FACTA
A J O U R NA L O F L AT E RO M A N,
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M AT E R I A L C U LT U R E S T U D I E S
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médiévale méditerranéenne - LA3M)
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Coordinamento redazionale:
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*
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FAC TA
A JO UR NA L O F LA T E R O M A N ,
MED IEV A L A ND P OS T - MED I EV A L
MATE R I A L C ULTU R E S T U D I ES
edited by
marco mi lan e s e
8 · 2014
PISA · ROMA
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SOMMARIO
9
Editoriale
Gabriele Castiglia, Nuove riflessioni sulla ceramica tardoantica e altomedievale a
Siena : un tecnocomplesso tardoantico ?
Pasquale Favia, Cinzia Corvino, Giovanni De Venuto, Marco Maruotti, Severina Mucciolo, Vincenzo Valenzano, Modelli di trattamento degli
alimenti in un contesto castrense medievale : la cucina e la dispensa della Rocca di
Montecorvino
Antonio Alberti, Monica Baldassarri, Produrre ceramica nel Valdarno pisano
tra XVII e XX secolo : i dati delle recenti indagini archivistiche e archeologiche a
calcinaia
11
25
57
Recensioni
Bere e fumare ai confini dell’Impero. Caffè e tabacco a Stari Bar nel periodo ottomano,
a cura di S. Gelichi e L. Sabbionesi (Marcella Giorgio)
Beltrame C., Morin M., I cannoni di Venezia. Artiglierie della Serenissima da
fortezze e relitti (Rossella Scordato)
87
89
Norme redazionali
91
Notes for contributor
95
MODELLI DI TRATTAMENTO DEGLI ALIMENTI
IN UN CONTESTO CASTRENSE MEDIEVALE :
LA CUCINA E LA DISPENSA
DELLA ROCCA DI MONTECORVINO
Pasquale Favia · Cinzia Corvino
Giovanni De Venuto · Marco Maruotti
Severina Mucciolo · Vincenzo Valenzano
Riassunto
Il contributo descrive e analizza il quadro stratigrafico di due ambienti appartenenti a un complesso
edilizio situato nella zona castrale di Montecorvino, insediamento medievale abbandonato nella Puglia
settentrionale, situato su un pianoro collinare.
La ricerca ha combinato le analisi degli elementi stratigrafici e architettonici, i dati relativi ai manufatti e gli indicatori archeoambientali per giungere alla identificazione di tali ambienti come una
cucina e una dispensa ; in particolare, le informazioni archeobotaniche si sono rivelate decisive per il
riconoscimento della dispensa.
La cucina presenta un piano di cottura in laterizi, posto a livello di calpestio ; le preparazioni avvenivano sia a terra che in sospensione, come dimostrano i ritrovamenti di contenitori ceramici e metallici.
Le analisi antracologiche e carpologiche documentano come nella vicina dispensa, leggermente interrata, venissero conservati soprattutto legumi e frutti, contenuti in sacchi. Nella camera erano riposte
anche le stoviglie, probabilmente su scaffali, e piccoli oggetti per altre attività domestiche.
Il binomio cucina-dispensa fu utilizzato a partire da seconda metà XIII-inizi XIV secolo. A metà del
XV secolo la dispensa fu colpita da un incendio, mentre la cucina continuò a funzionare per qualche
tempo. Nella rocca di Montecorvino erano inoltre presenti vani che ospitavano silos interrati per la
conservazione dei cereali, disegnando così un articolato sistema architettonico legato alla risposta ai
fabbisogni alimentari.
L’interazione fra dati architettonici, analisi bioarcheologiche e conoscenze sulla cultura materiale
e le produzioni locali ha contribuito a definire archeologicamente il modello di conservazione, trattamento e consumo dei cibi applicato nella rocca castrale della piccola cittadina di Montecorvino in età
bassomedievale.
Parole chiave : archeobotanica, sistemi alimentari medievali, rocche medievali, cucina, dispensa.
Abstract
The paper describes and analyses the stratigraphic framework of two rooms of a building in the castrum of Montecorvino, deserted medieval settlement, placed on a plateau in Northern Apulia (Italy).
The research combines the architectural elements, the bio-archaeological data and those on artifacts
to identify those room as a kitchen and a pantry. The archaeobotanical information revealed itself decisive for the recognition of the storeroom.
The kitchen had a oven made of bricks ; cooking took place both on ground and in suspension, as demonstrated by the findings of ceramic and metal containers. Anthracological and carpological analyses
document that the nearby pantry, slightly sunken, kept mainly vegetables and fruits, served in sacks.
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26
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
In the room they were placed also the tableware, probably on the shelves, and other small artifacts for
household activities.
The combination kitchen - storeroom was used from the second half of the 13th - early 14th century. In
the middle of the 15th century, the storeroom was destroyed by a fire but the kitchen continued to function
for sometime.
In the fortress of Montecorvino there were also rooms that housed underground silos for storing
grain ; in the castle there was an articulated architectural network tied to the response of the food
requirements.
The interaction between architectural data, those bioarchaeological and knowledge about the local material culture and productive cycle helped to define model of conservation, processing and consumption of food applied in the fortress of the small town of Montecorvino in Late Medieval Age.
Keywords : archaeobotany, medieval food system, medieval fortress, kitchen, storage room.
1. Il percorso di ricerca e la cornice insediativa
ontecorvino è uno stanziamento della Puglia settentrionale, ora abbandonato, posto su uno dei pianori che costituiscono il paesaggio di transizione
fra il Tavoliere e l’arco subappenninico daunio (figg. 1-2) La ricerca archeologica che
ormai da alcuni anni si conduce sul sito sta illustrando le vicende insediative dell’abitato, a partire dalla prima metà dell’XI sec., epoca di formazione del kastron bizantino,
seguendo poi la parabola di questa città minore della Capitanata sino al XV sec. (forse
anche parte del XVI), periodo in cui le forme demiche strutturate di occupazione del
sito si interruppero. Verosimilmente nel corso del XII sec., al vertice orientale dello
specchio topografico urbano fu eretta, su un rialzo di terra, una torre, segno dell’installazione in città di figure di potere legate all’orbita normanna e della definizione di
un’area riservata e fortificata, protetta da un fossato (fig. 3). Lo stesso bastione fece da
perno per le successive evoluzioni del settore castrense, il quale fu corredato da una
nuova torre, di forma pentagonale ; durante la seconda metà del XIII-inizi XIV sec.
esso assunse una fisionomia più articolata, architettonicamente complessa, con la costruzione di strutture di delimitazione del poggio e di ambienti chiusi ; anche dal punto di vista degli usi, nell’area difesa furono adottate nuove distribuzioni funzionali.
Queste soluzioni portarono al superamento della dimensione prevalentemente militare del castrum per qualificare l’organismo edilizio come una rocca signorile, sempre
atta al controllo della città medesima e del suo territorio, ma dal disegno costruttivo
e dallo spettro funzionale ben più articolato rispetto ai precedenti momenti edilizi.
Il complesso fu così dotato di una cappella sacra, di spazi di lavoro, di magazzini e di
silos interrati per l’accumulo dei prodotti cerealicoli. All’interno di queste nuove fabbriche è compreso un ambiente che, connotato da un ampio piano cottura a terra, si
denuncia con evidenza come una cucina. Lo studio delle strutture edilizie, dei reperti
ceramici e metallici, dei resti organici pertinenti a tale ambiente e a quelli contigui è
stato condotto in una prospettiva integrata fra riflessioni di ambito archeoambientale, considerazioni di archeologia della produzione e valutazioni di cultura materiale ;
questo itinerario di ricerca ha consentito di approfondire le modalità di utilizzo del
vano, di meglio inquadrarlo nel sistema castrale di approvvigionamento, trattamento
e consumo degli alimenti, identificando, all’interno di questa trama costruttiva, anche
un secondo ambiente utilizzato come dispensa. I contributi che seguono esaminano
nel dettaglio (si è ritenuto più appropriato, anche in sede di contributo specifico e non
M
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
27
Fig. 1. Carta della Capitanata medievale, con indicazione dell’ubicazione di Montecorvino e di
altri siti notevoli.
Fig. 2. L’insediamento di Montecorvino.
28
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
Fig. 3. Planimetria dell’area castrale di Montecorvino (elaborazione grafica : Giulio D’Amelio).
di edizione dello scavo, optare per un’esposizione analitica e minuziosa piuttosto che
sintetica, di fatto necessaria per un’adeguata presentazione dei dati e per un motivato
sostegno delle interpretazioni proposte 1) proprio il nesso fra cucina e dispensa medesima, nella cornice del più ampio suddetto sistema.
(P. F.)
2. Il quadro stratigrafico
La dispensa e la cucina dell’area castrale di Montecorvino (ambb. 19 e 27) sono localizzate dunque nella porzione centro-settentrionale del poggio che ospita le fortificazioni
signorili dell’insediamento, circa 4 m a NW dal bastione principale (amb. 6) e circa 3 m
a S della torretta pentagonale (amb. 18). 2 I fronti murari meridionali dei due vani prospettano, senza aperture peraltro, su uno stretto corridoio basolato (amb. 14, largo circa 1.5 m.) che verosimilmente aveva come terminale il mastio quadrangolare. Sull’altro
versante del corridoio medesimo si affaccia la piccola cappella castrale (amb. 10).
I vani 19 e 27 sono elementi appartenenti ad un medesimo corpo di fabbrica, deli1
Si è ritenuto utile presentare, per completezza di informazione, anche una nota sulle indagini
archeofaunistiche, sebbene il dato archeozoologico è pressoché esclusivamente relativo alle fasi successive
all’abbandono del fabbricato che ospitava cucina e dispensa.
2
I due vani fanno parte del saggio archeologico numerato come II e sono stati scavati nelle campagne
degli anni 2011 e 2012.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
29
mitato da due lunghi muri orientati
in senso E-W (UUSSMM 1200-1262)
e in senso N-S da USM 1258. 3 All’interno di tale perimetro la scansione
dei vani fu praticata tramite l’innalzamento di setti divisori in semplice appoggio alle strutture principali, secondo una tecnica che sembra
adottata nell’edilizia abitativa del
sito in questa fase 4 (figg. 4-6).
Nella conformazione originaria,
questa intera architettura sembra essere rivolta topograficamente verso
la porzione settentrionale dell’area
castrale, ovvero in direzione della
torretta pentagonale, in quanto gli Fig. 4. Vista dall’alto di un settore dell’area castrale
unici due accessi al momento visibi- di Montecorvino : in basso, a sinistra, l’amb. 27 –
cucina, a destra l’amb 19 – dispensa.
li con certezza sono aperti nei muri
che delimitano il fronte N degli
ambienti (USM 1262 per l’amb. 27 e
USM 1201 per l’amb. 19).
Il fabbricato si articola in ambienti di diverse dimensioni. Di questi,
il vano 27, a pianta quadrata, è il
più ampio, con un’area interna di
circa 18 mq, mentre il piccolo vano
19, giustapposto al primo, presenta
uno sviluppo rettangolare, su una
superficie ricostruibile di circa 12,5
mq, che risulta essere ulteriormente bipartita mediante un tramezzo, Fig. 5. Gli ambienti 27 – cucina, a sinistra, e 19 - dispensa, a destra.
posizionato ad ovest dell’ingresso. 5
Nei pressi dell’angolo NE del medesimo vano, come si è detto, è visibile un varco
che si apriva verosimilmente su un’altra stanza, non ancora indagata ma che doveva
occupare lo spazio residuale tra i perimetrali N, non allineati, dei due spazi 19 e 27
(USM 1201 e 1262). Tale ipotizzato spazio chiuso, di dimensioni ricostruibili ridotte
e di funzione ad ora non accertabile, garantiva possibilmente anche il collegamento
dell’amb. 19 con l’esterno tramite un accesso che, ipoteticamente, doveva aprirsi sul
fronte nord, come per l’amb. 27.
Il livello di calpestio è costituito da un semplice battuto, piuttosto compatto, di
3
La chiusura a ovest del fabbricato va, in effetti aldilà dei limiti di scavo.
Un modello costruttivo simile si riscontra nell’abitato del sito in edifici pertinenti alle fasi angioine di
occupazione (cfr. Corvino in Favia et Alii 2015a, p. 195, fig. 5 a p. 193 ; Corvino in Favia et Alii 2015b (in
press).
5
Le dimensioni effettive dell’ambiente sono ricostruibili esclusivamente per proiezione, in quanto sono
stati al momento portati alla luce circa ¾ della sua superficie totale.
4
30
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
terra a matrice argillosa (US 1268),
corredato da alcune strutture relative ad arredi fissi, delle quali la
più evidente è un fornetto per la
cottura (USR 1265). Esso si compone di un piano formato da semplici tegole, poste di piatto, e da due
mattoncini circolari (del tipo di
quelli utilizzati per pilae da suspensurae termali, dunque di evidente
reimpiego), delimitato a nord e ad
est da una fascia di laterizi posti di
taglio e disposti a raggiera, a sud da
alcune tegole con aletta rivolta verso l’alto (analogamente di spoglio),
Fig. 6. Planimetria degli ambienti 19 e 27 (elabora- mentre ad ovest, in prossimità del
zione grafica : Giulio D’Amelio).
paramento del muro divisorio 1225,
è presente una demarcazione composto da blocchi lapidei (fig. 7).
Più dubbia è l’interpretazione funzionale di due spallette (UUSSM 1266-1267), costituite da setti murari paralleli in blocchetti lapidei, per una lunghezza massima di 90
cm, in appoggio all’USM 1258 e ad essa perpendicolari, distanti tra loro circa 50 cm.
È possibile ipotizzare che si tratti di parti di una scaletta totalmente o parzialmente
in muratura per il collegamento ad un accesso sul lato est dell’edificio, alternativo a
quello principale, la cui soglia doveva essere posta a una quota più alta rispetto alla
cresta residua.
Anche nell’adiacente vano 19, il piano di calpestio è costituito da un battuto di terra
compatta a matrice argillosa (US 1242), esteso su tutta la superficie dell’ambiente,
pure ad ovest del divisorio (UUSSMM 1210/1241). Tale piano si trova ad una quota
piuttosto ribassata (rispetto a quella del battuto del vano attiguo ; il salto di quota, di
circa 50 cm, sembra essere stato in questo caso previsto già in fase di progettazione
costruttiva dell’ambiente, configurato pertanto come spazio lievemente seminterrato, poiché la soglia dell’apertura settentrionale trova una perfetta corrispondenza altimetrica con l’accesso a N del vano 27.
Sul piano US 1242 sono inoltre ben visibili evidenti tracce di forte combustione, localizzate principalmente lungo i muri perimetrali dell’ambiente e riscontrabili anche,
per contatto, sui paramenti interni degli stessi, per tutta loro altezza conservata. Tali
residui contrassegnano chiaramente l’azione distruttiva di un incendio, testimoniata
anche dai livelli di obliterazione individuati immediatamente al di sopra del piano,
caratterizzati dalla successione di uno strato a forte componente organica combusta,
comprensiva di piccoli elementi lapidei, resti di carbone di legna e carporesti (US
1209) e di uno di terra di colore marrone chiara, mista a pietre di medio modulo e
interamente punteggiata da carboni (US 1207). Questi indicatori prefigurano i crolli
delle strutture portanti e dunque il repentino e definitivo abbandono del vano 19,
come unità funzionale specifica ; il quadro stratigrafico, infatti, non denuncia posteriori forme di occupazione di carattere stabile né la rimozione delle macerie.
Successivamente a quest’evento, l’amb. 27 continuò però a vivere ; esso documenta
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
31
Fig. 7. Particolare del piano di cottura USR 1265 della cucina (amb. 27).
in realtà la messa in opera di un adeguamento, come testimoniato dall’apprestamento del rinforzo USM 1259 lungo la parete meridionale, ma non pare subire significative variazioni funzionali, proseguendo l’utilizzo del piano US 1268 e del fornello
USR 1265. Dopo un periodo d’uso verosimilmente breve anche in questo ambiente
peraltro si verificarono danni strutturali, riflessi in una stratigrafia di crolli di laterizi
e piccoli elementi lapidei (US 1264) e, al di sopra, di blocchi lapidei di medio modulo
(US 1263).
Queste tracce indicano che a quel momento l’intero fabbricato perse la sua connotazione abitativa e d’uso stabile ; in seguito si assistette a occupazioni precarie e residuali, attestate da una risistemazione di alcuni degli stessi elementi lapidei del crollo
disposti a segnare uno spazio circolare funzionale, verosimilmente un focolare (US
1260) ; l’abbandono finale dell’area in esame è testimoniato dalla distruzione definitiva
delle strutture perimetrali sia nell’amb. 27 (US 1255=1256) che nell’amb. 19 (US 1203).
La vicenda insediativa dell’edificio, che si sviluppò su circa due secoli o poco più
(verosimilmente dal tardo XIII-inizi XIV sec. e sino a tutto il XV sec.), può essere sintetizzata in tre principali periodi di frequentazione. La prima occupazione è segnata
dall’utilizzo di alcuni spazi, come vedremo nel dettaglio, con la funzione di cucina e
dispensa (livelli d’uso UUSS 1268 e 1242 e piano di cottura USR 1265). 6 In un secondo
momento, collocabile intorno alla metà del XV secolo, un incendio danneggiò significativamente l’organismo architettonico, causando la cessazione dell’utilizzo della
dispensa medesima ; la cucina rimase però in funzione, attraverso alcune risistema6
Il dato ceramico, in realtà, attesta in maniera più decisa tipologie di XIV sec.
32
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
zioni strutturali. Infine, a seguito del crollo degli elementi portanti, verosimilmente
nell’ultima parte dello stesso secolo, la fabbrica perse i suoi caratteri insediativi ; su un
sommario riattamento delle sue macerie, in corrispondenza della zona della cucina fu
posto in opera un piccolo focolare per un’ulteriore, residuale, frequentazione dell’area (livelli d’uso sui crolli UUSS 1203 e 156 e zona di fuoco US 1260).
(C. C.)
3. I manufatti e i resti organici nella cucina e nella dispensa
3. 1. I reperti ceramici
Lo scavo del ricco palinsesto stratigrafico che obliterava l’interno dei vani 19 e 27 ha
consentito il rinvenimento di un buon campione di frammenti ceramici. 7 Per una
lettura mirata a valutare usi e caratteri delle due stanze identificate come cucina e
dispensa, in questa sede sono state selezionate le terrecotte provenienti dai depositi
di obliterazione (UUSS 1207 e 1209) dei piani d’uso dell’amb. 19 : 8 in questi strati sono
state riconosciute 135 forme vascolari, 56 unità da US 1207 e 79 unità da US 1209 (tab. 1).
I reperti analizzati si riferiscono a oggetti d’uso quotidiano atti a rispondere a diverse necessità domestiche : contenitori per l’immagazzinamento, vasellame per la
mensa e terraglie per la preparazione di alimenti. Questi prodotti possono presentare
superfici sia nude che rivestite i cui caratteri inducono a datarli dal XIV al pieno XV
secolo.
Le ceramiche comuni acrome hanno un’incidenza del 27% sul campione (fig. 8)
e sono realizzate con argille chiare, molto depurate. Tra le 37 forme riconosciute i
frammenti diagnostici sembrano tutti associabili a manufatti funzionali allo stoccaggio e immagazzinamento di derrate alimentari di diversa natura. Come nel resto del
circuito castrense di Montecorvino, la tipologia più diffusa è quella del contenitore
con orlo a nastro a sezione triangolare e collo cilindrico, spesso munito di doppia ansa
a nastro contrapposta per agevolare lo spostamento e il sollevamento ; paiono assenti
frammenti riferibili a stoviglie per la mensa o destinate ad altre funzioni.
In controtendenza rispetto ai dati che solitamente contraddistinguono i contesti
stratigrafici della Capitanata, e più in generale del Sud Italia, nell’area castrense di
Montecorvino la ceramica smaltata supera, peculiarmente, in quantitativo quella priva di rivestimento (Favia, Valenzano in press).
La quasi totalità delle ceramiche rivestite è costituita appunto da smaltata, presente
sia nella variante monocroma sia nella versione dipinta e in quella ormai da tempo
denominata « di transizione » (Rotili 2011, pp. 132-134). Con un numero riconosciuto
di 67 forme vascolari esse rappresentano il 50% di tutte le ceramiche rinvenute e costituiscono la tipologia dominante per quanto riguarda l’impiego da mensa. Come
tipico all’interno di un corredo da tavola che prevede l’uso individuale di stoviglie,
le forme aperte (46 unità) superano in quantità quelle di tipo chiuso (solamente 21
forme). Queste ultime fanno riferimento sia alla forma della brocca sia al boccale,
ma il forte stato frammentario dei reperti non permette la precisa identificazione di
7
Per una prima analisi dei reperti ceramici dell’area castrense di Montecorvino si rimanda a Favia,
Valenzano 2011.
8
In altre parole si è rimandato ad altra occasione lo studio delle ceramiche rinvenute negli strati
superiori, pertinenti ai crolli e alle risistemazioni più tarde, non ascrivibili all’uso dell’area come cucina.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
33
Tab. 1. Classi e numero minimo di forme riconosciute.
Fig. 8. Dato percentuale delle classi ceramiche.
morfologie complete. Un’eccezione è costituita da una brocca (tav. 1, a), parzialmente
ricostruita, con ornato di tipo geometrico che, per morfologia e motivo decorativo, sembra essere facilmente accostabile a produzioni arianesi datate al XIV secolo
(D’Antuono 2011, p. 35, tav. 20).
Maggiormente variegato è il panorama delle forme aperte (tav. 1, b-c). La stoviglia
che sembra aver riscosso maggior successo è la ciotola di medio/piccole dimensioni
con fondo umbonato od ombelicato su piede ad anello. Presenti sono poi anche le
piccole scodelle, i piatti o la ciotolina a fondo piatto nella variante monocroma. 9
Per quanto riguarda la tavola dei colori, gli ornati sono realizzati in tricromia bruno/verde/giallo o, nella più semplice variante delle green line, in sola cromia verde su
sfondo bianco. I decori più complessi sono in genere costituiti da rappresentazioni di
tipo geometrico/lineari, cruciformi o anche da motivi vegetali (tav. 1, d).
9
Il rinvenimento nell’intera area di queste ciotoline solo nella variante rivestita ci fa supporre un uso
principalmente per la mensa. Un possibile impiego di questa forma poteva essere quello di portare a tavola
spezie per un uso diretto del commensale sulla pietanza o anche per la presentazione e consumo di salse di
accompagnamento, venendo cosi a sostituire la vecchia forma della salsiera di XIII sec. (Valenzano 2014,
p. 123).
34
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
Tav. 1. Ceramiche rivestite.
Ridottissima (2% del totale) è la presenza di resti che fanno riferimento alla classe
delle maioliche dipinte in blu (tav. 1, e) : si tratta di frammenti relativi alla morfologia
della brocca/boccale con decoro floreale sulla parete a vista e rivestimento a patina
giallastra all’interno.
Le terrecotte volte alla funzione di cottura e preparazione di pietanze e alimenti assommano al 21% del totale. Anche in questo caso le stoviglie si presentano sia nella variante nuda che con vetrina trasparente. Il 10% fa riferimento alla tipologia acroma che si
caratterizza per la sottigliezza delle sue pareti (che è anche causa della forte frammentarietà di questi reperti). Si riconosce comunque la forme della piccola pentola pluriansata
con fondo piatto. Di poco più numerose sono invece le pentole riferibili alla classe delle
invetriate monocrome da fuoco. La vetrina, in monocromia bruna, 10 è posta solamente
sulle pareti interne, a sottolineare la primaria funzione di strato di impermeabilizzazione, oppure, in maniera disordinata, anche all’esterno dell’orlo e sulle anse.
I reperti analizzati sembrano raffigurare un quadro d’insieme abbastanza chiaro,
utile sia per contribuire alla definizione funzionale dell’ambiente di ritrovamento, sia
per apportare nuove informazioni sulla cultura materiale di cui è espressione il sito
di Montecorvino.
Il corredo ceramico contribuisce significativamente all’interpretazione del vano 19
quale dispensa, utilizzata sia per l’immagazzinamento delle derrate alimentari che
come ripostiglio del servizio da mensa. Le numerose tracce di combustione, che anneriscono la maggior parte delle superfici, rafforzano inoltre l’ipotesi di un’improvvisa
defunzionalizzazione della dispensa medesima a causa di un incendio. La datazione di
questo evento sembra collocarsi nella prima metà del XV secolo, vista la presenza di
maiolica dipinta in blu 11 che viene a porsi come terminus postquem non del fatto stesso.
I diversi manufatti altresì databili nell’intero corso del XIV secolo documentano
dunque anche i tempi di fruizione dell’ambiente stesso, illustrando nel contempo un
uso abbastanza prolungato del servizio da mensa.
10
Particolare è il rinvenimento di una pentola, sempre all’interno del circuito castrense, contraddistinta
da una vetrina di color verde brillante (Valenzano 2013, p. 86, fig. 4, n. 8).
11
Per un quadro della diffusione della maiolica dipinta in blu si rimanda a Calabria, Gatto 2003.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
35
Per quanto concerne gli aspetti di cultura materiale, pare evidente che una buona
parte del vasellame richiami apporti diretti o comunque forti relazioni con produzioni dislocate sulla dorsale appenninica campana. Simili stoviglie sono infatti molto comuni in contesti come la già citata Ariano Irpino (D’Antuono 2011, pp. 21-35),
Montella (Rotili 1999, pp. 61,63, 66, fig. 37), Torella dei Lombardi (Rotili 2002, pp.
192, 201-202), Rocca San Felice (Patrillo 2008, p. 111, fig. 2) ; tali produzioni trovano
poi diffusione anche in altri siti pugliesi come Castelpagano (Lisciarelli, Suadoni
2009, pp. 164-165, cat. 210, 212, 215), Monterotaro (Maulucci 2009, p. 73), Ordona 12 e
Castelfiorentino (Laganara Fabiano 2004, p. 74, cat. 60-62, p. 96, cat. 116).
(V. V.)
3. 2. I reperti metallici
Lo scavo degli ambienti ospitanti la cucina e la dispensa dell’area castrale di Montecorvino ha restituito in totale 56 reperti metallici, fra cui sono stati riconosciuti 47
individui : un numero non eccezionalmente nutrito di manufatti, ma piuttosto significativo se si considerano condizioni e luogo di ritrovamento, 13 che ha permesso di
avanzare alcune considerazioni ricostruttive, senza che la formulazione di esse su
base statistica venga inficiata dall’incognita dell’asportazione degli elementi metallici
per la consueta pratica del riuso.
La composizione mineraria del campione non mostra particolare varietà : la maggior parte dei reperti è in ferro (circa l’80% dell’intero campione), mentre minoritaria
è la presenza di manufatti in lega di rame (circa il 20%) ; del tutto assenti dal campione
dei rinvenimenti sono i metalli in piombo e in prezioso (argento e oro).
Come di consueto in contesti di carattere domestico, la categoria di manufatti maggiormente rappresentata è quella degli elementi legati alle strutture (chiodi, grappe
etc.) con il 38% di attestazioni ; seguono i serramenti, mobilia ed elementi da sospensione e da illuminazione (35%) ; meno documentata, ma comunque ben presente nel
record archeologico, è la categoria degli oggetti di uso domestico, tra i quali distinguiamo le lame, i contenitori e gli strumenti per attività artigianali quali filatura o
tessitura (8%) ; infine, la categoria degli accessori da abbigliamento è rappresentata da
un anello digitale decorato ad incisione e una placchetta di cintura, entrambi in lega
di rame (4%) (fig. 9, tav. 2).
Sono altresì presenti, anche se in minima parte, elementi non strettamente pertinenti alle funzioni verosimilmente svolte in un contesto abitativo, come tre ferri di
equide, un campanaccio da bestiame in ferro e una punta di dardo da balestra, oltre
ad altri due oggetti di non univoca possibilità di attribuzione funzionale (classificati
come varia) ; mancano del tutto le categorie degli strumenti agricoli e degli indicatori
di produzione metallurgica.
I manufatti più attestati in assoluto sono i chiodi in ferro, di cui sono stati schedati
17 individui : la maggior parte di essi sono afferenti alla sottocategoria dei chiodi da
12
Alcuni dei confronti più stringenti con questo sito sono al momento ancora inediti e allo studio di chi
scrive. Si rimanda comunque a Bertelli 1995.
13
Il numero dei reperti va messo in rapporto con le dimensioni piuttosto ridotte degli ambienti in
questione. Per quanto riguarda la qualità dell’assemblaggio, la gran parte degli oggetti sono in discrete
condizioni di conservazione e hanno caratteristiche morfologiche e funzionali piuttosto diversificate ;
essi inoltre erano deposti all’interno di un contesto sigillato e sostanzialmente inviolato quale quello
dell’ambiente 19.
36
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
mobilio ; seguono i chiodi da muro,
di lunghezza non superiore ai 9 cm,
con 7 individui. 14 Un solo chiodo
ha le caratteristiche morfologiche
compatibili con i tipi dei connettori da piccola carpenteria, usati per
le travi di piccole dimensioni delle coperture degli edifici. Nessun
esemplare è, invece, riferibile ai
chiodi da media e grossa carpenteria (ovvero rispettivamente tra 12 e
15 cm e oltre i 15 cm di lunghezza).
La composizione tipologica di tali
elementi permette di ipotizzare
che l’edificio non fosse dotato di un
Fig. 9. Percentuale di attestazione delle categorie di
secondo piano rispetto a quello rireperti metallici dalla dispensa e dalla cucina.
conosciuto al livello stradale, visto
che il suo solaio avrebbe necessitato di travature e tavolati pavimentali che avrebbero
consegnato un numero ben più cospicuo di chiodi da piccola e media carpenteria.
L’assenza totale di connettori di grandi dimensioni e la scarsa rappresentatività di
quelli legati alla carpenteria suggeriscono anche l’utilizzo di travature di sostegno del
tetto connesse prevalentemente ad incastro e, in ogni caso, di pezzatura non elevata. 15
Sono, invece, indice di presenza di arredi lignei all’interno dei due ambienti i chiodi
di piccole dimensioni, alcuni, appunto, specificatamente da mobilio, rinvenuti in due
varianti principali : la prima a testa circolare piatta, la seconda a testa rettangolare con
i lati lunghi solidali con lo stelo (questi ultimi presenti esclusivamente nella dispensa
19). Probabilmente relativi a elementi di arredo quali mensole o infissi sono i chiodi
da muro, di dimensioni maggiori rispetto ai precedenti, utilizzati verosimilmente per
assicurare alle pareti strutture lignee pensili. Tali connettori sono tutti accomunati
dalla testa troncopiramidale, caratteristica talvolta considerata anche di pregio estetico ed utilizzata spesso per i chiodi di elementi “a vista” come porte o cassapanche.
Pertinenti agli elementi di arredo sono anche le 5 lamine di guarnizione da cassetta,
per lo più in lega di rame, rinvenute in particolar modo nell’amb. 19, tra l’interfaccia del piano di frequentazione US 1209 e il primo crollo dell’ambiente 1207. Molto
ben rappresentati sono i serramenti, in particolar modo quelli relativi ad elementi
di porta, a cui si riferiscono senz’altro una toppa di serratura del tipo con ingegno a
stanghetta, con la sua lamina di cassetta per l’alloggiamento nel legno (cfr. Sogliani
2008, p. 549), almeno una delle tre bandelle di cerniere e una coppiglia in ferro relativa
al sistema di incardinamento.
Le particolari condizioni deposizionali, dovute all’improvviso incendio che ha segnato traumaticamente la vita di questi due ambienti, hanno permesso di ricavare
14
Per la catalogazione delle varie tipologie di chiodi si sono tenuti presenti i contributi di Cortellazzo,
Lebole di Gangi 1991 e Sogliani 2001.
15
Tale elemento potrebbe aggiungere un dato a sostegno dell’edificazione di questi ambienti nella
seconda metà del XIII secolo, poiché, come ipotizzato da alcuni studi sull’evoluzione della carpenteria
medievale, a partire dalla fine del XIII-inizi XIV secolo, le travature ad incastro verrebbero lentamente
sostituite da quelle a chiodatura. A tal proposito si veda Sogliani 2001, p. 469 e relativa bibliografia.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
37
qualche informazione in più sulle
attività svolte all’interno dello spazio domestico, grazie al posizionamento spaziale in sede di scavo di
tutti i reperti rinvenuti, soprattutto
in corrispondenza delle interfacce dei piani d’uso originari (UUSS
1209 e 1268). Nell’amb. 19 è stato possibile isolare, in prossimità
dell’accesso N della dispensa, una
zona interessata da forti tracce di
bruciato, nella quale sono state rinvenute le già citate toppa e cassetta
di serratura, unitamente a quattro
chiodi da muro, evidenti residui
carbonizzati degli elementi metallici che facevano parte della porta
di ingresso all’ambiente. Più articolato e indicativo è il quadro dei reperimenti sul piano della cucina US
1268 : intorno al fornello in cotto
sono stati raccolti una catena in ferro da focolare che conserva quattro Tav. 2. Reperti metallici : Chiodi (a, b, c, d) ; Chiave
anelli 16 e un frammento in lamina (e) ; Serratura (f ) ; Bandelle di cerniera (g, h) ; Copidi lega di rame, probabilmente per- glia (i) ; Lame (l, m) ; Uncinetto (n) ; Anello digitale
tinente ad un contenitore da cuci- (o) ; portastoppini (p) ;Catena da focolare (q) ; Contenitore (r) ; Campanaccio (s) ; Ferro equino (t).
na ; inoltre, dallo stesso contesto
proviene anche una punta di dardo
da balestra del tipo con la cuspide piramidale, largamente attestata a partire dal XIV
secolo e molto diffusa nel XV (Zagari 2005, p. 150).
Dallo strato di distruzione dell’amb. 19 (US 1207) provengono ulteriori elementi
funzionali di interesse, per lo più in lega di rame, come ad esempio il coprifuso o uncinetto tessile 17 ritrovato in associazione con un anello digitale e una guarnizione di
cintura, oltre ad un ferro equino, quasi certamente da mulo (Cortellazzo, Lebole
di Gangi 1991, fig. 126.5). I crolli coevi nella cucina (amb. 27, US 1263=1264) hanno restituito un altro ferro equino e un campanaccio da bestiame (Piponnier 1984, tav. 80,
11.2.1), una chiave a cannone (femmina) con presa subcircolare, quasi perfettamente
conservata e probabilmente pertinente ad una serratura di porta (Librenti 1999, p.
129, tav. 34.51), una bandella in ferro a doppio occhiello da mobilio e una barra in ferro, forse pertinente ad una grata da focolare, oltre a una lama larga assegnabile ad un
tagliere e a un coltello da cucina ad un solo taglio, del tipo scale tang (per questi ultimi
due rispettivamente Sogliani 1995, p. 76, fig. 43 e Librenti 1999, p. 123, tav. 31.22).
16
Catene di questo tipo e con le stesse caratteristiche morfologiche sono comuni in contesti altomedievali,
tardomedievali e di età moderna (De Marchi 1999, p. 328).
17
Identico ad un esemplare salentino da Apigliano, cfr. Leo Imperiale, Sancio 2011, p. 32.
38
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
Fig. 10. Confronto delle attestazioni delle diverse categorie dei reperti metallici per ambiente.
Infine, dagli ultimi crolli (US 1203 e 1256) provengono un ferro di cavallo, un secondo frammento di barra in ferro, un portastoppini per lampade ad olio (Foy 2003, p. 81)
e un orlo a tesa pertinente ad un contenitore da cucina, questi ultimi in lega di rame.
L’insieme dei manufatti metallici dipinge un quadro funzionale di entrambi i vani
caratterizzato da una certa continuità d’uso nel tempo, a dispetto del susseguirsi delle
frequentazioni : in particolare, il vano 27 in tutte le sue fasi presenta manufatti afferenti
alle attività di cucina (la catena da focolare, i frammenti di contenitori in lega di rame,
le lame) ; la dispensa (vano 19), invece, presenta in proporzione molti più elementi
pertinenti all’arredo come chiodini, guarnizioni da mobilio o da cassetta e bandelle
da infisso, ma anche arnesi da cucito e ornamenta verosimilmente da abbigliamento
femminile, come l’anello digitale e la placchetta da vestiario in lamina di lega di rame.
Tali dati potrebbero fare avanzare l’ipotesi che in questo vano si potessero conservare
anche arnesi riferibili all’attività di filatura e tessitura (fig. 10).
La concentrazione in entrambi i vani, tra i primi crolli e la seconda fase di rioccupazione degli spazi su un parziale ricompattamento delle macerie (nell’amb. 27), di
alcuni resti relativi alla ferratura di muli e del campanaccio da bestiame potrebbe non
rendere peregrina la suggestione di un uso complementare di uno dei due ambienti
(verosimilmente il diruto vano 19) come ricovero di animali, almeno a partire dalla
seconda fase di vita del corpo di fabbrica.
Sembrerebbe, infine, piuttosto fuori contesto la punta di balestra proveniente dal
piano d’uso originario del vano cucina : un solo elemento di pertinenza bellica non è
senz’altro sufficiente a mettere in diretto collegamento l’incendio dei due vani con un
evento traumatico a carattere doloso e intenzionale. 18
(M. M.)
18
Non mancano, tuttavia, ritrovamenti di singoli esemplari di questi manufatti all’interno di ambienti
domestici e in contesti castrali in strati di incendio messi in relazione con devastazioni intenzionali (per un
esempio in questo senso si veda il sito del Castellaccio di Lucolena in Toscana, cfr. Caroscio 2007, p. 157).
39
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
3. 3. L’indagine archeozoologica
3. 3. 1. I dati
Il campione faunistico analizzato è costituito complessivamente da 614 frammenti dei
quali 47.1% attribuibili tassonomicamente (tab. 2). I reperti provengono dall’US 1203,
strato di rifrequentazione antropica individuato sui livelli di crollo pertinenti alla cosiddetta dispensa (amb. 19), l’unico per il quale si disponga di resti organici all’interno
della sequenza stratigrafica presentata (cfr. supra Corvino). Dall’analisi del campione
emerge una netta predominanza dei resti appartenenti alle tre principali categorie di
mammiferi domestici (bue, ovicaprini e maiali), con una prevalenza di pecore e capre,
benché il calcolo del numero minimo di individui restituisca un loro sostanziale equilibrio (tab. 3). I resti del gatto non sembrerebbero costituire risultato di una qualche
attività antropica, mentre la presenza di tracce di macellazione sulla porzione distale
della scapola di cavallo (specie rappresentata da un unico individuo subadulto) ne
suggerirebbe un utilizzo a fini alimentari. Trascurabili appaiono le percentuali riferibili a specie selvatiche (al capriolo sono attribuibili due diafisi di tibia e metacarpo
ed un palco integro : fig. 11), con l’eccezione della tartaruga terrestre. I resti di questo
rettile risultano peraltro certamente sovrarappresentati a causa dell’elevata frammentarietà di carapace e piastrone ; la presenza di tracce di combustione ne suggerirebbe
un probabile utilizzo alimentare.
In riferimento alle strategie di abbattimento, tra i buoi è stato possibile risalire all’età di abbattimento stesso per due esemplari, un giovanile/subadulto ed un adulto. Per
quanto concerne gli ovicaprini, l’analisi dell’usura dentaria (in base a Payne 1973) osservabile su un totale di undici tra mandibole e denti sciolti, rivela la presenza di resti
appartenenti ad animali giovani, giovani adulti, adulti maturi. Per il maiale risultano
attestati un individuo neonatale, uno di 7-11 mesi, 1 di 19-23 mesi, 1 di età superiore ai
36 mesi (mortalità stabilita sulla base di Bull, Payne 1982 e Bullock, Rackham 1982).
(S. M.)
3. 3. 2. Interpretazione
L’assoluta assenza di resti faunistici dai piani in terra battuta degli ambb. 27 e 19 indurrebbe ad ipotizzare non solo una periodica e accurata attività di pulizia degli spazi funzionali alla preparazione degli alimenti, ma anche una possibile e sostanziale
estraneità di beni e riserve di origine animale all’interno della dispensa (ipotesi che
non può essere trascurata anche per la cucina, delineando regimi alimentari poveri in
apporto proteico primario).
Le informazioni relative ai resti zoologici pertinenti ad una rifrequentazione precaria e probabilmente sporadica dell’area in esame appaiono solo indicativi delle abitudini alimentari e delle pratiche di utilizzo della risorsa animale in questo settore
dell’abitato di Montecorvino, al volgere del XV sec., sebbene non possa essere esclusa
la possibilità che l’assemblaggio faunistico appaia il risultato di pratiche di smaltimento di resti di pasto o di scarti del processamento delle carcasse animali riconducibili
ad aree più o meno limitrofe agli ambienti 19 e 27, dopo il crollo delle loro strutture.
Il dato faunistico dovrà in seguito essere necessariamente integrato con i risultati
40
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
Tab. 2. Elenco dei taxa complessivamente identificati dall’US 1203 e relativi numero resti (NR)
e numero minimo di individui (NMI). In basso i resti non determinabili.
Tab. 3. Percentuali del NR delle tre principali categorie di mammiferi domestici.
provenienti da un campione più ampio e significativo per poter trovare una valida
conferma rispetto al suo valore interpretativo.
Relativamente al regime alimentare, il campione archeozoologico esaminato rimanderebbe ad una qualità delle carni selezionata con l’introduzione anche di animali giovani e sub-adulti all’interno dei processi di macellazione.
Il dato presentato può essere confrontato con quello proveniente dagli scarichi
rinvenuti all’interno di una fossa granaria dismessa indagata in corrispondenza dei
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
41
Fig. 11. Palco di capriolo dall’ambiente 19.
margini orientali del settore abitativo della civitas e databili ad un periodo compreso
tra XII e XIII sec. (Favia et Alii 2012, pp. 351-352), consentendo di verificare, in via del
tutto preliminare, secondo una prospettiva diacronica, eventuali differenze o analogie nello sfruttamento della risorsa faunistica presso l’insediamento medievale, pur
tenendo conto della possibile differente compagine sociale che ebbe ad essa accesso
(fig. 12). Le categorie domestiche appaiono maggioritarie in entrambi i periodi cronologici, con una lieve crescita di pecora/capra nella fase più tarda dell’insediamento
contemporaneamente ad un calo più netto dei maiali, probabilmente denunciando
una sempre più crescente propensione alla pastorizia in età primo aragonese, come
denuncerebbe anche il dato relativo ad altri contesti coevi della Puglia settentrionale (cfr. i casi di Fiorentino ed Ordona : De Venuto 2013). Non subirebbe variazioni
sostanziali il dato relativo al bue, lasciando intravedere la possibilità di una tenuta
degli spazi destinati a colture. Marginale appare lo sfruttamento della fauna selvatica,
con scarse attestazioni prevalentemente del capriolo, ungulato maggiormente adatto
ad un ambiente di macchia fitta. Un’ultima annotazione riguarda la più sostenuta
presenza degli equini tra XII e XIII sec., probabilmente per un loro impiego in attività ausiliarie a quelle antropiche (trasporto, aratura) in corrispondenza del settore
dell’abitato. Questi animali entrarono sempre più frequentemente a far parte della
dieta umana in corrispondenza dei secoli finali del Medioevo, in Puglia settentrionale,
come riscontrato anche per i siti di Ordona, Fiorentino e San Lorenzo in Carmignano
(De Venuto 2013) ; anche le loro pelli trovarono un diffuso impiego come materia
prima artigianale accanto a quella di buoi, vitelli, agnelli e bufali (Licinio 1998).
(G. D. V.)
42
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
Fig. 12. Confronto quantitativo tra NR e NMI dei principali taxa animali attestati in due campioni faunistici da Montecorvino.
3. 4. I resti archeobotanici
3. 4. 1. Metodi e procedure
La raccolta del materiale oggetto di indagine è avvenuta durante le campagne di scavo 2011-2012, nel corso delle quali si è proceduto a campionare 7 UUSS per un volume
complessivo di sedimento pari a 99 l, secondo una strategia mirata, che ha previsto
il prelevamento di almeno 5 l per ogni strato indagato ; laddove la composizione dei
depositi archeologici evidenziava la forte presenza di caratteristiche organiche o nei
casi in cui si siano rintracciate interfacce di piani d’uso ben riconoscibili si è proceduto
ad un incremento delle quantità prelevate.
I campioni recuperati sono stati opportunamente documentati e sottoposti a setacciatura in acqua, attraverso l’ausilio di setacci di maglie differenti (5 mm, 3 mm e 0,5
mm), per separare la componente pedologica dai resti bio-archeologici e dagli altri
tipi di manufatti. Successivamente si è provveduto alla selezione del residuo mediante
l’uso di un microscopio binoculare, al fine di recuperare i resti organici separandoli
dal materiale inorganico. Una volta distinte queste categorie, si è proceduto con la
quantificazione numerica dei resti organici e l’analisi del record archeobotanico.
Nello specifico, sono state identificate le specie presenti nel record stesso attraverso l’analisi xilotomica di ogni singolo frammento di carbone tramite l’utilizzo di un
microscopio metallografico ed è stata effettuata l’analisi morfometrica dei carporesti
tramite un microscopio binoculare. 19 Infine, si sono confrontati i resti esaminati con
19
Lo studio dei macroresti è stato effettuato presso il Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia
dell’Università degli Studi del Salento, diretto dal prof. Girolamo Fiorentino che ringrazio sentitamente per
l’accoglienza e gli utili consigli.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
43
la collezione di riferimento moderno e con l’uso di atlanti (Anderberg 1994 ; Berggreen 1969, 1981 ; Jacomet 2006 ; Jacquiot, Trenaed, Dirol 1973 ; Nesbitt 2006 ;
Schweingruber 1990).
3. 4. 2. Risultati
L’analisi del record archeobotanico ha permesso di identificare 483 antracoresti e 257
carporesti per un totale di 740 individui, identificando complessivamente 12 essenze
arboree e 20 taxa di semi/frutti ad un diverso grado di risoluzione tassonomica (tabb.
4-5).
Tra le essenze arboree si riscontra una chiara predominanza della Quercia di tipo
caducifoglie (Quercus cfr. pubescens) che si attesta su una percentuale del 53%, seguita
dal Pioppo/Salice (Populus/Salix) e dall’Olmo campestre (Ulmus cfr. minor) che singolarmente non giungono a toccare il 20% delle attestazioni. Su percentuali molto basse
(al di sotto del 3%) si collocano gli altri taxa identificati, come il Faggio (Fagus sp.),
la Ginestra (Leguminosae cfr. Genista) e alcuni appartenenti al genere delle Rosaceae
Maloideae (fig. 13).
Anche il quadro che emerge dall’analisi dei semi e frutti risulta variegato e chiaramente caratterizzato, vista la netta preponderanza dei taxa relativi alla categoria delle
Leguminosae, che con ben il 61% dell’assemblaggio totale è di gran lunga la più rappresentata. Il restante peso percentuale viene quasi equamente diviso tra i cereali (21%)
e i frutti (17%), con un’attestazione solo marginale delle piante cosiddette infestanti
dei campi (1%) (fig. 14).
L’analisi dei taxa rinvenuti all’interno dei piani relativi alle fasi di vita dei due
vani evidenzia alcune differenze (fig. 15). Dai prelievi effettuati nei depositi relativi al
punto di cottura dell’amb. 27, infatti, sono stati identificati carboni relativi a Quercia tipo caducifoglie, Ginestra e specie riconducibili alle Maloideae, mentre dall’interfaccia del livello d’uso originario US 1209 e dal primo crollo di obliterazione US
1207 dell’amb. 19, proviene un’ampia varietà di antracoresti relativi per lo più alla
Quercia e all’Olmo ma con attestazioni anche di Faggio, Carpino, Acero, Frassino,
Pioppo/Salice e Pruno, specie del tutto assenti nel vano attiguo. Inoltre in questa
camera si registra un’altissima concentrazione di carporesti, tale da rappresentare
la quasi totalità delle attestazioni della categoria nell’intero campione determinato.
I dati carpologici evidenziano, come già detto, una presenza prevalente di leguminose, con un’ampia varietà di specie rappresentate : fava, favino, cece, cicerchia,
pisello, vecce e lenticchia ; mentre in misura decisamente minore sono documentate le cariossidi di cereale. Rilevante, inoltre, è anche la testimonianza di alcune
varietà di frutta, fra cui endocarpi di amarena e susina e resti di frutti combusti di
uva (fig. 16).
Dall’analisi contestuale dei crolli si registra la presenza del Pioppo/Salice in associazione alla Quercia tipo caducifoglie nello strato di distruzione parziale dell’amb.
27 (US 1263) e nei crolli finali di entrambi i vani (UUSS 1203 e 1226) il ritrovamento
congiunto di Quercia tipo caducifoglie e Olmo.
Degno di menzione è, infine, il ritrovamento nell’ultima, residuale, occupazione
dell’area ormai divenuta uno spazio aperto comprendente i diruti vani 27 e 19, all’interno del focolare US 1260, di antracoresti di Quercia tipo caducifoglie (figg. 17-18).
44
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
Tab. 4. Attestazione generale degli Antracoresti.
Tab. 5. Attestazione generale dei Carporesti.
Fig. 13. Attestazioni generale degli antracoresti degli ambb. 19 e 27.
3. 4. 3. Discussione
Fig. 14. Attestazione in percentuale dei carporesti,
divisi nelle quattro macro categorie principali.
Il contributo dello studio archeobotanico delle stratigrafie di questi
due ambienti è quanto mai rilevante : infatti, se da un lato nell’ambiente 27 le strutture fisse rinvenute
lasciano pochi dubbi nell’interpretazione funzionale come ‘cucina’,
per la ‘dispensa’ 19 (nell’assoluta
mancanza di arredi) l’unico supporto interpretativo proviene dai
materiali, in particolar modo dalla ceramica e dai resti botanici
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
45
Fig. 15. Confronto taxa antracoresti relativi ai piani d’uso originari.
Fig. 16. Attestazioni dei carporesti nell’amb. 19.
combusti. L’eccezionale contingenza, verificatasi a seguito dell’incendio, costituita
dall’obliterazione improvvisa e definitiva della dispensa stessa, ha fatto sì che non
deperissero completamente le testimonianze organiche conservate in questo spazio,
contribuendo anche a una precisa localizzazione nell’area dei beni stoccati, oltre a
permettere anche la conservazione di elementi vegetali intrecciati, riconducibili verosimilmente ai sacchi che, con tutta probabilità, contenevano le derrate. Tale circo-
46
favia · corvino · de venuto · maruotti · mucciolo · valenzano
Fig. 17. Confronto taxa antracoresti relativi ai crolli di prima fase.
stanza non è certamente riscontrabile nel vano cucina, dove la maggiore continuità
d’uso degli spazi ha comportato la ripulitura sistematica dei piani, con conseguente
invisibilità archeologica degli alimenti. D’altra parte è innegabile che una netta differenziazione dei due spazi fosse volutamente prevista, dato confermato dalla lettura
dei resti antracologici che registrano nella cucina, in prossimità delle zone di fuoco, la
presenza di essenze compatibili con l’accensione e l’alimentazione delle fiamme (ginestre e specie appartenenti alle Maloideae, la Quercia cad.) e contemporaneamente
nella dispensa la compresenza della consueta Quercia cad. in associazione all’Olmo
usate per solai e coperture ma anche legni più variati e dagli usi più diversificati come
ad esempio Carpini, Frassini, Aceri e Pioppo/Salice, essenze peraltro caratterizzanti
il paesaggio storico intorno a Montecorvino. 20 Inoltre, la compresenza del Faggio in
questo contesto (unico caso di attestazione nell’intero record antracologico del sito)
documenta anche la presenza di elementi d’arredo ligneo nella stanza, visto il consueto utilizzo di tale essenza, considerata anche di un qualche pregio, per la realizzazione
di mobili (Azuma 2011, p. 257 ; Castelletti, Motella De Carlo 2011, p. 303). L’uso
della Quercia tipo cad. in associazione all’Olmo come materiale da costruzione è confermato dalla presenza di queste essenze anche negli strati di crollo in entrambi i vani.
Interessante, inoltre, è l’alta attestazione che in generale riguarda il Pioppo/Salice,
essenza particolarmente indicata per l’intaglio di piccoli oggetti o elementi d’arredo
(Azuma 2011, pp. 258-259). Esso risulta abbondante all’interno degli strati relativi ai
primi crolli di entrambi gli ambienti (UUSS 1207-1263) mentre è pressoché assente
negli ultimi (UUSS 1203-1226), dato che in tutta probabilità indica una variazione di
qualità abitativa dei vani tra la prima e la seconda fase di vita del fabbricato, in un
20
Per una ricostruzione preliminare dell’ambiente medievale nel territorio di Montecorvino si veda
Corvino 2015.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
47
Fig. 18. Confronto taxa antracoresti relativi ai crolli finali.
momento in cui l’occupazione di vita degli spazi diventa più precaria prima delle definitive obliterazioni alle soglie della prima età moderna.
(C. C.)
4. Conservare cibi e cucinare nella rocca di Montecorvino
4. 1. Il sistema di trattamento alimentare nel castrum
La possibilità di analizzare il contesto chiuso e sigillato di uno spazio di grande importanza nella vita di un raggruppamento demico quale quello dedicato alla conservazione e trasformazione dei generi alimentari di prima necessità, in particolare in un
sito d’altura di età pienamente medievale quale quello di Montecorvino, ha permesso
di comprendere con maggiore profondità le dinamiche insediative e la distribuzione
e uso degli spazi nell’area castrale del sito medesimo almeno a partire dalla seconda
metà del XIII sec. È proprio fra XIII sec. avanzato e inizi del XIV, infatti, che il generale
riassetto urbanistico dell’area signorile trasformò parzialmente il volto del complesso
castellare. All’interno di questa ristrutturazione, gli ambienti della cucina e della dispensa sembrano assumere un ruolo di specifica attribuzione funzionale nel tessuto
topografico dell’area, in stretto rapporto con le precedenti strutture fortificate e i
nuovi ambienti che si connotano esclusivamente a carattere residenziale.
Gli ambienti 19 e 27, infatti, si collocano in posizione centrale nel disegno di questo nuovo agglomerato, sostanzialmente equidistanti dal mastio principale a sud-est
e dalla torretta di baluardo pentagonale nord-occidentale costituendo parte, come
vedremo, di una più ampia serie di spazi costruiti legati al ciclo di conservazione e
consumo alimentare.
Il connotato programmatico di questo sistema abitativo è rimarcato dalla stessa
tecnica utilizzata per la loro edificazione, che prevedeva l’erezione di corpi di fabbri-
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ca caratterizzati da muri perimetrali principali comuni e suddivisi in moduli spaziali
tramite la posa in opera di tramezzi divisori e un sistema di accessi articolato, dato
che evidenzia una organicità funzionale dei diversi vani all’interno dell’edificio. Si
definiscono così un ambiente principale di dimensioni maggiori adibito a cucina e
due vani, di dimensioni più ridotte, giustapposti al primo, di cui uno, parzialmente
interrato, interpretabile, su base materiale, come dispensa. Più problematica risulta
la comprensione dell’uso originario del terzo ambiente, individuato per ora parzialmente solo a livello delle creste murarie, che comunque era in comunicazione sia con
l’esterno che con la dispensa stessa.
In effetti, i varchi aperti sul fronte nord della cucina e del vano attiguo documentano un asse di affaccio del fabbricato verso la porzione settentrionale dell’area castrale,
in direzione della torretta pentagonale ; tuttavia, se le spallette in appoggio al muro di
delimitazione orientale della cucina possono essere interpretate, come si è ipotizzato,
quali elementi di una scala per un accesso di servizio si avrebbe anche un collegamento che conduce al settore sud-est dell’impianto.
L’interpretazione funzionale dell’ambiente 27 come cucina è dato con evidenza,
come già detto, dalla presenza di una struttura fissa di fornello per la cottura dei cibi,
localizzata nell’angolo sud-ovest della stanza, ancora perfettamente riconoscibile sul
terreno. Il sistema di cottura prevedeva certamente un piano di fuoco a quota con il
resto del pavimento ma ben separato dal resto dell’ambiente tramite strutture di contenimento in elementi fittili e lapidei, e un meccanismo di sospensione dei contenitori
da cucina testimoniato dal ritrovamento in situ di alcuni elementi di catena in ferro e
due frammenti riconducibili a una pentola in lega di rame. 21 Il ritrovamento di frammenti di pentole in terracotta di piccole dimensioni suggerisce invece, per le loro caratteristiche tipologiche e le tracce residue sulle superfici, l’adozione di un secondo tipo
di cottura, basato sul contatto diretto dei contenitori ceramici con la zona di fuoco.
La compresenza di stoviglie in materiali e di dimensioni diverse lascerebbe ipotizzare
anche una differenziazione delle ricette, laddove i contenitori metallici, di dimensioni
maggiori, erano con tutta probabilità dedicati a stufati e bolliti mentre le più ridotte
pentole ceramiche da brace potevano essere utilizzate come scaldavivande oppure per
la cottura di cibi che non necessitavano di una lunga permanenza sulla fiamma viva.
L’interpretazione del vano 19 come dispensa deriva dall’analisi integrata di tutti i
materiali conservatisi tra il piano d’uso e il crollo causato dall’incendio ; hanno contribuito a questa ipotesi identificativa una discreta quantità di carporesti, tra cui principalmente vari tipi di legumi e frutta, un buon assortimento di stoviglie da dispensa e
da mensa e alcuni significativi manufatti metallici in discreto stato di conservazione,
soprattutto elementi di infissi e serramenti e chiodi con residui di ossidazioni lignee,
pertinenti probabilmente a scaffalature. La presenza di mobilio sembra essere confermata anche dall’analisi dell’assemblaggio antracologico che documenta la presenza
(oltre che di legni d’uso consueto nell’edilizia del sito quali Quercia cad. e Olmo) del
Faggio, essenza utilizzata per la realizzazione di arredi. Il riscontro di alcuni residui
di intrecci vegetali dimostrerebbe, verosimilmente, l’uso di una doppia modalità di
stoccaggio delle derrate, che affiancava recipienti fittili e contenitori in deperibile,
quali sacchi o vimini, evocando forse una diversificazione delle tipologie conservate.
21
Non essendo stati ritrovati presso il focolare-fornello tracce di buchi per palo, il sistema di sospensione
doveva prevedere una trave o asse orizzontale infissa a parete.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
49
Infine, la varietà di specie di semi e di frutti rinvenuti nell’assemblaggio archeobotanico del vano dispensa permette alcuni approfondimenti sull’alimentazione vegetale a
Montecorvino, certamente da integrare con l’apporto di carne per la quale però non si
dispone al momento di dati sufficienti, visto che la cospicua quantità di reperti faunistici
rinvenuti in questo contesto sono riferibili a una frequentazione secondaria dell’area, più
tarda rispetto alle fasi in esame. Per quanto riguarda dunque questa parte della dieta
sembra possibile ipotizzare un fondamentale consumo di varie specie di legumi (fava,
favino, cece, cicerchia, pisello, vecce e lenticchia). Essi non solo arricchivano il regime
alimentare per le loro alte qualità proteiche e nutrizionali ma la loro coltivazione in alternanza con il ciclo del grano permetteva un equilibrio colturale in grado di potenziare la
produttività dei terreni coltivi. Inoltre, la stagionalità di raccolta difforme fra le due categorie di alimenti garantiva ai consumatori disponibilità di cibo in tutti i periodi dell’anno.
Ad arricchire questa dieta, vi sono anche alcuni frutti : susine, amarene e uva. La presenza di quest’ultima, in particolare, suggerisce alcune riflessioni sulla sua disponibilità
nel sito. L’assenza di carboni attribuibile alla vite ne escluderebbe, allo stato attuale, la
certa coltivazione in loco ; il rinvenimento di frutti farebbe piuttosto propendere per un
suo trasporto sul sito, presumibilmente da zone non distanti (ad esempio il vicino centro
cittadino di Lucera, noto per la produzione ed esportazione del vino). Tali dati unitamente all’assenza di uva in altri contesti del sito suggerirebbero un consumo della stessa
come frutto da tavola su base non generalizzata, ma come ambito elitario.
(C. C.)
4. 2. La cucina, la dispensa, le torri, il castello
L’interrelazione fra studio dei manufatti e analisi bioarcheologiche ed archeoambientali contribuisce dunque ad assegnare, attraverso gli indicatori precedentemente analizzati nel dettaglio, l’utilizzo di una serie di ambienti appartenenti alla fase
di frequentazione della seconda metà del XIII-inizi XIV sec. 22 dell’area castrense di
Montecorvino ad una sfera di operazioni inerenti la conservazione degli alimenti, la
cottura dei cibi e lo stivaggio dello strumentario relativo. Queste attività trovarono
sede architettonica all’interno di una generale riscrittura, in epoca angioina, della topografia e delle costruzioni del polo di residenza signorile e di controllo militare della
città e del suo territorio. 23 In effetti, allo schema insediativo costituito sostanzialmente dalle due torri difensive poste su versanti contrapposti del poggio dominante sul
borgo abitato e dalle poche strutture ad esse annesse, fece seguito un programma di
erezione di vari corpi di fabbrica, i quali ridussero le superfici aperte e trasformarono
natura e configurazione del castrum, precedentemente focalizzate sulla valenza fortificata e strategica (pur abbinata a quella residenziale) del sistema di baluardi turriti,
arricchendo la gamma delle attività svolte nel settore castellare e distribuendole su
una maggiore e più articolata serie di lotti costruiti, secondo un modello che trova
analogie su scala regionale, 24 così modificando i caratteri della precedente piazzaforte
in quelli di una rocca, sede dei signori della città.
22
Come si è detto, il materiale ceramico rinvenuto nella dispensa profila in maniera più decisa una
frequentazione di questa nel corso del XIV secolo, non offrendo dati certi per i decenni precedenti, verso
cui forse indirizzano altri indicatori.
23
Su questo processo si veda Favia et Alii 2015a, p. 196.
24
Per riscontri in Capitanata si veda Favia (in press). Per confronti più ampi si vedano, per esempio, i
casi abruzzesi : Redi 2011, p. 100 .
50
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Nell’ambito di questa strategia architettonica e nel panorama delle nuove entità
edilizie, le strutture dedicate ad ospitare lavori e operazioni connesse al soddisfacimento dei bisogni alimentari appaiono planivolumetricamente rilevanti. La cucina e
la connessa dispensa interrata, oggetto di questo studio, erano parti di un fabbricato
(seppure ancora da esporre completamente) di una certa ampiezza, verosimilmente
ad un piano, ubicato nella fascia del poggio castrense compresa fra le due torri ; la trama di installazioni connesse alle attività di soddisfacimento delle necessità alimentari
era peraltro più fitta. In essa rientravano pure, infatti, il vano 12, contiguo alla cappella
castrale e dunque non lontano dal baluardo quadrangolare, il quale accoglieva una
fossa per la conservazione dei cereali, profonda circa 2 m, e un ampio ambiente messo
in luce nell’ultima campagna di scavo sinora effettuata, aderente al lato occidentale
del dongione pentagonale, ugualmente munito di un profondo silos interrato. 25 La
scelta di coloro che avevano nella propria disponibilità la rocca fu dunque quella di
allocare all’interno del circuito castrense gli impianti utili a garantirsi l’accumulo e
lo stoccaggio delle quantità dei cereali rispondenti al fabbisogno del castrum stesso, 26
piuttosto che fare ricorso a silos esterni. 27
I cibi, al termine di questa catena di trattamento e preparazione, trovavano la loro
sede di consumazione, con buona probabilità, al di fuori del fabbricato della cucina.
Uno di questi luoghi è forse individuabile nello stesso bastione meridionale, che verosimilmente proseguì a costituire l’alloggio dei signori della rocca o di altre figure
gravitanti intorno ad essi e dunque il loro possibile ambiente di mensa. Ovviamente
nell’area castrense vi potevano essere ulteriori tavole per la consumazione dei pasti,
utilizzate da parte degli altri abitanti e frequentatori del castrum. L’edificazione del
complesso in cui erano ubicati la cucina e la dispensa contribuì dunque, come si è
già accennato, a ridefinire i percorsi 28 e le circolazioni interne alla fortezza, a seguito
anche dell’innalzamento dei livelli di calpestio. 29
La delocalizzazione della cucina rispetto alle torri e la costruzione di spazi appositi,
del resto, appaiono il riscontro in loco di una tendenza bassomedievale abbastanza
diffusa nell’ambito di organismi architettonici di una certa rilevanza e peso demico, come castelli e monasteri ; in queste tipologie insediative è documentata con una
certa frequenza l’ubicazione delle cucine stesse in fabbriche autonome, separate, per
ragioni ambientali e di sicurezza, dagli alloggi e dalle zone residenziali. 30
25
Entrambi questi vani sono corredati di bassi banconi lapidei, verosimilmente funzionali alle operazioni
di caricamento e svuotamento delle fosse (per l’amb. 12 si veda Favia, Giuliani, De Venuto 2012, p. 336,
fig. 7 a p. 339).
26
Agli spazi dedicati all’approvvigionamento alimentare possono essere inoltre accostate le strutture
per la raccolta idrica. Il piano seminterrato del donjon settentrionale era certamente adibito a cisterna ; non
si può escludere che anche il livello inferiore della torre meridionale avesse analoga funzione. Un’ipotesi
di identificazione come cisterna è sostenibile, anche se non inequivoca, per l’amb. 23, ubicato nella fascia
meridionale del castrum.
27
La presenza di silos granari all’interno della cerchia muraria della rocca profila l’eventualità
dell’esistenza nel recinto castrense di strutture mobili e o fisse per la macinazione delle granaglie.
28
Va certamente ricordato che, almeno originariamente, la cucina e la dispensa non avevano
una comunicazione interna diretta tramite una porta ; si può peraltro immaginare forse un’apertura
sopraelevata, a finestrino.
29
In questa fase, con tutta verosimiglianza, l’ingresso della torre meridionale, ubicato, come di consueto
nelle fortificazioni normanno-sveve, in posizione sopraelevata, a livello del primo piano, venne a trovarsi
alle quote di calpestio esterne, significativamente innalzatesi nel tardo XIII-XIV secolo.
30
Si veda a questo proposito Pizzinato 2014, p. 336.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
51
Tuttavia, la popolazione del castello di Montecorvino non doveva avere entità tale
da giustificare l’apprestamento di strutture per la preparazione dei cibi di particolare ampiezza o imponenza. La cucina della rocca, presenta dimensioni di fatto abbastanza contenute ; il piano di cottura, invero di non piccola misura e realizzato con
una certa cura e perizia, appartiene peraltro al tipo impiantato a terra, a livello di
calpestio, senza alcuna forma di sopraelevazione, e trova raffronti anche in contesti
domestici locali. Focolari e fornelli in laterizio installati a livello di calpestio sono stati
rivenuti nei vicini siti di Fiorentino (Piponnier 2012, pp. 238-239) e Ordona (Volpe et
Alii 1995, p. 175, fig. 12). Nella stessa Fiorentino i focolari impiantati nei suoli delle fasi
di rioccupazione della domus imperiale sono di tipologia nettamente diversa (Beck
2012, pp. 127-129, figg. 54-55 ; 65-66). La soluzione di Montecorvino è certamente lontana da quella a bancone (eventualmente munita di piano forato), adottata in alcuni
monasteri e castelli ; ma in ogni caso, aldilà di tali opzioni, si rinunciò alla formula del
livello di cottura rialzato, anche di più semplice fattura. L’utilizzo di laterizi di reimpiego nella cucina del castrum (con mattoni che provengono da un impianto termale)
è frequente nel panorama degli analoghi spazi funzionali medievali rinvenuti nella
Penisola (Pizzinato 2014, p. 337) ; in rapporto invece allo spettro dei riutilizzi nell’insediamento, esso rappresenta un caso peculiare : sinora sono infatti assolutamente
sporadici i materiali di spoglio nelle strutture murarie del sito.
La dispensa ha misure proporzionali a quelle della cucina ; come suggeriscono i
reperti organici e metallici, essa era verosimilmente dotata di scaffalature e mobilio
e custodiva forse anche oggetti non strettamente legati all’orizzonte culinario, ma
inerenti altre attività domestiche o artigianali, quali la filatura e la tessitura.
Dal punto di vista della caratterizzazione e manifestazione del potere, il binomio
cucina–dispensa rientra in un progetto insediativo che combina dunque elementi
strutturali legati a un orizzonte simbolico e religioso (come l’edificazione di una cappella castrale - amb. 10 - in diretto collegamento con la torre meridionale) ad altri più
strettamente mirati ad aspetti pratici e logistici e bisogni materiali. Lo studio dei due
ambienti, condotto integrando dati archeoambientali e analisi della cultura materiale, delinea alcuni usi e consumi di tratto ricercato, in qualche modo distintivi di un
gruppo sociale eminente, 31 ma non profila elementi di qualità altissima o esclusiva.
Come si è detto, la stessa dislocazione della cucina in una costruzione specifica, per
evitare rischi di incendio e per allontanare fumi e odori dalle zone residenziali, costituisce elemento in qualche misura distintivo di una capacità di gestione e di una cura
verso le condizioni di vita all’interno del castrum. In mancanza, purtroppo, di dati
probanti sui consumi di carne, la presenza dell’uva da tavola si può forse considerare,
come è stato ipotizzato con prudenza supra, una componente della dieta non proveniente dalla fascia di coltivo immediatamente gravitante sulla cittadina e quindi forse
segno di una domanda mirata. La stessa gamma delle stoviglie da mensa denuncia un
apprezzabile livello produttivo, confrontabile con altre realtà castrali della regione,
31
Nella seconda metà del XIII secolo si succedettero nella titolarità del feudo di Montecorvino due
notabili di origine francese, quali Pierre de Marmorant e Pierre d’Angicourt, quest’ultimo architetto alla
corte di Carlo d’Angio : « à la fin du XIIIe siècle, au total, Montecorvino est sans doute une toute petite ville,
dont le seigneur est toutefois un très haut personnage » (Martin, Noyé 1982, p. 528), però non stabilmente
residente sul sito. Le stesse fonti scritte menzionano per il XIV secolo vari passaggi di mano del feudo,
sempre citando personaggi eminenti, ma segnalano anche vari indicatori di difficoltà e di traumi nella
parabola dell’insediamento (ibidem).
52
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anche se priva di tratti assai particolari o elitari. In generale, appunto, le informazioni
provenienti dallo scavo della cucina e della dispensa, per così dire, profilano la disponibilità di beni di buona qualità, facenti parte di una catena produttiva che aveva come
referente un ceto signorile, non marcata però da segni di lusso o di alto pregio, forse
affidati ad altre categorie merceologiche o a manifestazioni esteriori di diverso genere
(oppure, in un’ipotesi di diverso stampo, non raggiungibili dal gruppo dirigente o
comunque da chi gestiva e popolava la rocca di Montecorvino).
Infine, il mantenimento, almeno nella prima metà del XV secolo, da parte della
cucina di un’operatività nonostante i traumi sofferti dal fabbricato che la ospitava, testimonia archeologicamente una certa capacità di risposta del nucleo che popolava o
frequentava ancora la rocca e l’abitato ai problemi sopravvenuti e prospetta l’adozione di strategie di reazione rispetto ai disagi e alle difficoltà sofferte dal sito nel corso
dello stesso secolo, pure sottolineate dalle fonti documentarie. 32
(P. F.)
Appendice
Tabella osteometrica dei resti faunistici dagli ambienti 19 e 27 di Montecorvino (la
registrazione delle misure segue i criteri individuati da von den Driesch 1976).
(a cura di G. D. V.)
32
Per un panorama documentario si rimanda a Martin, Noyé 1982, in particolare pp. 528-529, dove
si ricordano, come passaggi storici, fra fine XIV-prima metà XV sec., particolarmente significativi nella
vicenda di Montecorvino l’assedio di Ladislao I nel 1393 e poi, nel 1433, l’annessione della sede vescovile a
quella di Volturara.
la cucina e la dispensa della rocca di montecorvino
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Aprile 2016
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