trovò suo
malgrado impigliata nelle pastoie burocratiche del mondo. Ci limiteremo qui a riassumere per
sommi capi le intricate vicende della costruzione del nuovo tempio in onore di S. Rita che, iniziatasi
nel 1925 terminò, anche se non del tutto, il 18 maggio 1947 con l’inaugurazione della nuova chiesa
non ancora rifinita: la Beata Maria Teresa vide dal Cielo questa inaugurazione poiché aveva lasciato
questa tempestosa terra proprio quattro mesi prima, il 18 gennaio 1947.
Per il progetto del nuovo tempio il P. Marabottini contattò uno degli architetti più in vista del
momento: il famoso Armando Brasini, accademico d'Italia ed architetto ufficiale del Duce. Era un
nome prestigioso che garantiva grande lustro all'opera che si accingeva a progettare. Il Brasini
presentò un progetto già nel settembre del 1925 pubblicato puntualmente dal bollettino. Il santuario
progettato era molto sfarzoso, di forma circolare, ed era staccato dal monastero e ornato da molti
abbellimenti. Brasini prestò la sua opera gratuitamente, ma le spese per realizzare un'impresa simile
erano ingenti e la Beata Fasce lo sapeva molto bene: i devoti di S. Rita stavano facendo già il loro
dovere e non si poteva chiedere loro di più, anche se dal bollettino ogni tanto partivano messaggi ed
esortazioni perché si aumentasse il
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numero delle offerte. Inoltre questo progetto non piaceva alla Beata perché era troppo sfarzoso e
poco funzionale in quanto aveva poco spazio al suo interno e poi esso necessitava di una grande
area edificabile, cosa che. come sappiamo, a Cascia è stata sempre un problema. Brasini pensava di
demolire oltre a vecchi edifici anche la foresteria e l'ingresso del monastero, ma ciò fu inaccettabile
sia per le monache sia per la Soprintendenza alle Belle Arti di Perugia che non vedeva di buon
occhio lo snaturamento del paesaggio di Cascia. Iniziarono molte polemiche fra l'architetto, il P.
Marabottini e la Curia generalizia agostiniana da una parte, e le monache, la Provincia agostiniana
umbra e la Soprintendenza di Perugia dall’altra. Fu un tira e molla di bocciature, di richieste e di
nuove proposte, uno stillicidio lungo e penoso di pretese e di veti incrociati che videro la nostra
Beata al centro di interessi e di manovre che nulla avevano a che fare con la spiritualità e con il
culto di S. Rita, ma ella si comportò come un grande condottiero, come un saggio capitano che sa
guidare la sua nave evitando i pericoli delle tempeste. Visto che il primo progetto fu respinto il
Brasini ne presentò un secondo più semplice, ma ugualmente poco adatto agli scopi previsti: era
bello sì, ma inutilizzabile, dato che al suo interno non aveva lo spazio sufficiente per accogliere
molti pellegrini: e poi anch’esso aveva bisogno di una grande area edificabile ed i costi erano
ancora troppo elevati: infatti le offerte giunte fino ad allora, (siamo nel 1931 ) ammontavano circa
alla metà della cifra necessaria. I sostenitori di Brasini incoraggiarono l'architetto a stendere un
terzo progetto, ma ormai il rapporto fra il monastero e Brasini si era definitivamente compromesso.
La Beata Maria Teresa cercò di concludere I rapporto con l’archi
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tetto nel modo più onorevole, ma egli pretese una grossa cifra come indennizzo e minacciò di adire
alle vie legali, poi invece Brasini si placò: ricevette un lauto compenso e fece anche un'offerta
consistente per il tempio pronunciando parole di stima per la nostra Beata.
Nel 1929, mentre infuriavano le polemiche, la Beata Fasce vedeva che la situazione non si
schiodava, perciò chiese consiglio ad altri, com’era suo solito fare. Pensò di scrivere a D. Luigi
Orione, ora Beato, chiedendogli un parere sul da farsi, il Beato Luigi Orione le rispose invitandola a
rivolgersi al sommo Pontefice. La Beata Maria Teresa aveva una speciale venerazione per il Vicario
di Cristo, partendo dal suo concittadino il Papa Benedetto XV, a Pio XI, che seguì da vicino le
vicende del
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nuovo tempio, fino a Pio XII che ebbe con lei rapporti epistolari fin da quando era segretario di
Stato. Bisogna anche aggiungere che da diversi anni la Badessa del monastero di S. Rita in Cascia,
per l’appunto la nostra Beata, non mancava di inviare al Santo Padre l'uva della vite miracolosa che
cresce nel monastero, e quest’uva veniva regolarmente servita sulla mensa del Papa; quindi esisteva
un rapporto molto stretto tra la badessa di Cascia e la Sede Apostolica; non dobbiamo dimenticare
neanche l’amicizia profonda della Beata Maria Teresa con Mons. Egidio Lari, diplomatico vaticano.
La risposta del Papa non si fece attendere: egli la invitava alla prudenza e a non fare spese più
grandi di quelle che si poteva permettere. C'era anche un problema politico:
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Brasini era l’architetto ufficiale di Benito Mussolini, una volta interrotto il rapporto con lui
bisognava trovare una soluzione che non urtasse l’orgoglio di personaggi molto in vista del regime
fascista, non per opportunismo, ma soltanto per prudenza, perché la costruzione di un nuovo
santuario tanto desiderato potesse realizzarsi in un modo o in un altro. Bisognava cercare qualcuno
che avesse autorità pari a quella del Duce, se non superiore. Chi meglio dell’architetto del Papa?
Tanto più che quando il provinciale agostiniano dell’Umbria ed altri si recarono da Mons. Spirito
Maria Chiapetta, architetto del Vaticano e presidente della Commissione pontificia per l’arte sacra
in Italia per sottoporgli la spinosa questione, il Chiapetta la risolse presentando egli stesso un
progetto nuovo per il tempio di S. Rita. Dal punto di vista diplomatico il problema era risolto, ed
anche la Soprintendenza di Perugia approvò il progetto, molto semplice e ben intonato al paesaggio
mistico di Cascia. Siamo nel 1934, la situazione tanto complessa sembrava sbloccarsi con grande
soddisfazione della nostra Beata, ma i guai per lei non erano finiti.
Tralasciamo tutto l’iter di approvazione del progetto Chiapetta ed arriviamo al momento in cui la
Commissione giudicatrice propose i nomi di tre ditte per lo svolgimento dei lavori, spettava infatti
alle monache scegliere la ditta. Alcuni appoggiarono la ditta Fantoni di Como, altri la ditta
Antonelli di Perugia; rimaneva esclusa la Ditta Provera Carassi di Roma. Tutti fecero pressioni
fortissime sulla badessa di Cascia che doveva decidere: furono momenti tremendi per la Beata
Maria Teresa che misero duramente alla prova il suo fisico già fortemente segnato dai vari mali e
soprattutto il suo animo avvilito dalle cattiverie e dalle miserie di questo mondo, tant’è
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vero che in una lettera la Beata esclama: "Quanto è brutto il mondo!" Ella descrive perfettamente il
suo stato d’animo in una lettera a Mons. Lari: "Noi siamo tra il martello e l'incudine”. In questi
frangenti così difficili per lei e la comunità ella ricorse all'unico mezzo possibile: la preghiera
intensa allo Spirito Santo ed a S. Rita perché la illuminassero su ciò che avrebbe dovuto fare.
Quindi la Beata Maria Teresa incaricò la sua segretaria, Suor Giuseppa Rosato, di andare a pregare
nella cella di S. Rita e di estrarre a sorte uno dei tre biglietti che le aveva dato in cui erano scritti i
nomi delle ditte. Suor Giuseppa fece quanto dettole dalla Badessa e tornò da lei mostrandole il
biglietto estratto: c’era scritto “Ditta Provera Carassi”. Le altre suore invitarono la badessa a
riprovare e questa volta la Beata Maria Teresa incaricò del l’operazione la semplice ed umile Suor
Cherubina Di Francesco; il risultato fu lo stesso: "Ditta Provera Carassi”; a questo punto la Beata
disse: “Santa Rita vuole questa, e questa sarà".
Erano passati dodici anni da quando venne lanciata l'idea di costruire un nuovo tempio in onore di
S. Rita: quante cose erano successe! Brutte, dolorose, cattive: ma la Beata Maria Teresa Fasce le
affrontò sempre con coraggio, fortezza e costanza, non facendosi abbattere delle contrarietà. Non
cedette neanche davanti ai profittatori e agli imbroglioni anzi, li riconosceva subito e ne diffidava.
Vogliamo qui ricordare un caso emblematico. Il Cavaliere Enrico Ciani, già podestà di Cascia (sotto
il regime fascista non esisteva più la carica di sindaco, ma fu sostituita da quella di podestà, come
nei comuni medievali), contattò il P. Marabottini e si incaricò di curare gli estimi degli espropri
necessari a preparare il terreno per
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la costruzione del tempio; poi lo stesso Ciani si offrì per fare alcune perizie a titolo gratuito non
richieste dal monastero; la Beata Fasce non era d’accordo, ma per rispetto del P. Marabottini lasciò
fare. Ad un certo punto il Ciani presentò al monastero una parcella molto salata; la Beata Fasce gli
fece notare che egli non aveva nessun documento che attestasse l’incarico da parte del monastero di
fare perizie od altre cose, quindi non poteva pretendere alcun compenso, anche perché aveva dato la
sua parola di svolgere gratuitamente la sua opera. Il cavaliere passò all’attacco e chiamò in giudizio
la Beata Maria Teresa citandola in un processo. La badessa fu molto addolorata per questo fatto così
increscioso, ma non per questo cedette alle assurde pretese dell'ex podestà di Cascia. Alla fine, per
chiudere la questione una volta per tutte, la Beata Fasce propose di liquidare il Ciani con una
somma indicativa per gli estimi fatti, ma solo a titolo di benevolenza. La Beata perdonò il cavaliere,
questo è fuori dubbio, ma non volle che la verità venisse oscurata; vistosi alle strette il Ciani ritirò la
causa.
Nonostante tutto, però, il 20 giugno 1937 fu una data storica, infatti si svolse a Cascia la cerimonia
di Benedizione e di posa della prima pietra del nuovo tempio. Intervennero moltissime autorità
religiose e civili, altre diedero la loro adesione con telegrammi. Finalmente iniziava a vedersi
qualcosa, dalle chiacchiere si passava ai fatti, ma non per questo i problemi erano finiti, anzi, ne
sorsero di nuovi. Non ci fu intesa fra l’architetto Chiapetta e la ditta costruttrice, e perciò vi furono
molti intoppi burocratici; inoltre il 10 giugno 1940 l'Italia entrò in guerra a fianco della Germania
nazista. Questo fatto segnò profondamente la storia del nostro paese ed anche lo svolgimento dei
lavori per la costruzione del nuovo
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tempio di S. Rita, finché nella primavera del 1943 essi furono definitivamente sospesi, e non
ripresero che nel marzo 1946. Durante tutti questi anni in cui la Beata Maria Teresa ebbe modo di
incontrare persone di ogni condizione sociale il suo comportamento fu sempre corretto con le
autorità, di più: ella, da buona madre sollecita ed affettuosa qual’era, salvaguardò sempre l’interesse
ed il bene della sua comunità; trattò allo stesso modo la Regina Elena di Savoia, le principesse, i
nobili e la povera vedova, il disperato, il carcerato o i genitori in ansia per i figli in guerra; ella
consolava tutti, ringraziava tutti per il bene che facevano, poco o molto; aveva parole e lacrime per
ognuno senza alcuna distinzione.
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L’Alveare di S. Rita.
Un'altra opera importantissima realizzata dalla Beata Maria Teresa Fasce fu l'orfanotrofio
femminile, che ella chiamò “Alveare di S. Rita" perché accoglieva le bambine orfane chiamate dalla
Beata “Api". L’occasione le venne data dalla richiesta di una povera vedova di Trisungo (Ascoli
Piceno) che arrivò a piedi a Cascia con la figlioletta di sette anni; la bambina era stanca e con i piedi
feriti. La Beata Fasce, sempre sensibile e pronta alle richieste dei bisognosi, la accolse e, quando la
donna fece presente alla Madre Fasce di non avere i mezzi per poter mantenere la bambina, la Beata
la tenne definitivamente presso il monastero. La bimba si chiamava Edda Petrucci, ma siccome fu
accolta nel monastero il 24 settembre 1938, festa della Madonna della Mercede, fu chiamata
appunto Mercede. Nasceva così l'Alveare di S. Rita, ancor oggi perfettamente funzionante ed
affettuosamente seguito dalle monache del monastero di S. Rita.
Dopo un anno le bambine erano già quindici, e durante la seconda guerra mondiale esse arrivarono
ad una quarantina. ma il momento era difficilissimo, pareva proprio il tempo meno adatto per
ospitare bambine bisognose di tutto, mentre mancava il necessario anche alla comunità stessa; ma la
Beata Maria Teresa non era il tipo da rinunciare ad un’opera di carità neanche in momenti tanto
duri: la sua fede era troppo grande per arrendersi davanti alle difficoltà e poi poteva contare sulle
sue molteplici capacità umane, che le permisero sempre di risolvere le questioni più intricate.
L’Alveare delle “api" o “apette" venne collocato nella parte nuova del monastero, tanto per
intenderci quella costruita nel settecento da Giovanni V di Portogallo. La Beata Maria Teresa
destinò alcune
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suore all’assistenza continua delle bambine, ma ella stessa ne seguiva maternamente e
scrupolosamente l’educazione spirituale e morale, premurandosi che avessero tutto il necessario. Le
monache che l’hanno conosciuta ricordano ancora con tenerezza la loro abbadessa che giocava tra
le bimbe e si faceva ella stessa bambina, fedele all’insegnamento di Gesù: “Se non diventerete come
bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.
La problematica costruzione del nuovo tempio di S. Rita i cui lavori andavano a rilento fino ad
essere sospesi, e la dura economia di guerra che costringeva tutti a fare sacrifici gravissimi stavano
mettendo in ginocchio il monastero e qualcuno consigliò alla Beata di chiudere l'orfanotrofio, ma
ella rifiutò categoricamente studiandosi di trovare qualche soluzione pratica a problemi tanto
grandi. Per questo la Beata Maria Teresa Fasce creò una nuova istituzione monastica: le suore
Torriere, cioè monache che pur vivendo con le claustrali potessero uscire liberamente dal monastero
per provvedere alle necessità della comunità e dell’alveare. Fino ad allora il monastero si era
affidato alle “Mandatarie secolari”, donne laiche incaricate di procurare il fabbisogno alla comunità,
ma in tempi di guerra le necessità aumentarono in maniera enorme e la Beata pensò saggiamente
che sarebbe stato meglio provvedere per proprio conto alle esigenze primarie, anche perché le
donne laiche avevano altri grossi problemi a casa loro. L’8 dicembre 1942 Suor Gabriella
Romanelli, Suor Raffaella Tinozzi e Suor Serafina Casanova iniziarono il noviziato in un luogo
separato dalle altre suore, le quali continuarono ad osservare normalmente la clausura. Le suore
Torriere, insieme alle apette più grandi, cominciarono ad andare in giro per Cascia e nei paesi vicini
per la questua, ma non
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di denaro, bensì di generi di prima necessità, e la popolazione rispose con molta generosità, secondo
le possibilità di allora che erano ben poche.
Gli ultimi anni della sua vita.
Durante l’occupazione tedesca dell’Umbria, settembre 1943 giugno 1944, anche il monastero di S.
Rita di Cascia ricevette per ben due volte la sgradita visita delle S.S. tedesche alla ricerca di
partigiani nascostisi nei monasteri. In entrambi gli episodi la Beata Maria Teresa Fasce dimostrò
tutta la sua fortezza d’animo e il suo coraggio. La prima visita avvenne il 26 marzo 1944. Domenica
di Passione, cioè la domenica che precede quella
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delle Palme: i soldati spararono alcuni colpi che danneggiarono il portone di S. Agostino ed
entrarono cominciando la loro perquisizione. La Beata Fasce si trovava giù in basso e li incontrò nel
chiostro: ella garantì loro che nel monastero non c’erano che suore, e protestò energicamente per la
violazione della clausura e per i danni arrecati; i soldati allora chiesero scusa e si allontanarono
promettendo che non sarebbero più tornati, ma non fu così. Il Martedì Santo, 4 aprile 1944. le S.S.
tornarono di nuovo alla porta del monastero e questa volta per aprirsi un varco buttarono una bomba
a mano che distrusse la ruota e il portone; entrati, perquisirono tutto intorno senza trovare niente. La
Beata Maria Teresa in quest'occasione si trovava in refettorio e pertanto, non potendo scendere per
le sue cattive condizioni di salute, si affacciò alla finestra e con la mano destra benedisse i soldati,
ma li sgridò dicendo loro che lì non c’erano che suore e facendo presente al comandante della
pattuglia i gravi danni che il monastero aveva subito.
Tutte le monache ancora superstiti affermano che vicino alla “Madre” non c’era nulla da temere,
esse si sentivano al sicuro perché la Beata Maria Teresa le teneva tranquille con il suo stesso
esempio intrepido di fede coraggiosa e forte, convinta com’era con S. Paolo che; "Se Dio è con noi,
chi è contro di noi?”.
Durante la guerra anche la vita quotidiana della comunità e delle apette cambiò, abbiamo già detto
delle difficoltà di approvvigionamento e della scarsità di mezzi. Durante i bombardamenti le
monache si riunivano tutte insieme nel corridoio delle dispense che fungeva da rifugio e in quei
momenti si pregava più intensamente. La Beata Teresa non imponeva di regola penitenze corporali,
diceva infatti che se una faceva il proprio dovere fino
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in fondo era già sufficiente, ma durante il conflitto ne fece fare alcune per offrirle a Dio come
partecipazione diretta alle sofferenze immani dell’umanità in guerra.
La nostra Beata era incredibile nella fiducia in Dio, sapeva volgere tutto al positivo, perfino una
cosa tremenda come la guerra, ella scriveva infatti “che in questi tempi così duri Dio ci dà la
possibilità di esercitare meglio le virtù cristiane che prima avevamo trascurato, quindi bisognava
ringraziare Dio anche per questo”. Ingenuità? Tutt'altro, questo è il modo migliore e più serio di
affrontare le numerose difficoltà della vita, dalle più piccole alle più grandi.
Negli ultimi anni della sua vita le sue condizioni fisiche peggiorarono sempre più: il suo “tesoro”,
cioè il tumore al seno sinistro che aveva fin dal 1920, le dava dolori atrocissimi e si manifestò di
nuovo, ma il Prof. Campanelli, interpellato dal monastero, consigliò di non operare ancora una volta
la Beata perché le sue condizioni non lo avrebbero permesso, specialmente il suo cuore non avrebbe
sopportato l'anestesia.
Vi fu, però, anche un momento di pubblico trionfo e precisamente il 2 giugno 1946 in occasione del
referendum istituzionale tra monarchia e repubblica. Anche le donne italiane allora ottennero il
diritto di voto e la nostra Beata non si sottrasse al suo dovere civile e si recò a votare uscendo dal
monastero portata dalle monache. All’uscita i casciani vollero portarla essi stessi al seggio
acclamandola trionfalmente, era il segno dell’affetto e della riconoscenza che il popolo di Cascia
voleva dare alla sua grande benefattrice. Un altro momento bello per lei fu quando le monache la
portarono nell’orto, da lei tanto amato, per vedere la croce che svettava sulla cupola del nuovo
tempio di S. Rita, segno che i lavori stavano ter
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minando, ma come abbiamo già detto la Beata Maria Teresa vedrà l'inaugurazione del tempio dal
Paradiso.
Gli ultimi mesi furono una lunga agonia: molte volte ella chiamava le monache attorno al suo letto e
parlava loro della morte invitandole alla gioia, poiché essa è bella perché rappresenta la meta,
l’incontro faccia a faccia con lo Sposo divino. Durante una violentissima crisi ricevette l'estrema
unzione devotamente e volle che si cantasse; la Beata Fasce amava il canto in modo eccezionale e
chiedeva spesso alle suore e alle bambine, le sue apette, di cantare le litanie della Beata Vergine e il
“Magnificat”. Questo fu l’atteggiamento della Beata Maria Teresa Fasce davanti alla morte:
ringraziare il Signore per tutto ciò che aveva fatto per lei, canto gioioso dell’anima che finalmente
vedeva giungere lo Sposo ed accendeva la lampada con l'olio che aveva conservato tutta la vita,
l’olio dell'amore; veramente la Beata Maria Teresa fu una vergine saggia e prudente nel senso
evangelico del termine!
Avrebbe voluto morire il giorno di Natale perché proprio nella notte di Natale aveva fatto la
Vestizione e la Professione semplice, ma ancora una volta pensò agli altri e non a se stessa: temeva
che la sua morte avrebbe tolto la gioia delle feste natalizie, quindi pregò Dio che le allungasse la
vita fin dopo le feste; ebbe poi un’altra premura per le sue apette: essendo inverno temeva che il
giorno dei suoi funerali le bambine avrebbero sofferto per il freddo, in realtà quel giorno ci fu un
sole primaverile.
Gli ultimi giorni della sua vita arrivò anche la sorella Carmelia la quale, rimanendo con Maria
Teresa nella sua camera, vide la bellissima statua del Sacro Cuore di Gesù e glielo fece notare: “Che
bel Sacro Cuore che
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hai!” La Beata rispose con un fil di voce: “Era quello che ho visto in treno, ricordi?" Si riferiva al
sogno che ella aveva fatto nel viaggio di andata in treno a Cascia quando aveva visto il Sacro Cuore
di Gesù che le sorrideva.
Parlando alle sue monache chiese perdono a tutte del male che aveva fatto e le invitò fortemente a
volersi bene a vicenda perché il segreto di una comunità religiosa o familiare sta nel vincolo
dell'amore vicendevole, nella carità fraterna, che la Madre Maria Teresa aveva tanto amato e diffuso
tra le sue monache e tra tutte le persone che l’avevano incontrata.
La mattina di sabato, 18 gennaio 1947, alle ore undici Madre Maria Teresa Fasce lasciava questo
mondo ed entrava nella gloria divina. Il trapasso avvenne in modo assolutamente sereno e
tranquillo: “Se ne andò come un angelo”, affermano alcuni testimoni. Padre Petrelli, in quel tempo
confessore del monastero che assistette la Beata negli ultimi momenti, afferma che ella si spense
così quietamente che alcune monache neanche se ne accorsero. Ciò era normale per chi durante la
vita aveva sempre desiderato ardentemente raggiungere Gesù, il Re dei re, lo Sposo divino e
amoroso; ora era giunta alle Nozze ed era felice per questo.
Due giorni dopo, lunedì 20 gennaio, si tennero i solenni funerali con la partecipazione di una grande
folla di fedeli che cominciava già a chiamarla Santa, e da allora, ma fin da quando era in vita, la
fama di santità ha sempre accompagnato la nostra Beata, come dimostrano moltissime
testimonianze che il bollettino “Dalle api alle rose" sta pubblicando da molto tempo. Il suo corpo fu
posto nella cappellina della famiglia Arcangeli di Cascia, ma vi rimase ben poco, il cimitero non era
il suo
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posto! Infatti il 15 ottobre 1947 la salma della Beata Maria Teresa Fasce fu portata con una solenne
cerimonia nella cripta che si trova oggi nella cosiddetta Basilica inferiore, e da allora le sue spoglie
mortali sono rimaste lì per ispirare i numerosi pellegrini che vanno a visitare Cascia.
A Cascia non c’è solo S. Rita: certo, la Santa taumaturga è la gemma più preziosa e conosciuta, ma
vi sono anche il Miracolo Eucaristico, il corpo del Beato Si mone Fidati da Cascia (entrambi si
trovano nella Basilica inferiore), e da oggi c’è anche un nuovo gioiello di santità da pregare e
imitare: la Beata Maria Teresa Fasce.
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PARTE SECONDA
La spiritualità ed il messaggio della Beata Maria Teresa Fasce
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Introduzione
La fama della Beata Maria Teresa Fasce è fortemente legata alle opere realizzate a Cascia durante il
suo governo, tra il 1925, anno di inaugurazione del nuovo altare di S. Rita, e il 1947, inaugurazione
del nuovo tempio in onore della Santa. Tutte queste iniziative prese dalla Beata in collaborazione
con il P. Possidio Marabottini O.S.A. ed altri suoi collaboratori indicano che la “Madre " aveva un
grandissimo spirito di iniziativa e molta lungimiranza, ma non temiamo di sbagliare se diciamo che
la Beata Maria Teresa non si è fatta Santa per questo anzi, le realizzazioni pratiche sono frutti della
sua santità. Per farsi santi ci vuole ben altro: prima cosa bisogna seguire scrupolosamente il
Vangelo di Cristo, osservare senza esitazione i suoi comandamenti e vivere in armonia perfetta con
Dio e gli altri; la Beata Fasce ha fatto questo in modo eccezionale, fin da bambina e da ragazza
quando aveva già in mente in modo chiaro il suo futuro di monaca agostiniana a Cascia.
In questa parte vorremmo esaminare molto in breve come si è santificata la nostra Beata e quali
esempi ed insegnamenti noi uomini di oggi possiamo prendere da lei.
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La Madre
La Beata Maria Teresa Fasce era chiamata da tutti “la Madre”, infatti le persone che l’hanno
conosciuta la chiamano così ancor oggi. E madre lo fu davvero, anche se madre spirituale. Innanzi
tutto è stata madre delle sue monache: fin dalla sua elezione a Badessa del monastero di S. Rita a
Cascia ella si preoccupò continuamente dell’educazione e della crescita spirituale delle suore che si
erano affidate a lei.
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il monastero usciva allora da un periodo agitato da gravi difficoltà spirituali e la Beata Maria
Teresa, dopo aver provato l'amarezza della delusione cocente, volle mettere in atto il suo secondo
grande progetto (il primo fu la sua vocazione): ricostruire spiritualmente il monastero, creando
all'interno un nuovo clima che fosse veramente adatto ad una vita totalmente consacrata a Dio. Ci
riuscì con i suoi esempi e i suoi insegnamenti, ella fu sempre infatti madre e maestra delle sue
monache. Questa è stata la sua grande missione: la maternità spirituale e l'insegnamento che ella
conduceva in prima persona, data la sua spiccata intelligenza, e anche se aveva frequentato solo le
scuole inferiori, come le donne della sua epoca, era piena di interessi culturali, amava molto la
lettura ed invitava tutti a leggere e informarsi: la sua intelligenza, il suo acume, la sua profondità le
permisero sempre di mettere a profitto le letture che faceva trasmettendo alle consorelle i frutti di
questo lavoro interiore. Ella seguiva metodi pedagogici per educare e guidare la comunità: sapeva
bene che ogni monaca era un caso a sé e che ognuna aveva le proprie esigenze spirituali e materiali;
la Beata pensava a tutto, voleva tenere tutto sotto
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controllo perché sapeva bene quanti rischi si annidassero in una crescita disordinata, non guidata
metodicamente. Si comportava pertanto da buona madre: affettuosa al momento giusto, ma
esigente; autorevole e non autoritaria, nel senso che non imponeva niente, ma si faceva obbedire
con gioia perché le sue decisioni erano sempre ponderate e non faceva mai osservazioni a caso,
bensì sempre ben motivate. Abbiamo detto che era molto esigente cioè pretendeva il massimo da
tutte a seconda delle rispettive capacità, naturalmente.
Tutte le suore dovevano avere un loro compito, dovevano tenersi sempre occupate, per prima cosa
nella contemplazione. nella meditazione e nella preghiera, ma anche nelle attività materiali
necessarie a mandare avanti la vita quotidiana del monastero. Anche nei momenti liberi esse
avevano un rosario da recitare, un pensiero da meditare, un ambiente da pulire o l’orto del
monastero da custodire. Sì, perché le monache di clausura non stanno sempre in contemplazione,
ma sono donne che hanno le esigenze di tutti noi, quindi accanto ad una solida attività spirituale e
soprattutto di preghiera, c’è tutta una serie di lavori da fare, da sbrigare. Non dobbiamo mai
dimenticare che i monasteri non sono oasi staccate dal mondo, ma vivono in un ambiente che li
circonda e con esso devono pur fare i conti, quindi le monache di clausura non dobbiamo pensarle
eteree, con la testa chissà dove, ma esse sono persone concrete ottimamente rappresentate dalla
nostra Beata la quale aveva sì gli occhi fissi al cielo, ma piedi ben piantati per terra. Ella seguì
l'insegnamento di Gesù : “Siate nel mondo, ma non del mondo”. E poi che cos’è una comunità di
religiose se non una grande famìglia con tutto ciò che comporta? Sappiamo bene che in una normale
famiglia di quattro o
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cinque persone non è facile accontentare tutti, seguire tutti; figuratevi quant’è difficile guidare una
famiglia di cinquanta persone, ognuna con le proprie qualità e difetti, con le proprie peculiarità e
debolezze. La Beata Maria Teresa lo sapeva benissimo e si adoperò perché a nessuno mancasse il
necessario e vi riuscì egregiamente, secondo le testimonianze delle monache riportate nel processo
di beatificazione e anche secondo il parere di monache del monastero di S. Rita amiche nostre che
ci hanno confermato con molti dettagli i vari aspetti della maternità spirituale della Beata Fasce.
Possedeva anche un finissimo intuito ed una profonda penetrazione psicologica che le permettevano
di sapere ciò che le suore pensavano in quel momento; lo faceva decifrando l’espressione del loro
viso e sfruttando al meglio i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle anime che lo cercano. Questo
fu molto importante perché dava modo alla Beata di avere sempre la situazione sotto
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il suo materno sguardo onde evitare rilassatezze e altri vizi che fanno tanto male alle anime
consacrate e in genere a tutti noi. Si dice anche che fosse molto severa, se a questa parola non
diamo il senso negativo che comunemente ha: se severità significa pretendere il massimo sempre,
si. ella lo era: rigida nell’osservanza scrupolosa della Regola Agostiniana, non transigeva nemmeno
nei minimi dettagli di essa, ma questo è il primo dovere che una abbadessa ha nei confronti della
sua comunità. Aveva una cura particolare per il silenzio, lo raccomandava sempre e ne esigeva il
rispetto suonando un campanellino o istruendo le monache con frasi del tipo: “Se
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la bocca del forno rimane aperta il calore del forno se ne va: se non siete mortificate negli occhi e
nella lingua il calore del cuore se ne va”. Non era però burbera, al contrario: era gioviale, affabile e
gentile, non aveva mai scatti di rabbia o di collera, sorrideva in modo dolcissimo. era dolce,
affettuosa e materna; questo lo confermano sia le sue monache che i tantissimi devoti che l’hanno
conosciuta personalmente.
Il momento più difficile per un’abbadessa è la correzione di chi ha sbagliato perché c’è il rischio
dell'umiliazione della colpevole: in questo la Beata Maria Teresa era eccezionale; riprendeva ogni
minima mancanza, ma lo faceva con dolcezza e fermezza allo stesso tempo, ci teneva moltissimo a
non umiliare chi aveva mancato, per questo studiava psicologicamente la personalità e il carattere di
ognuna delle suore e le correggeva nel modo migliore. Non insisteva molto sulla penitenza: la
raccomandava certo, ma ella diceva che se si compie perfettamente il proprio dovere e si pratica
costantemente l’umiltà è già una penitenza, perciò non assegnava mai penitenze corporali, tranne in
tempo di guerra quando la penitenza fisica serviva ad avvicinare la comunità alle sofferenze immani
dell'umanità sconvolta dalla guerra. Aveva un carattere molto forte che tendeva naturalmente ad
imporsi, eppure con l’autodominio di se stessa e con la pratica dell’umiltà governò la comunità in
modo prudente, ponderato e democratico. Non prendeva mai decisioni affrettate, non era nel suo
stile; prima pregava, si consigliava con le sue consorelle o con persone di sua fiducia, poi decideva,
e allora nessuno riusciva a smuoverla dalle sue decisioni perché ella sapeva bene che ciò era la
volontà di Dio e non la sua personale. Furono proprio questa fortezza e questa costanza che le
permisero
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di superare i drammatici momenti della realizzazione del nuovo tempio e delle altre opere; la sua
determinazione vinse le pastoie burocratiche e le indecisioni degli altri che in un modo o in un altro
le causavano numerosi problemi di vario genere.
Quanti insegnamenti possiamo trarre dalla maternità spirituale della Beata Maria Teresa Fasce! Noi
che non riusciamo neanche ad andare d’accordo in due o in tre., sarebbe bene che mettessimo in
pratica i suoi molti insegnamenti, ad esempio che una comunità o una famiglia si devono basare su
valori saldi ma soprattutto sull'amore reciproco, da lì scaturiscono tutte le altre cose: la carità
fraterna, la comprensione reciproca, lo spirito di sacrificio e tutto il resto. La Beata Maria Teresa
Fasce “costruì la sua casa sulla roccia (Gesù Cristo): cadde la pioggia, soffiarono i venti,
strariparono i fiumi, ma quella casa non cadde” anzi, si fece ella stessa Roccia per le sue consorelle
al punto che il monastero ruotava tutto intorno a lei e pareva che non se ne potesse più fare a meno.
Esempio meraviglioso di tutte le virtù cristiane
“Vedete, l’anima ha un solo impegno davanti a Dio: la sua santificazione. E questa dipende
dall’adempimento perfetto della sua santissima Volontà”. Questa è l’essenza fondamentale della
spiritualità della Beata Maria Teresa Fasce: fare sempre e comunque la volontà di Dio; questo era il
suo chiodo fisso che ripeteva continuamente a tutti ed era il suo più grande sforzo. Prima di
compiere la volontà di Dio, però, bisogna fare un primo passo senza il quale non si può compiere
questa volontà: il
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rinnegamento di sé, ce lo dice lo stesso Gesù: “Se qualcuno mi vuol seguire rinneghi se stesso,
prenda la sua croce e mi segua”. E che cosa vuol dire seguire Gesù? “Chi mi ama osserva i miei
comandamenti”, quindi chi ama Gesù fa la sua volontà. Ma cosa significa rinnegamento di sé? Vuol
dire non mettere mai al primo posto i propri desideri, le proprie esigenze, in poche parole non
bisogna essere egoisti, ma ci si deve svuotare di tutte le pretese e far posto a Dio nella propria mente
e nel proprio cuore. In che modo? Cercando di imitare l'esempio dei santi e nel nostro caso quello
che faceva la Beata Maria Teresa: pratica costante dell’umiltà, vedere negli altri un riflesso della
volontà di Dio, ovviamente quando costoro hanno titolo e autorità per poter consigliare o suggerire
ciò che è giusto. Una cosa molto importante per fare la volontà di Dio è quella di prendersi le
proprie responsabilità, e quanto c’è bisogno oggi di responsabilità! La Beata Maria Teresa non si è
mai tirata indietro davanti alle sue responsabilità di madre abbadessa e di maestra delle sue
monache, è stata sempre in prima linea nel difendere la sua comunità dai vari pericoli esterni, come
nel caso della duplice incursione delle S.S. nel monastero tra marzo e aprile 1944.
Fare la volontà di Dio quindi significa rinunciare ad una cosa che a noi piace, ma che può far male
ad un'altra persona che sta vicino a noi; vuol dire agire nel modo più retto, cercare sempre il bene
comune e non Linteresse particolare. Com'è possibile sapere che ciò che si sta per fare è volontà di
Dio oppure no? Oltre a seguire le indicazioni sopraddette bisogna pregare molto il Signore perché ci
illumini e ci guidi in quanto i nostri mezzi sono limitati, quindi dobbiamo farci guidare da Dio
stesso fidandoci ciecamente di Lui: era questo il pensiero della
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Beata Maria Teresa Fasce. E’ indispensabile pertanto una grande fede, una fede assoluta in Dio.
cosa che la Beata aveva in abbondanza e da essa fu sempre guidata. Certe volte poteva sembrare
ingenua nella sua fiducia smisurata nella Provvidenza, ma era fede: “In verità vi dico: se avrete fede
pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e
niente vi sarà impossibile”, è Gesù stesso a dircelo. La Beata Maria Teresa aveva molti granellini di
senapa che usò sempre in tutte le circostanze, da quelle più dure e drammatiche a quelle più piccole
della vita quotidiana. La sua fede non conobbe mai ombre, eppure di motivi per dubitare ne aveva e
come! Noi, uomini di poca fede, come S. Pietro che cammina sull’acqua incontro a Gesù, siamo
portati a non fidarci troppo di Dio. ma non tutti per fortuna. Molto spesso ci sentiamo abbandonati
da Lui e allora cadiamo nella disperazione; è normale, siamo fatti di carne debole e il Signore lo sa
bene, ma l'esempio della Beata Maria Teresa ci deve spronare e incoraggiare: ella non era una
persona eccezionale, era una di noi, che ha sofferto in modo atroce, come abbiamo già visto; se lei
non ha mai perso la fede vuol dire che anche noi possiamo cercare di fare lo stesso, se non ci
riusciamo subito, pazienza; l’importante è rialzarsi e riprovare.
Una fede così grande e totale fu sempre accompagnata da una speranza altrettanto grande ed
infallibile: la Beata Maria Teresa dovette superare tante prove nella vita, ma la sua speranza mai
venne meno, mai si sentì perduta o abbandonata da Dio, la sua speranza fu come quella di Abramo
che “sperò contro ogni speranza”.
La terza virtù teologale è la Carità, che S. Paolo definisce “la più grande di tutte”, ed è vero: la
carità, infatti,
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è l’amore nostro verso Dio e verso il prossimo. La Beata Maria Teresa seguì perfettamente gli inviti
ripetuti di S. Paolo: “La carità non abbia finzioni”, “rivestitevi di carità”, ed ella se ne fece un
vestito che non si tolse mai. La carità della nostra Beata è rimasta proverbiale, tanta gente lo ha
testimoniato e lo testimonia ancor oggi. le sue realizzazioni lo dicono. I primi a beneficiare della sua
immensa carità furono naturalmente i casciani, perché la “Madre” aveva per loro un occhio di
riguardo: quando infatti .si svolgevano i lavori per la costruzione del nuovo tempio e delle altre
opere ella voleva che fosse la gente del posto a lavorarvi, creò quindi posti di lavoro, con tutti i
benefici che ciò comporta. Ecco che aprirono alberghi, ristoranti, negozi di souvenir» ed altre
strutture che fecero nascere a Cascia una fiorente attività economica imperniata sul Santuario di S.
Rita che dura ancora adesso.
I devoti di S. Rita ebbero un posto preminente nel cuore della Beata Maria Teresa Fasce: nonostante
ella vivesse in clausura ebbe parecchi contatti con loro poiché ogni pellegrinaggio voleva essere
ricevuto dalla badessa e i casi più gravi venivano introdotti in una stanzetta vicino alla cella di S.
Rita dove la Beata aveva fatto il suo studio. Ella li riceveva con calore ed affetto: li consigliava sia
per la vita spirituale che per le cose pratiche, aveva per tutti una parola di conforto, un sorriso dolce
e affabile; se c’erano alcuni bisognosi e poveri non li rimandava mai a mani vuote, ma offriva
sempre loro qualche cosa o una somma di denaro, anche se i tempi erano duri e il monastero non si
trovava certo in floridezza economica; ma per la Beata Maria Teresa la carità veniva prima di tutto,
magari era disposta a privarsi anche del necessario per lei e per la comunità, ma chi aveva bisogno
doveva
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essere aiutato. Si deve considerare carità altrettanto importante anche la fittissima corrispondenza
che la Beata tenne con i devoti della Santa taumaturga. Quelle lettere erano piene di consolazione e
di conforto, traboccavano di amore verso i sofferenti; la Beata partecipava con tutta se stessa alle
sofferenze degli altri, come se lei non ne avesse già abbastanza, ma questo è l’amore, questo è il
rinnegamento di sé da lei tanto amato.
Un’opera meravigliosa della carità della Beata Maria Teresa Fasce fu l’orfanotrofio femminile che
ella chiamò “Alveare” perché accoglieva le “Api di S. Rita”, popolarmente note come “Apette”,
cioè bambine orfane o abbandonate oppure figlie di vedove in gravissime dif75
ficoltà economiche. Il suo fortissimo senso materno e il suo fuoco di carità vinsero tutte le difficoltà
di quei momenti, eravamo infatti nel 1938; ella capì che l'aiuto economico non sarebbe stato
sufficiente ad alleviare le sofferenze di quelle povere creature, bisognava agire con un intervento
radicale che sollevasse le orfanelle dal loro stato di abbandono sia spirituale che fisico.
La Beata osservò scrupolosamente anche le virtù cardinali, quelle virtù che stanno alla base della
vita cristiana, cioè ne sono il cardine, come dice la parola stessa. Parlando della Madre Fasce il P.
Angelo Vincenti definisce il suo governo "governo prudente” e ciò è verissimo. La prudenza fu per
lei il filo conduttore in ogni azione, la prudenza è Ja prima di tutte le virtù, il Papa stesso, Pio XI, al
quale la Beata si era rivolta per i problemi della costruzione del nuovo tempio, così le rispondeva:
•'...Bisogna affidarsi alla Provvidenza ma non per questo bisogna dimenticare una virtù cardinale,
anzi la prima di tutte, cioè la prudenza...” Noi abbiamo un'idea sbagliata della prudenza, pensiamo
che è prudente colui che se ne lava le mani, che sta alla finestra, che non agisce. No, la prudenza
non è questa: prudenza significa agire con cautela, operare coscientemente valutando bene tutto
prima di agire, prudenza è fare tante cose, ma tutte con saggezza e la Beata si comportò sempre
così. La Madre Maria Teresa era animata da grandi ideali che lei traduceva sempre in pratica, ma
proprio perché erano grandi ideali non potevano realizzarsi facilmente, occorreva quindi una grande
prudenza per non mandare tutto all’aria e vanificare così tutti gli sforzi compiuti. Nelle varie beghe
burocratiche e non, che caratterizzarono le lunghe e tormentate fasi della costruzione del nuovo
tempio la Beata non cedette mai né all’entusiasmo né allo sconforto, ma
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agì sempre con prudenza, anche a costo di entrare in polemica con i suoi collaboratori. Nei rapporti
quotidiani con le sue monache era altrettanto prudente: non faceva parzialità, non aveva preferenze
per nessuna, non agiva mai di impulso, ma rifletteva a lungo e soprattutto pregava il Signore perché
la illuminasse su ciò che doveva fare.
Aveva un senso fortissimo della giustizia, ma non di quella umana, bensì di quella divina: come il
re Salomone ella chiedeva a Dio la sapienza del cuore per governare saggiamente e giudicare
rettamente. Il suo equilibrio, la sua equanimità furono gli strumenti più preziosi che adoperava per
giudicare i fatti che la circondavano sia all'interno del monastero che all’esterno. Non transigeva
mai su ciò che era giusto; quando ebbe problemi con il Cav. Ciani così gli scrisse: “...Ringraziamo
davvero Iddio ch’Ella sia venuta nella decisione di ritirare la citazione. Com'Ella ben sa, il
Monastero nulla le deve a titolo di giustizia, ma per amor della pace le offre lire... fiduciose che
Santa Rita gliele moltiplicherà con i suoi favori celesti,la giustizia deve brillare sempre, non a caso
Gesù è chiamato anche Sole di Giustizia.
La fortezza è una virtù molto importante di cui la nostra Beata fu straordinariamente ricca fino a
diventare un tratto caratteristico della sua personalità, non solo perché era di carattere forte, ma
perché aveva quell'ostinazione tipica dei Santi che li rende inattaccabili. Quando aveva deciso una
cosa con il metodo e la prudenza che conosciamo nessuno riusciva a smuoverla dai suoi propositi,
quello doveva fare e quello faceva proprio perché ella sapeva che ciò era giusto in quanto volontà di
Dio. Amava ricordare alle sue monache questo insegnamento: “Lo voglio benché costi, lo voglio
perché costa, lo
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voglio a qualunque costo". Per questo abbiamo detto prima che ella stessa divenne Roccia, proprio
perché era inamovibile e santamente ostinata, ciò dava alle altre suore molta sicurezza e tranquillità
perché avevano in lei un punto di riferimento fermo e costante.
Tutte le virtù sono collegate fra loro: se qualcuno è prudente deve essere anche necessariamente
giusto, forte e temperante; la Madre Maria Teresa fu la dimostrazione più lampante di ciò: dal
rispetto delle virtù cardinali scaturivano anche le altre virtù: la costanza, la perseveranza e la
lungimiranza.
La vita della Beata fu sempre caratterizzata da grandi progetti: la sua vocazione, la ricostruzione
spirituale del monastero, l’edificazione di una nuova chiesa dedicata a S. Rita, con l’orfanotrofio
femminile, etc... Nessuno
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dei due progetti fu realizzato facilmente, anzi richiesero entrambi una incubazione prima di venire
alla luce, e poi un lungo periodo per metterli in pratica. Per questo la Beata Maria Teresa brillò
particolarmente per costanza, perseveranza e lungimiranza. Vedeva lontano e lì voleva arrivare,
perché era convinta di operare per la gloria di Dio e per il bene degli altri; ella ebbe sempre questi
fini nella sua vita. Era solita dire: “Voglio presentarmi davanti al Signore con le mani pulite”, e ci
riuscì molto bene perché la sua onestà era assoluta. Dobbiamo considerare che dal 1925, anno in cui
il Bollettino “Dalle api alle rose” lanciò la campagna per raccogliere le offerte per la costruzione
della nuova chiesa, passò per le mani della Beata Fasce una grandissima quantità di denaro, ma lei
non se le sporcò quelle mani che presentò pulite al suo sposo Gesù Cristo. Annotava
scrupolosamente tutte le somme di denaro che arrivavano e chiedeva sempre che i devoti ne
specificassero bene la destinazione: per la costruzione del nuovo tempio o per il monastero; molte
volte capitava che gli offerenti non scrivessero la destinazione, allora lei riscriveva loro per
chiedergliela in quanto non voleva usare ciò che non era suo in modo sbagliato o contrario alle
intenzioni di chi offriva.
La temperanza è un insieme di altre virtù come la sobrietà, la magnanimità, la moderazione. la
pazienza e così via. La Beata Maria Teresa fu sempre estremamente sobria in tutto: era parca nel
cibo, vestiva un abito fino a che poteva portarlo, non buttava via niente perché pensava che ogni
cosa poteva essere utile. Aveva per scrivania una cassa da imballaggio fattale da una suora e non
voleva cambiarla. Aveva una corona del Rosario a cui era particolarmente affezionata, l’aveva
comprata prima
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di entrare in monastero nel Santuario mariano di Oropa (Biella), e si tenne quella fino alla morte
anche se ormai rotta e logora per il grande uso che ne aveva fatto; basti pensare che ella recitava
ogni giorno i quindici misteri del Santo Rosario. Lei. che per natura era forte e decisa, fu sempre un
esempio di mitezza e di pazienza con tutti, anche con chi la faceva arrabbiare, e di questi tipi non ne
mancarono di certo, si pensi solo a tutti quei profittatori, quegli imbroglioni che cercavano di
guadagnare illecitamente durante i lavori per la costruzione del nuovo santuario, ma che la Beata
trattò con cortesia e pazienza, pur riaffermando sempre i diritti del monastero e non cedendo mai sui
principi di verità e giustizia.
La virtù che la Beata Maria Teresa Fasce preferiva era l’umiltà, ella la considerava la base della vita
cristiana. la chiave per poter aprire tutte le porte; in questo fu degna figlia del suo Santo Padre
Agostino che considerava l’umiltà “la regina di tutte le virtù". Dalla pratica costante dell'umiltà
deriva la totale disponibilità verso Dio e gli altri che lei tanto amava e raccomandava alle sue
consorelle, specialmente a quel
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le che dovevano tenere i contatti con i pellegrini. Ella per carattere tendeva ad imporsi sugli altri,
ma invece volle essere sempre umile e docile, non voleva mai disturbare nessuna consorella con le
sue esigenze, ma purtroppo dovette ricorrere quasi sempre e per lunghi anni
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all'amorosa assistenza delle sue suore a causa delle cattive condizioni di salute; non voleva mai
essere al centro della vita del monastero, invece divenne lei il centro di tutta la comunità, la “testata
d'angolo” che reggeva tutto l'edificio spirituale e materiale del monastero. Qualcuno ha confuso
l'umiltà della Beata con la remissività, ma noi siamo sicuri che ella tutto fu meno che remissiva:
mite, docile, affabile, umile quanto vogliamo, ma mai remissiva anzi fu sempre fortemente volitiva.
Sulla verginità, la castità e la purezza della Beata Maria Teresa c'è poco da dire: esse fanno parte
integrante della sua stessa vita fin dall’infanzia e divennero i principi costitutivi della sua
vocazione; fin dalla sua giovinezza ella si conservò vergine, pura e casta per il suo Sposo celeste
Gesù Cristo e da questa via non si discostò mai.
La preghiera e le sue devozioni
La preghiera è quel filo che ci unisce direttamente a Dio, è il nostro dialogo con il Signore.
Sappiamo bene quanto sia importante il dialogo tra le persone: provate ad immaginare un mondo
dove si viva una vita normale, ma in cui tutti siano muti. E quando non si prega avviene proprio
questo, siamo muti con Dio. I Santi, come la Beata Maria Teresa Fasce, essendo ardentemente
desiderosi di stare continuamente con Dio, sono in preghiera ogni istante della loro vita, sia con le
parole sia con le azioni, hanno sempre Dio come punto di riferimento. Certamente la preghiera è
fatta di parole, orazioni, offerta di se stessi e di altre intenzioni, ma è anche azione; chi lavora
onestamente offrendo a Dio ciò che fa, prega. Qui si spiega tutto quell'attivismo, quelLardore di rea
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lizzare praticamente tante cose che la Beata Maria Teresa ha sempre avuto. Ella era per inclinazione
una contemplativa, voleva parlare con il suo Sposo Gesù in ogni momento, desiderava contemplare
il suo amore, la sua misericordia, la sua Passione, il suo Sacratissimo Cuore fonte e sorgente
dell’amore divino. Pregava moltissimo seguendo la preghiera ufficiale della Chiesa: la Santa Messa
quotidiana e l'Ufficio divino. La Beata Maria Teresa viveva la Messa in maniera profondissima:
sentiva fortemente i vari momenti in cui la celebrazione è divisa e si preparava nel modo migliore
possibile a ricevere il Corpo ed il Sangue di Gesù nell’Eucaristia, che ella considerava il momento
culminante.
Per lei l'Eucaristia racchiudeva in sé tutto il mistero della
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redenzione perché vedeva in Essa Gesù che si è sacrificato per amore nostro non risparmiando
niente, ma dandoci anche il suo Corpo ed il suo Sangue. In Essa vedeva Gesù, Agnello immacolato,
che si immola gratuitamente per noi: esiste forse un amore più grande di questo? A un simile
pensiero la Beata Maria Teresa si commuoveva particolarmente e in quel momento voleva unire il
suo piccolo (grande) sacrificio a quello del suo Sposo. Era talmente sensibile al fascino
dell’Eucaristia da desiderare che i pellegrini che si recavano al Santuario per onorare S. Rita
ricevessero degnamente la Santa Comunione. Molto spesso rimaneva in piedi per ore e ore davanti a
Gesù Eucaristia; una volta una sua consorella le chiese: “Ma che cosa dici a Gesù in tutto questo
tempo?” La Beata rispose: “Io guardo Lui e Lui guarda me”.
Aveva una particolare devozione per il Miracolo Eucaristico di Cascia, ora custodito nella Basilica
inferiore insieme al corpo della nostra Beata e a quello del Beato Simone Fidati da Cascia, il quale
portò nella sua città la pagina del breviario insanguinata dalla Sacra Particola. Nel 1930 si celebrò il
sesto centenario di questo miracolo che avvenne a Siena nel 1330. In quell'occasione la Beata
partecipò con entusiasmo alle varie manifestazioni che si tennero a Cascia e diede un contributo
valido e fattivo per la costruzione del nuovo Ostensorio per custodire la pagina dove il Sangue della
particola sacra si era solidificato in modo tale da raffigurare il volto di Gesù sofferente. Andando a
Cascia fate una visita al Miracolo Eucaristico e vi renderete conto personalmente di ciò che stiamo
dicendo.
Ella era altresì attaccatissima all’Ufficio divino, cioè la Liturgia delle ore, perché esso è la preghiera
di lode della Chiesa a Dio. Ai suoi tempi l'Ufficio divino era sud84
diviso in modo diverso da oggi: c’erano sì le Lodi e i Vespri, come adesso, ma l’Ufficio delle letture
e l’Ora media erano divisi in tre parti molto più lunghe. Si può dire che le monache di clausura
passavano la maggior parte del tempo nella preghiera, ma anche oggi è così sebbene in maniera
diversa, più aderente alle esigenze dei nostri tempi.
La Beata Maria Teresa aveva una grande affezione al Santo Rosario, lo recitava tutti i giorni e lo
faceva recitare alle sue monache, lo usava anche come strumento di educazione: una volta affidò
una commissione da sbrigare ad una sua consorella ed ella era tutta agitata per questo, la Madre
allora la mandò subito a recitare un Rosario e poi, quando quella suora si era tranquillizzata, poté
svolgere la commissione. Ai tempi della Beata Maria Teresa vi erano molte monache che non
sapevano leggere né scrivere, la piaga dell'analfabetismo era molto diffusa in Italia nella prima metà
del novecento, ragion per cui esse non potevano recitare il breviario, che per di più era anche in
latino, quindi la preghiera che suppliva l'Ufficio divino era composta di Pater. Ave e Gloria. Ma la
Madre suggeriva di aggiungere anche il Santo Rosario, in cui si contemplano i principali
avvenimenti della storia della salvezza: lì c’è tutta la storia di Gesù, dalla sua Incarnazione alla sua
Ascesa al Cielo, e le vicende di sua Madre, la Vergine Maria, dall’Annuncio dell’Arcangelo
Gabriele alla sua Incoronazione a Regina dell’universo accanto al Figlio. La Beata Maria Teresa
amava il Rosario perché esso è una preghiera semplice che possono recitare tutti, in qualsiasi
momento, quale catena dolce che ci unisce a Dio.
Le piacevano moltissimo le Litanie lauretane della Beata Vergine Maria, tanto è vero che durante i
momenti
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difficili che attraversò, e non furono pochi, voleva che si cantassero o si recitassero le litanie per
invocare l'aiuto della Madonna. E alla Madre del Signore era particolarmente legata, abbiamo già
detto che, fin da ragazza, ella faceva parte della Congregazione delle Figlie di Maria, e continuò a
farne parte anche dopo, per tutta la vita.
La devozione che più contraddistinse la Beata fu quella al Sacro Cuore di Gesù: in Esso vedeva
giustamente il centro dell’Amore ardente che Gesù sentì per noi poveri peccatori perduti, con il
quale Egli ci salvò. I momenti più importanti della sua vita sono legati proprio al Sacro Cuore: lo
vide in sogno mentre raggiungeva Cascia in treno, come confidò alla sorella Carmelia allora e poco
prima di morire; entrò in monastero il 22 giugno 1906, festa del Sacro Cuore di Gesù; teneva
sempre nella sua camera una statua che Lo raffigurava.
Un’altra devozione della Beata Maria Teresa era quella al Bambino di Praga: ella amava moltissimo
il Natale e la figura di Gesù Bambino, provava per Lui una tenerezza indicibile e si sentiva accanto
alla Sua culla, come scrisse alla sorella Carmelia in occasione del venticinquesimo di Professione
religiosa: “Nella Notte Santa, ai piedi del Santo Bambino, osserva bene: non un asino solo troverai,
ma, col bue, troverai due asini. Pensa: il secondo sono io!...” Ricevette l'Abito di monaca
agostiniana proprio la notte di Natale del 1906, e sempre la notte di Natale del l'anno successivo,
1907, fece la sua Professione semplice, cioè emise i voti di Povertà, Castità e Obbedienza. Avrebbe
voluto anche morire il giorno di Natale, ma la sua umiltà e il rinnegamento di sé glielo impedirono,
in quanto ella si preoccupava di non rovinare la gioia natalizia della comunità e temeva per il freddo
che avrebbe potuto far male alle bambine il gior86
no del suo funerale, perciò pregò il Signore di farla morire dopo le feste, come in effetti avvenne.
Poco prima di morire ebbe anche una visione di Gesù Bambino che scendeva tra i fiori ed ella
invitava le monache che stavano intorno al suo letto a prendere il Bambino. Strettamente legata alla
devozione al Sacro Cuore, c’era quella a Gesù Crocifisso: ella meditava profondamente tutta la
Passione di Cristo e la faceva meditare anche alle sue monache. perché proprio lì bisogna trovare la
forza per affrontare le prove della vita, tutto si vince attaccandosi alla Croce di Gesù.
La devozione che caratterizzò la Beata Maria Teresa Fasce fu quella a S. Rita da Cascia. Abbiamo
già detto, nella prima parte del libro, come nacque questa sua devozione, qui vediamo come la
Beata Maria Teresa Fasce la viveva. Santa Rita è la donna forte che non si piega alle consuetudini
del mondo che la circonda, basti pensare all'uccisione del marito: la Santa non vuole assolutamente
che egli sia vendicato, neanche dai suoi figli, anzi, preferisce vederli morti piuttosto che vendicatori
del padre. Santa Rita ha il suo grande progetto, consacrarsi tut88
ta a Dio nella vita religiosa, e, quando se ne ripresenta la possibilità, si adopera instancabilmente per
realizzare questa sua antica aspirazione. Supera tante difficoltà con l'esercizio delle virtù cristiane e
con l'amore a Dio e agli altri, proprio questo suo amore riporterà la pace a
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Cascia e renderà possibile il suo ingresso nel monastero di S. Maria Maddalena, oggi di S. Rita.
Anche la Beata Maria Teresa si comportò così nei frangenti difficili del la sua vita, imitò la Santa in
tutto ed ottenne gli stessi risultati: la sua Vocazione, innanzi tutto. La nostra Beata vedeva in S. Rita
l'ideale di donna e di monaca specialmente per la sua completa adesione a Cristo. Santa Rita si
sforzò sempre di conformarsi totalmente alla volontà di Dio al punto da desiderare di partecipare
anche fisicamente alla Passione del suo divin Figlio chiedendogli una delle sue Sacratissime Spine.
Anche Maria Teresa ebbe lo stesso desiderio e fu esaudita ampiamente. Ella si identificò talmente
con S. Rita che nella “rinnovazione privata dei voti”, un suo bellissimo scritto che riporteremo
integralmente a conclusione di questa parte, si definisce “indegna agostiniana di S. Rita".
Aveva, però, una devozione giusta e misurata, nel senso che la Beata Fasce non attribuì mai a S.
Rita prerogative che sono proprie di Dio, come ad esempio il concedere le grazie. S. Rita, come tutti
i Santi, prega Dio per noi, intercede per noi, chiede a Dio le grazie che ci servono, ma non le
concede lei, bensì solo Dio; noi possiamo invocare la protezione di S. Rita affinché ella preghi per
noi in ogni momento della nostra vita, ma non possiamo dire a lei: “Guariscimi da questa malattia”,
o frasi simili; queste vanno dette solo a Dio, che se vuole può guarirci. Noi possiamo chiedere:
“Santa Rita, prega il Signore perché io guarisca da questa malattia...", o cose del genere. Abbiamo
sentito molte persone dire: “Io non credo in Dio, Dio non esiste, ma voglio tanto bene a Santa Rita,
a S. Francesco d'Assisi… Si può pensare un'assurdità più grossa? La Beata Maria Teresa inorridiva
sentendo discorsi simili: ella fece veramente tanto per la
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diffusione del culto di S. Rita, si può dire che fu colei che lo lanciò in grande stile in tutto il mondo,
ma la sua prima preoccupazione fu sempre quella che tutto fosse a gloria di Dio e poi a onore della
Santa.
Un’altra devozione della Beata era quella alle anime sante del Purgatorio, sia perché aveva pietà
delle pene che soffrono in quel luogo di penitenza, sia perché esse pregano ed intercedono per noi
presso Dio. Raccomandava sempre alle monache e ai pellegrini di pregare per le anime che si
stavano purificando in Purgatorio, specialmente per quelle più dimenticate per le quali non prega
nessuno.
Era devota anche di S. Giuseppe e di S. Teresa d'Avi la, sua patrona, infatti la Beata Maria Teresa
festeggiava il suo onomastico il 15 ottobre, festa di S. Teresa d’Avila.
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Lo stemma della Croce.
Se le grandi opere realizzate sono state il risultato del suo instancabile impegno esteriore, la sequela
di Cristo Crocifisso è stato il suo capolavoro spirituale. Tutte le virtù che la Beata Maria Teresa ha
esercitato sono il frutto dell'adesione piena e incondizionata alla Croce di Cristo, tutti i suoi
insegnamenti sono derivati da questa esperienza di croce drammatica ed esaltante, atroce e
stupenda.
La Madre amava la sofferenza fino a considerarla condizione necessaria per il raggiungimento della
vita eterna. Sappiamo bene che ella non era incline ai compromessi, era tutta d’un pezzo, e lo
dimostra in maniera lampante proprio parlando della sofferenza; insegnava infatti alle sue monache:
“Il nostro stemma è la croce e siamo ben liete di abbracciarla, specie quando è impressa in noi”. E
lo poteva ben dire la Beata Maria Teresa perché la portò impressa nel suo corpo e nel suo spirito in
tanti modi, basti ricordare le numerose malattie, che considerava i doni più preziosi del suo Sposo
Gesù, e le sofferenze morali che le vennero dalle annose questioni della costruzione del nuovo
tempio di S. Rita. Diciamo quindi che l'aspirazione della Beata alla sofferenza fu ampiamente
soddisfatta da Dio.
Vediamo ora alcune espressioni della nostra Beata che rendono bene l'idea dell’atteggiamento che
ella aveva verso i dolori: “Chi non soffre non ama; le anime elette devono somigliare a Gesù
Crocifisso”; “Se un’anima religiosa non è stritolata dal dolore non vale niente”; “Sono contenta di
soffrire perché la sofferenza mi porta tanta gloria per il Cielo”; “Le sofferenze sono un cocchio che
ci porta a Dio purificati"; “Le sofferenze sono le ga92
ranzie più grandi che il Signore possa fare alle anime"; “Amare vuol dire soffrire, dunque ecco
come si spiega il perché di tante sofferenze”: “Chi più e provato è caro a Dio: “Patire e non morire”;
“La Croce! Essa ha le sue irresistibili attrattive solo per coloro che hanno gustato le sue più atroci
amarezze". Questi sono alcuni pensieri della Beata Maria Teresa Fasce tratti dalle lettere alla sorella
minore Carmelia o da alcune testimonianze; li abbiamo messi tutti insieme senza interruzione per
farli risaltare meglio e per mettere in evidenza alcune costanti della spiritualità della croce che tanto
caratterizzarono questa Beata.
Il primo e più importante tema è l'unione inscindibile tra la sofferenza e l'amore, su questo la Beata
Maria Teresa insisteva tantissimo con affermazioni molto forti, come abbiamo riportato sopra. “Se
qualcuno mi vuol seguire rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”; amare e
soffrire sono le due facce di una stessa medaglia, non può esistere l'uno senza l’altra. Ma da dove
nasce questo atteggiamento così radicale e netto della Beata Maria Teresa e di tanti altri Santi? A
noi, abituati a vedere la sofferenza come un castigo di Dio e per questo cerchiamo di evitarla o nel
migliore dei casi ci rassegnamo quando non c’è più niente da fare, questi Santi sembrano
masochisti, autolesionisti; come si può amare il dolore? Come si può essere lieti di soffrire?
Diciamolo senza vergogna, questo è lo scoglio più duro per noi: perché desiderare la sofferenza
quando ce n’è già tanta nel mondo e la maggior parte di noi ne farebbe volentieri a meno?
Dobbiamo fare un ragionamento di fede che parte proprio da Gesù: dice S. Giovanni evangelista
nella sua magnifica prima lettera: “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio
unigenito", che
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è Gesù Cristo; e che cosa ha fatto Gesù concretamente amandoci? Ha sofferto una dura passione ed
è morto in croce per noi liberamente, solo per amore nostro. Da ciò appare chiaro che Gesù ha
scelto la via più dura, quella della croce, per redimerci una volta per tutte: ora sta a
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noi rispondere a Gesù, siamo noi che dobbiamo liberamente accettare la sua salvezza imitandolo il
più possibile.
Quelli che riescono ad imitare Gesù nel modo migliore sono i Santi. Essi amano Dio fino in fondo,
vogliono imitarlo totalmente, vogliono compiere pienamente la sua volontà rinnegando se stessi,
tutto questo lo fanno per amore di Lui che per primo ci ha amati. L’atto amoroso più grande e
meraviglioso è stato la passione di Cristo e la sua morte in croce, è naturale quindi che l'anima santa
innamorata di Dio brami ardentemente di condividere, sebbene in minima parte, le sofferenze atroci
patite da Gesù suo Figlio; diciamo in minima parte perché noi uomini siamo piccoli e limitati
mentre Gesù e UomoDio, quindi la nostra capacità di soffrire e di amare è poca a confronto di
quella del nostro Cristo Salvatore. Conclusione: più si soffre e più si è vicini a Gesù che soffre e
porta la croce sul Calvario; ma dopo la passione e la morte di croce Gesù è risorto ed e asceso al
Cielo ed ora vive nella gloria eterna, lì dove un giorno dovremo andare anche noi, se lo avremo
seguito con amore.
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La sofferenza quindi non è fine a se stessa, ma è il mezzo principale per arrivare alla gloria di Dio.
alla vita eterna quando, giunti in cima al Golgota, poseremo stanchi le nostre pesanti croci e Gesù,
buon Pastore, ci prenderà dolcemente sulle sue spalle e ci presenterà al Padre suo e nostro.
La Beata Maria Teresa era ben consapevole di questo, ella infatti considerava questa vita solo una
contìnua preparazione alla vita eterna, quindi ricercava tutto ciò che poteva essere utile per il
conseguimento di essa. Ecco perché era molto riluttante a sottoporsi alle visite mediche o a prendere
calmanti per alleviare i dolori atroci che aveva: “Sennò che cosa offro al Signore?", molte volte
diceva. Non dobbiamo mai dimenticare che la Beata Maria Teresa Fasce era dotata di una grande
concretezza e non indugiava mai in fantasie o sdolcinature, ragion per cui se ha scelto di essere un
sacrificio continuo a Gesù suo Sposo lo ha fatto sapendo che ciò era la cosa migliore, più pratica e
concreta per il raggiungimento del fine primo e ultimo: la vita eterna, accanto a Dio. in realtà noi
sappiamo poco delle terribili sofferenze che Ella patì durante la sua vita: il suo costante
atteggiamento di riservatezza, di nascondimento dei suoi mali e dei suoi dolori che non è mai
venuto meno, ha tenuto segreto agli altri, ma non a Dio, tutto il suo martirio. Anche le sofferenze
morali fanno parte della croce, anzi, a volte sono quelle che fanno più male. La Beata Maria Teresa
le ha sperimentate, come dicevamo, soprattutto durante la costruzione del nuovo tempio di S. Rita.
Tutti quei dissidi, quelle lotte, quegl’imbrogli, l'ipocrisìa e la doppiezza viscida dei vari personaggi
più o meno squallidi che si presentavano a lei le fecero ingoiare molte volte l’amaro calice del
dolore morale che sopportò sì con co96
raggio e costanza, ma che le punse forte il cuore fino a farle scrivere espressioni di sconforto come
le seguenti: “Oh, quanto e brutto il mondo!”; “Questa mattina abbiamo ingoiato più lacrime che
latte..,”
Nel suo cuore, già rigonfio di dolori e sofferenze, trovavano sempre posto i drammi delle persone
che ella incontrava: innanzi tutto quelli delle sue monache e poi quelli più numerosi e vari dei tanti
pellegrini che si recavano a Cascia per onorare S. Rita o quelli che le scrivevano esponendole i loro
casi disperati. La Beata Maria Teresa condivideva straordinariamente le loro sofferenze, per questo
si immedesimava nelle varie situazioni e cercava di consolare gli interessati nel modo più adeguato,
spronandoli alla fede e alla speranza, indicando loro l'esempio fulgidissimo di S. Rita che aveva
dovuto patire tanti dolori, ma non diceva mai niente di sé: appariva sempre serena e quieta, con una
grande pace nel suo animo, e lo era veramente.
Un simile modo di intendere le sofferenze la Beata Maria Teresa Fasce lo applicò costantemente
nelle numerosissime prove della sua vita; fin da ragazza la Beata affrontò i problemi con quella
forza e quella concretezza che conosciamo; quando morì il padre ella consolò Carmelia dicendole:
“Preghiamo, Carmelia, dopo piangeremo”. Aveva già capito qual’era l’essenziale nei momenti
difficili, e questa sarà una sua caratteristica fondamentale durante tutta la sua vita. Ella sapeva bene
quanto fosse difficile lodare e ringraziare Dio nelle prove, per questo cercò sempre di trovare
l’aspetto positivo in ogni prova e ci riusciva in modo straordinario. Durante la seconda guerra
mondiale, erano momenti duri per tutti: per il monastero, per i suoi familiari, per lei stessa e per
l'umanità intera.
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Presentiamo ora alcuni pensieri della Beata Maria Teresa Fasce che mostrano senza ombra di
dubbio quale fosse il suo stato d'animo nelle difficoltà, li presentiamo tutti insieme, senza
commento, perché si noti l'efficacia di certe espressioni che rispecchiano tutta la sua concezione
spirituale e materiale della vita: “In questi tempi bisogna fare di necessità virtù: guardiamo la
volontà di Dio e non la cattiveria dell'uomo, così vivremo più virtuose e serene"; “Siamo affidati a
Dio, e faremo la sua Volontà anche per tutte le cose che permette... Speriamo che il popolo ascolti
la parola di Dio che è eterna, e colma gli animi di pace avendo nell'eterno il suo fine: gioie e guai
passano, resta il merito a chi se l'è saputo procurare con opere buone": “Se il Signore vuol provare,
la sua mano arriva dappertutto; ma il tempo, sotto le prove, è prezioso per meritare: vale più un Dio
sia benedetto nelle cose avverse, che centomila ringraziamenti nelle cose prospere. Dio bisogna
ringraziarlo adesso: venga quel che vuol venire, nulla accadrà che non sia da Lui voluto o
permesso”. Notiamo come in queste frasi così dirette ed asciutte risaltino particolarmente i
principali capisaldi della spiritualità della Beata Maria Teresa: fare ad ogni costo la volontà di Dio.
esercizio costante delle virtù cristiane favorito dalle condizioni miserevoli in cui si vive, fiducia
incondizionata nella Provvidenza Divina, ringraziare il Signore per tutto quello che ci dà. In questi
momenti tanto difficili le monache della sua comunità, le sue carissime apette e i devoti di S. Rita si
stringono a lei come ad un sicuro bastione che non crolla e che con la sua maestosa autorità tiene
lontani i pericoli ed i malintenzionati, come in occasione delle due drammatiche visite dei soldati
tedeschi in monastero. Si addice proprio alla nostra Beata la frase di S. Pietro apostolo tratta
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dalla sua prima lettera: “Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po' afflitti da
varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa del l'oro, che, pur destinato a
perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù
Cristo”.
Siamo certi che al termine della sua avventura terrena la Beata Maria Teresa Fasce sia andata alle
Nozze celesti con il suo Sposo Gesù Cristo tutta splendente come una perla purificata da qualsiasi
impurità, una gemma fulgidissima che oggi risplende nel firmamento agostiniano e della Chiesa
universale.
La rinnovazione privata dei voti.
La Beata Maria Teresa Fasce non ci ha lasciato opere complete, ha scritto però moltissime lettere
sia ai suoi familiari che ai devoti di S. Rita con i quali intrecciò una fittissima corrispondenza.
Purtroppo durante la raccolta del materiale in occasione del processo di beatificazione molte lettere
sono andate perdute perché non tutti i devoti hanno risposto all’appello delle monache di Cascia
interessate a raccogliere quante più lettere possibile scritte dalla Beata Maria Teresa ad essi o ai loro
familiari. L'unico scritto non epistolare veramente importante è una breve preghiera che la Beata
usava per rinnovare privatamente i voti religiosi. Questo scritto è un vero gioiello di spiritualità
agostiniana e, più in particolare, di quella della nostra Beata. In esso infatti vi ritroviamo in sintesi
tutte le linee principali della sua vita spirituale che abbiamo trattato, seppur brevemente, in questa
parte: ci sembra giusto quindi riportare questa preghiera,
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scritta di suo pugno, alla fine di questo libretto, perché è la miglior conclusione ed il riassunto più
adatto a fotografare con un'istantanea a colori lo spirito e l’anima di questa Beata tanto affascinante.
Eccone il testo:
“Io Suor Maria Eletta Fasce, indegna agostiniana di S. Rita, qui protesa ai tuoi piedi, o Gesù.
protesto alla Divina tua Presenza, che se anche fossi in piena mia libertà, e possedessi tutte le
ricchezze di mille mondi, sarei ciò non di meno pronta sempre a sacrificarmi di nuovo tutta per te;
sacrificio che intendo rinnovare, e che ti rinnovo e ti ripresento per le mani della mia cara Madre
Santa Rita e della Madre S. Monica e del Padre S. Agostino, della carissima e dolcissima Madre tua
e mia, la Vergine Maria.; alla presenza del mio Protettore S. Giuseppe, S. Teresa, del mio Angelo
Custode, di tutti gli altri Santi miei avvocati e protettori, non che di tutto il Paradiso!
Ti rinnovo i santi voti religiosi (a me carissimi) di castità, di povertà> di obbedienza e nuovamente
protesto di volermi attenere a tutta l'osservanza dell'Istituto e in modo speciale alla pratica
dell’umiltà.
Prometto ancora e faccio voto di morire interamente a me stessa. privandomi per il mio caro Sposo
Gesù di qualunque soddisfazione che potessi prendermi; e volentieri mi assoggetto a qualsiasi
ufficio, fosse pure il più sgradevole, rinunziando alla mia volontà anche nelle cose sante, e non
riconoscendo altro che l'obbedienza; perocché null‘altro bramo che fare la volontà del mio Dio.
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Rinunzio a tutte le consolazioni di spirito, mettendomi senza riserbo alcuno nelle mani del mio
Sposo Divino. contentissima che egli disponga di me come più gli piace.
Prometto inoltre di praticare quanto conoscerò essere opera della maggior perfezione unita sempre
alla volontà di Lui. E inabissata nel mio nulla mi riconosco in sufficientissima ad ogni minimo
bene, riponendo tutta la mia fiducia nel cuore amorosissimo del mio Gesù, al cui amore intendo
sacrificare tutta me stessa!
.Sì, mi sacrifico tutta al maggior gusto del mio dolce Gesù, ed offro il mio cuore a ricevere tutti i
disprezzi che gli son fatti, la mia libertà a ricevere tutti i legami che si vorrebbero imporre alla sua
Chiesa, l'anima mia ad accogliere tutte le pene che egli sostenne, il mio sangue ad unirsi al Sangue
Suo Divino versato tutto per nostro amore. Ed oh! quanto sarei felice se come Lui, mio Sposo,
potessi spargere fino all'ultima stilla il mio sangue per amor suo!
Voglio ancora che a Lui restino sacrificati tutti i miei desideri, insomma tutto l'essere mio, tutta me
stessa. Amen ".
Maria Teresa Fasce
Esaminiamo ora alcuni passaggi significativi di questo scritto. La forma e lo stile sono quelli delle
preghiere che possiamo trovare nei vecchi libretti delle massime eterne; la lingua è un pò arcaica e
vi compaiono formule precise, ad esempio “Protesa ai tuoi piedi”, “Protesto al103
la Divina tua Presenza”, oppure “Sacrificio che intendo di rinnovare, e che ti rinnovo e ti
ripresento...”. Questa lingua un po’ formale nasconde in realtà un contenuto che invece è grande, vi
sono espressioni ed immagini molto plastiche e forti che la Beata Maria Teresa sentiva
profondamente e che descrivono benissimo la sua totale adesione a Cristo Suo Sposo. Notiamo la
forza evocativa di questa frase: “...se anche fossi in piena mia libertà, e possedessi tutte le ricchezze
di mille mondi, sarei ciò non di meno pronta sempre a sacrificarmi di nuovo tutta per te”. Si
percepisce qui l'influenza di S. Paolo, in modo particolare il capitolo 13 della prima lettera ai
Corinzi. il famoso Inno alla Carità: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non
avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono
della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così
da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le
mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova”.
Anche in questo scritto, com’è naturale, la figura di S. Rita è preminente, all'inizio si legge: “Io.
Suor Maria Eletta Fasce, indegna agostiniana di S. Rita,..." e quando rinnova i suoi voti davanti a
Gesù, la prima figura che ella invoca è proprio la sua “cara Madre Santa Rita”; ciò dimostra in
maniera inequivocabile il carattere profondamente ritiano della vocazione e della spiritualità della
Beata Maria Teresa Fasce, come abbiamo già ampiamente sottolineato parlando della sua vita.
Quando la Beata scrive il suo nome non usa qui quello di Teresa, ma quello di Maria Eletta
(ricordiamo che alla Professione semplice le vennero imposti i nomi di Tere104
sa Eletta), forse perché ella considerava le anime religiose anime elette, cioè anime scelte da Dio e a
Lui consacrate e segnate dal sigillo della Croce. La parola più frequente in questo testo, non a caso,
è Sacrificio: e noi sappiamo quanto fu duro il suo sacrificio a causa delle malattie e delle sofferenze,
ma proprio per questo fu per lei tanto soave e dolce perché poteva offrire qualcosa di molto
concreto e prezioso al suo Sposo celeste Gesù Cristo.
E’ molto evidente anche il rinnegamento di sé, a lei tanto caro: la mortificazione dei suoi desideri e
il riconoscimento della sua nullità: “E inabissata nel mio nulla mi riconosco insufficientissima ad
ogni minimo bene,...”.
E’ suggestiva l'offerta che la Beata fa a Gesù del suo cuore, della sua libertà, della sua anima e del
suo sangue: tutto il suo ardore di condividere intimamente la Passione di Cristo in ogni componente
del suo corpo e della sua anima, facendosi ella stessa il centro di raccolta di tutte le persecuzioni e i
dolori di Gesù e della sua Chiesa.
Questa ardente rinnovazione dei voti non può che terminare con un auspicio che dà il senso a tutte
le sue aspirazioni terrene: “Ed oh! quanto sarei felice se come Lui. mio Sposo, potessi spargere fino
all'ultima stilla il mio sangue per amor suo!”.
Ci tiene a dire che i voti religiosi di castità, povertà e obbedienza le sono carissimi, come lo è
altrettanto la scrupolosa osservanza della Regola di S. Agostino sulla quale la Beata Maria Teresa
modellò tutta la sua vita e ne pretendeva l'osservanza scrupolosissima anche dalle sue figlie, le sue
carissime monache.
Il fine di questo breve libro non ci consente di approfondire ulteriormente i vari aspetti della vita e
della spiri105
tualità della Beata Maria Teresa Fasce, ma speriamo di aver suscitato interesse in chi legge e ci
considereremmo davvero soddisfatti se il lettore sentisse l'esigenza di conoscere meglio questa
Beata e la invocasse come sua patrona e protettrice magari accanto a S. Rita, che fu il suo modello
di vita, e che è la dolce patrona di tutti coloro che si recano a Cascia per pregare la Santa degli
impossibili nei luoghi in cui è vissuta, che la Beata Maria Teresa Fasce ha reso tanto famosi in tutto
il mondo realizzando quelle strutture di cui godiamo ancor oggi.
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BIBLIOGRAFIA
Angelini Atanasio, o.s.a., Predestinata, Cascia 1968.
Rita da Cascia, donna sopra ogni donna Teresa Fasce, testimone del primato di Dio. Due
straordinari fotofilms girati nei luoghi autentici delle vicende. Regia di Eduardo Falletti. Roma
1985.
Vincenti Alipio, o.s.a. La Serva di Dio Madre Maria Teresa Fasce (1881-1947), Badessa
agostiniana, grande promotrice del culto di S. Rita, Cascia 1988.
Congregatio DE CAUSIS SANCTORUM, Nursina. Canonizationis Servae Dei Mariae Teresiae
Fasce, monialis Ordinis S. Augustini (1881-1947). Positio super virtutibus, Roma 1989.
SICCARDI CRISTINA. Maria Teresa alla conquista di Cascia. L'ineffabile avventura dell'erede di
S. Rita. Cavallermaggiore (CN) 1993.
Papalini Mauro. Profilo biografico della Ven. Maria Teresa Fasce (1881-1947), abbadessa del
Monastero Agostiniano di S. Rita a Cascia. Cascia 1995.
CONGREGATIO DE Causis Sanctorum, Nursina. Canonizationis Servae Dei Mariae Teresiae
Fasce, monialis Ordinis S. Augustini (1881 - 1947). Relatio et vota congressus peculiaris super
virtutibus die 17 ianuarii an. 1995 habiti, Roma 1995.
ID. Decretum super virtutibus, 11 iulii 1995. Roma 1995.
ID., Positio super miraculo, Roma 1996.
ID. Relatio et vota congressus peculiaris super miro die 24 ianuarii an. 1997 habiti, Roma 1997.
ID. Decretum super miraculo.
107
INDICE
Presentazione 5
PARTE PRIMA
VITA DELLA BEATA MARIA TERESA FASCE
L’infanzia e la giovinezza
9
La vocazione e l'ingresso in monastero
I suoi primi anni nel monastero
19
24
La Madre Abbadessa 29
La costruzione del nuovo tempio di S.
L’Alveare di Santa Rita
Rita
35
51
Gli ultimi anni della sua vita 55
PARTE SECONDA
LA SPIRITUALITÀ ED IL MESSAGGIO DELLA BEATA MARIA TERESA FASCE
Introduzione 63
La Madre
64
Esempio meraviglioso di tutte le virtù
La preghiera e le sue devozioni
Lo stemma della croce
92
La rinnovazione privata dei voti
Bibliografia
107
82
99
cristiane
70