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Alberto Bianchi

    Alberto Bianchi

    Wheaton College, MA, Italian, Faculty Member
    Letteratura e cinema a cura di Alberto Bianchi e Dagmar Reichardt Da sempre il cinema trae ispirazione dalla letteratura; si pensi a “Il nome della rosa”, “Il Gattopardo”, “Il giardino dei Finzi-Contini”, “Il deserto dei Tartari”, tutti... more
    Letteratura e cinema
    a cura di Alberto Bianchi e Dagmar Reichardt
    Da sempre il cinema trae ispirazione dalla letteratura; si pensi a “Il nome della rosa”, “Il Gattopardo”, “Il giardino dei Finzi-Contini”, “Il deserto dei Tartari”, tutti casi esemplari – oltre che riusciti – di quello che si intende con “adattamento cinematogra co” di un’opera letteraria.
    I motivi della commistione tra parola e l’immagine sonora in movi- mento, tra la raccontabilità letteraria e quella cinematogra ca sono molti, non ultimo l’esigenza di registi e sceneggiatori di dare legittimi- tà culturale a un nuovo mezzo espressivo.
    Con il passare del tempo la commistione tra letteratura e cinema si è evoluta; basti pensare alla lunga e feconda collaborazione tra scrittori e cineasti che caratterizzò il secolo breve (Guerra con Fellini, Zavat- tini con De Sica) e poi alla generazione di scrittori-registi, ovvero di quegli autori che, come Mario Soldati e Pier Paolo Pasolini, hanno scavalcato gli steccati e si sono misurati direttamente con le potenzia- lità narrative ed espressive del cinema.
    Complici anche i cambiamenti tuttora in corso negli studi letterari e culturali, il discorso sui rapporti tra letteratura e cinema negli ultimi anni ha subìto un’importante svolta interdisciplinare.
    Il volume in questione si pone proprio in questa nuova prospettiva d’analisi proponendo uno studio sul tema letteratura e cinema da una pluralità di approcci. Agli studi che analizzano modalità e risultati di particolari adattamenti – come il saggio di Maria Célia Martirani Bernardi Fantin “Illuminando i campi di grano del Sud: «Io non ho paura» di Gabriele Salvatores” – si af ancano lavori sulla paratestua- lità, sul metateatro, sull’intermedialità (come l’analisi svolta da Laura Belloni sul tema “Cinema e metateatro: «La Passione» di Carlo Maz- zacurati”), ma anche indagini di carattere sociolinguistico o culturale (nel senso dei Cultural Studies) in cui lo studio delle differenze tra sistemi espressivi lascia il posto all’indagine sui signi cati della rappre- sentazione e sui suoi effetti nell’immaginario collettivo. È l’argomento dei saggi di Lorenzo Coveri (“«Noi credevamo». L’Italia linguistica negli anni dell’Unità nel romanzo di Anna Banti e nel  lm di Mario Martone»”) e Maria Bonaria Urban (“In Storie di pastori, banditi e vendette: l’immaginario sardo fra letteratura e cinema”).
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