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“Fare” la Pasqua.

2021, Studio della pericope Nm 9,1-14

L’intento di questo elaborato è quello di scrutare nel dettaglio, seppur sinteticamente, che cosa significhi “fare” la Pasqua all’interno del primo anniversario celebrato dal popolo d’Israele. Per una buona comprensione si è pensato di contestualizzare la pericope di riferimento (Nm 9,1-14) passando da uno sguardo generico dell’intero libro dei Numeri al brano preso in esame ed infine uno sguardo sul “fare” la Pasqua degli ebrei in cammino verso la Terra promessa da Jhwh.

STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM Facultas Scientiarum Biblicarum Archaeologiae Pontificia Universitas Antonianum Anno accademico 2021/2022 Elaborato per il seminario “Dalla Pasqua in Egitto alla Pasqua in Alessandria. Studio comparato di Es 12,1-13,16; Nm 9,1-14; Gs 5,10-12; 2Re 23,21-23; Sap 18,5-25 “Fare” la Pasqua Studio della pericope Nm 9,1-14 Studente: Luca DI PASQUALE Docente: prof. Michelangelo PRIOTTO Gerusalemme 2021 INDICE INTRODUZIONE……………………………………………………………….3 STRUTTURA DEL LIBRO DEI NUMERI…………………………………………..3 PERICOPE DI NM 9,1-14………………………………………………………4 “FARE” LA PASQUA…………………………………………………………..6 CONCLUSIONI………………………………………………………………...9 BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………10 2 INTRODUZIONE L’intento di questo elaborato è quello di scrutare nel dettaglio, seppur sinteticamente, che cosa significhi “fare” la Pasqua all’interno del primo anniversario celebrato dal popolo d’Israele. Per una buona comprensione si è pensato di contestualizzare la pericope di riferimento (Nm 9,1-14) passando da uno sguardo generico dell’intero libro dei Numeri al brano preso in esame ed infine uno sguardo sul “fare” la Pasqua degli ebrei in cammino verso la Terra promessa da Jhwh. STRUTTURA DEL LIBRO DEI NUMERI Nella tradizione ebraica il Libro dei Numeri è conosciuto con un altro appellativo che trae spunto dalla prima espressione peculiare del testo, ovvero ‫ְבִּמְדַ֥בּר‬, “Nel deserto”. È una scelta che aiuta a contestualizzare gli eventi descritti in un’area geografica e in un momento storico ben definiti: Israele è in cammino nel deserto verso la terra di Canaan, dopo l’uscita dall’Egitto.1 Nel canone biblico il Libro è localizzato dopo il Levitico e prima del Deuteronomio, come ponte tra la consegna dei precetti di Yhwh al suo popolo sul monte Sinai (cfr. Lv 27,32) e i grandi discorsi di Mosè “al di là del Giordano, nella terra di Moab” (cfr. Dt 1,5).2 Il testo in questione è composto di 36 capitoli di difficile divisione. La problematicità è data dall'avvicendamento di materiale legislativo e narrativo che si alternano. Diverse sono le ipotesi proposte dagli studiosi. La maggioranza ritiene di poter suddividere il Libro a partire dalle informazioni geografiche che il testo riporta: il Sinai (cc. 1-10), tra il Sinai e le steppe di Moab (cc. 1121) e Moab (cc. 22-36). L’esegeta Ska ritiene che le ultime due sezioni, in realtà, appartengano ad un unico momento riguardante l’attuazione della marcia verso Canaan, per cui ci sarebbe una divisione in sole due parti: la preparazione cultuale e militare (Nm 1,1-10,10) e la realizzazione del cammino (Nm 10,11-36,13).3 Altri, invece, pensano sia opportuno porre l’attenzione su una macrostruttura presente nei Numeri e che concede una duplice suddivisione: il censimento della prima Cf. D.A.N. NGUYEN, Numeri. Introduzione, traduzione e commento, Cinisello Balsamo (MI): San Paolo, 2017, p. 9. Cf. Ivi, p. 10. 3 Cf. Ivi, p. 14. 1 2 3 generazione nel deserto (cc. 1-25) e il censimento della seconda generazione in prossimità dell’ingresso alla Terra Promessa (cc. 26-36).4 Entrambe le ipotesi sono buone, ma non sufficienti poiché il cammino nel deserto è solo un espediente nel primo caso e nel secondo, il passaggio da una generazione infedele ad una che non muore, non garantisce una spiegazione completa. Una soluzione alternativa è quella dello studioso Artus che propone una divisione frutto di una lettura sincronica dei Numeri: l’organizzazione della comunità d’Israele con tutte le sue componenti – i capi delle tribù, i leviti, i sacerdoti, Mosè e Aronne e la comunità (Nm 1-10), la protesta di Israele che mette in discussione il progetto di Yhwh – tale disobbedienza condurrà alla morte (Nm 11,1-22,1a) e la riorganizzazione della comunità in vista della presa di possesso della terra, secondo una dimensione paradigmatica (Nm 22,1b-36,13).5 Quest’ultima suddivisione del Libro, che segue il pensiero di Artus, potrebbe essere così schematizzata: organizzazione – disorganizzazione – riorganizzazione, riflettendo il modello dialettico di tesi – antitesi – sintesi. Inoltre, la prima e l’ultima sezione hanno diversi richiami così da definire una figura concentrica A – B – A’.6 Da quanto osservato, diverse sono le tematiche e i generi letterari: racconto, poesia, profezia, canto di vittoria, preghiera, benedizione, satira, lettera diplomatica, oracolo, legge civile, precetto cultuale, elenco amministrativo dei censimenti, documento di archivio del tempio e nota cronologica del viaggio. Tra questi generi emergono in modo particolare la narrazione e la legislazione con la preoccupazione da parte dell’autore, di voler formare, più che informare, il lettore. Questo carattere “etico” spiega il perché non vi sia sempre una coerenza nella cronologia del testo.7 PERICOPE DI NUMERI 9,1-14 Secondo la divisione di Artus, la pericope di Nm 9,1-14 è all’interno della sezione più ampia Nm 1-10 che tratta dell’organizzazione del popolo d’Israele prima della marcia nel deserto. Gli ultimi due capitoli di questa unità, infatti, offrono le istruzioni Cf. Ivi, p. 14-5. Cf. O. ARTUS, Les dernières redactions des Nombres et l’unité litteraire du livre, in T. Römer – K. Schmid (edd.), Les dernières redactions du Pentateuque, de l’Exateuque et de l’Ennéateuque, Leuven: (BETL 203), 2007, p. 136-40. 6 Cf. D.A.N. NGUYEN, Numeri, p. 18. 7 Cf. Ivi, p. 21-2. 4 5 4 conclusive del viaggio (cap. 10) e sono precedute dalla celebrazione della seconda Pasqua (Nm 9,1-14) e la descrizione della nube come guida (Nm 9,15-23).8 I capitoli 9 e 10 proseguono una catena di flashback iniziata da Nm 7 e incentrata sul tema dell’obbedienza. Difatti il capitolo 9 tratta l’obbedienza espressa nella celebrazione della Pasqua voluta da Jhwh e proclamata per la prima volta nell’Esodo: “Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre” (Es 12,24a). La prima Pasqua (Es 12) costituiva l’ouverture dell’esodo dall’Egitto e di un nuovo capitolo nella storia di Israele come popolo di Dio. Con la seconda Pasqua (Nm 9), invece, si segna un rinnovato inizio che permette ad Israele di ricostituirsi nell’appartenenza a Dio.9 Le istruzioni di questo primo anniversario costituiscono un cardine innovativo all’interno della pericope e sono create sulla base dei testi attribuiti alla scuola sacerdotale (Es 12,1-13.18-20.43-49).10 Il brano di Nm 9,1-14 è introdotto nel v. 1 da una glossa cronologica e da un’annotazione geografica. La celebrazione pasquale avviene “il secondo anno dalla loro uscita dalla terra d’Egitto, nel primo mese” (Nm 9,1), ovvero il 14 di Nisan che, con la partenza dall’Egitto, diede il via al computo dei mesi, secondo quanto stabilito da Es 12,23.11 Questa data, però, sembra contraddire l’ordine temporale iniziato con Nm 1,1: “il primo giorno del secondo mese, il secondo anno dalla loro uscita dalla terra d’Egitto”. Non siamo di fronte ad un errore redazionale, bensì ad una scelta voluta per marcare l’importanza e la necessità di avere sacerdoti consacrati dopo l’erezione del Tabernacolo; solo così sarà possibile celebrare una Pasqua che assume un carattere comunitario e non più familiare.12 Questa festività ha paralleli in altre narrazioni altrettanto importanti (Gs 5,10-12; 2Cr 30,1-27; 2Re 23,12-23; 2Cr 35,1-19; Esd 6,19-22) che pongono al centro la necessità di celebrare comunitariamente a Gerusalemme o nell’accampamento attorno al santuario o all’arca.13 Dal punto di vista geografico, invece, il v. 1 afferma che “il Signore parlò a Mosè nel deserto del Sinai (‫”)ְבִּמְדַ֥בּר ִסי ַ֖ני‬, espressione che forma un’inclusione con il v. 5 e che riprende le coordinate del primo censimento (Nm 1): l’attenzione è tesa a ricordare la santità del popolo uscito dall’Egitto e ancora non ribelle nei confronti di Jhwh. 8 Cf. J. MILGROM, Numbers, Philadelphia – New York: The Jewish Publication Society, 1989 (The JPS Torah Commentary), p. 66. 9 Cf. D.T. OLSON, Numeri, ed. it. a c. di C. Versino, Torino: Claudiana, 2006 (ed. or. ingl.: 1996), pp. 64-5. 10 Cf. I. CARDELLINI, Numeri 1,1-10,10. Nuova versione, traduzione e commento, Milano: Paoline, 2013, p. 369. 11 Cf. Ivi, p. 371. 12 Cf. J. MILGROM, Numbers, p. 67. 13 Cf. R.P. KNIERIM – G.W. COATS, Numbers, Cambridge: Wm.B. Eerdmans Publishing Co, 2005 (The Forms of the Old Testament Literature, IV), p. 120. 5 Secondo Milgrom, potremmo dividere la nostra pericope in tre parti: l’osservanza della Pasqua il 14 del primo mese del secondo anno (vv. 1-5), il racconto di coloro che si lamentarono di essere stati esclusi dal sacrificio pasquale poiché contaminati da un cadavere (vv. 6-8) e la possibilità di celebrare la Pasqua un mese dopo per coloro che sono impuri o in viaggio (vv. 9-14).14 La maggior parte degli studiosi, però, protende a dividere il brano in due sezioni: la celebrazione della Pasqua (vv 1-5) e la possibilità concessa ad alcune categorie di persone di festeggiare nel secondo mese (vv. 6-14).15 Prendendo quest’ultima possibilità di lettura potremmo dire che il testo ci pone di fronte a due questioni fondamentali: la necessità di celebrare insieme la Pasqua e il problema giuridico di chi è impossibilitato a farlo. L’idea di una Pasqua nel secondo mese la troveremo anche altrove, ad esempio quando Ezechia decise di cambiare il giorno stabilito “perché i sacerdoti non si erano santificati in numero sufficiente e il popolo non si era radunato a Gerusalemme” (2Cr 30,3).16 In considerazione della situazione post-esilica in cui si trova il redattore, far risalire la dispensa dalla Legge, descritta nei vv. 6-14, al tempo di Mosè avrebbe giustificato tale consuetudine.17 “FARE” LA PASQUA Dopo aver inquadrato sommariamente il Libro dei Numeri e la nostra pericope di riferimento (Nm 9,14), possiamo studiare nel dettaglio il tema della Pasqua e che cosa significhi l’espressione “fare la Pasqua” (‫)ָ֣ﬠָשׂה ֶפַס֮ח‬, utilizzata molte volte dal compilatore all’interno del testo.18 È evidente che è un argomento centrale e questo è avvalorato anche 14 Cf. Ibidem. Cf. R.P. KNIERIM – G.W. COATS, Numbers, p. 118. 16 Cf. J. DE VAULX, Les Nombres, Parigi: J. Gabalda et Cie Éditeurs, 1972, pp. 124-5. 17 Cf. E.W. DAVIES, Numbers, Michigan: Grand Rapids, 1995, p. 80. 18 Nm 9,1-14: Il Signore parlò a Mosè nel deserto del Sinai, il secondo anno dalla loro uscita dalla terra d’Egitto, nel primo mese, e disse: «Gli Israeliti celebreranno la Pasqua (‫ ) ְוַיֲﬠ֧שׂוּ ְבֵני־ ִיְשָׂרֵ֛אל ֶאת־ַהָ֖פַּסח‬nel tempo stabilito. La celebrerete (‫ )ַתֲּﬠ֥שׂוּ ֹא֖תוֹ‬nel tempo stabilito, il giorno quattordici di questo mese tra le due sere; la celebrerete (‫ )ַתֲּﬠ֥שׂוּ ֹא֖תוֹ‬secondo tutte le leggi e secondo tutte le prescrizioni». Mosè parlò agli Israeliti perché celebrassero la Pasqua (‫שׂת ַה ָ ֽפַּסח‬ ֹ ֥ ‫)ַלֲﬠ‬. Essi celebrarono la Pasqua (‫ )ַוַיֲּﬠ֣שׂוּ ֶאת־ַהֶ֡פַּסח‬il giorno quattordici del primo mese tra le due sere, nel deserto del Sinai. Secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè, così fecero gli Israeliti. Ma vi erano degli uomini che erano impuri a causa del ֹ ‫ )ַלֲﬠ‬in quel giorno. Si presentarono in quello stesso cadavere di un uomo e non potevano celebrare la Pasqua (‫שׂת־ַהֶ֖פַּסח‬ giorno davanti a Mosè e davanti ad Aronne; quegli uomini gli dissero: «Noi siamo impuri per il cadavere di un uomo: perché ci dev’essere impedito di presentare l’offerta del Signore, al tempo stabilito, in mezzo agli Israeliti?». Mosè rispose loro: «Aspettate e sentirò quello che il Signore ordinerà a vostro riguardo». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Chiunque di voi o dei vostri discendenti sia impuro per il contatto con un cadavere o sia lontano in viaggio, potrà celebrare la Pasqua (‫ ) ְוָ֥ﬠָשׂה ֶ֖פַסח‬in onore del Signore. La celebreranno (‫ )ַיֲﬠ֣שׂוּ ֹא֑תוֹ‬nel secondo mese, il giorno quattordici tra le due sere; la mangeranno con pane azzimo e con erbe amare. Non ne serberanno alcun resto fino al mattino e non ne spezzeranno alcun osso. La celebreranno (‫ )ַיֲﬠ֥שׂוּ ֹאֽתוֹ‬seguendo fedelmente la legge della Pasqua. Però l’uomo che sia puro e non sia in viaggio, ma ometta di fare la Pasqua (‫)ַלֲﬠ֣שׂוֹת ַהֶ֔פַּסח‬, quella persona sarà eliminata dal suo popolo, perché non ha presentato l’offerta al Signore nel tempo stabilito: quell’uomo porterà il 15 6 dall’inclusione che delimita l’unità: ‫( ְוַיֲﬠ֧שׂוּ ְבֵני־ ִיְשָׂרֵ֛אל ֶאת־ַהָ֖פַּסח‬v. 2) e ‫( ְוָ֤ﬠ ָ ֽשׂה ֶ֙פַס֙ח‬v. 14). Lo stesso verbo hco (tradotto dai LXX con il corrispettivo ποιέω) è usato anche in altri testi veterotestamentari per indicare la celebrazione della Pasqua (Es 12,48; Dt 16,1; Gs 5,10; 2Re 21.23; 2Cr 30,1-2.5; 2Cr 35,1.16-19; Esd 6,19), mentre altri libri preferiscono usare i verbi jbz “sacrificare” (Dt 16,2.5-6), fjv “macellare/immolare” (2Cr 30,15; 35,1.6.11; Esd 6,20), lka “mangiare”(Nm 9,11; 2Cr 30,18), lvb “arrostire” (2Cr 35,13) e Nwk “preparare” (2Cr 35,14). Questa comparazione terminologica ci permette di cogliere un’evoluzione nell’intuizione della festa che assume sempre più un carattere comunitario e pragmatico. In Dt 16 sembra che il termine ‫ ֶפַס֮ח‬significhi allo stesso tempo vittima sacrificale e rito pasquale; si desume l’intenzione di voler armonizzare la Pasqua con la festa degli Azzimi, difatti non vi è una corrispondenza esatta tra la data (nel mese di Abib) e la consumazione dei cibi rispetto a quanto affermato in Es 23,15 e 34,18 in riferimento agli Azzimi.19 In Ez 45,21, invece, si è in grado di fissare con precisione la data della festa “nel giorno quattordici del primo mese” e usa la parola ‫ ֶפַס֮ח‬per definire formalmente un’unica festa che racchiude anche quella degli Azzimi.20 A sua volta in Lv 23,5 il tempo della Pasqua è lo stesso di Ez, ma con la postilla “tra le due sere”, per distinguerla dalla celebrazione degli Azzimi, e con ‫ ֶפַס֮ח‬intende la Pasqua come una celebrazione, un sacrificio e un rito che si svolge all’interno di in un’assemblea sacra.21 Nel Rotolo del tempio22 17,6-16 e nel Libro dei giubilei 49,1 si attesta una tradizione comune: il sacrificio della vittima pasquale dev’essere adempiuto prima dell’offerta della sera. Nelle prescrizioni del Rotolo del tempio, tuttavia: “non sono specificate né le vittime, né le quantità di farina e di olio per le oblazioni e di vino per le libagioni. Le quantità di materiale sacrificate calcolate secondo i rapporti praticati nel Rotolo del tempio corrispondono a quelle di Nm 28,16-25, con la differenza che nel Rotolo del tempio sono richieste anche le libagioni, assenti in Numeri”.23 suo peccato. Se uno straniero che dimora tra voi celebrerà la Pasqua (‫ ) ְוָ֤ﬠ ָ ֽשׂה ֶ֙פַס֙ח‬per il Signore, lo farà secondo la legge della Pasqua e secondo quanto è stabilito per essa. Vi sarà un’unica legge per voi, per lo straniero e per il nativo della terra”». 19 Cf. I. CARDELLINI, Numeri 1,1-10,10, pp 373-4. 20 Cf. Ivi, p. 374. 21 Cf. Ivi, pp. 374-5. 22 Il manoscritto in questione è il più lungo di quelli ritrovati in prossimità del Mar Morto; contiene diverse istruzioni per la costruzione di un tempio mai realizzato e una ricca normativa cultuale. 23 I. CARDELLINI, Numeri 1,1-10,10, p. 376. 7 Dopo questo rapido excursus sul senso della Pasqua nei testi biblici ed extrabiblici, abbiamo del materiale sufficiente che ci permette di avere una più ampia comprensione del tema che stiamo trattando. Tornando alla nostra pericope (Nm 9,1-14) notiamo che il v. 2 s’inserisce tra l’introduzione al discorso diretto (v. 1) e il discorso vero e proprio in seconda persona plurale (v. 3). È plausibile che il redattore abbia voluto mettere in evidenza l'assoluta priorità della festa di Pasqua da celebrare come già stabilito (‫)ְבּמוֲֹﬠ ֽדוֹ‬.24 Le disposizioni per “fare” la Pasqua riprendono chiaramente quanto fissato nella Torah (cf. Es 12,1-28). La prima norma ad essere osservata è il tempo deciso: il 14 del primo mese “tra le due sere” (‫)ֵ֧בּין ָ ֽהֲﬠ ְרַ֛בּ ִים‬, ovvero al crepuscolo, tra il tramonto e il calare del buio.25 È evidente che la puntualizzazione “nel deserto del Sinai” ‫( ְבִּמְדַ֣בּר ִסי ָ֑ני‬v. 5) più che definire un luogo geografico offre un’informazione temporale: è la Pasqua del deserto del Sinai, in cui tutto il popolo è accorso a celebrare secondo gli ordini di Jhwh. Non è più pensabile un rito privato come in Es 12,1-13.46.26 Seguono tre precetti importanti che sono espressi sinteticamente (vv. 11-12) poiché dati per certi: mangiare con erbe amare e pani azzimi, non spezzare nessun osso all’agnello pasquale e non lasciare nulla fino al mattino (cf. Es 12,8.10.46). Questi precetti che permettono di “fare” la Pasqua, però, non riportano la preparazione più importante: la carne sacrificale dev’essere arrostita al fuoco, c’è un’immolazione da eseguire.27 Il papiro pasquale di Elefantina offre indicazioni importanti sulla festa di ‫ֶפַס֮ח‬. Come descritto nelle poche frasi leggibili del testo, Hananiah, sacerdote gerosolimitano non meglio identificato, impedì l’immolazione degli agnelli pasquali ad alcuni giudei poiché erano in stato d’impurità. Questo ci fa dedurre che sin dall’inizio vi erano norme di purità da rispettare per la Pasqua.28 Tornando a Nm 9,1-14 constatiamo che il problema dell’impurità sussiste anche nel primo anniversario della festa. Le due categorie di persone che non possono “fare” la Pasqua sono gli impuri a causa del contatto con cadaveri e i viaggiatori. Ora, tuttavia, alla pratica tradizionale si aggiunge la possibilità di celebrare la Pasqua in ritardo per coloro che sono impossibilitati: il tempo stabilito è il secondo plenilunio dell’anno (vv. 6.11).29 La categoria dei viaggiatori è nuova e sembra alludere alla situazione della comunità 24 Cf. Ivi, pp. 371-2. Cf. D.A.N. NGUYEN, Numeri, p. 131. 26 Cf. I. CARDELLINI, Numeri 1,1-10,10, p. 377. 27 Cf. D.A.N. NGUYEN, Numeri, pp. 131-2. 28 Cf. Ivi, pp. 380-1. 29 Cf. D.A.N. NGUYEN, Numeri, pp. 131-2. 25 8 israelita pellegrina nel deserto del Sinai ed emerge l’intenzione teologica del discorso sulla Pasqua: tutti ora possono celebrare liturgicamente questa grande festa e sono pronti per partire al termine della celebrazione.30 Ciononostante solo le due motivazioni sopraindicate giustificano la circostanza per spostare la festa. In caso contrario la norma condanna con tali parole: “quella persona sarà eliminata dal suo popolo” ( ‫ְו ִנְכ ְרָ֛תה ַה ֶ֥נֶּפשׁ‬ ‫ ;ַה ִ֖הוא ֵ ֽמַﬠֶ֑מּיָה‬v. 13), un’espressione dura che potrebbe alludere ad una formula di scomunica o di pena capitale.31 Si aggiunge, infine, un caso supplementare che sembra rifarsi ad un’epoca tardiva, quella della restaurazione post-esilica: la concessione data agli stranieri residenti in Israele di poter “fare” la Pasqua. Il redattore non richiama la norma della circoncisione, chiara a tutti e indispensabile per potersi unire alla comunità. È difficile stabilire se lo straniero di cui si parla sia un forestiero non israelita oppure un israelita della diaspora.32 Resta il fatto che anche per lo straniero (‫ )ֵ֗גּר‬vale quanto stabilito per il popolo di Dio. “Questi testi d'ambito sacerdotale testimoniano un'epoca, nella quale chiunque in Israele può essere ritenuto come un ‘ezrah, «un nativo», cioè un israelita autentico, purché segua le norme e le pratiche religiose che rappresentano ormai l'identità dell'Israele del secondo tempio”.33 CONCLUSIONI A conclusione della trattazione restano delle questioni aperte, ma allo stesso tempo questo studio ha offerto l’occasione di scrutare in profondità il “fare” la Pasqua del popolo di Dio durante la marcia verso la Terra Promessa. È una festa che, nonostante la fissità delle normative date nella prima celebrazione, è in continua evoluzione poiché guarda al nuovo contesto in cui versavano e all’impossibilità di alcuni di poterlo vivere. Oltre a questo dato sembra importante ribadire che si tratta di una comunità che celebra, che si ritrova insieme, e non più privatamente, per eseguire il comandamento dato da Jhwh. Cf. Ivi, p. 133. Cf. I. CARDELLINI, Numeri 1,1-10,10, p. 384-5. 32 Cf. Ivi, pp. 384-6. 33 Ivi, p. 388. 30 31 9 BIBLIOGRAFIA Per il testo dell’Antico Testamento si è usata la Biblia Hebraica Stuttgartensia, a c. di EllingerRudolph, ed. 1978. Per il testo della Sacra Scrittura si è usata la Bibbia di Gerusalemme, ed. del 2009, con il testo CEI riveduto del 2008. 1. Fonti Biblia Hebraica, adjuvantibus professoribus W. Baumgartner, G. Beer, J. Begrich (et al.), a c. di R. Kittel, Lipsia: Hinrichs, 1909. 2. Sussidi ARTUS, Olivier, Les dernières redactions des Nombres et l’unité litteraire du livre, in T. Römer – K. Schmid (edd.), Les dernières redactions du Pentateuque, de l’Exateuque et de l’Ennéateuque, Leuven: (BETL 203), 2007. CARDELLINI, Innocenzo, Numeri 1,1-10,10. Nuova versione, traduzione e commento, Milano: Paoline, 2013. DAVIES, Eryl W., Numbers, Michigan: Grand Rapids, 1995. DE VAULX, Jacques, Les Nombres, Parigi: J. Gabalda et Cie Éditeurs, 1972. KNIERIM, Rolf P. – COATS, George W., Numbers, Cambridge: Wm.B. Eerdmans Publishing Co, 2005 (The Forms of the Old Testament Literature, IV). MILGROM, Jacob, Numbers, Philadelphia – New York: The Jewish Publication Society, 1989 (The JPS Torah Commentary). NGUYEN, Dinh Anh Nhue, Numeri. Introduzione, traduzione e commento, Cinisello Balsamo (MI): San Paolo, 2017. OLSON, Dennis T., Numeri, ed. it. a c. di C. Versino, Torino: Claudiana, 2006 (ed. or. ingl.: 1996). 10