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Aula magna Università Trieste 2023 Barillari

2023, L'Edificio Centrale dell'Università di Trieste. Storia e architettura 1938-1950

The project for the new headquarters of the University of Trieste in 1938 marked the fulfillment of a dream that the city had long pursued since the days of Habsburg rule and that had begun to take shape after its annexation to the Kingdom of Italy. The establishment of the Royal University of Economic and Commercial Studies by Royal Decree dated August 8, 1924, was the first official step, followed by the expansion of the faculties and the consequent need to build a university building complex, which coincided with the elevation to the rank of Studium generale in 1938. The complex construction events of the main building of the University of Trieste that took place between 1938 and 1950 are marked by radical changes related to the specificity of the city’s history, which after September 8, 1943, became part of the Third Reich, suffered the trauma of occupation by Yugoslav troops that ended with the creation of the Free Territory of Trieste administered by the Allied Military Government, before the final handover to Italy in 1954. The architects, Raffaello Fagnoni and Umberto Nordio, and engineer Enrico Bianchini had to face and solve complex architectural issues, related to constructional, structural, and decorative aspects; aspects that were affected by the profoundly changed scenario in which the designers themselves had conceived the ‘monumental’ building, which had to be adapted to changes related to new usage and figurative requirements. The volume stems from the research carried out for engineer Valentina Fernetti’s degree thesis and subsequently enriched by archival documentation, particularly the funds of Raffaello Fagnoni and Enrico Bianchini kept at the Florence State Archives. Equally valuable are the Historical Archives of the University of Trieste, the State Archives of Trieste, the IUAV Project Archive, as well as numerous private funds. Thus, it was possible to reconstruct the events of the construction site characterized by the adoption of structural solutions consistent with the limitations imposed by the sanctions, the use of valuable finishes for both exterior and interior cladding materials, the decorative apparatus - bas-reliefs, sculptures, mosaics, tapestries - and the furnishings - for the Aula magna, the hall for the Academic Senate, lecture, examination and graduation rooms - with tables, chairs, armchairs, lamps. Among the artists who collaborated in completing the building were Marcello Mascherini, Ugo Carà, Anita Pittoni, Mario Moschi, Tranquillo Marangoni, and Giò Ponti. The building’s history has been enriched thanks to documents that have revealed its elaborate layering, revealing connections to historical, social, and political factors that restore a complex period for the city, in which distant and close echoes of an international scenario, characterized by conflicts and utopias, are reflected. The increase in the bibliography that emerged between the first edition and the reissue is a sign of growing interest both nationally and internationally.

L’Edificio Centrale dell’Università di Trieste storia e architettura 1938-1950 Valentina Fernetti con testi di: Diana Barillari Sonia Bertorelle Cecilia Ghelli L’Edificio Centrale dell’Università di Trieste. Storia e architettura 1938-1950 di Valentina Fernetti Con testi di: Diana Barillari Sonia Bertorelle Cecilia Ghelli Coordinamento scientifico Diana Barillari Fotografie Alida Cartagine (Circolo Fotografico Triestino) Valentina Fernetti Alberto Ongaro Marino Sterle Federico Zugna Fonti archivistiche e loro abbreviazioni nel testo Archivio Storico dell’Università di Trieste (AUT) Archivio di Stato di Firenze (ASFi) Archivio di Stato di Trieste (ASTs) Archivio Generale del Comune di Trieste (AGT) Comune di Trieste - Servizio Pianificazione Territoriale - Ufficio Piano Regolatore Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti – Miscellanea E. e U. Nordio (APV) Archivio Storico Assicurazioni Generali Archivio A.E. Cammarata Trieste Archivio Nordio de Farolfi Trieste Archivio Marcello Mascherini Azzano Decimo I materiali di archivio sono stati riprodotti nelle attuali condizioni di conservazione. Con il contributo della Conservare, tramandare e diffondere la cultura e la memoria del tempo costituiscono gli elementi cardine per lo sviluppo sociale ed economico di un territorio. Per questa ragione l’anniversario dei cent’anni dell’Università degli Studi di Trieste è l’occasione non solo per rivolgere uno sguardo alle cose compiute, ma anche una preziosa opportunità di riflessione per continuare ad operare a favore delle giovani generazioni. La partecipazione operativa tra l’Ateneo giuliano e la Fondazione CRTrieste, sviluppatasi nel corso dell’ultimo trentennio, ha messo a disposizione della comunità locale e degli studenti risorse, strumenti e borse di studio, volti a favorire la loro formazione culturale e scientifica. Oggi ancora di più la cultura e l’alta formazione possono contribuire in maniera determinante alla crescita di una società e alla prosperità di un territorio. Massimo Paniccia Presidente Fondazione CRTrieste Si ringraziano: Francesca Fiori, Chiara Cappuccini (Archivio di stato Firenze), Antonietta Colombatti (Archivio di stato Trieste), Antonella D’Aulerio, Riccardo Domenichini (Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti), Barbara Bigi, Paola Ugolini (Comune di Trieste Archivio Generale), Roberto Prodan (Comune di Trieste, Dipartimento Territorio, Ambiente, Lavori Pubblici e Patrimonio, Servizio Pianificazione Territoriale), Marco Marizza (Archivio Storico Generali Trieste), Francesco Bordin, Nera Pancino (Archivio Marcello Mascherini), Biblioteca Tecnico Scientifica Università di Trieste, Biblioteca di Architettura Università di Trieste, Michele Ambrosin, Marilì Cammarata, Massimo De Grassi, Antonino Di Guardo, Roberto Fuda, Adriana Kosak de Farolfi, Aurelio Marchionna, Manuela Montagnari Kokelj, Francesco Peroni, Nicola Salese, Grazia Tatò, Carla Triadan, Anna Tonicello, Edino Valcovich. Si ringraziano inoltre Piermatteo e Raffaella Fagnoni e Claudio Bianchini e la sua famiglia per la collaborazione prestata alle ricerche per la prima edizione del volume. La versione elettronica ad accesso aperto di questo volume è disponibile al link: https://www.openstarts.units.it/handle/10077/35468 In antifrontespizio R. Fagnoni, U. Nordio, studio per l’Edificio Centrale, 1938 (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 37) Impaginazione e grafica Verena Papagno per EUT Edizioni Università di Trieste Sovraccoperta Art direction Paola Russo Illustrazione Jan Sedmak © copyright Edizioni Università di Trieste, Trieste 2023 I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e parziale di questa pubblicazione, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, le fotocopie e altro) sono riservati per tutti i paesi. ISBN 978-88-5511-454-7 (print) ISBN 978-88-5511-455-4 (online) EUT - Edizioni Università di Trieste Via E. Weiss, 21 – 34128 Trieste http://eut.units.it Sommario Roberto Di Lenarda, Ilaria Garofolo 6 Premessa 10 Il libro / This book 12 1. L’Ateneo triestino: cenni storici 30 2. ll progetto del 1938 74 3. Il progetto strutturale e le vicende costruttive 90 4. Il completamento dell’Edificio Centrale Diana Barillari 110 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste, 1938-1950 Cecilia Ghelli, Sonia Bertorelle, Valentina Fernetti 146 6. Fonti archivistiche 172 7. Cronologia dell’opera 174 8. Bibliografia Cecilia Ghelli, Valentina Fernetti 180 9. Raffaello Fagnoni e Umberto Nordio 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste, 1938-1950 Diana Barillari Le complesse vicende costruttive dell’edificio principale dell’Università di Trieste che si svolgono tra il 1938 e il 1950 sono contrassegnate da cambiamenti radicali connessi alla specificità della storia della città che dopo l’8 settembre 1943 entrò a far parte del Terzo Reich, subì il trauma dell’occupazione da parte delle truppe jugoslave che si concluse con la creazione del Territorio Libero di Trieste amministrato dal Governo militare alleato, prima del definitivo passaggio all’Italia nel 1954. Il complesso universitario fu ideato ispirandosi al disegno magniloquente e totalitario del fascismo che in Trieste aveva individuato l’avamposto dell’italianità posta ai sacri confini della patria, ruolo che trovava nella costruzione della sede universitaria la soluzione di un sogno che la città aveva lungamente perseguito. E che ci fosse una chiara indicazione da parte di Mussolini a tale proposito lo conferma la vicenda, ormai chiarita, delle modifiche apportate al primo progetto (giugno 1938) a seguito del perentorio «L’Università di Trieste deve essere monumentale»1 che i due progettisti, Raffaello Fagnoni e Umberto Nordio, ascoltarono dalla viva voce del capo del governo che li aveva convocati a palazzo Venezia per prendere visione di un progetto che, al pari di altre operazioni architettoniche e urbanistiche, intendeva verificare e eventualmente emendare personalmente, poiché il suo contributo non si limitava alla cerimonia di inaugurazione. La data del progetto coincide con una fase cruciale dell’architettura italiana, infatti tra il 1937 e il 1938 il problema dello stile arriva a una configurazione che tiene conto di alcuni importanti fattori e coincide con quella che Paolo Nicoloso definisce «architettura per i miti dello Stato totalitario»2 vale a dire la fase in cui diventa manifesto il suo utilizzo a scopo di propaganda politica, analogamente a quanto stava succedendo nella Germania nazista: una evoluzione coerente alla proclamazione dell’impero avvenuta nel maggio 1936 dopo la conquista dell’Etiopia, che attirò sull’Italia le sanzioni della comunità internazionale. A partire da questa data anche alcuni progetti già avviati sono sottoposti a una revisione, come nel caso del foro Mussolini a Roma che da centro sportivo L’Edificio dell’Università e l’asse di via Battisti (a destra), 1950 (Archivio Nordio de Farolfi Trieste). Veduta dell’Edificio centrale (in basso), 1950 ca, (APV). 111 112 assume una configurazione politica sempre più accentuata, soprattutto perché il Duce «impressionato come tutti dallo spettacolo dell’Olimpiade di Berlino del 1936» aspira a farlo diventare la sede dei prossimi giochi olimpici con l’ambizione di presentarsi «come primo attore nella ricerca di una pace internazionale ormai precaria dopo l’avvento di Hitler»3. In questo nuovo spazio urbano viene edificato il palazzo del Littorio progettato da Enrico Del Debbio, Arnaldo Foschini e Vittorio Morpurgo vincitori del concorso di 2° grado, dopo che la prima fase (1934) si era conclusa con un nulla di fatto4, anche se il loro progetto era stato incluso nella rosa dei selezionati direttamente da Mussolini, molto partecipe ai lavori della commissione, dove non aveva mancato di indicare la propria preferenza per il gruppo che sarebbe risultato alla fine vincitore5. Nella prima fase l’area prescelta per l’edificio si trovava lungo la nuova via dei Fori Imperiali tra il Colosseo e la basilica di Massenzio, una ubicazione che aveva visto i partecipanti suddividersi in due linee di tendenza, l’una a favore del linguaggio architettonico moderno l’altra di quello tradizionale, suscitando nella giuria analoga ripartizione, risolta nettamente a favore dei progetti meno moderni, nonostante lo stesso Marcello Piacentini avesse difeso le soluzioni del gruppo Terragni, di Ridolfi e di Moretti dagli attacchi di Bazzani, sostenendo che le loro proposte avevano «dimostrato di saper conciliare le esigenze monumentali con quelle funzionali»6. È durante le fasi di questo concorso che matura il paradigma “megastrutturale” sia per il confronto con la magniloquenza delle architetture antiche presenti nei Fori, ma anche per rispondere alle richieste di una committenza che ha bisogno di dare forma alle proprie ambizioni politiche, e intende occupare un posto nella storia attraverso la realizzazione di un monumento. Più che presentare edifici, infatti, i concorrenti sono impegnati a ideare architetture celebrative, dove gli aspetti funzionali risultano secondari, dato che il loro compito non era soltanto quello di alloggiare gli uffici di un partito, ma di dare visibilità a una ideologia e far rivivere il mito 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste di Roma imperiale. Le interminabili file di finestre che scandiscono i prospetti del progetto Del Debbio Foschini Morpurgo, vincitore della seconda fase del concorso (1937) risultano il fattore preminente dell’edificio, dove la massa poderosa dei corpi di fabbrica certifica l’adesione alla tradizione della costruzione in muratura7. Nel 1940, mentre il palazzo è ancora in costruzione, viene deciso di destinarlo a sede del ministero degli Affari esteri, dopo l’annullamento del concorso bandito a tale proposito: così il partito rimane senza sede nazionale e la questione viene definitivamente accantonata anche dal precipitare degli eventi bellici. Nel 1937 inizia l’iter per la realizzazione dell’E42 l’esposizione universale che avrebbe dovuto consacrare il primato della Roma imperiale, riproponendo modelli e dimensioni tali da giustificare gli ambiziosi obiettivi del regime. Sono i numerosi concorsi connessi ai diversi edifici dell’esposizione – tra tutti ricordiamo quello per il palazzo della Civiltà Italiana e quello per i Ricevimenti e Congressi – a fornire ai concorrenti l’occasione per interpretare la svolta auspicata dallo stesso capo del governo, che si traduce nella definitiva adesione a un linguaggio architettonico ispirato al classicismo di “archi e colonne” e l’abbandono del razionalismo come “stile” per la nuova architettura italiana. Sono proprio gli edifici ispirati ai dettami del razionalismo, dove è la “sincerità” della struttura costruttiva a dominare la composizione, a venire scartati: le pareti intese come semplici tamponamenti, le grandi aperture vetrate, vale a dire gli elementi che caratterizzano le architetture del Movimento Moderno nelle quali la struttura in calcestruzzo armato si manifesta in modo esplicito facendosi linguaggio, non convincono la commissione, dove pure è presente un campione del movimento moderno quale Giuseppe Pagano. Ma è proprio sugli esiti dei concorsi e della progettazione urbanistica dell’E42 che maturerà la frattura tra Piacentini e Pagano, inducendo il direttore di “Casabella” a una esplicita sconfessione di quello che era il progetto più ambizioso del regime. Quando nella relazione che accompagna il progetto R.Fagnoni, U. Nordio, progetto luglio 1938: sezione longitudinale A-B (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). 113 R.Fagnoni, U. Nordio, progetto luglio 1938: pianta del terzo piano (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). 114 di massima datato luglio 1938 dell’Edificio A (Edificio Centrale), Raffaello Fagnoni e Umberto Nordio nelle Considerazioni generali dichiarano che lo stesso «sarà concretato in forme architettoniche durevoli, fondamentalmente tradizionali nel ritmo e nella volumetria»8 e che hanno ideato «un’opera che deve durare nei secoli a testimonianza della civiltà nostra rifiorente nell’epoca Mussoliniana»9, confermano la forte valenza politica delle scelte architettoniche. In quanto al concetto della “durata” questo può ricollegarsi all’etimologia del sostantivo monumento che contiene la radice dei verbi manère e monère, dove si sommano il concetto di permanenza e quello di ammonizione, proprio ciò che deve comunicare una struttura monumentale, che assicura nei secoli la trasmissione di un contenuto. E nel dichiarare che il palazzo degli studi universitari assomma «funzione rappresentativa e pratica insieme» lascia presagire le difficoltà che tale abbinamento avrebbe potuto causare, riassunte emblematicamente nelle vicende dell’Aula magna. Questo «vuoto» grandioso che occupa il terzo e quarto piano dell’edificio A e si estende quasi per l’intera lunghezza del corpo di fabbrica intermedio, oltre a aver richiesto uno studio specifico per quanto riguarda gli aspetti strutturali10, costituisce l’ambiente più ricco di decorazioni ed è oggetto di una particolare attenzione in tema di arredamento. Con una superficie di mq 740 mq11 – 41,40 metri di lunghezza, 17,30 in larghezza e un’altezza di 11,40 – l’Aula magna dotata di accessi distinti per docenti, studenti e pubblico non solo è destinata alle conferenze, ma serve anche per le «Adunate», oltre che per le proiezioni e «riunioni culturali». All’interno dell’edificio infatti sono predisposti degli ambienti per ospitare le organizzazioni di partito collegate all’istituzione universitaria, quali il GUF, la Milizia Universitaria, l’Associazione Fascista della Scuola e la Mensa Goliardica. Anche questo ambiente quindi con le sue proporzioni risulta congruente a una ideologia politica che si esprime di preferenza con il fuori scala, che è una dimensione molto impegnativa sia a livello architettonico ma soprattutto struttura- 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste le, in un momento particolarmente difficile dato che le sanzioni inflitte all’Italia dopo la conquista dell’Etiopia, limitano l’impiego del ferro e dell’acciaio12. Nelle tavole di progetto datate luglio 1938 l’Aula magna è preceduta da un’antisala collocata sul lato sinistro e presenta il podio a gradoni disposto a emiciclo riservato ai professori sul lato corto opposto. Per accedere all’Aula si devono utilizzare i maestosi scaloni situati rispettivamente nell’ala destra e sinistra che costituiscono una scenografica promenade architecturale che si sviluppa per l’intera altezza dell’edificio. Sono gli stessi progettisti a delineare la particolarità degli scaloni e della loro struttura «Le rampe ed i ripiani intermedi girano liberi al centro delle gabbiescale, con i soli ripiani d’arrivo aderenti ai muri d’ambito. Questa sistemazione permise di rispettare la continuità delle finestre, senza tagliarle con solai, di far servire da atrio ai pianterreni degli scaloni, di ottenere una buona illuminazione diurna pur disponendo, data la collocazione delle scale, di scarse finestre, di conferire un organismo bene e fortemente articolato all’insieme, per mezzo dell’apertura di loggiati, e del movimento delle rampe. Le rampe e i ripiani intermedi sono a completo sbalzo, incastrate in una spina centrale di cemento armato lunga m. 6,40 larga m. 1,00, con le estremità curve»13. Per conferire alle pareti dei vani scala la valenza di una facciata esterna, l’intonaco è ripartito da suddivisioni che imitano i conci murari e tale accorgimento rende più agevole «la riparazione saltuaria delle pitturazioni»14. Le arcate dei loggiati che coronano le gabbie-scale sono un omaggio al palazzo della Civiltà Italiana (Guerrini, La Padula e Romano) definito il “Colosseo quadrato”, che Fagnoni e Nordio integrano con oculi e aperture con architrave, cosicché il prospetto diventa una sintesi delle possibilità a disposizione della progettazione, in nome di un sincretismo che caratterizza anche la struttura dove coesistono l’opera in muratura e il calcestruzzo armato. Nella prima versione l’Aula magna è illuminata da nove finestre a doppia altezza (suddivise in otto riquadri con traversi e montanti in pietra all’esterno) che si aprono sulla facciata prin- Nella foto Pozzar la gabbia-scale con le arcate dei loggiati e gli sbalzi circolari dello scalone principale, 1950 (Archivio A.E. Cammarata Trieste). 115 R. Fagnoni, U. Nordio, facciata interna dell’atrio con la rappresentazione di dodici bassorilievi da collocare sui parapetti delle aperture ad arco (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). cipale lato sud verso il golfo, mentre sul lato nord le dimensioni sono inferiori e la collocazione si trova in corrispondenza della parte superiore della parete. Nelle tavole datate aprile 1940 e negli studi a carboncino e matita su lucido riconducibili allo stesso periodo, la disposizione cambia, infatti il podio dove trovano posto i seggi per il rettore il senato e il corpo accademico viene addossato al lato lungo prospiciente il prospetto sud. Sui lati corti si trovano altre due pedane con tre gradoni riservate a professori e assistenti (in totale 105 posti a sedere) e di fronte trova posto il pubblico degli invitati con 324 posti a sedere e 500 in piedi per gli studenti15. Tale dislocazione è tuttora adottata e per contrastare l’effetto controluce i finestroni vengono schermati da «tendaggi di velluto colore oro vecchio-rosato sopra cortine di seta»16. Per consentire ai docenti di poter accedere ai posti a loro destinati, senza condividere l’ingresso per il pubblico, furono realizzate due scale di collegamento collegate direttamente con le salette di attesa e vestizione. Le considerevoli dimensioni dell’Aula magna hanno determinato delle difficoltà che l’intervento dell’ingegner Bianchini ha permesso di superare in maniera originale: sono gli anni infatti delle sperimentazioni autarchiche a causa delle restrizioni alle importazioni di ferro. Il problema di conferire al solaio di copertura una maggiore resistenza all’azione orizzontale, in particolare dovuta del vento di bora che soffia quasi normalmente alla facciata posteriore, e al contempo impiegare un quantitativo limitato di ferro a causa delle sanzioni, fu risolto da Bianchini con l’ideazione di un sistema di controventatura con 116 «una copertura reticolare costituita da travi principali a T, alle quali vennero aggiunti degli elementi diagonali orizzontali di piccola sezione posti a metà delle travi principali che conferivano alla copertura, oltre che un’elevata resistenza alle azioni orizzontali, anche un piacevole aspetto estetico»17. Le travi di controventatura si discostano dal soffitto di circa 50 centimetri e tale disposizione consente l’illuminazione indiretta 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste a soffitto dell’Aula, ottenuta da tubi luminescenti posti sulla parte superiore delle travature diagonali. La soluzione strutturale del soffitto costituisce l’elemento di maggior originalità dell’aula che altrimenti sarebbe risultata una semplice scatola, sia pure impreziosita dai rivestimenti e dalle decorazioni previste nel progetto datato aprile 1940. I disegni conservati nell’archivio Fagnoni presso l’Archivio di stato di Firenze e la cartella con tavole e puntuali descrizioni del progetto di arredamento individuata presso il Genio Civile di Trieste hanno restituito a questo spazio l’originaria configurazione, che era nota soltanto attraverso la descrizione che nella lettera datata 21 aprile 1950 ne aveva fatto il vice-presidente della commissione edilizia dell’Università, Domenico Costa. Questi nel sollecitare al Genio Civile di Trieste l’approvazione dei lavori di completamento dell’Aula magna in vista dell’inaugurazione prevista per il mese di novembre, ricordava che «Nel progetto 1941-42, elaborato per il Ministero LL.PP. di Roma con direttive di grandiosità anche nel trattamento dei particolari decorativi, si prevedeva un rivestimento delle pareti con lastre di marmo di valle Strona, materiale di aspetto prezioso, di colore opalescente translucido. Per attenuare la riflessione delle onde sonore sulla superficie marmorea speculare e per dare calore di accoglienza all’immensa superficie, ricca ma irrimediabilmente frigida, si prevedeva una decorazione di grandiosi arazzi figurati appesi alle pareti, che avrebbero ridotto la superficie scoperta a meno della metà»18. Dietro al bancone con i seggi per rettore e senato accademico si trova un grande arazzo le cui dimensioni sono pari in larghezza a quelle delle finestre che si aprono sulla stessa parete, un altro è collocato in corrispondenza della porta di ingresso alla sala e con probabilità viene replicato sul lato corto opposto, mentre gli altri sei appesi alla parete di fondo vengono alternati alla fila di finestre di dimensioni più contenute che nella tavola del «retroprospetto» delineano il volume dell’aula magna. Le indicazioni ricavabili dai disegni coincidono con quanto affermato da Costa nella lettera sopra ricordata, dove si proponeva di rinunciare agli R. Fagnoni, U. Nordio, progetto di arredamento per l’Aula magna dell’Università di Trieste, veduta prospettica, 1940 (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). 117 arazzi e al rivestimento in marmo della parete, a causa dei costi troppo elevati che tale soluzione avrebbe comportato, poiché l’Amministrazione Universitaria non avrebbe potuto in ogni caso accollarsi la spesa di decine di milioni per gli arazzi (almeno 10 pezzi ad una media di 2 milioni e mezzo l’uno comprendendo l’onorario per gli artisti di primo ordine da incaricare del disegno)19. 118 Ma non sono gli arazzi la sola sistemazione proposta, infatti esiste uno studio per la sistemazione dell’Aula magna dove la superficie della parete settentrionale viene decorata ad affresco, con figure appena abbozzate che lasciano intendere il ricorso a temi figurativi dai contenuti non meglio precisati. L’accenno agli «artisti di primo ordine» apre un capitolo molto interessante della storia dell’ateneo triestino, che è rimasto parzialmente incompleto a causa delle vicende storiche relative al periodo antecedente alla seconda guerra mondiale, ma soprattutto in quello post bellico. Almeno nella fase ideativa, vale a dire tra il 1939 e il 194020, la parte relativa alla decorazione era stata concepita in maniera ambiziosa, come documenta il carteggio tra i due progettisti conservato a Firenze21. Infatti in una lettera del 21 ottobre 1939 Fagnoni ricorda al collega triestino che sta aspettando conferma per stabilire l’incontro con Oppo e riferisce che l’intenzione di affidargli il lavoro, o meglio il coordinamento delle pitture, è stata ben accolta negli ambienti del ministero dei lavori pubblici. L’intenzione espressa si concretizzò effettivamente in un incontro e in una successiva collaborazione, confermata dalla risposta di Oppo (22 gennaio 1940) a un invito di Fagnoni volto a organizzare un incontro presso lo studio di Moschi a Firenze, con tutta probabilità per discutere dei bassorilievi da collocare sulle testate degli avancorpi. Cipriano Efisio Oppo è in quel momento l’uomo più influente del mondo artistico italiano, non a caso coprotagonista insieme a Marcello Piacentini dell’ambizioso progetto per l’E42. L’incarico di vice-presidente dell’Esposizione universale che gli fu assegnato nell’ottobre 1936 coronò una carriera costellata di importanti incarichi, dal 1928 al 1932 come se- 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste gretario generale del Sindacato fascista belle arti, nel 1932 responsabile artistico della mostra del decennale della Rivoluzione fascista quindi ideatore e segretario della Quadriennale nazionale d’arte di Roma (dal 1931): aver ricercato il contatto con Oppo è un’ulteriore prova della rilevanza nazionale attribuita al progetto per l’Università triestina. L’interesse per questo importante cantiere nel quale le opere d’arte e la decorazione avrebbero avuto un ruolo rilevante, così come si verificava in altri contesti italiani – dai palazzi per le poste, alla tante case del fascio, alle sedi di enti e ministeri – non esclude il coinvolgimento degli artisti cittadini: a Marcello Mascherini (allora segretario interprovinciale del Sindacato fascista delle belle arti) fu commissionata la realizzazione di quattro statue22 da collocare nel cortile anteriore compreso tra le ali e il portico alla sommità della monumentale scalinata. Sia i bozzetti ma soprattutto il preventivo di spesa furono oggetto di perplessità espresse dai progettisti nel loro carteggio e le riserve spiegherebbero la mancata realizzazione delle opere23. Un altro documento ritrovato a Firenze ci rivela che prima di affidare a Ugo Carà la realizzazione dei mosaici pavimentali posti nell’atrio dell’ala destra, l’incarico fu proposto a Guido Cadorin: esiste infatti una lettera dell’artista veneziano (5 novembre 1939) indirizzata a Fagnoni nella quale si esprime riconoscenza per la designazione ottenuta dall’architetto Nordio. Anche la proposta fatta a Cadorin non ebbe seguito, ma in questo caso l’artista scontava il fatto di non essere triestino o del territorio. Sia gli architetti che gli artisti coinvolti nel progetto dell’Università partecipano a concorsi e incarichi riferibili all’E42: il progetto di Nordio per il palazzo della Civiltà Italiana superò la prima selezione e ottenne il quinto premio24, mentre Fagnoni fu incaricato del progetto per l’edificio per la mostra dell’artigianato (1941) insieme a Giovanni Guerrini25 e Italo Gamberini, opera che non venne realizzata26. Come molti altri scultori italiani anche Mascherini, ebbe parte nel ciclo decorativo per il palazzo della Civiltà Italiana realizzando due sculture (L’archeologia e Il Studio per variante della sistemazione per l’Aula magna con la disposizione dei seggi e le decorazioni parietali, 1940 ca (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). 119 Sezione dell’Aula magna con particolari dell’arredo e della collocazione di un arazzo, 1940 (AUT). 120 genio del teatro), infatti Oppo considerava l’E42 «una grande esposizione di arte contemporanea, la più vasta che siasi mai mostrata in ‘atto’ e cioè non sistemata sulle pareti»27. La presenza di un apparato decorativo in altri edifici triestini contemporanei è riferibile a opere di Nordio, come la Casa del combattente (1929-1934, affreschi di Carlo Sbisà) e il palazzo della RAS (1934-36) in piazza Oberdan (affreschi di Achille Funi, mosaici di Felicita Lustig Frai e Graziano Grapputo) e infine casa Zelco (1933-1934, affreschi di Sbisà)28. È ancora Nordio a fare il nome di Sbisà a Marcello Piacentini per gli affreschi nella galleria del primo palazzo delle Generali in piazza della Borsa (1935-37)29. Il ricorso a un consigliere di prestigio quale Oppo per l’Università è una conferma ulteriore dell’importanza del progetto. A completare l’arredo dell’Aula magna vi sono le lampade «di vetro martellato di Murano a foggia di piccole plafoniere formanti file continue sulle facce inferiori delle travi delle travi diagonali di controventature»30, tanto da comporre una trama che ingentilisce il carattere strutturale del soffitto. Il disegno a losanghe che risulta dalla disposizione degli elementi di controventatura riconduce alla soluzione ideata per la Basilica (sala delle Colonne) nel palazzo Centrale dell’Università di Padova (1938-42), dove però la trama e lo spessore dei riquadri alludono al motivo classicheggiante dei lacunari31. Ma la differenza principale consiste nel fatto che a Padova il fattore estetico-formale prevale su quello strutturale, mentre a Trieste vi è una sostanziale equivalenza tra i due, come riconosciuto già nella relazione di progetto del 1938. Ma in qualche misura vi era in Fagnoni e Nordio l’intenzione di attenuare l’impatto del soffitto, così si spiega infatti la scelta di collocare un numero considerevole di lampade tanto da nascondere le travi diagonali, lasciando in evidenza solo quelle principali. Il progetto di arredamento del 1940 per le sedie degli invitati riproponeva il modello realizzato per l’aula conferenze della Scuola di Applicazione Aeronautica a Firenze progettata da Fagnoni (1937-1938), mentre in fase di realizzazione si preferì im- 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste piegare in forma semplificata il design previsto per le sedie del corpo accademico, con rivestimento in velluto color grigio rosa invece che rosso. Quando si interrompono i lavori nel 1943 l’Aula magna è ancora al grezzo e mancano tutti gli arredi, tanto che bisognerà aspettare fino al 1949 per il completamento; infatti oltre alle difficoltà dovute alle ristrettezze economiche e alle priorità stabilite dal Governo militare alleato individuate nella costruzione e nel recupero di alloggi e fabbriche, il completamento dell’Università risultò problematico anche sotto il profilo politico, in quanto l’edificio principale era compromesso con il passato regime. Inoltre alcune parti dell’edifico principale erano occupate dalle truppe alleate del 13 Corps e il rilascio non poteva avvenire in tempi brevi, infatti il passaggio dall’autorità militare a quella civile si sarebbe verificato soltanto nel 1947. Ma secondo il giudizio dei nuovi governanti ciò che costituiva l’ostacolo maggiore per il completamento della sede universitaria era il rilevante impegno finanziario, soprattutto se si fossero rispettate le indicazioni del progetto originario, che si riferivano a un edificio monumentale. Quando grazie alla caparbia insistenza del capitano John P. Simoni32, responsabile del dipartimento istruzione (Education Division) si tornarono a attivare le procedure per il completamento, si determinò la necessità di una radicale revisione del progetto. Nella tabella di marcia dei lavori si diede precedenza al completamento delle due ali allo scopo di permettere la ripresa dell’attività didattica, mentre il corpo centrale – nel quale si trovano al primo piano gli uffici del rettorato, la direzione amministrativa, gli uffici dell’economato e della ragioneria e al secondo le segreterie con gli sportelli per tutte le facoltà – venne sistemato per ultimo, compresa l’Aula magna che aveva un termine perentorio per la conclusione dei lavori, ovvero il 3 novembre 1950 per ospitare la solenne inaugurazione dell’anno accademico33. La prima modifica riguarda il rivestimento delle pareti che nelle tavole del progetto di arredamento del 1940 è composto da lastre rettangolari di marmo di Valle Strona disposte in senso Studio per la disposizione dell’Aula magna con l’inserimento del rosone di Mascherini, 1950 (ASTs, FTT, 26/1). 121 Particolari dell’illuminazione del soffitto dell’Aula Magna, 1940 (AUT). 122 longitudinale e con i giunti sfalsati, in modo che il bordo perimetrale risulta in asse con la parte mediana della lastra sottostante, creando una texture geometrica che spezza l’uniformità delle immense superfici parietali. Nel Computo metrico estimativo del 18 maggio 194934 vengono fornite indicazioni relativamente al pavimento che è previsto in linoleum con riquadri quadrati (m. 1x1) che viene adottato in via definitiva, mentre per il rivestimento delle pareti si prevede l’impiego di «lastre di ‘Impelmarmo’ giallo Siena chiaro di spess. 6-7 mm.». Nello stesso documento risulta poi che la decorazione delle travi del soffitto e del soffitto stesso dovrà essere realizzata con «intonaco tipo Terranova» e che saranno posti in opera «Controsoffitti in rete metallica fissata ad armatura di ferro tondo ø 3 mm. Sospesa a tiranti di filo di ferro zincato fissati alle soprastanti strutture in cemento armato». Questa voce almeno dalla descrizione sembra fare riferimento a una previsione di parziale mascheramento del soffitto, ipotesi plausibile in una fase in cui non era ancora previsto di collocare il calco del rosone creato da Mascherini per la veranda della turbonave Conte Biancamano. In una prima fase è previsto un bassorilievo (2,68 m in altezza per 9 m di lunghezza) da posizionare a fianco delle porte di ingresso sui lati corti indicato nella tavola 465 bis datata 15 gennaio 195035 e lo stesso Nordio ricorda che il rivestimento in Impelmarmo si integrava al «quadro complessivo dell’arredamento della sala, come completamento ad ampie zone delle pareti decorate a bassorilievo»36. Il disegno per le porte replica quello impiegato a Firenze nell’aula conferenze della Scuola di Applicazione Aeronautica, con la differenza che a Trieste i battenti sono quattro invece che due37. Ma anche questa variante è destinata a cambiare poiché Nordio, in accordo con la commissione edilizia universitaria e la Sovrintendenza ai monumenti, presenta al Genio Civile una ulteriore proposta che prevede di abolire il rivestimento in marmo e impiegare il rosone di Mascherini, tale soluzione a suo dire presenta un «vantaggio estetico e economico» pertanto 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste cadendo così la necessità di provvedere altre opere di scultura, anche il rivestimento di impelmarmo non è più opportuno e d’altra parte sarebbe poco consigliabile dal lato dell’acustica della sala. Ritengo quindi che si debba risolvere il rivestimento delle pareti in altro modo e precisamente con piastre ‘Sadi’ che per le superfici più articolate e per il materiale con il quale sono costituite, rispondono molto meglio dal punto di vista estetico e acustico. Con questa soluzione si ha pure un notevole vantaggio economico38. L’ispettore generale del Provveditorato alle Opere Pubbliche nel trasmettere alle autorità superiori la proposta di Nordio dichiara di condividere il parere del Genio Civile circa l’inopportunità di applicare al soffitto stesso il previsto rosone dello scultore Mascherini, che troverebbe […] sede conveniente in ambiente riccamente decorato, non già nella sala in discorso improntata a severa austerità39. Il rivestimento in lastre di marmo inoltre costituisce «il logico complemento a quei criteri di austerità ma anche di grandiosità e ricchezza che presiedettero alla progettazione della sala stessa»40. Le valutazioni concordi dei due funzionari lasciano comprendere la difficoltà a apportare modifiche a un progetto che era stato concepito in un altro contesto storico e artistico, quando concetti quali «grandiosità» e «durata secolare» si abbinavano con il marmo o la pietra, materiali adatti alla nobiltà della sala. Il materiale proposto da Nordio – lastre di stucco pressate tipo «Sintelit Sadi» – non soddisfa tali esigenze, né offre garanzie in quanto a durata e resistenza. Nonostante il Department of Public Services concordi con la valutazione dell’ispettore Prucher41, il professor Costa ribadisce che la commissione edilizia universitaria ha escluso l’impiego del rivestimento in marmo innanzitutto per «ragioni acustiche» e poi per motivi economici derivanti dal costo per gli arazzi previsti nel progetto di arredamento del 1940. A parere della commissione, pertanto, la soluzione con le piastre e il rosone prospettata da Nordio si presenta «adeguata funzionalmente ed esteticamente, nei limiti di una bene intesa economia»42. Ma non è semplice per Nordio coniugare la gran- Le sedie dell’Aula magna prima della sostituzione, in alto a sinistra (foto di Alida Cartagine, Circolo Fotografico Triestino). R.Fagnoni, le sedie dell’Aula conferenze nella Scuola di Applicazione Aeronautica a Firenze, in alto a destra (foto di Valentina Fernetti). R.Fagnoni, U. Nordio, progetto di arredamento per l’Aula magna, particolare di una sedia, tipologia B, 1940, (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). R.Fagnoni, U. Nordio, progetto di arredamento per l’Aula magna, particolare di una sedia, tipologia C, 1940 (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). 123 124 diosità con le limitazioni economiche, così ai pannelli di stucco vengono riservate particolari attenzioni, tali da conferire loro la parvenza di un rivestimento in pietra, infatti la superficie delle piastre SADI è decorata «con rilievi di forme geometrica regolare (rombi-quadri-cerchi o strisce)»43, inoltre i bordi saranno smussati e «la superficie lavorata a mano sul tipo della pietra sbozzata o conchette irregolari o graffiata»; infine è prevista una patinatura color oro vecchio. Dal primo stile della pittura pompeiana con le pareti ricoperte da affreschi a imitazione delle lastre di marmo alle colonne in mattoni che Palladio impiega al posto di quelle in pietra, nella storia dell’architettura vi sono innumerevoli esempi di sostituzione di materiali costosi con altri più economici: si comprende pertanto la cura che Nordio dedica alle lastre, studiandone superficie e tonalità, al fine di non impoverire l’Aula magna, anzi cercando di correggere alcuni inconvenienti che il marmo avrebbe potuto comportare, sia in termini di acustica ma anche per la freddezza che ne sarebbe derivata: da qui la decisione di lavorare la superficie delle lastre per evitare la percezione di regolarità e la patinatura in oro vecchio onde conferire calore all’ambiente. Una volta stabilita la forma delle lastre – rettangolare – e dato che gli arazzi previsti vengono accantonati, si eliminano anche le finestre sul lato settentrionale. Tale soluzione fu dettata «dalla necessità di irrigidire la struttura e ridurre la superficie finestrata nella direzione nord – nord est dalla quale soffiava la bora»44. Anche le lampade studiate per l’illuminazione a parete formate «da corpi illuminanti a parete del tipo a candela con bracci di ottone martellato e spazzolato» grazie alla «candela di lamierino bianco a luce riflessa sulle pareti a mezzo di un gioco di doppi schermi»45 concorrono a creare un suggestivo effetto di controluce, con alone luminoso che proietta le sagome sulle superfici. In sostituzione dell’arazzo previsto dietro il bancone del Senato viene appeso il drappo disegnato e ricamato da Anita Pittoni esposto alla Triennale milanese del 1940 che raffigura i “Li Fioretti di sancto Francesco”46. 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste Il rosone che fa parte della decorazione ideata per il riallestimento del Conte Biancamano, diventa il simbolo della rinascita di una storica tradizione imprenditoriale triestina rappresentata dalla cantieristica e di conseguenza della città stessa. Il riallestimento del transatlantico acquistato dalla Società Navigazione Italia fu eseguito presso i cantieri di Monfalcone tra il 1948 e il 1949 e la decorazione, dopo un concorso, venne assegnata a tre degli studi di progettazione navale più importanti in Italia, due triestini – Gustavo Pulitzer47 e il gruppo composto da Nordio, Aldo Cervi, Vittorio Frandoli e Romano Boico – e uno milanese diretto da Giò Ponti in collaborazione con Nino Zoncada48. La definizione di «galleria galleggiante» coniata da Ponti per i transatlantici è calzante infatti vi parteciparono una quarantina di artisti (in maggioranza triestini e giuliani) tra i quali Mascherini, che collaborò con il gruppo di Nordio realizzando per la veranda di prima classe il rosone raffigurante il viaggio degli Argonauti e Giasone alla ricerca del vello d’oro. Oltre a ammirare i rilievi suddivisi in tre cerchi concentrici con le due circonferenze esterne decorate da motivi di aironi, molluschi e crostacei e quella interna recante la composizione figurata, i passeggeri trovavano su ogni tavolo della veranda «un libriccino che illustrava la storia di Giasone associando a ogni particolare dell’opera i versi delle Argonautiche di Apollonio Rodio»49 ai quali l’artista si era ispirato. Già a livello espressivo i rilievi di Mascherini sono radicalmente diversi dalla monumentalità e dai volumi pieni delle quattro statue che dovevano essere collocate sul piazzale dell’Università: nel raccontare le peripezie degli Argonauti durante il viaggio attraverso il fiume Istro (ora Danubio) per raggiungere il Mediterraneo dopo aver attraversato la terra che chiamarono Istria50, l’artista predilige una linea spezzata, figure asciutte e scattanti, essenziali e vibranti, confermando anche a livello figurativo il profondo cambiamento che si era verificato51. È plausibile che sia stato Nordio a proporre alla commissione edilizia universitaria di decorare il soffitto dell’Aula magna con il calco del rosone, per il quale fu coinvolta R. Fagnoni, porta di ingresso nella Scuola di Applicazione Aeronautica a Firenze, in alto a sinistra (foto di Valentina Fernetti). R. Fagnoni, U.Nordio, studio per la decorazione della parete dell’Aula magna in corrispondenza delle porte di ingresso, 1940, in alto a destra (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). Il rivestimento delle pareti dell’Aula magna è realizzato da Umberto Nordio con lastre di stucco, in basso a destra (foto di Alida Cartagine, Circolo Fotografico Triestino). 125 la stessa ditta SADI di Vicenza che aveva realizzato l’originale. Il calco venne autorizzato dall’armatore la Società Marittima Nazionale che di buon grado aderì alla richiesta dell’Università. Le proporzioni dell’anello con un diametro esterno di m. 11,60 e interno di m. 5,40 erano tali da poter costituire un centro architettonico-decorativo che coronasse il centro funzionale e plastico dell’aula, cioè la zona dei seggi, spostata alquanto rispetto al centro geometrico; inoltre la forte accentuazione centrale ottenuta con quest’opera d’arte, serviva a correggere l’effetto di eccessiva lunghezza inerente alle dimensioni dell’aula ed alla disposizione dei podi secondo l’asse trasversale; la trasparenza del rosone e la sua sospensione a tre metri sotto il soffitto (otto metri e mezzo dal pavimento) non alterano d’altronde l’effetto di continuità delle travature illuminanti, anzi lo divertono52. Sia il progettista che i componenti della commissione erano probabilmente consapevoli che i contenuti dell’opera facevano riferimento al mito greco e riconducevano le origini della città non già alla «romanità» voluta dal fascismo, ma alla Tergestra citata nei Frammenti di Callimaco. Nell’Aula magna dell’Università il mito di fondazione della città viene rivisitato e alla classicità nel segno di Roma subentra quella della Grecia degli eroi avventurosi, degli esploratori e dei naviganti che anelano a raggiungere terre sconosciute, personaggi che sono animati da una inesausta voglia di conoscere: metafora calzante per una istituzione universitaria, che nella sua sala più importante sceglie di esporre un’opera che ne rappresenta l’obiettivo principale, il desiderio di sapere. Questi infatti sono i valori che Nordio mette in evidenza nella relazione illustrativa: 126 Il mito, secondo interpretazioni recenti, simboleggia l’aspirazione dell’uomo alla sapienza e all’elevazione dello spirito. L’opera è quindi degna di un’Università anche per significato, oltre che per arte53. Ma allo stesso tempo gli Argonauti e Giasone sono i mitici antenati di tanti avventurosi e ingegnosi triestini che grazie al mare e alla loro intraprendenza hanno contributo alla propria fortuna e a quella della città. Questo ritorno alla classicità mediterra5. L’Aula magna dell’Università di Trieste nea fa riemergere quello che è il modello di riferimento architettonico più plausibile dell’Edificio A, ovvero l’altare di Pergamo, capolavoro dell’arte ellenistica e monumento per eccellenza54. La scenografica collocazione del complesso universitario, che lo fa diventare il nuovo fuoco prospettico della scena urbana triestina, ne avvalora la vicinanza con i santuari ellenistici, ma è lo stesso Nordio a svelare una chiave di lettura ateniese, quando in una lettera a Fagnoni a costruzione iniziata annota che «dai volti di Chiozza sembra l’Acropoli»55. L’inclusione dell’arte ellenistica lascerebbe trapelare le ambizioni del regime per il dominio del Mediterraneo orientale56 e l’ipotesi trova conferma nella decorazione prevista per il soffitto dell’aula per il Senato accademico, raffigurante la mappa del bacino del Mediterraneo57. Se nel 1938 il mondo greco ellenistico poteva sembrare difforme dalla onnipresente romanità, nel 1950 contribuisce a mitigare quella connotazione ideologica che il fascismo aveva attribuito all’edificio e al complesso universitario. La monumentalità rimane ma ora viene declinata secondo altri parametri che hanno il compito di dare un nuovo ruolo all’edificio, anche se la sua funzione di baluardo della civiltà italiana rimane, in quanto il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale è profondamente diviso e la linea di confine passa a pochi chilometri dal monte Fiascone (Valerio)58. Anche il progetto di arredamento complessivo è sottoposto a una revisione dei costi, anche se per alcuni ambienti, quali l’Aula magna, la sala del consiglio e lo studio del Rettore, si decise di conferire un «carattere di particolare dignità rappresentativa e, pur modernamente intesa, una nota di fedeltà alla grande tradizione italiana»59. Il bancone del Senato, in legno di noce naturale, nella parte anteriore presenta sette specchiature impiallacciate in radica, una decorazione replicata anche nel podio. Delle due tipologie di sedie previste nel progetto di arredamento del 1940, quella contrassegnata dalla lettera “B” per i docenti e corpo accademico è stata realizzata con lievi modifiche60, mentre la serie 127 Veduta dell’Edificio centrale con i rilievi di Moschi già collocati, mentre mancano quelli dell’ala sinistra, 1950 ca. (APV). 128 “C”61 risulta essere stata riadattata in una forma più semplice, che ha abolito il sedile ribaltabile e i braccioli configurando una soluzione più consona, che allo stesso tempo si integrava con l’altra tipologia. La solenne inaugurazione che si svolge il 3 novembre 1950 nell’Aula magna consegna in forma ufficiale alla città la nuova sede universitaria che nell’arco di pochi anni ha visto radicali cambiamenti che hanno avuto comunque delle ricadute sulla struttura. La monumentalità imposta da Mussolini si è rivelata un fattore problematico, tanto che il GMA in un memorandum del 1951 che ha come oggetto i Building Plans dell’Università come prima «recommendation»62 chiede che l’edificio B già costruito sia sottoposto a revisione radicale per quanto riguarda la disposizione degli interni ma anche la decorazione e la dotazione degli arredi. Ciò che infatti ha colpito l’estensore della relazione è il modo con il quale «the available space in the new University is extravagantly used»63 deducendo che tale incoerenza è forse frutto di una impostazione originaria. Agli occhi di un americano o un inglese i laboratori, gli studi dei professori e gli arredi oltre che le dotazioni didattiche sono eccessivamente lussuosi e di conseguenza costosi. Ciò che colpisce in particolare è l’irrazionalità di alcune scelte, la scarsità di organizzazione, l’incapacità di programmare costi e gestione degli spazi: una fotografia tutto sommato oggettiva di uno scenario profondamente mutato, nel quale gli stessi progettisti che avevano ideato l’edificio monumentale si ritrovano a operare, per adeguarlo alle nuove condizioni. In occasione della ripresa dei lavori di sistemazione dell’ala sinistra il Genio Civile di Trieste rileva che «si rende indispensabile l’opera per lo meno dell’architetto residente a Trieste, dott. Umberto Nordio»64 e propone di affidargli l’incarico per la consulenza artistica e le modifiche da apportare al progetto in considerazione della nuova destinazione d’uso dei locali. La scelta è dettata dalle difficoltà per Fagnoni di lavorare in un territorio estero come era Trieste negli anni del GMA, ma trapela anche il ruolo importante 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste assunto da Nordio per il completamento di altri progetti iniziati nel corso del ventennio e conclusi nel dopoguerra, quali l’ex Casa centrale del Balilla in piazzo Oberdan o ex novo come il quartiere della Fiera. È altresì apprezzata la competenza in fatto di materiali e strutture che gli consentono un dialogo proficuo con il GMA, dato che i suoi interlocutori agiscono in base a considerazioni di tipo tecnico e criteri di rigorosa economia. Le linee guida dettate dalla commissione edilizia e dal consiglio di amministrazione sono adeguate al nuovo scenario che impone restrizioni, che per Nordio comportano la ricerca di un difficile equilibrio Le direttive erano per un tipo di arredamento solido e di grande durata; per i locali principali, di un carattere adeguato alla dignità e alle proporzioni dell’edificio. Venne osservata quindi la massima economia compatibile con una ottima esecuzione dell’arredamento, criterio sano e veramente, non apparentemente economico. Troppo spesso al giorno d’oggi si mira a risparmiare sulla spesa d’acquisto, senza pensare alla spesa di manutenzione; un oggetto di qualità mediocre o scadente costa in media dal 10 al 20 per cento in meno dell’oggetto di qualità ottima, ma in realtà vale almeno il 50 per cento in meno, tenendo conto dell’onerosa manutenzione65. Il progetto per l’aula del Senato accademico differisce da quanto previsto nel 1940, il tavolo in radica di rovere ha una curvatura a gomito invece che forma rettangolare, mentre al posto delle sedie in noce naturale sono state realizzate poltroncine con sedile e schienale molleggiato e braccioli in gommapiuma foderate in pelle di vacchetta color naturale. La decorazione a encausto del soffitto con la rappresentazione del bacino del Mediterraneo, quale scenario delle ambizioni del regime, non è stata realizzata. I riflettori mobili con asta e piedestallo in metallo (sul tipo della lampada Luminator di Pietro Chiesa per Fontana Arte)66, e le lampade a candela a parete con due bracci invece che tre come in Aula magna, sono ancora presenti nei locali del Rettorato oltre che nell’aula del Senato. Nel progetto originale erano state previste tre tipologie di aule per lezioni che variavano tra di loro per Foto dello scalone con i mosaici pavimentali realizzata dallo studio Pozzar (APV). 129 130 forma e numero di posti, quelle a gradinata rettilinea (tipo A con 100 posti, B 40, C 110, I 44 e L 40), a banchi isolati e mobili (tipo D con 35 posti, E 25, F 30, G 24 e M 48) e quelle con gradinata ad anfiteatro (H con 184 posti). Nell’ala destra a pianoterra si conservano due aule con l’arredo originale con gradinata rettilinea, un’aula nell’ala sinistra, mentre l’aula Venezian al secondo piano è l’unica a presentare la tipologia ad anfiteatro. L’aula Bachelet (secondo piano) conserva alcune caratteristiche dell’aula per esami di laurea, il rivestimento delle pareti in legno fino a m. 2,60 e due mobili oltre al gonfalone donato dal rettore di Padova, Carlo Anti e realizzato su disegno di Giò Ponti nel 194067, all’epoca impegnato nel completamento delle decorazioni e degli arredi del Palazzo del Bo e del Liviano. Le forme semplici e funzionali delle aule e delle sale dell’ateneo triestino rimandano al design razionalista di Giuseppe Pagano per l’Università Bocconi a Milano, anche se Nordio privilegia l’impiego del legno (abete, faggio, olmo) e non prende in considerazione elementi in metallo. Anche il sistema di illuminazione provvisto di lampade a sospensione con globo opalescente riecheggia quello impiegato alla Bocconi. Se la decorazione dell’Aula magna viene modificata in fase di completamento dopo la guerra, il pavimento dell’atrio nell’ala destra e lo scalone conservano l’apparato ornamentale originario. Inizialmente era stato previsto di sistemare in questa ala la facoltà di Economia e commercio, quindi nel 1941- in attesa di completare la nuova sede per la facoltà di Ingegneria Navale e Meccanica - vennero effettuati i lavori per la sistemazione provvisoria della sezione di Navale68. In una lettera che l’architetto Umberto Nordio indirizza a Fagnoni per informarlo sullo stato di avanzamento dei lavori, vengono citati il pavimento a mosaico e i bassorilievi dello scalone: è il 4 novembre 1942 e il completamento dell’edificio è a buon punto, almeno per quanto riguarda l’ala dove si trovano le opere. Apprendiamo che Ugo Carà sta lavorando speditamente e ha mandato «in traduzione»69 i cartoni a Udine presso la ditta 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste Avon, mentre per i parapetti «a pluteo» Nordio specifica che ha convinto Carà a «tradurli in pietra lavorata a scalpello», preferendo questa soluzione alla lavorazione a lucido. Un altro documento ritrovato a Firenze ci rivela che prima di affidare a Ugo Carà la realizzazione dei mosaici pavimentali, l’incarico fu proposto a Guido Cadorin: esiste infatti una lettera a firma dell’artista veneziano (5 novembre 1939) indirizzata a Fagnoni nella quale si esprime riconoscenza per la designazione ottenuta dall’architetto Nordio70. Ma tre anni dopo la commessa viene affidata a Carà che a proprio favore annovera anche il radicamento nel territorio, un fattore che il Sindacato artisti della provincia di Trieste, allora guidato da Marcello Mascherini, aveva espressamente ricordato ai progettisti. Nell’archivio della Scuola Mosaicisti di Spilimbergo è conservata la richiesta per il preventivo (marzo 1942) del pavimento d’ingresso dell’Università di Trieste71: nella lettera Ugo Carà elenca le figure dei cartoni che rappresentano la Trieste romana e quella contemporanea, l’arco dei Sergi, San Giusto fra i martiri triestini, il porto romano di Trieste contrapposto a quello moderno e alle industrie, la figura di Mercurio dio del commercio, la rosa dei venti, l’alabarda e gli stemmi delle città istriane, contenuti compatibili con la prevista collocazione nell’ala destra della Facoltà di Economia oltre che di Ingegneria navale. Nell’aprile 1942 Carà spedisce il bozzetto del pavimento e un disegno dal vero a Spilimbergo e in seguito la Scuola Mosaicisti comincia a trattare direttamente con l’architetto Nordio e l’impresa Igliori, ma nel settembre dello stesso anno i lavori non sono ancora iniziati. La lettera ritrovata nel fondo Fagnoni documenta che per l’esecuzione si optò per affidare una prima fase esecutiva a Gino Avon, valente mosaicista e già collaboratore dell’architetto Nordio. L’uso di tessere di marmo bianco e nero imita il mosaico romano molto impiegato nella vicina Aquileia e si ricollega alle tante realizzazioni della Scuola Mosaicisti di Spilimbergo per il complesso del Foro Italico a Roma (piscine e viale) tra il 1936 e il 1937. Efficace anche il contrasto tra lo scalone dalle forme ae- In occasione dell’inaugurazione dei lavori di restauro del pavimento musivo dell’ala destra, nel 2012, sono stati ricollocati i “plutei” di Ugo Carà nei loggiati del vano scale centrale (AUT). 131 Il pavimento musivo di Ugo Carà nell’ala destra ripreso dalla sommità dello scalone, 1950 (APV). 132 rodinamiche e il rivestimento a tessere musive in travertino del montante centrale, dal quale si stagliano gli aggetti circolari dei pianerottoli intermedi, vere e proprie terrazze a sbalzo protese nell’immenso vuoto del vano centrale. Una tavola (non datata) che raffigura il prospetto con i porticati che si affacciano sul vano scala ha fornito la soluzione al quesito inerente i dodici bassorilievi - realizzati da Ugo Carà e citati nella corrispondenza tra Nordio e Fagnoni – mai collocati in opera e per lungo tempo abbandonati nel giardino antistante l’Edificio Centrale Aule. I rilievi erano destinati a chiudere le arcate dei loggiati che prospettano sul vano scala, contribuendo a arricchire con i rilievi il grande vuoto della gabbia-scale. Le figure che vi sono rappresentate in forma di corteo, fanno riferimento ai diversi protagonisti della realizzazione dell’Edificio Centrale (progettisti, committenza, autorità cittadine)72, ognuno dei quali può ritrovarsi in una citazione o in un’immagine. L’esatta ubicazione dei «parapetti a pluteo» (come li definisce Nordio) è documentata in maniera adeguata nella lettera del (4 novembre 1942) dove l’architetto illustra le richieste fatte a Carà per adeguare la tecnica di lavorazione al contesto e per evitare l’effetto «lezioso»73. In occasione dei lavori di restauro al mosaico pavimentale realizzati nel 2012, anche i bassorilievi sono stati ricollocati togliendoli dall’oblio in cui erano rimasti per anni74. In questo riannodare i fili del passato riecheggia il motto «Ricorda e splendi» che il rettore Cammarata fece apporre sul sigillo dell’Università commissionato a Tranquillo Marangoni nel 1950: «Si trattava di un voluto richiamo all’iscrizione che era stata apposta sul basamento del Faro della Vittoria “Splendi e ricorda i caduti sul mare”»74. Il gonfalone su fondo rosso e ricamo in oro, che riproduceva il nuovo sigillo con il faro della Vittoria e la basilica di san Giusto donato dalle università italiane, fece il suo ingresso nell’Aula Magna il giorno dell’inaugurazione76 e fu collocato dietro il bancone del senato accademico a fianco dell’arazzo di Anita Pittoni, a suggello di una memorabile giornata che sanciva la rinascita dell’istituzione universitaria. 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste R. Fagnoni, U. Nordio, progetto per l’arredo di un’aula a gradinate, 1940 (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 37). 133 1 Una visita ai lavori della nuova Università, in: “Il Piccolo della Sera Il Popolo di Trieste”, 1° giugno 1942. 2 P.Nicoloso, Mussolini architetto. Propaganda e paesaggio urbano nell’Italia fascista, Torino, Einaudi, 2008, p.117. 3 G. Ciucci, “Roma capitale imperiale” in: Storia dell’architettura italiana. Il primo Novecento, a cura di G. Ciucci e G. Muratore, Milano, Electa, 2004, p. 404. 4 Anche Nordio partecipò al concorso di primo grado insieme a Aldo Cervi, Marcello Mascherini e Augusto Cernigoj (Elenco inventario fondo archivistico Nordio-de Farolfi, a cura di A. Peschier, 2010). 5 P.Nicoloso, op.cit., pp. 140-143. 6 Ivi, p. 141. 7 L’area in cui viene realizzato il palazzo è nel contesto del Foro Mussolini, ora Foro Italico, alle pendici di Monte Mario, dove ha sede il complesso sportivo. 8 R. Fagnoni, U. Nordio, La nuova sede dell’Università di Trieste, in: “Annali dei Lavori Pubblici”, XVI, 1938, 9, p.790. Presso l’Archivio di stato di Firenze nel fondo Fagnoni è conservata la relazione dattiloscritta datata luglio 1938. 9 Ibidem. 134 10 I «caratteri costruttivi» sono illustrati nella relazione dei progettisti pubblicata in “L’Architettura Italiana” (La nuova sede della R.Università di Trieste, settembre 1938, pp.268271), ai quali si aggiunge la ricerca per la tesi condotta da Elena Pavani, in parte pubblicata in “Archeografo Triestino” (E. Pavani, La tecnologia del calcestruzzo armato tra le due guerre, esperienze innovative: il caso dell’Edificio centrale dell’Università di Trieste, in: “Archeografo Triestino”, s. IV, vol. LXXV, 2015, pp. 417-434). 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste 11 La dimensione della superficie risulta di 540 mq nell’articolo pubblicato in “L’Architettura Italiana” (La nuova sede…op.cit., p.267), mentre nella relazione manoscritta conservata nell’archivio Fagnoni viene riportata la dimensione corretta, mq. 740. 20 AST, T 10/4, perizia 1328, dd. 21.10.1946. Nella lettera del Genio Civile vengono riepilogati gli incarichi di Fagnoni e Nordio riferiti al progetto per l’università e risulta il disciplinare di incarico per l’arredamento parziale in data 31.7.1939. 12 La prima limitazione viene imposta con il RDL n.2105 del 22 novembre 1937, segue una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici nel febbraio 1938, quindi il divieto assoluto con il RDL n.1326 del 7 settembre 1939: per ulteriori informazioni sulla sperimentazione autarchica: T. Iori, Il cemento armato in Italia dalle origini alla seconda guerra mondiale, Roma, Edilstampa, 2001, pp.157-89. 21 ASF, archivio Fagnoni, corrispondenza con Cipriano Efisio Oppo (22 gennaio 1940), Antonio Maraini (6 ottobre 1939), Guido Cadorin (5 novembre 1939), Franco Asco (7 ottobre 1939). 13 R. Fagnoni, U. Nordio, Il nuovo Centro Universitario di Trieste, fascicolo a stampa, s.d. (ma 1951), p. 25. La pubblicazione riunisce due articoli a firma dei progettisti pubblicati nella rivista “Tecnica Italiana” tra il 1950 e il 1951 e si trova presso l’Archivio storico dell’Università di Trieste, b. 418. 14 Ivi, p. 21. 15 In una tavola con lo studio per una variante dell’aula magna i posti a sedere per gli invitati sono 360 e per assistenti e professori sono 84 che vanno a sommarsi ai 39 previsti per il senato accademico. Nella relazione sulla sistemazione edilizia il rettore A.E. Cammarata in merito alla capienza indica 1700 persone, di cui 700 sedute. 16 R. Fagnoni, U. Nordio, Il nuovo Centro Universitario di Trieste.., cit., p. 21. 17 E. Pavani, op. cit., p. 429. 18 AST, FTT, b. 26/1, perizia 2544, dd. 21.4.1950. 19 Ibidem. Nel progetto di arredamento datato aprile 1940 si citano 9 arazzi. 22 La fotografia del modello pubblicata a corredo della presentazione del progetto nella rivista “L’Architettura Italiana” (La nuova sede della R.Università di Trieste … op.cit., pp. 263, 265, 267) presenta una variante con sei statue, mentre nelle tavole di progetto datate luglio 1938 ce ne sono quattro, collocate in modo da alternarle alle retrostanti arcate del portico. 23 «Le fotografie dei quattro bozzetti rivelano, come ammette anche il Mascherini, uno studio piuttosto affrettato. Io riterrei opportuno di maturare assai meglio queste idee prima di sottoporle al Ministero», lettera di Fagnoni a Nordio, ASF, archivio Fagnoni, 28 marzo 1939. 24 Accanto a Nordio figurano l’architetto Aldo Cervi, Ugo Carà per la parte decorativa, mentre il programma del museo è affidato a Gino de Farolfi (Il Palazzo della Civiltà Italiana. Architettura e costruzione del Colosseo Quadrato, a cura di S. Poretti, M. Casciato, Milano, Federico Motta editore, 2002, p. 48). Sempre nell’ambito dei progetti per l’E42 Nordio partecipa al concorso a inviti per il Palazzo dell’Acqua e della Luce che si conclude senza assegnare il primo premio (1939). 25 Insieme a Ernesto La Padula e Mario Romano, Guerrini è autore del progetto vincitore del concorso del palazzo per la Civiltà Italiana. 26 E42 Utopia e scenario del regime. Urbanistica architettura arte e decorazione, cat. mostra 135 R. Fagnoni, U. Nordio, progetto per l’arredo di un’aula a banchi isolati e mobili, 1940 (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 37). a cura di M. Calvesi, E. Guidoni, S. Lux, II vol., Venezia, Marsilio, 1992², pp.509-10. 34 AST, FTT, b. 26/1, perizia 2544, dd. 18 maggio 1949. 27 Ivi, p. 360. 35 Ivi. 28 D. Barillari, L’architetto e il pittore, Umberto Nordio e Carlo Sbisà, in: Carlo Sbisà: “ai quadri miei non dan libero passo”, atti del convegno a cura di L. Caburlotto, M. De Grassi, Trieste, EUT, 2014, pp. 233-234. 36 AST, FTT, b. 26/1, dd. 31 gennaio 1950, lettera di Umberto Nordio al Genio Civile e alla Commissione edilizia dell’Università di Trieste. 29 Ibidem. 30 R. Fagnoni, U. Nordio, Il nuovo Centro Universitario di Trieste.., cit., p. 19. 31 Il progetto vincitore del concorso è opera dell’architetto Ettore Fagiuoli e l’ingegner Enea Ronca, ma di fatto Giò Ponti incaricato dal rettore anche di curare arredi e decorazioni, interviene nelle scelte architettoniche (V. Dal Piaz, “Il cantiere Università durante il rettorato di Carlo Anti,” in : Carlo Anti. Giornate di studio nel centenario della nascita, Trieste, Lint, 1992, 241-285. 32 Il carteggio tra J.P.Simoni, il prorettore dell’Università Salvatore Satta (29.7.194531.10.1946), il direttore del Public Works Department, E.H. Richardson documenta il difficoltoso iter del progetto (ASTs, FTT, 10/4). I lavori riguardavano l’ala sinistra che, come il corpo centrale, era ancora al grezzo. 136 33 A.E. Cammarata, Università di Trieste. Relazione sulla sistemazione edilizia, s.d. (1950 ca.), AUT, b. 420.1. Il rettore Cammarata, oltre a delineare lo stato di conservazione dell’edificio, elenca i lavori eseguiti dopo la derequisizione: «1947-48 edificio principale, riparazione danni di guerra, 1948 adattamento dell’ala destra per la facoltà di Scienze, 1948-50 completamento dell’ala sinistra, 1948-50 completamento del corpo centrale, 1950 completamento degli accessi e sistemazione del terreno circostante, 1949-50 arredamento completo dell’edificio». 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste 37 La porta in rovere o noce è completata da piccoli riquadri sagomati (si veda tav. n. 423, 8.4.1949, AST, FTT, 26/1). Il capitolato di appalto (Ivi, 18 maggio 1949) riporta la stessa indicazione e aggiunge la lucidatura a spirito. Nella relazione pubblicata a stampa si specifica che le porte sono in noce con «riquadrature rivestite con quadrelli di linoleum rigato da 6 mm. alternativamente disposti in senso verticale e orizzontale, leggermente patinati in oro vecchio» (R. Fagnoni, U. Nordio, Il nuovo Centro Universitario di Trieste.., cit., p. 20). 38 Ivi. La copia della lettera di Nordio, insieme alle considerazioni dell’ingegnere capo del Genio Civile (20 marzo 1950), viene trasmessa dall’ispettore generale del Provveditorato alle Opere Pubbliche (23 marzo 1950) al Department of Public Services dal quale dipende il Department of Public Works. 39 AST, FTT, b. 26/1, dd. 23 marzo 1950. Lettera del Provveditorato Opere Pubbliche al Department Public Services. 40 Ibidem. 41 AST, FTT, b. 26/1, perizia 2544, dd. 15 aprile 1950. 42 AST, FTT, b. 26/1, perizia 2544, dd. 21 aprile 1950. 43 AST, FTT, b.26/1, perizia 2544, dd. 5 maggio 1950. 44 E. Pavani, op. cit., p. 427. 45 R. Fagnoni, U. Nordio, Il nuovo Centro Universitario di Trieste.., cit., p. 20. 46 La tenda ricamata (Li Fioretti di santo Francesco) venne esposta nella mostra dell’E.N.A.P.I., insieme a due tende eseguite dal laboratorio artigiano dell’artista triestina su disegno di Agnoldomenico Pica (Guida VII Triennale di Milano, Milano 1940, p. 94; B. Malusà, “Anita Pittoni”, in : “Ricorda e Splendi” Catalogo delle opere d’arte dell’Università degli studi di Trieste, a cura di M. De Grassi, Trieste, EUT, 2014, pp. 168-169. 47 Gustavo Pulitzer Finali dopo aver lasciato Trieste nel 1939 per gli Stati Uniti, nel 1947 rientra in Italia e stabilisce la sede dello studio a Genova (D. Riccesi, Gustavo Pulitzer Finali il disegno della nave. Allestimenti interni 19251967, Venezia, Marsilio, 1985). 48 N.F. Pulitzer, “Il Conte Biancamano. Come cambia lo scenario dell’architettura navale nel secondo dopoguerra” in: Trieste anni cinquanta. La città delle forme architettura e arti applicate a Trieste 1945-1957, cat. mostra a cura di F. Caputo e M. Masau Dan, Trieste, edizioni Comune di Trieste, 2004, pp. 96-113. Si veda inoltre L. Crusvar, ”Il transatlantico: l’incontro tra arte e tecnica negli interni navali degli anni Quaranta e Cinquanta”, ivi, pp. 81-85. M. De Grassi, “Il mare in una stanza: arte e cantieristica navale”, in: Civiltà del mare e navigazioni interculturali: sponde d’Europa e l’«isola Trieste», a cura di C. Ferrini, R. Gefter Wondrich, P. Quazzolo, A. Zappellari, Trieste, EUT, 2012, pp. 39-61; Boico,/Cervi/ Frandoli /Nordio. Interni navali tra arte e design 1949/1967, cat. mostra a cura di F.Nodari, Monfalcone, Comune di Monfalcone, 2018. 49 N.F. Pulitzer, op.cit., p. 108. 50 M. Mucci, “Architettura e ricostruzione nel periodo del Governo Militare Alleato” in: Trieste anni cinquanta. La città delle forme architettura… cit., pp. 120-22. 137 R. Fagnoni, U. Nordio, studi per l’arredamento della sala del Senato Accademico (1940) nell’Edificio Centrale dell’Università. Pareti, in alto, e decorazione del soffitto, in basso, con una carta geografica che rappresenta il bacino del Mediterraneo (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 37). 51 G. Carbi, “Il patrimonio artistico”, in : L’Università di Trieste. Settant’anni… cit., pp. 265266; M. De Grassi, Ricorda e splendi… cit., p. 146. 52 R. Fagnoni, U. Nordio, Il nuovo Centro Universitario di Trieste.., cit., pp. 20-21. 53 Ivi, p. 20. 54 Di una indiscutibile «assonanza» con l’ara di Pergamo scrive Gianni Contessi ( L’Università di Trieste. Settant’anni di storia, 1924-1994, Trieste, Editoriale Libraria, 1997, pp. 259, 261). 55 V. Fasoli, “Il ‘Palazzo degli Studi’ di Trieste (1938-1950). La ricerca di un modello antico”, in: Costruire le università. Aspetti architettonici e urbanistici, tra ragioni economiche e scelte politiche, a cura di M.A. Romani Bologna, Il Mulino, 2020, pp. 93-118. L’articolo sul nuovo centro universitario uscito sulla “Rassegna Mensile della città di Trieste” nel descrivere le due logge che coronano le ali laterali sottolinea l’affinità con edifici classici di Atene (C., La città universitaria di Trieste, in: “Rassegna Mensile della città di Trieste”, n. 6, 1938, p. 90). 56 V. Fasoli, op. cit., pp. 104-112. 57 «decorazioni del soffitto con pannelli dipinti ad encausto con figurazioni ispirate al naturale dominio dell’Italia nel bacino Mediterraneo», R. Fagnoni. U. Nordio, Sistemazione edilizia Università di Trieste. Arredamento, aprile 1940, piano primo, Aula Sen. Acc., locale n. 43. 138 58 D. Barillari, “The University of Trieste during the period of the Allied Military Government from Fascism to Democracy”, in The Routledge Companion to Italian Fascist Architecture: reception and legacy, a cura di K.B. Jones S. Pilat, London & New York, Routledge , 2020, pp. 290-303. 59 R. Fagnoni, U. Nordio, Il nuovo Centro Universitario di Trieste.., cit., p. 17. 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste 60 Secondo il progetto originale lo schienale posteriore risultava a vista, poi è stato foderato come la seduta e la parte anteriore con velluto («Seggi in legno di faggio lucidato a noce, schienale posteriore in vista listato in noce, sedile e spalliera imbottiti in crine gommato, rivestite in velluto» in R. Fagnoni, U, Nordio, Sistemazione edilizia… cit., piano terzo Aula Magna, locale 32). 61 «Poltrone fisse a sedile alzabile in faggio curvato a vapore e lucidato a spirito previo bagno di mordente color noce; schienale e sedile imbottiti (schienale a duro, sedile a molle) in crine gommato e rivestite in velluto», Ibidem. Le sedie sono state sostituite e alcune della dotazione originale, dopo un rivestimento con tappezzeria di colore diverso, sono state collocate in altre aule. 62 Memorandum. Building Plans – Trieste University, AUT, b. 418.8, dd. 20.11.1951. 63 Ibidem. 64 AST, FTT, 10/4, 21.10.1946, lettera del Genio Civile al direttore Public Works. Il documento riepiloga i quattro disciplinari di incarico dei due progettisti: progetto generale dell’edificio principale e piano regolatore di massima 1938, parziale arredamento dell’edificio principale 1939, progetto di massima della facoltà di ingegneria 1942, aggiornamento del piano regolatore e sistemazione delle adiacenze 1943. 65 R. Fagnoni, U. Nordio, Il nuovo Centro Universitario di Trieste.., cit., p. 13. 66 Pietro Chiesa realizza le vetrate per la Borsa valori di Trieste, quelle della motonave Victoria e del transatlantico Conte di Savoia, tutti progetti curati dall’architetto Pulitzer Finali. 67 Un ricamo monumentale, in: “Domus”, n. 145, 1940, pp. 28-31. Il ricamo d’oro a rilievo su seta rossa fiamma con cordoncino oro e argento è realizzato da Pia di Valmarana: al centro la figura di san Giusto che reca il modello dell’U- niversità di Fagnoni e Nordio, circondato dagli stemmi di Trieste, Fiume, Zara, Istria, Gorizia. Sul retro è ricamata una iscrizione dettata da Concetto Marchesi. La scelta dei soggetti da raffigurare fu oggetto di una una vivace dialettica tra i due atenei (A. M. Vinci, Storia dell’Università di Trieste. Mito, progetti, realtà, in «Quaderni del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Trieste», 4, Trieste, Lint, 1997, pp. 305-308). 68 Progetto di costruzione della R. Università di Trieste, progetto per le opere di rifinitura di un’ala dell’edificio Rettorato per la sistemazione provvisoria della Facoltà d’Ingegneria Navale, AST, Genio Civile, busta 1257, 6.12.1941. Venne contemporaneamente avviata la costruzione di quattro laboratori per la facoltà di Ingegneria, in previsione poi di costruire una sede nuova. 69 ASF, Fondo Fagnoni, 4 novembre 1942, lettera di Nordio a Fagnoni. Nella lettera viene citata una statua raffigurante l’Italia in armi che risulta ancora come un bozzetto e una lettera per Melotti da sottoscrivere. 70 «Dissi ieri a Nordio che mi sarebbe assai gradito mostrare a entrambi il mio ultimo mosaico eseguito qui a Venezia nell’atrio di un cinema teatro e portato a compimento in questi giorni. Visita anzi necessaria per vedere il tono del fondo ed il materiale», ASF, fondo Fagnoni, 5 novembre 1939, lettera di Guido Cadorin a Fagnoni. 71 G. Bucco, “Artisti, architetti, artigiani: esempi di collaborazione regionale”, in: La città delle forme …, cit., p. 142. 72 M. De Grassi, “Ricorda e splendi”… cit., p. 108. 73 ASF, Fondo Fagnoni, 4 novembre 1942, lettera di Nordio a Fagnoni. 74 Il 16 marzo 2012 alla presenza del rettore dell’Università degli studi di Trieste Francesco Peroni, si è svolta la cerimonia che ha sancito il completamento dei lavori di restauro. Il sostegno economico grazie al quale l’ateneo triestino ha potuto riappropriarsi di questo suo patrimonio è dovuto all’impegno di Anna Bernetti Sblattero e Franca Varridi Antonini, che hanno fortemente voluto portare a termine questo progetto con l’intento di onorare la memoria dei rispettivi mariti, ricordata con due apposite targhe celebrative. 75 M. De Grassi, Ricorda e splendi…op. cit., p. 6. 76 Presso l’archivio dell’Istituto Luce (consultabile online) vi è un servizio repertorio Incom che illustra i momenti salienti del 3 novembre 1950, compreso l’ingresso del gonfalone. Lo stendardo dell’Università recante il motto “Ricorda e Splendi” disegnato da Tranquillo Marangoni su richiesta del rettore Angelo Ermanno Cammarata per l’inaugurazione dell’Aula Magna nel 1950 (AUT). 139 140 U. Nordio (attr.) progetto di “lume Venini per la galleria”, studio per l’arredo dell’Edificio Centrale, 1940 ca. (ASFi, R. Fagnoni, Elaborati grafici in cartelle, 38, c. 38). 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste 141 Lampade originariamente situate nel corridoio di Giurisprudenza, nell’Aula magna e nell’Aula del Senato Accademico. (foto di Alberto Ongaro). 142 Dettagli del rivestimento lapideo delle facciate esterne, in alto a sinistra, e particolari del rivestimento lapideo dell’atrio, in alto a destra. Nell’immagine in basso è rappresentato il selciato del piazzale antistante l’Edificio Centrale (foto di Valentina Fernetti). Nella pagina a fronte: particolare dello scalone dell’atrio dell’Edificio Centrale (foto di Alida Cartagine, Circolo Fotografico Triestino). 5. L’Aula magna dell’Università di Trieste 143 144 Il cortile principale dell’Università con le arcate del portico in una visione notturna, 2023 (AUT). 145