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Ianuensis non nascitur sed fit Studi per Dino Puncuh *** GENOVA 2019 Referees: i nomi di coloro che hanno contribuito al processo di peer review sono inseriti nell’elenco, regolarmente aggiornato, leggibile all’indirizzo: http://www.storiapatriagenova.it/ref.asp Referees: the list of the peer reviewers is regularly updated at URL: http://www.storiapatriagenova.it/ref.asp I saggi pubblicati in questo volume sono stati sottoposti in forma anonima ad almeno un referente. All articles published in this volume have been anonymously submitted at least to one reviewer. Quaderni della Società Ligure di Storia Patria 7, 2019 ISBN 978-88-97099-45-1 (a stampa) / 978-88-97099-48-2 (digitale) ISSN 2421-2741 (a stampa) / 2464-9767 (digitale) DOI 10.5281/zenodo.3462396 Rodi dei Cavalieri e i Genovesi Sandra Origone sandra.origone@lettere.unige.it Fin dalla conquista latina da parte dei Cavalieri di Gerusalemme si evidenzia a Rodi una presenza dei Genovesi che ha caratteristiche peculiari rispetto al resto dei loro insediamenti nel Mediterraneo orientale. Nella fase ormai avanzata cui ci riferiamo, ovvero il secolo XIV, altrove si erano create dominazioni rette tramite magistrature nominate dalla madre patria, come a Pera e a Caffa, o tramite una gestione condivisa tra governo genovese e consorzi mercantili, come a Chio, oppure governate da famiglie genovesi per diritti acquisiti, come a Lesbo. Nulla di tutto questo avveniva a Rodi, eppure i Genovesi di certo non avevano trascurato l’isola. Anzi, per comprendere l’intensità dell’interesse che essa suscitava, vale la pena di fare un passo a ritroso sulle mire scaturite molto tempo prima e di riferirsi brevemente al ruolo genovese nell’affermazione dei Cavalieri Gerosolimitani nell’isola. Sembra che i Genovesi, dopo aver frequentato Rodi già dalla seconda metà del secolo XII 1 e aver tentato a più riprese di occuparla e avervi esercitato una certa influenza al tempo dell’impero di Nicea, non volessero proprio rinunciarvi. Li favorì la difficile congiuntura successiva al recupero di Costantinopoli. Michele VIII Paleologo non era in grado di contrastare con le proprie forze navali la pirateria che infestava le coste egee e, pertanto, ricorreva sempre più frequentemente ai Latini che si offrivano al suo servizio, perlopiù genovesi, compensandoli generosamente. Nel 1278 l’imperatore nominò Giovanni de Lo Cavo signore delle isole di Nanfio e Rodi 2; nel 1305 suo figlio, il basileus Andronico II, assegnò Rodi, Kasos e Karpathos ad Andrea e Ludo——————— 1 Cfr., per esempio, i casi di incidenti, scontri e azioni piratesche avvenuti nelle acque rodiesi, menzionati in KRUEGER 1985, pp. 61, 72 nota 92, 89, 90 nota182, 132. 2 NICHOLSON 2001, p. 46. Cfr. anche GEANAKOPLOS 1959, pp. 211, 297-298 nota 88a, 304 nota 111, che mette in discussione l’attribuzione della carica di ammiraglio bizantino a Giovanni de Lo Cavo, considerando più probabile il suo ruolo di ufficiale minore in qualità di comes. Il documento veneziano richiamato dal Geanakoplos, tuttavia, non parla di comes, ma di comitum, ovvero comito di undici navigli armati ad Anea, oltre a un’imbarcazione armata a Butrinto: cfr. TAFEL - THOMAS 1856-1857, III, p. 273. – 947 – SANDRA ORIGONE vico Morisco 3; in seguito fu la volta di Vignolo de Vignolis 4. Secondo la ricostruzione dei fatti delineata in sintesi da Jonatan Riley Smith, il pirata genovese riuscì a ottenere dall’imperatore le isole di Cos e Leros e un villaggio sito in Rodi. Da queste postazioni compiva scorrerie contro i Veneziani e contro i sudditi del re di Cipro, allora nemico dei Genovesi. Non contento di ciò e probabilmente preoccupato dal pericolo di essere catturato, il 27 maggio 1306 trovò conveniente accordarsi segretamente con il Gran Maestro dell’Ospedale di San Giovanni Folco di Villaret, per collaborare con lui all’invasione delle isole della Romania. In cambio dell’aiuto il de Vignolis avrebbe ricevuto un terzo delle rendite e dei prodotti delle isole conquistate, ma Cos, Leros e Rodi sarebbero rimaste interamente in possesso dei Cavalieri. Alla spedizione, formata da due galere e quattro altre imbarcazioni degli Ospedalieri partite da Cipro, si aggiunsero le due galere genovesi di Baldo Spinola e Michele della Volta, probabilmente sotto la guida di Vignolo. Dopo una prolungata resistenza resa possibile dal sostegno di rinforzi bizantini, il 15 agosto 1309 i Greci si arresero e l’isola passò ai Cavalieri 5. Il prete tedesco Ludolfo di Sudheim, autore di un resoconto del proprio viaggio, nella concisa, ma dettagliata descrizione della posizione geografica, dei monumenti, dell’antichità e della storia più recente dell’isola loda l’azione dei Genovesi che, a suo dire, l’avrebbero sottratta ai musulmani instaurandovi nuovamente un episcopato cristiano 6, laddove la conquista, avvenuta in realtà a danno dei Bizantini, sottrasse effettivamente l’isola alla minaccia di un’imminente occupazione turca e alle mire veneziane per cederla all’Ordine Gerosolimitano. Le conseguenze della dominazione latina non si fecero attendere a lungo 7. La centralità dell’isola sulle rotte in direzione dell’Asia Minore, della Siria, di Cipro e di Alessandria, frequentate dagli Occidentali, ne fece un punto di riferimento per i mercanti, mentre l’appartenenza ai Cavalieri la rese un crocevia internazionale di grande significato per la lotta anti-turca e per la repressione dei commerci proibiti e ——————— 3 LAIOU 1972, p. 155 n. 101. Cfr. DÖLGER 1960, n. 2427. 4 Per gli anni della pirateria nell’Egeo con particolare riferimento a Giovanni de Lo Cavo, ad Andrea e Ludovico Moresco, a Vignolo de Vignolis: cfr. LUTTRELL 1997, pp. 737-761. 5 J. RILEY-SMITH 2012, pp. 223-224. Cfr. anche LUTTRELL 1997, pp. 737-761: per il giorno della resa di Rodi indica il 25 agosto e per l’anno il 1309, ma osserva che allo stato attuale della ricerca non vi è certezza. 6 LUDOLPHI 1851, cap. XIX. 7 LUTTRELL 1975, pp. 283-286. – 948 – RODI DEI CAVALIERI E I GENOVESI della tratta in direzione degli infedeli. La sua sorte dipendeva dagli interessi degli Occidentali, che la mantenevano in mani cristiane con spedizioni di supporto e di vettovagliamento in caso di necessità, ma divenne particolarmente precaria dopo l’occupazione ottomana di Costantinopoli, da cui l’isola distava solo quindici giorni di navigazione. La maggior parte della documentazione su Rodi e, conseguentemente, degli studi sull’isola riguardano la politica dei Cavalieri nei confronti del papato e dei potentati mediterranei e la gestione dell’Ordine, mentre non si conosce molto dell’articolazione della società mista che vi si era creata e, in particolare, del milieu genovese. Una prima considerazione sull’assetto della società rodiese è stata avanzata da Michel Balard che, sulla base del lavoro topografico di Albert Gabriel, ha colto il carattere di segregazione dell’insediamento, basato sulla separazione tra il settore del Castello e degli edifici destinati ai Cavalieri, cinto da mura, e quello abitato dai greci e dai forestieri, con un ulteriore stanziamento separato degli ebrei 8. A differenza, tuttavia, di altre isole dell’Egeo, caratterizzate da una forte presenza genovese, che sono state oggetto di indagini accurate, come Cipro e Chio, per Rodi ciò non è stato ancora possibile perché mancano consistenti serie di documenti prodotti dalle comunità mercantili nell’isola stessa. Recenti individuazioni ed edizioni di atti notarili dell’Archivio di Stato di Genova 9 consentono di aprire spiragli sulla presenza genovese, permettendoci di indagare in quale misura, nell’isola che pure apparteneva ai Cavalieri, la società latina potesse riflettere quella degli altri insediamenti o se ne differenziasse. In primo luogo considereremo il costante interesse dei Genovesi per l’isola, quindi la loro posizione giuridica e il rapporto con la dominazione dei Cavalieri. Uno dei punti su cui si è soffermata la storiografia è la rilevanza dell’isola per i commerci già segnalata da Wilhelm Heyd, da Clelia Jona e da Michel Balard 10. In questo senso un certo significato hanno in primo luogo i riferimenti alle sedi giudiziarie di competenza, dichiarate nel formulario degli atti commerciali in caso di controversia che spesso citano Rodi, e alle numerose merci, prodotte localmente o importate, che vi si potevano commerciare. ——————— 8 BALARD 1989. Cfr. GABRIEL 1921. 9 Si tratta dei volumi LXXII e LXXV del Centre de Recherche Scientifique. Sources et études de l’Histoire de Chypre (cfr. Gênes et l’Outre-Mer 2013; Gênes et l’Outre-Mer 2016) e del volume pubblicato nella Collana Storica dell’Oltremare Ligure (cfr. Raffaele de Casanova 2015). 10 HEYD 1885-1886; JONA 1935, pp. 67-154; BALARD 1978. – 949 – SANDRA ORIGONE Alla metà del Trecento si potevano trovare diverse varietà di prodotti, ciascuna misurata con specifiche unità: tele di lino in picchi di Rodi (dal turco pik), pepe e spezie grosse in cantari, spezierie sottili in rotoli, cera in rubi (dall’arabo rob?) di 4 rotoli, tinmiame, ovvero incenso grechesco, in miliaria, caviale in cantare genovesco, olio a giarra, zafferano a libbre, panni-lana a canna, tele e canovacci di importazione a canna, tele di Rodi a picchi, vino a metro di 48 quarte, carni a rotoli di 14 occhie (once), frumento e altre biade a moggio di 8 cafissi, argento in buglione a marchi di 8 once l’uno. Navigli genovesi e veneziani che portavano carichi a Cipro da Rodi e altre località del Levante (Turchia, Armenia, Siria, Egitto) non pagavano l’imposta dovuta dai trasportatori sulla merce, detta missa. E in particolare Francesco Balducci Pegolotti indica, con le corrispondenze dei pesi e delle misure, le piazze di riferimento: alla metà del Trecento, in Oriente sono i luoghi dell’avanzata turca, Efeso, Anea, Satalia, e la veneziana Candia; in Occidente, i potentati più vicini al contesto franco-papale dei Cavalieri, ovvero Firenze e il regno angioino. Su questa base si è affermato il concetto di Rodi come punto nodale delle relazioni inter-mediterranee e, perciò, centro di attrazione dei mercanti internazionali. Una documentazione molto dispersa ci informa sull’arrivo della merce da Rodi a Genova. Ad esempio, nel 1385, un carico da Rodi di 100 sacchi di cotone, per metà di Golestano Pinello e destinata ad Agamelone Cibo e per l’altra metà di Antonio Cantello, aveva dato luogo a una lunga e complessa vertenza giudiziaria portata innanzi al vicario del podestà 11. Il crescente ruolo mercantile dell’isola si correla, peraltro, con il controllo genovese sull’Egeo orientale, che si estendeva da Famagosta, nell’isola di Cipro, a Chio. Probabilmente, nell’intento di potenziare la difesa contro i turchi accondiscendo agli interessi dei mercanti, all’inizio degli anni Sessanta scelte ponderate portarono alla designazione, nel 1361, del genovese Pietro Recanelli come capitano di Smirne (1363-1371), cui succedette un altro genovese, Ottobuono Cattaneo (1371-1374) 12. Indipendentemente dall’impegno dei due capitani nell’esplicazione del loro compito, e in particolare del Cattaneo ben presto destituito dal pontefice Gregorio XI, per oltre dieci anni la difesa del punto più critico dell’Oriente fu dunque in mano ai Genovesi. A loro non ——————— 11 ASGe, Notai Antichi 371, doc. 43. 12 Su Pietro Recanelli e la sua attività a Chio cfr. PISTARINO 1995, pp. 91, 99-100, 102, 112-115, 139, 142, 471, 474-476, 478-479, 495, 504. Da un atto di cancelleria risulta che egli morì tra la fine di maggio e l’inizio di giugno 1380: cfr. ASGe, Archivio Segreto 496, c. LXXXXVIIIIr. e ORIGONE 2016, p. 73 nota 81. – 950 – RODI DEI CAVALIERI E I GENOVESI interessava tanto contrastare i turchi quanto piuttosto, al contrario, frenare eventuali slanci crociati a tutela degli interessi commerciali e contenere l’invadenza dei rivali veneziani e catalani in quell’area. E appunto la documentazione lascia intendere che Rodi per il governo genovese rappresentava l’osservatorio privilegiato sulla situazione dell’Egeo orientale. Ad esempio, sappiamo che nel 1359 erano state allestite quattro galere al comando di Nicolò Lavoraben con destinazione Rodi, probabilmente in concomitanza con la legazione del vescovo Pietro di Corone a Chio, Cipro e Smirne per organizzare una crociata 13. Un ventennio dopo la criticità dell’area emerge dalle testimonianze sugli attacchi veneziani, subiti nel porto di Rodi dalle imbarcazioni genovesi – la cocca di Andalo de Mari da Moneglia 14 e la navis Bechignona 15 – nei momenti di massima allerta per il controllo su Cipro. A partire da questi anni si segnala un aumento progressivo delle evidenze sui legami dei Genovesi con l’isola. Ciò emerge dalla documentazione, talvolta prodotta nella stessa Rodi o più spesso nei vicini centri del Levante, Chio e Cipro, con riferimenti tuttavia all’isola, e dalle indicazioni di una certa mobilità di individui appartenenti a quel contesto. Si tratta in tutto di circa una ventina documenti trecenteschi rogati a Rodi: un atto di procura del 1361 16; due atti, rogati il 1o ottobre 1361 dei nove redatti dal notaio Antonio Turcho durante il suo spostamento tra Rodi, Pafos e Chio prima di arrivare al golfo di Pozzuoli 17; due atti del 1374, stesi a Rodi dal notaio Lazzarino de Erzenis nel viaggio verso occidente con scalo a Napoli l’11 luglio di quell’anno 18; tredici (o quattordici) atti, rogati dal notaio Giovanni de Bardi dal 25 ottobre al 1o novembre 1383 prima di fare ritorno via Cos, Cicladi (Schoinusa, Paros), Sapienza, Navarrino, Cefalonia, Corfù, Gallipoli 19. Le tracce di Rodi come sede di redazione di atti notarili non si perdono nel secolo XV. Possiamo avvalerci di un documento del 2 ottobre 1416 del notaio Manolio Turturella 20, di nove altri del 1435 (7 maggio - 15 ——————— 13 Ibidem 2016, p. 70. 14 ROVERE 1983, pp. 65-97. 15 KEDAR 1981, pp. 118-120. 16 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, II, n. 2. 17 Raffaele de Casanova 2015, Appendice, nn. 1, 4. 18 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, IV, nn. 26, 27. 19 Ibidem, Deuxième partie, nn. 111-124. 20 Ibidem, Première partie, V, n. 1. – 951 – SANDRA ORIGONE novembre) 21 e di uno del 7 dicembre 1451 del notaio Antonio di Iacobo de Precipiano 22. Un importante specchio dei rapporti nell’area tra Cipro e Rodi è rappresentato anche dall’attività del notaio Antonio Foglietta, il quale, attivo a Famagosta ancora il 5 luglio 1458, fra l’altro il 9 settembre rogò un atto di procura nel chiostro della chiesa di Santa Caterina di Rodi 23. Nella definizione del quadro della società rappresentata in questi documenti il notaio non è soltanto l’estensore degli atti che sono pervenuti, ma è anche e soprattutto la figura pubblica di riferimento per la comunità genovese, priva però del carattere di stabilità riconducibile a una specifica sede, perché manca del tutto una loggia istituzionale e un rappresentante ufficiale del governo centrale. Ciò spiega solo in una certa misura la scarsità e l’occasionalità degli atti rogati a Rodi; tuttavia, pur ritenendosi possibili nuovi reperimenti, si devono mettere in conto le probabili perdite di parte del materiale. I notai che conosciamo per Rodi nella seconda metà del secolo XIV hanno soggiornato nell’isola solo temporaneamente e in genere prima di affrontare il viaggio di ritorno. Sembra che il notaio Antonio Turcho nel 1361 avesse accondisceso alla volontà dei propri clienti, accompagnando due di loro per l’acquisto di schiave turche a Pafos prima del ritorno a Chio, via Rodi, e di lì a Pozzuoli 24. Analogamente si era occupato dell’atto di acquisto di una schiava tartara al suo arrivo da Famagosta a Rodi il 10 giugno 1374 il notaio Lazzarino de Erzenis, che un mese dopo si trovava a Napoli 25. È possibile che questi notai fossero scribi di galere o avessero una funzione di maggior rilievo, come lascerebbe intendere il titolo canzelarius del capitano delle galere del Comune, Nicolò Maruffo, portato da Giovanni Bardi. Quest’ultimo, provenendo da Crotone Imperiale e Milos, come rivela la data topica di alcuni suoi atti, dalla fine di luglio sino al 14 ottobre 1383 aveva soggiornato a Famagosta e, prima di riprendere il viaggio di ritorno alla volta di Gallipoli, aveva sostato con le galere all’ancora nel porto di Rodi, dal 25 ottobre al 1o novembre. In particolare ci interessa questo soggiorno di una settimana a Rodi, durante il quale il Bardi, per conto del capitano Maruffo, accolse testimonianze e rogò atti relativi all’inchiesta sulle merci caricate ad Alessandria a bordo della cocca del maiorchino Nicolò Theri. ——————— 21 Ibidem, nn. 10-18. 22 Ibidem, n. 24. 23 Gênes et l’Outre-Mer 2016, n. 219. 24 Raffaele de Casanova 2015, Appendice, nn. 1-9. 25 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, IV, nn. 26-29. – 952 – RODI DEI CAVALIERI E I GENOVESI Con ogni evidenza il Maruffo aveva dovuto occuparsi della questione perché vi erano coinvolti mercanti genovesi con le loro merci che egli doveva prendere in carico, tra cui i 19 sacchi di cotone cambiati con una partita di mastice da Andrea Maruffo, procuratore della Maona di Cipro, e i dodici pondi di pepe consegnati da Italiano Cattaneo per il trasporto a Genova 26. In un panorama insolito per la mancanza di evidenze relative a una qualche giurisdizione genovese in un insediamento d’Oltremare frequentato da mercanti di questa nazione, ci soffermiamo sulla connotazione di singoli individui. Ai vertici di questa società, come altrove, sono protagonisti i grandi nomi del mondo mercantile, che si distingue per la cittadinanza genovese, perlopiù espressamente dichiarata. Negli atti trecenteschi si collegano all’ambiente rodiese Araono Panzano del fu Lodisio, civis et mercator Ianue 27, e Antonio de Savignono, civis Ianue 28; negli atti quattrocenteschi si individuano i nobili Massimo Doria 29, Silvestro e Cipriano Grillo 30, Carlo Italiano e Cipriano Vivaldi 31, tutti indicati come cives Ianue; i nobili Bartolomeo Doria, Benedetto Doria, Oliverio Doria col figlio Antonio, menzionati senza espressa indicazione della cittadinanza 32; i nobili Bartolomeo Doria e Francesco Spinola, mercatores commorantes in Rodo 33, il nobile Leonardo Gentile, ricordato come cittadino genovese e abitante di Rodi 34. Altri individui dai nomi meno prestigiosi o forestieri sono comunque cives Ianuenses o indicati semplicemente come Ianuenses (Pietro di Malta civis Ianuensis 35, Michael Carbonus genovese, mercante commorans Rhodi 36); mentre Pietro Garra è civis Saone 37. Qualche genovese dal nome importante si qualifica in riferimento a Rodi in qualità di habitator come il nobile Leonardo Gentile, Roden——————— 26 Ibidem, Deuxième partie, nn. 111, 112, 119,120, 122. 27 Raffaele de Casanova 2015, Appendice, n. 4. 28 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, IV, n. 26. 29 Ibidem, Première partie, V, n. 1. 30 Ibidem, n. 10. 31 Ibidem, n. 24. 32 Ibidem, n. 11. 33 Ibidem, n. 13. 34 Gênes et l’Outre-Mer 2016, n. 103. 35 Ibidem, n. 219. 36 Ibidem, nn. 49, 58. 37 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, V, n. 18. – 953 – SANDRA ORIGONE sis, habitator Rhodi 38 e Theramus de Savignono, filius Richeti, habitator Rodi 39 o in qualità di burgensis, come Italiano Cattaneo, burgensis Roddi 40. La condizione di burgensis, però, è più frequente per individui di minor conto sia latini, forse appartenenti a famiglie ormai impiantate nell’isola (Iacobus spatarius di Voltri, abitante di Rodi 41 o Iohannes Perutius burgensis Rhodi 42, Giovanni de Lytarreto, abitante di Rodi 43, Giorgio Rubeus di Rodi 44, Dragone Clavellus di Rodi 45), sia greci o presumibilmente tali (Costa di Rodi accimator pannorum, Costa Comi Rodensis, Vasili Clavarinus rodiese, Giorgio de Enio e Antonio de Melisono 46, Giorgio Chini, Giovanni Greco, Teodoro Schorola, habitatores Rodi 47). Si tratta nel complesso della componente artigianale del borgo che, come si è visto, esercita un mestiere e figura come titolare di botteghe (Georgio Sasale, Marco Beli) 48, laddove l’identità rodiese accomuna diverse componenti etniche che vivono intorno al castello dei Cavalieri. Dai pochi dati in nostro possesso si evidenzia che la società genovese di Rodi riflette, come avviene in altri possedimenti oltremarini, una struttura gerarchica ai cui vertici si collocano i gruppi di potere mercantile. Individui indicati col titolo di nobilis appartengono a famiglie autorevoli (Doria, Grillo, Spinola, Vivaldi, Italiano), quelle che nel cartularium possessionum del 1414 compongono alberghi prestigiosi 49 e, seppure inseriti e attivi nel contesto mercantile, quasi mai vengono indicati come mercanti, ma perlopiù come cives Ianue. La condizione della cittadinanza genovese caratterizza anche i potenti mercanti e capitani di navi. Ciò vale pure per chi, straniero, si è inserito nella realtà cittadina, come il già citato Pietro di Malta fu Paolo ——————— 38 Gênes et l’Outre-Mer 2016, n. 103. 39 Ibidem, Première partie, IV, nn. 26, 27. 40 Ibidem, Deuxième partie, nn. 111, 113, 122. 41 Raffaele de Casanova 2015, n. 49. 42 Gênes et l’Outre-Mer 2016, n. 150. 43 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, V, n. 18. 44 Ibidem, Première partie, V, n. 9. 45 Ibidem, Deuxième partie, n. 113. 46 Gênes et l’Outre-Mer 2016 n. 117. 47 Ibidem, n. 117. 48 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, V, nn. 10, 17. 49 ASCHERI 2003, pp. 2-3. – 954 – RODI DEI CAVALIERI E I GENOVESI che nomina procuratore un altro cittadino genovese, Segurano Ardimento, al fine di riscuotere i suoi crediti dal veneziano Giovanni Dalfino. Qualche personaggio di indubitabile appartenenza a famiglie genovesi di prestigio, come i summenzionati Leonardo Gentile Rodiensis e Italiano Cattaneo, burgensis Roddi, si è inserito in modo più stabile nel contesto locale. Si deve, tuttavia, notare che la relativa stabilità della loro residenza, era funzionale rispetto all’operatività del gruppo mercantile di appartenenza. Nel contempo membri della stessa famiglia erano presenti e collaboravano sulle diverse piazze della medesima area. Cito due esempi riguardanti famiglie della fazione popolare in ascesa. Nel primo caso si tratta non solo di collaborazione mercantile, ma anche di operazioni strategico-militari a seguito della morte di Pietro II di Cipro. La spedizione del 1383, documentata dal cancelliere Giovanni Bardi, venne gestita con un forte impegno del gruppo dei Maruffo, cui appartengono il capitano Nicolò e suo figlio Luca al comando di una galera del corpo della spedizione 50. Tale spedizione aveva il compito di riportare a Cipro Giacomo di Lusignano, come informa la relazione del capitano Nicolò e dei suoi consiglieri sugli avvenimenti dei mesi precedenti inviata da Famagosta al doge Leonardo Montaldo il 5 settembre di quell’anno 51. Siamo anche a conoscenza che, oltre a Nicolò nella sua veste di capitano delle galere, un altro membro della famiglia, il già menzionato Andrea, membro della Maona di Cipro, aveva partecipato al famoso consiglio di guerra tenutosi nel palazzo reale di Famagosta il 1o agosto pronunciandosi a favore dell’utilizzo dei turchi per sconfiggere i ribelli nell’isola e dunque di un’azione risoluta per mettere sul trono Giacomo di Lusignano 52. Di lì a poco, il 4 agosto, i documenti menzionano anche il capitano Pietro Picono il quale, dopo aver compiuto le sue imprese contro i Mamelucchi 53, entrò a far parte del consiglio del capitano Nicolò Maruffo, che fra l’altro avrebbe dovuto occuparsi della questione di Giacomo di Lusignano e della sua liberazione 54. Gli importanti avvenimenti politici e militari del tempo non impedirono, però, ad ——————— 50 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Deuxième partie, nn. 3, 20. 51 Ibidem, n. 74. Sugli avvenimenti di questo periodo che avevano visto la detenzione di Giacomo di Lusignano come ostaggio a Genova e la sua resa alle pretese dei Genovesi in cambio del trono, con la conseguente ribellione dei ciprioti: cfr. HILL 1948, 2, pp. 431-435. 52 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Deuxième partie, n. 39. Cfr. MANGIANTE 1963, pp. 253-262. 53 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Deuxième partie, n. 44. Cfr. ASHTOR - KEDAR 1976, pp. 35-39. 54 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Deuxième partie, nn. 74, 75, 86, 87, 102. Cfr. OTTEN FROUX 1995, pp. 237-240. – 955 – SANDRA ORIGONE Andrea Maruffo di recarsi a Rodi per rendere testimonianza, il 28 ottobre successivo, del suo acquisto di 19 sacchi di cotone, che avevano viaggiato da Alessandria sulla cocca del maiorchino Nicolò Theri, in cambio di 20 centinaia di mastice 55. Con un membro della propria famiglia collabora anche, seppure a un livello meno rilevante, Theramus di Savignone, abitante di Rodi, che procura ad Antonio di Savignone una schiava di nome Margherita, quello stesso giorno rivenduta a Nicolò Senestrarius 56. È evidente che, come tutti gli insediamenti della colonizzazione medievale, Rodi rappresenta il momento dell’affermazione del mercante con la sua volontà di guadagno e di controllo dell’organizzazione sociale. Fra Tre e Quattrocento la comunità genovese di Rodi rispecchia una struttura gerarchica connotata, ai vertici, dal binomio ‘nobiltà / cittadinanza genovese – mercatura’; al livello medio, dal binomio ‘cittadinanza genovese – attività marittimo-mercantile’; alla base, dal binomio ‘vincolo con il contesto locale (talvolta rappresentato dalla qualifica di burgensis) – attività produttiva e di servizio’. È lo schema che caratterizza le altre società d’Oltremare della stessa epoca, tanto più che qui converge gran parte del mondo affaristico impegnato nelle vicine Famagosta e Chio e nei traffici con l’Egitto. A differenza, tuttavia, di insediamenti come quelli del mar Nero o degli altri dell’Egeo e del Mediterraneo in generale, non vi è rappresentato un potere pubblico di tipo cittadino. A questo punto è necessario valutare la particolare situazione dei nativi e dei forestieri che vivevano o frequentavano il sobborgo e, talvolta, solo il porto, nel confronto con i dominatori, i Cavalieri Gerosolimitani, che li lasciavano prosperare in modo conforme alle loro abitudini, ma li sottoponevano alla propria giurisdizione. È certamente importante ora capire in che cosa consistesse e come si manifestasse la potestà dei Cavalieri, che per ragioni di evidenza documentaria emerge solo attraverso situazioni concrete e casi specifici relativi agli stranieri. La competenza della Curia di Rodi si estende anche su materia quale la designazione del curatore dei beni di uno straniero defunto. È così che, ad esempio, nel caso del fu Gabriele Vivaldi, la Curia dei Cavalieri aveva nominato curatore il nobile Salagrosius Doria, dimostrando peraltro un’indubbia accortezza nella scelta del personaggio. Da questo documento si evince pure la competenza sulla custodia degli atti notarili esercitata attraverso l’Officium iudicatus, ricoperto nel 1416 dal legumdoctor Francesco Giovanni di Acqui. In ——————— 55 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Deuxième partie, n. 119. 56 Ibidem, Première partie, IV, nn. 26, 27. – 956 – RODI DEI CAVALIERI E I GENOVESI questa veste il legumdoctor, su richiesta di Antonio Cattaneo fu Antonio, incaricò il chierico di Leeds, Gedscalco Vogel, notaio pubblico di nomina apostolica, di estrarre in pergamena l’atto in questione ex actis, notis et protocolis del notaio, definito magister, Manolio Turturella, in quel momento assente da Rodi 57. È evidente che, se i mercanti ricorrevano preferibilmente ai notai di nomina imperiale della loro stessa nazionalità, la curia di Rodi aveva i propri notai apostolici e, in caso di necessità, si occupava della documentazione rogata nell’isola per conto della comunità mercantile, come si evince dal compito assegnato al Vogel. A maggior ragione, nell’ambito della propria giurisdizione, l’Ordine si riservava funzioni di tribunale non solo in materia criminale, ma anche in materia civile e penale. Il cittadino genovese Nicolò Grillo, che aveva subito una perdita di merci pregiate (caviale, cuoi e schiavi) durante l’attacco piratesco del conte di Campobasso a Leros (Erros), aveva fatto ricorso, come si richiedeva, presso l’Ordine di San Giovanni. Nonostante il conte avesse già depositato 710 ducati, promessi da Cipriano Vivaldi, e altre somme di denaro, si attendeva la decisione del Gran Maestro sull’appartenenza di alcuni beni, nel dubbio se spettassero ai Genovesi oppure al Campobasso, il quale, però, si rifiutava di sottoporsi all’arbitraggio del Gran Maestro, cui in verità spettava la giurisdizione sull’isola ove si era verificato il fatto 58. I mercanti, tuttavia, poco inclini ad accettare intromissioni nelle questioni che li riguardavano, non esitavano ad aprire lunghi contenziosi, specialmente quando serpeggiava il sospetto di parzialità a favore dei loro rivali. Un crescendo di circostanze – le difficoltà del ceto mercantile per le ostilità in corso fra il Gran Maestro e il Sultano, la guerra italiana tra Genovesi, Veneziani e Catalani fino al 1435 nel periodo del mandato del Gran Maestro catalano Antonio Flaviano – aveva generato scontento anche a Rodi, ben presto sfociato in incidenti nel porto, come quello tra Demetrio Lomellini e Stefano Enterres. I mercanti genovesi in quella circostanza accusarono il Gran Maestro di aver consentito ai Catalani di aiutare la nave dell’Enterres, mentre aveva impedito loro di fare altrettanto per soccorrere il Lomellini e anzi, per ordine del Gran Senescalco, la barca allestita a tal fine era stata colpita con lanci di pietre. La protesta « contra vos reverendissimum dominum Magistrum semper cum debita reverentia, et contra totam Religionem et quemlibet vestrum in solidum de omni dampno … », contenuta entro i limiti della for——————— 57 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, V, n. 1. 58 Gênes et l’Outre-Mer 2016, nn. 165, 182. – 957 – SANDRA ORIGONE malità dovuta, in realtà traboccava di risentimento. Dell’atto che la recava si rendevano testimoni nomi dell’aristocrazia più prestigiosa: Gregorio di Goffredo Grillo, Geronimo Spinola, Cristoforo de Palodio, Ambrogio Fieschi, Antonio Vivaldi 59. Ancora un episodio avvenuto poco tempo dopo, quando ancora imperversava la guerra tra Genovesi e Catalani, dimostra le conseguenze giuridiche degli episodi di ostilità tra le parti in lotta, che si potevano ripercuotere a Genova con la chiamata in causa dei fideiussori. A tal fine Agostino de Loreto aveva chiesto la testimonianza davanti al notaio di Bartolomeo Doria e Francesco Spinola sui danni da lui subiti in occasione della cattura della navis del patrono Oberto Doria nel porto di Rodi 60. A guerra conclusa, neanche un mese dopo la battaglia di Ponza, si levava pure la voce dei Veneziani. Si tratta della protesta di Troilo Boccardo, anche a nome del fratello Paolo, e di Francesco de Draperiis, burgense di Pera, rivolta al Gran Maestro, al suo Consiglio e a tutto l’Ordine religioso per ottenere giustizia contro lo stesso catalano, Stefano Enterres, che aveva mancato al suo impegno di consegnare il carico di 230 giare di olio, caricato a Maiorca dal genovese Nicolò Centurione, con destinazione Costantinopoli-Pera. Il genovese Antonio de Precipiano, forse unico notaio cittadino presente a Rodi in quel momento e certamente esperto in materia in quanto già chiamato a occuparsi delle cause precedenti, ha lasciato testimonianza dettagliata del procedimento intentato dai suoi clienti veneziani. Nell’atto in questione la dominazione dei Cavalieri appare in tutta la sua potestà, quando la situazione sfuggì di mano al gruppo veneziano che suo malgrado dovette rivolgersi al Gran Maestro e al suo Consiglio. L’atto del 22 agosto 1435 fa riferimento alla lettura della protesta nella sala del Consiglio del castello, alla presenza del siniscalco e di altri signori, che conteneva i punti salienti della vicenda: l’appello del convenuto al Gran Maestro per sottrarsi al giudizio del bailo di Rodi; il rifiuto del Gran Maestro, espresso tramite il suo luogotenente, di giudicare il caso rimandando la questione ad altro tribunale competente; la richiesta di intercessione dei ricorrenti veneziani al siniscalco, di nuovo manifestata nella sala del Consiglio; l’affronto finale, testimoniato dall’impedimento violento ad affiggere la protesta sulla porta della sala consiliare da parte di un servitore; il perentorio rifiuto e le parole di minaccia del siniscalco sopraggiunto nella sala 61. ——————— 59 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, V, n. 12. 60 Ibidem, doc. 13. 61 Ibidem, n. 14. – 958 – RODI DEI CAVALIERI E I GENOVESI In sede di conclusioni, sulla base degli aspetti considerati, si può azzardare una valutazione della reale dicotomia tra il Castello e il borgo, ovvero in quale misura la topografia fornisse una rappresentazione del rapporto fra il dominio ecclesiastico e la società mercantile, in particolare tenendo ben presente il confronto con altre realtà simili ove, però, la società mercantile deteneva anche la potestà giuridica sul luogo o, quantomeno, sulla comunità della propria enclave nazionale, come avveniva in genere nelle sedi oltremarine. Innanzi tutto è opportuno considerare la funzione dei mercanti commorantes, che di norma adempiono il ruolo di rappresentanza in un insediamento ancora privo di una magistratura fissa inviata dalla madre-patria, oppure assolvono il compito di collaborare con il rappresentante ufficiale che vi è stato inviato. A Rodi, tuttavia, ancora nel secolo XV, solo i mercanti commorantes rappresentavano la propria comunità. I nostri documenti ci hanno lasciato tre nomi di mercanti indicati come commorantes: Michele Carbono, Bartolomeo Doria, Francesco Spinola. Il primo è menzionato solo per un debito nei confronti di Iacobo de Fragiis di Valenza 62, gli altri due nobili mercanti genovesi si colgono nell’atto di affrontare la questione del pagamento dei danni subiti da Agostino de Loreto a seguito della sottrazione da parte del catalano Tristano di Cheirat della nave patronizzata da Oberto Doria, che al momento del fatto si trovava nel porto di Rodi 63. Ricordando anche il caso della competenza del comandante Maruffo, di cui si è parlato, possiamo avanzare l’ipotesi che all’élite genovese, in mancanza di una rappresentanza ufficiale, fosse riconosciuta dal governo della madre patria una capacità di giudizio in dispute mercantili fra concittadini. Ma c’è di più. Nel 1427 il governatore milanese di Genova, Giacomo de Isolanis, il Consiglio degli Anziani e l’Officium Provisionis avevano incaricato alcuni nobili cittadini – Corrado Gentile, Cattaneo de Camila, Cattaneo de Cataneis e Bartolomeo Doria – di indagare sui movimenti del Sultano, inviando lettere, nunzi e imbarcazioni a Famagosta, Chio, Damasco e altrove, e di decidere sulla ripartizione delle spese per la difesa con il consiglio di tutti i mercanti commorantes e dei burgenses genovesi reperibili in Rodi 64. Dunque, in caso di necessità, si riconosceva al ceto mercantile nella sua interezza un potere decisionale sotto la guida di alcuni nobili cittadini, ——————— 62 Gênes et l’Outre-Mer 2016, nn. 49, 58. 63 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, V, n. 13. 64 Liber Officii 2000, nn. 210, 211. – 959 – SANDRA ORIGONE noti per la loro solerzia e fedeltà. La rappresentanza genovese a Rodi, dove non si costituì una formale magistratura, è riconosciuta in modo assolutamente pragmatico al ceto mercantile, autorizzato dal governo centrale a decidere anche per le questioni relative alla difesa. Ulteriori considerazioni derivano dal confronto, per quanto possibile, con le altre comunità, in particolare quelle narbonese, catalana e veneziana. Rispetto alla fortuna dei Narbonesi, che dovevano avere a Rodi loggia e console sin dalla seconda metà del secolo XIV 65 e dei Catalani 66, che in particolare nel secolo XV avevano molti connazionali nei ranghi dei cavalieri, la posizione dei Veneziani e dei Genovesi era meno favorita 67. Per la città lagunare le fonti ci informano che il governo veneziano, privo di un proprio rappresentante a Rodi, ancora nel 1358, inviava ordini e lettere a un suddito fedele della repubblica, fidelis noster, residente nell’isola, il quale aveva il compito di trasmetterli al console di Efeso 68. Sembra, però, che un console veneziano sia esistito a Rodi dal 1374 al 1499 69. Anche in questo caso, tuttavia, l’amministrazione della giustizia, almeno per le cause miste, era competenza della curia del Gran Maestro, che si avvaleva di funzionari subalterni quale doveva essere il bailo di Rodi che si era rifiutato di giudicare la causa intentata dal veneziano Troilo Boccardo e i suoi compagni a motivo dell’inosservanza della procedura da parte del convenuto, Stefano Enterres 70. Probabilmente i Genovesi, che avevano punti saldi della loro dominazione nelle vicine Chio e Famagosta, riuscivano a sottrarsi con maggiore facilità al ——————— 65 HEYD 1885-1886, I, pp. 526-527. 66 HEYD 1885-1886, II, p. 292. Per i rapporti tra catalani e genovesi in Oltremare cfr. BALLETTO 2003, pp. 167-190, e con particolare riferimento all’influenza catalana sui rapporti dei Cavalieri con i genovesi cfr. WRIGHT 2016, pp. 9-44. 67 Sui Veneziani a Rodi nel secolo XIV tra interessi mercantili e difficoltà di intesa con l’Ordine cfr. LUTTRELL 1958, pp. 195-212. 68 THIRIET 1966, n. 642. 69 HEYD 1855, I, p. 527, n. 5. 70 Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, V, n. 14: « Qui dominus baylius eidem iusticiam ministrare denegavit eo quia dictus Stephanus se appelaverat ad dominum Magnum Magistrum: quod de iure et consuetudine facere non poterat, nisi prius lata foret sentencia vel habendo mandatum a prefato domino Magno Magistro ». Tutti i funzionari dell’Ordine, di qualsiasi rango, erano detti balivi: cfr. RILEY - SMITH 2012, pp. 98, 116, 118, 120-121, 123-124, 135, 141, 147, 182-183, 189-190, 198, 271. Il termine baiulus, peraltro, è anche usato per indicare il rappresentante della madre-patria negli insediamenti veneziani. – 960 – RODI DEI CAVALIERI E I GENOVESI controllo locale dei Cavalieri e frequentemente regolavano le loro vertenze con la curia gerosolimitana tramite l’intervento della madre patria 71. La situazione di apparente instabilità della comunità dei Genovesi ha contribuito a ridimensionare in sede storiografica l’importanza di Rodi rispetto al resto dei loro domini orientali. In realtà la presenza dei Genovesi nell’isola dei Cavalieri non deve essere letta per la peculiare tipologia dell’insediamento, ma in rapporto al sistema mercantile da essi creato nell’Egeo orientale, che li metteva in movimento da una posizione all’altra, laddove la continuità era rappresentata dall’ininterrotto spostamento e ricambio delle persone. Per contro non si possono trascurare similitudini con gli altri contesti oltremarini osservando che la presenza genovese nel secolo XV è caratterizzata anche dall’elemento femminile, e dunque dallo stanziamento familiare di personaggi dal nome prestigioso 72, e che persino in un ambito fortemente marittimo come questo c’è chi ha investito nella terra 73. Altre analogie si riscontrano a livello della mobilità della popolazione locale: come avviene altrove, chi vive a contatto con l’ambiente mercantile si abitua a spostarsi da un insediamento all’altro e addirittura qualcuno arriva nella stessa Genova 74. Sotto il dominio dei Cavalieri di Rodi i genovesi avevano creato un’enclave vitale, conforme alle esigenze e alla frequentazione dell’aristocrazia mercantile, la stessa che gestiva le loro curie di Cipro e di ——————— 71 Ad esempio, fra i diversi casi, cito quello di Damiano Squarciafico, che nel 1434 chiese al Consiglio degli Anziani l’intervento del governo genovese a tutela dei propri interessi nei confronti della Curia di Rodi circa un lascito del padre e una donazione del suocero (cfr. JONA 1935, n. 5), e quello della richiesta indirizzata dal doge e dal Consiglio affinché il catalano Stefano Torre venisse obbligato a restituire ad alcuni Genovesi 230 idre di olio consegnategli indebitamente per ordine del precedente Gran Maestro: ibidem, n. 12. 72 Ad esempio, mi riferisco al caso di Nicoletta vedova di Marco Cibo, che muore in Rodi: cfr. ibidem, n. 4. 73 Ad esempio, mi riferisco a Gregorio Imperiale fu Lanfranco che per due casali siti a Rodi, posseduti già dai suoi antenati, chiede che il governo genovese lo tuteli nei confronti del Gran Maestro: cfr. Ibidem, p. 151. 74 Personaggi rodiesi che ricorrono a notai genovesi si spostano tanto in direzione di insediamenti genovesi quanto veneziani (ad esempio, Moyses di Rodi, ebreo, indicato come abitante di Famagosta: Gênes et l’Outre-Mer 2016, n. 1; Michali di Rodi, indicato come abitante di Candia, il quale è patrono di una gripparea ancorata nel porto di Rodi: Gênes et l’Outre-Mer 2013, Première partie, V, n. 15). Nella stessa Genova si trova, ad esempio in un atto del 1382, un individuo, probabilmente un immigrato di seconda generazione, certo Raimonino Manado, cuxitor, fu Manoli di Rodi che sposa Benedetta fu Toma de Sigestro: cfr. ASGe, Notai Antichi 169, c. 31r. – 961 – SANDRA ORIGONE Chio. Forti di queste vicine postazioni, probabilmente essi stessi non avevano cercato di creare un proprio insediamento regolato da patti, optando per una situazione fluida nei confronti di una dominazione che, come si evince dalle situazioni descritte, imponeva con fermezza il rigoroso rispetto della propria superiore giurisdizione. FONTI ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA (ASGe) Archivio Segreto 496. Notai Antichi 169, 371. BIBLIOGRAFIA ASCHERI 2003 = G.A. ASCHERI, Notizie storiche delle famiglie in Alberghi in Genova, Genova 2003. ASHTOR - KEDAR 1975 = E. ASHTOR - B.Z. KEDAR, Una Guerra fra Genova e i Mamelucchi negli anni 1380, in « Archivio Storico Italiano », I-IV, (1975), pp. 35-39. BALARD 1978 = M. 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Per molto tempo i genovesi cercarono di impadronirsi di Rodi, ed ebbero un ruolo di primo piano nella sua conquista quando i cavalieri la tolsero ai bizantini sottraendola all’incombente occupazione turca. Questo contributo esamina la presenza genovese nei secoli XIV e XV per confrontare il caso di Rodi con quello degli altri domini genovesi. Parole significative: Rodi, Cavalieri Ospedalieri, Società genovese, Egeo orientale. Medieval Rhodes was the focus of investigations about the Knight Hospitallers politics toward Papacy and other Mediterranean powers. This subject is related to the Order of Jerusalem’s government and its commitent to the crusade as well, whereas we do not know so much about Rhode’s mixed society and overall about the Genoese milieu. For a long time the Genoese aimed to seize the isle and had a remarkable role in its conquest when the Knigt Hospitallers took it from the Byzantine and subtracted it from probable Turkish occupation. This paper investigates the point of Genoese presence in the 14th-15 th Centuries. The purpose is to compare the Rhodian case to other Genoese dominions in eastern Mediteranean. Keywords: Rhodes, Knight Hospitallers, East Aegean, Genoese Society. – 964 – INDICE Presentazione pag. 5 Tabula gratulatoria » 7 Gian Savino Pene Vidari, Il percorso delle istituzioni di Storia Patria di Genova e Torino: il contributo di Dino Puncuh » 9 Simone Allegria, Rainerius tunc comunis Cortone notarius. Contributo alla storia del documento comunale a Cortona nella prima metà del XIII secolo » 23 Fausto Amalberti, Scorci di vita quotidiana a Ventimiglia (secc. XV-XVI) » 57 Serena Ammirati, Cum in omnibus bonis … Un inedito frammento berlinese tra papirologia e paleografia » 79 Michele Ansani, Pratiche documentarie a Milano in età carolingia » 95 Giovanni Assereto, Genova e Francesco Stefano (1739) » 113 Michel Balard, I Giustiniani: un modello degli ‘alberghi’? » 131 Laura Balletto, Brevi note su Antonio Pallavicino, vescovo di Chio (1450-1470) » 141 Ezio Barbieri, Frammenti e registri notarili pavesi e vogheresi del Trecento presso l’Archivio di Stato di Pavia » 163 Enrico Basso, L’affermarsi di un legame commerciale: Savona e la Sardegna all’inizio del XIV secolo » 183 Denise Bezzina, The two wills of Manuele Zaccaria: protecting one’s wealth and saving one’s soul in late thirteenth-century Genoa » 205 Carlo Bitossi, Assassinio politico o vendetta? La morte di Gian Pietro Gaffori e la rivoluzione corsa (1753) » 231 Marco Bologna, « Non ha la minima idea, cara, di quanto c’è sepolto nella mia vita ». Note esplicative sui processi di formazione degli archivi di persone pag. 253 Roberta Braccia, Spedizionieri, vetturali e navicellai: considerazioni su due discursus legales del Settecento » 265 Paolo Buffo, Spunti cancellereschi e autonomie dei redattori nella documentazione del principato sabaudo (secoli XII e XIII): nuove proposte di indagine » 285 Marta Calleri, Un notaio genovese tra XII e XIII secolo: Oberto scriba de Mercato » 303 Maria Cannataro † - Pasquale Cordasco, Per la storia della chiesa di Taranto nel XIV secolo » 325 Cristina Carbonetti Vendittelli, Il Breve de terris et vineis et silvis que sunt Sancte Agathe. Un inventario romano di beni fondiari del XII secolo » 343 Maela Carletti, Il Protocollo di San Benvenuto amministratore e vescovo della Chiesa di Osimo (1263-1282). Un primo resoconto » 359 Carlo Carosi, Riflessioni su un singolare contratto di commenda » 381 Antonio Ciaralli, Documenti imperiali tra realtà e contraffazione. La pretesa cessione a Nonantola del monastero di Santa Maria di Valfabbrica » 395 Diego Ciccarelli, I Genovesi a Palermo: la Capela Mercatorum Ianuensium (sec. XV) » 419 Luca Codignola, Ceronio, Rati, e le prime relazioni tra Genova e il Nord America, 1775-1799 » 439 Lia Raffaella Cresci, Provvidenza divina o sorte? Un problema irrisolto nell’opera storica di Leone Diacono » 459 Davide Debernardi, I papiri della Società Ligure di Storia Patria » 477 Corinna Drago Tedeschini, Le societates officii scriptoriae nei libri instrumentorum dell’Archivio della Romana Curia (1508-1510) » 489 Bianca Fadda - Alessandra Moi - Marco Palma - Andrea Pergola - Roberto Poletti - Mariangela Rapetti - Cecilia Tasca, Laocoontis simulacrum hoc … vidi: una nota manoscritta nell’incunabolo 15 della Biblioteca Universitapag. 513 ria di Cagliari Bianca Fadda - Cecilia Tasca, La Sardegna giudicale nell’Archivio del Capitolo di San Lorenzo di Genova e un ‘nuovo’ documento di Barisone I d’Arborea » 523 Riccardo Ferrante, Legge, giustizia, e sovranità nella Francia del secondo Cinquecento. Appunti per una storia della ‘legalità’ in Europa continentale » 549 Paolo Fontana, « Lo specchio della vita » di madre Maria Agnese di Gesù (1693-1761). Monachesimo femminile e direzione spirituale nel Carmelo genovese del Settecento » 561 Maura Fortunati, Mediazione ed arbitrato a Savona nel primo basso medioevo » 587 Fausta Franchini Guelfi, Nuovi documenti per Francesco Maria Schiaffino in San Siro a Genova-Nervi e per il patrimonio artistico della casaccia di Santa Maria di Caprafico » 605 Stefano Gardini - Mauro Giacomini, Venticinque anni di consumi e produzioni culturali: aspetti quantitativi e spunti qualitativi dal database della sala di studio dell’Archivio di Stato di Genova (1991-2016) » 619 Bianca Maria Giannattasio, Il cibo ed i Romani: un rapporto complesso » 669 Antoine-Marie Graziani, « Si è risposto a Lutero e si risponde ogni giorno agli eretici »: Pier Maria Giustiniani l’antijustificateur » 681 Ada Grossi, Le cariche comunali lodigiane fino al 1300: note a margine degli Atti del comune di Lodi » 705 Paola Guglielmotti, La storia dei ‘non genovesi’ dall’anno 2000: il contributo dei medievisti attivi nel contesto extraitaliano agli studi sulla Liguria » 727 Valeria Leoni, Il Collegio dei notai di Cremona e le origini dell’archivio notarile » 751 Sandra Macchiavello, Repertorio dei notai a Genova in età consolare (1099-1191) pag. 771 Marta Luigina Mangini, Parole e immagini del perduto Liber instrumentorum porte Cumane (Milano, metà del secolo XIII) » 801 Paola Massa, La gestione tecnico-organizzativa di un ‘edificio da carta’ a metà Seicento » 825 Patrizia Merati, Produzione e conservazione documentaria tra X e XI secolo in area lariana: il notaio Teodevertus e la sua clientela laica » 851 Bianca Montale, Politica e amministrazione a Genova dall’Unità a Porta Pia » 879 Angelo Nicolini, Nel porto di Savona, 1500-1528: una finestra sul Mediterraneo? » 899 Antonio Olivieri, L’ospedale di Sant’Andrea di Vercelli nei decenni a cavallo tra Due e Trecento. L’acquisizione di patrimoni connessi con l’esercizio del credito e i suoi riflessi archivistici » 923 Sandra Origone, Rodi dei Cavalieri e i Genovesi » 947 Arturo Pacini, Algeri 1541: problemi di pianificazione strategica di un disastro annunciato » 965 Martina Pantarotto, Vox absentiae: tracce di un archivio conventuale disperso e distrutto. Santa Maria delle Grazie di Bergamo (OFM Obs.) » 993 Alberto Petrucciani, L’‘altra’ biblioteca Durazzo: un catalogo (quasi) sconosciuto » 1005 Giovanna Petti Balbi, Tomaso Campofregoso, uomo di cultura, bibliofilo, mecenate » 1023 Luisa Piccinno, Grandi porti e scali minori nel Mediterraneo in età moderna: fattori competitivi e reti commerciali » 1045 Vito Piergiovanni, Il valore del documento alle origini della scienza del diritto commerciale: Sigismondo Scaccia giudice a Genova nel XVII secolo » 1061 Valeria Polonio, Battaglie fiscali nel tardo Quattrocento genovese: clero e laici » 1069 Marco Pozza, Viviano, scriptor, notarius et iudex: un notaio al servizio della cancelleria ducale veneziana (1204-1223) pag. 1093 Maria Stella Rollandi, Questioni di confine e regime delle acque. Matteo Vinzoni e il feudo di Groppoli in Lunigiana (1727-1760) » 1111 Antonella Rovere, Una ritrovata pergamena del secolo XII e il suo contesto di produzione » 1137 Valentina Ruzzin, Inventarium conficere tra prassi e dottrina a Genova (secc. XII-XIII) » 1157 Eleonora Salomone Gaggero, Hic jacet corpus Quintii Martii Rom. Coss. La spedizione del console Q. Marcio Filippo contro i Liguri Apuani fra fantasia e realtà » 1183 Anna Maria Salone Gobat, La Val Grue. Brevi notizie storiche sui paesi della valle » 1207 Rodolfo Savelli, Virtuosismi in tipografia. A proposito di tre edizioni del Corpus iuris civilis (1580-1587) » 1227 Lorenzo Sinisi, Processo e scrittura prima e dopo il Concilio Lateranense IV: alcune considerazioni » 1251 Francesco Surdich, Gli indigeni della Terra del Fuoco nel diario di viaggio di Charles Darwin » 1277 Caterina Tristano, I percorsi della spiritualità sui fogli di un libro: il Salterio di san Romualdo a Camaldoli » 1291 Gian Maria Varanini, Una riunione della curia vassallorum del monastero di Santa Maria in Organo di Verona nel 1260. Pratiche feudali, lessico ‘comunale’ » 1341 Marco Vendittelli, I Capitula del castello di Carpineto nel Lazio del 1310 » 1357 Stefano Zamponi, Gli statuti di Pistoia del XII secolo. Note paleografiche, codicologiche, archivistiche » 1367 Andrea Zanini, Filantropia o controllo sociale? Le opere assistenziali di un feudatario del Settecento » 1387 QUADERNI DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA DIRETTORE Carlo Bitossi COMITATO SCIENTIFICO GIOVANNI ASSERETO - MICHEL BALARD - CARLO BITOSSI - MARCO BOLOGNA STEFANO GARDINI - BIANCA MARIA GIANNATTASIO - PAOLA GUGLIELMOTTI PAOLA MASSA - GIOVANNA PETTI BALBI - VITO PIERGIOVANNI - VALERIA POLONIO - † DINO PUNCUH - ANTONELLA ROVERE - FRANCESCO SURDICH Segretario di Redazione Fausto Amalberti redazione.slsp@yahoo.it Direzione e amministrazione: PIAZZA MATTEOTTI, 5 - 16123 GENOVA Conto Corrente Postale n. 14744163 intestato alla Società http://www.storiapatriagenova.it storiapatria.genova@libero.it Editing: Fausto Amalberti ISBN - 978-88-97099-45-1 (a stampa) ISSN 2421-2741 (a stampa) ISBN - 978-88-97099-48-2 (digitale) ISSN 2464-9767 (digitale) finito di stampare dicembre 2019 Status S.r.l. - Genova