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Francesco Teruggi
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Francesco Teruggi

Chi è venuto prima di noi aveva un rapporto franco e certamente più sereno del nostro con la morte, ne conosceva ogni aspetto e si preparava attentamente a questo fondamentale incontro. C' era nell'antichità un'assoluta urgenza non solo... more
Chi è venuto prima di noi aveva un rapporto franco e certamente più sereno del nostro con la morte, ne conosceva ogni aspetto e si preparava attentamente a questo fondamentale incontro. C' era nell'antichità un'assoluta urgenza non solo verso il trapasso in sé, bensì verso il suo svolgersi nel migliore dei modi, quella «buona morte» ridotta oggi soltanto a propaganda materialista che rinnega tutta la profondità spirituale da essa sottesa. Se restiamo prigionieri della concezione attuale non possiamo in alcun modo comprendere il rapporto tra gli antichi e la morte, la cui più alta e perfetta sintesi è forse la «sorella morte» di francescana memoria. Dobbiamo tornare ad abbracciarla e a sentirla come parte del fluire incessante e meraviglioso dell' esistenza, non come blocco fissato in un certo tempo. In alcune zone d'Italia tra cui il Piemonte, si ricorda ancora l'usanza detta «acqua delle undici e mezza», generalmente ritenuta la richiesta del morente di un aiuto a «passare oltre» e quindi come una sorta di eutanasia. Una simile idea è con buona probabilità frutto del preconcetto e della mancanza di una vera prospettiva escatologica. A rigor di logica, è difficile, per non dire impossibile, che un sorso d'acqua offerto al morente abbia il potere di provocare l'agognato distacco e di farlo passare oltre, a meno di immaginarne il soffocamento provocato dal liquido. L'acqua perciò potrebbe anche alludere a qualcos'altro. È la fonte della vita stessa, il primo elemento. E non bisogna dimenticare che per gli antichi nascere e morire erano due aspetti di uno stesso percorso, non l'inizio e la fine, ma due passaggi, tant' è che che nei testi arcaici si parla sia di «acque di vita» che di «acque della morte». Il particolare più curioso è però l' orario cui quest'acqua è legata nella diceria popolare. Evidentemente simbolico e diverso dalla «undicesima ora» della parabola evangelica dei lavoratori nella vigna, esso corrisponde astrologicamente in occidente a 15° del Capricorno, che è l'istante del concepimento «spirituale», il fluire nuovamente nella vita. Non è difficile quindi riconoscervi la richiesta di aiuto per garantirsi una nuova nascita, morendo nel modo più armonico. Quanto all'acqua, essa è identificabile astrologicamente con quella che l'Aquario riversa dal vaso ed è proprio «nell'ora dell'Aquario» che avviene il concepimento fisico. Identiche conclusioni potrebbero essere tratte applicando i principi astrologici della medicina cinese arcaica. Sembra quindi che questa «diceria», lungi dall' essere una generica speranza di aiuto «in extremis», sia invece una richiesta di «morire bene» per rinascere non in spirito, ma proprio in una nuova vita fisica, in modo coerente a ciò che prospettano le tradizioni relative alla «reincarnazione». Dall'antichità ci sono giunte, seppure in forme degradate e spesso incomprese, molte forme di accompagnamento alla morte, di cui si ricordano soprattutto i particolari più truculenti e tragici. Un caso estremamente interessante e dibattuto è quello della «femina agabbadòra» sarda, sul quale vale certamente la pena di riflettere. Acabbadora 1 era il nome che designava chi, in ogni villaggio, dell'isola, interveniva appunto per accompagnare alla morte i moribondi che non erano in grado di lasciarsi andare. Per lo più erano donne a svolgere questo compito, ma non è escluso-sebbene incerto-che in qualche caso il ruolo
Il simbolo per eccellenza di Ravenna, che fu per tre volte capitale, è senz'altro l'Adorazione dei Magi, che compare in città almeno quattro volte: a Sant'Apollinare Nuovo la più celebre; a San Vitale sul sarcofago di Isacio (620-637 d.... more
Il simbolo per eccellenza di Ravenna, che fu per tre volte capitale, è senz'altro l'Adorazione dei Magi, che compare in città almeno quattro volte: a Sant'Apollinare Nuovo la più celebre; a San Vitale sul sarcofago di Isacio (620-637 d. C.) e tra le vesti dell'imperatrice Teodora, nel mosaico a lei dedicato; a San Giovanni Battista su una capsella (reliquiario di marmo) dedicata ai Santi Quirico e Giulitta, della prima metà del V secolo (oggi è esposta al Museo Arcivescovile). L'importanza di queste raffigurazioni per la cittadina ravennate è indubbia, ma non è fin in fondo chiaro perché essa fu scelta. Genericamente la si attribuisce alle simpatie monofisite dell'imperatrice Teodora, moglie di Giustiniano, sulla cui tunica i tre sacerdoti iranici compaiono e all' offerta dei "doni imperiali" compiuta all'indomani dell' elevazione di Ravenna a capitale dell'Impero Bizantino in occidente. Inoltre non è facile stabilire quale delle immagini conservatesi possa essere eventualmente l' originale a cui le altre, sicuramente, si ispirano, essendo tutte precisamente modellate su uno stesso canone già ben consolidato. Il mistero insomma rimane.
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Il “ritorno effimero in vita dei bambini mai nati” viene spesso indicato con il termine francese “répit”. Si ritiene in genere che il primo studioso “moderno” di questo fenomeno millenario a utilizzare tale termine sia stato Émile Nourry,... more
Il “ritorno effimero in vita dei bambini mai nati” viene spesso indicato con il termine francese “répit”. Si ritiene in genere che il primo studioso “moderno” di questo fenomeno millenario a utilizzare tale termine sia stato Émile Nourry, esperto di folklore, che pubblicò nel 1911 un saggio sul “rito della piuma” con lo pseudonimo di Pierre Saintyves.

I significati etimologici derivabili da tale sostantivo sono molteplici: termine di pagamento; si dice di una persona che si è rimessa dopo una malattia grave; Sosta, sospensione momentanea di un’azione, di un obbligo, di una tensione, di una sofferenza fisica o morale, interruzione, pausa, riprendere fiato, tregua; tempo di riposo, rilassamento, allentamento, sosta, pausa; riposo, rilassamento salutare, pausa di alcuni giorni, anno, istante, giorno, momento, settimana, tempo di pausa.

Ma Saintyves, in verità, permuta “répit” da un passaggio...
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Fin dal XVI secolo esisteva in Valstrona una nobile famiglia di conti, detti «Gozzano», la cui residenza dominava l'abitato di Luzzogno. La stirpe diede parroci al paese e vescovi alla cristianità. Nell'edifcio, ancora esistente, al piano... more
Fin dal XVI secolo esisteva in Valstrona una nobile famiglia di conti, detti «Gozzano», la cui residenza dominava l'abitato di Luzzogno. La stirpe diede parroci al paese e vescovi alla cristianità. Nell'edifcio, ancora esistente, al piano alto, sulla parete del loggiato nella quale si apre la porta di accesso alla camera da letto patronale, è ancora presente un complesso ed enigmatico dipinto allegorico risalente presumibilmente alla metà del Seicento. Poche o pressoché nulle sono le informazioni su questo «gioiello», che è tale non tanto per stile e qualità artistica, quanto per la sua profondità sapienziale e la sua vastità simbolica. Se le poche ricerche sull'argomento ne hanno individuato i tratti essenziali, bisogna spingersi in direzioni nuove per riuscire ad aferrarne i preziosi segreti. Il dipinto si presenta come una sorta di tabella, di tavola ben spaziata in quattro quadri, separati a coppie in senso verticale da una colonna, avvolta in spire da un drappo e terminante in un «sole» con la Madonna e il Bambino Gesù al centro. I due riquadri bassi presentano ciascuno una teoria di personaggi femminili, allegorie dei vizi e delle virtù. I due alti presentano invece schiere angeliche con tratti maschili. Una linea di cartigli o forse di tende separa le immagini angeliche da quelle femminili, come a oscurare le une dalla vista degli altri. Le due teorie maschili e femminili sono senz'altro un riferimento alla terra (femminile e umano) e al regno celeste (maschile e angelico). In senso orizzontale, le fgure femminili delle due teorie sono le stesse, ma ritratte ciascuna in comportamenti antitetici: lo specchio che induce prudenza, il guardare bene dentro sé stessi è anche lo specchio della vanità che genera superbia. Così, il bene e il male terreni si fronteggiano, ma esistono insieme, sono aspetti di una stessa cosa. Ma, appunto, bene e male sono soltanto terreni; nel regno celeste non c'é spazio alcuno per il male. Infatti, sono angeli anche quelli che si avvicendano sopra ai vizi e sono precisamente quei 7 vittoriosi, di cui parlano i profeti biblici e l'Apocalisse, ciascuno sopra ogni afizione. Gli angeli più esterni portano emblemi eloquenti che si rifanno ai Vangeli: il velo della Veronica, che fu «sollecita» nel soccorre Gesù, la croce del Cireneo che fu suo «alleato» nella salita al Golgota, ecc. Se poi facciamo caso alla scelta di porre i vizi alla sinistra della Madonna e le virtù a destra, otteniamo una precisa direzione di lettura, aiutata anche dagli sguardi reciproci di tutti i personaggi: dai 7 angeli guardiani con gli sguardi verso il basso, l'occhio viene condotto ai vizi, da questi alle virtù e di nuovo in alto verso i 7 «angelici» Doni dello Spirito. Lo sguardo e il corpo del Bambino Gesù sono rivolti a chi «lo segue», quelli della Madre a chi è lontano e ancora deve percorrere il «sentiero irto di ostacoli». Si compie con gli occhi una spirale, discendente e poi ascendente, quella della fallacità umana che, con l'aiuto del cielo può diventare virtù e attraverso questa ci può portare al cielo e ai suoi doni spirituali. L'albero al centro, rifà lo tesso movimento, di discesa attraverso le spire del drappo, di risalita
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Si racconta che il medico condotto Innocenzo Ratti, vissuto a Massiola, piccolo centro della Val Strona, sul fnire dell'800, fosse anche un alchimista. In gioventù frate allievo di padre Appiani, dottore, erborista, botanico, agronomo e... more
Si racconta che il medico condotto Innocenzo Ratti, vissuto a Massiola, piccolo centro della Val Strona, sul fnire dell'800, fosse anche un alchimista. In gioventù frate allievo di padre Appiani, dottore, erborista, botanico, agronomo e geologo di fama, abbandonò l'abito talare per amore della bella Teresa (una delle modelle di Hayez) e
fnì per stabilirsi a Massiola continuando ad esercitare come medico.
Eletto sindaco e sempre tenuto in gran considerazione per le opere pubbliche a favore del paese e della valle, fu sempre noto con il soprannome di «Frà Ràtt» o «sciùr Padàr».
La vita ritirata e solitaria che conduceva nella
sua grande casa, le voci sussurrate sul suo
conto e le frequentazioni illustri quanto
strane - Massimo D’Azeglio, noto per il suo
interesse verso lo spiritismo, era solito raggiungere da Cannobio, dove trascorreva parte dell'anno, la Valstrona per consultarlo – alimentarono voci su certi «poteri» che si diceva possedesse e sulla sua dedizione all'alchimia.
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Chi è la Signora delle Rocce? Così viene chiamato nel 1052 il nume tutelare di un remoto villaggio dell'alta Provenza, la cui dimora sorge tra i bastioni a picco sul minuscolo centro abitato. Cinque fonti di acqua pura sgorgano da... more
Chi è la Signora delle Rocce? Così viene chiamato nel 1052 il nume tutelare di un remoto villaggio dell'alta Provenza, la cui dimora sorge tra i bastioni a picco sul minuscolo centro abitato.


Cinque fonti di acqua pura sgorgano da sempre nella stretta valle del ranvin d'Anguire e si gettano in uno dei torrenti che danno vita al meraviglioso spettacolo naturale delle Gorges Du Verdon, non prima però di aver alimentato le fontane e i lavatoi del paese, zampillando qui e là tra le case accarezzate dal sole.
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Cosa rendeva gli inquisitori così certi di trovarsi di fronte un eretico oppure una strega?
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È difficile, se non impossibile, sostenere che quella forma rituale nota come “répit”, “doppia morte”, “rito della piuma” o “riti delle ombre”, pietosamente amministrata in favore dei fanciulli morti-nati, nel periodo tra il X e XVIII... more
È difficile, se non impossibile, sostenere che quella forma rituale nota come “répit”, “doppia morte”, “rito della piuma” o “riti delle ombre”, pietosamente amministrata in favore dei fanciulli morti-nati, nel periodo tra il X e XVIII secolo, possa essere esplosa all'improvviso nella storia.

Comunemente si attribuisce l'insorgere della pratica all'estendersi dell'ideologia nichilista sul limbus puerorum e sull'infausto destino dei bambini morti alla nascita, prima di aver potuto ricevere il battesimo. In quei secoli, mentre la disputa teologica chiudeva le porte ad ogni possibilità di redenzione per gli sfortunati bimbi, la pietà popolare veniva consolata dall'intercessione di qualche “santo”, quasi sempre della “Madre delle madri”, che “sospendeva” lo stato mortale del fanciullo...
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C'era un tempo in cui uomini e dei camminavano fianco a fianco, un tempo in cui le parole non servivano. Era il tempo di Ilio, dei viaggi di Odisseo e di Enea, il tempo degli eroi e delle imprese. Ma nulla può esistere se è perfetto, la... more
C'era un tempo in cui uomini e dei camminavano fianco a fianco, un tempo in cui le parole non servivano. Era il tempo di Ilio, dei viaggi di Odisseo e di Enea, il tempo degli eroi e delle imprese. Ma nulla può esistere se è perfetto, la vita richiede vibrante imperfezione per esprimersi. Poco a poco, molti smisero di fidarsi di loro e le idee del cosmo li abbandonarono. Gli dei continuarono a camminare sulla terra, ma l'uomo smise di seguirli, di vederli, di sentirli e piombò nella nostalgia, generatrice di lingue e di idiomi. Solo qualcuno conservava ancora il cuore puro abbastanza da udire quelle voci lontane, isolati e inascoltati profeti le cui orecchie percepivano il sussurro dei non più visibili numi.
Poi, non ve ne furono più. Le voci si fecero tanto lontane e indistinte che, solo appoggiando l'orecchio, opportunamente allenato, nel punto più adatto, si poteva ancora sperare di percepirne i sussurri.
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Nel 1612, il Governatore spagnolo dello Stato di Milano, Marchese Mendoza della Hionosa, riceve da sua maestà ispanica l'ordine di invadere il Piemonte, per anticipare l'avanzata del Duca di Savoia e diffidarlo dalle sue pretese sul... more
Nel 1612, il Governatore spagnolo dello Stato di Milano, Marchese Mendoza della Hionosa, riceve da sua maestà ispanica l'ordine di invadere il Piemonte, per anticipare l'avanzata del Duca di Savoia e diffidarlo dalle sue pretese sul Monferrato.
Tutta la popolazione viene obbligata a prendere parte militarmente alla contesa attraverso la costituzione delle Milizie delle Terre, nelle quali vengono costretti ad arruolarsi tutti gli uomini dai 18 ai 50 anni. La Milizia ossolana, che conta 1452 soldati tra i quali 390 provenienti dalla Valle Anzasca1, riceve il compito di presidiare i confini e i passi alpini dalle invasioni esterne.
Ma l'ordine imposto dal dominatore ispanico non viene esaudito in silenzio. I futuri soldati, arruolandosi cercano la benedizione della loro stessa terra. Non combatteranno per lo straniero, ma per la loro valle. I militi di Bannio si rivolgono alla Madonna della Neve e del Gelo, occupandosi di  ristrutturarla con il permesso del Vescovo di Novara. Quelli di Calasca scelgono la remota cappelletta della Gurva.
Mentre i lavori fervono, però...
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Concepiti inizialmente come testi per conferenze e convegni, i tre saggi che compongono «La Testa e la spada» raccolgono non soltanto la storie e le vicende note dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, ma anche risvolti... more
Concepiti inizialmente come testi per conferenze e convegni, i tre saggi che compongono «La Testa e la spada» raccolgono non soltanto la storie e le vicende note dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, ma anche risvolti poco conosciuti della loro millenaria presenza, l’anelito spirituale che ne animò la fondazione e una disamina dei rapporti con gli altri Ordini, sia di matrice occidentale che orientale.
Ne emerge una visione d’ insieme illuminante sull’Ordine Ospitaliero, impegnato nell’assistenza ai poveri e nella difesa della fede, ma animato nel profondo da una intensa ricerca spirituale tesa ben oltre i dogmatismi, intimamente legata alle tradizioni più antiche e pregna di elementi condivisi anche dalle cavallerie spirituali sufi mediorientali.
Conclude il trittico un’accurata analisi sull’attività di accoglienza popolare e nobiliare e sulla presenza dell’Ordine nell’estremo nord italiano, nell’area compresa fra Novara e l’Ossola, nelle cui installazioni locali e vicende è nuovamente possibile riconoscere la stessa spiritualità silenziosa che animò i Cavalieri Giovanniti a Gerusalemme, a Cipro, a Rodi, a Malta e in Europa.

Patrocinato da S.O.G.IT. - Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia, sezione di Verbania
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C’era un tempo in cui i bambini nati-morti «tornavano alla vita», mostrando segni inequivocabili e prodigiosi. Superstizione? Eresia? Allucinazioni? Il miracoloso fenomeno aveva un nome cristiano, répit, (ripetere) ma affondava le sue... more
C’era un tempo in cui i bambini nati-morti «tornavano alla vita», mostrando segni inequivocabili e prodigiosi. Superstizione? Eresia? Allucinazioni? Il miracoloso fenomeno aveva un nome cristiano, répit, (ripetere) ma affondava le sue radici nel più remoto e lontano passato. Mai Vivi Mai Morti è l’esito dell’appassionante indagine umana e storica intrapresa dai due autori, per ricostruire le lontane origini e i risvolti sociali, culturali e personali di questa forma rituale, tra le più diffuse e longeve della cristianità, che si è esaurita solo nel XIX. «... la vita è il vero prodigio, immensa ed effimera, per breve che sia».
-ebook- Autore: Francesco Teruggi Publisher: TRIASUNT Associazione Culturale Anno: 2014 Formato ebook: epub Indice: *Premessa *Da Gerusalemme all’Italia *Gli ordini gerosolimitani in Piemonte tra Novara e L’Ossola *I Cavalieri... more
-ebook-
Autore: Francesco Teruggi
Publisher: TRIASUNT Associazione Culturale
Anno: 2014
Formato ebook: epub

Indice:
*Premessa
*Da Gerusalemme all’Italia
*Gli ordini gerosolimitani in Piemonte tra Novara e L’Ossola
*I Cavalieri di Malta tra Novara e L’Ossola
– Ghemme
– San Giovanni di Cressa
– Vogogna
– San Giovanni di Biganzolo
– Mergozzo
*I Templari tra Novara e L’Ossola
– Casalbeltrame e Carpignano Sesia
– Ghemme
– Vogogna
– Templari, Madonne e sacralità antica ossolana
*Bibliografia
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