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Consiglio Nazionale delle ricerche Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica Le modificazioni climatiche e i rischi naturali Atti delle Giornate di Studio Impatto delle modificazioni climatiche su rischi e risorse naturali. Strategie e criteri d'intervento per l'adattamento e la mitigazione Bari, 10-11 marzo 2011 Aula Magna della Facoltà di Scienze della Terra Università degli Studi di Bari Edito da Maurizio Polemio Organizzato da: Istituto di Ricerca della Protezione Idrogeologica del CNR, Sede di Bari; International Association for Engineering Geology and the Environment (IAEG), Sezione Italiana, Commissione "Gli effetti delle modificazioni climatiche sui rischi naturali e sui criteri di progettazione degli interventi"; in collaborazione con Associazione Italiana di Geologia Applicata e Ambientale (AIGA) In: Le modificazioni climatiche e i rischi naturali. Polemio M. (Ed.), ISBN 9788890508806, CNR IRPI, Bari, 2011 ALLA RICERCA DELL’ACQUA ACQUEDOTTI SOTTERRANEI PERDUTA: GLI ANTICHI PARISE MARIO1,2 , CALOI VITTORIA2, GALEAZZI CARLA2, GERMANI CARLO2, SAMMARCO MARIANGELA2,3 1 CNR IRPI, Bari, Italia, m.parise@ba.irpi.cnr.it 2 Società Speleologica Italiana, Commissione Cavità Artificiali 3 Università del Salento, Facoltà Beni Culturali, Lecce RIASSUNTO Gli antichi acquedotti sotterranei costituiscono una preziosa testimonianza delle opere idrauliche realizzate nel corso dei secoli al fine di garantire disponibilità di risorse idriche alle popolazioni. Per la predominante natura di opera ipogea, essi si sono conservati pressoché intatti anche dopo millenni, ed in molti casi risultano ancora in funzione, pur in assenza di opere di manutenzione. Il presente contributo riassume le attività sinora svolte nel corso di un progetto sull’intero territorio nazionale, a cura della Società Speleologica Italiana, relativo alla raccolta e catalogazione di dati sugli antichi acquedotti sotterranei, nonché alla loro esplorazione e rilievo mediante tecniche speleologiche. Parole chiave: acquedotti sotterranei, risorse idriche, speleologia INTRODUZIONE La gestione delle risorse idriche è una problematica di notevole complessità, che nella seconda metà del secolo scorso si è inevitabilmente aggravata a causa dell’elevata concentrazione di popolazione nelle aree urbane, e dell’influenza che vari processi antropici hanno avuto sulla qualità delle acque, con ripetuti eventi di inquinamento (Cotecchia 1991). Allo stesso tempo, si registra un costante aumento nei consumi idrici che, a sua volta, è all’origine della ricerca di ulteriori risorse idriche per soddisfare la crescente domanda. Periodicamente, e con frequenza sempre maggiore negli ultimi anni, si osservano infine periodi di crisi idriche derivanti da prolungati periodi di siccità, o da malfunzionamento delle esistenti reti di trasporto e distribuzione idrica. In un contesto del genere, si comprende come vi sia una stringente necessità nell’ottimizzare la gestione delle risorse idriche e nell’evitare ulteriori sperperi nonché eventi di inquinamento delle falde acquifere, specialmente in ambienti particolarmente fragili come quelli carsici (Parise 2010). Il territorio italiano, sul quale da secoli si sono avvicendate varie civiltà, è un ottimo esempio dal quale trarre utili lezioni in materia di sviluppo sostenibile se si vanno a considerare le opere realizzate in passato, e le relative modalità di gestione delle risorse idriche. La presenza di acquedotti ed opere idrauliche risalenti ad epoche passate sull’intero territorio nazionale costituisce un elemento di notevole importanza storica (Castellani & Dragoni 1992; Castellani 1999), che testimonia la capacità da parte dell’uomo di adattarsi alle caratteristiche naturali dell’ambiente in cui si insedia e di trarre vantaggio dalle risorse in esso contenute, senza per questo necessariamente causare degrado o innescare situazioni di inquinamento ambientale. L’approvvigionamento idrico ha infatti da sempre costituito un elemento di fondamentale importanza per gli insediamenti umani, e in ogni epoca ciascuna comunità ha dovuto fronteggiare la necessità di assicurarsi adeguati rifornimenti idrici, oltre che corrispondenti sistemi di smaltimento delle acque reflue. Lo studio delle antiche opere idrauliche, delle tecniche di costruzione e delle pratiche di manutenzione delle stesse, oltre a costituire argomento di indubbio interesse per gli studiosi di vari settori di ricerca, consente altresì di apprezzare appieno la capacità tecnica delle antiche popolazioni e il rispetto che esse nutrivano per le risorse ambientali, in primo luogo l’acqua (Germani et al. 2009a). Inoltre, l’analisi di tali strutture idrauliche ed i contesti idrogeologici in cui sono state realizzate offrono spunti di interesse in relazione alle recenti situazioni di crisi idrica e alle eventuali modificazioni delle condizioni climatiche rispetto al passato. Gli acquedotti sotterranei, molti dei quali a tutt’oggi sono ancora funzionali nonostante i tanti secoli trascorsi dalla loro realizzazione, possono infatti fornire significativi elementi di analisi relativamente al tema dei cambiamenti climatici ed alle modificazioni idrologiche ed idrogeologiche 169 avvenute nel corso del tempo, con particolare riferimento alla disponibilità a lungo termine delle risorse idriche. In tal senso, merita un cenno l’ipotesi di recente proposta in merito all’acquedotto di Bologna per spiegare alcune delle principali ristrutturazioni che hanno interessato questa imponente struttura sotterranea, che ancora oggi alimenta il centro storico della città: è presumibile che alcune delle deviazioni osservate all’originario percorso ipogeo di epoca romana (in particolare, l’utilizzo di cunicoli scavati ad un livello superiore rispetto a quello principale) siano derivate da variazioni nell’apporto solido del fiume Reno, da collegare a loro volta con eventi eccezionali di piena (Zannoni 1868; Gruppo Speleologico Bolognese & Unione Speleologica Bolognese 2010). Le poche informazioni sinora disponibili non consentono di inserire tali presumibili eventi in un quadro preciso di variazioni climatiche registrate dall’epoca della costruzione dell’acquedotto a quella della realizzazione delle ristrutturazioni suddette, ma ben evidenzia la possibilità di intraprendere ulteriori studi e ricerche finalizzate all’evoluzione dei corsi d’acqua che alimentano l’acquedotto di Bologna negli ultimi millenni, in risposta ad eventuali variazioni climatiche e, di conseguenza, a particolari eventi di piovosità eccezionale (Gruppo Speleologico Bolognese & Unione Speleologica Bolognese 2010). Tutti gli aspetti su richiamati fanno sì che gli antichi acquedotti sotterranei costituiscano opere di notevole interesse storico-archeologico e scientifico. Esistono però notevoli ed indubbie difficoltà nell’esplorazione di un antico acquedotto: dalla presenza di acqua, alla necessità di muoversi in stretti cunicoli, ai crolli che possono interessare alcuni tratti della struttura, alle interazioni con l’antropizzato sovrastante (presenza di tubazioni per emungimento, scarichi di liquami, ecc.). Tali difficoltà hanno di frequente limitato gli studi da parte di specialisti dei vari settori disciplinari, e richiedono necessariamente l’utilizzo di tecniche speleologiche di progressione e rilievo, al fine di esplorare in sicurezza tali ambienti ipogei. Ai fini della completa caratterizzazione delle opere idrauliche ipogee risulta pertanto imprescindibile l’apporto degli speleologi, trattandosi di strutture che presentano un predominante sviluppo sotterraneo. A testimonianza della rilevanza che le esplorazioni in cavità di origine antropica hanno assunto in Italia, si è sviluppata in ambito speleologico la categoria di ricerca di “speleologia in cavità artificiali”, ed è stata fondata nel 1981 una specifica Commissione Nazionale Cavità Artificiali nell’ambito della Società Speleologica Italiana. Tra le sue attività, la Commissione ha avviato a partire dal 2003 il Progetto “La Carta degli Antichi Acquedotti Italiani”, interamente dedicato allo studio, all’esplorazione ed all’analisi delle antiche opere idrauliche sotterranee (Parise 2007a, 2009; Germani et al. 2009a,b; Parise et al. 2009). LA CARTA DEGLI ANTICHI ACQUEDOTTI ITALIANI Gli antichi acquedotti (Fig. 1) rappresentano una preziosa documentazione delle talora inattese capacità progettuali e tecniche delle antiche comunità, consentendo l’indagine dell’evoluzione di tali conoscenze nello spazio e nel tempo. Stante la loro predominante natura di opere sotterranee, si sono conservati pressoché intatti anche dopo millenni e costituiscono oggi una insostituibile testimonianza delle opere di controllo del territorio che hanno consentito l’insediamento e lo sviluppo delle civiltà urbane. Molti antichi acquedotti sono ancora in funzione pur in assenza di opere di manutenzione e di una precisa conoscenza della loro struttura; altri, dismessi in tempi relativamente recenti, potrebbero essere ripristinati con interventi contenuti a vantaggio delle locali comunità, anche a fronte delle recenti crisi idriche. Non è poi da sottovalutare un loro possibile, seppur parziale, ri-utilizzo a fini di turismo culturale o didatticospeleologico. 170 La Carta degli Antichi Acquedotti Italiani rappresenta una prima sintesi del Catasto Nazionale delle Cavità Artificiali, costituendo un progetto che si propone come importante strumento di conoscenza del territorio. Il database realizzato, derivante dall’insieme delle informazioni sintetiche sugli acquedotti esistenti in Italia, ottenute sia da studi ed indagini speleologiche che dall’esame critico della letteratura disponibile, è uno strumento di consultazione rapida a disposizione dei vari organismi operanti sul territorio, utile soprattutto per indirizzare indagini più di dettaglio relativamente alle strutture trattate. Nell’ambito del progetto (Parise 2007a, 2009; Germani et al. 2009b), per acquedotto si intende l'insieme delle opere di captazione della risorsa idrica e di quelle funzionali al successivo trasporto ed utilizzo delle acque. Data l'enorme quantità di opere idrauliche presenti sul territorio italiano, sono stati adottati due limiti spazio/temporali al fine di contenere il numero di ipogei da classificare: la ricerca ha come limite temporale il XVIII secolo; e la lunghezza minima dell'opera idraulica dovrà essere di almeno 400 metri, sia misurati che dedotti dalla localizzazione delle sorgenti e dell'area di destinazione. Sulla base dell’epoca di costruzione, gli acquedotti risultano suddivisi in tre fasi cronologiche: il periodo grecoromano (fino al VI secolo d.C.), il periodo bizantino-medioevale (dall’VII al XIV secolo), e il periodo rinascimentale-moderno (dal XV al XVIII secolo). Gran parte degli acquedotti sinora censiti (circa il 75%) è riferibile all’epoca greco-romana; i rimanenti sono in ogni caso di frequente realizzati su tracciati risalenti allo stesso periodo storico. Nelle prime fasi di attività è stata avviata una raccolta bibliografica di testi, specialistici e non, di varia natura e tipologia riguardanti le opere idrauliche sotterranee. Tale ricerca bibliografica, che è in continuo aggiornamento, ha consentito sinora di raccogliere oltre 1000 riferimenti bibliografici. Per favorire la consultazione di una bibliografia di tali dimensioni, i riferimenti bibliografici sono stati suddivisi in testi di carattere generale e in testi di interesse regionale o locale (Parise 2007b). Questi ultimi sono stati a loro volta distinti in base alle singole strutture idrauliche. Risulta in tale maniera immediato risalire alla bibliografia specifica relativa a un determinato acquedotto, o a una precisa area geografica del territorio nazionale. Di pari passo alla raccolta e catalogazione delle informazioni complessive del progetto, si è proceduto ad eseguire approfondimenti su acquedotti singoli, analizzandone aspetti specifici di interesse, quali ad esempio le condizioni geologiche e morfologiche alla base della realizzazione dell’opera (Delle Rose et al. 2006; Del Prete & Parise 2007); lo sviluppo di acquedotti in zone archeologiche (Castellani et al. 1993, 2000; Galeazzi et al. 1999; Bambini et al. 2007); la storia e l’evoluzione recente di opere acquedottistiche in aree urbane, anche in relazione allo sviluppo stesso delle città (Guglia 2007); l’analisi a scala regionale su distribuzione e tipologia delle opere idrauliche esistenti (Del Prete & Varriale 2007); l’analisi di opere idrauliche utilizzate per trasporto di acqua necessaria a fungere da forza motrice per strutture produttive (Bixio et al. 2007). Il progetto non si limita infatti a prendere in esame gli acquedotti, bensì riguarda anche altre opere idrauliche sotterranee, quali gli emissari artificiali, le opere di bonifica, i cunicoli di drenaggio. Gli emissari artificiali furono scavati in primo luogo al fine di evitare le oscillazioni del livello dei laghi, Figura 1 – Galleria dell’acquedotto in località Marcigliana (Palestrina, Roma; foto: C. Germani) in particolare quelli di origine vulcanica solitamente 171 privi di emissari naturali, così consentendo il sorgere di centri abitati e lo sviluppo di aree coltivate lungo le rive. Le opere di bonifica mediante scavo di gallerie drenanti si resero invece necessarie per rendere utilizzabili aree potenzialmente coltivabili, altrimenti soggette ad impaludamento. Nella sola regione Lazio sono noti centinaia di cunicoli di questo tipo (Judson & Kahane 1963), molti dei quali rendono tuttora possibile l’attività agricola. La conoscenza e la documentazione di tali antiche opere idrauliche è di cruciale importanza al fine di operare una corretta gestione e tutela del territorio, la quale potrebbe ancora validamente utilizzare alcune di tali strutture, se opportunamente protette o consolidate. BIBLIOGRAFIA Bambini, R., Campagnoli, A., Campagnoli, M., Cappa, G., (2007). Un acquedotto etrusco-romano nel territorio di Cerveteri. Opera Ipogea, anno 9, n. 1, 95-104. Bixio, R., De Pascale, A., Saj, S., Traverso, M., (2007). Tre acquedotti sotterranei in provincia di Genova. Opera Ipogea, anno 9, n. 1, 85-94. Castellani, V., (1999). La civiltà dell’acqua. Editorial Service System, Roma, 256 pp. Castellani, V., Dragoni, W., (1992). Opere arcaiche per il controllo del territorio. Gli emissari artificiali dei laghi albani. In: AA.VV., Gli Etruschi maestri di idraulica. Electa Editori Umbri, Perugia. Castellani, V., Mecchia, G., Piro, M., Caloi, V., Dragoni, W., (1993). L’acquedotto dell’antica Praeneste. Atti XVI Conr. Naz. Spel., Le Grotte d’Italia, 137-151. Castellani, V., Caloi, V., Cianetti, L., (2000). Un’indagine preliminare dei resti grafici nel condotto dell’acquedotto di Palestrina (Roma). Opera Ipogea, anno 1, n. 1, 19-28. Cotecchia, V., (1991). Strategie progettuali e gestionali delle risorse idriche. Medit, anno 2, n. 3, 40-55. Delle Rose, M., Giuri, F., Guastella, P., Parise, M., Sammarco, M., (2006). Aspetti archeologici e condizioni geologicomorfologiche degli antichi acquedotti pugliesi. L’esempio dell’acquedotto del Triglio nell’area tarantina. Opera Ipogea, a. 8, n. 1-2, 33-50. Del Prete, S., Parise, M., (2007). L’influenza dei fattori geologici e geomorfologici sulla realizzazione di cavità artificiali. Opera Ipogea, anno 9, n. 2, 3-16. Del Prete, S., Varriale, R., (2007). Breve rassegna sui principali acquedotti ipogei della Campania. Opera Ipogea, a. 9, n. 1, 75-84. Galeazzi, C., Galeazzi, S., Germani, C., De Paolis, A., (1999). Gli ipogei minori della Caffarella (Roma). Opera Ipogea, anno 2, n. 3, 19-30. Germani, C., Galeazzi, C., Parise, M., Sammarco, M., (2009a). Gli antichi acquedotti sotterranei: esempi di uso sostenibile delle risorse idriche. Atti Convegno “La crisi dei sistemi idrici: approvvigionamento agro-industriale e civile”, Accademia dei Lincei, Roma, 22 marzo 2007, Atti Convegni Lincei, vol. 248, 217-223. Germani, C., Galeazzi, C., Parise, M., Sammarco, M., (2009b). La carta degli antichi acquedotti sotterranei: stato dell’arte e prospettive future. Atti Convegno “Acque interne in Italia: uomo e natura”, Accademia dei Lincei, Roma, 28 marzo 2008, Atti Convegni Lincei, vol. 250, 335-340. Gruppo Speleologico Bolognese, Unione Speleologica Bolognese, (2010). Gli antichi acquedotti di Bologna. Grafiche A&B, Bologna, 320 pp. Guglia, P., (2007). L’acquedotto Teresiano di Trieste. Opera Ipogea, anno 9, n. 1, 113-122. Judson, S., Kahane, A., (1963). Underground drainageways in southern Etruria and northern Latium. Papers of the British School at Rome, vol. 31, 74-99. Parise, M., (2007a). Il Progetto “La Carta degli Antichi Acquedotti Italiani”. Opera Ipogea, anno 9, n. 1, 3-16. Parise, M. (a cura di) (2007b). Bibliografia di base. Opera Ipogea, anno 9, n. 1, 17-68. Parise, M., (2009). Distribution and characteristics of ancient underground aqueducts in Italy. Atti Int. Water Ass. Specialty Conf., 2nd Int. Symp. on “Water and wastewater technologies in ancient civilizations”, Bari, 28-30 May 2009. Parise, M., (2010). Environmental sustainability and management of karst territories: problems and open questions. Geological Society of America Abstracts with Program vol. 42 (5). Parise, M., Bixio, R., Burri, E., Caloi, V., Del Prete, S., Galeazzi, C., Germani, C., Guglia, P., Meneghini, M., Sammarco, M., (2009). The map of ancient underground aqueducts: a nation-wide project by the Italian Speleological Society. Atti 15th Int. 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