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Successioni COLLAZIONE E SIMULAZIONE (CON UN BREVE VADEMECUM PER IL LEGITTIMARIO PRETERMESSO) Cassazione civile, sez. II, 21 aprile 1998, n. 4024 - Pres. e rel. Corona - P.M. Schirò (conf.) - Rovini c. Pavani e Alessi 2.18000 Posto che la proposizione dell’azione di simulazione, in funzione della collazione, non equivale all’azione di riduzione, in difetto di espressa e puntuale richiesta di voler conseguire la reintegrazione della quota di riserva, la semplice istanza di collazione non è sufficiente ad attribuire al legittimario la posizione di terzo idonea a beneficiare delle agevolazioni probatorie stabilite dall’art. 1417 c.c. (Massima non ufficiale) ... Omissis ... Motivi della decisione 1. - A fondamento del ricorso i ricorrenti deducono: 1.1 Violazione degli artt. 1417, 2725 e 2724 c.c. In prime cure i ricorrenti avevano chiesto che fosse dichiarato essere soggetti a collazione i beni di cui all’atto 9 marzo 1983, ricevuto dal notaio Gilioli in Novafeltria, con l’acquisizione di tali beni alla massa ereditaria, e di pronunziare lo scioglimento della comunione costituitasi tra gli eredi dopo la morte di Mario Pavani e di Irene Gori vedova Pavani. Da ciò si desumeva chiaramente che l’atteggiamento assunto dai Rovini nei confronti del de cuius era quello dei terzi. Poiché la domanda proposta si presentava come strumentale all’inclusione del bene nel patrimonio ereditario, la prova della simulazione poteva darsi con qualsiasi mezzo. 1.2 Violazione degli artt. 112, 342 e 343 c.p.c. Erroneamente la corte d’appello aveva ritenuto nullo l’appello incidentale relativamente a tutte le domande formulate dai ricorrenti in prime cure e non accolte dal giudice, poiché dal contesto del discorso emergeva in modo evidente che gli appellanti incidentali facevano riferimento alla loro intenzione di far acquisire il bene nella massa ereditaria per beneficiarne in sede divisoria. 2.1 I motivi vanno esaminati congiuntamente, in ragione della loro evidente connessione. 2.2 La necessità di identificare esattamente l’azione proposta in concreto nasce dai limiti fissati per la prova della simulazione dell’art. 1417 c.c. Per la verità, qualora l’azione di simulazione sia proposta dagli eredi delle parti contraenti, oc- corre distinguere se essi agiscono quali legittimari per la reintegrazione della quota di legittima, ovvero quali semplici aventi causa dal de cuius. Solo nella prima ipotesi essi sono equiparati ai terzi e possono provare la simulazione anche con testimoni, senza alcuna delle limitazioni previste dagli artt. 2722 e 2724 c.c. 2.3 Tra l’azione di riduzione intrapresa dal legittimario e l’azione di simulazione concernente la vendita effettuata dal de cuius, proposta da un erede al fine di acquisire il bene venduto al patrimonio ereditario e di addivenire alla collazione, esistono profonde differenze, per cui non può ritenersi che, promossa dall’erede l’azione di simulazione, necessariamente debba considerarsi proposta l’azione di riduzione, con la possibilità per l’attore di avvalersi delle agevolazioni probatorie previste per i terzi dall’art. 1417 c.c. Le differenze tra l’una e l’altra azione attengono, anzitutto, al petitum, in quanto: a) l’azione di riduzione ha per oggetto, appunto, la riduzione delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore degli altri eredi, o dei terzi, e mira al far dichiarare inefficaci nei confronti del legittimario, che ha agito, le disposizioni testamentarie o le donazioni nella misura necessaria per reintegrare la quota di riserva. Pertanto, l’azione di riduzione incide nei confronti degli atti di disposizione, che sono soggetti a riduzione, per ciò che è necessario a ricostituire la quota di riserva. b) L’azione di simulazione (di solito simulazione relativa, essendo diretta a dimostrare che la vendita, in realtà, dissimula una donazione) ha per oggetto la ricomposizione, in modo reale, dell’asse ereditario, posto che mira a far dichiarare l’inefficacia dell’atto, in modo da far rientrare il bene nel patrimonio ereditario, al fine di procedere alla divisione di esso, previa collazione. Le differenze riguardano anche la causa petendi, perché: a) a fondamento della azione di riduzione si pone la qualità di erede necessario e l’avvenuta lesione della quota di legittima, per effetto delle disposizioni testamentarie, ovvero degli atti di liberalità posti in essere in vita dal de cuius; b) a fondamento dell’azione di simulazione diretta a far rientrare il bene nel patrimonio ereditario ai fini della collazione, si deduce la qualità di erede tenuto egli stesso alla collazione (art. 737 c.c.). L’istituto della collazione, invero, trova il suo fondamento nella presunzione che il de cuius, facendo in vita delle donazioni ai figli ed al coniuge, abbia voluto semplicemente compiere delle attribuzioni patrimoniali gratuite in G GIURISPRUDENZA Legittimità 906 IL CORRIERE GIURIDICO n. 8/1998 anticipo sulla futura successione: la collazione, perciò, serve a rimuovere la disparità di trattamento che le donazioni determinerebbero ed a ristabilire la situazione di eguaglianza tra i coeredi. Nel caso di concorso tra discendenti, il figlio che concorre con altri figli legittimi (o naturali o adottivi) o con il coniuge, così come ciascuno dei loro discendenti, deve conferire ai coeredi tutto ciò che ha ricevuto in vita a titolo di liberalità dal de cuius, al fine di determinare la riunione del relictum con il donatum e di determinare in questo modo la effettiva massa da suddividere tra i coeredi. (Per i precedenti: Cass., sez. II, 29 luglio 1994, n. 7142). 2.4 Ciò premesso, correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto che i Rovini non abbiano proposto l’azione di riduzione. Per la verità, essi ebbero a domandare la dichiarazione di simulazione della vendita ricevuta il 9 marzo 1983 dal notaio Gilioli, intercorsa tra Irene Gori, da una parte, e Angelo Pavani e Adoriana Alessi, dall’altra, con il conseguente conferimento del bene nella massa ereditaria. Poiché la collazione raffigura uno strumento di disciplina della divisione, da cui viene attuato in concreto lo scioglimento della comunione, che non è in alcun modo legato alla riduzione e alla reintegrazione della quota di legittima, la sola proposizione della domanda di scioglimento della comunione, previa collazione, non vale ad attribuire ad essi quella posizione di terzi, i quali si avvantaggiano delle agevolazioni probatorie stabilite dall’art. 1417 cit. 2.5 Per giurisprudenza costante, infatti, al fine della prova della simulazione di una vendita fatta dal de cuius, il legittimario può essere considerato terzo - e, come tale, beneficiare delle agevolazioni probatorie previste dall’art. 1417 c.c. - solo quando, contestualmente all’azione di simulazione, sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, proponga una domanda di riduzione della donazione dissimulata: una domanda, cioè, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell’asse ereditario e che la quota spettantegli va calcolata tenendo conto del bene stesso. Mentre l’erede, che subentra nella posizione giuridica del defunto in seguito alla successione, fa valere lo stesso diritto spettante al de cuius, il legittimario leso si ritiene terzo non perché sia estraneo all’atto simulato, ma in quanto fa valere un diritto personale, che gli è attribuito direttamente dalla legge (art. 563 c.c.) (Del resto, la qualità di erede da parte del legittimario pretermesso si acquista soltanto in seguito all’esercizio dell’azione di riduzione). Per contro l’erede - quando si limita a chiedere l’accertamento della simulazione, al fine di acquisire il bene all’asse ereditario per conseguire anche la quota disponibile, senza proporre la domanda di reintegrazione della quota di riserva sul terreno dell’accertamento probatorio resta vincolato alla posizione del de cuius, nei cui rapporti subentra (tra le tante si vedano: Cass., sez. II, 29 maggio 1995, n. 6031; Cass., sez. II, 29 ottobre 1994, n. 8942; Cass., sez. II, 4 aprile 1992, n. 4140; Cass., sez. II, 6 agosto 1990, n. 7909; Cass., sez. II, 21 dicembre 1987, n. 9507; Cass., sez. II, 18 dicembre 1986, n. 7674; Cass., sez. II, 11 ottobre 1986, n. 5947; Cass., sez. II, 12 febbraio 1986, n. 8539). 2.6 Per concludere, l’appello incidentale - ancorché non fosse del tutto generico, come ritenuto dalla corte d’appello - sarebbe incongruente. Posto che la proposizione dell’azione di simulazione, in funzione della collazione, non equivale all’azione di riduzione, in difetto di espressa e puntuale richiesta di voler conseguire la reintegrazione della quota di riserva, la semplice istanza di collazione non era sufficiente ad attribuire ai germani Rovini la posizione di terzi, idonea a beneficiare delle agevolazioni probatorie stabilite dall’art. 1417 c.c. ...Omissis... IL COMMENTO di Francesco Di Ciommo L’ultimo intervento della Cassazione Il legittimario pretermesso, che voglia intentare azione di simulazione nei confronti di un atto a titolo oneroso posto in essere in vita dal de cuius, si trova in una situazione assai delicata, considerata l’assenza di precisi punti di riferimento normativi e l’incertezza delle tracce giurisprudenziali. Ad un’analisi superficiale una pronuncia, in questo campo ancor più che in altri, può somigliare in maniera impressionante ad un’altra, mentre in realtà esse riposano su principi diversi o addirittura antitetici. È necessario, perciò, provare a fare ordine nella complessa materia, così da realizzare un utile vademecum del quale il legittimario possa fare tesoro. A tal fine credo utile partire, paradossalmente, ma nemmeno tanto, proprio dall’ultimo intervento giurisprudenziale sul tema, che è poi la sentenza riportata in epigrafe. La pronuncia della Suprema Corte si inserisce nel vivace dibattito giurisprudenziale condotto, a colpi di sentenze, attorno ad un particolare aspetto della intricata questione, aspetto piuttosto delicato e di sicura attualità: di quali mezzi di prova può usufruire il legittimario per dimostrare che l’atto a titolo oneroso, posto in essere in vita dal de cuius, dissimula una donazione? O, in altri termini: a quali condizioni il legittimario può dimostrare la simulazione senza limitazioni probatorie? Riferimento normativo obbligato è l’art. 1417. Il punto - scartata ab origine la possibilità di configurare come illecito l’atto dissimulato in sé, seppure la simulazione G GIURISPRUDENZA Legittimità 907 IL CORRIERE GIURIDICO n. 8/1998 sia stata voluta proprio per frodare le norme che in materia successoria tutelano i diritti dei riservatari (1) - mutatis mutandis è: quando il legittimario può essere considerato “terzo” ai sensi e per gli effetti dell’art, 1417 c.c.? In primis è necessario sottolineare che, forse a ragione (vedi oltre), alcuni autori distinguono il legittimario totalmente pretermesso nel testamento da quello che invece lo è solo in parte. Nel primo caso il legittimario, fin quando non diventi erede, dovrebbe sempre poter provare la simulazione come terzo, mentre nel secondo caso tale possibilità dipenderebbe da come il giudice interpreta la volontà di chi agisce per far valere la simulazione. L’orientamento che sembra prevalere in dottrina e giurisprudenza è, tuttavia, un altro: il legittimario può in ogni caso essere considerato terzo in quanto titolare di una posizione giuridica contrapposta a quella del de cuius, visto che egli è sempre titolare di un diritto proprio in ragione del quale si qualifica come terzo pregiudicato dalla simulazione (2). L’immediata contrapposizione del legittimario al de cuius fin dal momento dell’apertura della successione trova inequivocabile riscontro nel fatto che egli calcola la quota a lui spettante tenendo conto anche dei beni di cui il defunto ha disposto a titolo di legato o di liberalità tra vivi. I sostenitori di questa tesi, però, non concordano pienamente. Un orientamento restrittivo afferma che il legittimario può utilizzare tutti i mezzi di prova solo nei limiti in cui agisce per integrare la quota di riserva e non anche la disponibile. La giurisprudenza ha motivato l’accoglimento della tesi estensiva (3) considerando privo di fondamento ritenere che un contratto dichiarato nullo, in quanto simulato, possa continuare a dispiegare i suoi effetti per quella parte del suo oggetto il cui valore ecceda la quota di riserva. Tale argomento è calzante e fondato, ma solo se pensiamo ad un caso di simulazione assoluta. La massima sopra riportata sul punto crea certamente confusione. Da un lato, pare confermare, per la verità piuttosto genericamente, la tesi estensiva sulla quale la Cassazione negli ultimi anni ha insistito pur manifestando qua e là, come subito appresso evidenzieremo, leggere incertezze e tentennamenti (4). Dall’altro, pare invece ammiccare alla tesi restrittiva. Del resto, in numerose pronunce, anche di merito, si legge che la libertà di prova nella simulazione, prevista dall’art. 1417 per i terzi, viene riconosciuta all’erede il quale invochi la tutela delle proprie ragioni di legittimario chiedendo nel contempo la riduzione della donazione dissimulata e l’inclusione del bene nel patrimonio ereditario «nella misura necessaria a integrare la sua quota di riservatario» (5). In base a tale principio, nel caso di specie si è ritenuto che i legittimari non potessero utilizzare la prova testimoniale in quanto l’accertamento della simulazione (relativa e non assoluta!) non era volto a realizzare i presupposti per esperire poi istanza di riduzione, e dunque a integrare la propria quota di riserva, ma serviva ad attuare la col- lazione, ossia a ricostituire l’intero asse ereditario. La Corte, nel motivare la decisione, a lungo si sofferma, con argomentazioni condivisibili ma in questa sede - maiora premunt - trascurabili, proprio sulle differenze esistenti tra istanza di riduzione e simulazione finalizzata alla collazione. Tali differenze attengono sia al petitum che alla causa petendi e portano a rilevare che, mentre l’erede che agisce per collazione, subentrando nella posizione giuridica del defunto in seguito alla successione, fa valere lo stesso diritto spettante al de cuius, «il legittimario leso si ritiene terzo non perché sia estraneo all’atto simulato (in quanto essendo anch’egli erede, è comunque continuatore della personalità del de cuius), ma in quanto fa valere un diritto personale, che gli è direttamente attribuito dalla legge ai sensi dell’art. 563 c.c.». (Cass.n. 4024/98). A questo punto la Corte - non si comprende bene a che pro - dal variopinto cilindro tira fuori un coniglio senza orecchie né coda. Mentre il lettore brancola ancora, tentando di comporre in via interpretativa il contrasto appena evidenziato, ecco che spunta tra i motivi della decisione una frase, Note: (1) Per la tesi della illiceità del negozio simulato finalizzato ad eludere le aspettative dei legittimari dell’alienante v. Coviello, Successione legittima e necessaria, Milano, 1937, 357; Redenti, Frammenti da “La prova della data riguardo ai terzi”, in Scritti e discorsi giuridici di un mezzo secolo”, II, Milano, 1962, 287, n. 78; nel senso che l’illiceità di cui al 1417 c.c. vada intesa in senso lato comprensivo di ogni tipo di illegalità e, quindi, anche della nullità, ad es. per vizio di forma, v. Messineo, Dottrina generale del contratto, Milano, 1948, 337; la dottrina prevalente è, tuttavia, in senso contrario, v. su tutti Mirabelli, Dei contratti in generale, in Commentario Utet, IV, 1967, 425; Mengoni, Successione per causa di morte. Successione necessaria, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1984, t. 2, 198. (2) Cfr. Mengoni, op. cit., 199. (3) V. l’importante Cass. 2 aprile 1977, n. 1244, in Foro it., 1977, I, 1701 e la più recente Cass. 9 febbraio 1987, n. 1338, in Foro it., Rep. 1987, voce Successione ereditaria, n. 105. (4) V. Cass. 24 maggio 1995, n. 5700, in Foro it. Rep. 1995, voce Successione ereditaria, n. 91 e in Notariato, 1995, 539, con nota di A. De Bonis; Cass. 29 maggio 1995, n. 6031, in Foro it. Rep., 1995, voce Simulazione civile, n. 10; in La nuova giur. civ. comm. , 1996, I, 255, con nota di Feola e in questa Rivista, 1996, 10, 1139, con nota di Morelli. (5) V. Cass. 1 aprile 1997, n. 2836, in Foro it, Rep. 1997, voce Successione ereditaria, n. 7; Cass. 5 dicembre 1996, n. 10849, in Foro it., 1997, I, 3337; Cass. 29 ottobre 1994, n. 8942, in Foro it. Rep.,1994, voce Successione ereditaria, n. 94; Cass. 1° dicembre 1993, n. 11873, ibid., n. 97 e in questa Rivista , 1994, 3, 324, con nota di M.Porcari; Trib. Roma 3 ottobre 1992, in Foro it. Rep. 1993, voce Simulazione civile, n. 18 e in Giur. merito, 1993, 333, con nota di A.Granzotto; Cass. 4 aprile 1992, n. 4140, in Foro it., Rep. 1992, voce Successione ereditaria, n. 80; Trib. Napoli 30 aprile 1990, Id., Rep. 1991, voce Simulazione civile, n. 27 e in Giur. merito, 1991, 503, con nota di L.Razza; Cass. 6 agosto 1990, n. 7909, in Foro it., Rep. 1990, voce Successione ereditaria, n. 96; Cass. 11 ottobre 1986, n. 5947, in Foro it., 1987, I, 1175 e in Giur. it., 1987, I, 1, 1866, con nota di G.Azzariti; Cass. 13 agosto 1986, n. 5141, in Foro it., Rep. 1988, voce Simulazione civile, n. 10, e in Riv. giur. sarda, 1988, 49, con nota di Dorè. G GIURISPRUDENZA Legittimità 908 IL CORRIERE GIURIDICO n. 8/1998 che lascia quanto meno interdetti: «Del resto la qualità di erede dal parte del legittimario pretermesso si acquista soltanto in seguito all’esercizio dell’azione di riduzione». Una puntualizzazione del genere è certamente inutile. Se è vero che la Cassazione ha da decenni abbracciato la tesi che consente al legittimario, anche solo parzialmente pretermesso, di provare la simulazione con ogni mezzo in quanto terzo portatore di un proprio diritto personale - al solo patto che esperisca azione di riduzione - non si vede come possa rilevare il momento in cui egli acquista anche la qualifica di erede. Su tale punto e su altri aspetti della complessa tematica conviene approfondire la riflessione. Il legittimario pretermesso è erede? La manifesta contraddizione ravvisata nel testo della sentenza in rassegna e le acrobazie giurisprudenziali che negli anni si sono susseguite nel tentativo di far quadrare il cerchio inducono a ritenere che l’intera questione vada ricostruita diversamente da come la Corte nel caso de quo pare aver fatto. In quest’ottica è necessario avviare la riflessione rilevando la fondatezza della tesi, già accennata, secondo la quale quando il legittimario è totalmente pretermesso dal testamento, per ciò solo egli è certamente un terzo e può usufruire del regime probatorio agevolato in tema di simulazione. Quando invece il suo diritto di riservatario è soltanto parzialmente leso dalle disposizioni testamentarie, egli, in quanto chiamato come erede limitatamente alla quota pervenutagli prima di qualsiasi azione, e in quanto per esperire azione di riduzione ha l’obbligo di accettare (se agisce contra terzi, deve accettare con beneficio d’inventario, ai sensi dell’art. 564 c.c.; tale obbligo naturalmente non può configurarsi per il legittimario totalmente pretermesso), diventa continuatore della personalità del de cuius, sì che bisogna valutare con quale animo agisce: se per integrare la sua quota di riservatario (attraverso la riduzione) o per reintegrare l’asse ereditario (attraverso la collazione), cosa quest’ultima che avrebbe potuto fare anche il de cuius (6). Alla luce della teoria appena esposta - concentrando ora la nostra attenzione sulla prima delle due situazioni, quella del legittimario totalmente pretermesso, salvo tornare sulla seconda, legittimario solo parzialmente pretermesso, nel prossimo paragrafo - è facile rilevare come il cuore pulsante dell’intera vicenda sia identificabile nella problematica inerente all’an, al quomodo e al quando il legittimario totalmente pretermesso giunge eventualmente ad acquistare la qualità di erede. Solo fin quando è possibile distinguere le due figure è infatti lecito consentire al primo - il legittimario - di utilizzare tutti i mezzi di prova, mentre al secondo no, riconoscendo in quello un terzo, rispetto al contratto simulato, e in quest’ultimo invece un continuatore della personalità del de cuius. È facile avvertire quanto tale tema sia complesso e ricco di suggestioni concettuali. Attorno ad esso gravitano diversi dubbi nodali in materia successoria, quali quelli inerenti al ruolo della vocazione nella vicenda successoria e ai rapporti tra vocazione e delazione, oltre a quello attorno al numero (due? tre?) dei genera successionis. La Suprema Corte, stando alla frase citata sul finire dello scorso paragrafo, pare muovere dal principio, c.d. dell’ heres ope actionis, per cui il legittimario pretermesso non è erede ope legis, ma tale diviene solo in futuro e dunque probabilmente - visto che questo è l’orientamento prevalentemente seguito dalla miglior giurisprudenza (7) - in seguito al positivo esperimento dell’azione di riduzione. Conferma di tale orientamento viene, del resto, dalla stessa sezione II della Cassazione, che, nella decisione n. 10775 del 3 dicembre 1996 (8), ha espressamente ribadito che «il legittimario pretermesso acquista la qualità di chiamato solo al momento della sentenza che accoglie la sua domanda di riduzione». La soluzione qui prospettata non trova altrettanto univoco consenso in dottrina. Prima dell’entrata in vigore del codice del 1942, v’era sostanziale convergenza tra gli autori e in giurisprudenza sulla qualità ope legis di erede necessario del legittimario, anche in ipotesi di assoluta sua preterizione da parte del testatore (9). Il diverso orientamento dell’heres ope actionis, ancora oggi in auge, emerse in giurisprudenza nel 1935 e trovò poi avallo nel nuovo codice civile. La norma di apertura del vigente art. 457 c.c., la diversa articolazione della tutela dei legittimari, l’eliminazione di ogni appiglio testuale alla configurabilità di una forma di successione necessaria offrirono infatti alla giurisprudenza argomenti che essa utilizzò - a partire dalla fondamentale pronunzia Cass. 23 ottobre 1954, n. 1037 (10) - per evidenziare come «nel nostro sistema la successione necessaria costituisca un argine al potere di disposizione mortis causa del testatore, ma non implica di per sé un’investitura nella titolarità dei beni» (11). Su Note: (6) In tal senso Azzariti , Se il legittimario erede che agisca in simulazione sia da ritenersi “parte” o “terzo” ai fini della prova, in Giust. civ., 1970, IV. (7) Da ultimo Cass. 16 febbraio 1995, n. 1683, in Foro it., Rep. 1995, voce Successione ereditaria, nn. 74 e 75 e in questa Rivista, 1995, 5, 571, con nota di Jarach; 13 gennaio 1995, n. 367, in Foro it., Rep. 1995, voce cit., n.45 e in Giur. it., 1995, I, 1, 1856, con nota di Cavaliere; 29 ottobre 1994, n. 8942, in Foro it., Rep., 1994, voce cit., n. 94; 1° dicembre 1993, n. 11873, ibid., voce cit., n. 98 e in questa Rivista, 1994, 3, 324, cit.; 19 ottobre 1993, n. 10333, in Foro it., Rep., 1993, voce cit., nn. 45 e 109 e in Giur. it., 1995, I, 1, 918 con nota di Masucci; 7 aprile 1990, in Giust. civ., 1991, I, 707, con nota di Azzariti; Cass. 22 ottobre 1988, n. 5731, in Foro it., Rep., 1988, voce cit., n. 77. (8) In Foro it., Rep., 1996, voce cit., n. 84. (9) V. per tutti Ferrara e Coviello, cit.. (10) In Foro it., 1955, I, 7 (11) Cass. n. 4037 del 1954, cit.. G GIURISPRUDENZA Legittimità 909 IL CORRIERE GIURIDICO n. 8/1998 questa linea interpretativa è venuta in seguito ad allinearsi la dottrina prevalente (12) e la giurisprudenza (13). La tesi del legittimario-erede, tuttavia, continuò a trovare sporadiche affermazioni soprattutto nella giurisprudenza di merito (14) ma nel triennio 1973-76 anche in quella di legittimità. Negli stessi anni la migliore dottrina elaborava tesi che non trovarono mai applicazione giurisprudenziale, sebbene fossero il risultato di importante elaborazione scientifica (v. tra gli altri Cicu). Una tesi particolarmente suggestiva fu quella, proposta da Cariota Ferrara, che ricollega il conseguimento del titolo di erede del legittimario pretermesso al momento stesso in cui questo si determini all’esercizio dell’azione - e cioè non prima di tale inizio, contra tesi dell’heres ope legis; ma prima e indipendentemente dall’esito favorevole dell’azione proposta, contra tesi dell’heres ope actionis -. Altra elaborazione della quale non si può tacere è quella riconducibile a Giuseppe Azzariti, la quale si caratterizza per essere certamente la più radicale ed estrema. Per l’illustre Autore, che dopo averla elaborata nel lontano 1933 l’ha, nel corso degli anni, sempre riproposta e difesa il legittimario pretermesso non diverrebbe in ogni caso mai erede (15). Anche tale tesi non ha ricevuto alcuna applicazione giurisprudenziale. Se le cose stessero davvero così, non ci resterebbe che manifestare apprezzamento per la costanza con cui, almeno nell’ultimo ventennio, la Cassazione ha applicato il principio che meglio di ogni altro risolve il rapporto tra qualità di legittimario e qualità di erede, quello, lo ripetiamo, c.d. dell’heres ope actionis. A conti fatti, in tale contesto, forse anche un po’ inutile risulterebbe la riflessione fin qui svolta. Il punto è che alla luce della sentenza in rassegna va evidenziata una clamorosa novità, o forse una clamorosa svista della Suprema Corte. Tra i motivi della decisione si legge che «la qualità di erede da parte del legittimario pretermesso si acquista soltanto in seguito all’esercizio dell’azione di riduzione». Tale frase è l’unica dedicata alla problematica in questione ed essa, malgrado nel caso concreto non incida più di tanto, parrebbe evidenziare un ripensamento della Cassazione, che qui sembra orientata ad accogliere, per la prima volta, la tesi riconducibile a Cariota Ferrara: il legittimario diventa erede nel momento stesso in cui promuove l’azione, prima e indipendentemente dal risultato di tale azione. Pare preferibile, ad onor del vero, suggerire un’altra lettura della frase incriminata. Probabilmente essa è frutto di superficialità e non di meditato ripensamento. La Cassazione, distratta dal caso concreto, che solo marginalmente toccava la questione, non si è accorta dell’errore commesso. Tutto ciò è grave, ma peggio sarebbe se credessimo davvero che la Suprema Corte ha operato un’inversione di rotta così clamorosa in un obiter dictum che per giunta si trova nel testo della sentenza enucleato tra parentesi tonde. Tra i due mali vien fatto di scegliere il minore (16). Simulazione e riduzione Tirando le fila del discorso, è possibile riassumere quanto fin qui detto in pochi punti: 1) la sentenza in epigrafe è una cartina topografica utilissima a confondere il legittimario pretermesso che si avventuri in un’azione di simulazione; 2) tra le ricostruzioni possibili è preferibile quella che distingue il legittimario sic et simpliciter dal legittimario che sia anche erede; 3) il legittimario totalmente pretermesso ha la più ampia libertà probatoria fino a quando non diventi erede. Ciò premesso, è necessario ora dedicare la nostra attenzione alla seconda delle situazioni ex ante prospettate. Veniamo, dunque, al caso in cui ci sia un legittimario solo parzialmente pretermesso o totalmente pretermesso che possa già essere considerato erede. Per giurisprudenza costante questi può godere delle agevolazioni probatorie previste dall’art. 1417 c.c. solo quando promuove un’azione volta a realizzare un assetto di interessi che non avrebbe potuto promuovere il de cuius e solo quando agisce per ottenere quanto ope legis gli spetta. L’azione a ciò eletta - e da qui riprendiamo la riflessione - è dunque la riduzione. Con essa si vogliono far dichiarare inefficaci le disposizioni teNote: (12) V. Pino, Funaioli, Mengoni, Moscati, cit. alla nota 16. (13) V. per tutte Cass. 1° aprile 1992, n. 3950, in Foro it., 1993, I, 194; 2 aprile 1977, n. 1244, ivi,1977, I, 1207; 15 luglio 1966, n. 1910, ivi, 1967, I, 2446. (14) V. App. Torino 27 giugno 1985, in Foro it., Rep., 1987, voce cit., n. 107 e in Giur. it., 1987, I, 2, 266, con nota di Ramella. (15) Così anche Barbero, Impugnazione e prova della simulazione da parte del legittimario, in Foro pad., 1952, I, 718; Distaso, La simulazione dei negozi giuridici, Torino, 1960, 653. (16) Sul tema affrontato , in rigoroso ordine cronologico necessario per apprezzare l’evoluzione del pensiero, v. Ferrara, La posizione di legittimo, in Giur. it., 1923, IV, 127; G. Azzariti, Il legittimario è erede?, in Dir. e giur., 1933, 33; Coviello, Successione legittima e necessaria, Milano, 1938, 272; Andrioli, La vocazione ereditaria, in Studi senesi,1942, 74; A.Cicu, Sui diritti del legittimario pretermesso o leso dalle disposizioni testamentarie, in Riv. not., 1947, 49; Mengoni, La posizione giuridica del legittimario preterito, in Studi in onore di Cicu, I, Milano, 1950, 497; Barbero, Impugnazione e prova della simulazione da parte del legittimario, in Foro pad., 1953, I, 78; Pino, La tutela del legittimario pretermesso, Padova, 1954, 266; Funaioli, La successione dei legittimari, in Riv. dir. civ., 1965, I, 29; Mengoni, Quota di riserva e posizione di legittima, in Riv. dir. civ., 1965, I, 6, nota 20; Morelli, Presupposti e momento dell’acquisto della qualità di erede da parte del legittimario preterito, in Temi nap., 1966, 162; Novella, Effetti della mancata qualità di erede del legittimario preterito, in Foro it., 1967, I, 365; Porcelli, La tutela dei legittimari, Milano, 1969; Morelli, Comunione ereditaria e legittimario pretermesso, in Giust. civ., 1984, II, 369; Moscati, Comunione ereditaria e legittimario pretermesso, in Giur. merito, 1970, I, 89; Azzariti, Legittimario non erede e azione di riduzione, in Giust. civ., 1991, 707; Morelli, Vocazione ereditaria, in Enc. dir., vol. ILVI, Milano, 1993, 1024; De Bonis, Il legittimario tra simulazione e azione di riduzione, in Notariato, 1995, 539; Morelli, Il legittimario pretermesso è erede?, in questa Rivista , 1996, 10, 1140. G GIURISPRUDENZA Legittimità 910 IL CORRIERE GIURIDICO n. 8/1998 stamentarie e le donazioni che eccedono la quota di cui il testatore poteva liberamente disporre e si consente dunque al legittimario di agire a tutela di un proprio diritto personale. La collazione - che nel caso di specie gli attori avevano chiesto contemporaneamente alla simulazione, subordinandola all’accertamento giudiziario di quest’ultima - ha finalità e meccanismi completamente diversi. Sul punto, la sentenza in commento si rivela esauriente e precisa. Con la collazione si tende a ricomporre l’asse ereditario in modo reale, riconducendo ad esso le donazioni fatte in vita dal de cuius ai legittimari. A fondamento dell’istituto in esame c’è la presunta volontà del donante di dare al legittimario un’anticipazione dell’eredità; dunque chi chiede la collazione non agisce contro la volontà del de cuius e in questo senso non può essere considerato terzo. Conviene, per inciso, evidenziare che si sta parlando sempre di simulazione relativa, in quanto se il legittimario agisse per ottenere l’accertamento di una simulazione assoluta, o la dichiarazione di nullità dell’atto dissimulato per mancanza, ad es., di forma, il bene oggetto dell’atto in questione, al momento della sentenza di accoglimento, ricadrebbe ipso facto nella massa ereditaria, così producendo immediatamente gli effetti derivanti dalla collazione (17). Chiarito ciò, bisogna rilevare che la giurisprudenza non ha dubbi nel ritenere necessaria, per accedere al regime probatorio privilegiato, la volontà del legittimario di agire per riduzione a supporto dell’azione volta a far accertare la simulazione. Solo in tal caso, infatti, si ammette, come già detto, che egli agisca come terzo. E, anzi, nella nostra sentenza si legge: «poiché la collazione raffigura uno strumento di disciplina della divisione, da cui viene attuato in concreto lo scioglimento della comunione, che non è in alcun modo legato alla riduzione e alla reintegrazione della quota di legittima, la sola proposizione della domanda di scioglimento della comunione, previa collazione, non vale ad attribuire ad essi (attori legittimari) quella posizione di terzi, i quali si avvantaggiano delle agevolazioni probatorie stabilite dall’art. 1417 cit.». Tale dichiarazione di principio rappresenta forse la più lucida e consapevole presa di posizione della Cassazione sul punto. Lo ripetiamo, non era lecito nutrire dubbi in proposito, in quanto copiosa era la giurisprudenza conforme, ma forse mai la Suprema Corte era stata così chiara. Bisogna registrare che, pertanto, neppure questa volta è stata accolta una tesi da tempo caldeggiata da autorevole dottrina (Mengoni), secondo cui - per dirla con Gasparini (18) - la strumentalità dell’azione di simulazione non è da rapportarsi all’azione di riduzione, bensì alla riunione fittizia, operazione che, sola, permette al legittimario di constatare se vi sia stata quella lesione della quota di riserva che lo legittimerebbe all’azione di riduzione. Continuando nella riflessione, dove non pare esserci giurisprudenza costante è su un altro nodo importante: l’azione di riduzione deve essere esperita contemporaneamente a quella di simulazione per ottenere in questa sede le agevolazioni probatorie, o la strumentalità della seconda rispetto alla prima può essere desunta anche da altri elementi e circostanze? L’odierna pronuncia propende manifestamente per la prima delle due ipotesi. Si legge, infatti, che necessita la «espressa e puntuale richiesta di voler conseguire la reintegrazione della quota di riserva» per essere riconosciuti terzi agli effetti di cui al 1417 c.c. E in altra parte si parla espressamente di contestualità, conformemente ad una copiosa giurisprudenza (19). Negli ultimi anni, però, la Suprema Corte aveva manifestato sul punto un orientamento diverso, meno restrittivo e formalistico. Già nel 1987, con sentenza del 9 febbraio 1987, n. 1338 (20) reputava sufficiente l’esistenza di un rapporto di mera strumentalità tra azione di simulazione e riduzione. Non occorreva, insomma, che le due azioni fossero proposte contemporaneamente perché il legittimario attore potesse provare la simulazione con ogni mezzo ai sensi del 1417 c.c. Tale pronuncia rimase all’epoca piuttosto isolata. Il 24 e il 29 maggio del 1995, invece, la II sezione emetteva ex abrupto due sentenze attinenti allo stesso problema e, de nihilo nihilum, fondate sulla stessa ratio. In sostanza si rispolverava, ampliandolo ed esplicitandolo, il principio espresso nel 1987. Nella pronuncia del 24 maggio si legge: «La riduzione può essere chiesta anche implicitamente, in quando la domanda giudiziale deve essere interpretata non solo nella sua formulazione letterale, ma anche, e soprattutto, nel suo sostanziale contenuto e con riguardo alle finalità che la parte intende perseguire» (21). Il Collegio è giunto dunque ad affermare, e in ciò stava la grande novità, che la qualità di legittimario della ricorrente e le conseguenti facilitazioni probatorie prescindono dalla richiesta espressa di riduzione e dalla esplicita prospettazione dei fatti che ne costituiscono il presupposto. Si tratta, in pratica dell’applicazione al caso di specie del principio enunciato da Cass. 14 giugno 1991, n. 6727 (22), secondo la Note: (17) In questo senso si è espressa la Cassazione nella pronunzia 1° aprile 1997, n. 2386, in Foro it., Rep. 1997, voce Successione ereditaria, n. 7. (18) In Notariato, 1995, 545. (19) Solo per citare le pronunce più recenti: Cass. 5 dicembre 1996, n. 10849, in Foro it., 1997, I, 3337; 29 ottobre 1994, n. 8942, Id., Rep. 1994, voce Successione ereditaria, n. 94; Cass. 1° dicembre 1993, n. 11873, ibid., n. 97, e in questa Rivista, 1994, 3, 324, cit.; Trib. Roma 3 ottobre 1992, in Foro it. Rep., 1993, voce Simulazione civile, n. 18 e in Giur. merito, 1993, 333, con nota di A.Granzotto; Cass. 4 aprile 1992, n. 4140, in Foro it., Rep. 1992, voce Successione ereditaria, n. 80. (20) In Foro it, Rep. 1987, voce cit., n. 105, (21) Cass. 24 maggio 1995, n. 5700, in Foro it., Rep. 1995, voce cit. n. 91 e in Notariato, 1995, 539, con nota di A.De Bonis. (22) In Foro it. Rep., 1991, voce Procedimento civile , n. 127. G GIURISPRUDENZA Legittimità 911 IL CORRIERE GIURIDICO n. 8/1998 quale «Una istanza non esplicitamente e formalmente proposta può ritenersi implicitamente introdotta, e virtualmente contenuta, nella domanda dedotta in giudizio quando si trovi in rapporto di connessione necessaria con il petitum e la causa petendi e non estende l’ambito soggettivo». Lo stesso principio è stato applicato nella già richiamata Cass. 29 maggio 1995, n. 6031 (23). Le motivazioni che hanno indotto la II sezione nel 1995 ad operare l’auspicato cambio di rotta vanno condivise. Assurdo è pretendere che l’attore promuova contemporaneamente le due azioni perché gli sia riconosciuta posizione di terzo rispetto al negozio simulato. Più ragionevole è invece indagare la sua volontà. Vuole agire come parte? E allora attenderà la collazione. O come terzo? E allora si organizzerà per agire in riduzione. Alla luce di quanto appena detto incomprensibile risulta la ratio che spinge il collegio a riproporre, in un obiter dictum della pronuncia in epigrafe, l’impostazione formalistica che sembrava oramai acqua passata. Non ci resta che sperare che anche in questo caso si tratti più di una distrazione che non di un ripensamento della Suprema Corte. Quota di riserva e disponibile Altro profilo problematico concerne l’oggetto della domanda del legittimario che agisce in simulazione. Si è già fatto cenno a tale questione, ma credo opportuno chiarirne gli estremi. Il dubbio si pone a proposito dei legittimari che non siano stati totalmente pretermessi o di quelli che, oltre ad accampare pretese sulla quota loro riservata, possono vantare diritti anche sulla quota di legittima. Codesti sono i legittimarieredi. Ho già precisato che essi godono dell’agevolazione probatoria prevista dall’art. 1417 quando dimostrano di agire non con l’animus heredis, ma con l’animus tertii. Per interpretare la volontà del legittimario la giurisprudenza ha guardato sia alla natura dell’azione esperita (la riduzione va bene, non la collazione), sia all’oggetto dell’interesse attoreo. Su questo secondo punto non c’è concordanza in giurisprudenza ed è qui necessario dar conto dei diversi orientamenti. Alcune decisioni sostengono che il legittimario che agisce per ottenere la reintegrazione nella quota di riserva e anche nella disponibile sia parte, e non terzo, ai fini della simulazione (24). Altre sostengono, al contrario, che l’esonero dalle limitazioni probatorie non può essere allo stesso tempo concesso e parzialmente negato quando l’impugnazione del negozio stipulato dal de cuius sia destinata a riflettersi non solamente sulla determinazione della quota di riserva, ma anche sulla riacquisizione del bene oggetto del negozio simulato al patrimonio ereditario, con la conseguenza che il legittimario può in ogni caso godere del favorevole regime probatorio (25). In giurisprudenza, nell’ambito di un orientamento ancora più libe- rale, si è ritenuto che anche qualora la simulazione non abbia il fine di pregiudicare le aspettative del legittimario rispetto alla quota a lui riservata, ma scopi differenti, costui mantiene ugualmente la propria qualifica di terzo, per la sua estraneità all’intesa simulatoria e per l’effetto pregiudizievole che gliene viene (26). Considerazioni finali La sentenza in rassegna non è sufficientemente chiara ed esauriente quando espone il fatto e le premesse processuali. Non è chiaro, ad esempio, se l’atto di donazione dissimulato fosse valido anche nella forma (ma c’è presumere di sì, visto che non ci sono indizi che facciano propendere per l’eventualità contraria e che il tribunale di primo grado ne ha ammesso la validità). Non si comprende bene se i legittimari attori soccombenti fossero anche eredi, e la questione, come abbiamo già evidenziato, non è di poco conto. Inoltre, non mi pare sia stata enucleata nella fattispecie la posizione, in verità del tutto particolare, di uno dei due convenuti resistenti in giudizio, coniuge dell’erede. Ai sensi dell’art. 739 c.c., «L’erede non è tenuto a conferire le donazioni fatte ai suoi discendenti o al coniuge... Se le donazioni sono state fatte congiuntamente ai coniugi di cui uno è discendente del donante, la sola porzione a questo donata è soggetta a collazione». Nel caso di specie se anche gli attori fossero riusciti a dimostrare la simulazione, e dunque a smascherare la donazione dissimulata, non avrebbero certo potuto sperare di far rientrare, attraverso la collazione, l’intera frazione immoNote: (23) In Foro it., Rep. 1995, voce Simulazione civile n. 10, e in La nuova giur. civ. comm, 1996, I, 255, con nota di Feola, e, meno esplicitamente, in Cass. 19 marzo 1996, n. 2294, in Foro it., Rep., 1996, voce cit. n. 89 e in questa Rivista, 1996, 11,1279, con nota P.Gasparini. (24) Cass. 22 giugno 1957, n. 2390, in Foro it., Rep. 1957, voce Successione legittima o testamentaria n. 160; 24 giugno 1961, n. 1514, ivi , 1961, I, 1466; 22 giugno 1962, n. 1627,ivi, 1962, voce Successione, nn. 89-90; 5 luglio 1967, n. 1658, ivi, 1967, voce Frode e simulazione, n. 23; 14 giugno 1968, n. 1904, ivi, 1968, voce cit., n. 46; 12 ottobre 1968, n. 3235, ibid., n. 38; 26 aprile 1969, ivi,1969, I, 1720; 22 gennaio 1972, n. 167, ivi, 1972, voce Simulazione civile n. 28; 3 luglio 1975, n. 2205, ivi, 1975, voce Successione ereditaria n. 82; 11 novembre 1975, n. 3795, ivi, n. 79; 12 febbraio 1986, n. 853, ivi, 1986, voce Simulazione civile, n. 21; 18 dicembre 1986, n. 7674, ivi, n. 11. (25) Cass. 8 marzo 1933, in Foro it., 1933, I, 1855; 22 febbraio 1943, n. 409, ivi, 1943-45, voce Successione n. 56; 19 ottobre 1967, n. 2524, ivi, 1967, voce Frode e simulazione n. 47; 25 ottobre 1974, n. 3149, ivi, 1974, voce Simulazione civile n. 16; 22 ottobre 1975, n. 3499, ivi,1975, voce Successione ereditaria n. 81; 2 aprile 1977, n. 1244, ivi, 1977, I, 1701; 23 febbraio 1978, n. 905, ivi, 1978, voce cit. n. 62; 8 agosto 1979, n. 4635, ivi , 1979, voce Simulazione civile n. 15; 21 febbraio 1986, n. 1049, ivi, 1986, voce cit., n. 22; 9 febbraio 1987, n. 1338, ivi, 1987, voce Successione ereditaria, n. 105. (26) V. in proposito, tra le altre, Cass. 18 luglio 1980, n. 4719, in Foro it., Rep. 1980, voce Successione ereditaria n. 93. G GIURISPRUDENZA Legittimità 912 IL CORRIERE GIURIDICO n. 8/1998 biliare donata nella massa ereditaria in quanto per metà quella parte di immobile era proprietà di un estraneo all’ambito familiare: il coniuge dell’erede, per l’appunto. Forse più utile al loro scopo si sarebbe rivelata, paradossalmente, la riduzione. Tralasciando le altre curiosità e le perplessità che la sentenza suscita, il breve vademecum si conclude con un accenno ad un ulteriore aspetto della complessa problematica che, sebbene nella fattispecie de qua non venga assolutamente in questione, inerisce seriamente al discorso fin qui condotto. Mi riferisco alla questione riguardante le condizioni processuali necessarie per poter proporre azione di simulazione usufruendo delle agevolazioni probatorie. Abbiamo a più riprese sottolineato che, per orientamento costante della giurisprudenza, la domanda di simulazione dev’essere, quanto meno implicitamente orientata, o meglio funzionalizzata, all’esperimento dell’azione di riduzione. La giurisprudenza, anche di recente, ha sostenuto che, ove non ci siano le condizioni per esercitare l’azione di riduzione - ad esempio per sopravvenuta decadenza il legittimario che agisca per far valere la simulazione incappa nelle limitazioni probatorie previste dall’art. 1417. Una pronuncia è andata al di là del solco tracciato nel senso appena esposto e ha dichiarato che, addirittura, «l’azione di simulazione è in funzione unicamente dell’azione di riduzione e perciò in tanto può essere proponibile in quanto sussista il presupposto cui è condizionata la preposizione della seconda» (27). In base a tale assunto, quando non è esperibile l’azione di riduzione, viene meno l’interesse del IN VETRINA legittimario totalmente pretermesso a rilevare la simulazione, cosa che infatti gli è impedita. Ciò detto, è chiaro che il discorso si sposta sulle condizioni per l’esercizio di tale azione. In linea generale la condizione che viene in rilievo è la previa accettazione con beneficio d’inventario ex art. 564 c.c. Tale requisito di procedibilità è volto a creare una separazione tra i patrimoni del legittimario e del defunto, al fine di tutelare i terzi che subiscono la riduzione. La giurisprudenza è sostanzialmente concorde nel ritenere che tale accettazione sia necessaria quando il legittimario è anche erede, e non anche quando è totalmente pretermesso dalla chiamata ereditaria. Allo stesso modo si esclude che l’accettazione sia necessaria quando il legittimario fa valere la simulazione assoluta o la invalidità dell’atto dissimulato, in quanto in questi casi non c’è alcun diritto dei terzi da tutelare (28). Infine, non si considera necessaria la condizione prevista dal citato 564 c.c. quando si agisce in riduzione verso coeredi, proprio perché questi non sono terzi. In tutti gli altri casi, invece, il giudice deve valutarne la sussistenza. G GIURISPRUDENZA Legittimità 913 IL CORRIERE GIURIDICO n. 8/1998 Note: (27) Cass. 19 marzo 1996, n.2294, in Foro it., Rep., 1996, voce Simulazione civile n. 89, e in questa Rivista , 1996, cit. (28) In questo senso Scarpello, L’accettazione dell’eredità col beneficio d’inventario per l’esercizio dell’azione di simulazione da parte del legittimario, in Studi in onore di Ernesto Eula, III, Milano, 195, 432. DANNO E RESPONSABILITA’ PROBLEMI DI RESPONSABILITA’ CIVILE E ASSICURAZIONI Direzione scientifica: Vincenzo Carbone, Roberto Pardolesi, Giulio Ponzanelli, Vincenzo Roppo Abbonamento 1998: L. 260.000 Abbonamento 1998 + Responsabilità civile. Rassegna di giurisprudenza: L. 320.000 Annata 1997 rilegata: L. 170.000 Una rivista interamente dedicata alla tematica del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, attraverso l’analisi completa e tempestiva dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale in materia. 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