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Massimo  Corradi
  • Dipartimento di Scienze per l'Architettura - Scuola Politecnica
    Università degli Studi di Genova
    Stradone di Sant'Agostino, 37 - 16123 Genova (Italy)
  • +390102095879

Massimo Corradi

University of Genova, DSA, Faculty Member
  • Massimo Corradi is Associate Professor of History of Science at the Polytechnic School of the University of Genoa. Te... moreedit
Sommario: Le tecniche di rinforzo statico delle volte in muratura sono oggi orientate all\u2019impiego dei nuovi materiali come ad esempio i fibro-rinforzati, racchiudendo tra i nuovi materiali anche l\u2019impiego di calcestruzzo armato... more
Sommario: Le tecniche di rinforzo statico delle volte in muratura sono oggi orientate all\u2019impiego dei nuovi materiali come ad esempio i fibro-rinforzati, racchiudendo tra i nuovi materiali anche l\u2019impiego di calcestruzzo armato o strutture in acciaio. L\u2019intervento che si vuole presentare in questa breve nota riguarda il consolidamento della volta del presbiterio della Chiesa di Nostra Signora Assunta in Rossiglione (Genova). La tecnica di rinforzo della volta ha privilegiato l\u2019impiego di materiali compatibili con quelli esistenti; poich\ue9 si tratta di una volta in muratura, si \ue8 operato introducendo un sistema di sotto-archi in muratura di mattoni a sostegno della volta in muratura esistente, seriamente lesionata. La volta esistente diventa collaborante con i nuovi archi in muratura e il nuovo sistema strutturale ha la funzione di collaborare al sostegno del pesante altare barocco; l\u2019analisi statica \ue8 stata eseguita seguendo la teoria sviluppata da J...
Research Interests:
Hydraulics, notwithstanding its ancient ongms, is very young as a discipline. lt has been founding and consolidating its scientific bases onIy for the last three centuries as pure science, like mechanics, and its application to... more
Hydraulics, notwithstanding its ancient ongms, is very young as a discipline. lt has been founding and consolidating its scientific bases onIy for the last three centuries as pure science, like mechanics, and its application to engineering. The «discovery» of basic ...
In the XVII century, when one of the naval culture development center was focused mainly in the Mediterranean area, disciplines such as geometry, mathematics, static and hydrodynamics had not yet been studied and early naval architecture... more
In the XVII century, when one of the naval culture development center was focused mainly in the Mediterranean area, disciplines such as geometry, mathematics, static and hydrodynamics had not yet been studied and early naval architecture treatises were still influenced by empirical and descriptive knowledge typical of an oral rather than a scientific tradition. Precisely is in this context that, in 1626, that Joseph Furttenbach (1591-1667) published Architectura Navalis in Ulm. In his treatise he provides a summary of technical descriptions and a detailed account of the construction of sailing boats, according to the Italian way of building, based on direct observation of shipyards. Furttenbach relies on geometric drawings and a metric system of proportions to describe these techniques. Exactly for this reason, the Architectura Navalis is considered one of the first shipbuilding treaties, and it has been used as a model for many authors of the seventeenth and early eighteenth century.
The history of the rainbow is as old as that of science. The ancient Greek philosophers tried to describe the rainbow, and Aristotle was the first to fully include it among the phenomena studied by physicists. Sunlight reflected in the... more
The history of the rainbow is as old as that of science. The ancient Greek philosophers tried to describe the rainbow, and Aristotle was the first to fully include it among the phenomena studied by physicists. Sunlight reflected in the clouds, the incidence of light rays, the reason for the rainbow’s circular shape, the optical effect of an infinite depth are aspects that have for centuries intrigued scholars, who studied the rainbow with a mixture science and alchemy, sense and sensibility. In the 17th century the rainbow became a strictly physical phenomenon, the object of rigorous investigations according to the law of reflection and refraction. Here we survey this often forgotten history, from ancient Greeks to modern scientists, the rainbow’s colours belonging to the world of physics but also—as Thomas Young wrote in 1803—to the world of speculation and imagination.
La storia dell’arcobaleno è antica quanto la storia della scienza. Già Alessandro di Afrodisia (III sec. – II sec a.C.) aveva cercato di descrivere l’arcobaleno come fenomeno di luce e colori e a lui si assegna la paternità della scoperta... more
La storia dell’arcobaleno è antica quanto la storia della scienza. Già Alessandro di Afrodisia (III sec. – II sec a.C.) aveva cercato di descrivere l’arcobaleno come fenomeno di luce e colori e a lui si assegna la paternità della scoperta della zona scura tra l’arcobaleno primario e quello secondario. Si deve invece ad Aristotele (384 o 383 – 322 a.C.) una prima completa descrizione del fenomeno ottico: «L’arcobaleno non forma mai un’intera circonferenza e nemmeno un arco maggiore di una semicirconferenza. Al tramonto e all’alba lo spessore dell’arco è stretto e l’arco ha la massima estensione. Quando il sole si alza maggiormente nel cielo lo spessore si allarga e la lunghezza dell’arco si riduce. Dopo l’equinozio d’autunno, nei giorni più corti, può essere visto a qualunque ora del giorno; in estate non può essere visto nelle ore del mezzogiorno. Non ci sono mai più di due arcobaleni nello stesso tempo. Ognuno di essi ha tre colori. I colori sono gli stessi in entrambi e il loro numero è identico, ma nell’arcobaleno esterno sono più deboli e la loro posizione è invertita. Nell’arcobaleno interno la prima e più larga striscia è rossa; in quello esterno la striscia più vicina a quello interno è dello stesso colore ma più stretta. Per le altre strisce vale lo stesso principio. Queste hanno gli unici colori che i pittori non possono fabbricarsi, dato che ci sono colori da essi creati con misture, ma nessuna mistura può dare il rosso, il verde e il blu. Questi sono i colori dell’arcobaleno, per quanto talora tra il rosso e il verde si possa vedere il giallo » [Aristotele, Meteorologia: Libro III]. In questo modo, l’arcobaleno entra a pieno titolo tra i fenomeni oggetto di studio da parte dei fisici anche se, secondo Lee e Fraser: « Despite its many flaws and its appeal to Pythagorean numerology, Aristotle’s qualitative explanation showed an inventiveness and relative consistency that was unmatched for centuries. After Aristotle’s death, much rainbow theory consisted of reaction to his work, although not all of this was uncritical » [ Raymond L. Lee, Alistair B. Fraser. The rainbow bridge: rainbows in art, myth, and science. Penn State Press, 2001 p. 109]. La descrizione aristotelica dei colori dell’arcobaleno riduce a tre il loro numero e questa interpretazione fu accettata per molto tempo, con sottili differenze numerologiche associando i tre colori alla Trinità o altrimenti quattro colori associati ai quattro elementi della tradizione empedoclea. La riflessione della luce del sole tra le nuvole, lo studio dell’angolo di incidenza dei raggi luminosi, la spiegazione della forma circolare dell’arcobaleno, l’effetto ottico di profondità infinita rispetto all’origine del fenomeno luminoso sono tutte questioni che hanno incuriosito per secoli studiosi di differenti discipline.
Nelle Naturales Quaestiones (ca. 65 d.C.), Lucius Annaeus Seneca (ca. 4 a.C. - 65 d.C.) dedica alcuni capitoli del libro I alla spiegazione del fenomeno dell’arcobaleno ed espone la teoria secondo la quale l’arcobaleno, che appare sempre di fronte al sole, è prodotto dal riflesso dei raggi solari sulle goccioline d’acqua, così come dal riflesso dei raggi solari in una nuvola a forma di specchio concavo, e racconta come si possa vedere l’arcobaleno in un cilindro di vetro attraversato da un raggio luminoso, anticipando, di fatto, le esperienze di Isaac Newton (1642 - 1727) con il prisma ottico.
Roger Bacon (1214 – 1294), Teodorico di Freiberg (Meister Dietrich, Theodoricus Teutonicus de Vriberg, ca. 1250 – ca. 1310)  e René Descartes (1596 – 1650) - per non citarne che alcuni - affrontano per via speculativa lo studio del fenomeno visivo inframmezzando tra loro scienza e alchimia, ragione e sentimento: i colori dell’arcobaleno arrivano (agli occhi) per effetto di fenomeni fisici e sensoriali, interpretativi ed esperienziali. Si deve, invece, a Willebrord Snell (Willebrordus Snellius, 1580 – 1626) la comprensione (1621) che l’arcobaleno è un fenomeno strettamente fisico e come tale deve diventare argomento di studio rigoroso secondo le leggi matematico-fisiche della riflessione e della rifrazione. Successivamente Newton comprende (1666) che l’indice di rifrazione dipende dalla lunghezza d’onda, per cui ogni raggio di sole genera il proprio arcobaleno. In questa breve nota si vuole ripercorrere una storia spesso dimenticata che, attraverso le prime intuizioni dei filosofi greci fino ad arrivare alla scienza moderna, ha connotato la ricerca in un campo della Fisica dove il colore dell’arcobaleno appartiene sì al mondo della Fisica - nel 1803 Thomas Young (1773 – 1829), mostra attraverso un esperimento, tra conoscenza e speculazione teoretica, “so simple and so demonstrative a proof of the general law of the interference of two portions of light” [Thomas Young, “Bakerian Lecture: Experiments and Calculations relative to Physical Optics”. Philosophical Transactions of the Royal Society 94, 1804, 1–16: pag. 1 ], che due raggi luminosi emessi da una singola sorgente attraverso due fenditure possono interferire tra di loro producendo su uno schermo opaco bande scure e luminose alternate – e dunque al mondo speculativo, ma anche a quello dell’immaginazione [ Massimo Corradi, “La teoria dei colori di Johann Wolfgang von Goethe” in Colore e colorimetria. Contributi multidisciplinari Vol. XA, a cura di Rossi Maurizio, Marchiafava Veronica, pp. 401-712. S. Arcangelo di Romagna (RN): Maggioli Editore, 2014].
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Nombres et grandeurs, arithmétique et géométrie ont toujours accompagné les développements de la Mécanique appliquée aux constructions. Les études poursuivies par Aristote et Stevin, par Varignon et Galilée, par Huygens et Euler, et... more
Nombres et grandeurs, arithmétique et géométrie ont toujours accompagné les développements de la Mécanique appliquée aux constructions. Les études poursuivies par Aristote et Stevin, par Varignon et Galilée, par Huygens et Euler, et encore celles de Jacques Bernoulli et de Leibniz, jusqu’à Lagrange et à Coulomb, ont permis la rencontre de l’Architecture et de la Géométrie, des Mathématiques et de la Mécanique, en déterminant, ainsi un véritable entrelacement de principes et de règles, de nombres et de grandeurs. À partir des fondements de la Mécanique médiévale, et parallèlement aux ‘préceptes’ de l’Art et de la Science du Bâtir, un fil conducteur s’est distingué, qui a su mener, pas à pas, à la découverte des principes de la Mécanique et, par la suite, à la formulation des bases de la Science des Constructions. Un parcours linguistique a traversé la théorie des proportions et la géométrie euclidienne, le calcul des isopérimètres et le calcul différentiel et intégral, en révolutionnant en peu de peu de temps, un siècle et demi à peu-près, les méthodes d’interprétation des principes statiques et mécaniques (en 1638 Galilée publie ses Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, en 1744 Euler publie son traité Methodus inveniendi lineas curvas…, en 1773 Coulomb écrit son Essai sur une application des Règles de Maximis & Minimis à quelques Problèmes de Statique, relatifs à l’Architecture) Il ne s’agit plus là de principes qui ne sont tirés que de l’interprétation du comportement mécanique de machines simples et, par l’emploi des mathématiques élémentaires, ayant l’objectif de comprendre le comportement structural des constructions, mais de l’emploi du calcul mathématique dans le but de décrire les phénomènes et d’introduire des instruments d’analyse, généralement valables, à même de représenter les fondements mécaniques de la science du bâtir. Un parcours nettement plus « rationnel » et plus « scientifique », qui a dépassé le « savoir de l’ancien constructeur » qui, n’utilisant que l’arithmétique, l’algèbre élémentaire et la géométrie euclidienne, avait été, jusqu’à ce moment là, le guide et l’âme, la raison et la logique nécessaires pour « faire » de l’architecture, dans le but d’utiliser les principes mécaniques afin de gagner cette « immense » lutte entre la pesanteur et la résistance qui constitue à elle seule l’intérêt de la belle architecture [Schopenhauer]. Pouvoir reparcourir le déroulement de cet écheveau si emmêlé, ne peut donc que représenter un encouragement nécessaire et remarquable permettant la redécouverte des connexions, des interférences et des contrastes que les mathématiques ont su mettre en relief entre géométrie et construction, entre arithmétique et résistance des matériaux, entre mécanique et architecture, en apportant, en même temps, une petite contribution au débat concernant le rôle de la pensée mathématique dans les développements de la Mécanique appliquée aux constructions et de l’Architecture.
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Il “bollettino” presenta ai Lettori, per una meditata e puntuale acquisizione, il testo della lectio magistralis che il Professor Massimo Corradi dell’Università di Genova, architetto, allievo e collaboratore del compianto Professor... more
Il “bollettino” presenta ai Lettori, per una meditata e puntuale acquisizione, il testo della lectio magistralis che il Professor Massimo Corradi dell’Università di Genova, architetto, allievo e collaboratore del compianto Professor Edoardo Benvenuto, ha pronunciato nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio il 25 giugno 2003 in occasione della cerimonia di festeggiamento dei Colleghi Ingegneri toscani che hanno compiuto cinquanta anni di laurea. La scelta del tema della lettura e il conseguente incarico a Corradi, uno dei massimi cultori della Storia dell’Ingegneria, in occasione della cerimonia che promuove l’incontro di Ingegneri appartenenti a più generazioni, è stata intenzionalmente effettuata per allargare l’orizzonte temporale e permettere agli ingegneri di rileggere le proprie radici culturali e disciplinari, riannodare i nessi storici richiamando la memoria delle speculazioni teoriche e applicative più importanti per il progresso dei nostri studi. La lettura verte su una tematica che si rivela fondamentale per tutti i campi dell’Ingegneria, la Resistenza dei solidi e, più in generale la Meccanica dell’Ingegneria nelle ricerche dal XVII al XVIII secolo, un periodo che è da considerare tra i più fervidi e ricchi di risultati, fondante; l’argomento è studiato e visto però non solo nella sostanza applicativa così come si è sedimentato nelle conoscenze attuali che fanno parte del bagaglio culturale e scientifico degli Ingegneri e degli Architetti ma soprattutto, come si è detto, nell’analisi dei meccanismi, delle incentivazioni, degli intenti ora ideali o speculativi, ora pratici, che hanno determinato le linee di sviluppo dell’ingegneria, della ricerca, della formazione degli ingegneri, al fine di ricostituire la continuità degli sviluppi disciplinari soprattutto per un segmento significativo della storia dell’ingegneria. È da rilevare, a questo proposito, che Corradi pone opportunamente in evidenza, tra l’altro, quanto complesse e profonde siano le basi teoriche e le stesse motivazioni umane oltre che applicative sulle quali si fonda l’ingegneria e quanto estese siano le specializzazioni che questa comprende sino a raggiungere portata per molti versi globalizzante. La lezione è quindi, in sostanza, un vero trattato di fondamenti della “scienza dell’ingegnere”, perché sono presi in considerazione gli aspetti filosofici, matematici, geometrici, fisici, teorici e applicativi e perfino, per quanto concerne le relazioni tra i vari ricercatori, sociali e umani, restituendo l’attività dell’ingegnere al più vasto ambito di attento studioso della natura, interprete delle leggi naturali secondo le esigenze ideali, filosofiche e civili oltre che tecniche e scientifiche, della società. Le sue argomentazioni inducono la fondata convinzione che le ricerche sui temi della costruzione, cioè di un settore modesto, neppure prioritario o centrale, basato sull’empirismo, abbiano assunto carattere paradigmatico ed anzi che esse si siano incentrate sulla conoscenza della realtà; ciò che dava il senso, dell’ingegneria del mondo esperibile, nella più vasta accezione di tale espressione, e in fondo, modificabile oltre che acquisibile con l’intelletto, assegnando all’Ingegnere e all’Architetto il compito di ideatore e costruttore del modello della natura. La conoscenza della storia dell’Ingegneria è dunque uno dei fondamenti del progresso scientifico e tecnologico.
Gennaro Tampone
Research Interests:
The aim of this paper is to propose a brief sketch on the development of science of motion during the 17th and 18th centuries. Then we will analyse the foundation of analytic mechanics, with the introduction in mathematics of scientific... more
The aim of this paper is to propose a brief sketch on the development of science of motion during the 17th and 18th centuries. Then we will analyse the foundation of analytic mechanics, with the introduction in mathematics of scientific revolution operated by differential and integral calculus by Leibniz in 1684.
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What a difficult task it is to give a short account of the history of the structural dynamics! It’s a complex and diversified history, coming from different sources and with influences from interstitial (or interface) areas, moving... more
What a difficult task it is to give a short account of the history of the structural dynamics! It’s a complex and diversified history, coming from different sources and with influences from interstitial (or interface) areas, moving between different branches of engineering, crossing them transversally and deriving from each a new impulse for development. Moreover, dynamics is a field emerging somewhere between mathematics, physics and mechanics. Also, dynamics has evolved into more disciplines: applied mathematics, theoretical mechanics, and experimental physics. The oldest of these disciplines is applied dynamics, which originally was regarded as a branch of natural philosophy or physics related to natural phenomena, and its origin goes back to Galileo Galilei (1564-1642), at least. Nevertheless, dynamics is very old discipline. The history of dynamics started with the studies of Aristotle (384-322 B.C.). Aristotle’s Physics was the first step on a long journey. Aristotle thought deeply about two fundamental questions debated by Parmenides (Fifth century B.C.) and Heracleitus (c.550-480 B.C.), on the reality and mechanisms of dynamics. What is change? Is it real? Why do things change? Aristotle realised that we understand change through duality. He modelled physical change with ‘matter’ and ‘form’. Going beyond physics, he modelled metaphysical change with ‘potency’ and ‘act’. Zeno of Elea (490-430 B.C.) developed many arguments showing that motion is impossible. Zeno’s paradoxes support the position of Parmenides, who felt that reality was eternal and motion an illusion. (The invention of the calculus by Newton and Leibniz would make the logical treatment of motion, continuity and infinity live issues in mathematics).
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The writings that most closely belong to the discipline of history, and in particular the history of shipbuilding, are papers containing arguments quite different from each other, or very informative or very specialized. The scientist is... more
The writings that most closely belong to the discipline of history, and in particular the history of shipbuilding, are papers containing arguments quite different from each other, or very informative or very specialized. The scientist is often embarrassed in reading these books because they are written from a humanistic, and they are not scientific-technical papers, sometimes they are complemented with mathematical formulas and diagrams written in obsolete languages, designed to discern the paths of history passed, and adjacent to a discipline that looks to the near future and not in the past, a history too often forgotten. The Scientia navalis or Naval Science, which Leonhard Euler (1707 - 1783) was a teacher and somewhat precursor, from time immemorial languishing on the shelves of libraries, neglected by scholars. This occurred because the discipline has come to self-awareness, especially in the contemporary age, when, following the example of the Galilean revolution, the community of surveyors and scholars of mechanics oriented his attention to the problems of shipbuilding and vessel operations, which at first seemed disciplines entrusted only to the skill of the shipwright, carpenters and the Masters and Shipmasters on board ships, as well as to the wisdom of tradition. History, however, is a fascinating and fruitful field of study for some guidance because by understanding what has been achieved in the past, has been able to establish a more consistent definition of science and technology to be used in applied in the design and construction. Even for shipbuilding, in fact, the sedimentation of knowledge of the past passed down orally by the shipwright to their students and then taught in the schools of Naval Engineering in France scrolls and founded by Jean- Baptiste Colbert (1619 - 1683) Secretary of the French Navy in the seventeenth century, has been able to point the way to address and solve static and structural problems, but also those related to material behaviour and then, thanks to the Enlightenment of the eighteenth century, those relating to navigation and manoeuvring of vessels. Only in this way it was possible to achieve those goals of technical and technological developments that have allowed the massive shipbuilding industry in the nineteenth century, following the same “logic” that guided the ancient builders and shipwrights, thus obtaining accurate and effective design and construction solutions.
Research Interests:
Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), uno tra i più importanti autori e poeti di tutti i tempi, definito come l’ultimo genio rinascimentale, è stato non solo un grande letterato, ma anche un pittore, uno scienziato e un pensatore a... more
Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), uno tra i più importanti autori e poeti di tutti i tempi, definito come l’ultimo genio rinascimentale, è stato non solo un grande letterato, ma anche un pittore, uno scienziato e un pensatore a “tutto tondo”. Nel saggio Zur Farbenlehre (“Della Teoria dei Colori”) illustra la sua teoria scientifica – o come l’hanno considerata alcuni detrattori “prescientifica” - sui colori e sulla loro percezione che, nelle sue intenzioni, doveva rappresentare un nuovo modo di interpretare non solo l’ottica, ma la fisica e, più in generale, la scienza. Si tratta di uno scritto che si discosta molto dalle sue composizioni letterarie, anche se ne contiene al suo interno lo stile poetico associato però a una visione scientifica, e mette in risalto la complessità del fenomeno cromatico e l’ingerenza non trascurabile che ha l’organo della vista nei confronti della percezione luminosa e della sua traslitterazione nel colore. Nondimeno, approfondendo l’azione sensibile e etico-morale del colore, e la sua funzione estetica e artistica, Goethe si pone in contrapposizione, in una “onorevole contesa”, alla visione Newtoniana strettamente scientifica del fenomeno, ridando dignità sensibile e poetica al fenomeno fisico. In questa breve esposizione si vuole affrontare la critica Goethiana alla teoria della luce e del colore di Newton, facendo notare il grido di protesta contro ciò che Goethe ritiene una insopportabile e inconcepibile tirannia della matematica e della fisica, nel caso particolare dell’ottica, riconoscendo - attraverso una visione che possiamo certamente definire puramente romantica del fenomeno - che i colori sono qualche cosa di vivo e di umano, e che trovano la loro completa giustificazione fenomenologia in quella macchina fisica che è l’occhio umano e nel meccanismo della visione, ma anche e soprattutto nella spiritualità e nell’animo dell’osservatore, con una metrica di giudizio che seppure deve generalizzare in forma universale, deve tuttavia conservare quella sfumatura che è l’interpretazione personale.
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Shibam o Shibām (il nome deriva dal Re Shibam ibn al-Ḥārith bin Hadhramout bin Saba Al-Asghar, discendente della famiglia della regina di Saba), città dello Yemen nel Governatorato di Hadramawt risalente al III secolo a.C., sita nel... more
Shibam o Shibām (il nome deriva dal Re Shibam ibn al-Ḥārith bin Hadhramout bin Saba Al-Asghar, discendente della famiglia della regina di Saba), città dello Yemen nel Governatorato di Hadramawt risalente al III secolo a.C., sita nel deserto Ramlat al-Sab`atayn – la “terra senza ombre” - lungo la strada che conduce alla capitale yemenita Sana’a (Ṣan‘ā’), crocevia di importanti carovaniere sulla via dell’incenso e delle spezie attraverso l’altopiano arabo meridionale, è famosa per le sue case-torri costruite in adobe (mattoni di terra-fango). Le sue case-torri che si sviluppano in altezza anche per 9 piani si innalzano fino a circa 36 metri di altezza fuori dal letto del Wadi Hadhramaut (Wādī ḥaḍramawt) e per questa ragione la città è ricordata anche come la ‘Manhattan del deserto’ - termine coniato dall’esploratrice inglese Freya Stark (1893 – 1993) che scrisse « Built by the hands of Giants / For Godlike kings of old ».
Research Interests:
Nuova Antologia Militare, 2 (2021), No. 6 (March)
Storia della Nautica. In distribuzione su : www.lulu.com In questo saggio si vuole raccontare la storia della nautica, dalle origini agli inizi del XX secolo, con alcuni cenni sulla nascita dello yacht e dei primi yacht club dal XVI... more
Storia della Nautica.
In distribuzione su : www.lulu.com

In questo saggio si vuole raccontare la storia della nautica, dalle origini agli inizi del XX secolo, con alcuni cenni sulla nascita dello yacht e dei primi yacht club dal XVI alXIX secolo. Una particolare attenzione è stata dedicata allo sviluppo delle imbarcazioni a vela e dei loro progressi nei secoli XVII-XIX, cercando anche di offrire una panoramica delle imbarcazioni mercantili che sono state gli archetipi di quelle da diporto. Al fine di rendere la trattazione meno tecnica e più illustrativa si è fatto uso di un ricco apparato iconografico utile a far meglio comprendere caratteristiche, particolarità e differenze tra i diversi tipi di imbarcazioni utilizzati per li trasporto delle merci, per la pesca e, infine, per li diporto. Inoltre, si è ritenuto utile sviluppare argomenti minori - come le imbarcazioni da pesca e da lavoro soprattutto olandesi, antenate dello yacht moderno, le tipologie di imbarcazioni nellaRussia di PietroI, l'invenzione della deriva, e altro- con l'intento di raccontare microstorie meno note, e che hanno visto un minor interesse da parte degli studiosi, ma che riteniamo possano essere utili per arricchire la conoscenza del mondo della nautica e dell'arte della navigazione.