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Shakespeare e Acqua

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The 'mythology' of water: the inexorable passage

of time and the narcissistic belief in Shakespeare's


sonnets.
Andrea Frasca Caccia

Abstract
This short paragraph is indissolubly linked to the renaissance of the arts, a central
theme of the Renaissance period; in particular, the figure of Shakespeare, who seems
to reveal, through his simple language and rhetoric, literary details and themes that
precede the Augustan and pre-Romantic periods.
This rebirth seems to take on 'fluid' connotations in more than one of Shakespeare's
sonnets, and it is therefore easy to understand that to the theme of 'fair youth',
Shakespeare contrasts a symbolism that is closely linked to the element of water. The
paragraph will therefore tend to briefly analyse, in some of his sonnets, concrete
examples of the vision of water as an element on which to reflect rhetorically and
literally, particularly on two symbols taken from the Greek myth between Ovid and
Narcissus: time and the perception of the self. A wide-ranging concluding vision will
emerge: the Shakespearean element of water is a common asset in the history of man,
whose time and history merge towards the duality of life/poetry, life/death,
time/eternity.

L’acqua è un elemento retorico e simbolico che in letteratura accompagna


la maturità di un pensiero, il suo evolversi nel tempo: esso infatti (il
pensiero) scorre e percorre tutta la vita del poeta fino all’inesorabile
declino. Il movimento dell’acqua (le onde) sono da ritenersi un “bene” per
la vita del poeta e rappresentano i cambiamenti. Questa simbologia si fa
compagna e al tempo stesso antagonista al nemico primordiale dei sonetti
di Shakespeare: il tempo.
Fonte di ispirazione è la mitologia greca, e in Shakespeare più volte essa
affiora in superficie sia nei sonetti che nelle sue rappresentazioni teatrali.
Ovidio nella sua metamorfosi fa uso dell’acqua per sottolineare il senso del
cambiamento: l’elemento dell’acqua viene rispettato. In Shakespeare
l’acqua viene inesorabilmente legata al tempo distruttore e in tal senso le
onde del mare che si infrangono sulle scogliere descrivono l’acqua come
elemento da temere. Il rispetto e il timore sembrano scontrarsi ma in
Shakespeare assumono una dualità inclusiva e simbolica, poiché ‘mima’ ad
un tempo un atto definitivo (un movimento che non torna mai su se stesso,
come quello dell’onda), e un atto ripetibile, nella fluidità sempre uguale
dello scorrere (cfr. Bauman, 2004)
Un esempio chiaro è dato dal sonetto 60:

Like as the waves make towards the Cosi' come le onde si dirigono versa la
pebbl'd shore, spiaggia
So do our minutes hasten to their end; acciottolata, i nostri minuti si affrettano
Each changing place with that which verso la fine,
goes before, ogni minuto prende il posto di
In sequent toil all forwards do contend. quello che lo precedeva, e tutti
Nativity, once in the main of light, inesorabilmente
Crawls to maturity, wherewith being avanzano.
crown'd, La nascita, una volta nel regno della
Crooked eclipses 'gainst his glory fight, luce, striscia verso la maturità, e contro
And Time that gave doth now his gift il suo
confound. splendore lottano le eclissi maligne, ed
Time doth transfix the flourish set on il tempo
youth si riprende i doni che generosamente
And delves the parallels in beauty's aveva dato.
brow, Il tempo rovina la gioventù e scava le
Feeds on the rarities of nature's truth, rughe sul
And nothing stands but for his scythe to volto della bellezza, e niente di ciò che
mow: vive in
And yet to times in hope my verse shall natura è risparmiato dalla sua falce.
stand, Ma nonostante la sua crudeltà, il mio
Praising thy worth, despite his cruel verso,
hand. che ti esalta, sopravviverà.
Come per il sonetto 18, il tempo è nemico della vita dell’uomo perché
inganna, illude (generosamente concede dei doni che poi si riprenderà;
verso 8), distrugge. Tempo e infanzia (quando parla della nascita,
nativity; verso 5) vengono personificate nella seconda quartina. Lo
scorrere del tempo inesorabile assume l’apice delle sue personificazioni
nella terza quartina: il tempo diventa un mostro. L’epilogo rappresentato
dai versi finali è pressappoco simile al sonetto 18: è la poesia la soluzione
ai mali. E’ con essa che l’uomo sopravvive, anzi, vive in eterno.

Ma in Shakespeare l’acqua è anche specchio che riflette il proprio sé, come


nel caso del primo e del terzo sonetto. La visione narcisistica in questo
caso emerge in questo modo: fin dal primo sonetto l’interlocutore dell’io
poetico dietro cui si cela il fair youth tende a non uscire da una sterile
corrispondenza di se stesso:

But thou, contracted to thine own bright eyes,


Feed’st thy light’s flame with self-substantial fuel,
Making a famine where abundance lies,
Thyself thy foe, to thy sweet self too cruel.20 (I, 5-8)

Al sonetto III, invece, la rivalsa: il giovane ‘giusto’ non si autodistruggerà


come accadde a Narciso nella mitologia greca, anzi: lo specchio d’acqua,
specchio di Narciso, muta infatti a vantaggio dello specchio in cui si
guardano mamma e figlio (“thy mother’s glass”, III, 9).
È questo l’unico modo, assieme all’arte, in cui l’immagine può non morire
del tutto, attraverso il ricordo, come afferma il distico finale:

But if thou live remembered not to be,


Die single, and thine Image dies with thee.24 (III, 12-14)
In conclusione, l’acqua nelle sue connotazioni e denotazioni letterarie è un
bene da preservare in quanto indice di un percorso di rinascita e
riconoscimento del proprio sé.
References:

• Bauman, Zygmunt. 2004. Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi.
Roma-Bari: Laterza (or Liquid Love: On the Frailty of Human Bonds. Polity.
2003)

• Lombardi Chiara, Due storie d’acqua in Shakespeare: Ofelia e Narciso tra


Pitagora e Ovidio, Università degli studi di Torino, 2016

• Lombardi Chiara, “Passioni liquide: miti e forme d'acqua in Ovidio e


Shakespeare.” In La passione e l’assenza. Forme del mito in poesia da
Shakespeare a Rilke, 2018, Torino: Accademia University Press.

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