Si è soliti iniziare il racconto della storia politica e istituzionale dell'Italia successiva al marzo 1861, ovvero alla sua unificazione politica, ricordando la celebre frase attribuita a Massimo d'Azeglio, e cioè che, fatta l'Italia,...
moreSi è soliti iniziare il racconto della storia politica e istituzionale dell'Italia successiva al marzo 1861, ovvero alla sua unificazione politica, ricordando la celebre frase attribuita a Massimo d'Azeglio, e cioè che, fatta l'Italia, occorresse «fare gli italiani». In altre parole, all'indomani dell'unità politica il problema fondamentale del nuovo soggetto politico-istituzionale, cioè il Regno d'Italia, sarebbe stato soltanto quello di "nazionalizzare" le masse, ossia di omogeneizzare usi, costumi, diritti e doveri degli abitanti della penisola, dei tanti nuovi "regnicoli" non piemontesi. Insomma, si trattava di "creare" un popolo italiano. Che ciò abbia costituito una delle sfide più ardue che il neonato Stato italiano abbia dovuto affrontare nei decenni successivi al 1861, e che non abbia a lungo trovato adeguata e soddisfacente soluzione, non abbia perciò mai smesso di angosciare la classe politica italiana, è un fatto indiscutibile. Resta invece discutibile l'affermazione secondo la quale l'unificazione territoriale compiutasi inaspettatamente e con improvvisa accelerazione tra 1859 e 1861 abbia comportato di per sé, quasi automaticamente e senza traumi, un'unità politico-istituzionale. Altrimenti detto: l'Italia era tutt'altro che "fatta". All'indomani del 17 marzo 1861, giorno della proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, non si era deciso il tipo di articolazione territoriale dello Stato, soprattutto il tipo di organizzazione da dare all'amministrazione, fatte salve la centralità dell'istituzione monarchica e la forma di governo costituzional-rappresentativa delineata dallo Statuto albertino, divenuto d'un colpo carta costituzionale dell'Italia intera. Le leggi di unificazione amministrativa del 20 marzo 1865 avrebbero decretato come vincente il modello accentrato, di ispirazione franco-rivoluzionaria, con un rapporto-almeno a livello formale e di princìpi affermati e auspicati-di tipo verticistico tra centro e periferie, con un controllo tendenzialmente rigido del primo sulle seconde. Pochi anni dopo l'edificazione dello Stato nazionale veniva dunque scartata definitivamente l'ipotesi federalista, la quale aveva invece dominato la scena del dibattito politico-costituzionale fino almeno al 1849. Sul rapporto tra federalismo e Risorgimento molto si potrebbe dire, ma qui ci preme sottolineare solo alcuni elementi potenzialmente utili per lo stesso discorso pubblico italiano contemporaneo.