Osho Ricominciare Da Sé Mondadori
Osho Ricominciare Da Sé Mondadori
Osho Ricominciare Da Sé Mondadori
«L
’
tese, in modo che in te possa scaturire l’amore; e le corde della tua mente
dovrebbero essere un po’ più allentate, in modo che in te possa scaturire
un’intelligenza vigile e non la pazzia. Se queste corde del tuo essere fossero entrambe
equilibrate, in te potrebbe nascere la musica della vita.» Ricominciare da sé è un
viaggio, un cammino nel quale il grande maestro spirituale Osho ci conduce verso la
conoscenza profonda di noi stessi e delle chiavi della beatitudine. Un percorso di
saggezza e di meditazione che tocca il vero centro dell’energia vitale, troppo spesso
dimenticato dalla cultura razionalistica occidentale. Con ogni capitolo di questo libro
Osho non fa che aprire in noi una porta dopo l’altra, guidandoci a penetrare sempre
più in profondità nel nostro essere. Fino al raggiungimento del divino, della musica
nascosta nel Tutto.
L’autore
RICOMINCIARE
DA SÉ
Traduzione di Ma Anand Vidya e Swami Anand Videha
è un marchio registrato di proprietà
della Osho International Foundation usato su licenza/concessione.
Ricominciare da sé
Introduzione
Mumbai, India
Primo discorso
Il corpo: il primo passo
Amici carissimi,
nel nostro primo incontro di questo Campo di Meditazione, vorrei
parlarvi del primo passo per un meditatore, per un ricercatore. Qual è
questo primo passo? Un pensatore o un amante seguono determinati
percorsi, viceversa un ricercatore del vero deve compiere un viaggio
totalmente diverso. Qual è dunque il primo passo del viaggio di un
ricercatore della verità?
Il corpo è il primo passo per chi voglia ricercare il vero; ma nessuno ha
mai dedicato al corpo né pensieri, né attenzione. Il corpo è sempre stato
trascurato, non solo in certe epoche, ma per migliaia di anni. Questa
trascuratezza è di due tipi. Innanzitutto, ci sono coloro che indulgono nei
piaceri e che trascurano il benessere del corpo.
Le loro esperienze di vita si riducono a mangiare, bere e abbigliarsi.
Costoro hanno trascurato il corpo, ne hanno fatto un cattivo uso,
abusandone, lo hanno sprecato nelle maniere più folli; hanno guastato
irrimediabilmente il loro strumento, la loro vina.
Se uno strumento musicale – per esempio una vina – è guasto, non ne
può scaturire alcuna musica. La musica è qualcosa di totalmente diverso
dalla vina – la musica è una cosa e la vina un’altra – ma senza la vina, la
musica non può scaturire.
Coloro che hanno abusato del corpo indulgendo nei piaceri materiali
appartengono alla prima categoria di devastatori; l’altra comprende coloro
che hanno trascurato il corpo per dedicarsi allo yoga e alla rinuncia. Costoro
hanno torturato il corpo, lo hanno represso e hanno nutrito un’estrema
ostilità nei suoi confronti.
Né coloro che indulgevano nei piaceri materiali, né gli asceti che
torturavano il corpo hanno mai compreso la sua importanza. Dunque,
esistono due tipi di trascuratezza e di tortura della vina che è il corpo
umano: il primo portato avanti dai crapuloni e il secondo dagli asceti.
Entrambi hanno deteriorato e danneggiato seriamente il corpo.
In Occidente il corpo è stato deteriorato in un modo e in Oriente in un
altro, ma noi tutti partecipiamo in ugual misura alla sua distruzione. Coloro
che frequentano i bordelli e le osterie deteriorano il corpo in un modo, e
coloro che stanno nudi sotto il Sole cocente, o che scappano nelle foreste per
isolarsi dal mondo, deteriorano il corpo in un altro modo.
Solo dalla vina del corpo può scaturire la musica della vita. La musica
della vita è qualcosa di diverso dal corpo – è una cosa totalmente diversa, è
qualcos’altro in senso assoluto – ma solo attraverso la vina del corpo esiste la
possibilità di realizzarla. Eppure, ancora non è stata prestata la dovuta
attenzione a questa realtà.
Il primo passo è il corpo e la dovuta attenzione del meditatore nei suoi
confronti. In questo nostro primo incontro, voglio parlarvi di questo
argomento.
La vita di una pianta è in un luogo che non è visibile: si trova nelle sue
radici, nascoste nel terreno. Se non ti prendi cura di quelle radici, non puoi
minimamente prenderti cura dei ori né delle foglie. Per quanto tu possa
baciare i ori e le foglie, per quanto tu li possa amare, per quanto tu li tenga
liberi dalla polvere e dalla sporcizia, la pianta appassirà. Viceversa, se non ti
occupi affatto dei ori ma curi le radici, i ori si prenderanno cura di se
stessi: essi scaturiscono dalle radici, e non sono queste ultime a nascere dai
ori!
Se tu chiedessi a chiunque qual è il centro più importante nel corpo
umano, automaticamente costui indicherebbe con la mano la propria testa e
dichiarerebbe che è quella la parte più importante del suo corpo. Oppure, se
lo chiedessi a una donna, accennerebbe con la mano al cuore e direbbe che è
quello la sua parte più importante.
Il punto più importante nel corpo umano non è la testa né il cuore; ma gli
uomini hanno sempre enfatizzato l’importanza della testa e le donne del
cuore, e la società, basata su questa ambivalenza, non ha fatto altro che
deteriorarsi ogni giorno di più, perché nessuna di queste due parti è la più
importante in un corpo umano: entrambe sono due sviluppi periferici. Le
radici dell’uomo non stanno in nessuna delle due!
Quando parlo di “radici dell’uomo”, che cosa intendo? Così come le
piante affondano le radici nel terreno da cui succhiano l’energia vitale – la
linfa e la vita di cui si nutrono – allo stesso modo, in un punto ben preciso
del corpo umano, esistono radici che succhiano l’energia vitale dall’anima.
Grazie a queste radici il corpo rimane in vita; il giorno in cui queste radici si
indeboliscono, il corpo comincia a morire.
Le radici della pianta affondano nel terreno, le radici del corpo umano
affondano nell’anima; ma né la testa, né il cuore sono il luogo dal quale il
corpo è connesso con la propria energia vitale e, se non sappiamo nulla delle
nostre radici, non potremo mai entrare nel mondo di un meditatore.
Ebbene, dove sono le radici dell’uomo? Probabilmente non siete ancora
consapevoli di quel luogo. Anche le realtà più semplici e comuni, se non
hanno ricevuto alcuna attenzione per migliaia di anni, cadono nel
dimenticatoio. Un bambino nasce nell’utero materno e comincia a crescervi.
Attraverso quale parte del corpo il bambino è connesso con la madre? Forse
attraverso la testa o il cuore? Niente affatto, il feto è connesso con la madre
attraverso l’ombelico. L’energia vitale è disponibile al feto attraverso
l’ombelico; il cuore e la mente si sviluppano in seguito. Il feto può ricevere
l’energia vitale della madre attraverso l’ombelico; dunque, è attraverso
l’ombelico che il feto affonda le sue radici nel corpo della madre e, in
direzione opposta, anche nel proprio corpo.
Il punto più importante nel corpo umano è quindi l’ombelico; solo in
seguito si sviluppano il cuore e la mente. Questi sono i rami che si
sviluppano successivamente e su questi rami sbocciano i ori. I ori della
conoscenza sbocciano nella mente, i ori dell’amore sbocciano nel cuore.
Sono questi ori che ci seducono, per questo noi pensiamo che
rappresentino tutta la nostra realtà; mentre di fatto le radici del corpo
umano e la sua energia vitale sono nell’ombelico. Qui non sbocciano ori; le
radici sono assolutamente invisibili, non si possono neppure vedere. Ma la
degenerazione avvenuta nella vita umana negli ultimi cinquemila anni è
dovuta al fatto che l’umanità ha concentrato tutta la sua attenzione o sulla
mente o sul cuore. E anche al cuore l’umanità ha prestato poca attenzione,
focalizzandosi per lo più sulla mente.
Fin dalla più tenera infanzia, l’educazione del bambino è concentrata sulla
sua mente; in nessuna parte del mondo si pratica l’educazione dell’ombelico.
L’educazione in quanto tale si riferisce alla mente, quindi nel bambino la
mente cresce a dismisura, occupando uno spazio sempre maggiore, mentre
le sue radici si assottigliano sempre di più. Noi tutti ci prendiamo cura della
mente perché lì sbocciano i ori, quindi la portiamo a occupare uno spazio
sempre maggiore, mentre le radici si assottigliano no a scomparire. Di
conseguenza, l’energia vitale uisce nell’uomo in modo sempre più debole e
il nostro contatto con l’anima si affievolisce sempre più.
A poco a poco, l’uomo è arrivato al punto di chiedersi: «Dov’è l’anima?
Chi mi dice che l’anima esiste? Chi mi dice che Dio esiste? Io non trovo
niente di tutto ciò!». E non troveremo mai niente. È impossibile trovare
qualcosa. Se qualcuno girasse intorno a un albero e chiedesse: «Dove sono le
radici? Non riesco a trovarle!», direbbe una verità: le radici non sono in
alcuna parte visibile dell’albero.
Per ciò che ci riguarda, noi non abbiamo accesso al punto in cui si
trovano le nostre radici e non siamo neppure consapevoli della sua esistenza.
Fin dalla nostra più tenera infanzia, ogni insegnamento e tutta la nostra
educazione sono stati rivolti alla nostra mente; pertanto, per tutta la vita,
non facciamo altro che girovagare intorno alla mente. La nostra
consapevolezza non va mai al di sotto della mente.
Il viaggio di un meditatore si orienta verso il basso, verso le sue radici. Il
meditatore deve scendere dalla testa al cuore, e dal cuore all’ombelico.
L’uomo può entrare nell’anima solo attraverso l’ombelico, nessuno può
entrare nella propria anima se prima non ha raggiunto l’ombelico.
Normalmente, nell’uomo la vita parte dall’ombelico e va verso la testa. In
un ricercatore il movimento è esattamente opposto: deve scendere dalla testa
per arrivare all’ombelico.
In questi tre giorni vi spiegherò e vi mostrerò, passo dopo passo, come
fare per scendere dalla testa e raggiungere il cuore, poi come fare a scendere
dal cuore all’ombelico, e in ne come entrare nell’anima attraverso l’ombelico.
Dov’è questa vina della vita? La vina della vita non è altro che il corpo
umano, e nel corpo umano esistono corde che non devono essere troppo
tese né troppo allentate. Solo nell’equilibrio di queste corde l’uomo entra
nella musica della vita. Conoscere questa musica signi ca conoscere l’anima.
Quando un uomo arriva a conoscere la propria musica interiore, in se stesso,
conosce l’anima; e quando arriva a conoscere la musica nascosta nel Tutto,
conosce il divino.
Dove si trovano le corde della vina del corpo umano? Innanzitutto, nella
mente esistono molte corde che sono troppo tese. Sono così tese che la
musica della vita non riesce a scaturirne. Se qualcuno le sollecita, possono
generare solo pazzia. E voi tutti state vivendo con le corde della vostra mente
molto tese; le tenete in tensione ogni giorno per ventiquattr’ore, dal mattino
alla sera. E se qualcuno pensa che quelle corde possano rilassarsi durante la
notte, si sbaglia; anche durante la notte le corde della mente sono tese e
stressate.
In passato, non sapevamo che cosa succedeva nella mente umana durante
la notte, ma ora esistono macchine che registrano quello che accade nel tuo
cervello, mentre dormi.
Attualmente, sia in America sia in Russia, esistono un centinaio di
laboratori che studiano il comportamento di un uomo addormentato. Sono
state studiate più di quarantamila persone mentre dormivano e i risultati
sono davvero sorprendenti: dimostrano che l’uomo, durante il sonno
notturno, continua a fare tutto ciò che faceva durante il giorno.
Qualsiasi cosa abbia fatto nell’arco della giornata... se di giorno gestisce
un negozio, di notte continua a gestirlo. Se la mente durante il giorno è stata
immersa in qualche preoccupazione, continua a preoccuparsi anche durante
la notte. Se è stata in collera durante il giorno, continua a esserlo durante la
notte.
La notte è lo specchio di ciò che è accaduto durante il giorno: è la sua eco.
Tutto ciò che è accaduto nella mente durante il giorno risuona come un’eco
durante la notte. Qualsiasi cosa sia rimasta incompleta, la mente cerca di
completarla durante la notte. Se sei stato preda della collera, e non l’hai
espressa, l’hai manifestata solo in parte o l’hai addirittura repressa, la tua
mente la sfoga di notte. Completando la manifestazione della collera, la
corda della vina cerca di raggiungere il giusto equilibrio. Se qualcuno ha
digiunato di giorno, durante la notte sogna di mangiare: qualsiasi cosa sia
rimasta incompleta o incompiuta durante il giorno, la mente tenta di
completarla durante la notte.
Pertanto, tutto ciò che la mente ha fatto durante il giorno lo ripete per
tutta la notte. La mente rimane tesa ventiquattr’ore su ventiquattro, non ha
mai riposo. Le corde della mente non si rilassano mai; le sue corde sono
molto tese. Questa è la prima cosa.
La seconda cosa è questa: le corde del cuore sono molto allentate. Le
corde del vostro cuore non sono affatto tese. Conoscete qualcosa che
assomigli all’amore? Conoscete bene la collera, l’invidia, la gelosia e l’odio;
ma conoscete qualcosa che assomigli all’amore? Potreste rispondere che lo
conoscete e che, di tanto in tanto, anche voi amate. Potreste rispondere che
odiate certamente, ma che amate anche; ma sapete ciò che state dicendo?
Può esistere un cuore che odia e che al tempo stesso ama? Sarebbe come dire
che una persona a volte è viva a volte è morta! Non potreste credere a una
simile eventualità, perché un uomo è vivo o è morto: questi due stati non
possono accadere simultaneamente. Un uomo non può essere a volte vivo a
volte morto: è impossibile. Il cuore umano conosce solo l’odio o conosce
solo l’amore. Il cuore umano non può scendere a compromessi tra i due
sentimenti. Per un cuore che ama, l’odio diventa impossibile.
Dovete sedervi a una certa distanza l’uno dall’altro. Tra di voi non ci deve
essere alcun contatto. Coloro che hanno familiarità con questa meditazione,
coloro che hanno già partecipato ad altri Campi di Meditazione, possono
sedersi sul prato che sta alle mie spalle, in modo che i nuovi venuti possano
ascoltarmi. In questo modo, se voglio dire loro qualcosa, se voglio
aggiungere qualche istruzione, possono udirmi. Vedo che ancora qualcuno è
seduto troppo vicino: distanziatevi un po’! Distanziatevi ancora un po’!
Sedetevi pure sulla sabbia!
Prima di tutto chiudete dolcemente gli occhi. Chiudeteli molto
dolcemente. Non dovrebbe esserci tensione negli occhi. Non dovete fare uno
sforzo per chiuderli: lasciate cadere le palpebre lentamente, non dovreste
avere alcuna sensazione di peso sugli occhi. Chiudete gli occhi. Sì, chiudeteli
dolcemente.
Ora lasciate che il corpo si rilassi e mantenete in tensione solo la mente.
Portate al massimo la tensione nella mente, fornitele il massimo possibile di
stress, riempitela di stress. Sforzatevi di portare al massimo la tensione nella
mente. Impegnate tutta la vostra energia per portare al massimo quella
tensione. Ancora di più... ma lasciate rilassato tutto il corpo. Date alla mente
tutta la vostra energia, in modo che sia totalmente tesa, proprio come un
pugno chiuso con tutti i muscoli in tensione. Mantenetela in tensione con
ogni mezzo, per un minuto; non permettete alla tensione di allentarsi, fate
che rimanga al massimo. Portate la tensione della mente al massimo livello
possibile e mantenetela in tensione. Impegnate tutta la vostra energia per
portare quella tensione all’apice. Impegnate tutta l’energia per portare al
massimo la tensione della mente in modo che, quando le permetterete di
rilassarsi, potrà cadere in un rilassamento totale. Portate la tensione al
massimo! Portatela veramente al massimo!
Ora, lasciate che si rilassi completamente. Permettetele di rilassarsi
totalmente. Lasciate che si rilassi totalmente. Liberatela da ogni tensione.
Nella vostra mente comincia ad accadere un rilassamento. Sentite che nella
mente qualcosa è caduto, che la tensione è scomparsa e la mente si è come
paci cata. Lasciate che si rilassi totalmente, rilassatevi semplicemente...
Seduti in silenzio ascoltate i suoni che ci circondano: il fruscio del vento
tra le foglie, gli uccelli che cantano, ascoltate tutti questi suoni. Ascoltate
semplicemente.
Continuate ad ascoltare tutti questi suoni. Più ascoltate più la mente
diventa silenziosa, sempre più silente... ascoltate! Ascoltate in silenzio,
totalmente rilassati. Continuate ad ascoltare. Per dieci minuti diventate solo
ascolto... Continuate ad ascoltare e la mente comincia a diventare silente...
Continuate ad ascoltare in silenzio, ascoltate semplicemente e la mente
diventa silenziosa. In voi inizia ad affiorare spontaneamente un silenzio.
Ascoltate semplicemente... Continuate ad ascoltare, mentre la mente sta
diventando silenziosa, diventa totalmente silenziosa. La mente diventa il
silenzio. Continuate ad ascoltare in silenzio e la mente diventa sempre più
silenziosa...
Secondo discorso
La mente, il cuore, l’ombelico
Amici carissimi,
questo pomeriggio vorrei approfondire alcuni punti relativi al centro
reale del corpo e rispondere ad alcune domande che mi avete fatto in merito.
Né la testa, né il cuore: è l’ombelico il centro più importante e
fondamentale della vita dell’uomo.
L’uomo si è sviluppato in funzione della mente, perciò la direzione, il
usso della sua vita è stato fuorviato. Da cinquemila anni si educa e si
sviluppa solo la mente, solo l’intelletto. I risultati sono stati molto dannosi:
in pratica, ogni essere umano si trova sull’orlo della pazzia, una piccola
spinta e ogni uomo può impazzire! La mente è sull’orlo di un collasso: una
piccola spinta e ogni mente può collassare.
E va notato un fatto sorprendente: nella seconda metà del ventesimo
secolo, nell’arco di cinquant’anni, quasi tutti i più celebri pensatori del
mondo sono impazziti. In Occidente, nello stesso periodo, è difficile trovare
un solo pensatore che non abbia sperimentato qualche forma di pazzia:
grandi poeti, grandi loso , grandi scienziati hanno tutti sofferto di una
forma di pazzia. Piano piano, più la cultura aumenta nell’umanità più i
sintomi della pazzia si diffondono anche tra la gente comune.
Se dobbiamo creare un uomo nuovo, è assolutamente necessario
cambiare il centro della vita dell’essere umano. Se questo centro sarà più
vicino all’ombelico, invece che alla testa, l’uomo sarà più in contatto con
l’energia vitale.
Perché vi dico questo? In questa prospettiva è necessario comprendere
altre cose ancora. Il glio che si sviluppa nel grembo della madre è connesso
alla madre attraverso l’ombelico. L’energia vitale della madre uisce nel feto
attraverso lo stesso ombelico. L’energia vitale della madre è un usso di
elettricità del tutto sconosciuto e misterioso, che nutre l’intero essere del feto
attraverso il suo ombelico. In seguito il feto si separa dalla madre e nasce;
dopo la nascita, il suo cordone ombelicale deve essere tagliato
immediatamente e comincia così la sua separazione dalla madre.
È assolutamente necessario che il glio si separi dalla madre, altrimenti
non potrebbe mai avere una vita propria. Il feto, che è cresciuto dentro la
madre e che è stato una cosa sola con il suo corpo, a un certo punto deve
separarsi da lei. Questa separazione accade recidendo la connessione che
aveva con lei attraverso l’ombelico.
Quando questa connessione viene tagliata, cessa il usso dell’energia
vitale che il feto riceveva attraverso l’ombelico. Il neonato comincia a
tremare in tutto il suo essere. Tutto il suo essere inizia ad anelare: vuole
ricevere quel usso di energia vitale che gli era arrivato no a poco prima,
ma che ora si è improvvisamente bloccato.
Il dolore che il neonato sente, il suo pianto dopo la nascita, non è causato
dalla fame: è provocato dal dolore per essere stato separato e distaccato
dall’energia vitale. La sua connessione con l’intera energia vitale è stata
interrotta, la sorgente dalla quale egli riceveva la vita no a poco prima, ora
non c’è più. Il neonato lotta per la vita; e se il neonato non piange, i medici e
quanti hanno studiato a fondo l’esperienza del parto dichiarano che qualcosa
non va. Se il neonato non piange, signi ca che non avrà la capacità di
sopravvivere. Signi ca che non ha sentito la separazione dall’energia vitale;
questo può voler dire solo una cosa: è vicino alla morte e non sopravviverà.
Ecco perché chi assiste al parto fa ogni sforzo per provocare il pianto nel
neonato. Questo pianto è assolutamente necessario, perché se il neonato
deve vivere, deve avvertire la separazione dall’energia vitale. Se non la sente,
è in grave pericolo.
E questo è il momento in cui il neonato tenta di ricongiungersi con
l’energia vitale in un modo nuovo: lo fa attraverso il latte materno. Perciò la
seconda connessione del neonato avviene attraverso il cuore. Connesso al
cuore della madre, il centro nel cuore del glio comincia a svilupparsi piano
piano, e il centro nell’ombelico viene dimenticato.
Il centro nell’ombelico deve essere dimenticato, poiché non è più in
connessione con la madre; e l’energia che il feto riceveva attraverso
l’ombelico ora è ricevuta attraverso la bocca. Egli è di nuovo unito alla
madre; si è creato un altro circuito di connessione.
Rimarrete sorpresi nell’apprendere che, se il neonato non è nutrito dal
latte materno, se non è allattato al seno materno, la sua energia vitale sarà
debole per sempre. Può essere nutrito con il latte in altri modi, ma se non
riceve il tocco tiepido del cuore della mamma, la sua vita sarà frustrata per
sempre e la sua possibilità di vivere a lungo sarà irrimediabilmente
compromessa. I gli che non sono nutriti dal latte materno nella vita non
potranno mai raggiungere la completa beatitudine e il completo silenzio.
In Occidente e gradualmente anche in India nelle ultime generazioni
fermenta la ribellione. La ragione più profonda di questa ribellione – le sue
radici – sta nel fatto che i neonati occidentali non sono nutriti con il latte
materno. Il loro rispetto per la vita e il loro rapporto con la vita non è
colmato dall’amore. Fin dalla primissima infanzia la loro energia vitale ha
ricevuto molti shock, di conseguenza si sono disamorati. A causa di questi
shock e della separazione dalla madre, si sono separati dalla vita stessa,
perché per un neonato non esiste altra vita al di fuori della propria mamma.
In tutto il mondo le donne quando cominciano ad appropriarsi della
cultura non amano allevare i gli in stretto contatto con loro, e il risultato è
stato estremamente dannoso. Nelle società tribali, i gli sono nutriti con il
latte materno per lungo tempo. Più una società diventa acculturata più
presto i gli sono svezzati. Sono separati dal latte materno sempre più
prematuramente e incontrano sempre più difficoltà a sperimentare la pace;
n dall’inizio nella loro vita prevarrà una profonda irrequietezza: su chi si
vendicheranno per questa loro irrequietezza? Sui loro stessi genitori.
In tutto il mondo i gli si stanno vendicando sui propri genitori. Su chi
altro potrebbero farlo? Loro stessi non capiscono la reazione che sta
accadendo in loro, la ribellione e la amma che stanno esplodendo in loro;
eppure, inconsciamente, in profondità, sanno che questa ribellione è il
risultato della separazione dalla loro mamma, avvenuta troppo presto. Lo sa
il loro cuore, ma non il loro intelletto. Il risultato è che si vendicano sulla
madre e sul padre, di fatto si vendicano su chiunque.
Il glio in lotta contro la madre e il padre non può mai essere ben
disposto verso Dio; non ne ha alcuna possibilità, poiché i primi sentimenti
che scaturiscono dal suo cuore verso Dio sono quelli che nutre verso la
madre e il padre.
È signi cativo il fatto che in tutto il mondo Dio è chiamato “padre”. È
signi cativo il fatto che Dio è visto come immagine del padre. Solo se le
prime esperienze dell’infanzia sono state di ducia, di gratitudine e di
riverenza verso il padre e la madre, l’uomo proverà le stesse cose nei
confronti di Dio; in caso contrario sarà impossibile.
Il neonato viene separato dalla mamma immediatamente dopo la nascita.
La sua seconda fonte di energia vitale è la connessione con il cuore della
mamma. Ma, a un certo punto, il bambino deve separarsi anche
dall’allattamento materno.
Quando arriva il momento giusto per farlo? Non arriva così presto come
noi comunemente pensiamo. Il glioletto dovrebbe rimanere in connessione
con il cuore materno per un tempo più lungo, se vogliamo che il suo amore
e il suo cuore si sviluppino nel modo giusto nell’arco della sua vita. Invece lo
costringiamo a separarsi molto presto. Una mamma non dovrebbe separare
il glio dall’allattamento al suo seno, dovrebbe permettere al bambino di
allontanarsi spontaneamente; a un certo punto il glioletto lo farà. Una
mamma che costringe il glio a separarsi dal suo seno è come se togliesse il
feto dal suo utero dopo quattro o cinque mesi dal concepimento, anziché
permettergli di vedere la luce dopo nove mesi. Altrettanto dannosa per il
glio è la decisione di separarlo dal seno prima che il bambino stesso abbia
deciso di allontanarsi spontaneamente: in questo caso, il secondo centro – il
centro nel cuore del bambino – non si svilupperà nel modo giusto.
Per aiutarvi a comprendere meglio, vorrei accennarvi a qualcosa che vi
sorprenderà. Come mai in tutto il mondo la parte del corpo femminile che
più attrae gli uomini è il seno? Perché gli uomini sono tutti bambini che
sono stati separati troppo presto dall’allattamento al seno materno! In
qualche zona profonda della loro consapevolezza è rimasto un desiderio di
contatto con il seno femminile. Questo desiderio non è stato appagato: non
esiste altro motivo, né altra causa. Nelle società tribali, nelle società
primitive dove il bambino è allattato al seno materno per tutto il tempo
necessario, gli uomini non sono così attratti dal seno femminile.
Ma come mai nei vostri poemi, nei vostri racconti, nei vostri lm, nelle
vostre commedie, nei vostri quadri, il tema centrale è sempre il seno
femminile? Tutte queste opere sono state create da uomini che, nella loro
prima infanzia, non sono stati allattati al seno materno per tutto il tempo
necessario. Il desiderio del seno materno è rimasto inappagato e risorge
sotto nuove forme. Per questo motivo sono nate le fotogra e pornogra che,
sono stati scritti libri e canzoni pornogra ci. Per questo motivo gli uomini
aggrediscono le donne per la strada e tentano di stuprarle. La società ha
creato tutti questi mali e in seguito se ne lamenta, e vorrebbe liberarsene.
Per il bambino è fondamentale rimanere attaccato al seno materno per
tutto il tempo necessario perché la sua crescita mentale, sica e psicologica
possa avvenire nel modo giusto. In caso contrario il suo centro del cuore
non si svilupperà correttamente: rimarrà immaturo, non sviluppato,
bloccato. E quando il centro del cuore resta sottosviluppato, accade qualcosa
di impossibile: voi tentate di completare con la mente il lavoro che il vostro
centro nel cuore e il vostro centro nell’ombelico non sono riusciti a portare a
termine. Questo tentativo causa guai ancora maggiori, poiché ciascun centro
ha la propria funzione e può fare solo il proprio lavoro: non può affatto fare
il lavoro degli altri centri.
Né l’ombelico né la mente possono fare il lavoro del cuore. Ma al
bambino, non appena viene separato dal seno materno, rimane un unico
centro, sul quale ricade tutto il peso: il centro nella mente.
L’educazione, gli insegnamenti, le scuole e gli istituti professionali sono
stati creati tutti per la mente. Quindi hanno successo nella vita solo coloro
che sono dotati di una mente sviluppata e abile. Comincia una gara e gli
uomini tentano di fare con la mente tutti i lavori che la loro vita implica e
richiede.
L’amore di una persona che ama con la mente è falso, perché la mente
non ha niente a che fare con l’amore. L’amore può accadere solo attraverso il
cuore, non tramite la mente. Ma il centro nel cuore non è sviluppato a
dovere, perciò voi cominciate a usare la mente. Voi pensate per no
all’amore! L’amore non ha niente a che fare con il pensiero, ma in voi per no
l’amore si esprime come pensiero! Ecco perché nel mondo c’è tanto
erotismo.
L’erotismo ha un solo signi cato: è un segnale del fatto che l’uomo usa la
mente per fare il lavoro che dovrebbe fare il centro del sesso. Quando il sesso
entra nella mente, la vita intera è distrutta, e al giorno d’oggi, in tutto il
mondo il sesso è entrato nella mente.
Il centro del sesso è nell’ombelico, poiché l’energia primaria della vita è il
sesso: la nascita accade attraverso il sesso, la vita accade attraverso il sesso, la
crescita accade attraverso il sesso. Ma il vostro centro nell’ombelico non è
sviluppato, perciò voi usate altri centri per sopperire alle sue funzioni.
Negli animali c’è il sesso, ma non c’è erotismo; per questo il sesso degli
animali ha una propria bellezza, una propria gioia.
L’erotismo dell’uomo è sgradevole, abnorme, perché il sesso è diventato
un processo di pensieri nella sua mente: l’uomo pensa per no al sesso!
Una persona può consumare un pasto: mangiare è una cosa buona, ma se
qualcuno pensa al cibo ventiquattr’ore al giorno, è pazzo. Mangiare è una
cosa buona in assoluto e necessaria, bisogna mangiare, ma se qualcuno
pensa al cibo ventiquattr’ore al giorno signi ca che i suoi centri sono alterati:
sta usando il centro nella mente per fare il lavoro dello stomaco. D’altra
parte, né il cibo può raggiungere la mente, né la mente è in grado di
digerirlo. La mente può solo pensare, può solo ponderare. Più la mente
pensa al cibo più altera il lavoro dello stomaco, che ne risulta disturbato.
Qualche volta, prova a digerire il cibo con il pensiero!
Comunemente tu ingerisci il cibo e non ci pensi più. Il cibo entra nello
stomaco da solo e lo stomaco compie il lavoro di digerirlo: è un centro
inconscio; fa il proprio lavoro e tu non devi pensarci. Ma un giorno prova a
stare attento e a pensare: “Adesso il cibo ha raggiunto lo stomaco, ora viene
digerito, ora accade questo e quest’altro...”. Scoprirai che la digestione diventa
impossibile. Più il pensiero interferisce e più crea disturbo nel processo
inconscio dello stomaco. Tali interferenze accadono raramente rispetto al
cibo, fatta eccezione per coloro che sono ossessionati dal digiuno.
Se una persona digiuna senza un motivo, gradualmente il cibo entra nei
suoi pensieri. Egli non mangia e digiuna... però pensa al cibo. Questo suo
pensare al cibo è ancora più dannoso che mangiare. Mangiare certamente
non è dannoso. Il cibo è essenziale per la vita, ma pensare al cibo è
patologico. Quando una persona comincia a pensare al cibo, nella sua vita si
blocca ogni crescita: sarà ossessionata da questi pensieri inutili.
Questo è quanto è accaduto con il sesso: abbiamo costretto il sesso a
slittare fuori dal proprio centro e ora ci pensiamo costantemente.
In questo modo, a poco a poco, avete consegnato alla mente le funzioni
di tre importanti centri della vostra vita. È come se un uomo tentasse di
ascoltare con gli occhi o di vedere con la bocca. È come se un uomo tentasse
di vedere o di gustare con le orecchie. Direste che quest’uomo è pazzo,
perché l’occhio è l’organo per vedere e l’orecchio è l’organo per udire.
L’orecchio non può vedere e l’occhio non può udire. Se tentassi di fare cose
come queste, il risultato nale sarebbe il caos.
L’uomo è dotato di tre centri. Il centro della vita è l’ombelico, il centro dei
sentimenti è il cuore, il centro dei pensieri è la mente. Di questi tre, il centro
del pensiero è il più esterno; segue il centro dei sentimenti, situato più in
profondità, e ancora più in profondità si trova il centro dell’essere.
Voi potete pensare che, se il cuore si ferma, anche l’energia vitale si
blocca. Ma ora gli scienziati hanno scoperto che, anche se il cuore ha cessato
di battere, la persona può continuare a vivere a patto che il cuore sia messo
in condizione di riprendere i battiti entro sei minuti. Cessata la connessione
con il cuore, il centro della vita nell’ombelico rimane attivo ancora per sei
minuti. Se entro quei sei minuti il cuore è messo in condizione di riprendere
a battere, oppure se è stato effettuato un trapianto di cuore, la persona può
continuare a vivere e non deve più morire. Ma se la vita è uscita dal centro
nell’ombelico, non si ottiene niente neppure trapiantando un cuore nuovo.
In noi, il centro più profondo e fondamentale è l’ombelico; ecco perché
questa mattina ho approfondito meglio l’argomento.
Come è possibile, come può essere possibile che il centro della vostra vita
diventi un ore che sboccia, in modo che il usso invisibile di energia che vi
circonda possa connettersi con esso? In che modo accadrà? Vi ho già
ricordato alcune cose, e ora vi parlerò di altre, così domani potremo
affrontare il secondo punto.
Il primo punto: la vostra respirazione... Più è profonda più sarete in grado
di lavorare sul vostro ombelico e di svilupparlo. Ma voi non avete alcuna
idea al riguardo. Non conoscete neppure l’ampiezza o l’esiguità del vostro
respiro; né sapete quanto respiro vi è necessario. Più preoccupazioni avete
più vi riempite di pensieri; e forse non siete consapevoli che, più la vostra
mente è carica di pensieri, meno uida e profonda è la vostra respirazione:
viene impedita.
Non avete mai osservato che, quando siete in collera, la respirazione
avviene in un modo, mentre quando siete calmi, avviene in un modo
diverso? Non avete mai osservato che, quando la mente è invasa da un
intenso desiderio sessuale, la respirazione assume un ritmo, mentre quando
la mente è occupata da sensazioni piacevoli e rilassanti, avviene in un modo
diverso? Non avete mai osservato che in una persona malata la respirazione
assume un ritmo, mentre in una persona sana ne ha un altro? Il usso del
respiro cambia da un momento all’altro, in base allo stato della mente.
È vero anche il contrario: se il usso del respiro è assolutamente
armonioso, lo stato della mente cambia. O cambi la tua mente e di
conseguenza cambia il ritmo della tua respirazione, oppure cambi il ritmo
della tua respirazione e questo cambia la tua mente.
Per chiunque voglia sviluppare e in uenzare i propri centri vitali la prima
cosa è la respirazione ritmica. Mentre sei seduto, in piedi o cammini, la tua
respirazione dovrebbe essere così armoniosa, calma e profonda da
permetterti di sperimentare una musica diversa, una diversa armonia del
tuo respiro, di giorno come di notte. Camminando per la strada, senza fare
nulla in particolare, potrai sentirti beato. Se respirassi profondamente,
silenziosamente e in modo armonioso avresti due bene ci. Quando la
respirazione è armoniosa i tuoi pensieri diminuiscono, in pratica nella
mente non hai più pensieri; e se la tua respirazione diventerà assolutamente
armoniosa, i pensieri spariranno del tutto. La respirazione in uenza i
pensieri in modo profondo e ampio. Non costa nulla respirare correttamente
e non devi impiegare tempo extra per farlo. Seduto in treno, camminando
per la strada o seduto in casa, se continui a respirare in modo calmo e
profondo, nel giro di pochi giorni questo processo diventerà spontaneo. Non
ne sarai neppure consapevole: il tuo respiro sarà calmo e profondo,
spontaneamente.
Più il usso del respiro è calmo e profondo, più il tuo centro nell’ombelico
si sviluppa. Con ogni respirazione, il respiro colpisce il centro nell’ombelico.
Se il respiro entra ed esce al di sopra del centro nell’ombelico, piano piano
quel centro si impigrisce e si indebolisce, proprio perché il respiro non lo
colpisce.
Anticamente la gente trovò delle chiavi, una formula per la respirazione.
Ma l’uomo è così poco intelligente che cominciò a ripetere le formule senza
capirne il signi cato, senza comprenderle. Sarebbe come se gli scienziati, che
hanno scoperto la formula dell’acqua, H2O, si limitassero a ripeterla. In
sica, si dice che unendo idrogeno e ossigeno, si crea l’acqua: due atomi di
idrogeno più uno di ossigeno danno la formula H2O. Ma se qualcuno
cominciasse a ripetere «H2O, H2O» – proprio come la gente ripete: «Rama,
Rama; aum, aum» – diremmo che è pazzo, infatti che cosa potrebbe mai
accadere ripetendo una formula? Una formula indica semplicemente
qualcosa; solo se capite di che cosa si tratta, la formula assume un
signi cato.
Spesso si ascoltano persone che se ne stanno sedute a ripetere il suono
dell’aum. Non sanno che aum è una formula simile a H2O. Nell’aum ci sono
tre lettere: a, u, m. Forse non vi siete mai resi conto che, se chiudete la bocca
e ripetete a voce alta, con la bocca chiusa: «Aaa», sentite risuonare questo
suono nella testa. “A” è un’indicazione del centro nella testa. Se ripetete a
voce alta, a bocca chiusa: «Uuu», sentite risuonare questo suono nel cuore.
“U” è un’indicazione del centro nel cuore. Se ripetete a voce alta, a bocca
chiusa: «Mmm», la terza lettera di “aum”, sentite risuonare questo suono
vicino all’ombelico. “A”, “u”, “m” sono tre suoni che indicano i centri nella
testa, nel cuore e nell’ombelico. Se emettete il suono «mmm», sentirete tutta
la sua forza nell’ombelico. Con il suono «uuu», sentirete che tutta la sua forza
si dirige nel cuore. Il suono «aaa» risuonerà nella testa e scomparirà.
Si tratta di una formula. Devi andare dalla “a” alla “u” e dalla “u” alla “m”.
Ripetendo semplicemente «aum» non accadrà niente. Quindi dobbiamo
prestare tutta la nostra attenzione ai processi che ci conducono in questa
direzione: dalla “a” alla “u” e dalla “u” alla “m”. La respirazione profonda è il
primo di questi processi. Più il tuo respiro diventa profondo e armonioso,
più entra in sintonia e più in te comincerà ad affiorare l’energia vitale,
irradiandosi dall’ombelico, che diventerà un centro vivo.
Nel giro di pochi giorni, comincerai a sentire la presenza di un’energia
che sgorga dall’ombelico e sentirai anche la presenza di un’energia che entra
nell’ombelico. Scoprirai che un centro estremamente vitale e dinamico si sta
sviluppando vicino al tuo ombelico. Non appena farai questa scoperta,
intorno a questo centro cominceranno ad accadere molte esperienze.
Fisiologicamente, la respirazione è il primo elemento per sviluppare il
centro nell’ombelico. Psicologicamente, alcune qualità sono utili per
sviluppare questo centro. Questa mattina vi ho parlato della capacità di non
cadere in preda alla paura. Più un uomo è pieno di paura e più diminuisce la
sua capacità di raggiungere il centro nell’ombelico. Più un uomo è privo di
paura e più si avvicina al suo centro nell’ombelico.
Perciò, questo è il mio suggerimento fondamentale: nell’educazione di un
bambino non dovete mai dirgli, neppure per sbaglio, che non deve uscire
perché fuori è buio, per esempio. Facendolo, non siete consapevoli che ferite
il suo centro nell’ombelico irrimediabilmente. In verità, dovete dire al
bambino di uscire nel buio, poiché l’oscurità lo sta chiamando. Se il ume è
in piena, non dite al bambino di non tuffarsi; forse non lo sapete, ma il
bambino che osa tuffarsi nel ume in piena sta sviluppando il suo centro
nell’ombelico. Il centro nell’ombelico di un bambino che non osa tuffarsi nel
ume si indebolisce e la sua energia si affievolisce. Se il bambino vuole
scalare una montagna, lasciatelo fare. Se vuole arrampicarsi su un albero,
lasciatelo fare. Lasciatelo andare dovunque possa sperimentare l’avventura e
la sua capacità di non cadere in preda alla paura. Anche se morisse qualche
bambino ogni anno – scalando montagne o tuffandosi nei umi o
arrampicandosi sugli alberi – non avrebbe alcuna importanza. Perché, se in
una comunità tutti i bambini diventassero paurosi e mancassero della
capacità di non cadere in preda alla paura, tutta quella comunità, sebbene
sembri viva, in realtà sarebbe morta.
Questa disgrazia è accaduta in India. Noi parliamo tanto di religione, ma
non sappiamo niente sul coraggio. Non sappiamo che, senza il coraggio,
nessuna religione è possibile perché, senza coraggio, non può svilupparsi
l’elemento centrale della vita. L’uomo ha bisogno di coraggio, gli occorre
tantissimo coraggio per ergersi e guardare in faccia la morte. In India
parliamo tanto di religione, ma la nostra paura della morte è scon nata! In
realtà, dovrebbe accadere il contrario: coloro che conoscono e percepiscono
l’anima non dovrebbero avere alcuna paura della morte; perché la morte non
esiste. Viceversa, voi che parlate tanto dell’anima avete una paura immensa
della morte, un vero e proprio terrore.
Forse parlate tanto dell’anima perché avete paura della morte. Parlando
dell’anima, trovate una certa consolazione nel convincervi che non morirete,
perché l’anima è immortale. Forse parlate dell’anima perché avete paura: non
vedo altra possibilità. Di fatto, dovreste sviluppare in voi l’assenza di paura.
Dovreste sviluppare in voi un’immensa capacità di non cadere in preda alla
paura. Pertanto, dovreste accogliere benevolmente tutte le opportunità che la
vita vi offre di fronteggiare il pericolo.
Una volta qualcuno chiese a Nietzsche: «Come si può sviluppare la
propria personalità?».
Egli rispose con una massima peculiare, che nessuno si sarebbe aspettato
da lui. Disse: «Vivi pericolosamente! Vivi pericolosamente, se vuoi
sviluppare la tua personalità».
Ma voi pensate che più vivrete nella sicurezza e meglio ve la caverete:
avete un conto in banca, una casa, ci sono la polizia e l’esercito, non avete
paura... Con tutte queste sicurezze potete avere una vita tranquilla, ma non
vi rendete conto che con tutte queste precauzioni e tutte queste comodità
siete diventati dei morti viventi. Essere dei morti viventi non ha senso,
perché l’unica cosa che dà un signi cato alla vita è vivere pericolosamente.
Vivere non ha altro signi cato. I cadaveri sono assolutamente sicuri: ormai
non possono più neppure morire! Ormai nessuno può ucciderli, le loro
tombe sono assolutamente sicure.
Voi pensate che “assenza di paura” sia la capacità di non cadere in preda
alla paura: questo è l’errore. Avere la capacità di non cadere in preda alla
paura non è “assenza di paura”. Di fronte alla paura, in chi ha la capacità di
non caderne preda accade una cosa totalmente diversa, che non è l’assenza
di paura. La capacità di non cadere in preda alla paura implica la presenza
totale della paura insieme al coraggio per affrontarla. Ma la vostra vita è tale
da non sviluppare questo coraggio.
Il mio suggerimento è questo: pregando nei templi non vi avvicinerete
mai al divino. Viceversa, vi avvicinerete di certo al divino se risponderete
all’invito che vi faranno le avventure della vita e la capacità di non cadere in
preda alla paura: se procederete indomiti, quando il pericolo vi chiama, di
certo raggiungerete un’intimità con il divino. Il centro nascosto dentro di
voi, che ora è addormentato, si sveglia e diventa vigile nelle situazioni di
pericolo e di insicurezza. Quel centro sente una s da nel pericolo e
nell’insicurezza, e in queste situazioni il centro nell’ombelico può svilupparsi.
Anticamente, i sannyasin – i ricercatori del Vero – accettavano questa
insicurezza. Lasciavano la loro casa, non perché fosse sbagliato vivere in
casa. In seguito, gli stupidi pensarono che i sannyasin lasciavano la loro casa
perché era sbagliato viverci, e che abbandonavano mogli e gli perché
costituivano un legame. Questa è una idea sbagliata. I sannyasin volevano
semplicemente abbandonare la sicurezza. Volevano entrare in uno stato di
insicurezza in cui non avevano sostegni, né amici, né familiarità e nessun
lignaggio a cui appartenere. Andavano dovunque potessero incontrare la
malattia, la morte, i pericoli, la povertà: volevano entrare in questo stato di
insicurezza. Quindi chiunque sceglieva l’insicurezza era un sannyasin.
In seguito i sannyasin crearono per se stessi una grande sicurezza,
maggiore di quella che circondava coloro che vivevano nella società! Colui
che vive nella società deve guadagnarsi da vivere, ma il sannyasin non lo fa:
quindi è ancora più sicuro. Si limita a ricevere – riceve gli abiti, riceve il
luogo in cui vive – non deve fare alcunché. L’unica differenza è che queste
cose non deve guadagnarle. Per lui sono nite anche le difficoltà e
l’insicurezza di dover guadagnare denaro. Qualcun altro lo fa per lui,
qualcun altro gli procura ciò che gli occorre; pertanto un sannyasin diventa
simile a una persona legata a un piolo: questo è il motivo per cui non può
più essere coraggioso. In questo mondo, un sannyasin sembra una persona
del tutto priva di forza: non riesce a mostrare neppure un po’ di coraggio.
Un sannyasin dice: «Sono un jaina»; un altro dice: «Sono hindu»; un altro
ancora: «Sono musulmano». Può un sannyasin essere hindu, o jaina, o
musulmano? Un sannyasin appartiene a tutti. Ma esiste un sottile terrore nel
dire: «Io appartengo a tutti»; se lo dicesse, sarebbe come dichiarare che non
appartiene a nessuno. E in questo caso coloro che gli danno il cibo e gli
costruiscono la casa potrebbero non essere più suoi amici. Gli direbbero:
«Tu non sei dei nostri. Tu appartieni a tutti, perciò puoi rivolgerti a tutti. Noi
ti procuriamo ciò che ti occorre solo se sei un jaina». Oppure: «Noi ti
procuriamo ciò che ti occorre solo se sei un musulmano. Noi siamo
musulmani, quindi aiutiamo solo i monaci musulmani». Pertanto il monaco
dichiara: «Io sono un musulmano», oppure: «Io sono un hindu». Questa è
una ricerca di sicurezza. Questa è una ricerca di una nuova casa: il sannyasin
ha lasciato la casa vecchia e ora ne vuole una nuova.
Perciò ai giorni nostri, questa è la situazione: le persone astute che
vogliono una bella casa, non la costruiscono... diventano sannyasin! E
dicono agli altri: «Voi non siete saggi, voi costruite le vostre case.
Commettete peccati e forse andrete all’inferno!». Intanto ottengono che gli
altri costruiscano case per loro, ci vivono e sono felici all’idea che andranno
in paradiso e diventano virtuosi, fuggendo da tutte le difficoltà della vita.
Dunque, a mio avviso questo tipo di ricercatori si sono semplicemente creati
una propria sicurezza.
Ma il signi cato fondamentale del sannyas, della ricerca del Vero, è un
anelito a vivere nel pericolo. Il suo signi cato fondamentale è questo: non
avere rifugio, non avere compagnia, non avere certezze per il domani.
Mentre camminava nei pressi di un campo, Cristo disse ai suoi amici:
«Vedete questi ori che sono sbocciati nel campo? Non sanno se domani il
Sole sorgerà oppure no. Non sanno se domani riceveranno acqua oppure no,
ma oggi sono sbocciati in tutta la loro gloria».
Solo l’uomo si procura sicurezze per il domani e poi per dopodomani. Ci
sono persone che decidono a priori come dovrà essere costruita la loro
tomba. Coloro che pensano di essere saggi, creano a priori dei monumenti
nei quali saranno accolti i loro cadaveri.
Voi tutti vi procurate sicurezze e dimenticate totalmente che, quando una
persona si procura sicurezze per il domani, uccide il suo presente, proprio
facendo simili preparativi. E domani farà preparativi per il giorno successivo
e così ucciderà un’altra volta il suo presente. Ogni giorno cercherà di
organizzare il giorno successivo e così continuerà a uccidere il momento
presente, e all’infuori del momento presente non esiste altro! Il domani non
arriva mai: quando arriva è il momento presente; eppure questa persona
uccide il momento presente per provvedere al domani.
Questa è la natura di una mente in cerca di sicurezza: uccide il momento
presente in funzione del domani. Sacri ca il presente per il futuro; e il futuro
non arriva mai. Il domani non arriva mai. Alla ne scoprirà che tutta la vita
gli è scivolata via dalle mani.
La persona che osa vivere oggi e che non si preoccupa affatto del domani,
vive nel pericolo, poiché domani potrebbe essere in pericolo. Non esistono
certezze in nessun campo. Sua moglie, che oggi l’ama, forse domani non
l’amerà più; oppure suo marito, che oggi l’ama, forse domani non l’amerà
più. Non esistono certezze per il domani. Oggi ha denaro, domani forse
potrebbe non averne più; oggi ha vestiti, domani forse potrebbe non averne
più. In colui che accetta totalmente questa insicurezza per il domani, aspetta
di vedere che cosa accadrà e affronta qualsiasi cosa gli porterà il domani, si
sviluppa un centro che io chiamo il centro nell’ombelico. In esso sorge un
potere, un’energia, una potenza, una base che si erge simile a un pilastro di
coraggio, sul quale la sua vita potrà crescere.
Perciò a livello sico occorre una respirazione corretta e a livello
psicologico occorre il coraggio. Questi due fattori sono fondamentali per lo
sviluppo del centro nell’ombelico.
Amici carissimi,
come può l’uomo centrare la vita nel proprio essere, come può
sperimentare se stesso, come può conseguire il proprio Sé? Ne abbiamo
parlato nei due precedenti discorsi di oggi e in merito mi avete posto molte
domande. Rispondendo, vi parlerò di altri tre punti. Domani e dopodomani
risponderò alle domande che non riguardano gli argomenti trattati oggi. Ora
risponderò alle domande relative al tema di oggi, dividendole in tre punti.
Il primo punto riguarda il modo in cui l’uomo dovrebbe cominciare a
vivere la propria vita, fondandosi sul centro nell’ombelico: centrato nel
proprio Sé, centrato nel proprio essere. Prima però vorrei esporre altri tre
modi signi cativi, utili a risvegliare l’energia addormentata nell’ombelico.
Una volta risvegliata, quell’energia diventa la soglia che vi conduce a
sperimentare una consapevolezza diversa dal vostro corpo. Elencherò questi
tre punti e poi ne parleremo.
Il primo è: una dieta appropriata; il secondo è: una giusta quantità di
lavoro; il terzo è: un sonno ottimale. Colui che non adotta una dieta
appropriata, che non svolge un lavoro adatto a sé e che non dorme nel modo
giusto non potrà mai centrarsi nell’ombelico. E l’uomo ha perso il contatto
con queste tre cose.
La specie umana è la sola che non ha una dieta prevedibile. La dieta di
tutti gli altri animali è prestabilita. I loro bisogni sici fondamentali e la loro
natura decidono che cosa devono o non devono mangiare, le quantità di
cibo che devono o non devono ingerire, quando devono mangiare e quando
devono smettere. Ma l’uomo è assolutamente imprevedibile, la sua dieta non
è affatto stabilita: la sua natura non gli dice che cosa dovrebbe mangiare, la
sua consapevolezza non gli suggerisce quanto dovrebbe mangiare, né
quando dovrebbe smettere. Poiché nessuna di queste azioni dell’uomo è
prevedibile, la sua vita ha imboccato direzioni molto incerte. Tuttavia un
uomo dotato anche solo di un minimo di comprensione e che inizia a usare
un po’ di intelligenza, ri ettendo su questo problema e aprendo un minimo i
suoi occhi, non troverà alcuna difficoltà nel mutare il suo modo di nutrirsi,
adottando una dieta appropriata. È molto facile, niente potrebbe essere più
facile. Per comprendere che cosa sia una dieta appropriata, la divideremo in
due parti.
La prima: l’uomo che cosa dovrebbe mangiare e che cosa non dovrebbe
mangiare? Il corpo umano è un insieme di elementi chimici: l’intero
processo siologico è basato sulla chimica. Se beviamo dell’alcol, il nostro
corpo ne sarà in uenzato chimicamente: rimarrà intossicato, cadrà
nell’inconsapevolezza. Per quanto l’uomo sia sano, per quanto sia tranquillo,
il suo corpo risulterà chimicamente intossicato. Per quanto l’uomo sia santo,
se verrà avvelenato, morirà.
Socrate morì per avvelenamento e Gandhi morì colpito da una pallottola.
Una pallottola non vede se l’uomo è un santo o se è un peccatore; né il
veleno vede se l’uomo è Socrate o se è una persona comune. Né le sostanze
pericolosamente tossiche, né i veleni, né il cibo vedono chi o che cosa sei tu.
Le loro funzioni sono sse e dirette: interagiscono con la chimica del corpo e
fanno il loro lavoro. Pertanto, ogni cibo che intossica comincia a fare danni e
a creare disturbi nella consapevolezza dell’uomo. È nocivo ogni cibo che
produca nell’uomo qualsiasi tipo di inconsapevolezza, ogni sorta di
eccitazione, di stato alterato o di disagio. E il danno più profondo, il danno
estremo accade quando quegli effetti nocivi cominciano a raggiungere
l’ombelico.
In tutto il mondo si usano cure naturali per guarire il corpo, come
l’applicazione di fanghi, le diete vegetariane, le diete leggere, l’immersione in
bagni termali; tuttavia nessun naturopata ha ancora compreso che gli effetti
bene ci ottenuti da quelle cure non sono dovuti tanto alle loro speciali
proprietà, quanto piuttosto all’in uenza che esercitano sul centro
nell’ombelico. E il centro nell’ombelico in uenza poi il resto del corpo. Tutte
queste cure si limitano infatti a in uenzare l’energia addormentata in quel
centro e quando questa energia inizia a uire, la persona comincia a guarire.
Ma la naturopatia non è ancora consapevole di questa realtà. I naturopati
pensano che forse questi effetti bene ci provengano dai fanghi, dai bagni
termali, dalle diete! I malati hanno bene ci, ma i bene ci reali provengono
dal risveglio dell’energia addormentata nel centro nell’ombelico.
Se quel centro è trattato nel modo sbagliato, se segui una dieta sbagliata e
ingerisci cibi sbagliati, a poco a poco questo centro si addormenta e la sua
energia si indebolisce. A poco a poco questo centro cede al sonno. Alla ne,
in pratica si addormenta; in quel caso non siamo neppure consapevoli che
nell’ombelico ci sia un centro. A quel punto siamo consapevoli di avere solo
due centri: uno nella mente, in cui si muovono continuamente i pensieri, e
l’altro più piccolo nel cuore, in cui si muovono le emozioni.
Non siamo in contatto con altri centri più in profondità. Perciò più il cibo
è leggero, minore è la pesantezza che crea nel corpo e più il suo contributo è
importante e valido per iniziare il nostro viaggio interiore.
Per una dieta corretta, la prima cosa da ricordare è che non deve creare
eccitazione, non deve intossicare, non deve essere pesante. Al termine di un
pasto sano non dovresti sentire né pesantezza, né senso di soffocamento. Ma
probabilmente tutti noi sentiamo pesantezza e senso di soffocamento dopo i
pasti; in questo caso è bene comprendere che mangiamo nel modo sbagliato.
Nella sua autobiogra a un grande medico, Kenneth Walker, scriveva che
le esperienze di tutta la sua vita gli avevano insegnato una cosa: solo metà di
tutto ciò che le persone mangiano riempie il loro stomaco, l’altra metà
riempie lo stomaco dei medici! Se la gente mangiasse la metà di ciò che
mangia normalmente non si ammalerebbe e non avrebbe bisogno dei
medici.
Ci sono persone che si ammalano perché non si nutrono a sufficienza e
persone che si ammalano perché mangiano troppo. C’è gente che muore di
fame e c’è gente che muore per ipernutrizione. Il numero di coloro che
muoiono perché mangiano troppo ha sempre superato il numero di coloro
che muoiono di fame. Il numero di coloro che muoiono di fame è esiguo: se
anche un uomo volesse lasciarsi morire di fame impiegherebbe circa tre
mesi; infatti, si può vivere per tre mesi senza mangiare. Ma se un uomo si
nutre in modo eccessivo per tre mesi non ha alcuna possibilità di
sopravvivere.
Nella storia sono esistite persone che avevano idee davvero strane. Un
grande imperatore romano, Nerone, aveva assunto due medici con l’unico
compito di farlo vomitare dopo ogni pasto, in modo che potesse avere il
piacere di mangiare da quindici a venti volte al giorno. Consumava un pasto,
poi prendeva una medicina che gli procurava il vomito, così poteva
ricominciare a mangiare! Ma ciò che facciamo noi non è molto diverso.
Nerone poteva avere due medici a palazzo, perché era un imperatore. Noi
non siamo imperatori, ma abbiamo medici nelle vicinanze. Nerone si
procurava il vomito ogni giorno e noi ci procuriamo il vomito di tanto in
tanto. Mangiamo in modo sbagliato e accumuliamo ogni sorta di tossine.
Poi il medico ci prescrive un depurativo che ci rimette in sesto, e subito
dopo noi ricominciamo a nutrirci in modo errato. Nerone era un uomo
saggio: aveva stabilito di depurarsi ogni giorno. Noi lo facciamo solo di tanto
in tanto. Se fossimo imperatori, agiremmo come Nerone, ma non possiamo:
non abbiamo le possibilità nanziarie per farlo. Ridiamo di Nerone, ma in
un certo senso non siamo tanto diversi da lui.
Le nostre abitudini sbagliate nei confronti del cibo stanno diventando
pericolose per la nostra salute. È provato che ci costano molto care, e ci
hanno portato al punto di essere vivi per miracolo! Non sembra che il cibo
che ingeriamo ci mantenga in salute, sembra piuttosto che ci faccia
ammalare, e questo è sorprendente. Sarebbe come se il Sole, sorgendo al
mattino, creasse le tenebre: sarebbe un evento ugualmente strano e
sorprendente. Ma tutti i medici del mondo sono dell’opinione che la
maggioranza delle malattie nell’uomo sono causate da una nutrizione
sbagliata.
Quindi, in primo luogo, ciascuno dovrebbe essere attento alla propria
nutrizione. E lo dico in modo speciale per i meditatori. È necessario che un
meditatore rimanga consapevole di quello che mangia, di quanto mangia e
degli effetti che il cibo produce nel suo corpo. Se farete un esperimento di
consapevolezza in questo senso per qualche mese, scoprirete certamente
quali sono i cibi adatti a voi: quali cibi vi danno tranquillità, pace e salute.
Non ci sono difficoltà reali ma, se non prestate mai attenzione a ciò che
mangiate, non sarete mai in grado di scoprire i cibi adatti a voi.
La seconda cosa, rispetto al cibo, è che lo stato della vostra mente mentre
mangiate è più importante di ciò che ingerite. Il cibo vi in uenza in modo
diverso se mangiate con gioia e se siete felici oppure se mangiate colmi di
tristezza e di preoccupazioni.
Se mangiate quando siete colmi di preoccupazioni, anche il migliore dei
cibi avrà effetti tossici sul vostro organismo. Se mangiate con gioia, può
accadere che anche un veleno non riesca ad avere un effetto devastante sul
vostro organismo: è più che probabile. Perciò mentre mangiate è importante
lo stato della vostra mente.
In Russia è vissuto un grande psicologo, Pavlov, che ha fatto alcuni
esperimenti sugli animali, arrivando a conclusioni sorprendenti. Ha fatto
esperimenti sui gatti e sui cani. Ha dato del cibo a un gatto poi, con una
radioscopia, ha osservato che cosa accadeva al gatto dopo aver mangiato.
Quando il cibo arrivò nello stomaco del gatto, vide che questo cominciava a
secernere il succo gastrico; in quel preciso istante fece portare un cane
davanti alla porta nestra della stanza in cui stava il gatto. Il cane si mise ad
abbaiare e il medico vide mediante la radioscopia che nello stomaco del
gatto era cessata di colpo ogni secrezione di succo gastrico. Lo stomaco si
chiuse, si rimpicciolì. A questo punto il cane fu portato via, ma lo stomaco
del gatto rimase in quello stato per sei ore. La digestione non riprese e il cibo
rimase indigerito nello stomaco per sei ore; dopo, quando il succo gastrico
ricominciò a uire, il cibo non era più digeribile: si era solidi cato.
Nell’istante in cui la mente del gatto si era preoccupata per la presenza di un
cane, il suo stomaco aveva cessato di colpo il proprio lavoro.
Ma qual è la vostra situazione? Voi vivete preoccupandovi per
ventiquattr’ore al giorno. È un miracolo che il vostro stomaco digerisca il
cibo che ingerite e che l’esistenza riesca a far sì che la digestione avvenga,
malgrado voi stessi! Non avete alcuna voglia di digerire ciò che mangiate. La
digestione che avviene in voi è un assoluto miracolo, e lo è anche il vostro
rimanere in vita!
Lo stato della vostra mente dovrebbe essere colmo di grazia e di
beatitudine; ma nella vostra casa, la tavola da pranzo è il luogo più tetro. La
moglie ha atteso per tutto il giorno il ritorno a casa del marito per la cena e
tutto il malessere emotivo, da lei accumulato nelle ultime ventiquattr’ore,
esplode proprio mentre il marito mangia. La moglie non sa che si sta
comportando come una nemica. Non sa che sta versando veleno nel piatto
del marito.
Anche il marito è turbato e preoccupato, dopo un’intera giornata di
lavoro, e butta in qualche modo il cibo nello stomaco, poi esce. Non ha idea
che l’atto di cibarsi, terminato in fretta per scappare via subito dopo, sarebbe
dovuto essere simile a una preghiera; non era un atto da compiere con tanta
fretta. Avrebbe dovuto avere lo stesso ritmo di colui che entra in un tempio e
si inginocchia per pregare; o di colui che si siede per suonare la vina; o di
colui che canta una serenata all’amata. Questo atto è ancora più importante:
egli sta dando nutrimento al proprio corpo. Dovrebbe compiere questo atto
in uno stato di profonda beatitudine; dovrebbe essere un atto amorevole,
simile a una preghiera.
Mentre mangi, più riesci a essere felice, gioioso, rilassato e privo di
preoccupazioni, e più il cibo che hai ingerito diventa il nutrimento giusto
per te.
Una dieta è violenta non solo quando mangi cibi non-vegetariani, ma
anche quando mangi con rabbia. Entrambe le cose sono violente. Quando
mangi pieno di collera e attanagliato dalla sofferenza e dalle preoccupazioni,
mangi in modo violento. Non ti rendi affatto conto che così come sei
violento mentre mangi della carne, sei altrettanto violento mentre la tua
stessa carne brucia per la collera e le preoccupazioni. Anche in questo caso,
il cibo che ingerisci non può essere non-violento.
Pertanto, questo è il secondo elemento di una dieta giusta: dovreste
mangiare in uno stato di grande calma e di grande gioia. Se non siete in
questo stato, è meglio che aspettiate no a quando non vi sentite calmi, è
meglio che non mangiate per un po’ di tempo. Dovreste consumare il vostro
pasto solo quando sentite che la mente è assolutamente pronta per farlo.
Quanto tempo occorrerà alla vostra mente per esserlo? Se siete abbastanza
consapevoli da aspettare, la mente può rimanere disturbata al massimo per
un giorno; ma voi non vi siete mai curati dello stato della vostra mente:
avete ridotto a un processo totalmente meccanico l’ingestione del cibo.
Buttate del cibo nello stomaco e poi vi alzate da tavola: non è più un
processo psicologico e questo è pericoloso.
A livello sico, il cibo giusto per te dovrebbe essere sano, non eccitante e
non violento; a livello psicologico, la tua mente dovrebbe essere in uno stato
di beatitudine, di grazia e di gioia; a livello dell’anima, dovresti sentirti
colmo di gratitudine e di riconoscenza. Queste tre cose fanno del cibo
ingerito il giusto nutrimento.
Dovresti avere nel cuore questi sentimenti: «Poiché oggi ho il cibo a mia
disposizione, mi sento grato. Mi è stato concesso un altro giorno di vita, mi
sento profondamente grato. Questa mattina mi sono svegliato di nuovo alla
vita, oggi il Sole mi ha illuminato ancora, questa sera posso ancora
ammirare la Luna... ho vissuto un altro giorno! Non era necessario che io
vivessi un altro giorno, oggi sarei potuto essere già nella tomba, ma mi è
stato concesso un altro giorno di vita. Non l’ho guadagnato, mi è stato
donato!». Quantomeno per questi motivi, dovresti avere nel cuore
sentimenti di riconoscenza e di gratitudine. Mangi il cibo, bevi l’acqua,
respiri: dovresti avere un senso di gratitudine per tutto ciò. Dovresti avere
un senso di gratitudine verso la vita intera, verso tutto il mondo, verso
l’intero universo, verso la natura e verso il divino: «Ho ricevuto in dono un
giorno in più da vivere. Ancora una volta ho ricevuto il cibo per nutrirmi.
Ho ricevuto un altro giorno per vedere il Sole e i ori che sbocciano. Oggi
sono ancora vivo!».
Rabindranath Tagore due giorni prima di morire esclamò: «Signore,
come ti sono grato! Dio, come potrò esprimerti la mia gratitudine? Tu mi
hai dato questa vita, quando non avevo alcun merito per riceverla. Mi hai
dato il respiro, quando non avevo alcun diritto di respirare. Mi hai fatto
vivere l’esperienza della bellezza e della beatitudine, che non avevo affatto
guadagnato. Ti sono oltremodo riconoscente. Sono sopraffatto dalla tua
grazia. E se in questa vita che tu mi hai donato posso aver ricevuto dolore,
sofferenza e preoccupazioni, la colpa deve essere stata mia, perché la vita che
tu mi hai dato è colma di beatitudine. La colpa deve essere stata mia, perciò
non ti chiedo di liberarmi dalla vita. Se mi ritieni degno, fammi tornare a
vivere ancora e di nuovo. La vita che tu mi hai dato è colma di beatitudine e
io ti sono immensamente grato per avermela donata».
Questo sentimento, questo sentimento di gratitudine dovrebbe essere
presente in tutti gli aspetti della vostra vita, in particolare nei confronti del
cibo. Solo così il cibo che ingerite diventa la giusta dieta.
Che cosa signi ca? Signi ca che noi stiamo perdendo il contatto diretto
con la vita, un contatto che abbiamo grazie al lavoro che facciamo.
Una volta Confucio, quando era in vita tremila anni fa, andò a visitare un
villaggio. In un giardino vide un vecchio giardiniere e suo glio che
attingevano l’acqua dal pozzo. Per il vecchio attingere l’acqua dal pozzo era
molto faticoso, anche con l’aiuto del glio. E l’uomo era davvero molto
vecchio!
A Confucio venne il dubbio che il vecchio giardiniere non sapesse che
ormai si usavano i buoi e i cavalli per estrarre l’acqua dai pozzi, infatti stava
attingendola egli stesso. Usava ancora quel metodo sorpassato!
Perciò Confucio si avvicinò al vecchio e gli disse: «Amico! Non sai che
hanno inventato un metodo nuovo? La gente attinge l’acqua dai pozzi con
l’aiuto di buoi e di cavalli. Perché l’attingi da solo?».
Il vecchio rispose: «Parla sottovoce, parla sottovoce. Io non sono
interessato a ciò che mi dici; ma ho paura che mio glio, che è giovane,
possa udirti».
Confucio gli chiese: «Che cosa intendi dire?».
Il vecchio gli spiegò: «So che esiste quella invenzione, ma tutte le
invenzioni come quella allontanano l’uomo dal lavoro sico. Non voglio che
mio glio se ne allontani, poiché il giorno in cui si staccherà dal lavoro
materiale perderà la connessione con la vita stessa».
Dopo che Churchill si era ritirato dalla politica, un mio amico andò a
fargli visita. Churchill, ormai vecchio, stava scavando delle buche nel suo
giardino, per piantare certe piante. Il mio amico gli fece alcune domande
sulla politica. Churchill gli rispose: «Lascia perdere! Ho chiuso con la
politica. Ora se vuoi farmi delle domande, puoi farmele su questi due
argomenti: sulla Bibbia, perché la leggo quando sto in casa e sul
giardinaggio, perché lo pratico nel mio giardino. Ormai la politica non mi
interessa più: quel tempo è passato. Ora lavoro e prego, e basta».
Quando il mio amico venne a riferirmi questo colloquio, mi disse: «Non
capisco che tipo d’uomo sia Churchill. Pensavo che mi avrebbe dato delle
risposte, invece mi ha detto che lavora e prega e basta».
Spiegai al mio amico: «Dire “lavoro e prego” è una ripetizione. Il lavoro e
la preghiera signi cano la stessa cosa, sono sinonimi. Il giorno in cui il tuo
lavoro diventerà preghiera e la tua preghiera diventerà lavoro, avrai trovato il
lavoro giusto per te».
Amici carissimi,
la mente dell’uomo si è ammalata, è diventata una ferita. Non è più un
centro sano, è diventata un’ulcera purulenta. Ecco perché tutta la vostra
attenzione è concentrata sulla mente. Forse non avete mai notato che
quando una parte del corpo è ammalata, tutta la vostra attenzione è
convogliata su di essa.
Solo quando la gamba vi fa male ne diventate consapevoli, quando non vi
fa male non vi accorgete di averla. Se avete una ferita in una mano, ne
diventate consapevoli; se non l’avete, non vi accorgete di avere la mano. In
un modo o nell’altro la vostra mente si è certamente ammalata, poiché tutta
la vostra attenzione è concentrata su di essa, nelle ventiquattr’ore non vi
focalizzate su altro.
Più il vostro corpo è sano e meno lo sentite. Sentite solo le parti che sono
ammalate e l’unica parte del corpo che ora sentite è la testa. La vostra
consapevolezza ruota tutta intorno alla mente: conosce solo la mente,
riconosce solo la mente. Una piaga purulenta è comparsa nella vostra mente;
se non ve ne libererete, se non vi libererete da questo stato di tensione e di
agitazione della mente, nessuno di voi riuscirà a raggiungere il proprio
centro vitale. Perciò, oggi tratteremo questo stato della mente e del modo
per cambiarlo.
La prima cosa che dovreste fare è comprendere con chiarezza lo stato
della vostra mente. Se vi sedeste da soli per dieci minuti e annotaste su un
foglio con sincerità qualsiasi pensiero vi passi per la mente, non osereste
mostrare quel foglio neppure al vostro più caro amico, perché scoprireste
pensieri talmente folli che mai avreste sospettato di avere. Scoprireste
pensieri così irrilevanti, inutili e contraddittori da farvi temere di essere
impazziti. Se annotaste su un foglio con sincerità qualsiasi pensiero vi venga
nell’arco di dieci minuti, rimarreste esterrefatti da ciò che accade nella vostra
mente. Vi chiedereste se siete sani o pazzi. Voi non guardate mai, neppure
per dieci minuti, nella vostra mente per vedere che cosa accade o forse non
lo fate mai perché nel vostro intimo sapete già che cosa sta accadendo. E
probabilmente ne avete paura.
Ecco perché le persone hanno paura di stare da sole e cercano compagnia
ventiquattr’ore su ventiquattro, incontrando gli amici, frequentando un club
o facendo qualsiasi altra cosa. Quando non riescono a trovare compagnia,
leggono un giornale o ascoltano la radio. Nessuno vuole stare solo, perché
quando è solo comincia a rendersi conto del suo stato reale.
Quando sei con l’altro, sei coinvolto nel rapporto con lui e non sei
consapevole di te stesso. La ricerca dell’altro è unicamente la ricerca di
un’opportunità per fuggire da te stesso. Il motivo fondamentale del tuo
interesse per gli altri è che hai paura di te stesso e sai benissimo che, se
conoscessi completamente te stesso, scopriresti di essere assolutamente
pazzo. Per fuggire da questo stato l’uomo cerca compagnia, cerca un gruppo
di appartenenza, gli amici, cerca la società e la folla.
L’uomo ha paura della solitudine. Ha paura della solitudine perché in essa
scoprirebbe il ri esso del suo stato reale, si imbatterebbe nel ri esso del suo
vero volto. E sarebbe spaventoso, davvero terrorizzante. Pertanto, da quando
si alza al mattino no alla sera quando si corica, usa ogni accorgimento per
fuggire da se stesso, per evitare di affrontare se stesso. Ha paura di potersi
vedere.
L’uomo ha inventato migliaia di modi per fuggire da se stesso. Più è
peggiorata la condizione della mente umana più l’uomo ha creato nuovi
espedienti per fuggire da se stesso. Se analizzaste gli ultimi cinquant’anni,
scoprireste che l’uomo ha creato un numero sempre maggiore di espedienti
per fuggire da se stesso, come mai prima nella storia. Il cinema, la radio, la
televisione: sono tutti modi per fuggire da se stessi. L’uomo è diventato
fortemente irrequieto! Ciascuno di voi cerca l’intrattenimento: fate qualsiasi
cosa per dimenticare voi stessi per un po’ di tempo, perché la vostra
situazione interiore peggiora sempre più. In tutto il mondo, con l’aumento
della civiltà, cresce di pari passo l’uso delle droghe. Di recente sono state
scoperte nuove droghe che sono diventate molto popolari in Europa e in
America. Droghe come LSD , mescalina e marijuana. Nelle città europee e
americane più colte, fra la gente più istruita, la ricerca di nuove droghe è
altissima: si ricercano in continuazione mezzi in grado di far dimenticare se
stessi, altrimenti l’essere umano si ritroverebbe in gravi difficoltà.
Qual è la causa scatenante? Perché volete dimenticare voi stessi? Perché
siete tanto ansiosi di dimenticare voi stessi? E non dovete pensare che solo
coloro che vanno al cinema tentino di dimenticare se stessi: anche coloro
che frequentano i templi vogliono farlo, non c’è alcuna differenza. Il tempio è
un modo obsoleto per dimenticare se stessi, il cinema è un modo nuovo. Se
un uomo è seduto e canta: «Rama, Rama» non pensate che stia facendo altro
se non tentare di dimenticare se stesso cantando; proprio come qualcun
altro tenta di dimenticare se stesso ascoltando musica o vedendo un lm.
Tra queste due persone non c’è alcuna differenza.
Lo sforzo per essere coinvolto in qualcosa all’esterno da te – sia “Rama”,
sia un lm, sia una musica – in profondità non è altro che uno sforzo per
fuggire da te stesso. Siete tutti occupati nel fuggire da voi stessi in un modo
o nell’altro. Questo dimostra che la vostra situazione interiore sta
peggiorando e che non avete più neppure il coraggio di osservarla. Avete
per no paura di guardare in quella direzione.
Vi state comportando come gli struzzi. Vedendo il nemico, lo struzzo
nasconde la testa nella sabbia, perché pensa che guardare il nemico sia
pericoloso. Poiché non lo vede più, la logica dello struzzo gli fa pensare:
“Non vedo più il nemico, dunque non c’è, sono salvo”. Ma questa logica è
sbagliata. Possiamo perdonare lo struzzo, ma non possiamo perdonare
l’uomo. Una cosa non cessa di esistere semplicemente perché non la si vede.
Se vediamo una cosa possiamo affrontarla, ma se non la vediamo non
abbiamo alcuna possibilità di agire.
Voi volete dimenticare il vostro stato interiore, non volete vederlo.
Potreste anche convincere la mente che una cosa che non vedete non esiste,
ciò non signi ca che quella cosa non ci sia più. Non esiste alcuna relazione
tra il non essere visibile e il non esistere. Se aveste visto quella cosa, forse
sareste stati in grado di cambiarla; ma se non l’avete vista, nessun
cambiamento è possibile. E quella cosa continuerà a crescere dentro di voi
come una piaga, come un’ulcera che avete nascosto e che non volete
guardare.
La mente è diventata una piaga. Se un giorno inventassero una macchina
che permette di vedere ciò che accade all’interno di ogni persona,
probabilmente tutti si suiciderebbero. Nessuno permetterebbe a qualcun
altro di vedere ciò che accade nel proprio intimo. Un giorno o l’altro
qualcuno potrebbe inventarla; per ora possiamo essere grati che nelle nostre
teste non esistano nestrelle che ci permettano di guardarci a vicenda nella
mente per vedere che cosa vi sta accadendo.
Ciò che le persone nascondono nel proprio intimo è assai diverso da ciò
che esprimono all’esterno. Ciò che vedete all’esterno sulla loro faccia è
totalmente diverso da ciò che accade nel loro intimo. È possibile che
all’esterno parlino d’amore, ma interiormente sono piene di odio. Possono
dire a qualcuno: «Buongiorno! Che piacere vederti! Sono felice di
incontrarti questa mattina». Ma interiormente pensano: “Perché devo
iniziare la giornata guardando proprio la faccia di questo idiota?”.
Se nella testa ci fossero delle nestrelle per guardare all’interno, ci
troveremmo tutti in grandi difficoltà, la vita diventerebbe veramente
difficile. Ora possiamo parlare amichevolmente con una persona, mentre
pensiamo: “Quando morirà quest’uomo?”. In super cie siamo una cosa e in
profondità un’altra, e non osiamo guardarci dentro, né osservare la nostra
interiorità per vedere chi siamo realmente.
Potete notare la differenza tra ciò che avevano detto mentre erano
addormentate e ciò che avevano detto dopo essersi svegliate. Tutto ciò che
un uomo dice nel sonno è più autentico di ciò che dice da sveglio, poiché
sgorga dalla sua interiorità. Ciò che vedi di te stesso nei tuoi sogni è più
autentico di ciò che vedi di te stesso sulla piazza del mercato o in mezzo alla
folla. In mezzo alla folla la tua faccia è truccata e arti ciale, nella tua
interiorità sei una persona totalmente diversa. Puoi riuscire a nascondere
alcune cose, appiccicando in super cie qualche pensiero buono, ma dentro
di te arde il fuoco di ciò che hai represso. In super cie puoi sembrare del
tutto silenzioso e assennato, ma dentro di te tutto è malsano e disturbato. In
super cie sembra che tu sorrida, ma è possibile che il tuo sorriso nasconda
un oceano di lacrime. Di fatto, è probabile che ti sia esercitato a sorridere,
proprio per nascondere le tue lacrime interiori: è ciò che la gente fa di solito.
Una volta qualcuno chiese a Nietzsche: «Lei ride sempre. È una persona
così gioiosa! Si sente davvero felice?».
Nietzsche rispose: «Visto che me l’ha chiesto, le dirò la verità. Rido per
non piangere! Prima che il mio pianto si scateni, lo affogo in una risata. Lo
blocco nel mio intimo. La mia risata deve convincere gli altri che sono felice.
E rido solo perché sono talmente triste da trovare sollievo solo nella risata. A
volte riesco a consolarmi!».
Nessuno ha mai visto ridere il Buddha, né Mahavira, né Cristo. Ci deve
essere un motivo. Forse nel loro intimo non avevano lacrime, perciò non
avevano bisogno di ridere per nasconderle. Forse nel loro intimo non
avevano dispiaceri da nascondere dietro al sorriso. Tutto ciò che li aveva
disturbati interiormente era ormai scomparso; non avevano più bisogno di
appiccicare i ori della risata all’esterno.
Se qualcuno emana un odore sgradevole, ha bisogno di cospargersi di
profumo. Se qualcuno ha un corpo sgraziato, deve sforzarsi di sembrare
bello. Chi si sente triste dentro di sé, deve imparare a ridere e chi
interiormente è colmo di lacrime, all’esterno deve mantenere il sorriso. Chi
interiormente è colmo di spine, all’esterno deve appiccicarsi addosso dei
ori.
L’uomo non è assolutamente ciò che appare, è esattamente l’opposto.
Interiormente è una cosa, esternamente è tutt’altro. E va benissimo che gli
altri siano tratti in inganno da ciò che ti sei appiccicato addosso, ma il
problema è che riesci a ingannare anche te stesso. Andrebbe benissimo se
solo gli altri fossero tratti in inganno dalle tue apparenze esteriori, e non ci
sarebbe da stupirsi, poiché comunemente la gente vede solo il lato esteriore;
ma tu riesci a ingannare anche te stesso, perché pensi di corrispondere
davvero all’immagine che gli altri vedono di te. Guardi te stesso attraverso
gli occhi degli altri; non ti vedi mai direttamente per ciò che sei, come sei
realmente.
L’immagine che si è formata negli occhi degli altri, ti trae in inganno e hai
paura di guardarti dentro. Tu vuoi vedere l’immagine che gli altri vedono di
te, non la tua realtà. Che cosa dice la gente? Ti interessa moltissimo sapere
che cosa dice la gente di te; e il motivo è semplice: pensi di poter riconoscere
te stesso attraverso l’immagine che si è formata negli occhi degli altri. È
davvero sorprendente! Per no per conoscere te stesso devi guardare negli
occhi di un’altra persona.
Le persone hanno paura che si parli male di loro. Sono felici se la gente
parla bene di loro, perché la conoscenza di sé dipende dall’opinione degli
altri: non hanno alcuna esperienza immediata di sé, non hanno mai fatto
alcuna esperienza diretta per conoscere se stessi. Questa esperienza
potrebbe accadere, ma non accade perché tu cerchi di sfuggirla.
Nell’incontro con la tua mente, la prima cosa che devi fare non è
occuparti di quello che gli altri dicono di te o di come appari agli altri; al
contrario, devi avere un incontro diretto con ciò che sei essenzialmente. In
solitudine, devi aprire totalmente la tua mente per vedere che cosa c’è
dentro. È un atto di coraggio; decidere di entrare nell’inferno nascosto
dentro di te è un atto di formidabile coraggio. Vedere te stesso in tutta la tua
nudità è un atto di grande coraggio. Devi avere un coraggio estremo.
Le scimmie erano diventate una cosa sola con il mantra. Com’era potuto
accadere? La sua mente insisteva nel dire che le scimmie non dovevano
essere presenti, proprio per questo lo erano! Ogni volta che la mente tentava
di liberarsi dalle scimmie, queste comparivano. Ogni volta che la mente
tentava di fuggire dalle scimmie, queste arrivavano a frotte.
Proibire è attrarre, ri utare è invitare, impedire è indurre in tentazione.
La tua mente è diventata così malata perché non riesci a capire questo
semplice punto. Tu non vuoi essere in collera, in questo caso la collera arriva
come una scimmia. Tu non vuoi essere sensuale, dunque la tua sessualità
appare come una scimmia e prende in pugno tutto il tuo essere. Tu non vuoi
l’avidità, non vuoi l’ego, e questi arrivano tutti. Ma tutto ciò che vuoi – la
spiritualità, la religiosità, l’illuminazione – sembra non arrivare affatto. Ti
arriva tutto ciò che non vuoi e non appare mai tutto ciò che tenti di ottenere.
Tutte queste frustrazioni accadono perché non capisci questo semplice
presupposto della mente.
La seconda cosa da ricordare è che non occorre insistere tanto per
stabilire ciò che dovrebbe o non dovrebbe esserci nella mente. Dovremmo
essere pronti a osservare qualsiasi cosa appaia nella nostra mente, senza fare
alcuna scelta e senza porre alcuna condizione. In questo modo potremmo
cominciare a vedere che cos’è la nostra mente, nella sua realtà.
Il mero fatto della natura contraddittoria della mente è compreso molto
bene dai pubblicitari di tutto il mondo; viceversa i capi religiosi non l’hanno
ancora capito. I pubblicitari di tutto il mondo comprendono questo fatto, al
contrario di coloro che si pongono nella società come educatori.
Quando sul cartellone di un lm c’è l’avviso “per adulti”, i ragazzi pensano
valga la pena spendere qualche soldo per baffi nti da appiccicare sul viso
per poter vedere quel lm. I pubblicitari sanno che per attrarre i ragazzi è
necessario usare la formula “per adulti”. Ci sono riviste femminili con la
scritta “per sole donne”: le leggono solo gli uomini, le donne non le leggono
mai! Ho fatto un’indagine e ho scoperto che la maggior parte degli
acquirenti è costituita da uomini. Quando l’ho chiesto ad alcuni rivenditori,
mi hanno spiegato: «Le donne comperano le riviste con la scritta “per sole
donne” solo ogni tanto, di solito comperano le riviste con la scritta “per soli
uomini”».
I pubblicitari capiscono benissimo ciò che attrae la mente umana, ma i
capi religiosi e gli insegnanti di morale non l’hanno ancora compreso. E
continuano a insegnare alla gente sciocchezze del tipo: «Non andare in
collera, lotta contro la collera!». Chi lotta contro la collera e tenta di evitarla
ne sarà ossessionato per tutta la vita. Solo chi è interessato a conoscere la
propria collera – guardandola in faccia, senza lottare contro di essa – se ne
libererà.
Perciò il secondo punto da ricordare è: lascia cadere ogni sensazione di
con itto e di lotta contro qualsiasi stato della tua mente. Crea
semplicemente in te la sensazione di voler conoscere, di voler comprendere:
«Io dovrei comprendere che cos’è la mia mente». Dovresti entrare nella tua
mente con questa sincera aspirazione. Questo è il secondo punto.
E il terzo punto è: non esprimere alcun giudizio su qualsiasi cosa affiori
nella tua mente. Non esprimere alcun giudizio su ciò che è male e su ciò che
è bene. Il male e il bene sono due facce della stessa moneta. Ogni volta che
c’è una cosa cattiva, sull’altro lato c’è la cosa buona corrispondente e ogni
volta che c’è una cosa buona, sull’altro lato c’è la cosa cattiva corrispondente.
Una persona cattiva è nascosta in ogni persona buona e una persona
buona è nascosta in ogni persona cattiva. La persona buona ha il lato buono
della propria moneta rivolto verso l’alto e il lato cattivo rivolto verso il basso.
Quindi, se una persona buona diventa cattiva si rivela peggiore della
peggiore persona cattiva. E se una persona cattiva diventa buona, la bontà di
ogni persona buona sembra impallidire al suo confronto. In una persona
cattiva la bontà è stata totalmente nascosta: si vede solo la cattiveria. Se
cambia e diventa una persona buona, la bontà delle altre persone buone
impallidirà: dal suo intimo scaturisce una forza nascosta e freschissima di
bontà. Valmiki e Angulimala sono due buoni esempi: erano due uomini
malvagi che un giorno diventarono buoni e per la loro bontà superarono
tutti gli altri santi.
Una persona buona e una persona cattiva non sono diverse tra loro: sono
due facce della stessa moneta. Ma il saggio è un terzo tipo di persona: nella
sua interiorità non c’è bontà né cattiveria. La sua moneta è totalmente
scomparsa. Un saggio non è un brav’uomo, né un gentiluomo, né un santo.
Nel gentiluomo si nasconde sempre l’uomo malvagio e il gentiluomo si
nasconde sempre nell’uomo malvagio. Il saggio è un fenomeno del terzo
tipo: è andato oltre il bene e oltre il male, non ha più rapporti con nessuno
dei due. È entrato in una dimensione totalmente diversa, in cui non si pone
più la questione del bene o del male.
I pensieri non hanno una vita propria. Più attenzione dai a un pensiero,
più gli dai vita. Più gli togli la tua attenzione, più si avvia a morire. Se
distogli del tutto l’attenzione dai tuoi pensieri, togli loro ogni vitalità:
muoiono, scompaiono immediatamente.
Ecco perché vi dico che dovete puntare tutta l’attenzione sull’ascolto.
Decidete che anche il canto più evole di un uccello non deve passare
inudito, che non dovete perderlo. Dovete udire tutto ciò che accade intorno
a voi, dovete udire proprio tutto; allora scoprirete all’improvviso che la
mente entrerà in un silenzio profondo e che i pensieri svaniranno.
Dovete fare una sola cosa: dovete semplicemente rilassare il corpo. Ieri vi
ho detto che come prima cosa dovete tendere al massimo la mente, ma forse
mi avete frainteso. Rilassate la mente, non tendetela; non è necessario: se vi
lasciaste prendere dall’idea di tendere la mente, diventerebbe un problema.
Perciò lasciate perdere quell’idea, non fa parte della meditazione. Vi avevo
detto di farlo solo perché poteste avere un’idea di ciò che è una mente tesa e
di ciò che è una mente rilassata. Non preoccupatevi più di questa idea.
Lasciatela perdere. Ora rilassatevi. Rilassate la mente. Rilassate tutto il
tessuto cerebrale in tensione e tutti i nervi del cervello. Ora vi occorre
rilassamento; non avete bisogno di imparare a tendere la mente. Dovete
dimenticare l’arte di tenere la mente in tensione. Vi avevo detto di farlo solo
perché poteste comprendere il contrasto che c’è tra una mente tesa e una
mente rilassata. Adesso lasciate perdere tutto ciò che non riuscite a
comprendere. Rilassatevi e basta.
Per favore, ciascuno di voi si sieda a una certa distanza dagli altri.
Nessuno dovrebbe toccare qualcun altro. Usate tutto lo spazio, in modo che
nessuno tocchi qualcun altro.
Lasciate che il corpo si rilassi totalmente e poi chiudete lentamente gli
occhi. Dovete chiudere gli occhi delicatamente, in modo che in essi non
rimanga alcuna tensione. Non dovete chiudere ermeticamente gli occhi,
altrimenti sentirete una tensione. I muscoli degli occhi sono in stretta
relazione con la mente, perciò lasciateli assolutamente rilassati. Lasciate che
le palpebre scendano così come scendono nei bambini: lentamente, in modo
rilassato. Poi rilassate i muscoli del viso e della testa. Avete visto il viso di un
bambino piccolo: è assolutamente rilassato, per niente teso; rendete il vostro
viso simile al suo, del tutto sciolto e rilassato. Lasciate che anche il corpo si
rilassi. Nel momento in cui ogni parte di voi sarà rilassata, il respiro
automaticamente diventerà silenzioso e rilassato.
Poi fate una cosa sola: ascoltate in silenzio ogni suono intorno a voi. Un
corvo fa il suo verso, un uccello canta, un bambino parla per la strada...
ascoltateli in silenzio. Continuate ad ascoltare, ascoltate semplicemente... e
tutto in voi diventa silenzioso.
Ascoltate, ascoltate in silenzio per dieci minuti. Lasciate che la vostra
attenzione sia tutta assorbita dall’ascolto. Siate solo ascolto, non fate altro.
Ascoltate... gli uccelli cantano, il vento scuote gli alberi... qualsiasi suono
vi arrivi, ascoltatelo in silenzio.
Ascoltate... e, a poco a poco, in voi comincia ad affiorare un mormorio di
silenzio.
La mente sta diventando silenziosa. Continuate ad ascoltare, ascoltare e
ascoltare. La mente sta diventando silenziosa, la mente sta diventando
silenziosa... la mente sta diventando sempre più silenziosa...
La mente è diventata silenziosa, la mente è diventata assolutamente
silenziosa. In voi c’è un profondo silenzio. Ascoltatelo, ascoltatelo
semplicemente. Ascoltate... e, a poco a poco, la mente diventa silenziosa.
La mente sta diventando ancor di più silenziosa, la mente sta diventando
assoluto silenzio... la mente diventa il silenzio... Continuate ad ascoltare e ad
ascoltare, la mente sta entrando nel silenzio assoluto...
Quinto discorso
La vera conoscenza
Amici carissimi,
lo stato della mente dell’uomo è simile a un alveare ronzante di api:
pensieri e pensieri e pensieri ronzano intorno alla vostra mente, in
continuazione. Circondato da questi pensieri, l’uomo vive in modo ansioso,
teso e preoccupato. Per riconoscere e comprendere la vita, la mente ha
bisogno di essere silenziosa come un lago calmo e senza onde. Per
familiarizzarsi con la vita, la mente ha bisogno di essere limpida come uno
specchio senza neppure un granello di polvere.
Voi tutti avete una mente simile a un alveare ronzante di api: non è simile
a uno specchio né a un lago silenzioso. Se, con una mente simile, pensate di
essere in grado di conoscere, di realizzare o di diventare qualcosa,
commettete un errore madornale. È assolutamente necessario che vi
liberiate da questo usso costante di pensieri.
Avere pensieri su pensieri su pensieri che vi ronzano intorno non è segno
di una mente sana, bensì di una mente malata. Quando la mente è
totalmente pura e pulita, quando è sana, i pensieri scompaiono. La
consapevolezza rimane, ma i pensieri scompaiono. Quando la mente è
malata e folle, la consapevolezza scompare e rimane soltanto una folla di
pensieri. Voi vivete dentro quella folla di pensieri. Dalla mattina alla sera,
dalla sera alla mattina, dalla nascita alla morte, vivete dentro una folla di
pensieri.
Come potete liberarvene? Questa mattina ho detto qualcosa in merito, e
voi mi avete scritto delle domande su ciò che ho detto. Ora risponderò.
La prima cosa: liberarsi dai pensieri costituisce il secondo passo; il primo
passo consiste nel non crearsi una folla di pensieri in partenza. Se da un lato
continui a raccogliere pensieri e dall’altro tenti di liberartene, come
risolverai la situazione? Se vuoi liberarti dalle foglie di un albero e continui a
innaffiare le sue radici, come riuscirai a liberarti dalle sue foglie? Se innaffi le
radici, sembra che non ti rendi conto che esiste una relazione tra le radici e
le foglie, una relazione profonda. Le radici e le foglie sembrano separate, ma
non lo sono affatto e l’acqua che dai alle radici risale nell’albero no a
raggiungere le foglie.
Quindi raccogliendo miriadi di pensieri innaffi le loro radici e poi,
quando creano disturbo e disagio alla mente, vuoi trovare un modo per
ridurli al silenzio. Ma se vuoi che l’albero smetta di far germogliare le sue
foglie, devi smettere di innaffiarne le radici. Dovresti comprendere che cosa
fai per innaffiare le radici dei tuoi pensieri; se arriverai a comprenderlo,
potrai smettere. Allora in poco tempo le foglie avvizziranno.
Ebbene, che cosa fai per innaffiare le radici dei tuoi pensieri?
Per migliaia di anni l’uomo ha avuto l’illusione di poter raggiungere la
conoscenza accumulando i pensieri di altra gente. Questo è assolutamente
falso e sbagliato: nessuno potrà mai raggiungere alcuna conoscenza,
accumulando i pensieri di altri. La conoscenza sorge dalla tua interiorità e i
pensieri provengono dall’esterno. La conoscenza è tua e i pensieri sono
sempre di altri, sempre presi in prestito. La conoscenza è la pulsazione del
tuo stesso essere, è l’affiorare di ciò che sta nascosto nel tuo essere. I pensieri
sono una raccolta di ciò che hanno detto gli altri... puoi raccoglierli dalla
Gita, dal Corano, dalla Bibbia o da qualsiasi insegnante o capo religioso.
Qualsiasi cosa hai appreso dagli altri non diventa una conoscenza tua:
diventa un modo e un mezzo per celare la tua ignoranza. E chi cela la
propria ignoranza non potrà mai raggiungere la conoscenza, poiché in te si
forma l’idea che la conoscenza altrui sia tua e ti aggrappi a essa con tutto il
tuo essere. Ti aggrappi ai tuoi pensieri e non hai il coraggio sufficiente per
liberartene. Li sostieni perché pensi che costituiscano la tua conoscenza e
che, se li perdessi, diventeresti ignorante. Ma ricordati che, per quanto tu
possa aggrapparti ai tuoi pensieri, tramite loro non raggiungerai mai la vera
conoscenza.
Quando qualcuno vuole scavare un pozzo inizia rimuovendo la terra e le
pietre, dopo di che l’acqua comincia a ltrare dalle pareti del pozzo no a
riempirlo. L’acqua c’era già, non era necessario portarla lì; occorreva solo
rimuovere le pietre e gli strati di terra. C’erano delle ostruzioni, degli ostacoli
e, dopo averli rimossi, l’acqua è apparsa. Non occorreva portare l’acqua al
pozzo, era già presente; era necessario solo rimuovere le ostruzioni.
La conoscenza è già presente in te, non c’è bisogno che tu la prenda in
prestito da qualcun altro. Le sue sorgenti sono nascoste in te: devi solo
scavare per rimuovere gli ostacoli – le pietre e la terra – che l’ostruiscono. A
quel punto cominceranno ad apparire in te le sorgenti della conoscenza.
Ma puoi costruire un pozzo oppure uno stagno. Costruire uno stagno è
una cosa diversa. Per farlo non hai bisogno di cercare una sorgente naturale
d’acqua: il metodo è esattamente l’opposto di quello usato per costruire un
pozzo. Per costruire uno stagno, non hai bisogno di scavare per rimuovere le
pietre e la terra; al contrario, devi prelevarli da qualche altro luogo e portarli
lì per usarli come bacino. E dopo aver costruito il bacino, l’acqua non
arriverà da sola: dovrai prenderla dal pozzo di qualcun altro per farla
arrivare nello stagno. In super cie, lo stagno ti dà l’illusione di essere un
pozzo. Sembra un pozzo: puoi vedere l’acqua in uno stagno così come la vedi
in un pozzo, ma la differenza tra i due è la stessa che esiste tra la Terra e il
cielo. La prima differenza è che lo stagno non ha acqua propria.
In questo mondo, nessuna sete dell’uomo verrà spenta da qualcosa che
non sia suo. Tutto ciò che esiste in uno stagno è preso in prestito; in poco
tempo diventa fermo e stantio perché tutto ciò che è preso in prestito non è
vivo, è morto. L’acqua di uno stagno è ferma, imputridisce e in breve emana
cattivo odore. Il pozzo invece ha una propria sorgente e la sua acqua non
diventa mai stantia; un pozzo vive grazie a un proprio usso sorgivo.
Nello stagno e nel pozzo accadono due processi differenti. Lo stagno ha
paura che qualcuno gli porti via l’acqua, perché senza rimarrà vuoto. Il
pozzo invece vuole che qualcuno prelevi la sua acqua, affinché possa
sgorgarne di più fresca e più viva. Il pozzo grida: «Prendete la mia acqua,
voglio condividerla!». Lo stagno urla: «State lontani. Non toccate la mia
acqua, non prendetela!». Lo stagno desidera qualcuno che abbia acqua da
portargli, per immetterla nel suo bacino e aumentarne il volume. Ma se
qualcuno ha un secchio, il pozzo desidera che costui si avvicini e prelevi la
sua acqua: così potrà liberarsi dall’acqua vecchia e dalla sua sorgente
sgorgherà acqua nuova. Il pozzo vuole condividere, lo stagno vuole
trattenere. Il pozzo ha ruscelli sotterranei connessi con l’oceano: sembra
piccolo, ma in profondità è collegato con l’in nito. Per quanto grande possa
sembrare, lo stagno invece non è collegato con nient’altro: termina in se
stesso, è chiuso. Non ha ruscelli sotterranei: non ha modo di collegarsi con
l’in nito.
Se qualcuno si avvicinasse a uno stagno e gli parlasse dell’oceano,
scoppierebbe in una risata e risponderebbe: «Non esiste niente di simile.
Tutto è uno stagno. L’oceano non esiste affatto». Lo stagno non ha alcuna
idea dell’oceano.
Se qualcuno invece esprimesse apprezzamenti sulla bellezza del pozzo,
questo penserebbe: “Che cosa c’è di mio? Tutto proviene dall’oceano. Io che
cosa sono? Tutto ciò che arriva in me è collegato a qualcos’altro di molto più
lontano”. Un pozzo non può avere un “io” né la sensazione: “Io sono”; invece
uno stagno ha un ego e la sensazione: “Io sono”. La cosa interessante da
notare è che il pozzo è vasto, invece lo stagno è limitato; il pozzo ha una
ricchezza propria, lo stagno non ne ha alcuna.
La mente umana può diventare un pozzo oppure uno stagno: queste sono
le due sole possibilità che ha per evolversi; quando diventa uno stagno,
piano piano conduce l’uomo alla pazzia.
Tutte le vostre menti sono diventate stagni: non avete creato pozzi, avete
creato solo stagni. Raccogliete nozioni da tutto il mondo – dai libri, dalle
sacre scritture, dagli insegnamenti – raccogliete di tutto e poi pensate di
essere colti. Avete commesso lo stesso errore che commette lo stagno; lo
stagno infatti pensa di essere un pozzo: l’illusione è creata dal fatto che in
entrambi esiste l’acqua.
Potete trovare il sapere in uno studioso, in un insegnante e in una
persona consapevole; ma uno studioso è uno stagno, la persona consapevole
è un pozzo. C’è una differenza enorme tra i due, e non potete neppure
immaginare quanto sia grande e profonda questa differenza. Il sapere di uno
studioso è preso in prestito, è stantio e putrefatto. Tutti i guai sorti nel
mondo sono stati causati dal sapere degli studiosi. Le loro lotte diventano
lotte tra hindu e maomettani, sono lotte tra gli studiosi. Il contrasto tra un
hindu e un jaina è il contrasto tra studiosi. Sono tutti contrasti tra studiosi,
sono tutte lotte tra mentalità putrefatte, prese in prestito e stagnanti.
Tutti i guai accaduti nel mondo sono stati causati da menti diventate
stagni. Al di fuori di questo, nel mondo esistono solo esseri umani: nessuno
è cristiano, né hindu, né musulmano, né jaina. Queste sono solo etichette
per gli stagni. Lo stagno si appiccica un’etichetta; sull’etichetta c’è il nome del
pozzo dal quale ha prelevato la propria acqua: qualcuno ha prelevato l’acqua
dalla Gita perciò è un hindu, qualcuno ha prelevato l’acqua dal Corano
perciò è un musulmano.
Una persona consapevole non preleva l’acqua dagli altri, la sua acqua
sgorga dalla sua interiorità. Sgorga dall’esistenza, perciò non può essere né
un hindu, né un musulmano, né un cristiano. Una persona consapevole non
può appartenere ad alcuna setta, viceversa lo studioso non può esistere
senza una setta di appartenenza. Dovunque troviate uno studioso, vedrete
che appartiene a una setta.
Avete ridotto la vostra mente a una cosa stantia, presa in prestito, e poi vi
ci aggrappate. Come vi ho detto, lo stagno grida: «Non prendete la mia
acqua! Se mi portate via l’acqua, rimarrò vuoto, in me non ci sarà più niente.
Ho preso in prestito la mia ricchezza, perciò nessuno dovrebbe portarmela
via!».
Ricorda, la ricchezza che diminuisce con l’uso è stata sempre presa in
prestito, è falsa; viceversa la ricchezza che aumenta con l’uso è vera. La
ricchezza che, se condivisa, si esaurisce non è ricchezza: è solo un accumulo.
Solo la ricchezza che, se condivisa, aumenta è vera ricchezza. Di
conseguenza, la natura della ricchezza è tale per cui, se condivisa, aumenta;
se diminuisce quando è condivisa, non è ricchezza. Inoltre, se hai paura che
la tua ricchezza si esaurisca, condividendola, devi custodirla con estrema
attenzione; pertanto, ogni ricchezza presa in prestito diventa un problema.
Poiché questa ricchezza non è mai reale, sorge in te la paura che possa
sparire e quindi ti ci aggrappi ancor più tenacemente.
Ti aggrappi fortemente ai tuoi pensieri. Ti curi più di loro che della tua
stessa vita. Tutte queste cianfrusaglie, accumulate nella tua mente, non si
trovano là per caso: tu le hai predisposte, le hai raccolte e te ne prendi cura.
Quindi, se pensi che la conoscenza sorga in te accumulando pensieri, non
sarai mai in grado di liberartene. Come potresti? Sarebbe come se tu
innaffiassi le radici di un albero e poi tagliassi le sue foglie: non potrai mai
liberartene.
Perciò la cosa fondamentale da comprendere è che la conoscenza e la tua
raccolta di pensieri sono due cose diverse. I pensieri acquisiti o presi in
prestito dagli altri non sono conoscenza. I pensieri presi da sorgenti esterne
non conducono l’uomo alla verità o alla conoscenza di sé. Questa
conoscenza è falsa: è solo pseudosapere; crea in te l’illusione di avere
raggiunto la conoscenza, ma in realtà non conosci nulla, rimani ignorante.
Sei nella stessa situazione di colui che ha letto molti libri sul nuoto e ha
appreso tantissimo sulle tecniche del nuoto, perciò se dovesse fare un
discorso o scrivere un libro, potrebbe farlo; ma se qualcuno lo facesse cadere
nell’acqua di un ume, dimostrerebbe chiaramente di non essere capace di
nuotare. Ha letto e appreso tutto sul nuoto, conosce a fondo la teoria, ma in
pratica non è capace di nuotare.
Se credi che i tuoi pensieri e le tue idee siano lingotti d’oro, ne hai la
massima cura e vivi profondamente attaccato al tuo tesoro. Ma io voglio
dirti che non sono affatto lingotti: sono pesanti pietre. Ciò che tu pensi sia
conoscenza non lo è affatto e non è oro: è solo un ammasso di pietre.
La conoscenza che hai ricevuto dagli altri è solo un ammasso di pietre: è
oro solo la conoscenza che sgorga dal tuo Sé. Il giorno in cui ti renderai
conto di aver portato una pietra nella tua borsa, la questione si risolverà da
sola, e tu non avrai alcuna difficoltà nel gettare via quella pietra.
Non c’è alcuna difficoltà nel gettare via l’immondizia, ma è molto difficile
sbarazzarsi dell’oro. Finché sentirai che i tuoi pensieri formano la tua
conoscenza, non potrai gettarli via e la tua mente rimarrà in subbuglio.
Potrai tentare mille modi per calmarla, ma non serviranno a niente. In cuor
tuo, tu vuoi che i pensieri rimangano perché pensi che formino la tua
conoscenza. Nella vita le maggiori difficoltà sorgono dal fraintendimento
che qualcosa sia ciò che invece non è; in questo caso sorgono guai di ogni
tipo. Se qualcuno pensa che una pietra sia un lingotto d’oro, sorgono
problemi. Se qualcuno si rende conto che una pietra è una pietra, ha risolto
ogni problema.
Ebbene, il tesoro dei tuoi pensieri non è un tesoro reale: devi
comprenderlo! Come fare per comprenderlo? Lo comprendi forse perché io
affermo che è così? Se tu lo comprendessi solo perché io lo affermo, la tua
comprensione sarebbe presa in prestito e sarebbe inutile. Non devi
comprendere qualcosa perché io affermo che è così: devi vederla, devi
ricercarla e riconoscerla da solo.
Se il giovane monaco avesse detto al vecchio: «Riprendiamo il cammino.
Non devi avere paura. Nella tua borsa non c’è oro, ma una pietra», per il
vecchio non avrebbe fatto alcuna differenza, no a quando non avesse visto
con i suoi stessi occhi che era proprio così. Se il giovane glielo avesse
semplicemente detto, il vecchio non avrebbe mai creduto che fosse vero;
avrebbe preso in giro il giovane pensando che era solo un ragazzo ignorante,
che non sapeva niente. Oppure, se accettava le parole del giovane, gli
avrebbe creduto, ma la sua accettazione sarebbe stata falsa e nel suo intimo
avrebbe mantenuto l’idea di portare in salvo quel lingotto d’oro. Solo l’aver
visto la pietra con i suoi stessi occhi creò in lui la differenza.
Quindi, è necessario che tu guardi nella borsa della tua mente per vedere
se ciò che tu ritieni conoscenza, sia vera conoscenza, oppure se hai raccolto
solo immondizia. Hai raccolto i sutra della Gita, i versetti dei Veda, le parole
di Mahavira e del Buddha; non fai che ricordarli, ci pensi continuamente,
trovandovi signi cati profondi. Continui a rileggerli e a scriverne commenti,
li discuti con gli altri, creando in te una follia assoluta. La vera conoscenza
non ha niente a che fare con questa follia, da cui non è mai scaturita alcuna
amma, alcuna luce nella tua vita.
Raccogliendo questa immondizia hai creato in te l’illusione di aver
conquistato un’enorme ricchezza di conoscenza e di essere diventato un
grande maestro, di possedere ormai così tanto che la tua cassaforte è colma;
così vivrai la tua vita e così la distruggerai.
C’era una volta un grande re. Un mattino, uno straniero misterioso gli si
avvicinò e gli disse: «Poiché hai conquistato tutta la Terra, gli abiti dei
comuni mortali non ti si addicono più. Ti porterò gli abiti che indossano gli
dei». La mente del re fu presa da cupidigia. Il suo intelletto diceva: “Come
mai gli dei sono vestiti?”. L’intelletto dubita per no che gli dei esistano. Ma il
re era avido, perché pensava che, forse gli dei esistevano da qualche parte e
che, se quell’estraneo gli avesse portato i loro abiti, egli sarebbe stato il primo
uomo sulla Terra, e nella storia del genere umano, a indossare gli abiti di un
dio. Inoltre, come avrebbe potuto quell’uomo ingannare proprio lui? Era un
grande imperatore, che possedeva miliardi e se anche quell’uomo gli avesse
chiesto qualche migliaio di rupie in cambio di quei vestiti, non avrebbe
perso nulla. Perciò domandò: «Benissimo, quanto mi costerà?».
L’uomo rispose: «Ti costerà almeno dieci milioni di rupie, perché per
raggiungere gli dei dovrò pagare parecchie tangenti. Non intascano le
tangenti solo gli uomini, anche gli dei sono molto astuti e chiedono tangenti.
Un uomo contratterebbe ben poco, rispetto agli dei: essi prendono in
considerazione solo quantità ingenti di denaro, per questo mi occorrono
almeno dieci milioni di rupie».
Il re rispose: «Benissimo, non c’è problema. Ma ricordati: se mi
ingannerai, ti costerà la vita. A partire da oggi le mie guardie armate
sorveglieranno la tua casa».
All’uomo furono consegnati dieci milioni di rupie e la sua casa fu
sorvegliata da guardie armate. Tutto il vicinato era sorpreso, meravigliato.
Non riuscivano a crederci, pensavano: “Dove stanno gli dei? Dove sta il loro
paradiso? Non sembra che quest’uomo vada e venga”, e infatti se ne stava in
casa sua e diceva a tutti: «Fra sei mesi, vi mostrerò gli abiti degli dei». Tutti
erano dubbiosi, ma il re se ne disinteressò poiché l’uomo era ben sorvegliato;
non poteva fuggire, né poteva ingannarlo.
Ma l’uomo era molto più intelligente del re: dopo sei mesi uscì di casa
tenendo in mano una bellissima scatola e disse ai soldati: «Andiamo a
palazzo. Oggi è il gran giorno, sono arrivati gli abiti».
Tutti gli abitanti della capitale si radunarono. Re e imperatori, venuti da
lontano, erano in prima la. Fu organizzata una grande celebrazione.
L’uomo si era presentato con quella scatola, quindi non c’era motivo di
dubitare.
Senza indugi, tolse il coperchio alla scatola, introdusse la mano, ritirò la
mano vuota e disse al re: «Prendi questo turbante». Il re guardò e disse:
«Non vedo alcun turbante, la tua mano è vuota».
L’uomo replicò immediatamente: «Lascia che ti rammenti una cosa: gli
dei hanno detto che solo chi è stato generato dal proprio padre potrà vedere
il turbante e gli abiti che essi hanno inviato. Ebbene, tu lo vedi?».
Subito il re esclamò: «Certo che lo vedo!».
Non c’era alcun turbante, la mano dell’uomo era vuota, ma tutti i
cortigiani cominciarono ad applaudire. Anch’essi non riuscivano a vedere
alcun turbante, ma cominciarono a dire: «Non avevamo mai visto un
turbante tanto bello: è bellissimo, è unico, meraviglioso. Nessuno ha mai
visto un turbante simile».
Quando tutti i cortigiani cominciarono a dire che il turbante era
bellissimo, il re si trovò in una posizione difficile. A quel punto, l’uomo
disse: «Togli dunque il tuo turbante e indossa questo».
Il re si tolse il proprio turbante e indossò quello inesistente. Se si fosse
trattato solo di un turbante, sarebbe andato tutto benissimo, ma ben presto il
re si trovò in guai seri. Prima gli fu tolto il mantello, poi la camicia e in ne
dovette togliersi anche l’ultimo indumento. A quel punto il re era nudo, ma
tutti i cortigiani gridavano: «Che abiti stupendi! Meravigliosi! Non abbiamo
mai visto abiti simili». Tutti i cortigiani dovevano gridare il proprio
apprezzamento a voce altissima, per evitare che qualcuno dubitasse delle
loro origini.
Mentre la folla gridava i propri apprezzamenti agli abiti, ciascuno
pensava che i suoi occhi non vedevano più tanto bene oppure che no a quel
momento si era sbagliato sul conto del proprio vero padre. “Se tutti gli altri
gridano apprezzamenti agli abiti, devono avere ragione. Così tanta gente non
può sbagliarsi: è una maggioranza assoluta! Quando tutti dicono la stessa
cosa, dev’essere giusta.”
Questa è democrazia: tutti sono d’accordo. «Se tante persone si trovano
d’accordo, non possono sbagliare.» Perciò ciascuno pensava che ci fosse
qualcosa di sbagliato in lui e che, se fosse stato zitto, gli altri avrebbero
pensato che non riusciva a vedere gli abiti.
Il re era spaventato: avrebbe dovuto togliersi anche l’ultimo indumento,
oppure no? Da un lato aveva timore che tutta la sua corte lo vedesse nudo e,
dall’altro aveva paura che il mondo intero venisse a sapere che il re non era
stato generato dal proprio padre; in questo caso sarebbero sorte difficoltà
anche maggiori. Era come passare dalla padella alla brace! Perciò, alla ne
gli sembrò meglio accettare la propria nudità; almeno il nome di suo padre
sarebbe stato salvo e la sua dinastia non sarebbe stata coperta dall’infamia.
Pensò: “Al massimo, la gente mi vedrà nudo e con ciò? Inoltre, se tutti fanno
apprezzamenti sugli abiti, forse hanno ragione. Forse gli abiti ci sono
davvero e soltanto io non riesco a vederli”. Perciò, per evitare complicazioni
inutili, lasciò cadere anche l’ultimo indumento e rimase nudo.
Allora l’uomo esclamò: «Oh, mio re! Gli abiti degli dei sono discesi per la
prima volta sulla Terra. Dovresti chiedere un corteo e fare il giro della città
in carrozza». Il re era letteralmente terrorizzato, ma a quel punto non vedeva
alcuna via d’uscita.
Quando un uomo commette un errore al primo stadio, per lui diventa
davvero difficile fermarsi a uno qualsiasi degli stadi successivi e diventa
impossibile fare dietro front. Se non sei onesto al primo stadio, continuerai
ad accumulare ipocrisia negli stadi successivi e ti diventerà davvero difficile
capire a che punto potrai fare dietro front, perché ogni stadio sarà una
conseguenza inevitabile di tutti gli altri.
Il re era in gravi difficoltà. Non poteva ri utarsi. Fu portato in corteo
sulla carrozza... Forse c’eravate anche voi, perché in quella città c’era
moltissima gente. Tutti videro il corteo, perciò forse c’eravate anche voi e
forse avete apprezzato anche voi quegli abiti. Nessuno avrebbe voluto
perdere quell’opportunità. Tutti esprimevano apprezzamenti ad alta voce
sugli abiti, tutti dicevano che erano bellissimi, stupendi.
Solo un bambino, a cavalcioni sulle spalle del padre, esclamò: «Papà, mi
sembra che il re sia nudo!».
Il padre gli rispose: «Sta’ zitto! Tu sei piccolo e non hai esperienza.
Quando avrai acquisito esperienza, anche tu comincerai a vedere quegli
abiti. Io riesco a vederli!».
A volte i bambini vedono la verità, ma gli adulti non danno loro credito,
perché hanno più esperienza. E l’esperienza è una cosa molto pericolosa. A
causa della propria esperienza il padre disse: «Sta’ zitto! Quando avrai
esperienza, anche tu vedrai gli abiti. Noi li vediamo... pensi forse che siamo
tutti impazziti?».
A volte un bambino dice: «Non riesco a vedere Dio in una statua». Gli
adulti rispondono: «Sta’ zitto! Noi riusciamo a vederlo. Rama è presente, di
fronte a noi. Quando avrai acquisito esperienza, anche tu lo vedrai».
L’uomo è diventato preda di un’illusione collettiva. E quando tutti sono
preda della stessa illusione, diventa difficile vedere.
Devi scoprire se gli abiti della conoscenza – quelli che tu hai ritenuto
fossero tali – sono realmente abiti oppure sei nudo e quelli sono abiti
invisibili?
Devi esaminare ciascuno dei tuoi pensieri applicando questo criterio:
«Questa cosa io la conosco?». Se non la conosci, devi essere pronto ad
andare all’inferno piuttosto che continuare a sostenere una
pseudoconoscenza.
Questa è la prima condizione dell’autenticità: dovresti dichiarare di non
conoscere qualsiasi cosa non sai, altrimenti comincerai a cadere
nell’ipocrisia. Comunemente non riusciamo a vedere gli inganni
macroscopici, possiamo vedere solo quelli piccoli. Se un uomo ti imbroglia
per poche rupie, te ne accorgi; ma se un uomo, in piedi a mani giunte di
fronte a una statua, esclama: «Oh Dio, oh Signore!»... sapendo benissimo che
la statua è di pietra e che non c’è alcuna presenza di Dio, né di alcun Signore;
anche se quest’uomo può sembrare autentico e religioso, difficilmente
troveresti imbroglione e ipocrita maggiore di lui sulla Terra. Egli è l’inganno
per eccellenza: proclama qualcosa del tutto falso e nel suo intimo non sente
niente di niente; ma non trova il coraggio per comprendere ciò che dice e
ciò che fa.
La persona religiosa è colui che riconosce sia ciò che sa sia ciò che non sa.
Questo riconoscimento è il primo passo per diventare una persona religiosa.
La persona religiosa non è colui che dichiara di conoscere Dio e l’anima, di
aver visto il paradiso e l’inferno, bensì colui che dichiara di non sapere
niente, di essere assolutamente ignorante: «Non ho alcuna conoscenza. Non
conosco neppure me stesso, perciò come posso dichiarare di conoscere
l’esistenza? Non conosco neppure la pietra che giace sulla soglia di casa mia.
Come posso dichiarare di conoscere il divino. La vita è molto misteriosa,
ignota. Non so nulla. Sono assolutamente ignorante».
Se hai il coraggio di essere ignorante e di accettare il fatto di esserlo, puoi
cominciare a incamminarti sul sentiero che conduce dall’ossessione dei
pensieri alla libertà. Altrimenti non puoi neppure iniziare. Perciò devi
comprendere una cosa: tu sei estremamente ignorante, non sai niente e
qualsiasi cosa ti sembra di conoscere è del tutto falsa, presa in prestito e
stantia. Assomiglia a uno stagno, non a un pozzo. Se nella tua vita vuoi
creare un pozzo, devi liberarti dall’illusione dello stagno; è fondamentale!
Amici carissimi,
l’uomo è legato dalla catena dei suoi pensieri, come un prigioniero. Che
tipo di pietre sono state usate per le fondamenta di questa prigione di
pensieri? Nel pomeriggio abbiamo parlato di una di esse, questa sera
parleremo della seconda, ugualmente importante. Se togliessimo queste due
pietre fondamentali, potreste vedere che scambiare il sapere preso in prestito
per vera conoscenza è un errore e riuscireste a elevarvi con facilità al di
sopra della vostra prigione di pensieri.
Qual è questa seconda pietra? Qual è l’altra pietra fondamentale usata per
costruire la prigione di pensieri nella mente dell’uomo e sulla quale è stata
intessuta la ragnatela dei pensieri? Forse non lo sapete. Forse non avete idea
di come abbiate fatto a colmarvi di una tale moltitudine di pensieri
contraddittori.
La vostra situazione è simile a quella di un carro tirato da buoi, aggiogati
a ciascuno dei suoi quattro lati: i buoi sono spronati a muoversi per
raggiungere destinazioni diverse, perciò il carro è in pericolo e la sua
struttura comincia a cedere; i buoi tirano da ciascuno dei quattro lati per
andare verso quattro direzioni diverse: riuscirà quel carro ad andare da
qualche parte? Riuscirà a raggiungere una destinazione qualsiasi? Il carro
può avere una sola destinazione e un solo destino: andrà in pezzi, verrà
annientato. Con i buoi che lo tirano in quattro direzioni, che poi andranno
verso direzioni opposte trascinandosi dietro i suoi pezzi, il carro non potrà
che nire distrutto. Quel carro non raggiungerà mai una destinazione.
Nella vostra mente il con itto interiore fra pensieri diversi vi sta
uccidendo. Tutti i vostri pensieri sono irrilevanti e contraddittori: gli uni
sono in opposizione agli altri. I buoi dei vostri pensieri tirano la mente in
direzioni diverse e voi, in mezzo a tutto ciò, siete infelici e soffrite, e non
avete idea di come questa sofferenza e questo con itto siano potuti accadere.
Ero ospite nella casa di un medico famoso. Un mattino, stavamo per
uscire di casa, quando improvvisamente suo glio starnutì. Il medico
borbottò: «Questo signi ca cattiva sorte! Aspettiamo un momento, solo
qualche minuto e poi usciremo».
Commentai: «Mi sembri uno strano medico. Come minimo, un medico
dovrebbe conoscere la causa di uno starnuto, dovrebbe sapere che non c’è
alcun rapporto tra uno starnuto e la sorte. Questa è solo superstizione. Mi
sorprende che neppure un medico abbia le idee chiare in merito».
E gli dissi che, anche se mi fossi ammalato, anche se fossi stato in punto
di morte, non avrei mai voluto essere curato da lui. Secondo me, avrebbero
dovuto radiarlo dall’albo: non meritava quella laurea. Mi sorprese molto che,
a causa di una superstizione infantile, non volesse uscire, solo perché
qualcuno aveva starnutito. L’idea acquisita nell’infanzia persisteva in lui,
sebbene fosse diventato un medico e si fosse specializzato a Londra. In lui
erano presenti due pensieri contemporaneamente: quando qualcuno
starnutiva i suoi piedi si fermavano, tuttavia si rendeva subito perfettamente
conto di comportarsi in modo stupido, perché non c’era alcun rapporto tra i
due eventi. Entrambi i pensieri accadevano nella sua mente
contemporaneamente.
Migliaia di pensieri di questo tipo esistono in voi e vi tirano in direzioni
diverse nello stesso momento. Ne siete fortemente disturbati, almeno questo
è ovvio. Ecco perché l’uomo sembra essere del tutto impazzito. Come
potrebbe essere diversamente? La pazzia è una conseguenza ovvia. Per
migliaia di anni un numero in nito di pensieri contraddittori si è
accumulato nella sua mente. Migliaia di generazioni, migliaia di secoli
vivono nella stessa persona contemporaneamente. Un pensiero che risale a
cinquemila anni fa, e un pensiero ultramoderno, frutto della nostra epoca,
sono presenti simultaneamente in una persona; e tra questi due pensieri non
ci può essere alcun paragone e alcuna armonia.
Nell’uomo si sono raccolti pensieri provenienti da migliaia di direzioni
diverse. In lui dimorano le idee di migliaia di tirthankara e di digambara, di
avatara e di guru. Costoro hanno fatto tutti una sola cosa, sebbene non
fossero d’accordo su nient’altro; tutte le religioni, tutti gli insegnanti e tutti i
predicatori del mondo sono sempre stati d’accordo su una sola strategia:
insegnare alla gente a credere in tutto ciò che predicano. Ciascuno di loro
insegna: «Credi in ciò che predico!» e poi sono in disaccordo tra loro su
tutto il resto. Un hindu dice una cosa, un musulmano dice un’altra cosa, un
jaina dice una cosa diversa e un cristiano dice un’altra cosa ancora; però
sono tutti d’accordo su un unico punto: «Credi in ciò che predico!». Tutti
predicano cose contraddittorie tra loro e tutte queste cose contraddittorie si
sedimentano nell’essere umano, e ciascun predicatore chiede a gran voce
all’essere umano di credere nella sua verità. L’uomo è debole: crede a tutto
ciò che dicono tutte quelle persone. Ciascuno di loro deride le parole degli
altri, ma nessuno deride le proprie idiozie.
I cristiani affermano che Gesù è nato da una fanciulla vergine e che
chiunque non accetta questo credo andrà all’inferno. Il povero ascoltatore si
spaventa: se non accetta questo credo andrà all’inferno, quindi accetta come
vero ciò che costoro dicono. Che importanza può avere se una vergine ha
dato alla luce Gesù, oppure no? Non è il caso di nire all’inferno per un
simile motivo!
Il resto della popolazione del mondo deride questa idea cristiana. I
musulmani, i jaina, gli hindu ridono di questa stupidaggine. Come può un
bambino nascere da una fanciulla vergine? È una vera assurdità.
Ma i musulmani affermano che Maometto cavalcando la sua cavalla
arrivò in paradiso, mentre era ancora in vita. I cristiani, gli hindu e i jaina
deridono questa idea: che stupidaggine! In primo luogo, una cavalla non
può entrare in paradiso. Se fosse stato quanto meno un cavallo ci sarebbe
potuto entrare: un uomo può andare in paradiso, ma non c’è alcun
provvedimento che possa far entrare le donne, quindi una cavalla non può
entrare in paradiso. Se fosse stato un cavallo... l’idea potrebbe essere
tollerabile, potrebbe anche essere accettata.
In secondo luogo, come può qualcuno andare in paradiso mentre vive
ancora nel proprio corpo? Il corpo dev’essere lasciato qui, il corpo
appartiene alla Terra. Maometto non poteva andare in paradiso mentre era
ancora vivo. Tutti deridono questa idea: cristiani, jaina e hindu, ma i
musulmani dicono: «Credi! Se non ci credi, andrai all’inferno. Sarai costretto
a marcire all’inferno, a soffrire all’inferno. Devi accettare questo credo. Se
non l’accetti, se non sei d’accordo con le parole di Maometto, sai benissimo
che ti troverai in guai seri, perché esiste un solo Dio al mondo e Maometto è
il suo profeta».
L’uomo, di fronte alle minacce, accetta che ciò che gli dicono sia vero. I
jaina deridono i cristiani e i musulmani, eppure a loro volta affermano che
Mahavira fu concepito nel ventre di una donna brahmana; ma come può un
tirthankara jaina nascere in una famiglia brahmana? La casta vera e la più
alta è la casta kshatriya – la casta dei guerrieri – perciò i tirthankara sono
sempre nati da famiglie kshatriya: non possono nascere in famiglie
brahmane. I brahmani sono mendicanti: come può un tirthankara nascere in
una famiglia simile? Perciò essi sostengono che Mahavira fu concepito nel
ventre di una donna brahmana, ma quando gli dei si accorsero che sarebbe
stato un grave errore, tolsero il feto dal ventre della donna brahmana e lo
sistemarono nel ventre di una donna kshatriya e, nel contempo, tolsero il
feto femminile, che si trovava nel ventre della donna kshatriya e lo
sistemarono nel ventre della donna brahmana.
In tutto il mondo la gente ride di fronte a queste cose: sono veramente
ridicole! Innanzitutto, che cos’hanno a che fare gli dei con lo scambio di feti
tra due donne? Com’è possibile? Tutto il mondo ride, ma i jaina vanno in
collera. Dicono: «Potete anche ridere, ma non sapete che cos’hanno detto i
nostri tirthankara e tutto ciò che hanno detto i nostri tirthankara è
assolutamente vero. Tutti coloro che non credono, soffriranno all’inferno. Se
non ci credete, a noi non importa: potete scegliere di soffrire!».
L’uomo è sollecitato da molte persone a credere in molte cose. In passato,
non eravamo a conoscenza di tutte le varie credenze; l’umanità viveva in
gruppi chiusi, quindi non c’era tanta confusione. Ora il mondo è diventato
piccolo e tutti conoscono le credenze di tutti, perciò nell’uomo la confusione
ha raggiunto un punto di assoluta follia! Ora tutto questo caos supera la sua
capacità di comprendere, e l’uomo si chiede che cosa sia in realtà ciò che i
predicatori cercano di fargli credere.
Ma anche in passato la situazione non era migliore. Il fatto che un hindu
non conoscesse le credenze dei musulmani o che un jaina non conoscesse le
credenze dei cristiani non rendeva più chiara la situazione. Gli stessi jaina
non credono tutti nelle stesse cose: i digambara affermano una cosa e gli
svetambara qualcos’altro. Vi sorprenderà conoscere i motivi del loro
disaccordo. È stupefacente che la gente possa avere opinioni tanto diverse su
cose simili. Mallinath era uno dei trentaquattro tirthankara: i digambara
affermano che era un uomo e gli svetambara che era una donna. I digambara
affermano che si chiamava Mallinath e gli svetambara che si chiamava
Mallibai, ed entrambe le fazioni dicono: «Se non ci credi, andrai
all’inferno!». I digambara affermano che una donna non avrebbe mai potuto
essere un tirthankara – il fatto in sé è falso – perciò doveva essere un uomo.
Era Mallinath e non Mallibai. Essere in con itto sul fatto che una persona
fosse un uomo oppure una donna è davvero troppo! Ma l’uomo, di fronte
alla minaccia che se non crede andrà all’inferno e soffrirà, pensa sia meglio
credere.
In tutto il mondo, gli insegnamenti di coloro che vi sollecitano a credere
in ciò che affermano hanno generato solo confusione e caos nella vostra
mente: ascoltate chiunque e in voi rimane il ricordo dei loro insegnamenti e
il vostro essere è tirato in mille direzioni diverse.
Poi, dopo tutte queste religioni, è arrivato anche il comunismo. Il
comunismo afferma che la religione è come l’oppio: non contiene alcun
signi cato, l’idea di Dio è assolutamente falsa, sono tutte cose insigni canti.
Marx afferma che il comunismo è la vera religione: devi credere solo a
questo. La Bibbia, la Gita e il Corano sono tutti falsi, Il capitale è l’unica
sacra scrittura e tu dovresti credere solo in questa. Così ha avuto inizio un
nuovo credo...
Poi, dopo il comunismo, è arrivata la scienza. Anche la scienza sostiene
che tutte queste cose sono prive di valore. Tutto ciò che le sacre scritture
dicono è falso, solo ciò che dice la scienza è vero. Ma per no mentre uno
scienziato è in vita, un altro ha un’idea diversa e proclama che la propria
idea è giusta e l’altra è sbagliata. E subito arriva un terzo scienziato che
afferma che la propria idea è giusta e le altre due sono sbagliate. Ed è
possibile che un quarto scienziato...
Questi assertori della verità hanno creato un groviglio nei pensieri e nella
psiche dell’uomo; pensieri tanto diversi tra loro che tirano l’uomo in tutte le
direzioni. Per creare questo groviglio sono state utilizzate la paura e la
manipolazione; sono stati usati questi metodi astuti e sottili per imporre
all’uomo un pacchetto di credenze: se credi andrai in paradiso, se non credi
nirai all’inferno.
Quei capi religiosi hanno usato gli stessi metodi utilizzati oggi dalla
pubblicità, ma la pubblicità non è altrettanto impudente o coraggiosa. I
pubblicitari della saponetta Lux comunicano che una certa reginetta di
bellezza ha dichiarato: «Sono diventata bella perché ho usato la saponetta
Lux», quindi colei che la usa diventerà bella e chi non la usa no.
Ovviamente, se hai paura di diventare brutta, vai subito a comperare la
saponetta Lux. Come se non ci fossero state donne belle; come se Cleopatra,
Mumtaj e Noorjehan non fossero belle, perché non c’era ancora la saponetta
Lux! Ma i pubblicitari non sono poi molto coraggiosi... forse in futuro
oseranno dire: «Un certo tirthankara, un certo profeta, un certo maestro
afferma che chi non usa la saponetta Lux andrà all’inferno, non potrà andare
in paradiso. Solo coloro che usano la saponetta Lux andranno in paradiso».
La gente potrebbe essere minacciata in questo modo: «Solo fumando i
sigari Avana andrai in paradiso, perciò se li fumi – e se convinci gli altri a
fumarli – fai una buona azione. E chiunque non fumi sigari Avana andrà
all’inferno. E chi fuma i bidi indiani soffrirà per l’eternità all’inferno. Chi non
crede a tutto ciò, dovrà affrontarne le conseguenze: chi ci crede ne godrà i
bene ci, chi non ci crede verrà punito!».
I moderni pubblicitari non sono ancora diventati impudenti come i
vecchi. I vecchi pubblicitari minacciavano l’uomo dicendogli cose
assolutamente false, e l’uomo ha continuato ad ascoltarle e ad accettarle
senza porre domande. Di fatto, ogni falsa verità, se ripetuta un’in nità di
volte per migliaia di anni, comincia a sembrare vera. Se qualcuno continua a
ripetere la cosa più falsa – continua a ripeterla con insistenza – piano piano,
cominci a pensare che forse potrebbe anche essere vera: in caso contrario,
come potrebbe essere stata ripetuta continuamente e per tanto tempo?
Se cambi un credo per un altro, nella tua vita non ci sarà alcuna
differenza. Per il tuo essere il problema rimarrà inalterato, non ci sarà alcuna
differenza. Per il tuo essere il problema non ha niente a che fare con il fatto
che tu sia un hindu, un maomettano, un jaina o un cristiano, un comunista
o un fascista: il problema è che sei un credente e nché lo sarai, rimarrai in
schiavitù, ti metti in una prigione con le tue mani, e ti leghi in un modo o
nell’altro, in un luogo o in un altro.
Una persona imprigionata, una mente imprigionata, come può liberarsi
dai suoi pensieri? Come puoi liberarti dai pensieri che stai sostenendo con
tutto il tuo essere e nei quali credi? Come puoi esserne libero? È molto
difficile. Potrai liberartene solo dopo averli privati delle fondamenta.
Una credenza è la prima pietra che regge tutto il cumulo dei pensieri.
L’uomo ha imparato a pensare basandosi su una credenza; inoltre, quando i
pensieri avvincono strettamente la sua mente, diventa preda di questa paura:
«Se li abbandonassi, che cosa mi accadrebbe?». Perciò dichiara che potrà
abbandonare i suoi pensieri attuali solo se gliene verranno dati altri migliori
cui aggrapparsi, ma l’idea di abbandonare il concetto stesso di aggrapparsi a
qualcosa non s ora neppure la sua mente.
La libertà, la libertà dalla tua mente, non potrà accadere attraverso il
cambiamento delle tue credenze, ma solo tramite la liberazione dalle
credenze stesse.
Amici carissimi,
la mente è il centro del pensiero, il cuore è il centro dei sentimenti e
l’ombelico è il centro dell’energia vitale. Nella mente accadono il pensiero e
la contemplazione: ieri abbiamo parlato di questo centro. I sentimenti, le
esperienze emotive – come l’amore, l’odio e la collera – accadono nel cuore.
L’energia vitale scaturisce dall’ombelico.
Il primo giorno vi ho detto che la mente è molto tesa e deve essere
rilassata. Pensando, produci una forte tensione e molto stress: la mente vive
oppressa da questo stress. Le corde della vina del pensiero sono talmente
tese da non lasciar uire la musica della vita; al contrario, si spezzano e
l’uomo ne è disturbato, al punto da impazzire. Affinché quella musica
scaturisca, è assolutamente necessario rilassare le corde della vina del
pensiero, in modo che possano essere in sintonia.
Nel cuore, la situazione è esattamente l’opposto. Le corde del cuore sono
molto allentate: per poter creare musica hanno bisogno di essere più tese, in
modo che possano entrare in sintonia. Nelle corde del pensiero la tensione
deve essere ridotta, viceversa le corde allentate del cuore devono diventare
più tese.
Quando sia le corde del pensiero sia quelle dei sentimenti entrano in
sintonia, quando sono equilibrate, dalla vina della vita può scaturire una
musica, grazie alla quale è possibile compiere il viaggio verso l’ombelico.
Ieri abbiamo parlato di come potete rendere silenziosi i pensieri, questa
mattina parleremo di come potete rendere più tese le corde dei sentimenti,
del cuore. Ma prima che possiate comprendere questo, dovete capire che il
genere umano è vissuto per secoli sotto una maledizione: tutte le qualità del
cuore sono sempre state condannate. L’uomo ha sempre considerato tutte le
qualità del cuore come una maledizione, mai come una benedizione. Questa
ignoranza, questo errore hanno prodotto nell’uomo danni incalcolabili.
Avete condannato la collera, avete condannato l’orgoglio, l’odio e ogni
bramosia, avete condannato ogni cosa. E l’avete fatto senza comprendere che
tutte queste qualità sono solo modi cazioni delle stesse qualità che elogiate.
Avete elogiato la compassione e condannato la collera, senza comprendere
che la compassione è la trasformazione dell’energia della collera stessa. Avete
condannato l’odio ed elogiato l’amore, senza comprendere che l’energia che
appare sotto forma di odio può essere trasformata e riapparire sotto forma
di amore. L’energia che si nasconde dietro entrambi è sempre la stessa. Avete
condannato l’orgoglio ed elogiato l’umiltà, senza comprendere che l’energia
che appare sotto forma di orgoglio può diventare umiltà. Tra questi due
sentimenti non esiste alcun con itto di base: sono due aspetti della
medesima energia.
Se le corde della vina sono troppo allentate o troppo tese, e un musicista
le s ora, il suono che ne sgorga non è armonioso, ma disturba l’udito e
spaventa la mente. Se per protestare contro questi suoni cacofonici qualcuno
va in collera e spezza le corde della vina e poi getta via anche lo strumento,
può farlo ma non deve dimenticare che potrebbe invece accordarlo e trarne
suoni armoniosi. I suoni cacofonici non sono imputabili alla vina: l’errore sta
nel non averla accordata; se fosse stata accordata, le stesse corde che
producono suoni cacofonici avrebbero potuto creare una musica che
sarebbe stata un balsamo per l’anima.
Le note armoniose e le note cacofoniche sgorgano dalle stesse corde,
sebbene appaiano assolutamente contraddittorie e il loro effetto sia opposto.
Le note armoniose vi elevano in uno stato di beatitudine e quelle
cacofoniche vi sprofondano in uno stato di infelicità, ma le corde e lo
strumento sono sempre gli stessi.
La collera sorge nel cuore dell’uomo se il suo cuore non è equilibrato. Se
lo stesso cuore trova equilibrio, l’energia che era apparsa come collera si
trasforma in compassione. La compassione è la trasformazione della collera.
Se un bambino nascesse senza la collera, certamente nella sua vita non
apparirebbe mai la compassione. Se nel cuore di un bambino non ci fosse
alcuna possibilità di odio, non ci sarebbe neppure una possibilità d’amore.
Ma no a questo momento voi avete vissuto nell’illusione che questi
sentimenti siano in contrasto e contraddittori tra loro e che, se distruggete
l’uno, l’altro avrà il sopravvento. È assolutamente sbagliato. Non può esserci
insegnamento più pericoloso di questo, non ha un fondamento psicologico e
manca del tutto di intelligenza. La compassione non sgorga dalla distruzione
della collera: la puoi raggiungere trasformando la tua collera. La
compassione non è frutto della distruzione della collera: è la collera stessa
che è entrata in sintonia ed è diventata armonia.
Perciò, se combatti la tua collera e tenti di distruggerla è come se tu
tentassi di distruggere lo strumento musicale. Distruggendolo, rendi debole
e fragile il tuo sviluppo; non riuscirai a sviluppare in te alcuna qualità del
cuore. È come se tu per far sbocciare i ori accumulassi intorno alla tua casa
un fertilizzante che diffonde sporcizia e cattivo odore dovunque. Invece della
fragranza dei ori, sentirai il fetore del fertilizzante e la tua vita diventerà
insopportabile.
I ori sbocciano certamente grazie al fertilizzante, ma non devi limitarti
ad accumularlo intorno alla casa. Per prima cosa il fertilizzante deve
sottostare a un cambiamento. Deve raggiungere le piante attraverso le radici
e nalmente un giorno il suo fetore si trasformerà nel fragrante profumo dei
ori. Se ti limiti ad accumulare il fertilizzante intorno alla tua casa,
impazzisci per il fetore; e tuttavia, se lo gettassi via, i tuoi ori non avrebbero
vitalità e appassirebbero. La trasformazione del fertilizzante può trasformare
il fetore in un profumo fragrante.
Questa chimica, questa alchimia si chiama yoga, religiosità. La religione è
l’arte di trasformare in un valore reale qualcosa che nella vita è
insigni cante.
Ma ciò che voi fate in nome della religione è un suicidio: non state affatto
trasformando la vostra consapevolezza. Vivete basandovi su un malinteso di
fondo, l’ombra di una profonda maledizione aleggia su di voi. I vostri cuori
non si sono sviluppati, perché avete condannato le qualità basilari del cuore;
ed è bene che lo comprendiate più a fondo.
Se una persona cresce nel modo giusto, nella sua vita la collera ha una
parte importante. Infatti la collera ha un colore proprio; se viene rimossa, il
dipinto della vita dell’uomo risulta in certo qual modo incompleto, manca di
una tonalità. Ma voi cominciate a insegnare al bambino, n dalla sua più
tenera infanzia, a reprimere certe qualità e il risultato di questa repressione è
che il bambino comincerà, a poco a poco, a reprimere tutto ciò che voi
giudicate cattivo: lo reprimerà dentro di sé. E un cuore represso si
indebolisce, perché le sue corde non sono più accordate a dovere. Questa
repressione accade nella mente del bambino, perché la vostra educazione si
limita alla mente, non va mai più in profondità.
Quando dici al bambino che la collera è una cosa cattiva, questo
insegnamento non raggiunge il suo cuore. Il cuore non ha orecchie per udire
e neppure parole per formulare pensieri. Questo insegnamento raggiunge
solo la mente e la mente non può cambiare il cuore. Ebbene, ora sorge un
problema: il centro della mente pensa che la collera sia una cosa sbagliata,
ma non lo è per il centro del cuore che non è connesso con la mente. Perciò,
ogni giorno tu vai in collera e ogni giorno ti penti e decidi di non esserne
più preda; ma il mattino seguente ti svegli, e di nuovo vai in collera. Sei
meravigliato, perché hai deciso così tante volte di non essere più preda della
collera, e invece ti accade continuamente.
Tu non sai che il centro che sente la collera è diverso dal centro della
mente. Il centro che decide: «Non voglio più essere preda della collera» è del
tutto diverso dal centro che la sente. Sono due centri assolutamente diversi.
Perciò la decisione e il pentimento non producono alcun effetto sulla tua
collera: tu continui a esplodere, e continui a pentirti e a sentirti a disagio per
questo. Non capisci che questi due centri sono così separati tra loro, che la
decisione presa da uno non raggiunge affatto l’altro... perciò l’uomo si
disintegra interiormente.
Il centro del cuore opera in un certo modo e ha bisogno di certe cose per
svilupparsi. Se la mente interferisce, questo centro diventa del tutto caotico,
del tutto stravolto; ed è caotico e disturbato in tutti voi. Di certo, la prima
cosa da fare è trasformare la collera, ma non distruggerla.
Quindi, la chiave primaria per tendere le corde del cuore consiste nello
sviluppare tutte le qualità del cuore, nessuna deve essere distrutta. Forse
sarete un po’ perplessi: allora bisogna sviluppare la collera? Io dico che
dovete sicuramente svilupparla, affinché un giorno possa trasformarsi e
diventare compassione; altrimenti in voi non sorgerà mai alcuna
compassione. Se leggeste le biogra e dei personaggi più compassionevoli del
mondo, scoprireste che agli inizi della loro vita erano persone molto
colleriche. La collera ha una propria dignità e un proprio orgoglio; se
leggeste le biogra e degli uomini illustri, che si sono votati al celibato,
scoprireste che agli inizi della loro vita erano persone con una sessualità
prepotente.
Gandhi si votò al celibato solo perché da giovane aveva vissuto una
sessualità prepotente. Il padre di Gandhi era in punto di morte e i medici gli
dissero che non avrebbe superato la notte, tuttavia anche quella notte
Gandhi non riuscì a stare lontano da sua moglie. Era l’ultima notte di vita
per suo padre, sarebbe stato naturale che Gandhi la trascorresse al suo
capezzale. Sarebbe stato il suo congedo da lui, non l’avrebbe rivisto mai più
in vita, ma nel cuore della notte andò da sua moglie. Suo padre morì mentre
era a letto con la moglie. Questo fatto creò un forte shock nella mente di
Gandhi, di conseguenza si votò al celibato. Questo shock trasformò in un
desiderio di celibato tutte le energie altamente sessuali della sua mente.
Come poté accadere? Accadde perché l’energia è sempre neutrale: si ha
solo un cambiamento di direzione. L’energia che uiva nella sessualità
cominciò a uire nella direzione opposta.
Se un’enorme quantità di energia è già presente, può uire in qualsiasi
altra direzione; ma se l’energia non c’è, non può uire da nessuna parte. Che
cosa potrebbe uire?
Tutte le energie dovrebbero svilupparsi correttamente. Le idee degli
insegnamenti morali hanno trasformato l’uomo in un essere molto infelice e
impotente. In passato gli uomini sperimentavano la vita in modo più
profondo di quanto si faccia ora.
Due giovani di Rajput si recarono alla corte del re Akbar. Erano fratelli.
Dissero al re: «Stiamo cercando lavoro».
Akbar chiese: «Che cosa sapete fare?».
Risposero: «Non sappiamo fare niente, ma siamo uomini impavidi.
Potresti avere bisogno di noi».
Akbar domandò: «Avete un documento che certi chi il vostro coraggio?
Che prova potete darmi?».
Entrambi i fratelli, sorridendo, dissero: «Può forse esserci un certi cato
per il coraggio? Noi siamo impavidi».
Akbar di rimando: «Non potete ottenere un lavoro senza un certi cato».
Di nuovo i fratelli risero. Estrassero le spade e, nello spazio di un
secondo, avevano affondato le spade l’uno nel torace dell’altro. Akbar rimase
impressionato. Entrambi i giovani giacevano per terra, il sangue scorreva a
otti, ma essi erano sorridenti! Gli dissero: «Akbar, non sai che può esserci
un solo certi cato per il coraggio: la morte. Non può esserci altro certi cato
all’infuori di questo». E morirono entrambi. Gli occhi di Akbar si
riempirono di lacrime. Non avrebbe mai immaginato che potesse accadere
una cosa simile! Chiamò uno dei comandanti del suo esercito di stanza a
Rajput e gli disse: «È accaduto un incidente gravissimo: due giovani di
Rajput si sono uccisi a vicenda. Io avevo chiesto loro solo un certi cato!».
Il comandante gli rispose: «Hai posto la domanda sbagliata: avrebbe fatto
montare il sangue alla testa a qualsiasi abitante di Rajput. Che “certi cato di
uomo coraggioso” potrebbe esserci, all’infuori della morte? Solo un codardo
e un debole potrebbe presentare un certi cato del proprio coraggio:
qualcuno che lo attesti. Come potrebbe farlo un uomo coraggioso? Hai
posto una domanda sbagliata; non sai parlare a un uomo di Rajput. Ciò che
hanno fatto è giusto, non avevano altra possibilità. È stata una scelta
lampante».
Amici carissimi,
questo è l’ultimo incontro del nostro Campo di Meditazione e questa sera
voglio parlarvi di alcune ultime chiavi.
Nella mente dell’uomo esiste una forte tensione che ha in pratica
raggiunto il livello della follia. È necessario rilassare questa tensione. Nel
contempo, nel cuore dell’uomo esiste molta lassezza; le corde della vina del
cuore sono allentate: dovete renderle più tese. Questa mattina vi ho spiegato
alcune chiavi per tendere le corde del cuore. Ora vi parlerò dell’ultima.
Dalla vina della vita, quando le sue corde sono accordate, sgorga la
musica più eccelsa che possa echeggiare nel cuore dell’uomo. Una società
che ha perso il proprio cuore, un’epoca o una tradizione in cui si siano
indeboliti tutti i valori del cuore ha perso tutto ciò che è buono, vero e bello.
Se vogliamo che la bontà, la verità e la bellezza entrino nella nostra vita, non
c’è un altro modo: dobbiamo accordare le corde del nostro cuore.
L’amore è il modo per accordare queste corde, per riportarle alla giusta
tensione affinché la musica possa nascere. Ecco perché io chiamo l’amore
“preghiera”, perché lo de nisco la Via che conduce al divino e chiamo
l’amore “il divino”. La preghiera senza amore è falsa, vuota e insigni cante.
Senza amore le parole della preghiera non hanno alcun valore. Senza amore,
nessuna persona interessata a intraprendere il viaggio verso il divino riuscirà
mai a raggiungere la realizzazione suprema. L’amore è il modo per far
cantare la vina del cuore. Dovete comprendere alcune cose sull’amore in
quanto tale.
La vostra illusione primaria è credere di sapere che cosa sia l’amore.
Questa illusione è fortemente dannosa, infatti non farete mai alcuno sforzo
per raggiungere o risvegliare qualcosa che pensate già di conoscere.
Ma voi non siete affatto consapevoli che, se qualcuno conosce l’amore,
acquisisce simultaneamente la capacità di conoscere il divino. Se conoscete
l’amore, non vi rimane altro da conoscere nella vita; ma così come siete, voi
non conoscete niente: dovete ancora conoscere tutto.
Quindi, ciò che pensate sia amore, probabilmente non lo è. Avete
chiamato “amore” qualcos’altro e no a quando avrete questa illusione,
nché avrete l’idea di conoscere tutto sull’amore, come potrete ricercare e
investigare per trovarlo? La prima cosa che dovete comprendere è che non
conoscete affatto l’amore.
Nessuno di voi può amare, perché in voi non c’è alcun usso d’amore.
Quando dite a qualcuno: «Ti amo», di fatto non date amore, lo chiedete.
Ciascuno di voi chiede amore; ma se lo stai chiedendo, come puoi darlo? Un
mendicante come può essere un imperatore? Colui che sta chiedendo amore
come può donarlo?
Tutti vi chiedete amore a vicenda. Il vostro essere è un mendicante che
chiede a qualcun altro di amarlo. La moglie chiede al marito di amarla e il
marito lo chiede alla moglie, la madre chiede al glio di amarla e il glio lo
chiede alla madre, gli amici chiedono agli amici di amarli. Tutti vi chiedete
vicendevolmente amore, senza comprendere che proprio l’amico, cui lo
chiedete, vi sta chiedendo amore. Siete come due mendicanti che, in piedi
uno di fronte all’altro, si tendono la ciotola dell’elemosina a vicenda.
Fino a quando chiederai amore, non sarai in grado di darlo: proprio la
tua richiesta dimostra che in te non c’è alcuna sorgente d’amore. Altrimenti,
che bisogno avresti di chiederlo all’esterno? Può dare amore solo colui che si
è elevato al di sopra del bisogno di essere amato. L’amore è una condivisione,
non un mendicare. L’amore è un imperatore, non è un mendicante. L’amore
conosce solo il verbo dare, non conosce affatto il verbo chiedere.
Conosci l’amore? L’amore che viene chiesto non può essere amore. E
ricorda: colui che chiede amore non l’otterrà mai in questo mondo. Questa è
una delle leggi essenziali ed eterne della vita: colui che chiede amore non
l’otterrà mai e poi mai.
L’amore si presenta solo alla soglia di una casa da cui sia scomparso il
desiderio di essere amato. L’amore comincia a inondare la casa di chi ha
smesso di chiedere amore.
Ma nessuna pioggia cade sulla casa di colui che sta anelando a ricevere
amore, l’amore non uisce verso un cuore che spasima per ricevere amore.
Un cuore simile non ha il tipo di ricettività che permette all’amore di
entrare. Solo un cuore pronto a condividere, a dare, ha la ricettività che
permette all’amore di presentarsi alla sua porta dicendo: «Apri, sono
arrivato!».
L’amore ha bussato qualche volta alla vostra porta? No, perché nora non
siete mai stati in grado di dare amore. Ricordate anche questo: qualsiasi cosa
date agli altri la riceverete di rimando. È una delle leggi eterne della vita:
qualsiasi cosa noi diamo agli altri la riceveremo di rimando.
Il mondo intero non è altro che un’eco: tu dai odio e riceverai odio di
rimando, dai collera e riceverai collera, insulti e riceverai insulti, semini
spine e riceverai spine. Qualsiasi cosa avrai dato agli altri la riceverai di
rimando, ritornerà a te in mille e un modo. Se condividi l’amore, l’amore
ritornerà a te in mille modi. Se non ti è ritornato in mille e un modo, sappi
che il motivo è questo: non hai mai dato amore.
Ma come potresti? Tu non hai amore da dare. Se avessi in te l’amore,
perché mai andresti di porta in porta a chiederlo? Perché mai diventeresti
un mendicante che gira di luogo in luogo? Perché mai elemosineresti
l’amore?
Un tempo viveva un mistico di nome Farid. Gli abitanti della sua città gli
chiesero: «Farid, l’imperatore Akbar ha per te un grande rispetto, chiedigli di
aprire una scuola in questa città».
Farid rispose: «Non ho mai chiesto niente a nessuno. Sono un mistico:
conosco solo il verbo dare».
Gli abitanti della sua città rimasero perplessi: «Pensavamo che un mistico
chiedesse sempre, mentre tu dici che un mistico conosce solo il verbo dare.
Non comprendiamo queste sottigliezze. Per favore, sii cortese, chiedi
all’imperatore di aprire una scuola nella nostra città».
E insistettero al punto che, il giorno dopo all’alba, Farid si recò da Akbar.
Akbar era in preghiera nella moschea e Farid si fermò in piedi, dietro di lui.
Akbar, alla ne delle sue preghiere, levò le braccia al cielo gridando: «Oh
Dio! Aumenta la mia ricchezza, aumenta il mio tesoro, espandi il mio
regno!».
Sentendo queste parole, Farid si girò per andare via. Quando si voltò,
Akbar vide Farid che si stava allontanando. Lo rincorse, lo fermò e gli
chiese: «Perché sei venuto e perché ora te ne stai andando?».
Farid gli rispose: «Pensavo che tu fossi un imperatore, invece ho scoperto
che anche tu sei un mendicante. Pensavo di chiederti una scuola per la
nostra città, non sapevo che anche tu chiedi a Dio più ricchezze. Non mi
sembra giusto chiedere qualcosa a un mendicante. Pensavo che tu fossi un
imperatore e invece constato che anche tu sei un mendicante, dunque me ne
vado».
Il direttore aveva detto: «Io sono colui che lo ha reso famoso, Io sono
colui che ha pubblicato il suo libro, Io sono colui che gli ha dato la sua prima
parte in un lm... Sono stato Io».
Per no un cadavere non ha potuto sopportare il frastuono di questo io. Si
alzò e disse: «Perdonatemi, ma per favore ditemi: chi sta per essere cremato,
voi o io? Di chi state parlando?». Per no un cadavere non ha potuto
sopportare il frastuono dell’io; e ogni uomo continua a generarlo: come
possono sopportarlo persone viventi?
In te, solo due voci sono possibili, ma non può esistere alcuna voce
d’amore in colui che è colmo della voce dell’io; così come non può esserci
posto per la voce dell’io, in colui che sia colmato dalla voce dell’amore.
Entrambe queste voci non possono coesistere nella stessa persona: è
impossibile; così come le tenebre e la luce non possono coesistere.
Gialal al-Din Rumi era solito cantare un inno bellissimo, girando da una
città all’altra. Quando la gente gli chiedeva di dire qualcosa su Dio, cantava
quell’inno. Era un canto davvero meraviglioso.
Narrava di un innamorato che si recava a casa dell’amata e bussava alla
sua porta; l’amata chiedeva: «Chi sei?».
L’innamorato rispondeva, come tutti gli amanti: «Io sono il tuo
innamorato». Nella casa scendeva il silenzio. Non arrivava alcuna risposta e
dall’interno non giungeva alcuna voce.
L’innamorato riprendeva a bussare alla porta con forza, ma sembrava che
all’interno della casa non ci fosse nessuno. Allora cominciava a gridare:
«Perché questo silenzio? Rispondimi! Io sono il tuo innamorato. Io sono
arrivato». Ma più alzava la voce dicendo: «Io sono il tuo innamorato. Io sono
arrivato», più la casa diventava silenziosa, sembrava una tomba. Dall’interno
non arrivava alcuna risposta.
Allora l’innamorato cominciava a battere la testa contro la porta,
implorando: «Rispondimi almeno una volta!».
E dall’interno arrivava nalmente una risposta: «In questa casa non c’è
spazio per due. Tu dici: “Io sono il tuo innamorato, io sono arrivato”, ma io
sono già presente in questa casa e qui non c’è spazio per due. La porta
dell’amore può aprirsi solo per coloro che hanno abbandonato l’io. Ora
vattene! Ritorna un’altra volta».
L’innamorato se ne andava. Pregava e meditava per anni. Passavano molte
Lune, molte albe e molti tramonti; trascorsero decenni, e alla ne
l’innamorato tornava davanti a quella porta. Dopo aver bussato, di nuovo
udiva la stessa domanda: «Chi sei?». Questa volta la risposta era: «Non c’è
alcun io. Ci sei soltanto tu».
Gialal al-Din Rumi raccontava che, in quel momento, la porta si apriva.
Io non l’avrei aperta! Gialal al-Din Rumi morì molti anni fa, perciò non
ho modo di dirgli che quello non era il momento giusto per aprire quella
porta. Egli le permise di aprirsi troppo presto; infatti chi dice: «Ci sei
soltanto tu» sperimenta se stesso ancora come un io. Solo chi non vive
l’esperienza del “tu” non vive più l’esperienza di sé in quanto “io”.
Pertanto, sebbene sia sbagliato affermare che l’amore possa contenere la
dualità, è altrettanto sbagliato affermare che l’amore possa contenere solo
l’uno. In amore, non esistono né la dualità né l’uno. Se rimane la sensazione
dell’uno, sappi che anche l’altro è presente, poiché solo l’altro può essere
consapevole dell’uno. Quando è presente il “tu”, anche l’io è presente.
Quindi, io avrei respinto ancora l’innamorato. Disse: «Non c’è alcun io. Ci
sei soltanto tu», ma chi parla così è presente, è totalmente presente. Aveva
solo imparato un trucco. La prima volta aveva risposto: «Sono io» e la porta
era rimasta chiusa; dopo anni di contemplazione, aveva deciso di dire: «Non
c’è alcun io. Ci sei soltanto tu». Ma chi dava questa risposta? Perché parlava
così? Chi conosce il “tu” conosce anche l’io.
Ricorda: il “tu” è l’ombra dell’io. Se in qualcuno è scomparso l’io non
rimane neppure il “tu”.
Perciò io avrei respinto quell’innamorato perché, la prima volta l’amata
aveva risposto: «In questa casa non c’è spazio per due». L’uomo non aveva
capito e in seguito si era messo a dire: «Dove sono questi due? Adesso non
c’è alcun io. Ci sei soltanto tu».
Ma l’amata avrebbe dovuto dirgli ancora una volta di andarsene, perché
aveva solo imparato un trucco: vedeva ancora due persone. L’amata avrebbe
dovuto dirgli che, se non c’erano più due persone, egli non avrebbe neppure
tentato di farsi aprire la porta; infatti, chi le stava chiedendo di aprirla?
Secondo lui, chi avrebbe dovuto aprirla? In una casa che comunque contiene
la dualità, non può esistere l’amore.
La mia versione è questa: l’innamorato se ne andò. Passarono gli anni, ma
egli non ritornò. Non fece mai più ritorno. E a quel punto, l’amata andò a
cercarlo.
Dunque, io affermo che il giorno in cui sparirà l’ombra del vostro io, non
rimarrà né l’io, né il tu, e da quel giorno non dovrete più andare in cerca del
divino: il divino verrà a cercarvi.
Nessun uomo può andare in cerca del divino, perché non ha la capacità
di compiere una simile ricerca. Ma, se sei pronto a scomparire, se sei pronto
a essere un nessuno, se sei pronto a diventare un vuoto, allora il divino ti
troverà certamente. Solo il divino può cercare l’uomo, l’uomo non può
andare in cerca del divino perché anche in questa ricerca sarebbe presente il
suo ego: «Io vado alla ricerca del divino, io devo raggiungerlo. Io ho
conquistato la ricchezza, io ho raggiunto una posizione in parlamento, io ho
acquistato una casa sontuosa... adesso non mi rimane che l’ultima meta: io
voglio raggiungere anche il divino. Come potrei trascurare il prestigio che
deriva dalla realizzazione del divino? Quella sarà la mia vittoria nale. Devo
ottenerla! Io devo raggiungere anche il divino». Questo è un proclama, una
pretesa e una ricerca frutto dell’ego.
Perciò non è religiosa la persona che si mette alla ricerca del divino; lo è
chi si mette alla ricerca del suo io; e più prosegue nella ricerca, più scopre
che il suo io è assente. Il giorno in cui non rimarrà più nulla, quel giorno si
aprirà in lui la porta che gli nascondeva l’amore.
Quindi, l’ultima cosa da ricordare è: cerca te stesso e non andare in cerca
del divino.
Voi non sapete nulla di nulla sull’essere supremo. Non andate in cerca del
divino, perché non avete neppure la più pallida idea di che cosa sia. Come
fareste a cercare qualcosa di cui non avete neppure la più pallida idea? Dove
cerchereste qualcuno di cui non avete alcun indirizzo? Dove cerchereste
qualcuno di cui non avete alcuna informazione? Dove cerchereste qualcuno
che non ha un principio, né una ne e che non sapete neppure vagamente
dove si trova? Impazzireste! Non sapreste neppure dove guardare!
Ma una cosa la conoscete: conoscete questo vostro io. Perciò, come prima
cosa, dovete ricercare questo io: scoprire che cos’è, dove sta e chi è. E, nel
corso della ricerca, scoprirete che questo io non esiste: era un vostro
concetto, assolutamente falso. L’esistenza di un io era frutto della vostra
immaginazione, era un’illusione che voi nutrivate.
Quando nasce un bambino, gli date un nome per comodità. Chiamate
qualcuno Rama, qualcuno Krishna e qualcuno con qualche altro nome.
Nessuno ha un nome, tutti i nomi sono dati per comodità. Tuttavia, man
mano che gli anni passano, udendo ripetere il tuo nome continuamente, ti
fai l’illusione che questo nome sia tuo e pensi: “Io sono Rama, io sono
Krishna”. E se qualcuno ti dice qualcosa di brutto su Rama, sei pronto a
lottare con lui: ti ha offeso! Ma da dove proviene quel nome?
Nessuno nasce con un nome, tutti nascono senza nome. Ma il nome è
un’utilità sociale: senza, le cose si complicherebbero molto. Quel nome serve
agli altri per identi carti: è un’utilità sociale. D’altra parte, se parlassi di te
stesso utilizzando quel nome, impersonalmente, di nuovo creeresti
confusione: parli di te o di qualcun altro? Quindi, per evitare qualsiasi
confusione, usi l’“io”, quando ti riferisci a te, e il “tu” parlando di qualcun
altro. Entrambi sono pronomi immaginari, ma sono utili socialmente;
eppure voi tutti costruite la vostra vita intorno a questi due pronomi,
malgrado siano solo due parole vuote. Non nascondono alcuna verità,
alcuna sostanza: sono solo due etichette.
Quando muore qualcuno, gli altri ridono di lui, dicendo che era un
ingenuo e che nella sua vita non è riuscito a realizzare nulla. E non sanno
che altra gente sta aspettando che ciascuno di loro muoia, per poter ridere di
lui, dicendo che era un ingenuo e che nella sua vita non è riuscito a
realizzare niente.
I vivi deridono i morti; ma se qualcuno riuscisse a ridere di se stesso,
mentre è ancora vivo, la sua vita si trasformerebbe. Diventerebbe una
persona diversa. Se, in questi tre giorni, durante questo Campo di
Meditazione, vi siete ricordati di ridere di voi stessi, i vostri problemi sono
niti. Se riuscite a ricordarvi di scavare un po’ della terra che sta sotto al
luogo in cui state, i vostri problemi sono niti. In questo caso, tutto ciò che
ho detto darà i suoi frutti in voi.
In ne, prego soltanto che non moriate mendicanti, ma come imperatori.
Io prego affinché non diate ai vostri vicini l’opportunità di ridere di voi. In
questi tre giorni avete ascoltato i miei discorsi in assoluto silenzio e con
profondo amore: ve ne sono grato e mi inchino al divino che è presente in
ciascuno di voi. Vi prego di accogliere i miei saluti.
Ora ci metteremo seduti per la meditazione serale. Ciascuno di voi
prenda un po’ di spazio, in modo da potersi sdraiare. Questa è l’ultima
meditazione, perciò fatene il miglior uso possibile. Ciascuno di voi deve
lasciare una certa distanza tra sé e gli altri.
Non parlate. Nessuno deve parlare. Coloro che stanno seduti troppo
vicini devono allontanarsi. Nessuno deve toccare qualcun altro: alzatevi e
andate dove c’è spazio. Non parlate, perché ciò che stiamo facendo non ha
niente a che fare con la parola. Qualcuno dovrebbe venire qui davanti, e voi
tutti state attenti a non disturbare gli altri.
Innanzitutto sdraiatevi con il corpo completamente rilassato. Lasciate che
sia totalmente sciolto e rilassato. Poi chiudete lentamente gli occhi. Chiudete
gli occhi.
Avete chiuso gli occhi e avete rilassato completamente il corpo. Ora vi
darò alcuni suggerimenti: continuate ad ascoltare, il vostro corpo e la vostra
mente li seguiranno.
Sentite che il corpo sta diventando rilassato, il corpo si sta rilassando, il
corpo diventa rilassato, sempre più rilassato. Sentite che il corpo si sta
rilassando, permettete al corpo di rilassarsi totalmente... Sentite nella mente
che il corpo è diventato totalmente rilassato, il corpo è ora totalmente
rilassato...
Il respiro sta diventando silenzioso. Sentite nella mente che il respiro sta
diventando silenzioso, il respiro sta diventando silenzioso... Il respiro è
diventato silenzioso, il respiro è ora silenzioso...
Anche la mente sta diventando vuota. La mente sta diventando
silenziosa. Sentite che la mente sta diventando silenziosa, la mente sta
diventando sempre più silenziosa...
Ora, per dieci minuti, rimanete interiormente vigili e continuate ad
ascoltare in silenzio tutti i suoni intorno a noi. Rimanete interiormente
vigili, non addormentatevi. Rimanete interiormente consapevoli. Rimanete
interiormente vigili e continuate ad ascoltare in silenzio. Continuate ad
ascoltare in silenzio. Continuate ad ascoltare il silenzio della notte e, mentre
ascoltate, dilagherà in voi un vuoto profondo...
Ascoltate. Per dieci minuti, continuate ad ascoltare in silenzio, continuate
ad ascoltare in silenzio. La mente sta diventando completamente vuota. La
mente sta diventando vuota. La mente è diventata vuota. La mente è
diventata vuota, la mente è vuota...
La mente è diventata totalmente vuota. La mente si sta svuotando ancora
di più... è totalmente vuota. Affondate nel vuoto che vi circonda. La mente
sta diventando vuota, la mente sta diventando vuota...
La mente sta diventando silenziosa. La mente sta diventando vuota.
Affondate più in profondità. La mente sta diventando vuota, la mente è
diventata totalmente vuota...
Nota biogra ca
Associazione Oshoba
Casella Postale 15
21049 Tradate (Varese)
tel. & fax: 0331.810.042
e-mail: oshoba@oshoba.it – Sito web: www.oshoba.it
A Pune, in India, è sempre più orente il Resort di meditazione che si ispira alla visione di Osho, tesa
a creare un Uomo Nuovo, da lui de nito “Zorba il Buddha”, un essere che vive la propria vita con
profonde radici nell’esistenza e ali maestose dispiegate nel cielo della consapevolezza.
Qui, ogni anno, giungono da tutto il mondo ricercatori del Vero consapevoli di trovare in questo
habitat, immerso nella meditazione e nella concretezza della vita quotidiana, gli strumenti necessari
per evolvere e apprendere l’arte di vivere in equilibrio e in pienezza tutte le dimensioni in cui la vita
dell’essere umano si estende.
All’interno del Resort si trova la Osho Multiversity, una “multiuniversità dell’essere” che offre
un’ampia gamma di corsi e programmi di crescita interiore.
Ricominciare da sé
di Osho
© 2000 Osho International Foundation
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per l’edizione italiana
Titolo originale dell’opera: e Inner Journey
© 2004 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
Ebook ISBN 9788852019876