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ACCADEMIA ANGELICO COSTANTINIANA DI LETTERE ARTI E SCIENZE Associazione Angelo-Comneno onlus COOPACAI PHOENIX SCARL Studi sull’Oriente Cristiano Diretta da Gaetano Passarelli 26 1 Roma 2022 Rivista voluta e fondata da S. A. I. la Principessa Stefania Angelo-Comneno di Tessaglia nel 1997 SOTTO IL SEGNO DEL TORO. LA FONDAZIONE DI COSTANTINOPOLI TRA ELEMENTI ASTROLOGICI E INFLUENZE NEOPITAGORICHE Maria Carolina Campone Negli studi inerenti Costantino il Grande ca. (=274ca.-337) e la sua azione politica, un rilievo specifico occupa la fondazione di Costantinopoli, la cui esegesi risulta problematica a causa dello stato delle fonti pervenuteci e della loro discordanza1. Il tema con cui la critica si è confrontata, inerente la sussistenza di due tradizioni differenti, una attestante le cerimonie cristiane condotte dall’imperatore durante la nascita della nuova capitale, l’altra incentrata sui riti pagani da lui svolti nella stessa occasione, è stato variamente dibattuto con esiti diversi. Ora si è interpretata la ktìsis della città come segno evidente della conversione costantiniana, ora vi si è rintracciata la prova di una Realpolitik che escluderebbe di fatto un’adesione sincera al cristianesimo2. Le fonti storiche sono tarde o, come nel caso del Chronicon Paschale, che risale al VII sec., ma rielabora autori del IV, ampiamente rimaneggiate e interpolate; di alcuni scrittori abbiamo solo riassunti ed excerpta ed altri, come gli autori di storie ecclesiastiche, riportano spesso gli avvenimenti secondo un’ottica parziale e/o personale. L’antichità di alcune testimonianze, come quella di Filostorgio (368-439 ca.), e la precisione dei dettagli presenti in altre, come Per una visione complessiva del problema, cf. E. Follieri, La fondazione di Costantinopoli: riti pagani e riti cristiani, in Roma, Costantinopoli, Mosca, Atti del I Seminario internazionale di studi storici «Da Roma alla terza Roma» (21-23 aprile 1981), Napoli, ESI, 1982, 217-231; E. Russo, Costantino da Bisanzio a Costantinopoli, in Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia 29/15 n.s. (2017), 73-112. 2 Per una sintesi delle diverse posizioni, cf. D. Lathoud, La consécration et la dédicace de Constantinople, in Échos d’Orient 23/135 (1924), 289-314; A. Baldini, Il dibattito contemporaneo sulla conversione di Costantino, in Salesianum 67 (2005), 701-735; C.R. Raschle, Burckhardt e la storiografia di lingua tedesca, in Enciclopedia costantiniana, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2013, ad vocem; Russo, Costantino. 1 97 quella di Giovanni Lido (490-post 557), suggeriscono una lettura comparata che non escluda automaticamente l’una o l’altra3. La coesistenza di due differenti filoni narrativi ripropone il nodo gordiano dell’origine del tessuto urbano costantinopolitano e sollecita una rilettura delle testimonianze in nostro possesso, inquadrandole nell’ambito dei riti di fondazione antichi, onde verificare la sussistenza di elementi tali, nella tradizione letteraria, da giustificare lo sviluppo di linee interpretative tanto divergenti e dar ragione di alcune scelte urbanistiche, fondamentali per il successivo impianto costantinopolitano. Il templum celeste La fondazione di una città, nel mondo italico e romano, prevedeva, com’è noto, alcuni passaggi liturgici particolarmente significativi4: l’auguratio, durante la quale l’augure o il fondatore o entrambi si disponevano su un punto alto di osservazione, dove, con l’ausilio del lituo, traguardavano ossia guardavano attraverso l’orizzonte, delimitando il perimetro del nascente spazio urbano5; l’inauguratio, con cui si stabiliva l’umbilicus, il centro della città, si tracciavano il pomoerium e le linee di cardi e decumani e si svolgeva la limitatio, operazione di delimitazione dei confini del sito6, segnando con cippi interrati e pietre terminali gli assi principali della forma urbana; la consecratio e la dedicatio, cerimonie strettamente collegate fra di loro, delle quali la prima, atta a consacrare Per una rassegna delle fonti, cf. Follieri, La fondazione. Cf. J. Le Gall, Rites de fondation, in Studi sulla città antica etrusca e pre-romana, Atti del convegno di studi sulla città etrusca e italica pre-romana, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1970, 59-65; J. Rykwert, L’idea di città: antropologia della forma urbana nel mondo antico, a cura di G. Scattone, Torino, Adelphi, 1981; M.R. Filippi, Le procedure: la delimitazione dei confini, in Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano, Modena, Edizioni Panini, 1983, 135-139; A. Carandini, La nascita di Roma. Dei, Lari e uomini all’alba di una civiltà, Torino, Einaudi, 1997; G. De Sanctis, Solco, muro, pomerio, in Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité 119/2 (2007), 503-526; A. Gottarelli, Contemplatio. Templum solare e culti di fondazione, Bologna, Te.m.p.l.a., 2013. 5 Cf. L. Maganzani, Gli agrimensori nel processo privato romano, Roma, Pontificia Università Lateranense, 1997, 71; F. Grelle, Diritto e società nel mondo romano, a cura di L. Fanizza, Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 2005, 291; Gromatici veteres, a cura di G. Libertini, Napoli, Istituto di Studi Atellani, 2018. 6 Cf. P. Catalano, Aspetti spaziali del sistema giuridico-religioso romano. Mundus, templum, urbs, ager, Latium, Italia, in Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt II. 16. 1, Berlin, De Gruyter, 1978, 440-553; J. Linderski, The augural Law, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt II. 16. 3, Berlin, De Gruyter, 1986, 2146-2312; R. Del Ponte, La città degli dei, Genova, Ecig, 2003, 145. 3 4 98 la città, poteva essere svolta solo dal pontefice massimo o da un magistrato minore, mentre la seconda era presieduta da differenti magistrati7. Fondamentale, in queste fasi, era la contemplatio, l’osservazione dei segni celesti, volta a interpretare la volontà degli dei comunicata attraverso gli astri, individuando il templum, lo spazio diviso e consacrato, disegnato nell’orizzonte e riprodotto in terra dall’augure8, che, tratti gli auspici, dopo aver delimitato una porzione di cielo consacrata in funzione del rito, il templum appunto, concepiva e materializzava tre livelli cosmici discendenti, che portavano la figura urbica dal piano celeste a quello terrestre fino a quello ctonio9. I centri dei tre livelli erano idealmente attraversati e uniti da un asse verticale, in evidente analogia con l’asse di rotazione cosmica, secondo un modello concettuale platonico10, implicante che la rotazione fosse generatrice di separazione dei diversi livelli a partire da un centro primordiale11. La volta celeste era poi suddivisa fra una pars occidentale sfavorevole, in cui risiedevano le divinità infernali del fato, e una orientale favorevole12, essendo questo il lato della periodica rinascita del giorno. Il procedimento, per il quale la figura del templum celeste si rifletteva dal livello simbolico della sua descrizione rituale al vero e proprio piano di fondazione della città, comportava di per sé una sequenza templum celeste-templum augurale e forma urbana, che, a sua volta, rendeva visibile il sistema proiettivo dei tre livelli cosmici discendenti13. I punti cardinali essenziali per gli auspici erano l’est, per l’auguratio, e il sud, per l’inauguratio14, con due diverse sedi fondamentali per la definizione del tracciato urbico15. Cf. F. G. Cavallero, Ius publicum dedicandi (e consecrandi). Il diritto di dedica a Roma, in Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité 130/1 (2018), 219-249. 8 Cf. Cic. De off. III, 66; Dion. Hal. III, 60; IV, 60; Liv. I, 18. 9 Cf. Gottarelli, Contemplatio; A.C. Sparavigna, La limitatio romana: alcune definizioni, in Zenodo, 8 February 2020, DOI 10.5281/zenodo.3660054. 10 Cf. Tim. 35, c-d. 11 Cf. A. Gottarelli, Cosmogonica. Il fegato di Tiamat e la soglia misterica del tempo, Bologna, Te.m.p.l.a., 2017, 48. 12 Pl. Nat. Hist. II, 142. Cf. Gottarelli, Contemplatio, 65. 13 Gli scrittori romani di agrimensura, non a caso, attribuivano l’origine della limitatio all’ordine divino e al moto dei corpi celesti, sicché non meraviglia che, nell’introduzione al suo trattato, Igino il Gromatico (II sec. d.C.) affermi che «l’origine della fissazione dei confini è divina e la relativa procedura è immutabile […] I confini non vengono mai tracciati senza un riferimento all’ordine cosmico». Igin. De const. lim., in Corpus agrimensorum romanorum, I/1, Opuscula agrimensorum veterum, ed. C. Thulin, Leipzig 1913, 10. 14 Cf. Liv. 1, 18, 7. 15 Cf. Gottarelli, Contemplatio, 154-167. 7 99 Foto 1: costellazioni generatrici di Boote, Grande Carro e Vergine (rielaborazione grafica). Foto 2: la città costantiniana, da Russo 2017 (rielaborazione grafica). 100 La città, l’accampamento e il territorio venivano individuati con due linee intersecantesi ad angolo retto e orientate secondo i quattro punti cardinali, tracciate con la groma, lo strumento usato per la centuriazione, lasciata in loco e portata via, con una solenne cerimonia, il giorno della fondazione16. Partendo dalla configurazione astronomica di riferimento, i fondatori conferivano un significato cosmico e universale alla creazione di una nuova entità urbana, che ricalcava quella astronomica. Come nota, infatti, Mircea Eliade, il concetto di “omologia” è il più adatto a esprimere l’immagine del mondo esistente nelle antiche civiltà, presso le quali vigeva il principio per il quale ciò che esiste in cielo esiste anche in terra17. Il templum celeste a Costantinopoli Fra i pochi elementi ritenuti certi in merito alla fondazione della nuova capitale voluta da Costantino, c’è il dies natalis della città, celebrato l’11 maggio 33018, coincidente con la dedicatio urbis, il che implica necessariamente che la nascita di Costantinopoli sia conseguenza di un processo articolato in più momenti e più riti, che si riferiscono comunque alla trasformazione di un centro urbano già di notevole importanza e non alla creazione di un insediamento ex novo. La decisione di Costantino di fare di Bisanzio, antica colonia greca ricostruita da Settimio Severo19, la nuova sede imperiale non era di per sé eccezionale, giacché non poche città, come Milano, Treviri, Sirmio, Antiochia, erano state via via individuate a tal fine, eppure Bisanzio ha assunto sin da subito connotati del tutto speciali20. La scelta del sito, legata a evidenti fattori strategici, va collocata all’indomani della vittoria di Crisopoli (18 settembre 324), in un periodo in cui, da un lato, l’imperatore andava affermando un aspetto sempre più autocratico del suo potere, scandito da una serie di eventi volti a sostenerlo ideologicamente 16 Cf. Sparavigna, La limitatio; M. Conventi, Città romane di fondazione, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2004, 17; A.C. Sparavigna, Sulla fondazione di Torino come Augusta Taurinorum, ovvero sulla sua datazione, in Zenodo, September 2020, DOI:10.5281/zenodo.5137837. 17 Cf. M. Eliade, Cosmologia e alchimia babilonesi [1937], a cura di H.C. Cicortas, Milano, Editrice Lindau, 2017, 24. 18 Cf. Io. Zon., Ann. XIII, 6 (PG CXXXIV), 1108; Chr. Pasch. 284 (PG XCII, 708); Lathoud, La consécration, 289. 19 Cf. V. Franchetti Pardo, Costantinopoli. La trasformazione di Bisanzio nella capitale imperiale, in Metamorfosi della città, a cura di L. Benevolo, Milano, Garzanti Scheiwiller, 1995, 3-72. 20 Cf. G. Dagron, Naissance d’une capitale. Constantinople et ses institutions de 330 à 451, Paris, Presses Universitaires de France, 1974, 13-14; Franchetti Pardo, Costantinopoli, 4-13. 101 (celebrazione dei Vicennalia, concilio di Nicea, emissioni monetarie); da un altro, si diffondeva sempre più e a vari livelli l’uso del “simbolo” o del “trofeo” vittorioso al Ponte Milvio, impiegato tanto a Crisopoli quanto nella decorazione del nuovo palazzo imperiale21. Secondo Giovanni Lido, Costantinopoli, prima di ricevere la consecratio, non era definita dal suo fondatore “nuova Roma” giacché egli la chiamava «castra», termine usato anche per altre località22, o, come risulta dall’Oratio ad sanctorum coetum, «grande città» (μεγάλη πόλις) e «carissima città» (τῆς φιλτάτης πόλεως)23. Ne deriva che essa, sita in territorio provinciale, non era ancora in suolo sacro e che, per consacrarla, era necessario, secondo il diritto pubblico pontificio, che fosse resa suolo italico, onde potervi tenere la cerimonia di consecratio24, svoltasi fra il 324 e il 32825. Per tale motivo, Costantino concesse lo ius Italicum agli abitanti della cit26 tà , onde poter procedere ai riti di fondazione e quando, l’8 novembre del 324, suo figlio Costanzo fu elevato alla dignità di Cesare, egli decise l’ampliamento del precedente sito, facendo compiere l’inauguratio27. Dal punto di vista astronomico, l’8 novembre, al sorgere del sole, che era nel segno dello Scorpione28, le costellazioni di Boote e del Grande Carro si stagliavano nell’area nordorientale, consegnando un auspicio fausto, tenendo conto dei significati attribuiti ai punti cardinali e del fatto che la fascia nord-orientale era considerata quella della summa felicitas29. Opposta al Grande carro era visibile Cassiopea, una delle costellazioni più caratteristiche e riconoscibili del cielo settentrionale, che Arato di Soli paragonava simbolicamente a una Qui l’imperatore aveva collocato, all’ingresso, un dipinto a encausto in cui lui compariva nell’atto di trafiggere un drago e, sul suo capo, era il “segno salvifico” (τό μέν σωτήριον σημεῖον). Eus. Vita Const. III, 3. Cf. C. Barsanti, Costantinopoli, in Enciclopedia Costantiniana. 22 Cf. Giov. Lid., De magistratibus populi romani, II, 30. Riguardo la testimonianza di Lido, già Mazzarino riteneva che questi avesse a disposizione fonti di prima mano, come i discorsi di Costantino, e non rielaborasse notizie tarde. Cf. S. Mazzarino, Antico, tardoantico ed era costantiniana, 1, Roma, Dedalo, 1974, 100-101. 23 Ivi, 113. 24 Gai. II, 5; 7. Cf. Cavallero, Ius publicum, 219-249. 25 Cf. Lathoud, La consécration, 292-294. 26 Cf. Mazzarino, Antico, 105ss. 27 Sulla data dell’8 novembre e sulle successive, cf. Mazzarino, Antico tardoantico, 124-125; 150. Lo studioso fissa le date dell’8 novembre 324 (inauguratio), del 26 novembre 328 (consecratio) e dell’11 maggio 330 (dedicatio) sulla base del diritto romano e delle testimonianze antiche. 28 Fra tutte le costellazioni dell’emisfero boreale, sono indicate nel testo solo quelle presenti nel catalogo di Tolomeo (II sec.). 29 Cf. Gottarelli, Contemplatio, 132. 21 102 Foto 3 : costellazione del Toro (rielaborazione grafica). chiave o a una porta30. Ad ovest dominava la costellazione del Cigno, connessa, secondo un’interessante teoria, alla battaglia del ponte Milvio (312), in occasione della quale, all’ora del tramonto, essa si sarebbe stagliata alta in cielo e i principali pianeti, connessi ad altrettante divinità pagane, Marte, Giove, Venere e Mercurio, sarebbero tramontati, scena questa cui l’imperatore avrebbe conferito un significato altamente simbolico, stante la forma cruciforme dell’ammasso stellare, denominato poi dai cristiani Crux31. Parimenti dominanti nel cielo di novembre erano Pegaso e Andromeda, mentre la Lira, decisamente bassa, risultava identificabile solo per l’estrema luminosità della sua stella principale, Vega, intorno alla quale, per via della sua grande brillantezza e della sua posizione nel cielo notturno, si è intessuto un discreto apparato mitologico e religioso-esoterico32. 30 Cf. M.D. Heifetz, W. Tirion, A Walk through the Heavens: A Guide to Stars and Constellations and their Legends, Cambridge, Cambridge University Press, 2004. 31 Cf. F. Heiland, Astronomische Deutung die Vision der Kaiser Konstantinus, in Sondervortrag im-Planetarium-Zeiss Jena 1948, 11-19; D.J. Ross, The Bird, the Cross, and the Emperor. Investigations into the Antiquity of the Cross in Cygnus, in Culture and Cosmos 4/2 (2000), 1-28. Il Cigno è infatti chiamato Crux nelle fonti cristiane almeno a partire dal VI secolo: cf. Gregorio di Tours, De cursu stellarum ratio, in MGH, Scriptores rerum merovingicarum, I/2. 32 Cf. R.H. Allen, Star Names: Their Lore and Meaning, Mineola (NY), Courier Dover Publications, 1963. Per la ricostruzione del quadro astrale, cf. A.A. Miglietta, I segni del tempo. Le stelle nel mondo rurale, dai cicli naturali all’immaginazione popolare, in Anthropos & Iatria XVII/1 (2013), 70-82. 103 Foto 4: porzione dell’emisfero settentrionale con le costellazioni del Cigno, di Cassiopea e di Andromeda (rielaborazione grafica). A oriente era possibile scorgere le costellazioni dominanti i cieli invernali, l’Auriga e il Toro, con l’ammasso stellare delle Pleiadi, da sempre fondamentale per la navigazione33 e di recente messo in relazione con la fondazione di Roma34, mentre a sud era visibile l’Acquario, una delle più antiche costellazioni, collegata dai Greci a Zeus, in quanto identificata con Ganimede, ritenuta da Germanico ipostasi di Deucalione, capostipite del genere umano, e da Igino immagine del mitico re di Atene Cecrope35 e dunque simbolo dell’umanità tutta, su cui la capitale sul Bosforo avrebbe dominato. All’alba, la Vergine, Marte, già alto in cielo, Venere come “stella del mattino” e Mercurio, messaggero degli dei, annunciavano la nascita della nuova capitale. Il Cigno, chiaramente visibile nell’emisfero boreale, e l’Aquila, poco luminosa, data la sua posizione presso l’equatore, potevano far presagire l’avvento di una nuova era, quella cristiana, simboleggiata dal primo dei due volatili che veniva a soppiantare l’altro, tenuto anche conto dell’importanza dei due sistemi stellari, i cui astri principali, Deneb (α Cygni) e Altair (α Aquilae), costituiscono, insieme a Vega della Lira, i vertici del cosiddetto ‘triangolo estivo’, asterismo fondamentale per l’orientamento dei popoli antichi36. Il. XXVIII; Od. I, 104; Es., Op. e giorni, III, 383-386. L’ammasso stellare domina, nell’emisfero settentrionale, il cielo serale dalla metà dell’autunno all’inizio della primavera. 34 Cf. F. Vinci-A. Maiuri, Mai dire Maia. Un’ipotesi sulla causa dell’esilio di Ovidio e sul nome segreto di Roma (nel bimillenario della morte del poeta), in Appunti Romani di Filologia 19 (2017), 19-30. 35 Cf. A. Cattabiani, Acquario, Milano, Mondadori, 2002, 498. 36 Cf. Heifetz - Tirion, A Walk. 33 104 Foto 5: costellazione del Cigno (rielaborazione grafica). Giovanni Lido ricorda i nomi dell’augure (Sopatros) e dello ierofante (Praetextatus)37 che presiedettero all’inaugurazione (polismos), insieme all’imperatore, disegnando in cielo con il lituo le costellazioni “generatrici” del Boote e del Grande Carro (δύναμιν … ἐφ’ἑκατέρας ἄρκτου τεταγμένην), che tracciavano il solco primigenio, simboleggiato dalla costellazione della Vergine, e guidando «le anime più divine nella congiunzione lunare»38, passaggio questo fondamentale per la trasposizione del templum dal cielo alla terra. In tal modo “lo ierofante” – carica corrispondente al pontifex ‒ invocava la collaborazione delle divinità simboleggiate dai rispettivi astri, divinità invocate a scendere nel mondo sublunare degli elementi corruttibili. Fra questi, particolarmente importante era Boote, non solo per la connessione con l’Orsa maggiore, ma anche perché la sua stella α, Arturo, è anche una delle più luminose in assoluto, sicché la sua presenza, con Vega, assumeva un valore decisivo per la fondazione, esattamente come quella della Vergine, associata ad Astrea, dea della Giustizia, figlia di Zeus e di Temi, reinterpretata dai cristiani come immagine della Vergine Maria39. Sull’identificazione dell’augure con Vettio Agorio Pretestato, cf. L. Cracco Ruggini, Vettio Agorio Pretestato e la fondazione sacra di Costantinopoli, in Φιλίας χάριν, Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni, II, Roma, G. Bretschneider, 1980, 593-610. Secondo Del Ponte, il padre, Vettio Rufino, si era distinto come alto funzionario sotto Diocleziano ed era stato membro dei più importanti collegi sacerdotali. Cf. Del Ponte, La città degli dei, 146. 38 Giov. Lid., De mensibus, IV, 2. 39 Cf. L. Cresci, Stelle celebri, Milano, Hoepli, 2002, 123. 37 105 Il testo di Lido fa riferimento a due momenti fondamentali della cerimonia dell’inauguratio, successivi alla preghiera ossia l’interpretazione dei segni e la descrizione del campo visuale del sacerdote, dopo i quali era possibile aprire il cantiere della nuova città. Secondo Filostorgio40, scrittore ariano della cui opera, nota attraverso un’epitome di Fozio, si è salvato il brano relativo alla fondazione di Costantinopoli, il 18 novembre 328 Costantino svolse il lungo cerimoniale della limitatio e della ananeosis delle mura urbiche, tracciando il perimetro della città sotto la guida di una forza sovrannaturale e brandendo la sua lancia: comunque si voglia interpretare tale testimonianza, la menzione della lancia è di fondamentale importanza nella narrazione di un autore cristiano, trattandosi di un elemento che ritorna nelle descrizioni dei riti di fondazione, connesso al rituale lancio di un giavellotto dalla sede augurale al futuro centro cittadino per fissare una delle diagonali solstiziali e decidere la posizione del mundus, il templum sub terra, il cui omologo era il decussis umbilicus41. Dopo la presa degli auspici, com’era consuetudine, si procedette all’escavazione della fossa del mundus, al centro di quello che sarebbe divenuto il foro, onde farvi interrare il Palladio42, segno della continuità con il mondo antico, con la cultura greca, con la gens Iulia, fondatrice dell’impero romano, da un lato; della nuova fede di cui Costantino si faceva testimone, da un altro, almeno stando al resoconto di Zonara, di Malala e dello storico ecclesiastico Niceforo Xantopulo43, secondo i quali l’imperatore avrebbe svolto, al momento della collocazione della colonna, una cerimonia cristiana44. Le fonti in nostro possesso, per quanto discordanti, sottolineano tutte l’importanza del Foro, da cui, secondo Filostorgio, Costantino prese le mosse per tracciare il perimetro urbico e definire le mura e da cui inizia la descrizione di Zosimo45, foro il cui perimetro era circolare e uguale in ampiezza all’attendamento di Costantino46. Hist. Eccl. II, 9. Cf. Gottarelli, Contemplatio, 155-167. 42 Cf. Malalas, Chron., 63; Io. Zon, 13, 3, 23; L. Cracco Ruggini, Costantino e il Palladio, in Roma, Costantinopoli, Mosca, 241-251. 43 Secondo Zonara, Costantino aveva “cristianizzato” il Palladio, inserendovi dei chiodi della Croce di Cristo, mentre Malala e Niceforo interpretano un passo del Chronicon Paschale, che riferisce di un sacrificio incruento offerto da Costantino, come un riferimento alla Messa. Cf. Io. Zon., Epit. Hist., XIII, 3, 25-26; Io. Mal., Chronogr. XIII; Niceph. Xanth. Hist. Eccl. VIII, 26 (PG 146, 100). 44 Cf. Lathoud, La consécration, 300-301. 45 Zosimo, II, 30, 4. 46 Ibidem; Filostorgio, II, 9a. 40 41 106 Al di sopra della fossa del mundus, una volta che questa fu richiusa, venne innalzata una colonna che recava, sulla sommità, la statua dell’imperatore con gli attributi di Helios, pur se anche su tale monumento non c’è unanimità di interpretazione fra gli storici47. Il suolo era così sacralizzato e pronto alla cerimonia della consecratio, rito strettamente collegato alla dedicatio, tanto da costituire un momento unitario di un unico atto giuridico48, comprendente una valenza legale e una religiosa, ricordate già da Cicerone49. Il primo dei due momenti, datato dal Chronicon Paschale al 26 novembre 32850, dovette svolgersi, sul modello della fondazione romulea di Roma, secondo il rito, che prevedeva l’osservazione del cielo da parte del fondatore, Costantino, e la presa degli auspici da parte dell’augure. Al crepuscolo del giorno precedente, l’imperatore poté vedere il pianeta Venere brillare come stella della sera e le costellazioni generatrici accompagnare il calare del sole, segnando così in maniera simbolica il tramonto dell’antica Urbs e la nascita della nuova città. Al mattino successivo, il sorgere del sole nel Sagittario era accompagnato, verso settentrione e oriente, dalle costellazioni generatrici della città, Boote, Cani, Grande Carro e Vergine, annunciate dal pianeta Mercurio, messaggero degli dei, con Marte già alto in cielo e Venere ancora visibile al mattino. Per celebrare la dedicatio secondo il rituale, l’imperatore dovette prendere gli auspici la sera del 10 maggio 330, osservando l’orizzonte al tramonto del sole per ricevere i segni celesti dagli astri visibili: il Boote-Seminatore con il Grande Carro a nord-est, Marte e Mercurio nella costellazione dei Gemelli, a nord-ovest, con Giove e Venere ancor più a settentrione, presagio favorevole che richiamava il legame con Roma, essendo Marte padre dei gemelli divini, simboleggiati metaforicamente da Castore e Polluce, Venere, la dea cui era legato l’impero, in quanto progenitrice della gens Iulia, e Giove il padre degli dei. A est si distingueva, pur se basso, il Triangolo estivo, con le costellazioni del Cigno e della Lira; a sud-est, la parte più settentrionale dello Scorpione; Cassiopea era nel suo punto più basso, arrivando a sfiorare l’orizzonte e, verso sud-ovest, era possibile distinguere il Leone, la cui stella α, Regolo, era associata, sin dai tempi dei Sumeri, alla regalità, a sud della quale era la Vergine. Il sole nel Toro era vicino ad Aldebaran, la stella più luminosa della costellazione, il che accresceva il valore simbolico del quadro astrale, quasi a signifi47 48 49 50 Cf. Russo, Costantino, 79-80. Cf. Mazzarino, Antico. Cf. Cic., De domo sua, XLVIII, 125. Cf. Chr. Pasch. 284 (PG XCII, 708-712). 107 care che al vecchio sole, rappresentato da Roma, stava per essere sostituito da uno nuovo fortemente potenziato51, che avrebbe destituito ogni vecchio potere e ogni antico culto52. Parimenti evidente, in questa parte del cielo, era la presenza di Capella, la stella più brillante della costellazione dell’Auriga, che, per la sua forte luminosità, essendo essa circumpolare, ha attirato l’attenzione di tutti i popoli antichi. Associata nella mitologia greco-romana a Zeus, in quanto identificata con la capra Amaltea, era ritenuta simbolo di potere e onori civili e militari53, segnale propizio per la nuova capitale alla pari di Ercole, costellazione perfettamente riconoscibile nei cieli primaverili per le sue vaste dimensioni, immagine di virtù fisiche e morali, come l’eroe di cui portava il nome. Il quadro astrale presente durante i momenti fondamentali della creazione della Nea Rome veniva inoltre a creare un ponte ideologico non solo con l’Urbe, ma anche con la cultura greca: le costellazione di Perseo, Auriga e Bootes si trovano disposte lungo un cerchio ideale che non è centrato con quello dell’eclittica, ma che ha il suo focus nella costellazione del Drago, che gli antichi conoscevano anche come Serpente54, una delle più grandi della volta celeste, circumpolare, la cui parte più estesa si snoda fra le due Orse55, connessa al mito della nave Argo e all’impresa di Giasone. Nella versione di Diodoro Siculo, gli Argonauti, di ritorno dalla loro impresa, approdarono presso l’imboccatura del 51 Aldebaran è peraltro la quattordicesima stella per luminosità del cielo notturno, anche per le sue dimensioni. Cf. D.S. Evans et al., What Size is Aldebaran, in Astronomical Journal 85 (1980), 1262-1264. 52 Questo sia perché Aldebaran, occhio del Toro, costellazione che segnava l’ingresso della primavera, era immaginato in cielo nell’atto di caricare Orione, una delle costellazioni più note nell’antichità, già attestata nel Poema di Gilgamesh; sia perché la stagione scelta per la dedicatio consentiva che ad essa presiedessero ambedue i segni zodiacali da sempre connessi alla carica imperiale, Leone e Toro, tra i più antichi ed estesi, usati come “marcatori” nei cieli mesopotamici già intorno al 4.000 a.C. e spesso raffigurati in lotta fra di loro, proprio perché rappresentazioni di due differenti tipologie di potere. Cf. M.E. Bakich, The Cambridge Guide to the Constellations, Cambridge, Cambridge University Press, 1995, 254-256; Heifetz - Tirion, A Walk, 39ss. Nei rilievi di Persepoli, la lotta fra i due animali simboleggerebbe la ripresa delle attività agricole dopo il solstizio invernale. Cf. W. Hartner, The earliest history of the constellations in Near Est and the motif on the lion-bull combat, in Journal of Near Eastern Studies 24 (1965), 1-16; S. Iwaniszewski, Concepts of space, time and cosmos, in Handbook of Archaeoastronomy and Ethnoastronomy 2015, 3-14. 53 Cf. R.H. Allen, Star-names and Their Meanings, New York, G.E. Stechert, 1899, 88. 54 Cf. Verg., Georg., I, 244-246. 55 Anche questa costellazione era nota sin dalla preistoria, dal momento che, a causa della precessione degli equinozi, la sua stella α, Thuban, era la stella polare 3.000 anni circa prima di Cristo. 108 Ponto, dove furono ospitati da Byzas, mitico re eponimo della città di Bisanzio, dal quale le élites cittadine rivendicavano la discendenza56. La situazione astronomica legittimava dunque una rievocazione mitica funzionale a fare di Costantinopoli l’erede della cultura classica, collegandola al racconto epico più antico, stando alla cronologia mitica, precedente la stessa guerra di Troia, ma anche a una figura mostruosa della religione ebraico-cristiana, circondata dagli eroi positivi che ne avevano segnato la sconfitta, essendo peraltro Ercole figura cristica per antonomasia57. In effetti, il quadro astrale descritto si prestava a un’interpretazione in chiave decisamente cristiana per la presenza del Cigno in tutte le fasi di fondazione, a cui si aggiungevano, durante l’inauguratio e la consecratio, Andromeda e Cassiopea, la prima dalla forma approssimata di una “A” allungata e deformata, ma chiaramente riconoscibile, la seconda con un ductus che riproduce quello di una “ω”, sicché un osservatore attento avrebbe potuto individuarvi le due lettere apocalittiche, secondo un’interpretazione tanto più cogente data la vicinanza dei tre ammassi stellari58. In pratica, Costantino avrebbe potuto reinterpretare secondo una visione cristiana una situazione astronomica paragonabile, per alcuni aspetti, a quella che, secondo alcuni studiosi, aveva sostenuto di aver osservato prima della battaglia del ponte Milvio e che aveva codificato sotto forma del “trofeo” vittorioso59. Il templum in terra Non sembra casuale, a questo punto, che, nell’impianto della nuova città, la disposizione degli edifici costantiniani rievochi il quadro astrale descritto: l’Augustaion e le due chiese principali, Haghia Sophia e Haghia Eirene60, a nord-est, in direzione di Boote e dell’Orsa, vuoto lo spazio nord-occidentale Cf. Diod. Sic. IV, 49; T. Braccini, Bisanzio prima di Bisanzio. Miti e fondazioni della nuova Roma, Roma, Salerno, 2019. 57 Cf. M. Sordi, I cristiani e l’impero romano, Milano, Jaca Book, 1983, 55; C. Frugoni, Ercole, in Enciclopedia dell’Arte medievale, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2019. 58 Le coordinate del Cigno sono infatti le seguenti: latitudine minima -40°, massima +90°; quelle di Cassiopea: latitudine minima -20°, massima +90°; quelle di Andromeda minima -40°, massima +90°. 59 Cf. Heiland, Astronomische, 11-19; Ross, The Bird. 60 Cf. M.C. Campone, L’Haghia Eirene: genesi e sviluppi del tempio della divina Pace, in Arte cristiana CIII/888 (2015), 207-214. Sulla datazione di questa chiesa all’epoca costantiniana, su cui in passato erano stati avanzati dubbi, cf. Russo, Costantino, 93. Peraltro, la fondazione costantiniana di questo edificio è ricordata anche dallo Ps. Codino, I, 48 in Scriptores Originum Constantinopolitanarum, a cura di Th. Preger, II, Lipsia 1907, 139. 56 109 “negativo”; l’Ippodromo, collocato a sud e, sulla direttrice ovest, la sola basilica dei Santi Apostoli, destinata ad accogliere le spoglie dell’imperatore, vero e proprio mausoleo imperiale61, unico edificio pubblico posto a occidente, probabilmente per la sua stessa destinazione. Peraltro, in quest’area, immediatamente a ridosso del Foro, insisteva la necropoli antica, a riprova della vocazione ‘negativa’ di questa parte della città62. A scandire la topografia costantiniana era il ductus della Mese, asse portante del successivo sviluppo di Costantinopoli, che seguiva un andamento est-ovest e aveva inizio dal Milion, un tetrapylon con doppio arco trionfale, nelle adiacenze della Haghia Sophia, in una posizione pressoché baricentrica per la porzione terminale della penisola del Corno d’oro, sulla strada che costeggiava, allineandoli, l’ippodromo e la sequenza degli spazi religiosi di Santa Sofia e Sant’Irene. Dal Milion dunque la Mese, seguendo quasi un andamento rettilineo, raggiungeva, indirizzandosi verso ovest, il Foro di Costantino e, ancora più a ovest, il Forum Tauri, poi Foro di Teodosio, incrociando, fra i due, l’asse viario noto come Makros Embolos, fino a raggiungere il Philadelphion. In questo spazio urbano si generava una divaricazione dell’asse viario che, seguendo e assecondando l’orografia del suolo, andava a risolvere i dislivelli presenti nella porzione orientale della penisola del Corno d’Oro, essendovi una piccola valle che ospitava il defluire del torrente Lycus. Dei due rami orientali della Mese, uno si arrampicava verso nord-est fiancheggiando, da sud-est, la collina che ospitava alla sommità il complesso dei Santi Apostoli; l’altro, sempre seguendo le variazioni del suolo acclive, continuava ad assecondare la configurazione geografica mantenendosi in posizione pressoché parallela alla costa meridionale, ospitando ai propri lati le zone in cui sarebbero poi sorte fondazioni religiose significative, come il Cristo Pantocratore e Sant’Andrea, costruite presso l’antica Porta d’oro delle mura costantiniane. In questo tratto, in prossimità della quota orografica più bassa della strada, quasi in piano con il raccordo dal quale principiava l’innesto con il Philadelphion, in un’area dove il torrente Lycus diventava carsico, sarebbe stato realizzato il Forum Bovis, poi Foro di Arcadio. La topografia costantiniana marcava dunque il percorso della Mese con tre fori in successione, uno noto col nome dell’imperatore, l’altro, il Forum Tauri, cui si fa in genere fugace cenno negli studi su Costantinopoli e la cui deno61 Sul significato simbolico di questo edificio, cf. The Holy Apostles. A Lost Monument, a Forgotten Project, and the Presentness of the Past, ed. by M. Mullett-R.G. Ousterhout, Washington, Dumbarton Oaks, 2020. 62 Cf. C. Mango, Le développement urbain de Constantinople (IVe-VIIe siècles), Paris, De Boccard, 1990, tav. II. 110 minazione viene spiegata con la presenza di una testa di toro proveniente da Pergamo63, laddove altri citano una statua di Giosuè o Bellerofonte trasportata da Antiochia64, motivazioni riportate queste anche per il terzo foro, a riprova di una sostanziale confusione al riguardo65. Stante la ricostruzione proposta e il tentativo, sotteso al rito di fondazione, di ricreare la porzione di volta celeste indicata dall’augure e considerando che il sole durante la consecratio era nel Toro, sembra plausibile indicare in questa costellazione l’origine del nome di tale area. La differente versione ricordata per il monumento ivi presente, mentre ripropone, ancora una volta, il problema di una tradizione che si prestava a una duplice interpretazione, in chiave pagana o cristiana, lascia intravedere di nuovo un collegamento con un elemento astronomico, essendo Giosuè colui che nella Bibbia riesce a fermare il sole (Gs 10, 12-14) e Bellerofonte, invece, connesso al Toro dal racconto di Nonno di Panopoli, che rielabora tuttavia tradizioni più antiche66. Più in generale, il ductus della Mese sembra ricalcare la forma della lettera “Y” che corrisponde a quella dell’asterismo meridionale della costellazione di Boote, una delle costellazioni generatrici della città, le cui componenti sono Izar (ε Bootis), Gemma (α Coronae Borealis), Seginus (γ Bootis) e, nel punto più a sud, Arturo, che è anche uno dei vertici del “triangolo primaverile” assieme a Spica (α Virginis) e Denebola (β Leonis). In tale quadro ricostruttivo, assume valore la presenza, nel punto in cui la Mese si biforca, del Philadelphion, presso il quale era ubicato il tempio di Cf. N. Bergamo, Città e architettura: Costantinopoli dall’età protobizantina al 1204, in Storia del mondo, 35/2005, 2. 64 Cf. Nicet. Chon. 856 (PG CXXXIX, 1044B). Cf. G. Becatti, Costantinopoli, in G. Becatti - F.W. Deichmann - A.M. Mansel - L. Rocchetti, Costantinopoli, in Enciclopedia dell’Arte Antica, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1959. 65 Cf. R. Janin, Constantinople Byzantine, Paris, Institut français d’etudes byzantines, 19642; W. Müller-Wiener, Bildlexikon zur Topographie Istanbuls: Byzantion, Konstantinupolis, Istanbul bis zum Beginn d. 17 Jh, Wasmuth, Tübingen 1977, 253. 66 Nelle Dionisiache, infatti, il poeta chiama Pegaso, con il nome del cavallo di Bellerofonte, la costellazione del Cavallo, collocata fra l’Equatore e il Tropico del Cancro, nei pressi del Cigno (IV, 33, 401-403). Raffigurata dagli astrologi come la parte anteriore di un cavallo, essa suscita in Nonno il ricordo del mito di Bellerofonte da lui rievocato. Sulle fonti ellenistiche di Nonno, cf. A. Debiasi, Trame euboiche (arcaiche ed ellenistiche) nelle Dionisiache di Nonno di Panopoli: Eumelo ed Euforione, in L’indagine e la rima. Scritti per Lorenzo Braccesi, a cura di F. Raviola M. Bassani - A. Debiasi - E. Pastorio (Hesperia, 30), Roma, L’Erma di Bretschneider, 2013, 503-545; Id., Riflessi di epos corinzio nelle Dionisiache di Nonno di Panopoli, in Corinto: luogo di azione e luogo di racconto, Atti del Convegno Internazionale (Urbino, 23-25 settembre 2009), a cura di P. Angeli Bernardini, Roma, Serra editore, 2013, 107-137. Secondo un filone mitico, Bellerofonte, per catturare Pegaso, dovette sacrificare un toro. Cf. Apollod. Mythographus, 2.7.4, in K. Kerenyi, Gli dei e gli eroi della Grecia, Milano, Il Saggiatore, 1959, 312. 63 111 Giove Capitolino67 e dove sarebbe stato originariamente installato il gruppo dei Tetrarchi, saccheggiato e portato a Venezia dalle truppe di Dandolo68, dal momento che il toponimo avrebbe costituito evidente allusione all’accordo fraterno fra i quattro sovrani o fra Costantino e i suoi figli, nel caso in cui si accetti tale identificazione69. In termini astronomici, tuttavia, e in relazione al Toro, la denominazione potrebbe contenere una doppia allusione, rimandando, da un lato, all’accordo fra gli opposti segni dello Zodiaco effettuato con la rifondazione della città, dal momento che Scorpione e Toro, i segni fondativi, sono opposti nella fascia zodiacale e come tali ricorrono in molti miti70; alludendo, tuttavia, da un altro, in maniera più convincente, alla presenza nel Toro del più noto ammasso stellare dell’antichità, quello delle Pleiadi, note come le “sette sorelle”, citate copiosamente nella letteratura classica71, alla cui levata eliaca sarebbero stati orientati diversi monumenti antichi72. Simbolo, nella mitologia classica, di amore fraterno, poiché si sarebbero suicidate alla morte delle Iadi, loro sorelle, o sarebbero morte di dolore con loro dopo la scomparsa del fratello Iante73, le Pleiadi, citate più volte anche nella Bibbia74, erano parte del patrimonio culturale dei popoli antichi sin dalla preistoria75. A sua volta, il perimetro delle mura che, come coglie precisamente Zosimo, tagliavano l’intero istmo da una parte all’altra del mare76, finiva col confeCf. C. Mango, Studies on Constantinople, (Variorum Collected Studies, CS 394), Aldershot, 1993; Russo, Costantino, 105. 68 Cf. M. C. Campone, Enrico Dandolo: la spietata logica del mercato, (I Condottieri, 5), Perugia, Graphe.it, 2018. 69 Cf. E. Concina, Le arti di Bisanzio: secoli VI-XV, Milano, Bruno Mondadori, 2002, 23; M. Della Valle, Costantinopoli e il suo impero. Arte, architettura, urbanistica nel millennio bizantino, Milano, Jaca Book, 2007, 35. 70 In molte raffigurazioni del culto di Mitra, uno scorpione cerca di pungere i testicoli del toro sacrificato. Nel mito di Orione, costellazione vicinissima al Toro, questi muore per il morso di uno scorpione. 71 Cf. Od. V; Es., Op. e giorni, III, 383-386; Manil., Astronomica, V, 140-144; Ov., Fasti, IV, 163-178. 72 Cf. W. Lethaby, Architecture, Mysticisme, and Myth, London, Percival, 1891, 53. 73 Cf. Diod. Sic., III, 60, 4; Ps. Apol., Biblioteca, III, 10, 1; Igin., Fabulae, 102; 192; Ov., Fasti, IV, 165; 181. 74 Is 40, 26; Ger 33, 22. Cf. G. Schiaparelli, L’astronomia nell’Antico Testamento, Milano, Hoepli, 1903, 57. 75 Sono infatti raffigurate sul “disco di Nebra”, una lastra in metallo con applicazioni in oro risalente all’età del Bronzo, che raffigura fenomeni astronomici. Cf. K. Näther - S. Näther, Akte Nebra – Keine Sonne auf der Himmelsscheibe? Naether, Wilhelmshorst 2004; U. Kaufholz, Sonne, Mond und Sterne. Das Geheimnis der Himmelsscheibe, Anderbeck, Anderbeck Verlag, 2004. 76 Cf. Zosimo, II, 30, 4. 67 112 rire al territorio urbano una forma all’incirca triangolare propria del “triangolo estivo”, fondamentale per i popoli antichi e per il Medioevo tutto77. Sembra davvero palese che la coincidenza tra la data di fondazione della città, il segno del Toro, la connessione costantemente ribadita con Roma non sia affatto casuale, ma dotata di un formidabile valore sacrale, oltre che astronomico e simbolico, volto a evidenziare il legame fra Costantinopoli e il ciclo delle costellazioni nella volta celeste78, legame tanto più forte se si riflette sul fatto che le coordinate di Costantinopoli corrispondono a quelle della Lira79, ammasso stellare che prende il nome dallo strumento che Hermes, figlio di Zeus e Maia, una delle Pleiadi, costruì con un guscio di tartaruga. Simbolo della musica e attributo di Apollo, essa è perciò immagine solare per eccellenza, immagine cosmica collegata al potere e alla politica, come si vede dalla decorazione dell’anfora di Milo80, ma anche attributo di David, figura cristica per eccellenza. Costantinopoli costituirebbe dunque un caso cospicuo, ma non raro, di un impianto urbano collegato alla volta celeste e a costellazioni che, sin dalla preistoria, erano state elemento ispiratore per artisti e letterati81. Al Cigno è assegnato un rilievo eccezionale, ad esempio, nel ciclo astronomico del portale centrale di San Marco a Venezia (XIII-XIV sec.), dove, raffigurato in volo verso sud, è associato a Cristo come simbolo di Redenzione. Proprio a San Marco Dandolo fece portare il gruppo equestre proveniente dall’Ippodromo ed assegnato alla scultura ellenistica. Cf. V. Galliazzo, I cavalli di San Marco, Venezia, Canova, 2010, 106-107; G. Vallese, Le stelle i viaggi. Un ciclo astronomico nel portale centrale della Basilica di San Marco a Venezia, in Annuario Accademia di Belle Arti di Venezia, a cura di A.G. Cassani, Padova, Il Poligrafo, 2014, 235-275. 78 Tale legame si palesa ancora più stringente, se si confronta la dislocazione delle sette stelle delle Pleiadi nell’ammasso del Toro con la topografia costantinopolitana, nella quale i sette colli costituiscono l’immagine, riflessa sulla Terra, delle sette Pleiadi esattamente come, stando a una recente teoria, i sette colli di Roma avrebbero rispecchiato l’immagine delle ‘sette sorelle’ nel cielo. Cf. Vinci-Maiuri, Mai dire Maia, 20. Tenuto conto del fatto che parte dei colli costantinopolitani entrò a far parte del territorio urbano nel periodo successivo a Costantino, con la costruzione delle mura teodosiane, se ne deduce che il significato astronomico dell’impianto urbico dovette rimanere inalterato nel tempo, a conferma del suo valore implicito. 79 Coordinate di Costantinopoli: 41°01‘n 28°58‘e. Declinazione della Lira: 40°. 80 Metà del VII sec. a.C. Atene, Museo Nazionale, n. 911. Su questo vaso è raffigurato Apollo che, sul suo carro alato, muove incontro ad Artemide. Il dio non guida i cavalli tenendo in mano le redini, ma le fa passare attraverso la lira, compiendo così due azioni (suonare e guidare) che nella vita quotidiana sono ben distinte. Il dio con lo strumento musicale guida gli animali facendo loro variare non tanto la direzione della corsa quanto la velocità del carro, in modo che il rapporto tra le due velocità sia identico a quello di un intervallo musicale. 81 Fra i casi più noti, ricordiamo quello delle grotte di Lascaux, su cui cf. H. Capelo, Symbols from the Sky: Heavenly messages from the depths of prehistory may be encoded on the walls of caves throughout Europe, in Seed Magazine, 2010; G. Sparrow, 50 grandi idee Astronomia, Roma, Edizioni Dedalo, 2017, 3. 77 113 In virtù di tale composito assetto, risulta suggestivo e congruente con il quadro descritto collegare alla costellazione del Toro e alle Pleiadi anche la notizia del ‘nome segreto’ di Roma, secondo la quale Costantino avrebbe imposto alla sua città l’epiteto “Anthousa”, quale corrispettivo di Flora82, nome impronunciabile dell’Urbe, onde rafforzare il concetto di una Nea Rome che sostituisse la precedente83. Studi recenti, tuttavia, hanno ricondotto tale denominazione a Maia, una delle Pleiadi84, divinità cui erano collegati la fioritura delle messi, la rinascita primaverile, il calore sessuale e il cui nome sarebbe stato il vero nome segreto dell’Urbe85. Tale ipotesi trova una sua giustificazione nell’ambito della situazione costantinopolitana, in cui la presenza, durante le fasi di fondazione, del pianeta Mercurio, il cui dio omonimo era figlio di Maia, potrebbe aver giustificato ulteriormente il rimando alla dea. L’epiteto di Anthousa ben si adatta a tale figura del pantheon classico, definita «sanctissima» da Cicerone86, cui era sacro il mese di maggio, mese della consecratio costantinopolitana, divenuto per i cristiani il mese di Maria, la Madre di Dio, che avrebbe assimilato, a livello iconografico, alcuni tratti della dea romana87 e alla quale Costantinopoli era dedicata, anche perché ne custodiva un gran numero di reliquie88. Sopatros e il neoplatonismo La rievocazione dell’assetto celeste aveva tuttavia un altro e più profondo significato, tale da giustificare la presenza durante i riti di fondazione, accanto al pontifex, di Sopatros, identificato con Sopatros di Apamea, noto filosofo neoplatonico vissuto nel IV secolo89. Allievo di Giamblico (250-330 ca.) e suo Cf. Follieri, La fondazione, 224; S. Tondo, Aspetti giuridici della fondazione di Costantinopoli, in Studia et documenta historiae et iuris 65 (1999), 261-264; Russo, Costantino, 77. 83 Al riguardo, va notato che le costellazioni generatrici di Roma erano le stesse di Costantinopoli. Cf. N. Iannelli, Sator. Epigrafe del culto delle sacre origini di Roma. La genesi e il significato del quadrato magico, Foggia, Bastogi, 2009. 84 Le altre erano Asterope, Merope, Elettra, Taigete, Celaeno, Alcyone. 85 Cf. Vinci-Maiuri, Mai dire Maia. 86 Cic., Arat., fr. 34, v. 36. 87 Cf. A. Cattabiani, Lunario, Milano, Mondadori, 20022; O.A. Wall, Sex and Sex Worship, London, Routledge, 2015, 501. 88 Cf. Io. Zon., XIII, 6 (PG CXXXIV, 1108); Ph. Sherrard, Constantinople. Iconography of a Sacred City, London, Oxford University Press, 1965; Ch. Angelidi, Pulcheria: la castità al potere (Donne d’Oriente e d’Occidente, Collana diretta da G. Passarelli), Milano, Jaca Book, 1996, 84-85. 89 Cf. R.J. Penella, Greek Philosophers and Sophists in the Fourth Century A.D. Studies in Eunapius of Sardis (ARCA, 20), Leeds, Francis Cairns, 1990; A. Baldini, Il filosofo Sopatro e la versione pagana della conversione di Costantino, in Simblos 1 (1995), 265-286; M. Amerise, Il 82 114 erede ideale, quale figura di spicco del Neoplatonismo, egli fece di sicuro visita a Costantino in almeno due occasioni, nel 327 a Nicomedia e tra il 327 e il 330 a Costantinopoli, datazione questa che coincide con quella della consecratio urbis. La presenza di un noto filosofo neoplatonico durante i riti di fondazione della nuova capitale è particolarmente rilevante, in relazione al quadro astrale, al rilievo della figura del Cigno e al suo simbolismo, dal momento che la forma di questa costellazione si può rappresentare graficamente con una sorta di “x” ossia con il “10” cifra fortemente significativa nell’ambito della simbologia platonica del Timeo, in cui essa è la formula del principio costitutivo della dimensione spaziale, come Platone spiega in riferimento alla volta celeste90. Il testo riflette il legame inscindibile, esistente, secondo i pitagorici, fra cielo e terra, come si evince peraltro da un passo di Giamblico, secondo il quale «è il 10 che governa il rapporto delle sfere celesti, come se fosse un diametro che le attraversa tutte e le fa ruotare e le racchiude in modo da contenerle il meglio possibile»91. La cosmologia platonica, in cui la cifra del “10” e il suo corrispettivo grafico occupano un posto di rilievo, con i suoi tre livelli discendenti attraversati dall’asse della rotazione cosmica, è peraltro omologa al sistema proiettivo dei tre templa, fondamentale nella presa degli auspici di fondazione del mondo etrusco e greco-romano, come già rilevato92. L’interpretazione offerta da Proclo (412-485) del passo platonico, secondo la quale il “circolo esteriore” sarebbe quello dell’equatore celeste e quello “interiore” corrisponderebbe a quello dell’eclittica93, supporta non solo la presenza di un legame concettuale fortissimo fra la X e le diagonali solstiziali, ma anche la ricerca, da parte di un sacerdote-filosofo, di ogni segno che rendesse congruente il templum augurale con quello celeste. Questo legame è inoltre evidente se si pensa, tenuto conto che la “x” è formata da quattro segmenti, al valore attribuito al “4” da Giamblico, che metteva battesimo di Costantino il Grande: storia di una scomoda eredità, Stuttgart, Franz Steiner Verlag, 2005, 102. 90 «Tutta questa struttura (id est l’anima mundi) il dio la tagliò orizzontalmente in due parti e, incrociando al centro le due metà l’una sull’altra come la lettera X e facendo coincidere il loro centro, le piegò in un cerchio, unendo fra loro le estremità di ciascuna al punto opposto alla loro intersezione e vi impresse un moto rotatorio uniforme su se stesse e formò due cerchi, l’uno esterno e l’altro interno». Plat. Tim., 36b-c. La traduzione di questo passo, come degli altri riportati, è di chi scrive. 91 Iamb., Teol. Arit., 82. 92 Cf. Gottarelli, Contemplatio, 73-74. 93 Cf. Proclo, In Tim. 223 e. 115 in relazione tale cifra con «le cosiddette sezioni di 90 gradi dello Zodiaco, in cui i quattro tropici toccano l’eclittica e che formano una X incrociandosi diametralmente cioè il solstizio d’estate, il solstizio d’inverno e i due equinozi»94. Il “4” è peraltro la cifra che connota molti degli asterismi collegati a Costantinopoli, da Cassiopea, il cui ductus è scomponibile in 4 segmenti, al Quadrato di Pegaso, alle 4 sezioni del Toro95 e alla figura della Lira. Il rito augurale di fondazione, il cui fine era la riunificazione dei tre templa, configurantesi come una sorta di cosmogonia rovesciata, tesa a riarmonizzare le diverse parti di un’unità primigenia perduta, aveva a Costantinopoli una delle sue esemplificazioni più chiare, con il ricongiungimento delle due opposte costellazioni (Scorpione e Toro) – la cui presenza è in linea con le caratteristiche di fondazioni romane note, quali Augusta Taurinorum e Autun96 ‒ e l’evocazione puntuale di uno spazio sacro. Così la valenza sacrale delle geometrie astrali veniva ricreata con precisione, sicché la geometria del templum solare del luogo, in quanto unione dei tre templa, riproponeva la figura che identificava le direzioni spaziali e gli istanti temporali entro cui si riteneva avvenisse il ripetersi del miracolo della “Comunione dei Mondi”, comunione la cui azione liturgica era mirabilmente espressa nell’atto stesso della contemplatio. Conclusioni Se la configurazione planimetrica e urbanistica della città riflette quella celeste, come fissata dall’augure durante i riti di fondazione, allora essa assume un valore polisemico97. Esso, proprio per la sua caratteristica, si prestava a una duplice interpretazione, in chiave pagana, per il nesso stringente che i riti stabilivano con l’astrologia e l’astronomia; in chiave cristiana, con l’associazione Iamb., Teol. Arit., 24. Anche questa costellazione viene rappresentata graficamente con una sorta di “X” data dalle due zampe anteriori dell’animale di riferimento e dalle due corna. 96 I Romani ponevano solstizi ed equinozi a metà delle stagioni e non al loro inizio, come facciamo oggi. Cf. Sparavigna, Sulla fondazione di Torino. 97 In pratica, la forma urbis costantiniana recepisce i termini propri dell’iconografia degli anni 324-328, quale risulta anche dalla monetazione coeva, come i bronzi della serie spes publica, coniati nella nuova zecca di Costantinopoli, in cui al recto è Costantino, al verso un serpente trafitto da un labaro, su cui si staglia il monogramma cristiano. Cf. É. Demougeot, La symbolique du lion et du serpent sur les solidi des Empereurs d’Occident de la première moitié du Ve siècle, in Revue Numismatique, s. 6., 28 (1986), 94-118, in part. 96-97; F. Ntantalia, Bronzemedaillons unter Konstantin dem Großen und seinen Söhnen, Saarbrücken, Saarbrücker Druckerei und Verlag 2001, 145-146; C. Walter, The Iconography of Constantine the Great, Emperor and Saint, with Associated Studies, Leiden, Alexandros Press, 2006, 29-30. 94 95 116 implicita Maia-Maria, la presenza di chiese dislocate in alcuni punti nevralgici, la rievocazione del Triangolo estivo. Quest’ultimo, a sua volta, aveva una specifica connotazione religiosa, giacché uno dei suoi vertici è Deneb, stella α della costellazione che i cristiani associavano alla croce, costellazione così semanticamente rilevante da ispirare, a distanza di secoli, l’impianto planimetrico della chiesa dei Santi Sergio e Bacco, eretta da Giustiniano fra il 527 e il 53698. La scelta stessa del Toro, come “segno zodiacale” della capitale, è sintomatica di tale polisemia, dal momento che il ciclo delle Pleiadi descritto già da Esiodo99, con il tramonto a fine settembre e la successiva ricomparsa dopo quaranta giorni circa, agli inizi di novembre, poteva essere interpretato in chiave cristiana, come allusione alla Resurrezione. L’immagine del templum celeste si riflette dunque nella città, plasmandola secondo un simbolismo che non disconosce la cultura antica, ma la riassorbe, conferendole nuovi significati. Come infatti è stato rilevato, «i segni del paganesimo superstiti in Costantino sono piuttosto frutto della sua educazione e della sua cultura, non prova del persistere in età costantiniana del culto imperiale pagano»100. Al riguardo, va segnalato che, tenuto conto dei rituali di fondazione, il toponimo Makros Embolos, in relazione all’asse che intersecava la Mese a metà strada circa fra i due fori, di Costantino e del Toro, potrebbe alludere al lancio rituale del giavellotto da parte dell’augure101, venendo a coincidere con il mundus all’interno della geometria sacra della città, in quanto centro emanatore delle linee dell’impianto, in linea con il ruolo di axis riconoscibile alla Mese. Se si vogliono intendere l’azione di Costantino e la fondazione di Costantinopoli, occorre rinunciare, come vedeva Mazzarino, a esprimere ‘giudizi di valore’ per riconoscere che, al di là della conversione, Costantino resta l’imperatore di uno stato che aveva precise tradizioni giuridiche, che potevano rischiare di dar luogo a «contagiosae superstitionis fraudibus» (come recita l’iscrizione di Hispellum)102, ma che, nonostante ciò, non vennero mai abolite o disattese. Ad esse il sovrano fece ricorso, applicandole, tuttavia, secondo un processo sincretistico che caratterizza, d’altra parte, tutta la prima età cristiana Cf. M.C. Campone, La chiesa dei SS. Sergio e Bacco a Costantinopoli. Progettazione planimetrica dello spazio sacro e suggestioni cosmologiche nell’età di Giustiniano, in Studi sull’Oriente cristiano 23/2 (2019), 111-123. 99 Cf. Es., Op. e giorni, 383-387. 100 Russo, Costantino, 80. 101 Embolos viene dalla radice del verbo ballo (gettare). 102 Cf. Mazzarino, Antico, 47; 127-128. 98 117 e che ancora si riscontrerà nei rapporti tra i figli di Costantino e il sofista Proeresio, cristiano, ma esperto in arti divinatorie103. La presenza di Sopatros τελεστής – che sembra aver avuto la funzione del collegium augurum, tesa a “liberare” la città con l’inauguratio104 ‒ e di Praetextatus pontifex, che consacra l’urbs, sia o meno da identificare con il pontifex solis editore degli Analitica di Aristotele105, non concedeva altro al paganesimo se non l’accettazione di un istituto pagano entrato ormai nel diritto pubblico e ‘desacralizzato’ della sua valenza originaria. D’altro canto, quelle stesse tradizioni giuridico-religiose erano suscettibili di un’inedita lettura e di un’attualizzazione in linea con la politica imperiale successiva alla vittoria su Massenzio. Non a caso, la coesistenza di due diversi filoni di tradizione riflette la duplice natura della città, Nea Rome e Nea Jerusalem insieme, che a sua volta riflette la duplice natura del Dio incarnato, il cui ἐπίσκοπος τῶν ἐκτός106 conserva le norme del diritto sacro, nella misura in cui esse siano divenute parte di un rituale condiviso e suscettibile di interpretazioni diverse. Cf. P.O. Cuneo, Anonymi Graeci Oratio Funebris in Constantinum II. Il manoscritto e i riferimenti storici e giuridici, in Rivista di Diritto Romano IX (2009), 1-104, in part. 8. 104 Sul concetto di liberazione nel contesto della fondazione di città, cf. Linderski, The augural, 2150-2151; 2156-2157; 2273. 105 Cf. Cracco Ruggini, Vettio. 106 Eus., Vita Const. IV, 24 (PG 20, 1171). 103 118