Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
62 63 Brunella Angeli Una storia dimenticata: il Cimitero Suburbano di Reggio Emilia «La domanda: “Siete moderno o tradizionalista?” è stupida» 1 A. Aalto Prospero Sorgato, schizzo di progetto per il fronte monumentale del Cimitero Suburbano. Quando Prospero Sorgato, all’inizio degli anni trenta, si appresta a intraprendere il progetto della nuova facciata per il cimitero suburbano di Reggio Emilia, ha già progettato nella città e nelle cosiddette Ville della provincia, numerose cappelle cimiteriali, monumenti ai caduti, e il rifacimento della facciata della Chiesa di San Zenone. Fatta eccezione per gli incarichi ricevuti su commissione diretta, come le edicole funerarie e l’altare di San Zenone, l’interesse di Sorgato per l’architettura cimiteriale emerge principalmente nell’ambito del suo lavoro come Architetto del Comune. Con la progettazione del nuovo fronte monumentale del cimitero suburbano della città, del 1932, Sorgato inizia a sviluppare una serie di progetti riguardanti la definizione dello spazio funerario secondo modi formali e costruttivi del tutto intuitivi e personali, che testimoniano un’ampia conoscenza dei linguaggi architettonici comuni europei, declinati secondo la necessità di un loro possibile impiego in “patria”. La genesi del progetto è stata determinata dalla compresenza di molteplici fattori di diversa natura, tra cui il rispetto della conformazione del sito e del programma di rifunzionalizzazione del lungo Crostolo. La pedonalizzazione e la sistemazione ad aiuole del piazzale antistante - a opera dello stesso Sorgato - quella porzione triangolare di terreno che dal torrente Crostolo porta verso via Beretti, voleva essere un degno accesso al cimitero, quasi un viale da passeggio di respiro ottocentesco con ingresso e cancellata in stile. Dai primi disegni per il nuovo fronte emerge la preoccupazione di Sorgato per i temi di carattere decorativo, oltre che igienico e di accessibilità. Il linguaggio che egli utilizza in questo edificio si basa su un vocabolario classico, sebbene declinato secondo il gusto corrente: un grafismo applicato sulla facciata piuttosto che un impiego rigoroso degli elementi architettonici classici. Gli schizzi preparatori rivelano come l’architetto abbia lavorato contemporaneamente a più ipotesi di progetto: ora archi a tutto sesto, ora architravi a piattabanda, ora il mattone come elemento predominante dall’effetto vernacolare, ora l’apparato decorativo e marmoreo di presenza tale da offuscare gli altri materiali. La curiosa possibilità di avanzare contemporaneamente soluzioni stilistiche così diverse è presente anche in alcuni progetti per distributori di benzina che Sorgato elabora negli anni successivi: se alcuni sono pensati secondo lo stereometrico gusto internazionale come combinazioni di volumi semplici e lineari, altri sono contraddistinti da piante ellittiche e angoli smussati. L’incertezza che soggiace alla compresenza di soluzioni così opposte contraddistingue il momento di profondo ripensamento nella stagione architettonica contemporanea. Queste esperienze testimoniano la volontà di sperimentare un nuovo linguaggio, sebbene ancora su un Prospero Sorgato, Cimitero Monumentale di Reggio Emilia, fronte d’ingresso, fotografia d’epoca. ¹ in Conversazione, da A. Aalto, Idee di architettura: scritti scelti 1921-1968, Zanichelli, Bologna, 1987, p. 152 64 Prospero Sorgato, schizzo di progetto per la sistemazione dell’ingresso del Cimitero Suburbano. Immagine del cantiere della costruzione del fronte del Cimitero Suburbano, fotografia d’epoca. 65 livello prettamente stilistico. Ne consegue un desueto tentativo di aggiornare quell’ingombrante vocabolario classico, ormai consolidato e parte della tradizione nazionale, che contraddistingue in modo esemplare il cimitero suburbano. Dopo aver deciso di “saldare” il proprio fronte monumentale con il nucleo originario del cimitero, il quadriportico di impianto neoclassico progettato da Domenico Marchelli nel 1808, Sorgato si appresta a redigere il progetto definitivo in cui definisce i dettagli, veri elementi caratterizzanti della monumentalità finale. Il fronte è lievemente inclinato rispetto all’asse nord-sud e costituisce il lato ovest dell’intero complesso. Per questa stessa disposizione i raggi solari filtrano diagonalmente all’interno del corpo di fabbrica, determinando ombre allungate che ne esaltano i rapporti chiaroscurali. L’edificio, un lungo porticato a tutta altezza completato negli angoli nord e sud da due edicole, e interrotto al centro dal corpo aggettante che segna l’ingresso verso il primo camposanto, appare come un involucro inondato dalla penombra, che tace la ricchezza decorativa dei suoi dettagli. L’attenzione viene in tal modo guidata sulle masse murarie e marmoree esterne colpite dalla luce, producendo un effetto statico e scenografico che intimorisce l’invito a entrare. L’ingresso al cimitero viene, proprio nel momento del suo rinnovamento, inibito all’uso dei visitatori e la sua monumentalità ne diviene massiccia protagonista. Come dimostrano le fotografie scattate durante i lavori di costruzione, la struttura portante dell’edificio è di tipo tradizionale con pareti perimetrali portanti in mattone pieno, mentre il marmo fatto pervenire dalla ditta torinese “Gianoli” ne costituisce l’apparato decorativo. E’ secondo quel grado di libertà con cui da un lato il linguaggio architettonico classico e dall’altro i risultati formali e costruttivi elaborati durante gli anni Dieci e Venti del XX secolo vengono intesi come fonti possibili da cui attingere nuove soluzioni, che colonne, lesene, capitelli, cornici, medaglioni e statuaria vengono giustapposti in modo libero sul fronte. La singolarità del prospetto del cimitero scaturisce da questa arbitrarietà compositiva: l’ingresso vero e proprio ovvero il corpo aggettante centrale è costituito da un portale di dimensioni volutamente eccessive e affiancato da due esedre simmetriche che ne allargano la presenza in pianta e si congiungono alle due ali del corpo di fabbrica elevandosi in due torri con copertura a pagoda. Il portale, su cui Sorgato deve essersi concentrato a giudicare dai numerosi schizzi e versioni di progetto, è fra i migliori esemplari della sua poetica di reinvenzione: è costituito da blocchi marmorei levigati alternati a blocchi laterizi, con l’inserimento di formelle decorative quadrate. L’ordine del portale è dominato dal grande timpano spezzato di coronamento, espediente che ha potuto evitare la sensazione di eccessiva larghezza del fabbricato percorso da una trabeazione continua di coronamento. Esempi del timpano interrotto sono riconducibili ai mercati traianei di Roma e ripresi in età rinascimentale già nella celebre facciata mantovana del San Sebastiano di Leon Battista Alberti. Sempre su modello di esempi antichi il timpano spezzato viene raccordato, nel portale del cimitero, da un arco a tutto sesto che sfonda il piano di facciata e crea il posto nella lunetta centrale per un mosaico del pittore Anselmo Govi. Il tutto coronato da un setto rettangolare in muratura che torna a enfatizzare il bianco marmoreo degli apparati, interrotto da una stilizzata e perlacea croce latina. La trabeazione continua del fronte conduce rispettivamente alle due ali, simmetriche, sviluppate in una successione di sei aperture regolari su ciascun lato. Due colonne sono posizionate entro ciascuna apertura, le quali vengono ribattute sui pilastri in muratura portante da lesene in marmo decorate da cornici orizzontali sporgenti che creano un effetto quasi “tortile”. L’insieme è una serliana estremamente allargata al centro che in questo modo Sorgato rende 66 Prospero Sorgato, Chalet Bottazzi, fotografia d’epoca. Prospero Sorgato, progetto di sistemazione dello Stabilimento Bagni Comunali. Prospetto. Prospero Sorgato, Mercato Coperto, facciata principale sulla via Emilia San Pietro, scala 1:50. 67 doppiamente utile: sfrutta il fascino dell’eleganza cui essa è legata e dilatandola fa sì che essa rallenti il ritmo altrimenti troppo incalzante dell’intera lunghezza del fronte. L’ordine adottato per le dodici aperture è un rigoroso toscano, sormontato da architrave, cornice, e un elemento orizzontale di chiusura, senza decorazione, che porta la memoria di un timpano deformato e rettificato. In assenza di una programmata sintassi, Sorgato cerca di recuperare dal patrimonio tradizionale quelle soluzioni utili alla definizione di un edificio corrispondente alle necessità della società reggiana contemporanea, attraverso un processo di reinvenzione della tradizione. Ed è in ragione di tale scelta che l’architetto esprime fierezza e non imbarazzo nell’utilizzo di elementi tanto eterogenei. L’ordine gigante del portale di accesso non trova una diretta relazione con le torri di ispirazione quasi orientale, né con le serene arcate neoclassiche e intonacate di un lieve giallo del quadriportico adiacente. Sono però le colonne dell’ingresso a segnalare l’agiata condizione sociale, o presunta tale, degli abitanti di questa città dei morti. La nascente borghesia reggiana, mediamente colta e mediamente potente sul piano politico nazionale, fonda la sua forza sullo sviluppo agricolo e sul recente sviluppo industriale; è contraddistinta da una mentalità di matrice socialista ed è perciò propensa a rinnovare le istituzioni, pur rispettando i valori tradizionali e le abitudini locali. Necessità di auto-rappresentazione sociale contribuiscono perciò a definire nuovi modelli di sperimentazione in assenza di un approccio filologico, generando soluzioni compositive a volte poco ortodosse, ma che traggono la loro originalità proprio dal libero impiego del vocabolario, in questo caso, classico. Durante la stesura del progetto per il fronte del cimitero Sorgato incorpora alcune soluzioni già sperimentate nei suoi precedenti progetti per edifici civili: appare pertanto evidente come l’architetto non faccia distinzione tra le diverse tipologie edilizie. La sua ricerca piuttosto è volta a trovare un’armonia complessiva insita nelle parti dell’edificio, secondo l’idea classica di bellezza. Il grande arco di ingresso è infatti l’elemento che caratterizza il portale di accesso del mercato coperto, inaugurato soli cinque anni prima, nel 1927. Già in questo progetto appare evidente la familiarità di Sorgato con l’uso decisamente anticlassico che Leon Battista Alberti fa degli elementi dell’antichità classica, aprendo questi il cammino alla concezione manieristica dell’architettura del Cinquecento. Il fronte del mercato coperto può essere letto come una chiara rielaborazione della facciata del Sant’Andrea di Mantova, dove l’idea di tempio classico e di arco trionfale romano sono fuse insieme. Oltre che nelle proporzioni - la facciata quadrata e la tripartizione in un ampio fornice centrale e due strette campate laterali - il fronte del mercato coperto ha un’altezza indipendente dal suo sviluppo interno tanto quanto il fronte dell’Alberti è più basso della copertura della chiesa. E ancora, la cornice sulla quale posa l’arco centrale si prolunga sui lati dove si collocano le aperture laterali, quattro nel mercato anziché le sei del Sant’Andrea. Ragioni diverse e tempi lontani rendono arditi i confronti e fanno apparire fantasiose certe letture, vero è che rimane lecito tentare di individuare i fondamentali cambiamenti dei caratteri della scienza architettonica che si intrecciano sempre con i mutamenti dei sistemi sociali e politici che hanno segnato la nostra Storia. La nuova centralità del sapere teorico e la codificazione di tale sapere in sistemi astratti di simboli che possono essere applicati in molte circostanze diverse, è un atteggiamento che ha caratterizzato la Rinascenza e che si è riproposto nelle vicende della società industriale cui Sorgato storicamente appartiene. 68 Vi sono a disposizione degli architetti di questa generazione le scelte tra classicismo ed espressionismo, tra stile internazionale e linguaggi vernacolari, tra elementi tradizionali e reminiscenze gotiche. Ma se a livello sociale ed economico i risultati sono più facilmente definibili, essi non trovano a livello architettonico un’altrettanto veloce risposta. Ad esempio nel celebrato e rimpianto Chalet Bottazzi nei Giardini Pubblici, rimosso negli anni Cinquanta per lasciare posto all’asilo Diana, Sorgato ricorre al medesimo impianto tripartito che applica al progetto per i Bagni Pubblici (anch’essi oggi demoliti), e ai prospetti dei diversi cimiteri che realizza per il Comune di Reggio Emilia: un ingresso centrale e cuore monumentale dell’edificio, due ali porticate più o meno lunghe secondo le necessità, due estremità suggellate da torrette o da un ispessimento del blocco murario. Qui la scatola muraria imita la solidità e la consistenza plastica che erano state care alla cultura classica. Ma tale impianto è riproposto anche nel progetto mai realizzato per il nuovo stadio civico, che seppur vicino temporalmente adotta il linguaggio della scarnificazione edilizia tipica dell’architettura cosiddetta “fascista”. Il Sorgato “moderno” dunque riprende la metrica spaziale classica, riesuma l’esperienza eclettica ottocentesca ma non come conseguenza di meri scarti stilistici, bensì a seguito di momenti di profonda riflessione e di mutate condizioni politiche ed economiche. In molti edifici collettivi come scuole, mercati e progetti di edilizia popolare pubblica, sostituisce all’eccezionalità e all’ornamento applicato, semplici tramezzi e scarni setti murari ora intonacati ora vetrati, traducendo in forma costruita i nuovi programmi edilizi nazionali. Occorre però notare la coerenza con cui egli ha mantenuto una continuità metodologica nel corso della sua intera attività. Gli apparenti punti di discontinuità formale rilevati all’interno della sua opera complessiva si riducono una volta individuati i temi che rimangono immutati nella sua produzione architettonica. Fra questi, il gusto per le scansioni modulari e un ordine degli elementi strutturali che rimane rigidamente geometrico. Sorgato rimane sempre legato a una formula geometrico-razionale che racchiude lo spazio entro pareti e finestre. Lo spazio esterno e quello interno sono sempre riconosciuti e definiti come ambiti separati. Anche nel mercato coperto, unico esemplare reggiano che riunisce i temi dello spazio commerciale e dello spazio pubblico, l’architetto piuttosto che invitare l’entrata, scherma l’imbocco e nasconde l’impeto ingegneristico della copertura in ferro e vetro che rimane qualcosa di forse troppo distante dalla città, quasi fuori mano seppur costruito sull’incrocio di cardo e decumano della Regium Lepidi. Proietta la possente facciata della galleria verso l’interno dell’edificio per ben tre campate, inghiottendo il vigore con cui la luce zenitale inonda nell’interno il passage urbano. Certamente è nella mancata integrazione - ancora di matrice ottocentesca - fra architettura e ingegneria, che rientra anche questo esempio locale di tecnica moderna tamponata da un fronte ancora monumentale. Ma l’approccio metodologico di Sorgato, basato sulla commistione di tradizione e modernità, e che innerva la sua poetica architettonica anche negli anni successivi, non è del tutto nuovo nella storia dell’architettura italiana; ed esso permette di stabilire una continuità operativa tra le due epoche architettoniche che in questi anni stanno faticosamente cercando un’identità. Percorrendo l’intera produzione dell’architetto del Comune di Reggio Emilia dal 1921 al 1949, si svela la storia personale e progettuale di Prospero Sorgato, tra le cui opere il progetto del nuovo ingresso al Cimitero Suburbano è uno dei migliori e meno conosciuti esempi. Esso si colloca come il traguardo di un percorso intrapreso da circa quindici anni e, al tempo stesso, rappresenta il punto di partenza di un secondo periodo in cui egli consolida i propri principi progettuali. 69 Prospero Sorgato, progetto per lo Stadio Civico di Reggio Emilia. Vista prospettica della tribuna coperta. Prospero Sorgato, progetto per la stazione di rifornimento APRI a San Maurizio, Reggio Emilia.