IL CRESCENTE PESO DEL BRASILE
NELL’ECONOMIA MONDIALE E NELLA FINANZA INTERNAZIONALE
Recenti sviluppi dell’economia brasiliana
Lo sviluppo economico del Brasile ebbe praticamente inizio nel 1964, con l’avvento al potere di
un governo militare che adottò politiche fortemente liberiste per favorire la crescita economica del
paese. In questo periodo furono aboliti molti dazi all’esportazione, a favore delle imprese vennero
adottate procedure amministrative semplificate e fu introdotto un programma di incentivi e crediti
per le nuove iniziative produttive.
Nel 1967 il Governo introdusse un vero e proprio “Piano di azione economica”, aumentando gli
investimenti in infrastrutture, favorendo l’accumulazione del capitale privato ed aumentando la
produttività del lavoro. Importanti misure furono adottate sia sul fronte fiscale (come alcuni tagli
alla spesa pubblica e l’introduzione dell’imposta sul valore aggiunto) che sul fronte finanziario
(come la riforma dei mercati azionari e la creazione della banca centrale). Il paese conobbe così un
vero e proprio miracolo economico fino alla fine degli anni ’70, quando il secondo shock petrolifero
impresse al paese una brusca frenata. Per evitare la recessione, l’inflazione fu lasciata salire fino a
livelli patologici, mentre l’aumento del debito estero fornì al paese i capitali per continuare a
crescere.
Nel 1981 la crisi si manifestò con tutta la sua forza e fino al 1983 il paese cadde in recessione.
Durante tutti gli anni ’80 il tasso di crescita dei prezzi lievitò dal 90% al 3000% annuo, mentre il
paese si rese conto di non essere in grado di gestire il debito estero. Nel 1987 il presidente
brasiliano, José Sarney, chiese una moratoria del debito, ottenendo l’appoggio del papa e della
chiesa cattolica, mentre tra il 1989 ed il 1992 il primo presidente democratico Fernando Collor de
Mello adottò misure liberiste (come l’alleanza economica Mercosur con Argentina, Uruguay e
Paraguay) e politiche radicali (come il congelamento dei depositi bancari privati) per favorire la
ripresa del paese. Reazioni popolari, gravi scandali e moti rivoluzionari giovanili misero fine al
governo di Collor, a cui subentrò il suo primo ministro Itamar Franco.
Nel 1993 il PIL ricominciò a crescere e tassi di sviluppo positivi si protrassero fino al 1998. Dal
1994 il presidente socialdemocratico Fernando Henrique Cardoso seguì i suggerimenti del Fondo
Monetario Internazionale, attuando riforme che prevedevano la privatizzazione delle imprese statali
ed imprimevano un notevole rigore nella politica monetaria e nella gestione dei conti pubblici. La
rivalutazione del cambio arginò la crescita della domanda interna, permettendo di stimolare le
importazioni, di aumentare la concorrenza interna e di ridurre drasticamente la dinamica dei prezzi.
Dal 1994 al 1998, il tasso d’inflazione annuo scese così dal 2.100% al 3,2%. Gli alti tassi
d’interesse e le forti agevolazioni concesse agli investitori stranieri permisero poi di finanziare
l’accumulazione del capitale e di coprire almeno una parte del persistente deficit corrente (che
comunque continuò a crescere fino al 4% del PIL alla fine degli anni ’90).
Sebbene il cosiddetto “Piano Real”, lanciato verso la metà del 1994, fosse riuscito a conseguire
un tasso d’inflazione a una sola cifra, gli elevati tassi d’interesse reali finalizzati ad arginare la
crescita della domanda interna contribuirono ad aumentare il disavanzo pubblico (che passò da una
media del 2,4% del PIL del 1994 a quasi l’8% nel 1998), mentre l’apprezzamento della moneta
brasiliana concorse al deterioramento dei conti con l’estero, generando forti pressioni sul cambio
soprattutto dopo la crisi asiatica del 1997.
Verso la fine degli anni ’90, il forte debito estero (passato da 150 a 220 miliardi di dollari tra il
1994 ed il 1998) e le pesanti fughe di capitali gettarono il paese nel caos. Lo stesso Cardoso, rieletto
presidente nel 1998, scelse di svalutare drasticamente la moneta nazionale per dare ossigeno
all’economia e per rilanciare le esportazioni. Per fronteggiare la pesante situazione debitoria, riuscì
anche ad ottenere dal Fondo Monetario Internazionale un ulteriore prestito triennale di quasi 42
miliardi di dollari.
Le autorità brasiliane risposero al deterioramento del quadro congiunturale ricorrendo ad un
deciso inasprimento delle misure di politica monetaria e varando misure fiscali restrittive miranti a
ridurre in tempi brevi il disavanzo federale al 2% del PIL. La persistenza di elevati tassi d’interesse
condusse ad un forte afflusso di investimenti già nel corso del 1998, contribuendo a ricostituire le
riserve internazionali. Agli inizi del 1999, le tensioni sui mercati valutari aumentarono e le autorità
brasiliane scelsero di abbandonare i cambi fissi. Il Governo centrale decise così di svalutare il real,
beneficiando della presenza di abbondanti riserve ufficiali e di un programma di assistenza garantito
dal Fondo Monetario Internazionale. Nei primi mesi del 1999, fu anche annunciata una drastica
manovra fiscale correttiva per dissipare i timori di una esplosione del debito e per impedire ulteriori
pressioni sul tasso di cambio e sui tassi d’interesse.
Sebbene gravi incognite continuassero a riguardare la risposta dell’inflazione al deprezzamento
della moneta, l’aggravarsi della recessione nazionale contenne le pressioni sui prezzi, mentre la
deregolamentazione dei mercati ridusse drasticamente il ricorso a meccanismi di indicizzazione. Un
ulteriore inasprimento della politica monetaria ripristinò poi la fiducia dei mercati. I tassi d’interesse
overnight aumentarono da poco meno del 30% della fine del 1998 al 45% ai primi di marzo del
1999, neutralizzando gli shock generati dall’indebolimento del cambio e riducendo sensibilmente le
aspettative inflazionistiche. Allo scopo di limitare l’indebolimento della moneta, il Governo ricorse
anche all’emissione di obbligazioni indicizzate al dollaro e concordò con il Fondo Monetario una
sensibile riduzione del livello minimo delle riserve internazionali. La moneta brasiliana finì così per
rafforzarsi di nuovo, consentendo alla Banca Centrale di ridurre gradualmente i tassi d’interesse e di
creare i presupposti per il rilancio dell’economia.
Nel 2001 la crisi energetica (che condusse addirittura al razionamento dell’elettricità), le
peggiorate ragioni di scambio e l’inasprimento delle politiche antinflazionistiche impedirono al PIL
di mettere a segno progressi significativi. Il disavanzo delle partite correnti aumentò ancora (fino al
4,5% del PIL), ma la bilancia commerciale mostrò per la prima volta dal 1994 un saldo positivo.
Inoltre gli afflussi di capitali dall’estero per investimenti diretti raggiunsero quasi i 20 miliardi di
dollari.
Tra il 2002 ed il 2008 il Brasile ricominciò a crescere, beneficiando della ripresa dell’economia
mondiale e mettendo a segno forti progressi soprattutto negli investimenti e nelle esportazioni. La
buona tenuta del cambio permise di ridurre il debito estero, mentre l’aumento dei prezzi dei
manufatti esportati esercitò effetti positivi sui programmi di espansione. Il Brasile approfittò in
questi anni della ripresa dell’economia e della favorevole evoluzione della domanda mondiale per
migliorare il proprio rating, risanando il saldo di parte corrente, aumentando l’avanzo primario,
contenendo il disavanzo pubblico ed abbassando il peso del debito estero. L’elezioni presidenziali
del 2002 portarono quindi al potere Luiz Inácio Lula. Il nuovo presidente, sindacalista ed esponente
del partito operaio, diede una svolta decisiva alla politica economica brasiliana, svincolando il paese
dalla dipendenza dal Fondo Monetario e rilanciando la collaborazione commerciale con i paesi del
Mercosur. Pur favorendo gli interessi del capitale industriale agrario e finanziario, Lula adottò non
pochi provvedimenti volti a migliorare la giustizia sociale, ad incentivare il microcredito, ad aiutare
le famiglie bisognose e a risollevare l'economia, riscuotendo ampi consensi, soprattutto tra le classi
sociali meno agiate. Durante il suo mandato fu anche approvata un’importante riforma delle
pensioni e venne varato il celebre programma Fame zero, finalizzato ad affrontare il grave
problema della denutrizione ormai diffuso in tutto il paese.
La crisi mondiale del 2008-2009 esercitò effetti recessivi sull’economia brasiliana, ma nel 2010 il
tasso di crescita del PIL è risalito al 7,5% e la percentuale di disoccupati si è stabilizzata intorno al
6,5%. Notevoli sono stati i progressi della produzione industriale, mentre la dinamica dei prezzi ha
ricominciato a crescere (ed è ora prossima al 7% annuo). La Banca Centrale ha reagito al
surriscaldamento dell’economia ritoccando più volte al rialzo il tasso di interesse di riferimento (il
cosiddetto Special System of Clearance and Custody rate, meglio noto come SELIC), che dai
minimi storici dell’8,75%, registrati a luglio del 2009, è progressivamente risalito verso il 12,25%.
Stabili sono invece rimasti i tassi decennali sui titoli pubblici emessi in dollari, mentre i rendimenti
decennali offerti dai titoli statali emessi in valuta nazionale sono scesi sotto il 4%.
Nel 2010 la Borsa di San Paolo si è collocata al decimo posto nella classifica mondiale sia per
livello di capitalizzazione (1.546 miliardi di dollari) che per volume di scambi (869 miliardi),
posizionandosi subito dopo i mercati finanziari americani, giapponese, britannico, cinesi, canadese
e indiani. Progressi notevoli dell’indice Bovespa si sono avuti soprattutto nel corso del 2009 (con un
balzo da 39.000 a 69.000 punti), mentre dal 2010 le quotazioni si sono progressivamente
stabilizzate e negli ultimi tempi sono scese fino a 50.000 punti. Alla fine della prima metà del 2011
i flussi netti di capitali in entrata avevano comunque raggiunto la cifra record di 130 miliardi di
dollari, grazie alle prospettive di maggiori profitti, ai minori rischi per gli investitori e ai più elevati
rendimenti offerti dai titoli pubblici e privati.
Nel mese di marzo, il governo brasiliano ha aumentato la tassa sugli investimenti esteri di
portafoglio di breve periodo, al fine di contenere il rafforzamento del real brasiliano nei confronti
delle altre valute L'aliquota della IOF (imposta sulle operazioni finanziarie finalizzata a colpire le
emissioni di obbligazioni a breve termine all'estero da parte di società e banche brasiliane) è stata
così innalzata dal 5,38% al 6%. La Banca Centrale è poi più volte intervenuta sul mercato,
acquistando dollari e alzando la riserva obbligatoria degli istituti di credito, al fine di limitare la
forza della moneta brasiliana e di arginare la perdita di competitività delle esportazioni. I capitali in
entrata hanno comunque continuato a crescere perché i flussi finanziari si sono mossi soprattutto dai
mercati occidentali, caratterizzati da elevata volatilità, diffusa speculazione e rendimenti molto
bassi, verso alcuni paesi emergenti (come la Cina, il Brasile, il Messico, l’India, la Corea del Sud, la
Malesia e la Tailandia) in grado di offrire rendimenti più consistenti, minori rischi e buone
prospettive di crescita.
Le previsioni più autorevoli sul futuro dell’economia brasiliana stimano una prosecuzione della
crescita fino al 2012, una dinamica inflazionistica contenuta e disavanzi di parte corrente prossimi
al 2% del PIL. Sotto controllo dovrebbe quindi rimanere il deficit pubblico, grazie anche ai
consistenti avanzi primari, mentre difficilmente prevedibile è la futura evoluzione del debito estero.
Un sistema favorevole agli investitori stranieri
2a. La tassazione dei redditi delle persone fisiche
L’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPF) grava sulle persone fisiche domiciliate o
residenti in Brasile che hanno la disponibilità di redditi o di proventi di qualsiasi natura.
Brasile
Scaglioni
Italia
Scaglioni
fino a BRL 17.208
esente
Fino a 15.000 Euro
23%
da BRL 17.208 a 25.800
7,5%
Da 15.000 a 28.000 euro
27%
da BRL 25.801 a 34.392
15.0%
Da 28.000 a 55.000
38%
da BRL 34.393 a 42.984
22.5%
Da 55.000 a 75.000
41%
oltre BRL 42.984
27.5%
Oltre 75.000
43%
L’imposizione è generale in quanto non fa distinzione in base alla nazionalità, al sesso, all’età, allo
stato civile o professionale. L’imposta è dovuta mensilmente in misura progressiva, secondo le
aliquote prefissate. In generale sono deducibili i contributi previdenziali, gli assegni di
mantenimento e le pensioni di coloro che hanno più di 65 anni.
2b. La tassazione dei redditi delle società
L’imposta sui redditi delle persone giuridiche (IRPJ) grava sulle persone giuridiche e sugli
imprenditori individuali. Sono considerate persone giuridiche: le persone di diritto privato che
hanno il domicilio nel territorio dello Stato, o le rappresentanze in Brasile di persone giuridiche
residenti all’estero; i committenti domiciliati all’estero. L’accertamento dell’imposta si effettua su
base reale, presunta o d’ufficio, alla fine di ogni trimestre dell’anno solare, secondo la legislazione
vigente. A fronte di un’Irpeg (Ires) italiana del 27,5% e di un’Irap italiana del 3,90%, in Brasile
sono previste imposte locali minime, mentre sui profitti si applica solo l’aliquota ordinaria del 15
per cento e un’addizionale del 10 per cento per i redditi che superano 240.000 real annui.
2c. L'imposta sul valore aggiunto
Esistono ben due imposte assimilabili all'IVA: una è a livello federale, mentre una riguarda la
vendita di beni e la prestazione di servizi tra gli stati interni. La combinazione delle due imposte è
sfavorevole ai produttori nazionali ma non esercita effetti negativi sulle decisioni d’investimento
degli investitori stranieri.
IPI
funzionamento monofase
Imposta Federale
ICMS
imposta statale
L'aliquota dipende dal prodotto,
ma la più frequente è 20%.
si applica sulla circolazione di beni
o prestazione di servizi tra gli stati L’aliquote variano dal 7% al 25%.
federali brasiliani
2d. Il costo del lavoro in Brasile
La convenienza ad investire in Brasile, è determinata, oltre che dal minore carico fiscale, anche da
un basso costo del lavoro, evidente soprattutto nel settore manifatturiero. Un recente studio del
Bureau of Labour Statistics ha evidenziato come il costo orario della manodopera risulti in Brasile
particolarmente basso, soprattutto se messo a confronto con quello di altri paesi. Posto infatti par a
100 il costo orario del lavoro negli Stati Uniti, la paga oraria lorda risultava, nel 2009, pari a 25 in
Brasile, contro valori decisamente più alti in un gran numero di paesi.
Costo orario del lavoro: un confronto internazionale
(settore manifatturiero, valori in dollari statunitensi)
1997
2009
(dollari)
(dollari)
(paga oraria lorda)
2009
2009
1997
(dollari)
(in percentuale)
(USA = 100)
(oneri sociali) (oneri sociali /paga lorda)
2009
(USA = 100)
Norvegia
26,97
53,89
9,91
18,4
119
161
Danimarca
24,64
49,56
5,04
10,2
109
148
Belgio
28,23
49,40
14,72
29,8
125
147
Austria
27,38
48,04
12,16
25,3
121
143
Germania
29,26
46,52
10,37
22,3
129
139
Svizzera
28,33
44,29
6,57
14,8
125
132
Finlandia
22,17
43,77
9,45
21,6
98
131
Olanda
23,44
43,50
10,05
23,1
103
130
Francia
24,99
40,08
12,51
31,2
110
120
Svezia
25,11
39,87
12,69
31,8
111
119
Irlanda
17,15
39,02
5,96
15,3
76
116
Italia
19,67
34,97
10,63
30,4
87
104
Australia
19,12
34,62
7,13
20,6
84
103
Stati Uniti
22,67
33,53
7,90
23,6
100
100
Regno Unito
18,24
30,78
6,46
21,0
80
92
Giappone
22,28
30,36
5,42
17,9
98
91
Canada
18,89
29,60
5,99
20,2
83
88
Spagna
13,91
27,74
7,29
26,3
61
83
Grecia
nd
19,23
5,31
27,6
nd
57
Israele
12,32
18,39
2,98
16,2
54
55
Singapore
12,15
17,50
2,45
14,0
54
52
Nuova Zelanda
12,37
17,44
0,52
3,0
55
52
Corea del Sud
9,42
14,20
2,52
17,7
42
42
Portogallo
6,38
11,95
2,41
20,2
28
36
Slovacchia
2,86
11,24
3,22
28,6
13
34
Repubblica Ceca
3,24
11,21
3,06
27,3
14
33
Argentina
7,43
10,14
1,77
17,5
33
30
nd
9,83
2,58
26,2
nd
29
Ungheria
3,05
8,62
2,24
26,0
13
26
Brasile
7,11
8,32
2,70
32,5
31
25
Taiwan
7,04
7,76
1,14
14,7
31
23
Polonia
3,13
7,50
1,18
15,7
14
22
Estonia
Messico
3,3
5,38
1,45
27,0
15
16
Filippine
1,14
1,50
0,13
8,7
5
4
Fonte: U.S. Bureau of Labor Statistics
enrico rivera
Brasile: alcune variabili macroeconomiche
(percentuali di variazione sul periodo precedente)
Prodotto interno lordo
Tasso di disoccupazione
Prezzi al consumo
2005
2006
2007
2008
2009
2010
3,2
11,5
6,9
4,0
9,8
4,2
5,7
9,6
3,6
5,1
9,3
5,7
-0,2
7,9
4,3
7,5
6,5
5,6
20,0
18,0
13,3
6,2
2,8
44.440
33,0
17,0
11,3
5,7
2,6
63.645
17,0
18,0
13,8
6,2
3,3
37.550
12,0
16,0
8,8
6,2
2,5
68.588
12,0
15,0
10,8
6,2
2,2
69.305
1,3
-3,5
64,5
188,0
18,0
0,1
-2,7
63,0
176,0
18,0
-1,8
-1,9
60,5
229,0
16,0
-1,5
-3,3
64,0
263,0
17,8
-2,6
-0,9
69,5
275,0
15,8
Offerta di Moneta M1 (2)
13,0
Offerta di Moneta M3 (2)
18,0
Tasso interesse a breve t. (4) (5) 17,5
Tasso interesse a lungo t. (4) (7)
6,9
Tasso di cambio (euro/real) (4)
2,8
Indice corsi azionari (4) (6)
33.456
Partite correnti/PIL (2)
Saldo bilancio pubbl./PIL (2)
Debito pubblico/PIL (2)
Debito estero (1)
Debito estero/PIL (2)
1,6
-3,4
65,0
220,0
21,0
(*) Dati provvisori
(1) miliardi di dollari; (2) dati in percentuale; (3) dati medi; (4) dati relativi a fine anno
(5) Selic rate; (6) Bovespa index; (7) obbligazioni in dollari
Fonti: OCSE, IMF.
Brasile: alcuni indicatori reali e finanziari
(dati relativi a fine periodo)
2009
Prezzi al consumo (1)
Produzione industriale (1)
Tasso di disoccupazione
Tasso interesse a breve t. (3)
Tasso interesse a lungo t. (4) (6)
Indice corsi azionari (5)
Tasso di cambio ($/Real)
Tasso di cambio (Euro/Real)
2010
1 t.
2t.
3 t.
4t.
1 t.
2t.
3 t.
4t.
1 t.
2t.
5,6
-10,0
9,0
11,2
6,2
40.926
2,29
3,05
4,8
-10,9
8,1
9,2
6,2
51.465
1,93
2,72
4,3
-7,7
7,7
8,6
6,2
61.518
1,78
2,62
4,3
18,9
6,8
8,6
6,2
68.588
1,74
2,51
5,0
19,7
7,6
8,6
6,2
70.372
1,79
2,38
4,8
11,1
7,0
10,2
6,2
67.515
1,80
2,21
4,7
6,3
6,2
10,7
6,2
69.430
1,71
2,29
5,9
2,7
5,3
10,7
6,2
69.305
1,69
2,26
6,3
-2,1
6,5
11,7
6,2
68.587
1,64
2,33
6,7
2,7
6,4
12,2
6,2
62.404
1,56
2,22
(1) Tasso crescita su stesso periodo anno precedente; (2) settore manifatturiero; (3) CD a 3 mesi;
(4) obbligazioni pubbliche a 10 anni; (5) Bovespa index; (6) bond emessi in dollari
Fonti: OCSE, Economist
2011