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MAURO PAPALINI. LA SERVA DI DIO MARIA TERESA FASCE (1881-1947) ABBADESSA DEL MONASTERO AGOSTINIANO DI S. RITA A CASCIA La Venerabile Maria Teresa Fasce nacque a Torriglia, una cittadina a circa quaranta chilometri da Genova, il 27 dicembre 1881 da Eugenio Fasce e da Teresa Valente sua seconda moglie. La famiglia Fasce apparteneva all'alta borghesia genovese, possedeva infatti a Torriglia l'Albergo dei Cacciatori, luogo dove la nostra Venerabile vide la luce. In passato questo edificio era appartenuto all'Ordine agostiniano, tant'è vero che sullo stipite del camino che era nella stanza dove nacque la piccola Maria vi era scritto "Magne Pater Augustine", inizio del celebre inno al nostro Santo Padre. La bimba fu battezzata il giorno dopo con il nome di Maria, ma fu sempre chiamata familiarmente Marietta. A otto anni rimase orfana della madre e allora la sorella più grande Luigia si occupò in prima persona dell'educazione di Marietta e delle altre sorelle e fratelli più piccoli. I Fasce erano cattolici praticanti, ma pur sempre borghesi della seconda metà dell'ottocento con tutti i pregiudizi di quell'epoca. Luigia voleva farsi suora, ma vi rinunziò per occuparsi della famiglia rimasta senza la madre; un'altra sorella, Beatrice, voleva prendere il velo, ma il padre si oppose fermamente destinandola ad un matrimonio che però durò poco in quanto Beatrice morì giovanissima. Marietta cresceva in un ambiente sano, dove si insegnavano i valori religiosi e si guardava all'istruzione anche delle ragazze, nei limiti consentiti in quei tempi. Ella frequentò con profitto la scuola elementare e cominciò anche la scuola media, ma non la portò a termine; venne educata presso le suore Gianelline di Genova e da loro svolse anche il suo lavoro di ricamatrice. Era di carattere vivace e forte, ma docile agli insegnamenti degli adulti, aveva molti interessi, le piacevano soprattutto la musica ed il canto, dove eccelleva con la sua voce melodiosa e dolce; amava la lettura e l'arte in generale. A Genova frequentava la parrocchia agostiniana di Nostra Signora della Consolazione. un luogo fondamentale per la crescita spirituale della giovane Marietta Fasce. Lì incontrò due figure agostiniane molto importanti: il parroco P. Camillo Butti e soprattutto il suo confessore P. Mariano Ferriello che tanta parte ebbero nella sua vocazione. La Fasce collaborava con impegno in parrocchia insegnando catechismo e canto e partecipando assiduamente alle funzioni religiose; certamente alla Consolazione conobbe i Santi agostiniani come S. Chiara da Montefalco, S. Monica, S. Nicola da Tolentino e altri; lì imparò ad amare la spiritualità del Santo Padre Agostino; lì conobbe la sua grande protettrice, il suo modello di vita, "la mia cara madre S. Rita", cosÌ scriverà nella Rinnovazione privata dei voti. Il 24 maggio 1900 Papa Leone XIII canonizzò solennemente in S. Pietro Santa Rita da Cascia, l'Ordine agostiniano fece conoscere questa nuova Santa con conferenze, celebrazioni liturgiche e altre manifestazioni. Anche a Genova P. Butti e gli altri presentarono ai loro fedeli la figura affascinante e meravigliosa di questa Santa che sarebbe divenuta tanto famosa in tutto il mondo proprio grazie a quella ragazza che in quei giorni del maggio 1900 ascoltava con tanto interesse e passione le drammatiche vicende della vita di S. Rita. L'incontro con la Santa di Cascia provocò in lei un'impressione fortissima, al punto da condizionarne tutta la vita futura. In realtà Marietta Fasce coltivava già dentro di lei il desiderio di farsi religiosa, ma non lo manifestò mai a nessuno per le note vicende della sorella Beatrice; quando a diciannove anni scelse come modello di vita S. Rita lasciò maturare in lei questa vocazione agostiniana, diremmo ritiana, per altri sei anni; solo quando fu assolutamente sicura della saldezza della sua vocazione lo esternò ai familiari, ma non disse loro soltanto di volersi fare suora, disse molto di più: ella voleva farsi monaca agostiniana a Cascia, paese allora completamente sconosciuto. Le reazioni dei fratelli furono molto contrarie, ma ella resisté tenacemente; la sorella maggiore Luigia non contestava la sua vocazione religiosa, ma non capiva quel suo strano puntiglio di andare in quel posto remoto, Cascia; e come avrebbe potuto capirlo? Dopo alcuni tentativi di farla entrare in un monastero agostiniano ligure, principalmente quello di Savona, i familiari si rassegnarono ed il P. Ferriello con una lettera del Vescovo e dell' Arciprete di Torriglia scrisse a Cascia, ma la risposta fu sorprendentemente negativa; difatti la badessa del monastero di S. Rita, M. Giuseppina Gattarelli, pensava che una signorina abituata alle comodità della grande città non avrebbe mai potuto abituarsi alla vita dura di un monastero che sorgeva tra i monti, in un paese dove c'erano solo "quattro ciottoli". Ma Marietta Fasce non era il tipo da scoraggiarsi, né lo fu mai, quindi ripeté la richiesta di ammissione, e questa volta la risposta affermativa venne per telegramma; era il giugno 1906. Partirono alla volta di Cascia Marietta, la sorella maggiore Luigia e la più piccola Carmelia, grande confidente della nostra Venerabile. Il viaggio da Genova a Cascia fu assai faticoso, durante le lunghe ore Marietta si addormentò un paio di volte facendo due sogni premonitori, che raccontò alla sorella Carmelia: nel primo aveva visto il Sacro Cuore di Gesù che le sorrideva, nel secondo aveva visto una giovane suora bellissima vestita di bianco che la accoglieva alla porta del monastero. Giunte a Cascia fu proprio una suora dal viso bellissimo e vestita di bianco ad accogliere Marietta e le sorelle al portone del monastero (il vestito bianco si spiega perché fino agli anni venti di questo secolo le mona che lo indossavano nel periodo estivo, mentre il 28 agosto per la solennità del S. P. Agostino rimettevano quello tradizionale nero). Dopo alcune difficoltà la venticinquenne Maria Fasce entrò nel monastero di S. Rita di Cascia il 22 giugno 1906, festa del Sacro Cuore di Gesù di cui ella fu sempre tanto devota. Dopo sei mesi di postulandato Maria Fasce ricevette l'abito agostiniano nella notte di Natale del 1906 e l'anno successivo, sempre nella notte di Natale, emise i voti di castità, povertà e obbedienza. Non a caso ciò avvenne nella notte di Natale, ella infatti era devotissima del Santo Bambino di Praga; le vennero imposti i nomi di Teresa Eletta, forse per suo desiderio le fu dato il nome di sua madre, Teresa. Era convinta di aver lasciato per sempre il mondo e di aver trovato un paradiso, ma presto si accorse che non era così. L'ambiente che ella trovò a Cascia era profondamente diverso dai suoi sogni: a seguito della soppressione degli ordini religiosi il monastero si trovava in crisi, accentuatasi con l'arrivo a Cascia di sette giovani monache da Visso. Ciò provocò uno scontro generazionale con quelle anziane che vi erano prima, anche lo spirito ed i costumi furono gravemente compromessi lasciando il posto a rilassatezze, schiamazzi e risa invece di silenzio, meditazione e operosità. Questa situazione così in decadimento fece soffrire moltissimo la giovane suora che non era il tipo da scendere a compromessi, ma era tutta d'un pezzo e non accettò mai quello stile di vita. Anche la disillusione e il dubbio si impadronirono di lei e volle riesaminare con calma tutte le sue scelte, per questo si avvalse della norma dell'Extra claustra; quindi Suor Maria Teresa lasciò il monastero nel giugno 1910 e vi ritornò nel maggio 1911 confermata nei suoi propositi di essere monaca agostiniana vicino alla sua S. Rita, ben consapevole delle difficoltà e dell'improba fatica che si accingeva a compiere per riportare il monastero nell'alveo della spiritualità e della contemplazione. Il 22 maggio 1912, non a caso festa della sua madre S. Rita, Suor Maria Teresa Fasce emise la sua professione solenne. Ella sapeva bene che per rinnovare spiritualmente il monastero bisognava agire e non si tirò indietro: scrisse tre lettere ai superiori per denunciare senza remore la situazione drammatica del suo monastero, ma soprattutto, si impegnò in prima persona mettendo a frutto tutte le sue numerose qualità caratteriali e spirituali. Il 17 luglio 1914 fu nominata maestra delle novizie, il1 agosto 1917 venne nominata d'autorità Vicaria, e il 12 agosto 1920 venne eletta all'unanimità dalle consorelle Abbadessa del monastero, carica che conserverà per ventisette anni, fino alla morte. La Ven. Maria Teresa incarnò talmente bene il ruolo di madre abbadessa che divenne per tutti, monache e non, la Madre per antonomasia. Il suo governo si distinse per la prudenza, la sapienza, la fermezza, la dolcezza e tante altre qualità, prima fra tutte il suo affetto materno. Da buona madre ella voleva conoscere tutto delle sue figlie, voleva vigilare costantemente sulla loro vita spirituale e materiale proponendosi sempre come punto di riferimento per qualsiasi cosa, anche per una semplice “sottoveste". Possedeva una forte penetrazione psicologica ed una pronunciata intuizione che le permettevano di leggere nei cuori delle monache affinché non vi albergassero pensieri cattivi o tentazioni sempre in agguato, del resto la sua esperienza dei primi anni le era sempre dinanzi perciò voleva che le sue monache fossero spiritualmente perfette e sempre impegnate nella preghiera, nella meditazione o nei lavori pratici che in un monastero non mancano davvero. E così la comunità ritornò a camminare sulla retta via anzi, divenne un modello di vita claustrale grazie alla santità della sua abbadessa e all'impegno delle sue monache. La Ven. Maria Teresa Fasce aveva sì gli occhi fissi verso il Cielo, quella Patria gloriosa che dobbiamo raggiungere, ma teneva i piedi ben piantati per terra: il suo senso pratico e la sua concretezza erano divenuti proverbiali, sosteneva che Gesù non amava le "bambole", ma voleva spose attive e laboriose. Era autorevole per i suoi carismi di madre, ma non fu mai autoritaria; era rigida nell'osservanza della Regola agostiniana, scrupolosa nella sua applicazione, a volte doveva essere dura ed esigente, ma non fu mai una dittatrice anzi, fu sempre molto tenera e affabile anche con coloro che poc'anzi aveva dovuto correggere severamente. La vita della Ven. Maria Teresa Fasce fu un insieme di grandi progetti, di grandi ideali che ella realizzò con costanza e fortezza, con pazienza e coraggio, così fu per la sua vocazione, per il rinnovamento spirituale del monastero, e lo fu in maniera particolare per l'edificazione del nuovo tempio di S. Rita e delle altre opere come l'orfanotrofio femminile. Appena eletta badessa la Ven. Maria Teresa cercò in tutti i modi di far conoscere S. Rita, la sua grande patrona, e per fare ciò ella comprese che ci volevano strutture adeguate per accogliere i pellegrini. Il primo passo fu quello di fondare un organo di stampa che potesse giungere ovunque per comunicare con i devoti della Santa, e il 22 maggio 1923 uscì infatti il primo numero del bollettino “Dalle api alle rose", di cui primo direttore fu il padre Possidio Marabottini, collaboratore eccezionale e preziosissimo della badessa nelle realizzazioni future. La prima opera realizzata fu il nuovo altare della piccola chiesa dove prima c'era il corpo di S. Rita; esso fu costruito con le offerte dei devoti pervenute grazie al bollettino che aveva lanciato la campagna di raccolta e alla quale i devoti avevano risposto con generosità. Questo nuovo altare fu inaugurato in occasione del venticinquesimo anniversario della Canonizzazione di S. Rita. Dato che l'impresa aveva avuto tanto successo la Ven. Maria Teresa ed il p. Marabottini tentarono il grande passo: costruire un nuovo tempio in onore di S. Rita dove accogliere i pellegrini che ormai venivano sempre più numerosi a Cascia. Nel 1925 il bollettino lanciò la campagna di raccolta delle offerte, ma fu un cammino irto di ostacoli e disseminato di spine che misero a dura prova la Ven. Maria Teresa, esaltandone però la prudenza e la fermezza; trascorsero infatti dodici anni prima di iniziare i lavori con la posa della prima pietra. In questo periodo vi furono interessi enormi che girarono intorno al monastero e alla badessa e dure lotte che influirono anche sulla comunità e sulla serenità della nostra Venerabile la quale però continuò con tenacia a perseguire i suoi fini. Non stiamo a narrare tutte le vicende dell'edificazione del nuovo tempio, diremo solo che anche i lavori di costruzione procedettero lentamente e poi si interruppero a causa della guerra per riprendere nella primavera del 1946. La nuova basilica venne inaugurata il 18 maggio 1947, ma la Ven. Maria Teresa Fasce la vide dal cielo poiché aveva lasciato questa terra quattro mesi prima, il 18 gennaio dello stesso anno. Un segno dell'immensa maternità spirituale della Madre Fasce fu la nascita dell'orfanotrofio femminile che si iniziò il 24 settembre 1938 accogliendo la prima piccola "ape di S. Rita", Edda Petrucci. Ben presto le bambine divennero molte e la Madre le seguiva amorosamente preoccupandosi della loro crescita spirituale e fisica, giocava con loro fino a farsi bambina tra di esse. La Ven. Maria Teresa Fasce fu agostiniana fino in fondo: le toccò di portare una croce molto pesante alla quale ella si attaccò sempre per attraversare questo mare tempestoso della nostra vita, per poi arrivare attaccata al legno della Croce di Cristo alla Patria del Cielo. Per quasi trent'anni soffrì di un tumore maligno al seno sinistro che le dava enormi dolori e per il quale era stata sottoposta a due interventi chirurgici; ella lo chiamava "il mio tesoro", il dono più bello che le aveva fatto il suo Sposo celeste, ma Gesù le fece molti altri doni: mal di cuore, asma, diabete, problemi alla circolazione che le causavano fortissimi bruciori ai piedi. Tutte queste malattie la ingrossarono molto, (era infatti fisicamente alta, ma magra) e le impedirono quasi di camminare cosicché le monache dovevano trasportarla da una parte e dall'altra del monastero su una sedia. La Venerabile, però, non fece mai pesare su nessuno le sue malattie, non si lamentò mai, non ne parlava quasi a nessuno e non voleva che se ne parlasse. Ella si offriva sempre in sacrificio al suo Sposo Gesù Cristo, era ben lieta di condividerne la Passione, anche se, come diceva lei, in minima parte. Fu davvero simile alla sua S. Rita che non bramava altro che di soffrire per e con Gesù. Un episodio che illustra bene la forte personalità della Ven. Maria Teresa Fasce è quello delle due visite da parte delle S.S. tedesche il 26 marzo e il 4 aprile 1944: i soldati entrarono nel monastero con violenza cercando eventuali partigiani nascosti, la badessa li affrontò con coraggio indomito e fermissima volontà di difendere le sue monache e le sue “api”; in entrambi i casi i soldati furono ammansiti dalle parole e dai gesti della Madre abbadessa. Negli ultimi tempi le sue condizioni di salute si fecero sempre più gravi e i dolori sempre più terribili, quel cuore che tanto aveva amato Dio e il prossimo con opere spirituali e materiali molto benemerite si fermò il 18 gennaio 1947 e la sua anima andò incontro a quello Sposo celeste per cui si era sacrificata ogni giorno; ora la vergine saggia e prudente entrava alle nozze con la lampada accesa e adesso vive nella gloria eterna. I tratti fondamentali della spiritualità della Ven. Maria Teresa Fasce sono pochi ma impegnativi, alcuni li abbiamo già visti, ora li riassumiamo con alcune frasi della stessa Venerabile tratte dalle lettere o da testimonianze dirette. Il primo dovere che ha l’anima è quello di fare la volontà di Dio, la Venerabile sosteneva infatti: “... l’anima ha un solo impegno davanti a Dio: la sua santificazione. E questa dipende dal perfetto adempimento della sua santissima Volontà”. Per fare la volontà di Dio bisogna vivere cristianamente rinnegando se stessi e praticando l’esercizio perfetto di tutte le virtù cristiane, soprattutto dell’umiltà. Alla radice di tutto naturalmente c’è l’amore, quello di Dio per gli uomini che si manifesta nella passione di Cristo e quello nostro per Lui che si concretizza nel condividere le sofferenze di Gesù portando con amore la nostra croce; la Venerabile Maria Teresa diceva infatti: “Chi non soffre non ama: le anime elette devono somigliare a Gesù Crocifisso ...”, oppure: “Il nostro stemma è la croce e siamo ben lieti di abbracciarla, specie quando è impressa in noi”. Da degna figlia del Santo Padre Agostino la Venerabile fu devotissima al Pontefice e si mise sempre tutta nelle sue mani specialmente nei momenti difficili, come quando ella si rivolse a Pio XI per sapere cosa dovesse fare nelle intricate vicende della costruzione del nuovo tempio di S. Rita; la Ven. Maria Teresa veramente ebbe Dio come padre e la Chiesa come madre. Un altro gioiello, dunque, brilla nello scrigno agostiniano, la Ven. Maria Teresa Fasce; ringraziamo il Signore perché ce l’ha data come esempio magnifico e perché la Chiesa la sta per beatificare additandola ai credenti come modello di vita cristiana per tutti, religiosi e laici. MAURO PAPALINI