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Disegni Gaetano Ginex 9 788889 367681 ETEROTOPIE Mediterranee ISBN 978-88-89367-68-1 Gaetano Ginex ETEROTOPIE Mediterranee Disegni ETEROTOPIE Mediterranee a Maria Pia, a Giulia, a Maurilio e alle nostre estati… Il presente volume è stato stampato con i fondi del Dipartimento di Architettura e Analisi della Città Mediterranea. © 2012 Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i paesi. Senza il consenso dell’Editore non è consentita la riproduzione, l’archiviazione o la trasmissione anche parziale in alcun modo e con qualsiasi mezzo (elettronico, meccanico, microfilmatura, fotocopiatura) Progetto grafico, impaginazione e copertina: Giuseppe Fotia - Ufficio Marketing e Comunicazione Strategica Disegno di copertina: Omaggio a Moebius di Gaetano Ginex Finito di stampare nel mese di Ottobre 2012 presso (Reggio Calabria) Università Mediterranea di Reggio Calabria Ufficio Marketing e Comunicazione Strategica Edizioni Centro Stampa d’Ateneo Viale Amendola 8/B 89122 Reggio Calabria www.unirc.it UFFICIO MARKETING E COMUNICAZIONE STRATEGICA I disegni originali sono stati realizzati in supporti di vario formato e su carta di diverse qualità. Molti di essi fanno parte dei miei taccuini da disegno e questo è ben visibile. Ho voluto mantenere il carattere “grezzo” di essi senza alterarne la loro disomogeneità. Ho utilizzato matite, acquarelli e china. La successione dei disegni ha un carattere direi quasi eteroclito è quindi una tassonomia eterogenea che può essere qualificata come “eterotopica” che designa “… luoghi aperti su altri luoghi, luoghi la cui funzione è di far comunicare tra loro degli spazi. Laddove però le utopie designano ambienti privi di localizzazione effettiva, le eterotopie sono luoghi reali…”. Le citazioni che fanno da introduzione al capitolo sulla città sono tratte da: N. Mahfus, Storie meravigliose dalle Mille e una notte…Italo Calvino, A. Robbe Grillet, Thomas More, Joseph Roth, Il libro di Babilonia. ISBN 978-88-89367-6-81 …un semplice muro di mattoni può diventare un racconto avvincente e appassionante…è tanto che sogno di raggiungere questo luogo…non è un semplice quadrilatero ma una cascata di torri, cupole, contrafforti, muraglie, ballatoi, scale, terrazze e cornicioni, tutti gialli come le scarpate dove stanno miracolosamente in bilico… Prefazione Introduzione Architetture Citta' ELEMENTI I Miti I guardiani delle pietre INDICE architetture in testa 9 13 17 25 51 77 91 121 131 Presentazione Pre senta zione LA VERTIGINE DEL SEGNO 10 Nel lavoro didattico o di ricerca mi capita spesso di pensare al punto di fuga di una retta. Il concetto dell’infinito mi ha sempre messo in difficoltà, mi trasmette un senso di disagio, però la consapevolezza che il punto di fuga sia la proiezione, materialmente definita, del punto improprio, in cui converge un fascio di rette parallele, mi infonde una strana sensazione di fiducia e nello stesso tempo di meraviglia, come una insperata cattura di qualcosa, che, seppur irrilevante, riguarda l’infinito. I disegni dell’autore di questo lavoro mi danno l’impressione che parlino di realtà che vanno oltre il fantasma del visibile. Sono rappresentazioni di un Mediterraneo “pensato”, fatto di archetipi e visioni classiche, che non hanno un tempo definito. Insomma non privilegiano il punto di fuga, che è segno di temporalità e fisicità legate al contingente. Il suo punto di convergenza è molto distante, improprio, rarefatto; per questo forse preferisce l’uso dell’assonometria. Il racconto, appena accennato, si sfuma e le tappe acquistano autonomia espressiva, diventando una collana di componimenti poetici di sintesi, che sembrano tendere ad una serialità tassonomica, senza mai volerla raggiungere a pieno, fermandosi solo per aprire altri squarci di visione verso mondi fantastici. L’insistenza nel lavorare con il modello assonometrico testimonia un certo distacco dagli oggetti rappresentati, descrive l’atto compositivo e nello stesso tempo opera una lettura decostruttiva dell’insieme. Elabora sottili e raffinate sequenze di montaggio e smontaggio in un febbrile laboratorio architettonico di elementi, tratti dai linguaggi mediterranei. Reperti formali di antiche civiltà perdute, deserti, piramidi, zigurrat, torri, ponti, cupole, minareti, onde, dune, rocce, palme fanno capolino nelle immagini definite da un perimetro netto in un’atmosfera disincantata. Gaetano Ginex rappresenta un’idea di Mediterraneo rarefatta, a cui si può accostare senza sforzo l’attributo di “platonica”. I disegni, costruzioni panoramiche dall’alto, rappresentano grandi plastici scenografici, che invitano l’occhio a percorrere le superfici salendo, scendendo e zigzagando, senza tregua, attraverso terrazze, tetti obliqui e superfici curve e sinuose, come altrettanto veloce scivolando fugge l’ombra proiettata su di essi da un fantastico volatile, che ricorda quello inventato da Moebius e da Jodorowsky. Alle assonometrie, che raccontano e descrivono straordinarie architetture, si alternano fronti senza profondità, su cui si accavallano una sull’altra, quasi a tracimare, sagome monumentali su mura di fortificazioni poderose e turrite, dove si aprono grandi porte, spalancate come fauci. Frammenti di città, perimetri di fortificazioni, isole di pietra, fluttuano in un Mediterraneo, culla del mito e di linguaggi e forme diverse, di contaminazioni e d’intersezioni di molteplici rotte. All’improvviso, però, si cambia registro, l’esplorazione che prima scandagliava la conformazione dell’insieme e cercava le leggi compositive, che governano la costruzione della forma architettonica, si sofferma su sagome umane silenziose, in preghiera o in contemplazione. Dervisci sono fermati nelle figure tipiche delle loro danze roteanti e uomini del deserto, fasciati nelle loro tagelmust colorate, si susseguono nelle sequenze di un racconto che ci trasporta, lieve e senza scosse, tra sabbie e oasi africane. Il disegno ora si occupa da vicino del dettaglio, diventa penetrante, si avventura nella rappresentazione simbolica dei miti e dei guardiani di pietre, scava nell’anima dei personaggi, delle figurazioni antropomorfe e i volti si esaltano in primi piani ieratici o in profili saettanti; si fanno carico di una responsabilità che li agghiaccia, fissandoli in una maschera divina. Chimere e figure di animali fantastici si alternano e mischiano con rappresentazioni urbane, che perdono volume e si assottigliano, acquistando morbidezza e leggerezza nel trasformarsi in gualdrappe e mantelli di puro effetto decorativo. Il colore prende spessore, acquista grana materica, brilla e diventa squillante. La costruzione architettonica si umanizza trasformandosi in abito, copricapo, suppellettile, intrecciando elementi ibridi e fuori scala, mentre dall’altra parte, come in uno specchio deformante, la figura umana si pietrifica, conquistando consistenza scultorea e cerca solidità di ampie fondamenta, recuperando antiche e labirintiche radici. Per ritornare all’inizio, l’autore, proprio in questo lavoro pluritematico, esprime la sua completa maturità di disegnatore visionario del Mediterraneo. In qualche modo vedo riflesso nel suo incessante lavoro il mio alter ego; infatti, più io cerco i punti di fuga, più lui si astrae, più abbasso la linea d’orizzonte e più lui s’innalza e la supera. Il suo disegno ha un fascino sottile. Nonostante i temi, di cui si occupa, siano stati trattati da tanti altri disegnatori, da lui sono percepiti, invece, da un’angolazione diversa e più alta, con una visione più ampia, profonda e colma di sereno disincanto. Ecco, è come se avesse le ali. Mario Manganaro 11 Pre fazione 14 Nullente moditi reprores volo et, comnimilique plamus explite ex ea dit fuga. Et uta vel modipic ipsaniminto tem as aut offictotatem inument. Ro consequis aut que non nonsequibus, omnim hit unturibus mo et utem quaerum que pos pe consedi desequi cus endandani consero officab id ent dolor aut expelescil etur aditatiae eiciumqui bearum re rerum aut aciust volorro ribeaquasit accuptibusti berunt maio odit ommolendi aspellatio blam explic tem lam ad et faccullitae voloruntist debition eium, eicium ipsusap erspictem quo molorup taepero excest, ut faccabore eaquam num ad que pere, et officabo. Ut et unto volorit eaquiam di dolupis ipit es di adi ad quo dolupta sit verrum quistor ad quiaece stiat. Xerchillumet adisquam quis et at aut rectendit, sitatius. Ci dionseruptas autem ut quo volore sitium que rae niatias moluptatem voluptas exped que con explia nonsequas maio delit, que iustis core liquibu sdaerorro quiae prorior eptur, oditet litaspe cust, odignihit laceate mquuntem fugia demodigenis aut faces eium sam quam qui tem alique volorro videmquia cuptis eicab inctis eossimolorum quuntin comnis simint. Ficil ium dolupta quae lam aperes ma dolore invenemquati omnis nihit molupta velluptat eaquis eossime quae volecus eate dolupta teniminumqui velesequam, solor autatum dendiciet aut vendicienem earuptassum nos doluptis ab iusa ne vella non pa volum sectio te sunt faccum vellacc ullabor ruptasped moluptatur? Fugitem vid que porepelis sumenihil ium rem ullore conseniae nullautate plis si ne posam quo to quis eos aliassectur? Nam quo etur? Et aut vent magnist fuga. Nequidem rest, quiduci nobitaturio. Ut ium vendia venimoles essunt magnit et, temqui inverum fugit, solorem porepel essinumquiae cuptat vitia verum secae velit officatur as sedi nonemporae volupta tecaborum re nus dolent hit aut ullest re premquae susae ne quis in con consend elessus minveni hiligenet hiciet restiore, tem qui dit mo occus non rae volest, ullore consequisci il es doluptate vendam illibea tempelit eiciis doluptae des andis vendelitatur santur senihil licias dolore as asinverum fugia con pedit eum fugit, quae provitae parcil estrupt iamusdae nonecta sumque pos corerionsedi sit earum explibe rciet, soles moluptia dolorerupta vit ilia non rerrum, officip iduciliquid que rem impos et pore, cullabo. Nequi nullum quossim ossincil il mosamus ant. Ducitatur magniet lantium raepro illuptatque solorpo rumenis etur? Occusa velessi tatecep ereceaqui acimil il maionseris et, quia voluptasi odio berum estibusae parcientem lam seque que officimagni dis enis int ides eos mo dolupta id quam, cus repedig enihici accuptas audis si con rem audae perehendi qui deliquo vent landant voles sum in por rem quam quatias simuscit arum vendelest rerum, incture rferumqui dic temporit a dolut laboreicim iun- Ne quist omnis corrovidi nem. Ed modipsam fuga. Et hictur aut plitate que doluptatquo et faceatio omnihil luptata tusantotatur simoluptamet volupta net excepedio blab il millabo rrovid ut maximpore cupta venis as re iliquam aut lab illuptisti dis natia nis dolor apellignat. Ehenim est est, tem. Nam etur? Perovitas essit assum et estibus. Hit omnis adissim volum est que aciet pediae et et labo. Liam dolum verum ullique vellat. Ita soluptaqui comni aut eum acest, to expel magnia verum fugianim rerepudam aut laut rest, et hil est laut eum labore nis exceatis miliquam quibus maximaximus andaes dolecta tinciaest ut quis accullibus essin corestis reperovid evellab oressunt. Atiant magnis iumqui beratem qui conestin nost, solum quia doluptat prae re rem. Ed mod qui rem. Usdae velenditatur repe aut eum ut hillam dolorepresti tem quiduci piendandunt volupta tamente pro ea dolorro minihillest ad quatur aut del idenian totatendae namus voloria dolo beris evero omnisto repraeperum et quatus re ommolo comnit aspedio cus aut unt es sus evelendis molessit, occaboris ut ullentur aspidusda di quassit, acientu rentota tisqui commodis doluptatus res sant laudandus nos moluptaturit hiciatur? Hit etureruntio ium nis nonseque vitatum et quo cusam ad quatem numenistio consequi sum esequos re ni a quodiame cupici te ventum quam aceptiis corecto tatu- rerit, aut reseribeatio vellatius aliquunt rem faceaqu iassunte endit adis praecup turibus, susapit atatur reptat. Obitati oressi con nullicae. Aque magnimodia soles de et, commodit ratis con earum soloris dolliquame dolut lam is maio et lantotas rescilignim volenihicil mintentent doluptatur atem nistotatur aliquam a num et, nossinciti nes re voluptatendi nis simincipsa doloris etur, te ipicius, omnimusda veria quame pre ini voloritat faceribus alicae pernatem qui tem ent verum quide ius ut dolupidior molore dendam idebis molestio blam eum aut omnient untur suntem qui aut ullautem eturiam ut eatur, in prorit minvellit occabor escidebit et veria dolendesci nulparit ent lab il magni dempos ne dolorent antur sandundent, et expe aut qui dis dolumqui niet laccum dunt la con nempossimus doluptatume ad quam acessitat ex estrum volorru mquias is re corehendamus ma experernatus quamustia demporerit eici nonsed que videndiatio que omniaes truntibero doluptiis et fugit assima debis as nim re, que cus minvere nonse dunt lant volupta eprore none imos commolestia ventinum re latiosa inum qui di as et, to que sim sima into mod et est harum latusam, quodita volorio. Ibus as resequiatis el ipis aliqui ulpa sit ommolut empore, unt facculla arum faciis volupta tiisciasi doluptur archillor minctaeceari ni renduciis duntor adissit, consecea simporenim eum et occaecu ptaquunt et, consed mi, cum sitat excerspiento quiatisci voluptam, consequi idem ad ma quidus commo blantiissed mint 15 Intro duzione Mediterranea - Disegni 18 Ha detto: Questo albero È rimasto com’era negli anni della mia infanzia I sentieri che vi conducono sono simili ad un libro E i campi sono le illustrazioni. Adonis Per trovarlo non occorreva informarsi, bastava seguire le vie in discesa. Lo si intravedeva anche da lontano, era dappertutto, luccicava tra le cose, spuntava infondo alle vie che scendevano a rotta di collo verso il basso…ma le folate di vento portavano soprattutto il sentore acre del mare e il suo fresco alito ristoratore. …una volta pensavo che la mia totale incapacità nel disegno dipendesse dalla mancanza di una naturale predisposizione…col tempo ho scoperto invece che avevo un’idea astratta archetipica dell’oggetto che osservavo quello che mi mancava era la possibilità di coglierlo nella sua esatta forma… (F. B.) Non avevo visto mai un luogo dove la natura fosse così benevola nei confronti dell’uomo… C’era tutto: il sole, il vento fresco, l’aria chiara, l’argento del mare avevo letto talmente tanto su di esso che mi sembrava di conoscerlo. Nelle sue onde piatte c’era il bel tempo, la pace e l’invito a viaggiare e conoscere. Veniva voglia di unirsi ai pescatori che salpavano da riva in quel momento…. Ryszard Kapuściński …Ad Algeri vedevo per la prima volta il Mediterraneo, potevo immergerci la mano, sentirne il contatto. Il Mediterraneo di Lorenzo Lorenzo, la sua isola. Un’isola che diventa un segno, Lorenzo traccia il foglio di quel blu che ha negli occhi e che incontra ogni mattina, racconta la sua piccola vita, la sua casa, abbracciato dal mare. Riempie i margini del foglio, spera in nuove linee, ma in fondo quello è il suo mare, quella la sua isola. Tutto. Gli chiesi cosa fosse il Mediterraneo. I suoi occhi incorniciati dalla pelle dorata, si accesero, mi rispose che non sapeva bene spiegarmi : “ E’ un mare così grande..” Continuò dicendomi che un giorno sarebbe stato nel Mediterraneo, con la barca verde di suo padre, e aggiunse : “ è lo stesso mare che hanno in Spagna, quello che hanno i Turchi e forse la barca di mio padre non è così robusta da arrivare così lontano..” Mi parla e cerca di essere dettagliato. Parla della sua casa bianca, che ogni anno va ridipinta, delle maioliche blu, che sembrano tutte uguali ma non lo sono, della scala segreta incastrata tra gli scogli. Parla e disegna. Come se non avesse mai raccontato: “Su un’isola tutto quello che hai, è di fronte”. Silenzio. Osservo, cercando di percepire e tagliare la linea d’orizzonte, è difficile il mare, è così chiaro ed il cielo così terso. Mi chiede se io conosca il significato di arcipelago, non ho il tempo di rispondere che mi spiega subito, forse per precisare che la sua isola non è “sola”. Continua e dipinge, gli sfugge un galleggiante, lo correggo, mi sorride. Lo scirocco soffia e attenua i colori. Mi spiega che proviene da dietro l’isola. Lui, a cinque anni già conosceva tanti tipi di vento e tanti tipi di vela. Lorenzo è libero, di scegliere il suo vento e la sua vela. Mariangela Insana 19 20 Premessa L’immagine che si ha del Mediterraneo è come di un “messaggio cifrato che evoca misteriose atmosfere”. Evoca città di pietra e luoghi immaginati, dove ancorarsi, spazi di una ampiezza illimitata e questo tutto immerso in magici riti e in echi di culture che hanno costruito palazzi e piramidi di cui è colma la memoria di questo mare. Pensare ad esso è quasi naturale idealmente farsi spingere dal vento del Sahara che in questo luogo si mescola ad altri venti, e dove il deserto si mescola con l’acqua e dove la terra diventa un tutt’uno con il mare. Questi disegni raccolgono nel loro cammino e nella loro memoria, figure di città mitiche e figure in senso lato le cui ombre compaiono sullo sfondo di un orizzonte mitico che ognuno di noi ha in fondo al cuore, pensando al Mediterraneo. Ricordano terrazzamenti, giardini naturali, canali d’acqua, fiumare, muri di pietra, viottoli, trazzere, acquedotti, paesi e paesi e continui paesi e battigie e arenili e spiagge e porti e visi che fanno venire a galla tradizioni arcaiche ed antiche, e desideri di luoghi sconosciuti. Tutto è immerso in un microcosmo sospeso tra acqua e terra. Il desiderio è quello di disegnare nuove città, per nuovi racconti e per nuove storie che alimentano la nostra memoria e i nostri sguardi che diventano frammenti essenziali di un alfabeto visivo ormai del tutto dimenticato. Il luogo diventa così “un luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le onde latine” . Ma anche dove tutte le onde si incontrano e si mescolano… E allora la mia memoria approda in un pavimento uniforme di acqua che riunisce uno spazio di architetture in cui mitiche immagini si alternano tra sfondo e figura. E allora la memoria di questo spazio e di questo fluido mare diventa il luogo di paesaggi e miti remoti e immaginati che naturalmente si riappropriano di una quasi perduta archetipicità. Il disegno diventa così un occhio alato che scruta ed osserva dall’alto svelando lo stupore degli “archetipi”, e nel suo lento andare attraversa il tempo, assume i connotati di una macchina mnemonica. Diventa esso stesso una metafora globale e come un edificio esposto alla contemplazione, racchiude la totalità. Tutti i disegni diventano così una memoria vagante nel Mediterraneo e si esibiscono come paradigmi che hanno un solo obbiettivo quello di ormeggiare qua e là rinnovando i suoi archetipi… Alcune brevi considerazioni Gli aspetti principali di questi disegni si collocano nel “mito mediterraneo” ed è proprio in esso che trovano una loro ipotetica sintesi attraverso la sedimentazione di tracce intese come “tracce mediterranee” della cultura architettonica. Il Mediterraneo come tema si presta, come e più di altre aree geografiche e culturali, ad incisive operazioni di destrutturazione, per una comprensione della sua identità storica ma anche e soprattutto attraverso tratti distintivi del suo genius e delle sue architetture… Attraverso i disegni presentati in questo volume intendo ripercorrere un itinerario mentale dei luoghi mediterranei per ricomporre memorie di luoghi e fissare immagini permanenti che di esso ne ho memoria. Nel Mediterraneo la luce del sole e i colori rappresentano quasi un elemento ordinatore dell’architettura determinando una gerarchia di spazi. Ogni disegno si presenta all’interno di un quadro di riferimento più generale così da costruire una complessa stratificazione di riflessioni sul tema e sui suoi modi di rappresentarsi, sul suo farsi reale immagine radicata nei luoghi, come analitica indagine che classifica i suoi elementi. E’ soltanto, questa unicità del luogo, che permette una ‘idilliaca danza’ degli elementi che assumono il ruolo di permanenza e di principio compositivo dell’intera area. Disegni che rappresentano tessere di un ipotetico mo- saico e tentano di ricomporre una ‘mappa’ di forme ricorrenti come sommatoria di parti e allo stesso tempo identificare una continuità in cui forma e architettura si integrano rappresentando un archetipo di riferimento che attribuisce alla città mediterranea e alla sua ‘eternità’ un riconoscimento culturale universale e unico. Nel Mediterraneo mare e deserto sono una continuità di luoghi lontani tra loro legati spesso dalla stessa forma architettonica, e da una ricorrenza di elementi in un sistema integrato di forme elementari identiche, di cui la corte, il recinto, il sistema di distribuzione degli elementi semplici nel tessuto delle città, ne rappresentano una chiave di lettura e dove l’individuazione di un paradigma elementare riconosce il principio di crescita della costruzione della città mediterranea. Questa opera di destrutturazione messa in atto attraverso il disegno fa emergere segni di forme identitarie del luogo, svelate dal nostro sistema mnemonico. E’ quindi il risultato di una esperienza di lavoro compiuta in diversi anni di viaggi e di studi con un particolare riferimento all’area del Maghreb islamico. Non tutti i disegni svelano allo stesso modo la complessità di una architettura o tratti tipici fisiognomici o altro dell’area mediterranea, ma diversi tipi di disegni insieme possono dare una visione più ampia e più rispondente alla realtà in un linguaggio strettamente proiettato verso la definizione di un unico “spazio mentale”. 21 22 Disegni mischiati e confusi insieme come una sorta di rilievo dell’identità mediterranea. La riflessione sulle forme e la loro interpretazione raccontano una storia fatta di rimandi, ricordi e di citazioni. attraverso una attenta operazione filologica. Da questa fase ne deriva una più complessa che è appunto rappresentata dalla riproducibilità se vogliamo quasi mimetica una sorta di trascrizione di questa unicità. Collocare non più isolatamente un sistema architettonico ma al contrario inserirlo in un contesto più ampio che comprende altri linguaggi che esplorano l’essenza stessa dell’architettura attraverso letture formali e strutturali. L’opera sceglie di essere rappresentata solo da quei disegni,” i disegni della sua identità”. L’esperienza del disegno diventa un continuo rapporto tra pensiero e tracciamento come luogo della sintesi. Segno e idea allo stesso tempo. Il segno diventa solo idea riferendosi all’idea della memoria come luogo mentale: Retroactive smoothening, interazione retroattiva tra spazio e relazioni (Deleuze). Il Mediterraneo non più solo “locus” ma spazio eterno e continuo. Il percorso del disegnare mette in atto una riproducibilità quasi mimetica dell’elemento con la precisa intenzione di appropriarsene. Provare a ricomporre così il mosaico mediterraneo, e iniziare a compilare un catalogo delle sue forme, e verificare il significato di ciascuna di esse e il valore dell’una nei confronti dell’altra. Nel Mediterraneo mare e deserto rappresentano una con- tinuità di luoghi, lontani tra loro legati da poche permanenti ed immutate nei secoli forme architettoniche, che consentono di rintracciare delle ricorrenze di elementi in un sistema integrato di più forme elementari. Queste architetture spesso collocate nel deserto, sono il risultato di un intervento complesso dell’uomo, che con grande sapienza costruttiva di forme, materiali e tecniche ha saputo creare con l’ambiente un rapporto, che è il risultato di un’architettura che appare casuale, ma in realtà segue un sistema organizzativo di regole e norme ben precise. Sulla base di questi ragionamenti ho trascritto in disegni la mia idea di mediterraneità, disegni che costituiscono un museo mentale, un alfabeto di forme in cui l’idea archetipica spesso ne costituisce il fulcro generatore. Un viaggio nella memoria, dove acqua, terra, cielo, pietra e sabbia sono sottoposti ad un progetto totale in cui l’artificio, nel confronto con il naturale sembra risolversi in una rassegnata neutralità dell’uno nei confronti dell’altro e viceversa. Esiste comunque la permanenza di alcune immagini archetipiche che sono in stretta relazione all’idea stessa di città mediterranea. Sono proprio queste immagini, che vogliono proporsi come sintesi di un contesto geografico in cui la sua intelligibilità è possibile solo a grandissima scala. Con queste brevi considerazioni si è aggiunto un altro capitolo per definire un vocabolario mediterraneo. E’ infatti su questo terreno il terreno del disegno e della rappresentazione che si può costruire un sistema di riferimento che sia oltre che rappresentativo, sinonimo della cultura mediterranea, cercando di evitare generiche associazioni e interpretazioni, ma lentamente scovare le tracce che portano in quel ‘luogo’ mediterraneo, sognando di trovarlo, anche perché, come ben sappiamo e come più volte abbiamo detto, il sogno mediterraneo è un sogno contagioso !… Attraverso il mio “…disegno imperfetto” alla fine con una espressione nel suo complesso non del tutto esplicitamente definita, ho rappresentato una vocazione incessante a una realtà più desiderabile che davvero concretabile…(G. G.) Ho viaggiato per deserti e luoghi dimenticati con il mio taccuino, ho camminato e osservato, ho rilevato le altezza, le orizzontalità, le rotondità, le piramidalità; Ho appuntato memorie e ricordi; Ho rispettato una temporalità in atto, rispetto all’idea generale “totale” del luogo; Ho narrato un sistema di idee come memoria per il mio laboratorio mentale; Ho disegnato una strategia analitica per cogliere le geometrie, il gioco delle forme, la misura, i contorni, i confini di una architettura, i suoi spessori, le profondità, le lunghezza le altezze le sue regole le sue fisiognomiche; Ho cercato di trascrivere in un foglio da disegno, “copie” più o meno fedeli del reale; Ho selezionato e distinto gli stimoli esterni cercando di guardare un’architettura attraverso continui movimenti che ne evidenziassero i dettagli più importanti; …e disegnando e ridisegnando, poco alla volta, ho rilevato le origini, le essenze, le unicità, ho rivelato le armonie e gli squilibri, ho rivelato le tracce e i valori simbolici e da dove essi provengono; Ho disegnato le forme, gli elementi, le strutture per coglierne l’essenza e trasmetterne l’internità; Mi sono avvicinato alla materia architettonica tanto desiderata, e con i miei disegni ho stabilito con essa un contatto visibile e quasi tattile; 23 Il libro raccoglie architetture e luoghi del Mediterraneo, studiati attraverso declinazioni in una pluralità di paradigmi atemporali e sistematici, raccolti in sei sezioni tematiche. Si mostrano architetture e città, si rappresentano matrici formali, esempi di principi insediativi e di necessità abitative universali, fisiognomiche e miti. Si mostrano luoghi appartenenti alla geografia del Mediterraneo che documentano contaminazioni di idee e religioni, saperi e filosofie, linguaggi, riti e costumi. Sono messaggi subliminali che indagano forme appartenenti a geografie particolari, che introducono atmosfere culturali alla base di identità mediterranee, declinate in pensieri e disegni. Immaginari collettivi, comportamenti e valori simbolici in una sorta di commistione naturale, multiforme e contemporanea secondo uno schema lineare, per giungere all’ipotesi di un Mediterraneo come spazio culturale universale, luogo “elaborativo dell’ideazione”, dove, l’essenza delle cose si mostra senza veli. Archi te tture Architetture architetture 26 27 architetture 28 29 architetture 30 31 architetture 32 33 architetture 34 35 architetture 36 37 architetture 39 architetture 40 41 architetture 42 43 architetture 44 45 architetture 46 47 architetture 48 49 Non troverai altro luogo, non troverai altro mare. La città ti verrà dietro… La città ti appare come un tutto in cui nessun desiderio và perduto e di cui tu fai parte poiché essa gode tutto quello che tu non godi, a te non resta che abitare questo desiderio ed esserne contento… Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte: la città dice tutto quello che non devi pensare ti fa ripetere il suo discorso, e mentre credi di visitarla non fai che registrare i nomi con cui essa definisce se stessa e tutte le sue parti… Ma la città non dice il suo passato , lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, delle finestre, delle scale… …la città è cinta da mura alte e spesse, con frequenti torri e rivellini e intorno alla muraglia corre su tre lati un fossato in secca…le strade principali sono tracciate giudiziosamente…(e) le case tutt’altro che dimesse si vedono affiancate in lunga serie per interi borghi…le mura della fortezza sono irregolari. Coloro che hanno edificato queste mura erano davvero uomini devoti. Non volevano altro che la difesa della città … una città… composta di ziqqurat, giardini pensili, mura smaltate, ponti e canali e gallerie subacquee… CITTA' Città CITTA' 52 53 CITTA' 54 55 CITTA' 56 57 CITTA' 58 59 CITTA' 60 61 CITTA' 62 63 CITTA' 64 65 CITTA' 66 67 CITTA' 68 69 CITTA' 70 71 CITTA' 72 73 CITTA' 74 75 Elementi non come pezzi da comporre, ma come principi organizzativi, come costanti tipologiche e morfologiche come momenti che rendono possibile una forma…un principio archetipico e teorico, un fatto elementare e perciò stesso estremamente complesso… “I nomi designano soltanto ciò che è elemento della realtà. Ciò che non può venir distrutto, ciò che rimane uguale attraverso tutti i cangiamenti. Ma cos’è questa cosa ? Stava dinanzi alla nostra mente mentre enunciavamo la proposizione ! Enunciavamo un’idea ben determinata. Una determinata immagine, che vogliamo impiegare. Perché l’esperienza non ci mostra affatto questi elementi. Vediamo parti costituenti, qualcosa di composto… questi sono i materiali, coi quali fabbrichiamo quest’immagine della realtà.” Ludwig Wittgenstein …la nozione di “elemento” attraversa con continuità quasi costante tutta la cultura dell’Occidente: logica, dialettica o alchemica che sia, qualificando il nesso inestricabile tra parole e cose, tra pensiero e costruzione, tra storia e struttura. Nella sua ricerca – durata tutta la vita – tesa a pensare il pensiero, a identificarne nel linguaggio i dati fondamentali rispetto alla realtà, a ciò che accade, Wittgenstein fa sovente ricorso a ciò che egli stesso definisce “giochi linguistici”, cercando di coglierne e descriverne – appunto – le regole e i momenti “elementari”; ovvero i nodi fondamentali nei quali si condenza, per così dire, la massima complessità e generalità dei modi di esistenza. In questo senso và inteso il termine “elemento” ; e non come dato semplice o semplificato, facilmente accessibile. Ed infatti, l’esperienza non ci mostra affatto questi elementi: vediamo parti costituenti qualcosa di composto: Vediamo materiali formalmente organizzati; vediamo un tutto composto di parti e che non sopravvive mai ad alcuna di esse, se non interviene un consistente spostamento di livello. Però gli “elementi“ – nel senso forte del termine – non si dànno mai con evidenza al livello delle strutture profonde. … non potrebbero mai restituire…la ricchezza storica ed estetica dell’architettura, né costituire qualcosa di comparabile, per esempio, a ciò che è l’ordine rispetto al tempio ed all’intera struttura della città… Vittorio Ugo Ele menti Elementi Elementi 78 79 Elementi 80 81 Elementi 82 83 Elementi 84 85 Elementi 86 87 Elementi 88 89 Mito dalla parola greca mythos, raccontare, è la “parola” che sa narrare, che dà significato a quei valori profondi che si tramandano di generazione in generazione. E’ “segno” come la parola di un libro sigillato, che si dà a chi sà leggere gli archetipi. La sua forma espressiva evoca nel crepuscolo e nell’ombra i suoi personaggi, i suoi luoghi, le sue tipologie dense di significati architettonici anche se non evidenti. E’ una realtà fenomenica che esiste nell’animo dell’uomo da sempre strutture abitative o accampamenti, insediamenti stabili, grandi città con palazzi e templi, usanze, culti e riti, che rivelano una gerarchia di valori su cui si fonda la propria struttura esistenziale. L’uomo occidentale si è impoverito, adulterando il proprio rapporto con il mondo arcaico. Ha perduto la capacità di capire, non riesce ad agganciarsi a quei principi che ci portano ai primordi. Intorno al bacino del Mediterraneo possiamo elaborare molti miti ancora celati attraverso un movimento simbolico che ricono- sce e accomuna gli elementi scissati precedentemente gli uni dagli altri, e decodificarne i segni, nel tentativo di riunirli intorno alla complessità e ricchezza di altre culture. Riti di popoli connessi alla natura spirituale della Terra, i sufi o i dervisci, che nel loro movimento sprigionano un’energia collettiva che contagia aprendo “spazi” ancestrali che rivelano immagini di altre dimensioni. Il mito, ci fa ricostruire uno scenario architettonico fatto di segni, simboli e immagini, per arrivare alla comprensione di esso. Ascoltare il sussurro degli antenati, significa ascoltare i messaggi che provengono dal mondo dello Spirito. Il rito del richiamo della nostra anima attraverso la luce, tutte manifestazioni di ritmi senza tempo, che dimostrano che il passato ha radici che affondano nel tempo, e ci permettono di sperimentare la varietà dell’espressione figurativa delle cose e degli esseri, per orientarci verso il significato intelligibile tra immagine e idea, sperimentando un pensiero che è quello dello spirito, ma soprattutto che affonda nelle profondità del nostro essere. La società in cui viviamo non comprende più i valori tradizionali, vive in un mondo disincantato, “imago mundi nova, imago nulla” (Martin Buber). Il mondo moderno manca di una propria identità, se vogliamo che esso si evolva davvero, dobbiamo riscoprire e ricostruirne in una sintesi universale la genesi. Soltanto ciò che è rimosso ha bisogno di essere simbolizzato. Maria Pia Caradonna Chi và per miti, si sà, prima o poi si imbatte in luoghi reali I MITI I Miti I MITI 92 93 I MITI 94 95 I MITI 96 97 I MITI 98 99 I MITI 100 101 I MITI 102 103 I MITI 104 105 I MITI 106 107 I MITI 108 109 I MITI 110 111 I MITI 112 113 I MITI 114 115 I MITI 116 117 I MITI 118 119 …Poiché io mi diletto a creare “figure” ho disegnato i guardiani proprio con l’idea che possa esserci sempre qualcuno che osservi le opere di noi architetti, vigilando, osservando, senza però giudicare, forse con l’intento di proteggere sempre l’architettura da qualsiasi abuso e questo purtroppo è un periodo di quelli in cui è necessario avere dei guardiani…che stanno attenti a come si costruisce… Mi piace pensare che nell’oscurità della notte i guardiani vigilano sui disegni fatti durante il giorno e che nel silenzio diano anche ad ogni architetto dei consigli di come migliorare le proprie architetture…che di notte disegnate all’alba diventano di pietra… i guardiani dellepietre I Guardiani delle Pietre I guardiani delle pietre 122 123 I guardiani delle pietre 124 125 I guardiani delle pietre 126 127 I guardiani delle pietre 128 129 Vita brevis di Cecilia Polidori Vita brevis, ars longa, occasio praeceps, experimentum periculosum, iudicium difficile. “La vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione fuggevole, l’esperimento pericoloso, il giudizio difficile”. Famoso aforisma di Ippocrate: “ Ὁ βίος βραχύς, ἡ δὲ τέχνη μακρή, ὁ δὲ καιρὸς ὀξύς, ἡ δὲ πεῖρα σφαλερή, ἡ δὲ κρίσις χαλεπή “, che Seneca riporta in parte: “l’arte è breve e la vita è lunga”… ah! No, no no, è il contrario. È la vita breve, e l’arte lunga, e l’impegno poi è sfibrante, la lettura impegnativa, lo scrivere quasi inutile, e aggiungere parole, le mie che, invece, mi occupo di Design, ad una serie di disegni: un giudizio impossibile-difficile e, quindi, l’esperimento pericoloso! Così mi affido a Ippocrate, Seneca, e Goethe con il Faust. Cosa ci dicono i due Saggi? Che è indispensabile esercitarsi molto - e questo è il nostro caso, qui ci sono ragguardevoli e molteplici esercizi. E Faust? "ach Gott! Die Kunst ist lang, und kurz ist unser Leben": oh Dio! L'arte è lunga, e breve è la nostra vita ". Cosa accostare quindi a questi disegni, a questi pensieri colorati? All’evidente e costante impegno e capacità nel realizzarli? Cosa? Che non sia pericoloso, gratuito e difficile? mentre il tempo è prezioso. Adotto quindi la leggenda di Faust. Ecco apparire Gretchen, con i capelli rossi in acconciature complesse, articolate, monumentali quanto un fortilizio, un’acropoli, una reggia. Ecco le magie di Mefistofele, i suoi specchi, i fulmini, la seduzione, il fascino… ed il grigio dell’insidia. Ecco Faust deluso o appagato del patto col Diavolo, eccolo preoccupato e la sua fronte è un mare tempestoso con velieri che ondeggiano sulla testa. La giovane Gretchen livida, eccola prigioniera in una Fortezza, ed ora schiava e persa in un Labirinto, in una Torre, o combattere con la Morte, ecco la Morte. E la Vittoria con la sua vitalità forte e femminile, i suoi orpelli, monili, ventagli, la sua profonda ricchezza. Ecco la Salvezza. Ecco cieli tersi come in alcune giornate di giugno. Ecco il nero cinismo dietro una ciminiera in fiamme. Ecco la dannazione di Faust, ecco crollare castelli e precipitare rovinandogli in testa ed Diavolo infuriato scuotersi con il dannato che affonda, che sprofonda nella terra, nel mare, ecco il terremoto! Allarme. Ecco la quiete del pericolo scampato. Ecco la calma del mare dopo la tempesta, ecco le case baciate dal sole del tramonto, ecco i mulini che riprendono il tran tran della vita, semplice, del cibo, della natura… tutto un rifiorire sulla testa con un viso in primo piano. Case, castelli, manieri, poderi, recinti, guglie, cupole, intere basiliche, silos, ma anche porti, fari, imbarcazioni, intere città, mura e fontane, e colori, vita, gente, ornamenti, divise, elmi, corazze e battaglie, ecco l’Invasore, lo Straniero ed il suo esercito, ecco l’Oriente con il suo popolo, i suoi costumi e le sue case muoversi all’unisono, ecco città che migrano, con dinastie e mondi, ecco domini che slittano, traslocano, nomadi che sgomberano con alambicchi, stoviglie, tende e drappi. Gente in guerra, soldati ed eroi, re cinici matrone consapevoli e ora… ecco Faust che stringe un patto imprudente per conoscere, per guadagnare ciò di cui non abbiamo abbastanza. Ecco i guardiani del tempo e con loro ecco, infine, l’essenza, il centro, il principio base e fondamento: il tempo per gioire! archite tture in Testa Architetture in Testa Architetture in testa 132 133 Architetture in testa 134 135 Architetture in testa 136 137 Architetture in testa 138 139 Architetture in testa 140 141 Architetture in testa 142 143 Architetture in testa 144 145 Architetture in testa 146 147 Architetture in testa 148 149 Architetture in testa 150 151