Rinuccini

During the first half of the eighteenth century, before its dispersal in a memorable Florentine auction of 1852, the Rinuccini collection underwent a decisive evolution under the aegis of Marchese Folco and his sons Carlo and Alessandro. Specific analysis of their acquisitions of Neapolitan painting and identification of works currently housed in various museums reveals that the family was in step with the period’s most advanced trends in taste. Folco Rinuccini took part in the division of the collection of the Marchese Del Carpio in Florence, acquiring notable works, and his son Alessandro, who had moved to Naples, subsequently made important purchases in situ. Finally, Carlo saw to the aggrandizement of the family in Florence through shrewd cultural politics, culminating in the restructuring of the Palazzo Rinuccini and the exhibition at Santissima Annunziata in 1737.

A new document found in the Corsini Archive in San Casciano Val di Pesa, provides information regarding an exchange of paintings that took place in 1817 between the Marquis Pier Francesco Rinuccini of Florence and Count Giacomo Grimaldi of Venice. This episode sheds new light on the artistic relations between the two cities in the nineteenth century, during a difficult time for the Venetian heritage. Furthermore, it brings to the attention of scholars the previously unknown personality of Count Grimaldi.
The paintings coming from Venice were of considerable quality. Thus, they represent an interesting sample of local painting from the early sixteenth to the mid-seventeenth century, which was put together with intelligence, as a significant addition to the Rinuccini collection. Even though he had to renounce to some important paintings, Rinuccini succeeded in improving the physiognomy of his collection.

Nel maggio del 1852 a Firenze si svolge la vendita all’asta della collezione dei marchesi Rinuccini: nello spazio di un mese si assiste alla dispersione di una delle più antiche e intatte raccolte cittadine, formata da circa settecento opere d’arte, di ogni epoca e scuola. L’evento era stato preparato per tempo, anche a causa dei contemporanei rivolgimenti europei, e risulta essere un momento importante della storia del mercato artistico locale, ma non solo. Tramite l’analisi di documenti d’archivio e testimonianze d’epoca, l’intervento intende ripercorrere le fasi di organizzazione e di svolgimento dell’asta, contestualizzandolo a livello italiano ed europeo, allo stesso tempo evidenziandone la natura quasi eccezionale nel panorama fiorentino, data l’assenza nella capitale del Granducato di un moderno e strutturato sistema di vendite all’incanto come quello parigino o londinese.

Si tratta della prima edizione completa delle lettere manoscritte, conservate nella Biblioteca Riccardiana di Firenze (Ricc. 2438bis III), che l'accademico e fonetista fiorentino Giorgio Bartoli scrisse fra il 1568 e 1583 all'amico Lorenzo Giacomini (1552, Ancona - 1598, Firenze). L'epistolario ha un primo ed evidente interesse nel documentare l'impiego di una grafia parzialmente ortofonica da parte di uno di più innovativi studiosi cinquecenteschi della fonetica, l'autore del trattato «Degli elementi del parlar toscano» (1584) e continuatore del pensiero linguistico di Benedetto Varchi. Oltre agli aspetti storico-linguistici che propone all'attenzione, la raccolta epistolare consente di mettere in luce la formazione e la personalità di Giorgio Bartoli e i termini del suo sodalizio con un altro letterato ben rappresentativo dell'ambiente accademico fiorentino del secondo Cinquecento, quale fu Lorenzo Giacomini. In «Appendice» si pubblicano altri testi autografi, in gran parte inediti, di Giorgio Bartoli, fra cui la sua lettera «sul tradurre» a Marino Bobali del 1576ca. E oltre all'«Introduzione», che illustra l'ambiente letterario dell'epoca, il volume contiene altri capitoli: gli «Appunti linguistici» che mettono a fuoco l'uso del volgare fiorentino («argenteo»), e i «Personaggi dell'epistolario», contenenti notizie sugli uomini di lettere, sui mercanti e sui politici che si affacciano nelle carte dell'epistolario.