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SOS architettura ‘900 gennaio-giugno 2023 a cura di Emma Tagliacollo e Rosalia Vittorini 35/2023 do.co.mo.mo. Italia giornale giornale 35/2023 do.co.mo.mo. Italia Associazione italiana per la documentazione e la conservazione degli edifici e dei complessi urbani moderni do.co.mo.mo Italia giornale anno II, n. 35 - gennaio-giugno 2023 SOS architettura ‘900 (a cura di Emma Tagliacollo e Rosalia Vittorini) Responsabile scientifico Ugo Carughi Comitato scientifico/Consiglio direttivo Antonello Alici Paola Ascione (vicepresidente) Sara Di Resta Paolo Sanjust Maria Margarita Segarra Lagunes (presidente) Emma Tagliacollo (segretario) Alessandra Tosone (tesoriere) Comitato di redazione Cristiana Chiorino, Alessandro Colombo, Alessandra Marin, Massimo Visone Sito web: www.docomomoitalia.it a cura di Renato Piccirillo E-mail: segreteria@docomomoitalia.it Facebook, Twitter, Instagram: Francesca Rosa Grafica: Studioata Il Giornale dell’Architettura.com ISSN 2284-1369 E-mail: ilgiornaledellarchitettura.com@docomomoitalia.it Direttore: Luca Gibello Gli autori degli articoli sono autonomamente responsabili delle opinioni ivi espresse a titolo personale, non necessariamente coincidenti con quelle del responsabile e del comitato scientifico. do.co.mo.mo. Italia giornale 35/2022 Indice Editoriale —4 Emma Tagliacollo e Rosalia Vittorini Dante Bini: sperimentare la cupola — 27 Emanuele Piccardo I limiti al riconoscimento dell’interesse culturale: la barriera temporale e la morte dell’autore — 7 Ugo Carughi L’autogrill a ponte di Montepulciano, testimonianza perduta della nostra storia economica e sociale — 31 Emma Tagliacollo Difendere un simbolo del Novecento: le case a torre di via Conti a Trieste — 12 Diana Barillari e Alessandra Marin La difficile vita di un edificio moderno: capire la storia del progetto per proteggerlo oggi. Il caso del Palazzo Ina di Piero Bottoni in Corso Sempione a Milano — 17 Un capolavoro calpestato. Il complesso Officine Meccaniche Gandolfi a San Lazzaro di Savena di Glauco Gresleri — 35 Lorenzo Gresleri Architettura, allestimento e salvaguardia — 40 Alessandro Colombo Orsina Simona Pierini Il restauro come processo alle intenzioni: il caso di Luigi Moretti a Roma — 23 Architettura, arte e spazio urbano: il destino del progetto pubblico di Stein e Nivola per le Wise Towers a New York — 45 Andrea Bentivegna Laura Pujia 12 giornale 35/2023 Difendere un simbolo del Novecento: le case a torre di via Conti a Trieste Diana Barillari, Alessandra Marin Questa vicenda triestina, che è possibile comparare con altre simili, porta l’attenzione su alcuni temi importanti per la tutela del Moderno: la rilevanza di aspetti come il colore, le volumetrie, la texture delle superfici di singole architetture nel definire il carattere e la qualità del paesaggio urbano; la difficoltà di promuovere la consapevolezza dell’essere custodi di un valore che è anche collettivo tra proprietari e inquilini, specie in contesti dove la proprietà è frammentata; la necessità di valutare da vari punti di vista le proposte di manutenzione ed efficientamento, in situazioni nelle quali gli incentivi economici spesso favoriscono la scelta della via più semplice e in cui il tempo rende necessari provvedimenti adeguati, rendendo impossibile non intervenire La vicenda che riportiamo in queste note prende avvio a Trieste in un inizio estate, quella del 2021, durante la riunione di un’assemblea condominiale nel centrale quartiere di Barriera Vecchia-San Giacomo, in parte realizzato nel Novecento, lungo una direttrice di espansione della città che ben rappresenta il nuovo volto della Trieste italiana (Marin, 2002). I consistenti lavori che vengono proposti ai condomini sono di riqualificazione energetica, il cosiddetto 110%, per due edifici a torre realizzati in un periodo storico di grande interesse per l’architettura e l’urbanistica triestina, quello del Governo militare alleato (Gma), che per nove anni al termine del secondo conflitto mondiale, in attesa della definizione dei confini con la Jugoslavia di Tito, amministra il capoluogo giuliano come Territorio libero e promuove iniziative innovative per la ricostruzione edilizia, economica, culturale e sociale della città (Di Biagi et al., 2004; Barillari, 2004). Le case a torre di via Conti sono state progettate dall’ingegnere Ro- berto Costa (Trieste, 1924-2016) e dall’architetto Dino Tamburini (Trieste, 1924-2011) e realizzate dall’Istituto Autonomo Case Popolari a partire dal 1952. I due progettisti si distinguono nel panorama triestino del Novecento, indagando i temi del Movimento Moderno in modo da sperimentarne i principi nei loro progetti, con una predilezione per i temi legati al pubblico interesse (edilizia residenziale pubblica, scuole, attrezzature collettive) e utilizzando una certa libertà nella ricerca formale. Nei primi anni cinquanta Trieste vede una forte spinta all’espansione, anche attraverso la realizzazione di numerosi quartieri residenziali pubblici, destinati a profughi istriano-dalmati, famiglie alleate e a risolvere più in generale rilevanti problemi di emergenza abitativa. L’azione dell’amministrazione pubblica (operano come uffici tecnici e stazioni appaltanti Genio civile, Comune di Trieste e Iacp, sempre in stretta sinergia con il Dipartimento dei Lavori pubblici del Gma) si Fig.1 - Le case a torre di via dei Conti a Trieste, in una foto d’epoca che permette di apprezzare l’articolazione di volumi, texture e cromatismi voluta da Roberto Costa e Dino Tamburini (UNITS, Archivio degli scrittori e della cultura regionale, fondo Costa) 13 rico, costituisce un primo esempio di rilevante interesse, non soltanto a scala locale, che verrà seguito poi in zone più periferiche: le due torri progettate dai Bbpr a Campi Elisi (1952, non realizzate) e le case alte costruite da Lucio Arneri, Mario Zocconi e Antonio Guacci a Poggi Sant’Anna nel 1955. Ma si collega anche a una tradizione implicita, che dà forma al paesaggio urbano triestino e contrassegna l’operato dei migliori progettisti giuliani lungo il Novecento. giornale 35/2023 il vicino Palazzo delle Generali di Piacentini (1935) e il Banco di Napoli (1935). Dagli archivi non sono emersi documenti relativi alle motivazioni che indussero il cambio, ma la scelta di Nordio si è rivelata vincente, perché è proprio il contrasto di colore a valorizzare l’edificio che funge da perno prospettico di largo Riborgo, incernierando con i suoi tredici piani le monumentali volumetrie degli edifici adiacenti. Nella Trieste del Gma, le torri di via Conti riaccendono il confronto. La scelta della tipologia a torre fu accolta con scetticismo dall’Istituto Autonomo, che preferiva le tradizionali soluzioni per i quartieri popolari, mentre il Dipartimento dei Lavori pubblici del Gma caldeggiò la proposta innovativa dei due giovani progettisti. I due blocchi di 12 piani a pianta rettangolare, tra loro paralleli, sono composti da due corpi di fabbrica, giustapposti dall’atrio che contiene ascensori e scala, illuminati da una parete trasparente (via dei Leo) da un lato e dall’altro (via dei Porta) dalla sequenza dei terrazzini con un setto diagonale a coronamento dello sbalzo, creando un’articolazione Fig.2 - I due edifici in un’immagine di fine cantiere, prima metà degli anni cinquanta (UNITS, ASCR, fondo Costa) In questo secolo infatti ogni generazione di architetti triestini ha costruito il suo grattacielo e il primato spetta al Palazzo Aedes di Arduino Berlam (1924-1928), che con il suo rosso rivestimento domina il waterfront delle Rive, sulle quali veglia il leone delle Generali. Vi è poi la Casa Alta di Umberto Nordio (19351936) in largo Riborgo, il cui caratteristico colore rosso è il risultato di un cambiamento, poiché l’architetto aveva previsto un rivestimento in litoceramica (la versione italiana del nordico klinker) di color pietra, per armonizzare cromaticamente con basa dal punto di vista urbanistico sulle vecchie direttrici di espansione dettate dal piano regolatore del 1934, che prevedeva l’edificazione dei pendii di alcune alture carsiche a nord e a sud-est del centro cittadino. Quest’ultima direttrice di espansione viene confermata fin dal 1946, con l’avvio della realizzazione del quartiere di Campi Elisi, basato sulle strategie insediative anteguerra: gruppi di case in linea, articolate a creare corti aperte, o edifici a blocco, di quattro o cinque piani. La stessa scelta viene fatta a Gretta, a San Giovanni, a Piano e Poggi Sant’Anna, quasi sempre prevedendo tipologie molto semplici e prospetti spesso monotoni, almeno fino alla metà degli anni cinquanta. In questo contesto, la proposta di Costa e Tamburini di edificare delle case alte per l’edilizia popolare, per di più in un tessuto insediativo sto- Fig.3 - Palazzo Aedes di Arduino Berlam (1924-1928), uno dei capisaldi del panorama urbano delle Rive triestine (fonte www.atrieste.eu) 14 giornale 35/2023 nario da parte della Commissione edilizia comunale. La scelta del rivestimento in piastrelle di cotto antico in alternativa all’intonaco previsto si potrebbe attribuire a Umberto Nordio, che aveva impiegato le mattonelle anche nella Scuola elementare Barone de Morpurgo ai Campi Elisi, commissionata nel 1949 dal Gma. Sarà una coincidenza, ma gli edifici alti a Trieste nell’arco di un trentennio presentano rivestimenti in cotto (o klinker), una soluzione con meno incognite delle lastre prefabbricate ideate dai progettisti. Fig.4 - Il grattacielo ex Saffa di Romano Boico (1953-1958) nell’area di Campo Marzio a Trieste, in una foto d’epoca (fonte www.atrieste.eu) che si contrappone alla superficie liscia dei lati lunghi e risvolta su uno dei lati corti. Ogni piano prevede quattro appartamenti suddivisi in tre tipi, con una due o tre stanze, servizi e soggiorno. A piano terra si trovano le cantine e i locali per sistemare servizi assistenziali sanitari e sociali. L’attico ospita altri ripostigli e la stazione di arrivo degli ascensori. A seguito di una modifica strutturale si rese necessario incrementare la profondità dello scavo per le fondazioni, che comportò lo spostamento dei ripostigli dall’attico allo scantinato e la sistemazione nello spazio così ricavato di altri quattro appartamenti. Con la sopraelevazione della stazione di arrivo dell’ascensore si giunse quindi a 13 piani per un totale di 102 appartamenti. Un altro motivo di ritardo e aumento prezzi fu dovuto alla scelta dei serramenti, dato che il tipo americano a ghigliottina (sash window), più costoso, venne preferito a quello italiano a battenti solo dopo una accurata analisi che ne sancì la migliore corrispondenza alle esigenze degli alloggi e costruttive. Nel 1953 il Genio Civile approvò la proposta di sostituire il rivestimento delle facciate, originariamente previsto in pietra artificiale, con formelle di laterizio Cottonovo, conferendo quel colore che le contraddistingue ancora oggi. La motivazione fu suggerita da considerazioni estetiche e tecniche, poiché il materiale consentiva una manutenzione più economica; motivazione accolta dal Dipartimento dei Lavori pubblici, braccio operativo del Gma, solitamente restio a cambiamenti con aumento del budget: furono estetica e funzionalità ad avere il sopravvento. Ma l’impiego delle mattonelle in laterizio nel periodo del Gma non si limita alle torri di via Conti: anche il rivestimento dell’Albergo Americano di Barcola (1949) fu uno dei costosi betterment che il Gma approvò dopo che la commissione (Ramiro Meng, Umberto Nordio, Mario Zocconi) incaricata dal soprintendente Fausto Franco indicò le soluzioni da adottare a seguito della bocciatura del progetto origi- L’accurata descrizione del contesto e del progetto è necessaria per comprendere il dubbio alimentato dalla presentazione, nel 2021, ai condomini che nel frattempo hanno riscattato gli alloggi Iacp (o meglio, li hanno in seguito ereditati o acquistati), di un progetto di riqualificazione energetica al contrario privo di alcun apparato descrittivo, ad eccezione del quadro economico, tale da mettere in rilievo come l’intervento previsto fosse di quasi 4 milioni di euro, più del 90% dei quali dedicato all’esecuzione di un cappotto esterno. Una modalità che faceva presupporre per questi edifici la stessa sorte del grattacielo ex Saffa di Romano Boico (19531958) nell’area di Campo Marzio, (per il quale mesi prima era stato consentito, questa volta in base al bonus facciate al 90% che tanto successo ha avuto a Trieste (Ragonese, 2022) e senza che nessuna voce si fosse alzata in sua difesa) un simile intervento di rivestimento, che ne ha ampiamente snaturato il senso come caposaldo visivo del waterfront cittadino verso sud. Peraltro, lascia perplessi che non sia stata fatta dai tecnici incaricati dalle committenze una valutazione di differenti e più rispettosi approcci al tema dell’efficientamento di questi edifici, per di più inseriti nella lista regionale del Patrimonio Culturale (il grattacielo di Boico) e (le torri di via Conti) nel Portale nazionale dell’Architettura del secondo Novecento (Ascione, 2022). 15 tamente molto complesso, mentre la tutela ope legis legata al raggiungimento dei 70 anni è stata presa in considerazione dalla Soprintendenza, con un quesito al Ministero della Cultura relativo alla data di decorrenza (dall’approvazione del progetto? dall’avvio lavori o dalla loro chiusura?), quesito al quale si attende risposta. Da un lato quindi si può rimarcare come nel progetto di Costa e Tamburini la ricerca compositiva, la cura posta nello studio per la distribuzione (il soggiorno passante, la predisposizione in alcuni tipi di una stanza con accesso diretto dall’ingresso per lavori autonomi, vista l’apertura ad un’utenza a medio reddito di questi alloggi) i tanti elementi innovativi sotto l’aspetto sia tecnico, sia progettuale, propongano le torri di via Conti quale modello di riferimento. Fig.5 - L’esito dell’intervento di riqualificazione energetica del grattacielo ex Saffa di Romano Boico. La scelta cromatica è stata finalizzata a ridurre la visibilità dell’edificio, portandolo a confondersi con il cielo (foto Diana Barillari, 2022) Una richiesta di parere in merito, fatta attraverso Docomomo Friuli Venezia Giulia alla Soprintendenza triestina, ha messo in luce appunto la carenza di studi svolti alle spalle di questi progetti di efficientamento e la difficoltà di promuovere un vincolo su questo tipo di opere. Già anni addietro era stata infatti richiesta una verifica di interesse culturale sulle torri di via Conti, nello specifico per quel che riguardava la quota di patrimonio ancora in carico all’Ater, richiesta che aveva avuto esito negativo. Al contempo, procedere con un vincolo in un contesto nel quale gli inquilini/proprietari sono una settantina per ogni torre è cer- Dall’altro, questa vicenda dimostra come un complesso residenziale innovativo e simbolico per il Novecento triestino non possa essere adeguatamente tutelato e messo in valore, non solo in relazione alle facili e omologanti risposte spesso sollecitate dal 110%, ma anche in quanto edificio che necessita certamente, dopo 70 anni, di un’adeguata manutenzione, a partire da quei paramenti e da quelle scelte materiche e particolari costruttivi di cui si richiede il rispetto. Da quest’ultimo punto di vista, un precedente caso esemplare a Trieste è quello di un altro edificio di grande qualità, la casa a torre Vriz in via San Francesco di Provino Valle e Gino Valle (1950-1957), oggetto di un intervento di sostanziale manomissione delle facciate: quello effettuato nel 2010 al serramento continuo in ferro che caratterizzava la facciata del fabbricato a tre piani prospiciente l’accesso del complesso edilizio, snaturata sotto il profilo sia compositivo, sia materico. Il serramento originario, che comprendeva nella parte inferiore gli elementi riscaldanti, è stato smontato giornale 35/2023 e sostituito da una vetrata a specchio, cancellando l’organizzazione della facciata, ridotta a neutra superficie riflettente. Facendo leva oggi sul temporaneo stallo delle richieste di manomissione degli edifici, in parte legato all’arrivo di un nuovo gruppo di progettisti incaricati, ma anche a difficoltà organizzative e al complessificarsi negli ultimi mesi dell’orizzonte di queste operazioni, dal punto di vista normativo e finanziario, una speranza di poter ottenere un miglior risultato in termini di salvaguardia di questo patrimonio architettonico deriva anche dalla dichiarazione di notevole interesse degli archivi di Costa e Tamburini, censiti all’interno del Sistema Archivistico Nazionale. L’archivio di Roberto Costa, docente di Architettura tecnica dell’Università di Trieste dal 1963 e promotore della fondazione della Facoltà di Architettura dell’ateneo giuliano, è peraltro in corso di riordino e inventariazione (a cura di Alessandra Marin e Paolo Nicoloso), presso l’archivio degli scrittori e della cultura regionale, costituito presso il Sistema museale di ateneo dell’Università di Trieste. E sappiamo che a volte il ritorno alla cura della memoria documentale promuove una maggiore attenzione alla gestione del patrimonio costruito. Berlam, Nordio, Costa e Tamburini con i loro grattacieli rossi hanno lasciato un segno nella città, intessendo un dialogo che ha conferito alla scena urbana una cifra originale che costituisce un elemento della sua identità, simbolo di una città che nel colore vede concretizzarsi la sua passionalità, quella città che in ogni parte è viva (Saba, 1912). Ci sembra importante ricordarlo. 16 giornale 35/2023 Fig.6-7 - La casa a torre Vriz di Provino Valle e Gino Valle (1950-1957) in via San Francesco: la fascia basamentale prima e dopo la manomissione, che ha snaturato l’organizzazione della facciata (foto Diana Barillari) BIBLIOGRAFIA 1957. Trieste: Edizioni Comune di Trieste. Ascione P. (2022). Efficientamento: è possibile innovare senza stravolgere il patrimonio autoriale? Il Giornale dell’Architettura (> link). Di Biagi P., Marchigiani E., Marin A. a cura di (2004). La città della ricostruzione. Urbanistica, edilizia sociale e industria a Trieste 19451957. Trieste: Edizioni Comune di Trieste. Barillari D. (2004). Allied Military Government: una nuova committenza. In F. Caputo, M. Masau Dan, a cura di, La città delle forme. Architettura e arti applicate a Trieste 1945- Marin A. (2002). Edilizia pubblica e pianificazione urbanistica. In P. Di Biagi, E. Marchigiani, A. Marin, a cura di, Trieste ‘900. Edilizia sociale, urbanistica, architettura. Un secolo dalla fondazione dell’Ater. Cinisello Balsamo: Silvana editoriale. Ragonese M. (2022). La città di zucchero colorato (che sembra un outlet). Il Giornale dell’Architettura (> link). Saba U. (1912) Trieste. In Id., Coi miei occhi. Firenze: Libreria della voce.