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STORIA D’ITALIA ANNALI 25 ESOTERISMO GIULIO EINAUDI EDITORE Marco Pasi “Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento” In: Gian Mario Cazzaniga (a cura di), Storia d’Italia. Annali 25. Esoterismo, Torino, Einaudi, 2010, 569-598. marco pasi Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento Durante il periodo che va dagli ultimi anni dell’Ottocento allo scoppio della Prima guerra mondiale fecero il loro ingresso in Italia due organizzazioni che influenzarono il panorama culturale e spirituale del paese. Si tratta della Società Teosofica e della Società Antroposofica, allora come oggi due tra le più importanti e ramificate strutture internazionali ispirate a principî di tipo esoterico. Se da una parte è utile ripercorrere la storia di queste due organizzazioni in Italia, è anche importante tenere presente che esse rappresentavano solo l’aspetto istituzionale di movimenti più ampi. Il loro impatto sul mondo della nuova spiritualità in Italia fu ben più profondo di quanto non dica il numero effettivo dei loro membri, ed entrambe ebbero un’influenza notevole su ambienti intellettuali, letterari, artistici e politici del paese. Da questo punto di vista il caso dell’Italia non si discosta significativamente da quello di altri paesi europei, nei quali questi due movimenti ebbero un ruolo simile. Per dare un solo esempio, è ormai chiaro che l’influenza delle idee teosofiche e antroposofiche, a lungo sottovalutata da critici e storici, è un tassello indispensabile per restituire un’immagine coerente dell’evoluzione delle arti figurative nel periodo che precede, e immediatamente segue, la Prima guerra mondiale1. Si sa infatti quanta importanza abbia avuto nell’opera innovatrice di un Kandinsky 1 La letteratura su questo argomento è ormai molto vasta, ed è possibile qui dare solo qualche indicazione bibliografica sommaria. Il saggio che ha inaugurato una rivalutazione dell’importanza delle idee spiritualiste, comprese quelle espresse dai movimenti teosofico e antroposofico, nell’interpretazione storica dell’arte moderna è quello di s. ringbom, Art in the «Epoch of the Great Spiritual»: Occult Elements in the Early Theory of Abstract Painting, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», XXIX (1966), pp. 386-418. Si vedano poi r. lipsey, An Art of Our Own. The Spiritual in Twentieth Century Art, Shambhala, Boston-London 1997 e la raccolta di saggi a cura di k. j. regier, The Spiritual Image in Modern Art, The Theosophical Publishing House, WheatonMadras 1987. Fondamentali sono anche i seguenti cataloghi di mostre: The Spiritual in Art: Abstract Painting 1890-1985, Los Angeles County Museum of Art - Abbeville Press Publishers, New York - London - Paris 1986; Okkultismus und Avantgarde. Von Munch bis Mondrian 19001915, Edition Tertium, Ostfildern 1995; Traces du Sacré, Centre Pompidou, Paris 2008. 570 Marco Pasi o di un Mondrian, i cui primi dipinti astratti rivoluzionarono il mondo dell’arte2. Ma chi poteva essere attratto in quel torno di tempo da movimenti come la Società Teosofica e, più tardi, la Società Antroposofica? In generale si trattava di persone, tra cui una parte consistente di giovani e di donne, insoddisfatte delle forme spirituali e culturali dominanti, e che anelavano a un forte rinnovamento. Nel timore di un possibile smarrimento di fronte alla crisi di valori che si manifestò sul finire del secolo, intendevano cercare un sistema e una dottrina alternativi e coerenti. Uno dei punti fermi di questo auspicato rinnovamento era la critica al materialismo imperante, cui si sarebbe dovuta opporre la riscoperta di valori spirituali partecipi di una tradizione primordiale e perenne. Valori che erano però anche visti in contrasto con il dogmatismo e la sclerotizzazione delle confessioni religiose dominanti. Non dovrebbe perciò sorprendere che nell’Italia postrisorgimentale e preconcordataria – un paese ancora alla ricerca di una sua identità nazionale definita, oscillante tra sogni di ritrovata grandezza e forti complessi di inferiorità di fronte alle altre potenze europee – questi stimoli abbiano trovato terreno fertile e abbiano dato luogo a sviluppi interessanti3. Come vedremo, anche in Italia le stesse avanguardie artistiche e intellettuali degli inizi «incendiari» del secolo, sempre alla ricerca di spunti su cui far leva per una rottura con il passato, non restarono insensibili al richiamo di queste nuove idee e ne subirono il fascino, pur senza farsene portavoce. Quando poi il cataclisma del primo conflitto sembrò azzerare i giochi, e il fascismo si impose sulla scena politica nazionale, la situazione impresse a questi movimenti un nuovo sviluppo, creando a più riprese un’inevitabile polarizzazione tra fazioni più o meno favorevoli al regime. 1. Origine e primo sviluppo del movimento teosofico e antroposofico. La Società Teosofica venne fondata nel 1875 a New York da un gruppo di persone interessate ai fenomeni dello spiritismo e del paranormale4. 2 A parte la letteratura menzionata nella nota precedente, qui si potrà citare, per Mondrian: m. bax, Het web der schepping. Theosophie en kunst in Nederland van Lauweriks tot Mondriaan, Sun, Amsterdam 2006; per Kandinsky: s. ringbom, The Sounding Cosmos. A Study in the Spiritualism of Kandinsky and the Genesis of Abstract Painting, Åbo Akademi, Åbo 1970 e r. c. washton long, Kandinsky: The Development of an Abstract Style, Clarendon Press, Oxford 1980. 3 Su questo punto, cfr. le pertinenti osservazioni di s. cigliana, Futurismo esoterico. Contributi per una storia dell’irrazionalismo italiano tra Otto e Novecento, 2a ed. ampliata, Liguori, Napoli 2002, pp. 47-51. 4 Un’agile introduzione in italiano alla storia e alle dottrine della Società Teosofica è offerta Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 571 In particolare, due tra esse erano destinate ad avere un ruolo dominante in questo primo periodo di vita della Società: Helena Petrovna Blavatsky, un’aristocratica di origine russa che aveva sino ad allora condotto una vita avventurosa, e il colonnello dell’esercito americano Henry Steel Olcott5. I due si erano incontrati negli ambienti dello spiritismo nordamericano, che in quell’epoca era ancora in pieno fervore. Agli inizi, l’obiettivo della società era soprattutto quello di studiare i misteri della natura e del cosmo e di condurre a questo scopo degli esperimenti pratici, basati anche sulla riscoperta e l’approfondimento di dottrine spirituali che l’Occidente non conosceva o aveva emarginato. Durante i primi anni di esistenza della Società una serie di tensioni e di conflitti portarono, anche dopo l’allontanamento di alcune figure che avevano avuto un ruolo significativo nella fondazione (come la spiritista angloamericana Emma Hardinge Britten) a una ridefinizione degli scopi inida j. a. santucci, La Società Teosofica, Elledici, Torino 1999. Tra gli studi storici più importanti è opportuno segnalare almeno j. godwin, The Theosophical Enlightenment, State University of New York Press, Albany 1994; m. gomes, The Dawning of the Theosophical Movement, The Theosophical Publishing House, Wheaton-Madras-London 1987 (che si concentrano soprattutto sulle origini del movimento teosofico); e b. f. campbell, Ancient Wisdom Revived. A History of the Theosophical Movement, University of California Press, Berkeley - Los Angeles - London 1980. Molto critico, e a volte impreciso, ma non privo di spunti interessanti è p. washington, Madame Blavatsky’s Baboon. A History of the Mystics, Mediums, and Misfits Who Brought Spiritualism to America, Schocken Books, New York 1995. Ancora interessante per alcuni dettagli, anche se ostile e inevitabilmente datato è r. guénon, Il teosofismo. Storia di una pseudo-religione, Edizioni Delta Arktos, Torino 1987 (l’ed. or. francese è del 1921). Ugualmente interessante, ma di segno opposto, è invece lo studio di j. ransom, A Short History of the Theosophical Society, The Theosophical Publishing House, Adyar-Wheaton 2007 (ed. or. 1938), che offre il punto di vista di un’aderente dell’organizzazione. Il libro si ferma al 1937, ma successivamente la Ransom ha portato avanti la narrazione in The Seventy-fifth Anniversary Book of the Theosophical Society. A Short History of the Society’s Growth from 1926-1950, The Theosophical Publishing House, Adyar-Wheaton 2005 (ed. or. 1950). Un’altra fonte importante, ancora utile per seguire soprattutto il primo periodo dell’organizzazione, è l’opera di uno dei suoi fondatori e primi dirigenti: h. s. olcott, Old Diary Leaves. The History of the Theosophical Society as Written by the President-Founder Himself, 6 voll., The Theosophical Publishing House, Adyar-London-Wheaton 1972-75 (ed. or. 1895-1935). Utile anche, per informazioni su aspetti o autori particolari la Theosophical Encyclopedia, a cura di P. S. Harris, Theosophical Publishing House, Quezon City 2006. A parte il saggio di Santucci, il lettore italiano potrà consultare anche i cenni – interessanti soprattutto per la storia e la situazione dell’organizzazione in Italia – contenuti in m. introvigne e p. l. zoccatelli (a cura di), Le religioni in Italia, Elledici, Torino 20062, pp. 818-23. Va infine segnalata la rivista scientifica «Theosophical History», che dal 1985 pubblica studi storici sui più vari aspetti del movimento teosofico. 5 Della Blavatsky esistono numerose biografie di qualità diseguale. Qui rimandiamo solo alle due che ci paiono più utili e significative. La prima è s. cranston, H.P.B. The Extraordinary Life and Influence of Helena Blavatsky, Founder of the Modern Theosophical Movement, Path Publishing House, Santa Barbara 1993, che è scritta però dal punto di vista di una simpatizzante e quindi con inevitabili accenti apologetici. Più equilibrata è quella di m. meade, Madame Blavatsky. The Woman Behind the Myth, G. P. Putnam’s Sons, New York 1980. Su Olcott cfr. s. prothero, The White Buddhist. The Asian Odyssey of Henry Steel Olcott, Indiana University Press, BloomingtonIndianapolis 1996; e h. murphet, Yankee Beacon of Buddhist Light. Life of Col. Henry S. Olcott, The Theosophical Publishing House, Wheaton-Madras-London 1988. 572 Marco Pasi ziali. Sempre di più divenne evidente l’ambizione di creare una struttura che offrisse ai suoi aderenti le basi di una dottrina segreta comunicata da misteriosi e invisibili maestri (detti «Mahatma»), che risiedevano in luoghi esotici inaccessibili e avevano raggiunto i più alti gradi dell’iniziazione. Questa struttura prese presto i caratteri di un organismo internazionale, aperto a tutti coloro, uomini e donne, che volessero approfondire la visione alternativa della realtà spirituale e della storia da essa offerta. La Blavatsky assunse ben presto il ruolo di maître à penser e di leader indiscusso della Società, con la pubblicazione delle sue due opere principali, Iside Svelata nel 18776 e la Dottrina Segreta nel 18887, ma anche con una serie di scritti minori. Se nella prima opera l’accento sembrava essere posto su tradizioni mistiche ed esoteriche «occidentali», tra cui il neoplatonismo e l’ermetismo egiziano, nelle opere successive si rafforzò sempre più l’attrazione per le dottrine religiose orientali, in particolare per l’induismo e il buddhismo. Pur tra qualche scandalo e dissapore, ben presto la Società divenne il motore di un movimento culturale e spirituale di grande successo, destinato a dare una profonda scossa al panorama religioso di fine Ottocento. In effetti essa si diffuse velocemente in America, nella maggior parte dei paesi europei, ma anche nella stessa India, dove i fondatori della Società risiedettero per alcuni anni a partire dal 1879, e dove in seguito la Società avrebbe avuto un ruolo politico significativo nel processo di risveglio nazionale indiano e di decolonizzazione. La Società Teosofica pretendeva di offrire, in linea con la corrente occultista nella quale affondava le radici, la soluzione a un conflitto che aveva tormentato le coscienze di uomini e donne europee nella seconda metà dell’Ottocento, e cioè la frattura che sembrava sempre più insanabile tra le verità della scienza e quelle della religione8. La chiave del successo della Società Teosofica risiedette proprio nel suo presentarsi come una terza via che potesse risolvere questo conflitto, sulla base di prove empiriche concrete (in questo erede dello spiritismo), ma anche di verità primordiali nuovamente rivelate. In questo senso l’organizzazione ebbe 6 h. p. blavatsky, Isis Unveiled. A Master-Key to the Mysteries of Ancient and Modern Science and Theology, 2 voll., J. W. Bouton - Bernard Quaritch, New York - London 1877 [trad. it. Iside Svelata. Chiave dei Misteri antichi e moderni della Scienza e della Teologia, 2 voll., Edizioni Teosofiche Italiane, Vicenza 1994]. 7 id., The Secret Doctrine. The Synthesis of Science, Religion and Philosophy, 2 voll., The Theosophical Publishing Company, London 1888 [trad. it. La Dottrina Segreta. Sintesi di Scienza, Religione e Filosofia, 6 voll., Società Teosofica Italiana, Trieste 1981-86]. 8 Per un inquadramento della questione, cfr. m. pasi, «Occultism», in The Brill Dictionary of Religion, a cura di K. von Stuckrad, Brill, Leiden-Boston 2005, vol. III, pp. 1364-68. Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 573 sempre un atteggiamento accomodante nei confronti dei propri membri, dichiarandosi al di sopra delle varie confessioni religiose o delle ideologie politiche, ma di fatto proponendo una propria dottrina religiosa più o meno coerente e compiendo scelte che avevano anche risvolti politici. Inoltre bisognerebbe tenere presente che la Società Teosofica rappresentò, in quel torno di tempo che va dalla sua fondazione alla Prima guerra mondiale, istanze tipicamente progressiste, che le fecero per certi aspetti precorrere sviluppi culturali, sociali e politici ancora da venire9. Si potrebbero citare la visione della donna e della sessualità, l’esplorazione del sé, il rifiuto dei pregiudizi colonialisti nel rapporto con le culture non europee, in particolare orientali, e la conseguente relativizzazione della tradizione religiosa dominante in Europa, che non poteva non condurre la Società a ritrovarsi indirettamente (e paradossalmente) allineata con certe dinamiche della secolarizzazione se non addirittura vicina a tendenze laiciste. A ciò si aggiunse più tardi una sempre più marcata tendenza umanitaria e pacifista che renderà la sua esistenza problematica in occasione degli eventi bellici e con l’avvento delle dittature europee nel periodo tra le due guerre. Nel 1891 la Blavatsky morì e come successore si affermò Annie Besant, una sua discepola che si era convertita alla teosofia dopo trascorsi come paladina del femminismo e del libero pensiero a tendenza socialisteggiante10. Se già durante il periodo blavatskyano la Società era stata scossa a più riprese da tensioni e conflitti (tra le fonti di tensione si possono ricordare la tendenza a considerare l’Oriente come unica fonte di saggezza esoterica, la scarsa offerta di insegnamenti pratici e le ricorrenti rivelazioni su presunti trucchi e plagi della Blavatsky), le cose certo 9 Su questo aspetto, mi permetto di rimandare a id., The Modernity of Occultism: Reflections on Some Crucial Aspects, in w. j. hanegraaff e j. pijnenburg (a cura di), Hermes in the Academy: Ten Years’ Study of Western Esotericism at the University of Amsterdam, Amsterdam University Press, Amsterdam 2009, pp. 59-74. Per un approfondimento sul rapporto tra movimento teosofico, nell’ambito più ampio della corrente occultista e neospiritualista tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, e modernità si potrà consultare j. dixon, Divine Feminine. Theosophy and Feminism in England, The Johns Hopkins University Press, Baltimore-London 2001; a. owen, The Place of Enchantment. British Occultism and the Culture of the Modern, The University of Chicago Press, Chicago-London 2004; o. hammer, Claiming Knowledge. Strategies of Epistemology from Theosophy to the New Age, Brill, Leiden-Boston-Köln 2001. Rispetto alla situazione italiana, e con particolare riferimento al femminismo di matrice spiritualista e teosofica, importanti l’introduzione e il contributo di Lucetta Scaraffia (Emancipazione e rigenerazione spirituale: per una nuova lettura del femminismo) in l. scaraffia e a. m. isastia, Donne ottimiste. Femminismo e associazioni borghesi nell’Otto e Novecento, il Mulino, Bologna 2002, pp. 7-16 (in part. pp. 9-12) e 17-124. 10 Su Annie Besant, cfr. a. h. nethercott, The First Five Lives of Annie Besant, University of Chicago Press, Chicago 1960; id., The Last Four Lives of Annie Besant, University of Chicago Press, Chicago 1963; e a. taylor, Annie Besant. A Biography, Oxford University Press, Oxford - New York 1992. 574 Marco Pasi non migliorarono dopo la sua morte. La stessa successione ebbe ripercussioni quasi immediate, che risultarono nel primo grave scisma della storia della Società, con gran parte della sezione americana che si separò dalla sede centrale per restare fedele a William Q. Judge, giunto a un conflitto insanabile con Besant e Olcott. Più tardi, l’elezione della Besant a presidente della Società nel 1907, in seguito alla morte di Olcott, coincise con un’altra grave crisi, che, come vedremo, ebbe ripercussioni anche sulla situazione italiana. Alla radice di questa crisi vi fu la figura di Charles W. Leadbeater, che da diversi anni collaborava a stretto contatto con la Besant11. Leadbeater era in grado di ottenere con facilità esperienze di chiaroveggenza. Sosteneva per esempio di essere in grado di vedere l’«aura» o le vite anteriori di una persona. La Besant, che non aveva doti particolari di chiaroveggenza, si era così legata a Leadbeater per essere partecipe delle sue esplorazioni astrali, cui attribuiva un profondo significato spirituale. Le pubblicazioni in cui venivano presentati i risultati di queste esperienze riscuotevano un grande successo presso i membri della Società. Da tempo però correvano anche voci inquietanti sul comportamento di Leadbeater nei confronti di alcuni ragazzi posti sotto la sua tutela. Alla fine, nel 1906, emersero accuse più circostanziate, secondo le quali Leadbeater aveva spinto due adolescenti, figli di dirigenti della Società, a praticare la masturbazione12. Per quanto oggi si possa avere un giudizio meno severo nei confronti della masturbazione, sembra evidente che nella vicenda vi fosse anche una componente di pedofilia, che Leadbeater aveva cercato di dissimulare presentando i suoi consigli come ispirati da criteri di igiene fisica e salute spirituale. In seguito all’indagine interna della Società e nonostante la difesa della Besant, Leadbeater fu costretto a dimettersi. Tuttavia, quando la Besant fu eletta presidente, cominciò a operare per fare in modo che Leadbeater fosse riammesso nella Società, cosa che avvenne alla fine del 1908. Ciò provocò scandalo e indignazione, e diverse centinaia di membri decisero di lasciare la Società in segno di protesta. Tra loro anche alcune figure molto rappresentative e autorevoli, come i dirigenti della prima ora A. P. Sinnett e G. R. S. Mead. Il se11 Su Leadbeater, cfr. g. j. tillett, The Elder Brother: A Biography of Charles Webster Leadbeater, Routledge & Kegan Paul, London 1982. Una biografia più completa, destinata a rimanere quella di riferimento, è la tesi di dottorato che lo stesso Tillett ha successivamente discusso presso l’università di Sidney: Charles Webster Leadbeater 1854-1934. A Biographical Study, University of Sydney, Department of Religious Studies, March 1986, ora disponibile online: http://leadbeater.info. 12 Sulla vicenda, e le relative conseguenze, cfr. id., Charles Webster Leadbeater cit., pp. 242-73 e 899-928; j. dixon, Divine Feminine cit., pp. 90-118; b. f. campbell, Ancient Wisdom Revived cit., pp. 115-19. Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 575 gretario generale della sezione indiana, Upendranath Basu, diede le dimissioni dalla sua carica, e nel 1909 promosse la creazione di un’associazione teosofica indipendente, l’Independent Theosophical League (o Foundation), con sede a Benares13. Inizialmente lo statuto di questa associazione rimase vago, ma infine la Besant si risolse ad accettarla come sezione autonoma della Società, con suoi statuti e una sua struttura particolare14. Si evitò così una vera e propria scissione, dato che la nuova associazione rimase formalmente parte della Società di Adyar, pur non riconoscendo l’autorità della Besant. L’Independent Theosophical League ricevette subito adesioni anche in vari paesi europei – in particolare in Inghilterra, in Francia e in Italia – in cui vennero create delle sezioni locali. Essa ebbe quindi un ruolo significativo nelle vicende italiane, su cui ritorneremo. Negli anni successivi, la vicenda di Krishnamurti provocherà ulteriori tensioni. Besant e Leadbeater erano convinti che un nuovo messia stesse per fare la sua apparizione, con il compito di condurre l’umanità verso l’illuminazione, e ritenevano di aver individuato il veicolo per l’incarnazione del messia in un giovane indiano, Jiddu Krishnamurti, che venne quindi preso in custodia dalla Società e istruito in vista del suo futuro ruolo. Questa svolta messianica era destinata a una conclusione malinconica nel 1929, con la rinuncia di Krishnamurti al ruolo che gli era stato attribuito e il dissolvimento dell’Ordine della Stella d’Oriente (Order of the Star in the East), l’organizzazione sussidiaria che era stata creata dalla Besant per preparare l’umanità all’arrivo del Maestro del Mondo15. Ma ancora prima di questo epilogo, che inferse un colpo durissimo alla Società, la vicenda di Krishnamurti aveva creato presso i membri non solo grandissime aspettative, ma anche forti dissensi. E in effetti la vicenda ebbe un ruolo non secondario in un altro grande scisma, questa volta provocato dal responsabile della sezione tedesca della Società, l’austriaco Rudolf Steiner16. Le crescenti ten13 Cfr. a. h. nethercott, The First Five Lives of Annie Besant cit., pp. 118-21; e j. dixon, Divine Feminine cit., pp. 90 e 102. La Dixon cita in particolare il manifesto dell’associazione, The Independent Theosophical League, London s.d.: cfr. ibid., p. 247, nota 96 e p. 248, nota 31. La Theosophical Encyclopedia la ignora, inserendo solo una brevissima voce su una «Independent Theosophical Foundation» creata intorno al 1910 in Italia (p. 302). Si tratta senza dubbio della sezione italiana della Independent Theosophical League, su cui torneremo. Per i nomi indiani (come quello di Basu) non abbiamo fatto uso di segni diacritici ma abbiamo usato una versione semplificata, che è quella più corrente nella letteratura teosofica consultata. 14 Cfr. a. besant, On the Watch-Tower, in «The Theosophist», XXXI, n. 12 (settembre 1910), pp. 1503-4. 15 Cfr. b. f. campbell, Ancient Wisdom Revived cit., pp. 128-30. 16 Su Steiner esiste una vasta letteratura divulgativa, perlopiù di tono apologetico. La biogra- 576 Marco Pasi sioni fra Steiner e Besant giunsero a un esito drammatico e, tra la fine del 1912 e gli inizi del 1913, Steiner uscì dalla Società Teosofica e creò una sua organizzazione indipendente, la Società Antroposofica. La maggior parte dei teosofi tedeschi seguì Steiner nella sua iniziativa, che ebbe un notevole successo nei paesi di lingua tedesca, e si diffuse poi nel resto dell’Europa17. Prima di maturare il suo interesse per le dottrine teosofiche, Steiner si era occupato di filosofia e di scienze naturali, scrivendo in particolare su Nietzsche e curando l’edizione degli scritti scientifici di Goethe. Dopo l’adesione alla Società Teosofica, l’ampiezza dei suoi interessi e le indubbie doti intellettuali, oltre a un certo carisma personale, lo avevano in poco tempo condotto al vertice della sezione tedesca. A parte alcuni aspetti minori relativi alla cosmologia e alla costituzione dell’uomo, i cui principî Steiner riprende dalla dottrina blavatskyana, a differenziarlo dal gruppo dirigente della Società Teosofica di allora vi era un maggiore accento sull’importanza di una tradizione esoterica di matrice cristiana, che risentiva anche di suggestioni derivate da correnti esoteriche nate e sviluppatesi sul suolo tedesco, come il rosacrocianesimo e la Naturphilosophie. Inoltre Steiner cercò di integrare l’aspetto teorico e metafisico con aspetti rituali e insegnamenti di tipo pratico. Da subito l’antroposofia si propose come «scienza spirituale» che abbracciava, oltre allo sviluppo più specificamente individuale, tutti i campi della creatività e della cultura umana. Grande importanza venne data alla creazione artistica nelle sue forme più diverse, alla danza, al teatro, alla pedagogia, alla teoria politica e sociale, ma anche ad aspetti trascurati dagli insegnamenti teosofici, come l’agricoltura e l’ecologia. Poco dopo la sua fondazione, la sede della Società Antroposofica verrà fissata a Dornach, in Svizzera, dove verrà ben presto costruito l’edificio che la ospiterà, il Goetheanum. Steiner morì prematuramente nel 1925, lasciando dietro di sé un movimento non privo di conflitti e tentativi di scissione, ma nel complesso estremamente vitale e dinamico. Durante il periodo nazista il movimento, pur avendo nel suo seno un numero non indifferente di membri aderenti al partito e influenzato esponenti importanti del regime, finì con l’essere attaccato dalla stampa e infine bandifia più completa e documentata è quella di c. lindenberg, Rudolf Steiner. Eine Biographie, 2 voll., Verlag Freies Geistesleben, Stuttgart 1997. In italiano, cfr. s. rihouët-coroze, Rudolf Steiner. La vita e l’opera del fondatore dell’antroposofia, Convivio, Firenze 1989. 17 Per una sintetica introduzione al movimento antroposofico, cfr. c. leijenhorst, «Anthroposophy», in Dictionary of Gnosis & Western Esotericism, a cura di W. J. Hanegraaff, Brill, LeidenBoston 2005, pp. 82-89 e la bibliografia generale alla fine di questo Annale. Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 577 to come tutti gli altri movimenti spiritualisti e occulteggianti, tra cui naturalmente ciò che rimaneva della Società Teosofica18. 2. Primi passi del movimento teosofico in Italia. Nonostante vi siano diversi aneddoti sulla presenza della Blavatsky in Italia prima della fondazione della Società Teosofica, tra cui una sua amicizia con Mazzini e Garibaldi, e la partecipazione, con tanto di ferimento, alla battaglia di Mentana19, e si abbiano notizie di italiani che furono in contatto con la Società già nei suoi primi anni di esistenza20, 18 Cfr. h. zander, Anthroposophie in Deutschland. Theosophische Weltanschauung und gesellschaftliche Praxis 1884-1945, 2 voll., Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 2007, vol. I, pp. 248249, in particolare nota 62. Più in generale, cfr. u. werner, Anthroposophen in der Zeit des Nationalsozialismus (1933-1945), Oldenbourg, München 1999. 19 La partecipazione della Blavatsky alla battaglia di Mentana (3 novembre 1867) non sembra trovare riscontro documentario al di fuori delle sue dichiarazioni, che risalgono a diversi anni dopo il fatto. I principali biografi della Blavatsky hanno opinioni diverse sulla questione. Mentre i simpatizzanti (cfr. s. cranston, H.P.B. cit., pp. 78-79; e j. o. fuller, Blavatsky and her Teachers. An Investigative Biography, East-West Publications, London-The Hague 1988, p. 22) dànno per scontata la sua partecipazione, biografi più critici (cfr. m. meade, Madame Blavatsky cit., pp. 91 e 107; p. washington, Madame Blavatsky’s Baboon cit., p. 32) la mettono in dubbio. Se una prova documentaria coeva e indipendente manca, occorre tuttavia sottolineare come il fatto non sia implausibile. Che la Blavatsky avesse simpatie per Garibaldi e la sua causa non ha in sé nulla di sorprendente, e del resto vi può essere anche un collegamento di matrice massonica: da una parte sia Garibaldi in persona sia diversi suoi collaboratori ebbero un ruolo importante nella storia dei riti egiziani in Italia, dall’altra un possibile collegamento di questa natura tra la Blavatsky e gli ambienti garibaldini è attestato da un autore come John Yarker, che aveva a sua volta un ruolo di primo piano nei riti massonici in questione, e aveva altresì contatti con ambienti mazziniani e garibaldini in Inghilterra (cfr. k. p. johnson, The Masters Revealed. Madame Blavatsky and the Myth of the Great White Lodge, State University of New York Press, Albany 1994, pp. 38-41; ma cfr. anche r. guénon, Il teosofismo cit., pp. 259-60). Il fatto poi che la Blavatsky affermi di essere stata ferita durante una battaglia combattuta contro lo Stato Pontificio assume quasi un valore simbolico, considerando il suo atteggiamento fortemente anticlericale e generalmente critico nei confronti del cristianesimo. D’altra parte questa vicenda, reale o immaginata che fosse, poteva offrire ai simpatizzanti italiani della Società Teosofica che si identificavano nella tradizione risorgimentale, come per esempio Arturo Reghini, un ulteriore motivo di ammirazione nei confronti della fondatrice della Società. Considerazioni analoghe si potrebbero fare in merito a Mazzini (cfr. s. cigliana, Futurismo esoterico cit., pp. 64-65). Di questa ammirazione per una Blavatsky «risorgimentale» si trova eco ancora oggi in alcune correnti dell’esoterismo italiano che si collegano idealmente a questa tradizione: cfr. p. fenili, Rendiamo giustizia ad Helena Blavatsky, in «Politica Romana», II (1995), pp. 149-56. 20 Un caso interessante è quello di Pasquale Menelao, un italiano residente a Corfù che creò, già nel 1877, una loggia locale della Società. Questa fu una delle prime create in Europa, se non la prima in assoluto. Di Menelao non sono disponibili dati biografici, ma si sa che fu per diversi anni vicepresidente della Società. Nel 1880 l’organo internazionale della Società, «The Theosophist», pubblicò un suo Address of the President of the Ionian Theosophical Branch at Corfu. Upon Presenting the Charter of Constitution to the Fellows (I, n. 12, settembre 1880, pp. 297-98). Di lui rimane anche qualche traccia nei diari della Blavatsky: cfr. h. p. blavatsky, The Diaries of H.P. Blavatsky, in ead., Collected Writings, The Theosophical Publishing House, Wheaton-Madras-London 1988, 578 Marco Pasi è solo negli anni novanta dell’Ottocento che si creano le condizioni per una presenza organizzata della Società sul suolo italiano21. Nei primi gruppi ebbero spesso un ruolo fondamentale donne inglesi residenti in Italia, che probabilmente si erano avvicinate alla teosofia già prima di trasferirvisi. Alcuni autori sostengono che il primo centro sia stato creato intorno al 1890 a Milano da una di queste signore inglesi, tale Elizabeth Murphy, ma di questo centro non sembrano essere rimaste molte tracce22. La Murphy probabilmente collaborava con un medico di Milano interessato allo spiritismo, Luigi Barbieri de Introini23, e con un filosofo e uomo politico ticinese, Alfredo Pioda, una figura importante che avrà un ruolo significativo nel progetto di un «convento» laico e teosofico ad Ascona, vicino a Locarno, che non venne realizzato ma pose le basi per la creazione, qualche anno più tardi, della nota comunità di Monte Verità24. Pioda nel 1889 pubblicò un opuscolo, intitolato Teosofia, che fu probabilmente la prima esposizione sistematica delle idee teosofiche in italiano25. La prima presenza certa della Società sul vol. I. (1874-1878), p. 409. Cfr. anche e. bratina, Appunti di storia del movimento teosofico in Italia, in «Rivista Italiana di Teosofia», XXXI, n. 11 (novembre 1975), p. 305. 21 Sulla storia della Società Teosofica in Italia si potrà consultare e. bratina e a. girardi, «Italy, Theosophy in», in Theosophical Encyclopedia cit., pp. 323-25; e. bratina, Appunti di storia cit., pp. 304-8; Società Teosofica Italiana, in Le religioni in Italia cit., pp. 818-23. Cfr. anche l’interessante documento La Società Teosofica in Italia (avvenimenti dal 1902 al 1945), in «Rivista Italiana di Teosofia», LVIII, n. 1 (gennaio 2002), pp. 4-5, originariamente apparso in «Società Teosofica Italiana - Bollettino», Savona, I, n. 1 (novembre 1945), pp. 4-6. È importante menzionare anche la monografia di a. capone, Giovanni Amendola e la cultura italiana del Novecento (18991914), Elia, Roma 1974, che dedica ampio spazio ai primi anni del movimento teosofico in Italia, e gli importanti studi di m. rossi, che si concentrano però su una sola delle correnti teosofiche italiane: cfr. Julius Evola e la Lega teosofica indipendente di Roma, in «Storia Contemporanea», XXV, n. 1 (febbraio 1994), pp. 39-55 (di cui vi è anche una traduzione inglese parzialmente rimaneggiata: Julius Evola and the Independent Theosophical Association of Rome, in «Theosophical History», VI, n. 3 [giugno 1996], pp. 107-14); e La Teosofia di fronte al Fascismo, in g. de turris (a cura di), Esoterismo e fascismo, Mediterranee, Roma 2006, pp. 53-62. 22 Cfr. e. bratina e a. girardi, «Italy, Theosophy in» cit., pp. 323. Cfr. però anche e. bratina, Appunti di storia cit., p. 305, dove la data indicata è il 1894. 23 Cfr. Italy, in the theosophical society - european section, Tenth Annual Convention, Held in London […] July 7th and 8th, 1900, s. l. d., p. 22. 24 Il progetto fu elaborato intorno al 1889 insieme a Franz Hartmann, R. Thurmann, e alla contessa Constance Wachtmeister, tutti membri eminenti della Società Teosofica. Cfr. v. gilardoni, Un terreno predisposto, in Monte Verità. Antropologia locale come contributo alla riscoperta di una topografia sacrale moderna, Armando Dadò - Electa, Locarno-Milano 1978, p. 10; e w. schönenberger, Monte Verità e le idee teosofiche, ibid., pp. 65-71. Cfr. anche r. landmann, AsconaMonte Verità. Auf der Suche nach dem Paradies, Huber Verlag, Frauenfeld-Stuttgart-Wien 2000, pp. 60-61; e. ries, Monte Verità, Ascona: Superficie e correnti sotterranee, in e. barone, m. riedl e a. tischel (a cura di), Eranos Monte Verità Ascona, Ets, Pisa 2003, pp. 219-30; e. bratina, Appunti di storia cit., p. 305. 25 a. pioda, Teosofia, Tipografia alle Terme Diocleziane di Giovanni Balbi, Roma 1889. Cfr. anche w. schönenberger, Monte Verità cit., pp. 65-66. L’opuscolo in realtà era un estratto da un Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 579 suolo italiano, agli inizi come semplice centro e poi come loggia, la si trova tuttavia a Roma a partire dal 1894. In quell’anno, sempre a Roma, fu creata anche la prima biblioteca teosofica italiana, grazie a un dono della Contessa Wachtmeister, che era stata a suo tempo amica e discepola diretta di Madame Blavatsky26. Già in quei primissimi anni si mise in evidenza Decio Calvari, che diventerà in seguito una delle figure più rappresentative del movimento teosofico in Italia e farà carriera come funzionario pubblico, sino a raggiungere il posto di segretario generale del parlamento italiano27. Calvari si fece subito notare anche a livello internazionale con la pubblicazione di un articolo su occultismo e teosofia in «The Theosophist», l’organo internazionale della Società28. L’articolo è interessante, perché insiste sugli aspetti pratici e operativi del «vero» occultismo, che viene identificato con la teosofia. Con questo Calvari, mentre prendeva implicitamente posizione su una delle questioni più problematiche della dottrina teosofica, mostrava anche quella che sarebbe stata una tendenza costante dell’esoterismo italiano del Novecento, compreso quello formatosi in ambito teosofico. La diffusione della Società in quel periodo sembra essere stata favorita da una vera e propria attività di tipo missionario da parte della dirigenza internazionale. Diversi delegati furono inviati o si recarono spontaneamente nei diversi paesi in cui la Società stava muovendo i suoi primi passi. Le figure più autorevoli della Società, come il presidente Olcott, Besant e Leadbeater si recarono spesso in Italia almeno a partire dalla fine degli anni novanta. Ma la persona che svolse un ruolo di coordinatrice sul campo fu Isabel Cooper-Oakley, che era stata a suo tempo amica e allieva della Blavatsky. Già nel 1897, e poi più stabilmente a partire dal 1899, la Cooper-Oakley passò lunghi periodi nel paearticolo che il Pioda aveva pubblicato nello stesso anno sulla rivista «Lux. Bollettino dell’Accademia internazionale per gli studi spiritici e magnetici». 26 Cfr. the theosophical society - european section, Seventh Annual Convention, Held in London […] July 10th and 11th, 1897, s. l. d., p. 21. In Constitution and Rules of the Theosophical Society […] together with List of Officers and Branches, Minerva Press, Madras 1895, p. 25, la sede del centro italiano per il 1894 viene indicata come Olevano Romano, paese a una sessantina di chilometri dalla capitale, dove probabilmente era andata a risiedere la Murphy, indicata come dirigente del centro. Sugli inizi del movimento teosofico in Italia, cfr. anche la testimonianza coeva di p. bornia, Gli esoteristi, in «Il Mondo Secreto», 11-12 (nov.-dic. 1899), pp. 556-57. 27 Nel 1897 Calvari risulta essere segretario della loggia di Roma, sotto la presidenza di Catherine Lloyd. Cfr. General Report of the Twenty-Second Anniversary of the Theosophical Society, Adyar 1897, p. 66. 28 d. calvari, Occultism and Theosophy, in «The Theosophist», XIX, n. 6 (marzo 1898), pp. 337-41. L’articolo era già stato pubblicato l’anno prima con il titolo Occultismo e teosofia, in Almanacco Italiano. Piccola enciclopedia italiana della vita pratica […] Anno III - 1898, R. Bemporad e figlio, Firenze 1897, pp. 401-3. 580 Marco Pasi se, viaggiando spesso da una città all’altra per favorire la creazione di centri locali29. A giudicare da commenti pubblicati nei resoconti ufficiali, sembra che agli inizi i dirigenti internazionali della Società abbiano nutrito qualche dubbio sul fatto che gli Italiani possedessero sufficienti capacità organizzative e maturità per dare una base stabile al movimento nel loro paese: Gli Italiani sono a tal punto privi di esperienza nella conduzione metodica degli affari, e la Teosofia, come sistema, è una tale novità per loro, che Mrs. CooperOakley incontrerà sicuramente molti ostacoli sul suo cammino. Questi dovranno essere rimossi prima che il movimento possa avere campo libero per diffondersi30. Non è difficile cogliere in queste righe l’eco di qualche pregiudizio anglosassone e protestante nei confronti dell’Europa meridionale e latina, «papista» e quindi superstiziosa e arretrata. Del resto, dal punto di vista della dirigenza internazionale della Società, l’ostacolo maggiore in Italia era sicuramente la forte influenza della Chiesa cattolica, resa ancora più ingombrante dalla presenza del Vaticano sul suolo nazionale31. E in effetti, come vedremo, la Chiesa non tarderà a farsi sentire, condannando le dottrine teosofiche nel loro insieme. Nonostante nei documenti ufficiali dell’epoca i membri italiani si mostrino estremamente riconoscenti nei confronti della Cooper-Oakley32, la sua presenza sembra avere provocato forti tensioni, che sfociarono in crisi aperta nel 190533. Questo fu dovuto probabilmente al suo caratte29 Cfr. the theosophical society - european section, Seventh Annual Convention cit.; o. cuffe, General Secretary’s Report, in id., Tenth Annual Convention cit., p. 7. Sulla Cooper-Oakley, cfr. la nota biografica di Boris de Zirkoff in h. p. blavatsky, Collected Writings cit., vol. XII. (1889-1890), pp. 730-34. Purtroppo la nota non si sofferma sul periodo italiano. 30 Italy, in «The Theosophist», XXII, n. 4 (gennaio 1901), p. 246. Ove non indicato altrimenti, tutte le traduzioni da testi originali sono mie. 31 Cfr. per esempio le osservazioni venate di inquietudine che Olcott fa nel 1902 nel presentare la situazione italiana (nel momento in cui, come vedremo, era stata creata una sezione nazionale autonoma della Società): «Per ragioni di prudenza, che non è necessario spiegare a chiunque conosca le relazioni intricate tra la Chiesa, lo Stato e il popolo italiano, non posso entrare nei dettagli sulla diffusione delle nostre idee in quella terra piena di storia e di bellezza; ci sono state nel passato troppe tragedie perché io possa prendermi il rischio di provocarne eventualmente delle altre» (New Sections, in General Report of the Twenty-Seventh Anniversary and Convention of the Theosophical Society, at Benares […] 1902, The Theosophical Society, Madras 1903, pp. 2-3). 32 Cfr. il verbale della Prima Convenzione della Sezione Italiana della Società Teosofica, tenutasi nel febbraio del 1902, in «Rivista Italiana di Teosofia», LVIII, 2 (feb. 2002), pp. 5-12. 33 La fonte è Guido Ferrando, che aveva fatto parte della Società ma se ne era successivamente allontanato: cfr. g. ferrando, La Società Teosofica, in «La Voce», I, n. 17 (8 aprile 1909), pp. 1-2. La vicenda vide come protagonista dello scontro con la Cooper-Oakley Giovanni Amendola, allora giovane membro della loggia romana ma già uno degli esponenti più in vista dell’intero movimento (cfr. a. capone, Giovanni Amendola cit., pp. 81-91). Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 581 re, deciso e poco incline ai compromessi, e del resto sembra logico pensare che lei stessa fosse all’origine dei commenti sull’immaturità degli Italiani. Nonostante questi screzi e qualche grave problema di salute, la Cooper-Oakley rimase in Italia sino al 1910, quando, considerando ormai il suo compito concluso, si spostò in Ungheria per aiutare a organizzare la sezione locale della Società34. Grazie ai suoi sforzi e a quelli dei primi aderenti – italiani o stranieri che fossero – il movimento conobbe un notevole successo, tanto è vero che nel 1902 vi furono abbastanza logge e membri per ottenere dalla dirigenza internazionale l’autorizzazione a creare una sezione italiana autonoma, con sede centrale a Roma. Al raduno che sancì la nascita della sezione presenziò anche Leadbeater come delegato del presidente Olcott35. In quei primi anni, centri sorsero velocemente in diverse città italiane, tra le quali (a parte la capitale) Firenze, Milano, Napoli, Bologna, Torino, Pisa e Genova36. Molti altri vennero creati negli anni a seguire. Come primo segretario generale della sezione italiana venne eletto il capitano Oliviero Boggiani, ma dopo solo un anno vi fu un primo cambio al vertice, con l’elezione di Decio Calvari, che era uno dei membri più autorevoli nel gruppo romano. Anche questi rimase però in carica per un periodo breve e gli succedette nel 1905 Otto Penzig, tedesco di nascita ma italiano di adozione, nonché noto professore di botanica dell’Università di Genova37. La sostituzione dopo soli due anni di Calvari, che si era dimostrato così attivo e capace sia prima sia durante il suo segretariato, fu senza dubbio collegata al conflitto che esplose in quell’anno nella sezione38. Bisogna osservare come questo cambio nella direzione anticipi di poco un’altra grave crisi che colpì la Società Teosofica nel suo insieme, legata allo scandalo di Leadbeater del 1906 e alla sua riammissione in seno alla Società dopo l’elezione della Besant a presidente39. Tra i vari contraccolpi che il movimento subì a causa di questa vicenda, vi fu anche, come abbiamo visto, la creazione di una Independent Theosophical League, con sede a Benares. Nel 1910 Calvari, insieme ad Au34 Cfr. Italy, in «The Theosophist», XXXI, n. 11 (agosto 1910), p. 1497. Cfr. Prima Convenzione cit. 36 Cfr. General Report of the Twenty-Eighth Anniversary and Convention of the Theosophical Society, at Adyar, Madras […] 1903, The Theosophical Society, Madras 1904, p. 114. 37 Cfr. a. besant, Our General Secretaries. IX Italy, in «The Theosophist», XLIV, n. 12 (settembre 1923), pp. 641-642b. 38 Si tratterebbe cioè delle tensioni che si erano create intorno alla figura della Cooper-Oakley, cui abbiamo fatto riferimento. 39 Questi aspetti vennero lungamente dibattuti dai membri italiani. Cfr. per esempio c. p. stauroforo, Il dissidio per l’elezione presidenziale nella S. T., Ars Regia, Milano s.d. [1907]. 35 582 Marco Pasi gusto Agabiti e al generale Carlo Ballatore, trasformò il gruppo romano da lui diretto (il «Roma») in una sezione italiana di questa nuova organizzazione teosofica. A partire da questo momento, in Italia vi furono almeno due entità che si richiamavano agli ideali del movimento teosofico: da una parte la sezione italiana della Società Teosofica con sede ad Adyar, diretta da Penzig sino alla fine della Prima guerra mondiale; dall’altra la sezione italiana della Lega Teosofica Indipendente, presieduta da Ballatore ma di fatto diretta da Calvari. Tra le altre cose, Calvari e Agabiti si proponevano di tornare alle radici della dottrina teosofica, con una rivalutazione delle opere della Blavatsky di contro alle distorsioni introdotte a suo avviso da Besant e Leadbeater40. 3. Aspetti significativi e impatto culturale. Alle origini il movimento teosofico ebbe in Italia (ma non solo in Italia) due anime, diverse se non apparentemente incompatibili. Da una parte esso attirava l’alta e media borghesia, dall’altra scrittori, artisti e letterati che spesso disprezzavano proprio i valori e la classe borghesi, visti come ostacolo per una radicale trasformazione sociale e culturale del paese. Per quanto riguarda i primi, Lucetta Scaraffia osserva che «facevano parte di una élite intellettuale e sociale: professori universitari, aristocratici, uomini politici e militari», in altre parole «l’alta borghesia laica, in genere ostile alla Chiesa»41, che desiderava rinnovare la cultura nazionale ma era lungi dall’essere radicale o rivoluzionaria. Per i secondi invece, la cultura italiana era ormai stantia e superata, e doveva essere rinnovata radicalmente, accogliendo da una parte gli stimoli che nei più diversi campi provenivano dai grandi paesi europei, e ponendosi dall’altra in continuità con la spinta palingenetica del Risorgimento, a volte persino con tentazioni autoritarie. Sarebbe problematico enfatizzare eccessivamente il contrasto tra l’anima borghese e quella antiborghese del movimento. È probabile che tra questi due poli esistesse una serie sfumata di posizioni, più che un’opposizione radicale e cosciente. Tuttavia questa polarità può aiutare a comprendere alcuni aspetti della scissione del 1907, ed è possibile supporre che la prima componente si sia trovata a suo agio soprattutto nel gruppo rimasto fedele alla Be40 Era un’esigenza sentita da diversi membri, anche a livello internazionale, che erano scontenti dell’indirizzo della Società durante la dirigenza di Besant e l’influenza di Leadbeater. Questo fenomeno venne definito «“Back to Blavatsky” movement» (cfr. j. ransom, A Short History cit., p. 441). 41 l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., p. 78. Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 583 sant, mentre la seconda sia stata rappresentata soprattutto dal gruppo di Calvari. L’esistenza di un’anima radicale e antiborghese spiega l’interesse che ebbero per il messaggio teosofico le avanguardie artistiche e letterarie del periodo precedente alla Grande guerra, che confluirono poi in parte nel futurismo, e che a Firenze, uno dei poli principali della diffusione del movimento teosofico in Italia, furono rappresentate soprattutto dal gruppo del «Leonardo» e delle Giubbe Rosse. E si può in ciò vedere ancora un paradosso, se si pensa a un Arturo Reghini che, mentre sta maturando una personale visione esoterica di stampo tradizionalista – comunque nutrita anche dalle suggestioni ricevute in ambito teosofico – frequenta con gusto l’ambiente del futurismo fiorentino42. Quella che avrebbe dovuto essere una radicale opposizione di principio tra l’esaltazione dell’ultramoderno da una parte e il culto dell’ultratradizionale dall’altra, si stemperava nella comune rivolta contro i dogmi del positivismo materialistico e i valori borghesi. Del resto, nel movimento guidato a Firenze da Papini e Soffici, anche quando non vi era un interesse ad aderire direttamente alla Società Teosofica, vi era almeno alle origini un’evidente simpatia nei suoi confronti. Papini nella inquieta ricerca di trascendente di quegli anni vedeva nella diffusione del movimento teosofico in Italia un segnale positivo, perché indicava un «ritorno di bisogni spirituali e religiosi» che, pur ponendosi in contrasto con l’aridità razionalista del positivismo, non poteva più essere incanalato nelle forme tradizionali, e cioè in particolare nella Chiesa cattolica43. Un altro degli aspetti più interessanti dell’impatto del movimento teosofico sul panorama esoterico e spiritualista italiano non sembra avere ricevuto molta attenzione dalla critica. Si può notare come, nel momento in cui il movimento teosofico muove i suoi primi passi in Italia, si avvii un lavoro di esplorazione in chiave nazionale delle tradizioni esoteriche. Si cercano cioè le radici di uno sviluppo autoctono dell’esoterismo, che si possa considerare alternativo o complementare ad altre tradizioni esoteriche (in primis quella «orientale» su cui soprattutto si orienta la Società Teosofica di stretta obbedienza blavatskyana, ma anche 42 Caso analogo si avrà poi con Julius Evola che, dopo la giovanile esperienza dadaista, approda al tradizionalismo guénoniano. Per la frequentazione da parte di Reghini delle Giubbe Rosse, la collaborazione al «Leonardo» e l’amicizia con Papini, cfr. a. hermet, La ventura delle riviste. Leonardo, La Voce, Lacerba, La Ronda, Il Selvaggio, Solaria, Il Frontespizio, Campo di Marte, Vallecchi, Firenze 1987, passim; a. viviani, Giubbe Rosse. Il caffè fiorentino dei futuristi negli anni incendiari 1913-15, Barbera, Firenze 1964, passim. Importante anche la testimonianza di g. papini, La Biblioteca Teosofica, in id., Passato remoto 1885-1914, L’Arco, Firenze 1948, pp. 124-29. 43 g. papini, Franche spiegazioni (A proposito di rinascenza spirituale e di occultismo), in «Leonardo», V, n. 2 (aprile-giugno 1907), pp. 129-43. 584 Marco Pasi una tradizione occidentale «nordica», ispirata da figure come Paracelso, Boehme, il rosacrocianesimo, la Naturphilosophie, la cui eredità verrà più tardi rivitalizzata da Steiner). Questo lavoro di riflessione e di ricerca è ovviamente collegato – se non ne è all’origine – al concetto di scuola ermetico-italica che si formerà in ambito kremmerziano in quegli stessi anni e a quello di tradizione pitagorico-italica che verrà successivamente elaborato da Reghini e dai suoi collaboratori. Sembra evidente che questo aspetto sia riconducibile alla particolare temperie culturale dell’epoca, in un periodo in cui i richiami del Risorgimento erano ancora vivi e si facevano sentire le spinte irredentiste e nazionaliste che avrebbero trovato sfogo nell’interventismo. Il desiderio di riscoprire una tradizione esoterica specificamente italiana condusse alcuni membri della sezione italiana della Società Teosofica, fra cui l’allora segretario Decio Calvari, giovani come Arturo Reghini e Balbino Giuliano, ma anche la stessa Cooper-Oakley, a studiare la fioritura neoplatonica ed ermetica del Rinascimento italiano prima che essa diventasse oggetto di ricerca privilegiato da parte di studiosi accademici di valore (in Italia, soprattutto a partire da Paul Oskar Kristeller ed Eugenio Garin). Tutto fa pensare del resto che non si sia trattato di una semplice comunanza d’intenti coagulatasi casualmente, ma che vi sia stata un’intenzione programmatica, di cui così dava conto Calvari nel 1904, in occasione del primo convegno delle sezioni europee della Società Teosofica: Si è dato inizio anche a un altro lavoro, che verrà ulteriormente sviluppato nell’autunno prossimo. Esso consiste nello studio particolare della nostra [cioè: italiana] tradizione mistica, che presenta un tal numero di punti in comune con il nostro [cioè: della Società Teosofica] insegnamento, come lo dimostrano le ricerche sulle opere dei grandi scrittori e pensatori del Rinascimento. Attraverso la creazione di una Biblioteca Filosofico-religiosa e di una Associazione per lo svolgimento di Conferenze Pubbliche, cercheremo di far tornare in vita a Firenze la grande idea neoplatonica che ha avuto nel Quattrocento rappresentanti della grandezza di Marsilio Ficino e Leonardo da Vinci44. E infatti gli Atti stessi del convegno recano testimonianza, tramite gli interventi dei membri italiani, di un notevole interesse per autori come Marsilio Ficino e Giovanni Pico della Mirandola, o anche per figure «minori» come Giuseppe Borri, oggetto di ricerche in particolare di Calvari45. 44 d. calvari, Resumé du Mouvement Théosophique en Italie, in j. van manen (a cura di), Transactions of the First Annual Congress of the Federation of the European Sections of the Theosophical Society, Held in Amsterdam, June 19th, 20th and 21st, 1904, Brill - Published for the Council of the Federation, Amsterdam 1906, pp. 381-82. 45 Cfr. i. cooper-oakley, Traces of the “Wisdom”-Teaching in the Italian Renaissance; d. calvari, Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 585 Ma uno degli esempi più interessanti di questa tendenza è quello offerto da Balbino Giuliano, allora membro non ancora trentenne della Società Teosofica ma destinato a diventare nel 1929, dopo una brillante carriera accademica e politica, ministro fascista dell’Educazione nazionale. In quella veste fu l’artefice materiale del giuramento di fedeltà al fascismo dei docenti universitari, come ricorda nella sua autobiografia l’orientalista Giorgio Levi Della Vida, che in gioventù (intorno al 1903-904) aveva condiviso con lui e con Giovanni Amendola la frequentazione della sede romana della Società Teosofica46. Proprio nel 1904, Giuliano pubblica un libro sulla dottrina esoterica di Marsilio Ficino47. Il libro è una lunga tirata polemica contro la monumentale storia dell’Accademia Platonica fiorentina di Arnaldo Della Torre, pubblicata appena due anni prima48. Giuliano rimprovera a Della Torre un intento apologetico, nel voler a tutti i costi fare di Ficino un buon cattolico ortodosso, cosa a suo avviso infondata. Egli intende invece sottolinearne gli aspetti «eretici» ed esoterici, ed evidenziare le analogie del suo pensiero con le moderne dottrine teosofiche, soprattutto nella versione besantiana. Tentativo certo maldestro, come ha avuto modo di notare Garin49, ma che nondimeno si inseriva in uno sforzo di rilettura dei grandi autori del Rinascimento italiano, facendone risaltare aspetti che a lungo la critica aveva voluto ignorare. Un altro esempio interessante è la lettura che un paio di anni più tardi, ancora nel pieno della sua fase teosofica, il giovane Reghini fa di Un filosofo ermetico italiano del secolo xvii, ibid., pp. 149-54 e 179-99. Gli Atti contengono anche un intervento di Reghini, ma su tutt’altro argomento: Il meccanismo della visione e la quarta dimensione, pp. 307-13. Su Borri il Calvari pubblicò poco tempo dopo una monografia dallo stesso titolo: Un filosofo ermetico italiano del secolo xvii: Francesco Giuseppe Borri, Ars Regia, Milano 1907. 46 Cfr. g. levi della vida, Fantasmi ritrovati, Liguori, Napoli 2004, pp. 120-23. Levi Della Vida fu uno dei pochissimi che rifiutarono di prestare giuramento, e ne dovette subire le tristi conseguenze, aggravate in seguito, essendo ebreo, dalle leggi razziali. Cfr. anche g. boatti, Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Einaudi, Torino 2001, in particolare p. 118. 47 b. giuliano, L’idea religiosa di Marsilio Ficino e il concetto di una dottrina esoterica, Scienza e diletto, Cerignola 1904. Curiosamente, Levi Della Vida nella sua autobiografia si confonde, attribuendo a Giuliano un libro non suo, anche se pubblicato nello stesso anno, e cioè Il sodalizio pitagorico di Crotone di Alberto Gianola, Zanichelli, Bologna 1904, il cui titolo del resto riporta in modo impreciso. Anche Gianola, allora insegnante di scuola media e autore di numerosi studi sul pitagorismo antico, frequentava gli ambienti teosofici. I suoi studi pitagorici rappresentano un altro tassello della costruzione di questa identità esoterica nazionale che si stava formando in ambito teosofico e parallelamente in quello massonico. 48 a. della torre, Storia dell’Accademia Platonica di Firenze, Regio Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento, Firenze 1902. 49 Cfr. e. garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1943, vol. I, Laterza, Bari 1966, p. 43, n. 21. Altrove lo stesso Garin aveva richiamato l’attenzione sull’entusiasmo per il platonismo ficiniano come moda occultista del tempo (cfr. id., Ritratti di umanisti, Sansoni, Firenze 1967, p. 43). 586 Marco Pasi Giordano Bruno sul «Leonardo», sottolineandone gli aspetti magici e pitagorici, e ponendosi quindi in contrasto con l’interpretazione positivista corrente, che vedeva nel filosofo nolano soprattutto un martire del libero pensiero e della scienza moderna50. Senza voler forzare troppo le analogie, Reghini sembra qui anticipare idealmente la visione di Bruno come mago «ermetico», proposta negli anni sessanta da Frances Yates e che, pur con qualche aggiustamento, ha profondamente modificato il modo di intendere l’opera bruniana51. Ma la diffusione del movimento teosofico in Italia non stimolò solo la ricerca delle radici storiche di una tradizione esoterica specificamente italiana. Risvolti analoghi si ebbero anche in ambiti diversi, come si evince da un passo della già citata relazione di Calvari al convegno teosofico europeo del 1904: desidero menzionare la recente costituzione a Livorno di un Gruppo composto interamente di membri ebrei italiani, molto intelligenti e pieni di zelo; la Sezione Italiana spera molto da loro in futuro. Per loro, la Teosofia e i suoi insegnamenti non sono un nuovo linguaggio, essendo tutti studenti e ammiratori delle opere filosofiche e teologiche del gran rabbino Elia Benamorzegh [sic] il quale, diversi anni prima della fondazione della Società Teosofica, scriveva sulla Teosofia e parlava della reincarnazione, per come l’aveva ritrovata nel Talmud. Il presidente del gruppo, il rabbino Arrigo Lattes, è stato un allievo di Benarmozegh [sic], e la devozione che nutre nei confronti del suo maestro e l’ammirazione per le nostre dottrine – che in parte sono per lui una conferma di idee già note – lo spingono a lavorare con ardore per la causa teosofica52. Se è vero che diversi intellettuali italiani di origine ebraica, come lo stesso Levi Della Vida, aderirono o simpatizzarono con il movimento teosofico senza che questo li conducesse a un rinnovato entusiasmo per la loro religione di origine, appare ancora più interessante il fatto che per altri l’accostamento alla teosofia sembra essersi fatto con un senti50 a. reghini, Giordano Bruno smentisce Rastignac, in «Leonardo», IV, n. 19 (febbraio 1906), pp. 51-54. Non bisogna dimenticare che Bruno era un autore particolarmente riverito in seno alla Società Teosofica, dato che la Besant sosteneva di esserne la reincarnazione. Ma in quel caso ci si può chiedere se, più che una reale conoscenza del lato mistico ed ermetico del filosofo, non pesassero per la Besant i trascorsi preteosofici di adepta del libero pensiero. 51 Cfr. le pertinenti osservazioni di n. m. di luca, Arturo Reghini. Un intellettuale neo-pitagorico tra massoneria e fascismo, Atanòr, Roma 2003, pp. 20-21. Il riferimento ovviamente è a f. yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza, Roma-Bari 1989 (ed. or. 1964). 52 d. calvari, Resumé cit., p. 382. Purtroppo non ho trovato altre informazioni su questo gruppo teosofico di Livorno, sul quale ulteriori ricerche sarebbero necessarie. Si può forse trovare un’altra traccia dell’esistenza di questo gruppo nella pubblicazione di un articolo su Benamozegh e la teosofia in uno dei primi numeri di «Ultra», la rivista creata e diretta da Calvari nel 1907, sulla quale torneremo. L’autore dell’articolo era il biografo di Benamozegh, Guglielmo Lattes: cfr. g. lattes, Elia Benamozegh e la teosofia, in «Ultra», I, n. 5 (ottobre 1907), pp. 233-38. «Ultra» pubblicò in seguito anche diversi articoli di quell’Arrigo Lattes citato da Calvari nella sua relazione al convegno europeo. Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 587 mento di tipo identitario, all’insegna di un ebraismo vissuto con partecipazione e che già aveva riscoperto, indipendentemente dall’influenza teosofica, il suo lato mistico. Un altro aspetto che merita qualche osservazione è il rapporto con il femminismo. Come abbiamo ricordato all’inizio, sin dagli esordi la Società Teosofica si fece interprete di idee, in campo sociale e culturale, tipicamente progressiste. I forti legami che vi furono tra il movimento teosofico angloamericano e quello per l’emancipazione femminile si confermarono anche nel contesto italiano53. In effetti, le donne (straniere ma non solo) furono una presenza importante nelle logge italiane sin dagli inizi, ed ebbero spesso compiti di responsabilità e ruoli attivi nella promozione del movimento. Ma, a parte la forte presenza femminile, significativa ma di per sé non determinante, bisogna notare come una comune «rete politico-culturale internazionale» collegasse il movimento teosofico all’élite del femminismo italiano54. Forse la figura più rappresentativa di questo legame fu Maria Montessori, che fu non solo autrice di un sistema pedagogico fortemente innovativo, ma anche convinta sostenitrice dell’emancipazione femminile. La Montessori aderì già nel 1899 alla Società Teosofica, alla quale rimase legata negli anni a venire, tanto che si trovò a passare gli anni della Seconda guerra mondiale ad Adyar, nella sede internazionale della Società55. Come osserva la Scaraffia, «non si trattò di un’adesione superficiale: il pensiero pedagogico della Montessori, i suoi scritti filosofico-femministi riportano notevoli tracce dell’influenza teosofica»56. La Montessori, le cui proposte pedagogiche ebbero risonanza mondiale e hanno tuttora grande influenza, è l’esempio più significativo del connubio tra femminismo e teosofia in Italia, ma non è che uno fra i molti. Qualche considerazione dovrebbe essere fatta anche sui rapporti tra movimento teosofico e massoneria. Si tratta di una questione complessa, che non è stata ancora studiata adeguatamente e che non potrà essere affrontata qui in tutta la sua complessità57. Il legame tra queste due realtà si creò in modo abbastanza naturale. Da una parte la componen53 Sul rapporto tra movimento teosofico e femminismo cfr. j. dixon, Divine Feminine cit.; l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., che si concentra anche sul contesto italiano (cfr. in part. pp. 77-119). 54 Ibid., p. 89. 55 Ibid. Cfr. anche m. schwegman, Maria Montessori, il Mulino, Bologna 1999; v. p. babini e l. lama, Una donna «nuova». Il femminismo scientifico di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2000. 56 l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., p. 89. 57 Su questo aspetto possono essere ancora utili, con la dovuta cautela, le osservazioni e i dati riportati da r. guénon, Il teosofismo cit., pp. 258-65. 588 Marco Pasi te anticlericale, dall’altra quella esoterica e spiritualista, non potevano che avvicinare il movimento teosofico a quelle realtà massoniche che mostravano in quel periodo tendenze analoghe. E infatti Madame Blavatsky fu sin dagli inizi coinvolta in varie iniziative massoniche di frangia tramite il suo contatto inglese John Yarker58. Allo stesso modo, molti teosofi della prima ora, tra cui lo stesso Olcott, furono anche massoni. Nel 1902, anche Annie Besant si avvicinò alla massoneria, quando entrò a far parte della massoneria mista del Droit Humain, detta anche co-massoneria, che era stata creata in Francia qualche anno prima. La Besant vi farà una rapida carriera sino a raggiungerne i vertici59. A partire da questo momento, la co-massoneria diventerà l’obbedienza massonica privilegiata per i membri della Società Teosofica. La co-massoneria arriva infatti ben presto anche in Italia, e già nel 1905 la Besant inaugura la prima loggia a Roma60. La co-massoneria era una forma particolare di obbedienza massonica, da una parte formatasi in ambienti femministi e dall’altra senza particolari propensioni per la ricerca spirituale o esoterica. Altri membri della Società Teosofica italiana furono invece attratti da forme massoniche più tradizionali o, alternativamente, più aperte a interessi di tipo esoterico. Fu il caso di un Giovanni Amendola61, ma ancor più di un Arturo Reghini62, che coltiverà in seguito il sogno di dare un’anima spirituale e pitagorica alla massoneria italiana tramite l’avventura del Rito Filosofico Italiano63. E altre connessioni del movimento teosofico con il mondo della massoneria di frangia non sono difficili da trovare, se si pensa che sin dai suoi inizi (1904) la loggia teosofica di Palermo era diretta dalle stesse persone (Giovanni Sottile e Giuseppe Sulli-Rao) che nel 1921, insieme a Reginald Gambier Macbean, avrebbero risvegliato proprio nel capoluogo siciliano il Rito di Memphis64. 58 Cfr. ibid., pp. 259-61. Cfr. anche e. howe, Fringe Masonry in England, 1870-1885, Holmes Publishing Group, Edmonds 1997, pp. 43 e 62-63, nota 92. 59 Cfr. l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., pp. 65-69; y. hivert-messeca, «Besant», in Encylopédie de la franc-maçonnerie, a cura di E. Saunier, Le Livre de Poche, Paris 2000, pp. 79-80. Cfr. anche r. guénon, Il teosofismo cit., pp. 262-65. 60 Cfr. y. hivert-messeca, «Besant» cit., p. 80. 61 Cfr. a. capone, Giovanni Amendola cit.; b. bisogni, Giovanni Amendola teosofo e massone, in c. castellacci et al. (a cura di), La Libera Muratoria. Massoneria per problemi, SugarCo, Milano 1978, pp. 109-12. 62 Cfr. n. m. di luca, Arturo Reghini cit., pp. 29-78. 63 Cfr. r. sestito, Storia del Rito Filosofico Italiano e dell’Ordine Orientale Antico e Primitivo di Memphis Mizraìm, Libreria Chiari, Firenze 2003. 64 Cfr. General Report of the Twenty-Ninth Anniversary and Convention of the Theosophical Society, held at Benares […] 1904, The Theosophical Society, Madras 1905, p. 117; g. ventura, I Riti Massonici di Misraïm e Memphis, Brancato, Catania 1991, p. 107; s. caillet, La franc-maçonnerie Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 589 Il successo dei primi anni del movimento teosofico in Italia si spiega tra l’altro con la rete di iniziative culturali, di riviste, di pubblicazioni che furono promosse dalla sezione. Un ruolo fondamentale spetta senza dubbio alla creazione di biblioteche di prestito collegate ai maggiori centri. In questo la sezione italiana non faceva altro che adottare una formula che era divenuta prassi ovunque la Società mettesse radici, vista l’importanza che veniva data alla lettura sia come ricerca personale sia per la trasmissione delle dottrine teosofiche. Le due biblioteche più importanti furono quelle di Roma e di Firenze. Abbiamo visto come Calvari, allora segretario generale della sezione italiana, presentasse nel 1904 la creazione della biblioteca di Firenze ai suoi colleghi europei, e la inserisse in un programma di riscoperta della tradizione esoterica rinascimentale. Anch’essa, come quella di Roma, fu creata grazie a una donazione di una ricca signora inglese, amica della Cooper-Oakley: Julia H. Scott65. La biblioteca fu diretta per un certo periodo da Arturo Reghini, e, dopo aver cambiato il suo nome ed essere divenuta «Biblioteca filosofica» (pur mantenendo molti dei suoi caratteri originari), divenne un punto d’incontro per il gruppo dei leonardiani (Papini e Prezzolini in testa), che vi tennero diverse conferenze. Le conferenze e le lezioni in effetti erano, a parte il prestito di libri, una delle attività principali gestite dalla biblioteca. Tra i relatori, a parte lo stesso Reghini e i leonardiani già citati, troviamo nomi di teosofi più o meno noti: Balbino Giuliano, Guido Ferrando, Roberto Assagioli, ma anche un importante esponente del modernismo come padre Salvatore Minocchi66. In alcuni casi, le conferenze venivano poi raccolte in volume e pubblicate67. égyptienne de Memphis-Misraïm, Dervy, Paris 2003, p. 199. Sottile e Sulli-Rao erano avvocati di Palermo. Il secondo aveva anche creato a Milano «Ars Regia», che per diversi anni fu la casa editrice ufficiale della Società Teosofica in Italia. Macbean era stato console britannico prima a Genova e poi a Palermo, oltre a essere corrispondente dall’Italia per l’agenzia di stampa Reuters. Secondo alcune fonti aveva contribuito sin dagli inizi alla diffusione del movimento teosofico in Italia, collaborando alla creazione proprio dei centri di Genova e di Palermo (cfr. e. bratina, Appunti di storia cit., p. 305). Sappiamo che il Sulli-Rao era già attivo nel rito nei primi anni del Novecento, come attesta una sua lettera a Giovanni Amendola del 14 luglio 1904 (cfr. g. amendola, Carteggio 1897-1909, a cura di E. d’Auria, Laterza, Roma-Bari 1986, pp. 98-99), in cui cercava di convincerlo ad aderire e a farsene promotore nell’Italia settentrionale. Nel 1921 fu il Macbean a diventare Gran Maestro del rito: cfr. [r. gambier macbean], Cenni sul Antico e Primitivo Rito Orientale di Memphis, raccolti da R. G. M., s.e., Palermo 1923 (ed. ingl. id., Notes on the A. and P. Oriental Rite of Memphis, Adyar 1927). 65 Cfr. g. papini, La Biblioteca Teosofica cit., p. 124. Più in generale, sulla biblioteca, cfr. s. cigliana, Futurismo esoterico cit., pp. 47-66. 66 Cfr. ibid., pp. 54-55. 67 Per un esempio significativo, si vedano le conferenze raccolte in b. giuliano, g. ferrando e a. reghini, Per una concezione spirituale della vita. Conferenze, Biblioteca filosofica e successori Seeber, Firenze 1908. Cfr. anche il commento che ne fa Garin in Cronache cit., p. 40. 590 Marco Pasi Ben presto la biblioteca di Firenze divenne una delle realtà più vivaci nel panorama culturale della città. In seguito cambiò il suo nome, passando da Biblioteca teosofica a Biblioteca filosofica, e perdendo gradualmente la caratterizzazione esoterica che aveva avuto all’inizio. Ma è certo che molte persone si avvicinarono alla teosofia anche grazie alle iniziative coordinate da Reghini presso la biblioteca. Per quanto riguarda le riviste, il movimento teosofico dispose subito di periodici attraverso i quali diffondere le sue idee, come «Nova Lux» (1897-98) e «Teosofia» (1897-1901). Ma la rivista più importante e longeva fu senza dubbio «Ultra», creata da Calvari nel 1907, prima che si consumasse la crisi che avrebbe spaccato in due la sezione italiana, e poi da lui diretta per molti anni68. Quando nel 1910 il gruppo romano da lui diretto passò a far parte della Lega Teosofica Indipendente, «Ultra» ne divenne l’organo ufficiale. Nel corso degli anni, a «Ultra» collaborarono nomi rappresentativi dell’esoterismo italiano, tra cui, oltre a Reghini, Julius Evola, Roberto Assagioli (che ne fu vicedirettore), Augusto Agabiti (che la diresse tra il 1914 e il 1918), il filosofo Adriano Tilgher e il poeta Arturo Onofri. Bisogna notare che l’impatto delle idee teosofiche in Italia andò al di là del petit monde dell’esoterismo. Secondo Scaraffia, «fino agli anni trenta, un po’ tutta la cultura italiana era permeata dalle influenze teosofiche»69. L’osservazione è forse un po’ iperbolica, ma rimane pur vero che il movimento teosofico penetrò a fondo nel tessuto culturale del paese, lasciando tracce che aspettano ancora di essere raccolte e studiate per offrire un quadro d’insieme soddisfacente. Ciò è vero soprattutto per il periodo che arriva sino alla Prima guerra mondiale, durante il quale la dottrina teosofica si propose con il fascino dirompente della rottura e della novità. Abbiamo visto come personaggi destinati ad avere un ruolo significativo nella vita culturale e politica italiana, come Giovanni Amendola o Maria Montessori, abbiano avuto nella Società Teosofica esperienze formative importanti. Lo stesso si può dire di intellettuali come Giorgio Levi Della Vida. E anche in Italia, come in altri paesi europei, il fascino per le idee teosofiche si fece sentire sulle avanguardie, in particolare il futurismo, che cercavano forme radicalmente nuove di espressione artistica70. Echi di insegnamenti teosofici si troveranno 68 Cfr. m. rossi, Julius Evola cit. Cfr. anche, più in generale, f. s. festa, Teosofia ed esoterismo nelle riviste italiane della prima metà del ’900, in e. barone, m. riedl e a. tischel (a cura di), Eranos Monte Verità Ascona cit., pp. 137-52. 69 l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., p. 79. 70 Cfr. s. cigliana, Futurismo esoterico cit., passim; g. celant, Futurism and the Occult, in «Artforum», XIX, n. 5 (gennaio 1981), pp. 36-42. Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 591 poi in scrittori famosi e per il resto diversissimi come Fogazzaro e Pirandello71. Si dovrebbe riflettere inoltre su come l’impatto del movimento teosofico, tacciato spesso di sincretismo religioso proprio per la tendenza a unire in sintesi le diverse tradizioni religiose dell’umanità, possa avere influito sui primi sviluppi dello studio scientifico del fenomeno religioso in Italia. Abbiamo visto il caso di Levi Della Vida, destinato a una brillante carriera di studioso come semitista. Ma non ci si stupirà di incontrare qui un altro autore assai noto, che cominciava proprio in quegli anni a riflettere su come importare in Italia lo studio storico-scientifico delle religioni, e che si lasciò incuriosire dalla diffusione delle idee teosofiche. Si tratta di Raffaele Pettazzoni, che nel 1907 progettava di scrivere un articolo su «Teosofia e storia delle religioni», da pubblicare sulla rivista teosofica «Ultra»72. Infine, un ultimo aspetto da tenere presente per questa prima fase del movimento teosofico in Italia è quello della reazione cattolica, che, come abbiamo detto, non si fece attendere73. Questa reazione va inquadrata nel contesto di quella più ampia che nei primi anni del secolo la Chiesa manifestò nei confronti del modernismo, che giunse al suo culmine nel 1907 con la promulgazione da parte di Pio X dell’enciclica Pascendi. Dal punto di vista cattolico vi era affinità, se non oggettiva complicità, tra il movimento teosofico e quello modernista. E infatti, come nel caso del modernismo, la questione della teosofia fu affrontata soprattutto dai gesuiti, che erano da tempo in prima linea per difendere la Chiesa dalla minaccia delle nuove eresie contemporanee, tra cui la massoneria e lo spiritismo. Del resto, la stessa stampa teosofica aveva in parte giustificato le illazioni di parte cattolica, dato che le prese di posizione a favore del modernismo dopo il colpo di scure della Pascendi erano state assai nette ed esplicite74. In Italia, la risposta cattolica fu affidata soprattutto a Gioachino Ambrosini e Giovanni Busnelli, entram71 Su Pirandello, cfr. a. r. pupino, Pirandello. Maschere e fantasmi, Salerno Editrice, Roma 2000, passim. Su Fogazzaro, cfr. infra. 72 Cfr. m. gandini, Raffaele Pettazzoni autodidatta nello studio della storia delle religioni e alunno della scuola italiana di archeologia (1905-1907). Materiali per una biografia, in «Strada maestra», n. 32 (1992), p. 214. Non risulta che l’articolo sia mai stato scritto. 73 Sulla questione, cfr. j. rousse-lacordaire, Ésotérisme et christianisme. Histoire et enjeux théologiques d’une expatriation, Les Éditions du Cerf, Paris 2007, pp. 203-11 e, soprattutto per il modo in cui la questione si trovò collegata a quella del femminismo, l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., pp. 104-11. 74 Cfr. From Italy, in «The Theosophist», XXVIII, n. 12 (settembre 1907), pp. 939-41; w. h. k.[irby], Italy, ivi, XIX, n. 2 (novembre 1907), pp. 191-92; w. [h. kirby], Italy, ivi, n. 6 (marzo 1908), p. 565. 592 Marco Pasi bi della Compagnia di Gesù75. Il libro di Ambrosini fu pubblicato nello stesso anno della Pascendi e il suo titolo, Occultismo e Modernismo, non lascia dubbi sul fatto che il contesto in cui si inseriva la questione era proprio quello della lotta al modernismo. In effetti il libro cerca di dimostrare che la vera fonte dell’eresia modernista non è altro che l’occultismo, in particolare nella sua versione teosofica. L’autore se la prende in particolare con Antonio Fogazzaro, reo di aver manifestato nel suo romanzo Il Santo (1905) un’evidente infatuazione per le idee moderniste, e di avere citato qua e là Madame Blavatsky76. Per Ambrosini questa era la dimostrazione che il teosofismo si celava nelle pieghe più oscure del modernismo, e ne modellava nell’ombra la fisionomia. Più posato e informato invece il libro di Busnelli, basato su articoli precedentemente pubblicati ne «La Civiltà Cattolica». Nei suoi quattro sostanziosi volumi le dottrine teosofiche vengono passate al setaccio per evidenziarne l’incompatibilità con quelle cattoliche. E non è difficile immaginare i punti dolenti su cui batte il martello di padre Busnelli: il concetto di Dio, la reincarnazione, la cosmogonia emanazionista e panteista, la pretesa di autodivinizzazione dell’uomo tramite pratiche di tipo iniziatico o magico. Infine, nel 1919, la Chiesa si mosse anche formalmente, con una condanna del movimento teosofico da parte del Sant’Uffizio che sancì una presa di posizione definitiva sulla questione e rese la teosofia poco appetibile per chi desiderasse rimanere buon cattolico77. 4. Dalla fine della Prima guerra mondiale alla fine del fascismo. Passata la tempesta della Grande guerra, e con l’avvento del fascismo, si aprì una stagione nuova che, dopo un primo periodo di rinnovato sviluppo, doveva in seguito condurre a una fase di difficoltà e di declino del movimento teosofico nel suo insieme. 75 Cfr. g. ambrosini, Occultismo e Modernismo: lettere familiari ad un amico, Tipografia Arcivescovile, Bologna 1907; g. busnelli, Manuale di Teosofia, 4 voll., Civiltà Cattolica, Roma 19091915. 76 Per una reazione al libro dell’Ambrosini da parte teosofica, cfr. w. [h. kirby], Italy, in «The Theosophist», XIX, n.7 (aprile 1908), pp. 662-64. William Kirby, cittadino inglese residente in Italia, era membro della loggia teosofica di Genova e corrispondente per l’Italia del «Theosophist». 77 Così recita il testo della condanna: «An doctrinae, quas hodie theosophicas dicunt, componi possint cum doctrina catholica; ideoque an liceat nomen dare societatibus theosophicis, earum conventibus interesse, ipsarumque libros, ephemerides, diaria, scripta legere. […] Negative in omnibus» (sanctum officium, De theosophismo, in Acta Apostolicae Sedis, 9 [1919], p. 317, cit. in j. rousse-lacordaire, Ésotérisme et christianisme cit., pp. 205-6, n. 1). Cfr. anche La condanna della teosofia nel recente decreto del S. Offizio, in «La Civiltà Cattolica», III (1919), pp. 272-76; g. busnelli, Teosofia e teologia, in «Gregorianum», I (1920), pp. 154-59. Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 593 Nei primi anni del dopoguerra l’elemento nuovo fu l’affermarsi del movimento antroposofico, che come abbiamo visto era stato creato da Steiner in Germania nel 1913. Abbiamo accennato all’attrazione che l’antroposofia esercitò in Italia su diverse persone dapprima legate alle realtà del movimento teosofico78. In effetti l’organizzazione di Steiner si diffuse nella penisola soprattutto dopo la Prima guerra mondiale e conobbe un successo notevole, avvalendosi di persone capaci come Giovanni Antonio Colonna, duca di Cesarò, sua madre Emmelina de Renzis, Giovanni Colazza e Arturo Onofri. Colonna di Cesarò in particolare fu un uomo politico importante negli anni successivi alla Prima guerra, quando fondò il Partito Democratico Sociale ed ebbe un incarico di ministro del primo governo Mussolini, per diventare poi uno dei protagonisti dell’Aventino insieme a Giovanni Amendola. Il primo circolo steineriano, cui venne dato significativamente il nome «Novalis», fu creato intorno al 1911 a Roma da Giovanni Colazza, che aveva fatto parte sino ad allora della Società Teosofica. Ad esso ne seguirono altri negli anni successivi, sino alla fondazione a Trieste, nel 1931, della Società Antroposofica d’Italia, seguita poi da un’analoga iniziativa a Roma79. Un aspetto interessante dell’antroposofia in Italia è che essa riuscì a sopravvivere e quasi a prosperare durante il periodo fascista. Un aiuto le venne dato anche da una circostanza favorevole, e cioè dal fatto che l’editore Laterza, nonostante i rimbrotti di Croce, si decise a pubblicare una serie di traduzioni di opere di Steiner nella sua collana «Studi religiosi, iniziatici, ed esoterici» (altresì detta «Biblioteca esoterica»), rendendo così agevole a un vasto pubblico l’accesso diretto ai testi del fondatore dell’antroposofia80. Tra il 1919 e il 1932 l’editore barese pubblicò non meno di sette opere di Steiner, cui si aggiunsero otto libri di Édouard Schuré, l’autore dei Grandi iniziati, che di Steiner era diventato amico e discepolo. L’insistenza su questo filone testimonia del successo di vendita, aspetto che del resto era la ragione stessa di esistenza per la collana in questione. Daniela Coli fa notare come la fortuna di cui Steiner godette in Italia, anche grazie a Laterza, fu abbastanza singolare. Infatti, da una par78 Sulla storia del movimento antroposofico in Italia la letteratura è scarsa: cfr. e. pappacena, Di alcuni cultori della scienza dello Spirito (cenni, note, profili), Andriola, Palo del Colle 1971 e lo studio di m. beraldo, Il movimento antroposofico italiano durante il regime fascista, in «Dimensioni e Problemi della Ricerca Storica», I (2002), pp. 145-79. Il saggio è stato successivamente ripreso in L’Antroposofia e il suo rapporto con il Regime Fascista, in g. de turris (a cura di), Esoterismo e fascismo cit., pp. 77-106. 79 m. beraldo, L’Antroposofia cit., pp. 86-87. 80 Cfr. d. coli, Il filosofo, i libri, gli editori. Croce, Laterza e la cultura europea, il Mulino, Bologna 1983, p. 219. 594 Marco Pasi te le sue opere furono lette negli anni trenta con molto interesse negli ambienti dell’antifascismo giovanile, dall’altra colui che spinse Laterza a pubblicarlo in Italia fu Giovanni Preziosi, fascista radicale noto per il suo ruolo nella diffusione della propaganda antisemita in Italia tramite il giornale da lui diretto, «La Vita Italiana», e per la sua attività di pubblicista. Il tramite fra Preziosi e Laterza fu la madre di Colonna di Cesarò, Emmelina de Renzis, che tradusse anche alcune delle opere di Steiner81. Del resto «La Vita Italiana» ospitò in diverse occasioni autori di orientamento antroposofico, come Colonna di Cesarò, Massimo Scaligero e l’avvocato Ettore Martinoli, che era il segretario della Società Antroposofica d’Italia82. Come osserva la Coli, «La presenza di Preziosi nella divulgazione delle opere di Steiner è inquietante e tanto più turba se si considera che uno dei seguaci più intransigenti dell’antroposofia fu il futuro dirigente antifascista Eugenio Curiel»83. La Coli spiega questa apparente contraddizione con la forza delle idee pedagogiche di Steiner, che affascinarono molti giovani italiani e li spinsero sulla strada dell’antifascismo. Se si può concordare con questa interpretazione, che pure evita di entrare nel merito delle idee in questione, bisogna però anche dire che il problema più interessante non è capire perché Steiner potesse piacere ai giovani antifascisti, ma perché potesse entusiasmare fascisti e antisemiti convinti. E, a onor del vero, il caso di Preziosi non fu isolato. Si può ricordare infatti anche quello dello stesso Martinoli che, proprio alla vigilia del disfacimento del regime, nel giugno del 1943, pubblicò un articolo su «La Vita Italiana» intitolato Un preannunziatore della nuova Europa: Rudolf Steiner 84. In esso, Martinoli tiene a smentire le dicerie sull’origine giudaica di Steiner, sottolineandone invece la condizione razziale (a suo tempo certificata da Evola) come appartenente al «tipo ariano di razza spirituale solare». Ma, al di là della patente di purezza biologica, che era elemento ricorrente nella pubblicistica steineriana dell’epoca85, quello che veramente conta per Martinoli è difendere Steiner dall’idea che il suo insegnamento sia compatibile con forme di individualismo in campo spirituale o di democrazia liberale in campo politico. Tutt’altro, protesta Martinoli: «Tutto l’insegnamento e l’indirizzo 81 Cfr. ibid., pp. 219-20. Cfr. m. beraldo, L’Antroposofia cit., p. 95. 83 d. coli, Il filosofo, i libri, gli editori cit., pp. 220-21. 84 In La Vita Italiana. Rassegna politica, pubblicazione mensile de «Il Regime fascista», XXX, 363 (giugno 1943), pp. 555-66. Beraldo, nel suo L’Antroposofia cit., p. 95, lo definisce «apologetico», non specificando se l’apologia riguardi Steiner, il regime fascista, o tutti e due. 85 Cfr. m. beraldo, ibid., p. 94. 82 Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 595 di Rudolf Steiner corrisposero nettamente e decisamente, in modo addirittura impressionante, all’impulso spirituale più profondo che agita il nostro nuovo mondo europeo, quello del fascismo e del nazionalsocialismo»86. Nel resto dell’articolo, Martinoli attribuisce la colpa delle interpretazioni democratiche e liberali del pensiero di Steiner ad alcuni suoi discepoli, che avrebbero tradito il senso originario del suo insegnamento, e ne ribadisce il carattere patriottico e nazionalista. Ora, l’immagine di Steiner offerta da Martinoli è senza dubbio caricaturale ma, come alcuni studi recenti sugli atteggiamenti politici di Steiner sembrano suggerire87, c’è ancora molto da riflettere sulle implicazioni politiche di alcuni aspetti della sua opera, questione che non è possibile affrontare e tantomeno risolvere qui. Questo potrebbe però aiutare a capire come mai Steiner abbia avuto un tale successo, che è lungi – va detto – dall’essere esclusivo o predominante, presso autori che in Italia si sono collocati politicamente nell’estrema destra. E spiegherebbe anche il motivo per cui, come osserva nei suoi studi Michele Beraldo, il movimento antroposofico ebbe meno problemi di quello teosofico durante il regime fascista. Esso fu considerato molto meno pericoloso per il regime perché slegato «dall’influenza angloamericana della massoneria e dall’esotico indottrinamento della teosofia angloindiana»88. Questo non impedì alle organizzazioni steineriane di essere poste sotto stretto controllo poliziesco. Alla fine, l’organizzazione di Trieste fu sciolta o si dissolse nel 1938, sicuramente a causa dell’alto numero di membri ebrei tra le sue fila. Quella di Roma sopravvisse ancora qualche anno, ma fu poi chiusa durante la guerra89. La sezione teosofica italiana rimasta fedele alla Besant ebbe invece vita più difficile, in parte a causa delle restrizioni del regime, in parte anche a causa dei suoi problemi interni. L’anno che segnò l’inizio delle difficoltà e del declino fu senza dubbio il 1929, cioè quello del Concordato, ma anche quello in cui la vicenda di Krishnamurti giunse al suo inatteso epilogo. Come negli altri paesi, anche in Italia il fatto provocò smarrimento e disaffezione in numerosi membri. In quello stesso anno vi fu anche un cambio della guardia al vertice della sezione: al colonnello Oliviero Boggiani, che aveva ripreso la carica di segretario generale nel 1919, succedette la contessa Luisa Gamberini. Nel 1934 la carica 86 e. martinoli, Un preannunziatore cit., p. 557. Cfr. p. staudenmaier, Race and Redemption. Racial and Ethnic Evolution in Rudolf Steiner’s Anthroposophy, in «Nova Religio: The Journal of Alternative and Emergent Religions», XI, n. 3 (2008), pp. 4-36. 88 m. beraldo, L’Antroposofia cit., p. 94. 89 Cfr. ibid., pp. 90-91. 87 596 Marco Pasi passerà all’avvocato Tullio Castellani. In quello stesso anno venne eletto il nuovo presidente internazionale della Società, George Arundale, essendo la Besant deceduta l’anno prima. L’organizzazione attirò ben presto le attenzioni della polizia politica del regime, resa sospetta dalla sua origine anglosassone, dalla sua vocazione internazionalista e dalla sua esplicita (ma poi sempre più ondeggiante) difesa dei principî democratici90. La sezione italiana della Lega Teosofica Indipendente invece dimostrò sin dagli inizi una certa simpatia nei confronti del regime fascista, arrivando a congratularsi sulle pagine del suo organo «Ultra» per la stipula del Concordato nel 1929, il che, in ambito teosofico, sarebbe stato impensabile prima della guerra91. Si guadagnò quindi una certa libertà di azione, che fu abilmente sfruttata da Calvari e dai suoi collaboratori. La Lega Teosofica Indipendente fu infatti particolarmente attiva durante gli anni venti, organizzando «corsi di cultura spirituale» che attirarono oratori di valore ed ebbero un notevole successo di pubblico92. Alle personalità che già si erano messe in luce in ambiente teosofico prima della guerra, altre se ne aggiunsero, come un ancora giovane Julius Evola, che pubblicò su «Ultra» a partire dal 1923 e partecipò ai corsi, organizzandone alcuni. D’altra parte, una lista anche sommaria di coloro che parteciparono alle varie attività della Lega Teosofica Indipendente dà un’idea della sua rilevanza culturale. Vi troviamo infatti l’orientalista Giuseppe Tucci, il deputato e antroposofo Colonna di Cesarò, i filosofi Adriano Tilgher e Mario Manlio Rossi, il filosofo ed esoterista tedesco Hermann Keyserling, lo psicologo e fondatore della psicosintesi Roberto Assagioli, a suo tempo stretto collaboratore di Papini e di Reghini. Bisogna sottolineare come la partecipazione alle attività della Lega Teosofica Indipendente non implicava di per sé un’affiliazione al gruppo o una professione di fede teosofica, anzi è facile vedere come la maggior parte delle personalità in questione, se mai avevano avuto esperienze teosofiche in passato, avevano ormai intrapreso un percorso diverso o personale, ma ciò mostra la capacità di Calvari di far coesistere tendenze filosofiche e spirituali diverse sotto l’egida del suo gruppo e della sua rivista. Nonostante le tempestive congratulazioni di «Ultra» in occasione 90 Cfr. id., Krishnamurti nell’occhio della polizia politica, in g. de turris (a cura di), Esoterismo e fascismo cit., pp. 67-75. 91 Cfr. ibid., p. 69. 92 Cfr. m. rossi, Julius Evola cit., p. 48; id., «Lo stato democratico» (1925) e l’antifascismo antidemocratico di Julius Evola, in «Storia Contemporanea», XX, n. 1 (feb. 1989), pp. 12-14; f. s. festa, Teosofia ed esoterismo cit., pp. 142-43. Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 597 del Concordato, l’avvicinamento del regime fascista alla Chiesa fu un duro colpo per le realtà esoteriche e neospiritualiste presenti in Italia, in particolare quelle basate su forme associative di tipo massonico. La stessa «Ultra», nonostante il suo sostegno al regime, cessò le pubblicazioni nel 1930, essendosi comunque guadagnata il primato di longevità nelle pubblicazioni periodiche italiane di argomento teosofico. La chiusura fu provocata da problemi di tipo economico più che da una censura diretta del regime, ma la perdita di lettori e di fondi era anche un segno della mutata atmosfera culturale. Intanto la maggior parte dei collaboratori di Calvari si era allontanata per legarsi all’antroposofia o per seguire strade personali. La sezione italiana della Lega Teosofica Indipendente sembra quindi essere scomparsa con la sua rivista già diversi anni prima della Seconda guerra mondiale, mentre il gruppo fedele alla teosofia nella versione di Adyar, forte dell’appoggio di una struttura internazionale lontana dalle costrizioni del regime, riuscì a sopravvivere ancora per buona parte degli anni trenta, finché dovette soccombere alle pressioni esterne e interne. Si è voluto vedere nella sezione italiana dell’organizzazione di Adyar un atteggiamento critico e ostile nei confronti del regime fascista. Tuttavia questo andrebbe contestualizzato. Dovrebbe infatti tenere conto di tentativi di compromesso che furono tentati dalla sezione italiana nei confronti del regime e furono, se non sanzionati dalla direzione centrale internazionale, quantomeno tollerati. In certe pubblicazioni della struttura internazionale della Società di Adyar degli anni trenta, è infatti possibile trovare espressioni più che benevole nei confronti del fascismo italiano, che non rispecchiavano necessariamente le opinioni della dirigenza ma erano indice di un desiderio di compromesso, quantomeno per non mettere in difficoltà la sezione italiana di fronte al regime93. Risulta in modo evidente come il segretario della sezione italiana, Tullio Castellani, fosse in sintonia con il regime, e cercasse di adeguare le caratteristiche della sezione alle condizioni politiche del momento. La situazione sfuggì di mano quando il presidente Arundale nel dicembre del 1937 dichiarò a chiare lettere sulle pagine del «Theosophist» che il fascismo e il nazismo erano incompatibili con le dottrine teosofiche e che i membri italiani della Società avrebbero dovuto opporsi attivamente al regime per difendere gli ideali della fratellanza, della pace e della 93 Cfr. l’articolo di l. hemshell, Fascism and Theosophy, in «The Theosophist», LV, n. 7 (aprile 1934), pp. 103-6, o i più che simpatetici resoconti sulla situazione politica italiana pubblicati in The International Theosophical Yearbook, The Theosophical Publishing House, Adyar, per l’anno 1937 e 1938 (cfr. pp. 109-13 per il primo e pp. 102-4 per il secondo). 598 Marco Pasi buona volontà94. Questo suscitò una vivissima reazione da parte di Castellani, che, a parte le convinzioni politiche personali, si rese conto di come la presa di posizione di Arundale mettesse la sezione italiana in una situazione difficile di fronte al regime, cui offriva un ottimo pretesto per adottare misure repressive nei suoi confronti95. Quando nel 1938 il regime approvò le leggi razziali, Castellani cercò di modificare per la sezione italiana il primo articolo dello statuto della Società Teosofica, in particolare dove si dice che nella Società, in quanto nucleo della Fratellanza Universale, non vi devono essere distinzioni di razza96. Era un estremo – e maldestro – tentativo per rendere il movimento teosofico accettabile agli occhi del regime. Tuttavia, durante una tesa assemblea dei delegati della sezione, tenutasi a Genova nel novembre del 1938, la proposta di Castellani venne rigettata. Arundale aveva intanto nominato il dottor Giuseppe Gasco suo delegato personale in Italia, con l’evidente scopo di esautorare Castellani se le cose avessero preso una brutta piega. Ma non vi era più tempo: nel gennaio del 1939 il prefetto di Genova decretò lo scioglimento della sezione italiana della Società Teosofica. L’organizzazione continuò a operare anche dopo quella data su scala ridotta e in condizioni di clandestinità. E infatti il movimento risorse dalle sue ceneri immediatamente dopo la fine della guerra97. Nel secondo dopoguerra, sia il movimento teosofico sia quello antroposofico hanno continuato a essere presenti sotto varie forme sul suolo italiano e rappresentano ancora oggi una realtà vitale nel panorama nazionale della nuova spiritualità. 94 Cfr. g. s. arundale, On the Watch-Tower, in «The Theosophist», LIX, n. 3 (dicembre 1937), pp. 193-200. 95 Cfr. t. castellani, Through Italian Eyes, ivi, pp. 251-61. 96 Cfr. e. bratina, Appunti cit., p. 307. 97 Cfr. ibid.