Eclettismo

"L’archivio dell’architetto Prospero Sorgato, donato generosamente dalla famiglia al Comune di Reggio Emilia
e conservato presso la Biblioteca Panizzi, custodisce le importanti testimonianze di un protagonista delle trasformazioni urbane della nostra città a partire dagli anni venti fino all’immediato dopoguerra.
A partire dal secondo decennio del secolo scorso Sorgato compie una serie di rilevanti interventi come lo Chalet dei Fratelli Bottazzi ai Giardini Pubblici (non più esistente), l’ingresso e il padiglione centrale della celebrata Mostra Agricola Industriale del Lavoro tenuta nel 1922. Successivamente realizza il Mercato Coperto, recentemente restaurato e portato a nuova vita, la Casa del Mutilato in zona Porta Castello e l’ingresso e l’ampliamento del Cimitero di S. Pellegrino. E’ stato per lungo tempo ingegnere capo del Comune di Reggio Emilia, quando ha progettato e realizzato numerose opere pubbliche quali scuole, edifici per la residenza e altri servizi di pubblico interesse. Appassionato sportivo di tiro a volo, mostra anche un grande interesse verso la fotografia e per questo motivo l’archivio include pure un’importante documentazione fotografica delle sue realizzazioni.
L’archivio di Prospero Sorgato è stato riordinato, catalogato e reso disponibile per la consultazione."

Lo studio della storia dell'architettura si arricchisce di suggestione se, parallelamente all'analisi delle architetture in pietra, calcestruzzo, malta e mattoni, giunte fino a noi, si porta avanti in modo costante lo studio di quelle che sono state le strutture effimere della festa, ossia quell'insieme di manufatti in tela, legno, stucco, gesso e cartapesta che, calati nel tessuto vivo e pulsante della città, hanno costituito delle forme complementari a quella che era l'architettura permanente: la costante che gli architetti ricercavano in queste vere e proprie rappresentazioni teatrali era rendere vivida nello spettatore l'effetto di sinestesia, nel quale la luce, l'architettura, la musica e il tempo si fondevano insieme a creare una vera e propria forma di "arte totale".

Come capitolo integrativo di una preliminare indagine già da tempo iniziata sul fenomeno dell’architettura dell’Eclettismo nelle Marche si è qui tentato di colmare un vuoto storiografico epocale, per completare il perseguito progetto culturale di dissodare e rivalutare il contributo di questa regione e dei suoi architetti alla formazione disciplinare dell’architettura italiana alle soglie del Movimento Moderno. Con una indagine sistematica sugli architetti del primo e secondo Eclettismo si è provato a gettare luce su una metodologia progettuale frutto di una specifico atteggiamento culturale che, al di là della sequenza cronologica degli stili con la quale tradizionalmente s’intende fare storia dell’architettura, investe di fatto trasversalmente quasi ottant'anni di storia, dall'Unità alla seconda guerra mondiale. Fra questi spicca la figura brillante ed articolata dell’anconetano Guido Cirilli che riveste un ruolo particolarmente interessante nel filone eclettico sia come restauratore sia come progettista, sia come docente universitario. Fu allievo prediletto di Giuseppe Sacconi, architetto della Casa Reale dei Savoia ed architetto della Santa Casa di Loreto, Direttore dell'Ufficio delle Belle Arti nella Venezia Giulia, quindi Presidente dell'Accademia di Belle Arti di Venezia poi fondatore e direttore dell'Istituto di Architettura a Venezia.

Il testo, frutto dell’intervento tenuto su invito al British Museum nel 2016, passa in rassegna le principali architetture neogotiche della prima metà del XIX a Palermo proponendo una lettura originale in ragione delle questioni storico-politiche-istituzionali che a quell’epoca attraversavano la Sicilia e la corona dei Borbone, all’interno del gusto internazionale e dell’interesse mostrato dai viaggiatori del Grand Tour.
Prendendo le mosse dai “restauri” della Cattedrale di Palermo e dal progetto per il rivestimento in stile della cupola appena edificata, tra i primi esemplari neomedievalisti in Italia, si propone una lettura “politica” di tali manifestazioni che vedono da un lato la committenza dei Borbone, bisognosi di immagini che consolidassero la legittimità del proprio dominio sul Regnum Siciliae, dall’altro l’aristocrazia locale che guardava, all’opposto, al felice regno normanno-federiciano-aragonese, in continuità, come epoca di emancipazione dall’oppressione napoletana. Il risultato è una produzione di grande interesse cronologicamente al passo con gli esempi analoghi continentali.

Ricerca storica ed archivistica, esame dei modelli architettonici e dell'impiego del materiale lapideo, nello studio di una raffinata quanto trascurata architettura neorinascimentale, espressione della civiltà di villa nella terraferma veneziana del XIX secolo: l'Oratorio Pigazzi - Paccagnella o di Sant'Anna (1869-81), a Zelo, frazione di Zelarino (Venezia).

Historical and archival research, examination of architectural models and of the use of the stone material, in the study of a fine although neglected neo-Renaissance architecture, expression of the villa culture on the Venetian mainland of the nineteenth century: the Oratory Pigazzi - Paccagnella or Sant'Anna (1869-81), in Zelo, a hamlet of Zelarino (Venice).

Piazza Grande a Trieste, oggi Piazza dell’Unità d’Italia, sin dal Medioevo è stata un punto di connessione fra mar Adriatico e “città alta”. Esempio di piazza europea, essa rappresenta un caso unico nell’Adriatico; è il frutto di più progetti che hanno contribuito a rendere questo spazio una scenografia inquadrante il bacino marittimo antistante. Piazza Unità si può definire come una “piazza moderna”, in cui si addensano linguaggi derivati dalle piazza rinascimentali centro-italiane e chiari riferimenti alle tipologie delle places royales del Settecento. Significativo è inoltre, in ogni epoca, l’apporto delle molte culture che sono transitate attraverso la città, oggi di confine e un tempo porto dell’impero. Trieste, infatti, conquistò un respiro internazionale dal 1719, quando venne dichiarata porto franco dall’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Da questa data in poi l’intento dello Stato e degli architetti che si occuperanno dello spazio pubblico sarà quello di fare di Trieste la capitale economica e finanziaria, oltre che il principale porto dell’impero. Il contributo, oltre a tratteggiare l’evoluzione storica della piazza e degli edifici che ne segnano il perimetro, vuole rileggere questo spazio urbano in relazione al contesto culturale e al concetto di frontiera rivestito dalla città di Trieste che si rispecchia in Piazza Unità d’Italia e nella sua relazione con l’Adriatico.

Il contributo prende in esame alcune delle principali architetture sacre del paese dell’entroterra palermitano di antiche storia e cultura. Si mettono in evidenza in particolar modo i rifacimenti neomedievali nei restauri delle chiese rispettivamente di rito latino e di rito greco e come il neogotico fosse inteso quale stile arcaizzante e identitario.

The "Vittoriano" is the most important national monument representing the "Unità d ‘Italia". Built in memory of the king Vittorio Emanuele 2nd - the maker of italian unity with his Prime Minister Camillo Cavour - it was designed by Giuseppe Sacconi, a young architect coming from the Marches, that won the international competition in 1884. Sacconi tried to compose in his drawings the whole most significant ornament set of solemn decorations representing the ancient italian architecture. Result was a typical eclectic architecture of XIXth century, which historical quality is today finally revalued. Inaugurated in Rome (Piazza Venezia) on June 04, 1911 in the occasion of the 50th anniversary of Italy's unification, the monument was completed only after the death of his designer (1905). The study goes along again the story af the building site, the political contest, the archeological excavations, the sculptural masterpieces and their artists, together with the Sacconi’ s architectural curriculum and vocational training. The book was published on June 04, 2011, in the occasion of the 50th anniversary of the inauguration of the Vittoriano.

La pubblicazione nasce dall’esigenza di una rilettura storiografica, al fine di avviare attive politiche di salvaguardia e riuso, dell’opera dell’architetto Frediano Frediani, nato a Forte dei Marmi nel 1897, e giunto nel capoluogo campano nel novembre del 1922. Sebbene questi sia noto alla ricerca storica per i suoi contributi, tra cui primeggiano le celeberrime stazioni ferroviarie della linea Cumana di Napoli, purtroppo, non ha goduto della giusta fortuna critica. Da ciò lo spunto per una monografia, in cui sono esaminate le opere maggiori: le infrastrutture prodotte a Napoli per l’Ente Antonomo Volturno (EAV), o quelle commissionate sul lungomare dalla Rari Nantes e dalla Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, ma anche l’utopico grattacielo “Santa Lucia”, voluto dalle autorità americane nell’immediato secondo dopoguerra. Ed ancora i suggestivi interventi razionalisti beneventani, realizzati a seguito della consulenza professionale stilata con l’ingegnere capo del Comune sannita, Gennaro De Rienzo.
(The publication arises from the need for a historiographic re-reading, in order to start active safeguard and reuse policies of the work of architect Frediano Frediani, born in Forte dei Marmi in 1897, and arrived in the Campania capital in November 1922. Although he is known to historical research for his contributions, among which they excel the famous railway stations of the Cumana line of Naples, unfortunately, did not enjoy the right critical luck. Hence the starting point for a monograph, in which the major works are examined: the infrastructures produced in Naples for the Ente Antonomo Volturno (EAV), or those commissioned on the seafront by the Rari Nantes and from the Zoological Station "Anton Dohrn", but also the utopian skyscraper "Santa Lucia ", wanted by the American authorities in the immediate post-war period. And again the suggestive Benevento Rationalist interventions, carried out following the consultancy
professional drafted with the chief engineer of the Samnite Municipality, Gennaro De Rienzo)

Il decennio preunitario si annuncia per Alessandria periodo prolifico di cambiamenti e innovazioni. La città assiste alla costruzione di una nuova cinta fortificata più esterna a ribadire il ruolo strategico-militare, ormai secolare, e ancor più irrinunciabile durante le guerre di indipendenza. Parallelamente l’amministrazione comunale si prepara a celebrare la tanto anelata unità nazionale continuando il percorso, avviato negli anni della Restaurazione, teso alla modernità e al decoro cittadino. La terza città del regno di Sardegna è una delle piazzeforti militari più importanti e, contemporaneamente, un rilevante centro agricolo e protoindustriale. Nel 1849  sono illuminate a gas le vie principali, e l’anno successivo è finalmente possibile comunicare tramite il telegrafo. Nel 1850 si inaugura il tratto ferroviario Torino-Novi della linea che presto unirà il capoluogo piemontese a Genova. E nel 1854 sono costruiti un nuovo ponte sul Tanaro e un reticolo di collegamenti minori che trasformano la città in un nodo ferroviario di primaria importanza. Nello stesso anno, la stazione ferroviaria progettata da Alessandro Mazzucchetti  è opera di ingegneria all’avanguardia che precocemente adotta tecniche costruttive inusuali per l’Italia di quegli anni.

The Cemetery of the Porte Sante in Florence is located on San Miniato al Monte, one of the highest hills of the city. The cemetery was built in 1854 and it has always been characterized by a monumental nature. Since the end of 1800 the excavated burials were enriched with decorations, and other areas were dedicated to the creation of chapels and mausoleum made by the most famous architects of the time. Today the cemetery is not well preserved: many tombs are abandoned and there is a general need of restoration.
During the Diagnostics Laboratory of the Specialization School of the University of Florence, many studies on the major chapels of the cemetery have been carried out.
In this paper is presented the survey and the analysis on the state of decay of the Bogliaco Bartolani Chapel, projected in 1913 by Architect Enrico Dante Fantappiè, an Italian master of Eclecticism. This chapel is a very interesting example of the style, in which stands out the juxtaposition and contrast of different materials and crafts. The studies on the chapel follows a line that go from an initial photographic and metric survey, to a bibliographic and archive research work and finally to an examination of the decay phenomena on the exterior façades.
The final phase will be a comparison between this tomb and another example of chapel by Fantappiè, located in the same cemetery: similar construction design leads to similar state of decay. Moreover the workflow presented could be an interesting example of how studies can be carried out with reduced expenses in case of a very low budget. In the cemetery public and private properties (often dispersed) are converging: pushing the boundaries of proprieties is crucial to carry out a policy of recovery of one of the monumental hills of Florence.