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Il VII Consiglio Plenario dell’Ordine MINORITÀ E ITINERANZA NELLA FRATERNITÀ FRANCESCANA «La minorità nasce in Francesco d’Assisi come stupore di fronte all’amore di Dio, che per liberarci dal male e per introdurci nella vita divina non ha esitato a donare il suo Figlio, che è diventato uomo e si è fatto obbediente fino alla morte di croce, facendosi così minore e sottomesso a tutti» (VII CPO, prop. 2). Gianni Bordin, Gesù e Francesco (2005) IL VII CONSIGLIO PLENARIO DELL’ORDINE Italia Francescana 80 (2005) 11-29 FRANCESCO NERI Tra stupore e vulnerabilità. Storia e interpretazione del VII CPO 1. CAUSE E PREPARAZIONE DEL CPO SULLA MINORITÀ E L’ITINERANZA Quarantadue delegati dei Frati Minori Cappuccini si sono riuniti ad Assisi dal 1° al 27 marzo 2004, per celebrare il VII Consiglio Plenario dell’Ordine sul tema La nostra vita fraterna in minorità. «Pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo il Signore in povertà e umiltà»1. Le Costituzioni cappuccine descrivono al n. 123 la funzione del CPO nell’animazione della fraternità. Esso ha lo scopo di esprimere il rapporto vitale tra l’intera fraternità e il suo governo centrale, di promuovere la coscienza di tutti i frati alla corresponsabilità e alla collaborazione, di favorire l’unità e la comunione dell’Ordine nella pluriformità. Rientra nella competenza del CPO favorire la comunicazione tra il Definitorio generale e le Conferenze e fra le Conferenze stesse; costituire un centro di riflessione ed esaminare i problemi di maggiore importanza per proporne la soluzione all’Ordine; offrire aiuto con una collaborazione costruttiva al ministro generale e ai definitori per attuare un rinnovamento adeguato dell’Ordine; aver cura dell’incremento dell’Ordine e della formazione dei frati. Va notato che il VII CPO ha approvato alcuni emendamenti lo Statuto per la sua celebrazione: cf. Analecta OFMCap 120 (2004) 309-314. I primi quattro CPO sono stati celebrati a Quito (1971) su Vita fraterna, povertà e minorità; Taizé (1973) sulla Preghiera; Mattli (1978) su Vita e attività missionaria; Roma (1981) sulla Formazione. Essi hanno prodotto documenti, che hanno poi fatto da riferimento per il testo delle Costituzioni postconciliari. Nel 1986 a Garibaldi (Brasile) il CPO si è soffermato sulla Vita e attività apostolica. I documenti dei primi cinque CPO sono stati pubblicati in un volume unico dalla Conferenza italiana dei ministri provinciali, col titolo I Cappuccini si rinnovano, CIMPCap, Roma 1992. Infine nel 1998 ad Assisi il VI CPO ha guardato come Vivere la povertà in fraternità: cf. Analecta OFMCap 114 (1998) 823-832. Va inoltre tenuto presente che nel 1992 a Lublino (Polonia) si è svolta una Assemblea dell’Ordine, su Identità cappuccina e culture. Ne è scaturita una Lettera a tutto l’Ordine: cf. Analecta OFMCap 108 (1992) 403-410. 1 12 FRANCESCO NERI Già durante il VI CPO del 1998 ad Assisi si era anticipata la necessità di approfondire minorità e itineranza, sia perché valori particolarmente significativi nel presente storico, sia per completare l’opera di riflessione e aggiornamento intrapresa dall’Ordine nella postconciliare. Vi ritornava la relazione del Ministro generale al Capitolo del 2000, echeggiando una proposta avanzata dalla CIMPCap2. Infine il governo centrale della fraternità ha definito che questo sarebbe stato l’argomento del VII CPO per arrivare in tal modo ad una trattazione completa della riflessione dell’Ordine sul carisma cappuccino nel presente tempo storico3. Il Ministro generale ed il suo Definitorio hanno guidato con alcuni interventi la preparazione dell’avvenimento. La lettera circolare n. 20, datata 31 marzo 2002, e intitolata La fraternità evangelica in un mondo che cambia. Identità, missione animazione4, sviluppa un collegamento fra la lettera apostolica di Giovanni Paolo II Novo Millennio Ineunte, la strutturazione fraterna del nostro Ordine come approvata dal Capitolo generale del 2000, e l’istanza dello stesso Capitolo di coniugare la nostra struttura fraterna con i fermenti del mondo che cambia. Tra le strutture e iniziative di animazione viene indicato il VII CPO, come diretto prolungamento e completamento del VI CPO. Le due circolari n. 21 e n. 22 costituiscono un dittico. L’una risale al 18 aprile 2003, e porta il titolo «Quello eccessivo amore». Una riflessione sull’esperienza di Francesco del Crocefisso5. Il bacio al lebbroso, la preghiera davanti al Crocifisso di S. Damiano e la stimmatizzazione sulla Verna sono le tre sorgenti della minorità di Francesco d’Assisi. La via dell’umiltà, tracciata da Cristo, viene seguita da una schiera di testimoni, dei quali viene evidenziato padre Pio da Pietrelcina. Essa si traduce nella virtù della compassione, e spinge a costruire una cultura della pace. L’altra parte, Il coraggio di essere minori, è datata 4 ottobre 20036. La contemplazione della SS. Trinità come una libera comunione di persone senza dominazione né privazione porta alla scelta dell’umiltà, che è apertu- Cf. Analecta OFMCap 116 (2000) 368. A livello ufficiale, i primi due atti sono stati la lettera di indizione Analecta OFMCap 119 (2003) 161-163, e la nomina della Commissione preparatoria, Analecta OFMCap 119 (2003) 141-142. Presieduta dal Vicario generale Antonio Ascenzi, e, dopo la tragica e prematura scomparsa di quest’ultimo, dal Definitore generale Joseph Nacua. La Commissione ha avuto di mira il coinvolgimento massimo, sui vari livelli della fraternità, sollecitati mediante appositi questionari destinati ai Definitorii provinciali, ai Capitoli locali e ai singoli frati. Una sintesi delle risposte ai questionari rivolti ai Definitorii della varie circoscrizioni è in Analecta OFMCap 120 (2004) 240-255. 4 Analecta OFMCap 118 (2002) 146-155. 5 Analecta OFMCap 119 (2003) 84-91. 6 Analecta OFMCap 119 (2003) 569-579. 2 3 STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 13 ra alla relazione con l’altro, alla rinuncia al potere che domina, a spendere la vita nell’umile servizio, ad identificarsi con coloro che sono respinti ai margini dalla prepotenza sociale. Francesco esprime la sua minorità nella promessa di obbedienza alla Chiesa e nella costruzione di un mondo riconciliato dalla fraternità nella pace e nella giustizia. Anche un Messaggio del Ministro generale alla Provincia delle Marche, datato 21 settembre 2003, lega il quarto centenario della morte di san Serafino da Montegranaro alle problematiche del CPO7. L’Istituto Francescano di Spiritualità presso l’Ateneo Antonianum di Roma ha organizzato un convegno sulla minorità dal 26 al 27 novembre 20028, e un convegno sull’itineranza dal 2 al 3 dicembre 20039. Entrambi i simposi hanno introdotto la problematica nel contesto del presente storico, approfondendo le radici ispirative nelle fonti bibliche, francescane e cappuccine, offrendo infine spunti di attualizzazione. La CIMPCap ha organizzato un «Capitolo delle stuoie», cioè un’assemblea di incontro, formazione e orientamento, sul tema Fraternità minoritica ed ecclesiale in un mondo che cambia10. Sullo sfondo comune dei cambiamenti della società italiana, le numerose relazioni hanno approfondito i tre nuclei della fraternità, della minorità e dell’ecclesialità. I frati convenuti in Assisi dal 27 al 31 ottobre 2003, circa quattrocento, hanno sintetizzato i lavori in alcune proposizioni. Il 22 ottobre 2003, Giovanni Paolo II aveva inviato un messaggio all’assise11. 7 San Serafino da Montegranaro nel IV centenario della morte. Dono al VII Consiglio Plenario dell’Ordine, in Analecta OFMCap 119 (2003) 628-631. 8 Gli atti sono raccolti in L. PADOVESE (ed.) Minores et subditi omnibus. Tratti caratterizzanti dell’identità francescana, Roma 2003, con relazioni di L. Padovese, F. Raurell, M. Mazzeo, U. Vanni, Y. Spiteris, A. Tomkiel, L. Lehmann, F. Uribe, B. Holter, M. Bartoli, G. Buffon, B. Vadakkekara, P. Maranesi, P. Etzi, J. Kazmierczak, C. Cargnoni, P. Martinelli, V. Ingegnoli, A. Caciotti, H. Punsmann, L. Oviedo. Ne è stata preparata anche una edizione più ridotta, con sole nove relazioni ed una Presentazione di A. Ascenzi. 9 Gli atti sono pubblicati nel volume L. PADOVESE (ed.) Pellegrini e forestieri. L’itineranza francescana, Bologna 2004, con relazioni di L. Padovese, F. Raurell, S. Légasse, M.L. Rigato, C.G. Bove, O. Schmucki, N. Kuster, J. Freyer, C. Cagnoni, P. Etzi, P. Martinelli, G. Salonia, H. Punsmann, R. Giannatelli. 10 L’itinerario di preparazione e i contenuti dello svolgimento si ritrovano in M. Steffan (ed.) Atti del Capitolo delle stuoie dei Cappuccini italiani, Roma 2004. Al volume è allegato un dvd. 11 Si può leggere in Atti del Capitolo delle stuoie, 359-362. 14 FRANCESCO NERI 2. UN AVVENIMENTO DI UNITÀ NELLA PLURIFORMITÀ Il Consiglio Plenario si è svolto con la partecipazione di 42 delegati delle Conferenze di circoscrizioni. Le prime due settimane sono state dedicate all’ascolto delle relazioni. Queste si sono snodate secondo un itinerario legato alle dinamiche interne alla fraternità e alla sua presenza nella Chiesa e nel mondo. Tutti i relatori sono stati membri dell’Ordine, tranne quelle Alex Zanotelli e Giuseppe De Rita12. Fidel Aizpurua, spagnolo, biblista, ha svolto il tema della minorità in relazione alle strutture in cui l’Ordine è inserito13. Ha lanciato delle provocazioni sugli elementi fondamentali del VII CPO: porre in discussione l’indiscutibile; affrontare il pensiero unico; spostarsi verso il margine, essere segno di cambiamento, in collaborazione con i movimenti non sistemici. Regis Armstrong ha illustrato la minorità nella vita e negli scritti di Francesco e dei primi frati14. Docente presso la School of Theology and Religious Studies nella Catholic University a Washington, egli ha descritto la minorità come un’intuizione sacramentale di Francesco, indicando un paradigma nelle Ammonizioni del santo di Assisi, dalle quali emerge la minorità come povertà, come umiltà, come accettazione della vulnerabilità. Niklaus Kuster, svizzero, docente a Münster e a Venezia, ha presentato la minorità e l’itineranza nella prassi dei primi Cappuccini15. Questi desideravano vivere il radicalismo di Francesco con concrete risoluzioni: 12 Tutto lo svolgimento ha potuto essere seguito in tempo reale, attraverso un sito organizzato e aggiornato costantemente dal webmaster Julian Haas, ricco di informazioni sui precedenti Consigli plenari, sui partecipanti, nonché sui contenuti e sullo svolgimento dei lavori. Si può tuttora consultarlo all’indirizzo www.ofmcap.org/viicpo. Il forum inserito nel sito rendeva il CPO un’assemblea aperta, in cui tutti i frati potevano interagire con i delegati. 13 Minorità, itineranza e sistema, in Analecta OFMCap 120 (2004) 345-359. Sempre nella linea attualizzante, cf. A. CACIOTTI, La minorità tra attualità e contemporaneità, in Minores et subditi omnibus, 423-428; H. PUNSMANN, Essere «minori» nel tempo della globalizzazione, ivi, 429-444; ID., Itineranti «glocali»: tra la libertà del turista e la schiavitù del vagabondo, in Pellegrini e forestieri, 259-273. 14 La minorità di san Francesco e dei primi fratelli, in Analecta OFMCap 120 (2004) 387-396. Sullo stesso tema, cf. L. LEHMANN, «Sed sint minores»: la minorità nella Regula non Bullata, in Minores et subditi omnibus, 129-148. 15 Minorità e itineranza dei primi Cappuccini, in Analecta OFMCap 120 (2004) 483-509. Per approfondimenti cf. C. CARGNONI, I cappuccini e la minorità, in Minores et subditi omnibus, 353-366; O. SCHMUCKI, L’itineranza Alla luce degli Opuscoli di s. Francesco d’Assisi, in Pellegrini e forestieri, 103-124; N. KUSTER, L’itineranza francescana nelle opere di Tommaso da Celano, ivi, 125-155. STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 15 rinuncia alle strutture conventuali, alla sicurezza comunitaria e agli apostolati pastorali privilegiati, dimora in eremitaggi rurali non fissi, in solidarietà con i poveri, i malati e i bisognosi. Giuseppe De Rita, direttore del CENSIS16, ha presentato ai delegati lo scenario del potere, sul quale la vita religiosa è chiamata a collocarsi. Esistono oggi tre livelli di potere. Il primo è quello del potere globalizzato: sono le grandi affermazioni di valori, come quelli della Carta dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite. Il secondo livello è quello dei poteri autoreferenti e autoalimentanti: la finanza, le armi, la tecnologia. Il terzo livello è quello del potere individuale, dato dalla competenza e dalla professionalità di ognuno. La minorità e l’itineranza sono un mezzo per esprimere l’essenziale, come Francesco d’Assisi. Un modo moderno di vivere la minorità è quello di aderire ai valori che non hanno forze che intervengano a farli applicare; è mancanza di copertura dinanzi ai grandi poteri di oggi; è scegliere la via del potere della competenza. Inoltre, oggi il potere è orizzontale, nel senso che è impossibile controllarlo dall’alto e in un unico punto, come mostra l’internet. Il potere si trasferisce nelle periferie, che sono il luogo di una futura itineranza. Giuseppe Scarvaglieri, docente di sociologia della religione presso le Università Gregoriana e Lateranense di Roma, ha applicato le meccaniche del potere alla concreta situazione di un ordine religioso come quello dei Cappuccini: la strumentalizzazione del sacro; il condizionamento della tradizione; la possibilità di creare opinione pubblica; l’accesso abbastanza agevole alla tecnologia, all’informazione e alle altre risorse; una certa libertà nell’organizzazione della propria vita e nell’affermazione della propria personalità17. Ed Foley, statunitense, docente di teologia pastorale presso la Catholic Theological Union a Chicago, ha offerto un contributo cappuccino alla comprensione del sacerdozio nella Chiesa18. Partendo da una considerazione analogica sul biculturalismo della società americana e sulla duplice appartenenza religiosa (frate e frate-sacerdote), ha indicato al francescano sacerdote il modello della minorità della Trinità. Ciò esige: (a) pre- Il CENSIS, Centro Studi Investimenti Sociali, è un istituto di ricerca socioeconomica fondato nel 1964, che da più di trent’anni svolge attività di studio, consulenza, valutazione e proposta nei settori vitali della realtà sociale italiana ed europea: formazione, lavoro, welfare, reti territoriali, ambiente, economia, sviluppo locale e urbano, governo pubblico, comunicazione, cultura. La trascrizione dell’intervento del dott. De Rita, svolto in forma orale, è in Analecta OFMCap 120 (2004) 552-554. 17 Il potere e la vita fraterna cappuccina oggi, in Analecta OFMCap 120 (2004) 537-551. 18 Un contributo cappuccino alla comprensione del sacerdozio nella Chiesa: considerazione analogica sul biculturalismo e sulla duplice appartenenza religiosa, in Analecta OFMCap 120 (2004) 589-603. 16 16 FRANCESCO NERI sentare fin dall’inizio la natura mista della comune vocazione francescana; (b) una prassi di liturgia che porti a pregare come frati minori, in modo da evitare ogni forma di superiorità di un frate sull’altro o su qualsiasi altra persona; (c) allargare il cerchio di collaborazione e di decisionalità nell’esercizio del ministero pastorale, in modo che i frati non decidano soltanto per gli altri ma con gli altri. Paolo Martinelli, docente di teologia presso l’Università Gregoriana e presso l’Istituto Francescano di Spiritualità, ha sviluppato il rapporto fra ministeri fraterni e minorità19, a partire dall’esperienza cristiana di Francesco d’Assisi come conversione e corrispondenza alla kenosi di Cristo. Questo mistero si prolunga nel mistero kenotico della Chiesa, in particolare nell’eucaristia. Il modello di ministero fraterno può essere descritto come una reciprocità asimmetrica in cui l’uguaglianza fraterna è raggiunta attraverso l’obbedienza caritativa vicendevole. Questo crea la circolarità tra i ministeri e corresponsabilità fraterna nel vicendevole sostegno a vivere il carisma di Francesco. Ambongo Besungu, della Repubblica democratica del Congo, si è soffermato su cosa significhi essere minore in un contesto di povertà20. Egli ha descritto la situazione sociale, economica e politica del Congo, e le cause della povertà generalizzata. In Africa la vita dei Cappuccini è modesta ma, per molta gente del paese che è veramente misera, essa appare come vita da ricchi. Alex Zanotelli, comboniano, partendo dalla sua esperienza nella baraccopoli di Korogocho a Nairobi21, ha offerto alcune linee operative: una lettura della Parola di Dio fatta dentro il contesto dei poveri; la scoperta che i poveri ci evangelizzano; la denuncia delle strategie a livello di strutture, che puntano all’impoverimento della maggioranza dell’umanità per garantire lo stile di vita della minoranza; l’impegno per la redenzione del sistema; l’adozione di comportamenti alternativi a livello operativo. Il brasiliano Luis Carlos Susin, professore all’Università Cattolica di Porto Alegre e di Rio Grande do Sul, nonché membro del gruppo editoriale di Concilium, ha presentato la minorità come modello alternativo per la società22. La minorità può essere vista come relazione di servizio Minorità e ministeri fraterni, in Analecta OFMCap 120 (2004) 619-628. Come essere «frate minore» in una situazione dominata dalla povertà e dall’insicurezza, in Analecta OFMCap 120 (2004) 641-646. 21 La testimonianza si ispirava a quanto racchiuso nel volume dello stesso Zanotelli, Korogocho. Alla scuola dei poveri, Milano 2003. 22 Minori a partire dai minori e con i minori: la minorità come ispirazione per un nuovo modello di società, in Analecta OFMCap 120 (2004) 671-678. 19 20 STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 17 più che come identità statica. Le relazioni di servizio possono aiutare a dar forza a una nuova visione del mondo, attraverso l’organizzazione della solidarietà. David Couturier, statunitense, esperto di formazione iniziale e permanente, direttore del Center for Structural Conversion, si è soffermato sulle condizioni antropologiche per una formazione all’itineranza23. Di fronte alla violenza e povertà globali, la minorità va reinterpretata come virtù sociale della compassione internazionale e l’itineranza come un appassionato e fiducioso andare avanti e al di là delle frontiere della lingua, classe, ideologia, sesso, orientamento e casta, in modo da poter vivere la nostra vocazione a essere in libera comunione con gli altri senza dominazione e senza limitazione. Le ultime due settimane sono state dedicate all’opera di redazione delle propositiones, in alternanza tra l’assemblea plenaria e le riunioni dei quattro gruppi di lavoro, in cui i delegati erano suddivisi. Al suo termine, il CPO ha prodotto 55 proposizioni. La forma letteraria della proposizione, già adottata dal VI CPO, obbedisce alla necessità di uno stile chiaro per indicazioni eminentemente pratiche. Rispetto al VI CPO, il VII ha prodotto un numero di enunciati più ampio e in genere più lunghi. Si può inoltre notare che vi sono alcune espressioni sovraccariche o alcuni duplicati. Questo si spiega, però, con i ritmi intensi di lavoro e con l’origine multilinguistica dei testi, votati sulla base del testo italiano, che non sempre è stato quello in cui la formulazione veniva concepita. Si spiega inoltre con lo spirito di rispetto fraterno e di fedeltà al contributo offerto da ogni gruppo24. Il 24 giugno 2004 il Ministro generale ha confermato con la propria autorità le proposizioni del CPO, promulgandole come vincolanti per tutto l’Ordine25. 23 Itinerario nelle situazioni estreme: la formazione francescana e l’antropologia dell’economia fraterna, in Analecta OFMCap 120 (2004) 700-709. Va ricordato che in precedenza un gruppo di delegati rappresentativi dei vari continenti (Jean-Bertin Nadonye, Julian Messina, Francesco Neri, Richard Hendrick, José Soares da Silva) aveva presentato una fenomenologia dell’itineranza nei differenti contesti mondiali. 24 Dopo la conclusione dei lavori, una commissione composta di tre frati ha provveduto a mettere in buon italiano i testi, tradotti – come si è detto – da lingue diverse, raggruppando in sette sezioni omogenee gli enunciati, e anteponendo ad ogni formulazione un titoletto. Un’altra commissione è stata poi incaricata di verificare la conformità tra questo testo perfezionato letterariamente e il testo approvato dai delegati. 25 La circolare del Ministro e il testo italiano delle proposizioni, riferimento per le versioni in altre lingue, sono pubblicati in Analecta OFMCap 120 (2004) 785-799. 18 FRANCESCO NERI Nell’insieme, si può osservare che esse sono un buon esempio di unità nella pluriformità, intendendo ciò anzitutto in senso geografico. Non è evidentemente la stessa cosa occuparsi di minorità in un ambito come quello europeo, dove i frati sono preceduti da una tradizione secolare che li identifica come «frati del popolo», o in un ambito come quello africano, dove sovente il solo fatto di disporre di un’abitazione stabile, di un nutrimento quotidiano sicuro e della possibilità di studiare, basta ad innalzare i frati di molto al di sopra del livello della media della gente. Oppure, non è la stessa cosa parlare di itineranza in Italia, dove la più grande delle Province può essere tranquillamente percorsa da un confine all’altro in quattro ore di automobile, o parlarne in Province come l’Australia dove l’ampiezza del territorio impone l’aereo come unico mezzo di trasporto. È vero allora che l’Ordine deve concepirsi – per esprimersi con un neologismo corrente – come una realtà glocale, cioè globale e locale insieme, nella misura in cui la convergenza universale sulle scelte fondamentali va coniugata con una varietà di soluzioni a livello territoriale. L’unità nella pluriformità va però letta anche in senso ideologico. Sin dall’inizio dell’assemblea, infatti, sono emersi due orientamenti, corrispondenti a diverse culture teologiche e sensibilità sociali. Un approccio che potremmo definire «dall’alto», in quanto desideroso di prendere le mosse dai fondamenti ispirativi della teologia cattolica e della spiritualità francescana. Un altro approccio che si potrebbe invece dire «dal basso», perché attento a incominciare dalla società contemporanea e dalle sue problematiche più drammatiche. L’approccio dall’alto si rispecchia nelle prop. 1 e 2, l’approccio dal basso nella prop. 3. Dopo una fase di confronto non privo di tensioni in vista di una prevalenza di un’impostazione sull’altra, i due metodi sono stati riconosciuti entrambi validi, entrambi utili, entrambi portatori di un contributo di verità, e l’assemblea – spontaneamente – ha approvato all’unanimità le proposizioni d’apertura in cui le due impostazioni si esprimevano. Dalla contrapposizione si è giunti alla inclusione. 3. QUATTRO SCELTE CARDINALI Tentiamo adesso di individuare le linee portanti entro le quali si muovono le indicazioni del Consiglio Plenario in tema di minorità e itineranza. Ci sembra di individuarne quattro: il primato del cammino di fede, l’opzione per la spiritualità francescana, la responsabilità dinanzi al grido dei poveri, il ripensamento dell’autorità come servizio. Tali opzioni fondamentali costituiscono il quadro ermeneutico globale nel quale trovano retta comprensione le singole proposizioni. STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 19 3.1 Il primato del cammino di fede Una prima, fondamentale, osservazione è che il CPO inserisce la nostra fraternità all’interno della vita di fede. Non è inutile ricordare che una tale problematica emergeva già nella relazione del Ministro generale al Capitolo del 2000 e in altri successivi interventi26. Si tratta di rafforzare le motivazioni di fede nella loro funzione di spinta propulsiva rispetto alla vita concreta. È perciò motivato che il CPO inserisca l’avvio delle proposizioni nell’orizzonte della fede e della spiritualità vissuta. L’esperienza di Francesco ha al suo centro l’incontro con Cristo, e da questo incontro parte il suo movimento di evangelizzazione, «camminando sulla terra con la missione divina di guarire, riconciliare, liberare e redimere» (prop. 2a). L’affermazione iniziale è dunque che la fraternità francescana dei Cappuccini, all’inizio come oggi, è vocazione al cammino di fede. Il cammino dei primi Cappuccini verso la periferia fu anche il cammino verso la contemplazione e il silenzio aperto al mondo. Il frate minore è colui che contempla soprattutto un Dio che si fa minore nel presepio, sulla croce e nell’Eucaristia, e che mai perde di vista le sorelle e i fratelli – soprattutto i più poveri – e tutta la creazione. L’eremo, che per i primi cappuccini sempre si situava ai confini della città, non è il luogo per distogliere lo sguardo, ma per avere una visione più ampia della realtà, contemplata a partire da Dio e dai poveri (prop. 31). 3.2 L’opzione per la spiritualità francescana Un’altra notazione è relativa alla scelta specifica della spiritualità francescana. La nostra è una preghiera francescana? Qual è la nostra conoscenza delle altre figure francescana, a cominciare da Chiara d’Assisi? Qual è la nostra collaborazione con le clarisse e le altre suore francescane, e con i laici dell’OFS e della GiFra? Sappiamo metabolizzare nell’alveo francescano quanto assumiamo da altri riferimenti di spiritualità come le rivelazioni private, il legame con i movimenti ecclesiali, e così 26 Cf. Analecta OFMCap 116 (2000) 368. Nella lett. circ. n. 20, La fraternità evangelica in un mondo che cambia, emerge lo stesso spunto: «Un Ordine che professa di essere una fraternità di testimonianza evangelica, deve essere radicato in una fede molto concreta nella persona e nel mistero di Cristo. […] Tenendo presenti le parole del Papa: “a Gesù non si arriva davvero che per la via della fede”, risulta chiaro dal Testamento che la contemplazione di Francesco fu la conseguenza di un risoluto atto di fede che lo aprì a ricevere i doni di Dio. […] Se vogliamo trasformare le nostre fraternità in una scuola di comunione, ci saranno necessarie la determinazione e la concretezza della fede di Francesco»: Analecta OFMCap 118 (2002) 148. 20 FRANCESCO NERI via? Che il francescanesimo sia l’orizzonte spirituale nel quale concretamente i Cappuccini si situano può sembrare un dato scontato, ma sovente in concreto lo specifico carismatico può essere sbiadito. Coerentemente il CPO raccomanda di «promuovere una contemplazione francescano-cappuccina» (prop. 31), che si caratterizza per avere ad oggetto «la minorità di Dio come paradigma pedagogico nell’evangelizzazione» (prop. 31). Non si tratterà perciò di una contemplazione avulsa dalla storia, ma piuttosto di un esercizio che «sorga dalla realtà e ci porti all’azione (amore compassionevole e compassione internazionale)» (prop. 31), insomma una manifestazione di umiltà, cosicché «invece di parlare, [la preghiera] sia il luogo in cui ascoltare Dio nel Vangelo e nei poveri» (prop. 31). Non è senza un motivo che proprio questa prop. 31 sia quella inserita nella lettera con cui il Ministro generale ha accompagnato la divulgazione del CPO. 3.3 Responsabilità dinanzi al grido dei poveri La minorità di Francesco era la volontà di collocarsi tra coloro che erano senza potere ed esclusi dalla società del suo tempo, ricalcando la kenosi del Verbo. Ci riapproprieremo della minorità – afferma allora il CPO – se ripercorreremo l’itinerario di Francesco. Concretamente ciò significa prendere atto del «grido dei poveri», come si intitolava un intervento profetico al Capitolo generale del 200027. Ciò ch’è stato per Francesco il lebbroso, sono oggi i quattro quinti dell’umanità che vivono in condizioni di povertà, e non soltanto nel Sud ma ormai sempre più anche in Occidente, nella nostra Italia. Molto onestamente i frati del CPO riconoscono che forse, almeno mediamente, ci siamo allontanati dal mondo dei poveri, e dalla povertà, e che questa realtà può sfuggirci col suo carattere tragico: Pensiamo che sia difficile comprendere il mondo attuale, immerso nelle povertà, a partire da una posizione privilegiata come la nostra. Perciò, crediamo che camminare nella direzione delle povertà sia un orientamento che può generare una vita nuova nell’Ordine. […] Questo «battesimo dei poveri», che Francesco ha ricevuto quando abbracciò il lebbroso, por- L’espressione sta però anzitutto nelle Costituzioni: «Preghiamo veramente come minori quando viviamo con Cristo povero ed umile, offrendo al Padre il grido dei poveri nella condivisione effettiva della loro condizione di vita» (46,3). È facile osservare che l’inserzione nel mondo dei poveri è un tema dominante sin dal CPO I. Sarebbe tuttavia un errore, a causa di ciò, archiviarlo tra ciò che è scontato, senza interrogarsi sui motivi di tale ripetizione costante, e su che cosa manca alla presenza dei Cappuccini in questo che è il primo problema della società contemporanea. 27 STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 21 ta a stare tra i poveri come compagni di cammino, attivamente partecipi della loro liberazione. A questo scopo è auspicabile che le circoscrizioni dell’Ordine abbiano almeno una presenza di inserimento in luoghi di povertà e che una parte dei frati possa partecipare direttamente a istanze di solidarietà con i popoli impoveriti (prop. 49). Tuttavia, chi sta accanto ai poveri, oggi deve anche denunciare le cause della loro povertà. Le strutture di peccato che impediscono lo sviluppo di grande parte dell’umanità, possono vederci coinvolti, anche se inconsapevolmente. Già il VI CPO in materia di economia e solidarietà, oppure le problematiche del consumo critico, delle banche e degli investimenti. Nello stesso solco si sono mosse due circolari del Ministro generale28. Il VII CPO richiama alla lucidità nel nostro rapporto col sistema economico, politico, culturale (prop. 3; 22; 26; 53; 54), alla valorizzazione degli strumenti del Fondo di solidarietà internazionale di Franciscans International29 presso le Nazioni Unite (prop. 50), al ripristino presso ogni Provincia di una Commissione Giustizia Pace ed Ecologia effettivamente funzionante (prop. 55). 3.4 L’autorità come servizio di animazione Ad un rapido sguardo sulle proposizioni, balza evidente che esse si occupano molto più della minorità che dell’itineranza. E della minorità si tratta sotto il risvolto specifico del potere. Segno che questo è un nodo urgente da sciogliere. Il CPO apre dunque la strada al ripensamento dell’autorità come servizio di animazione. Auctoritas viene da augere. Il compito dell’autorità è cioè quello di essere al servizio dei frati e della fraternità, di custodirla e promuoverne lo sviluppo. È il compito non di decidere un progetto proprio da imporre, ma di discernere il disegno di Dio, al cui servizio mettersi. Le proposizioni dalla 18 alla 23 sono esplicite in tal senso. Esse insistono sia, in positivo, sulle caratteristiche di un uso francescano del potere, sia – in negativo – sul suo lato d’ombra, sulla pos- Compassione. Per un approccio francescano al tema di giustizia pace ecologia, in Analecta OFMCap 113 (1997) 328-340; e I poveri nostri maestri, in Analecta OFMCap 115 (1999) 261274. 29 Franciscans International, organizzazione non governativa presso le Nazioni Unite, è un servizio internazionale di tutto il movimento francescano, uomini e donne, laici e chierici, protestanti e cattolici. Viene sponsorizzato dalla Conferenza della Famiglia Francescana (CFF) che ha sede a Roma e serve tutti i francescani e la comunità mondiale rendendo presenti i valori spirituali ed etici della vita francescana a livello internazionale. S’impegna a far conoscere i problemi e la voce dei poveri, degli oppressi e di coloro che non hanno potere al tavolo dove i governi del mondo prendono le loro decisioni. Notizie ulteriori in www.franciscansinternational.org. 28 22 FRANCESCO NERI sibilità di un suo uso antievangelico. Ma si tratta di un filo rosso che attraversa l’intero documento. Proprio su questo si attesta la lett.circ. n. 23, del 25 gennaio 2005, la prima scritta da fra Johm Corriveau all’indomani del VII CPO, intitolata «A similitudine di lui». Costruire la comunione in un mondo di relazioni asimmetriche30. Sono appena i primi passi di un movimento che potrebbe portarci a ripensare il capitolo VIII delle Costituzioni, secondo un’esigenza già affermata nel Capitolo generale del 2000. 4. MINORITÀ ED USO EVANGELICO DEL POTERE Intendiamo ora segnalare le principali indicazioni operative che le proposizioni offrono per accompagnare l’Ordine a recuperare e aggiornare la minorità e l’itineranza nella sua presenza attuale. 4.1 Il «potere» della competenza in umanità La minorità dei Cappuccini li rende figure accessibili a tutti, accanto alle quali tutti si sentono a proprio agio. Pensiamo al ritratto che ha fatto di noi il Manzoni, allorché presenta il Cappuccino avvezzo ad essere inzaccherato dal monello come ad essere riverito dai potenti: il Monte dei Cappuccini di Torino e la Kapuzinergruft di Vienna ne sono un esempio. Il CPO ci spinge a ritornare fra la gente, a ritornare ad essere prima di tutto i frati del popolo. In fedeltà a Francesco esprimiamo la nostra itineranza con la scelta di abbandonare i posti di potere affermati e garantiti per scegliere quelli più accessibili alla gente comune e ai più poveri. Dovremmo poi discernere e decidere in fraternità sull’abbandono di quei ministeri che potrebbero divenire oggetto di appropriazione, di esaltazione e di autopromozione. […] Seguendo la sana tradizione dei primi Cappuccini, prossimi sempre agli uomini indigenti e abbandonati dagli altri, nutriti di fede e aperti alla speranza, ci proponiamo, quale impegno della nuova evangelizzazione, di vivere al loro fianco, anche se ciò comporta l’abbandono di strutture non conformi al nostro ideale (n. 25). Ciò porta a comprendere che, se la minorità parte dal rifiuto di ogni potere, conduce alla fine ad acquistare una posizione nella società assai più significativa di quella che può garantire il meccanismo del potere. 30 Per ora accessibile su www.ofmcap.org. Sul tema cf. G. SALONIA, Animazione e governo nel contesto attuale, Napoli 2003. STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 23 Rifacendoci all’intervento del dott. De Rita, possiamo affermare che nel nostro tempo è scegliere la via del «potere» della competenza, che per i Cappuccini può essere quella dell’esperienza dell’umanità e della capacità di contatto con le persone. Paolo VI definiva la Chiesa esperta in umanità, e tale speciale competenza – si buon ben dire – è l’unico potere che si riserva la fraternità dei Minori. 4.2 L’assunzione dei ministeri meno ricercati La scelta della capacità di contatto con l’umano come nostra evangelica competenza, ed il desiderio di incontrare l’uomo nelle nuove periferie, ci porta a ricercare quello che nessuno cerca, a cominciare dai ministeri all’interno della Chiesa. In questa disponibilità ad occupare l’ultimo posto il CPO colloca la nostra vocazione nella Chiesa: Noi esprimiamo di fatto la nostra appartenenza ecclesiale quando ci rendiamo disponibili evangelicamente al servizio di tutto il popolo di Dio. In tal modo manteniamoci sinceramente disponibili a servire la Chiesa locale e universale, agendo in concordia con i pastori. Privilegiamo quegli impegni che sono più consoni alla nostra vocazione di minori e assumiamo gli incarichi pastorali di frontiera, i ministeri meno ricercati nella Chiesa e nelle periferie, ossia là dove meglio possiamo manifestare la compassione e la prossimità: siano essi parrocchie di periferia, cappellanie in ospedali, assistenza ai malati e al mondo delle emarginazioni tra le vecchie e nuove povertà. Facciamo in modo che le remunerazioni non siano l’unico criterio per la scelta dei nostri ministeri e che essi siano espressione di tutta la fraternità (prop. 38). Il CPO enumera una serie molto concreta di settori d’attività, e altri potremmo aggiungere, a partire da quanto già si fa, le carceri, le comunità terapeutiche. Il CPO, inoltre, sottolinea che la nostra presenza, anche quella più «profetica» deve essere dentro e non contro la Chiesa, a partire da un mandato ad evangelizzare di cui gli apostoli e i loro successori sono custodi. Ma dall’altro lato si evidenzia che nella Chiesa dobbiamo essere valorizzati a partire dal nostro carisma, a partire da quello specifico nucleo spirituale di cui siamo portatori. Non inutile, infine, è il richiamo a non trasformare il ministero in una fonte di guadagno. 4.3 Nella fraternità, il francescano sacerdote La prop. 7 svolge intenzionalmente un ruolo essenziale, al di là delle finalità proprie del CPO, nell’impegno recente che l’Ordine sta compiendo, per ridefinire come l’identità mista della nostra fraternità nel suo carattere misto, composta cioè di frati e di frati sacerdoti, senza discriminazioni nella dignità e nei compiti. Coerentemente il Consiglio Plenario 24 FRANCESCO NERI afferma che «la missione del nostro Ordine deve esprimere l’indole fraterna del nostro carisma. Pertanto le circoscrizioni nella scelta delle attività e dei servizi devono includere anche quei ministeri che non richiedono l’ordinazione sacerdotale» (prop. 37). Il recupero della qualità e della dignità del fratello religioso nell’Ordine non significa la svalutazione del sacerdote dentro la fraternità. E tuttavia: qual è il modo francescano di essere sacerdote, posto che esso non può essere soltanto un duplicato del prete diocesano? Bisogna riconoscere che la via specificamente francescana al sacerdozio può essere meglio illuminata. Anche i progetti destinati alla formazione iniziale offrono indicazioni che possono essere completate e approfondite. Il CPO prova allora a tratteggiare una descrizione del rapporto tra vocazione francescana e ministero ordinato31. Leggiamo che il francescano sacerdote vive il proprio ministero, «onorando il primato dell’appartenenza alla fraternità. E quale speciale ministro della misericordia di Dio, come chiede Francesco nella Lettera ad un ministro, si rende disponibile alle necessità della Chiesa, con preferenza verso i servizi più difficili e privi di onori, e sa farsi prossimo particolarmente ai sofferenti, agli emarginati, ai lontani» (prop. 36). I compiti legati al ministero non debbono portarlo ad innalzarsi al di sopra degli altri, ché anzi proprio quanto egli celebra rappresenta una scuola di umiltà. Una proposizione riecheggia l’insegnamento di Francesco sull’Eucaristia, che è esempio di minorità: l’Eucaristia non appartiene a nessuna singola persona, ma a Cristo stesso, al cui sacerdozio partecipano attivamente tutti i fedeli. Il presbitero nell’assemblea eucaristica agisce in nome di Cristo capo. Il Vangelo secondo Giovanni presenta questo Cristo come un capo che si china e lava i piedi agli altri: «Se io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri». L’esempio di Cristo, che si umilia fino a mettersi, durante l’Eucaristia, nelle nostre mani dovrebbe condurre i ministri a umiliare se stessi per servire gli altri. Questo atteggiamento a imitazione di Cristo invita i frati sacerdoti del nostro Ordine a essere umili e minori nel loro servizio sull’altare della vita fraterna (prop. 35). Il legame tra minorità e misericordia fa poi sì che sia «certamente espressione di minorità la disponibilità a celebrare il sacramento della Riconciliazione» (prop. 44). Con ciò si evidenzia la centralità di questo Utile all’approfondimento del tema nelle origini francescane è lo studio di B. HOL«Sacerdotes fraternitatis in Christo humiles» (EpOrd 2). Il sacerdozio minoritico nella visione di S. Francesco, in Minores et subditi omnibus, 191-204. 31 TER, STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 25 sacramento nel ministero di tanti nostri frati, a cominciare dai grandi modelli di padre Leopoldo Mandic e padre Pio da Pietrelcina. Peraltro l’amore per la povertà e per i poveri non deve portare alla trascuratezza nella celebrazione. Francesco si fa eco del Laterano IV e del desiderio di sviluppare la devozione eucaristica, e Chiara confezionava con le proprie mani i tessuti per la celebrazione. In questa linea il CPO sottolinea che «il minore sacerdote ha cura che la liturgia rifletta sia la semplicità della via francescana sia la grandezza dei misteri celebrati, attraverso il proprio comportamento e attraverso i segni e gli oggetti che compongono il rito» (prop. 36). Ed «infine egli deve mostrarsi libero dinanzi al denaro, capace di gratuità evangelica» (prop. 36). Non vi è dubbio che l’attaccamento al denaro alieni tanti fedeli dalla pratica sacramentale. Se la povertà è importante per tutti i sacerdoti, ancor più lo è per i francescani sacerdoti. Come si vede, già queste indicazioni aiutano a ritagliare importanti elementi nel rapporto tra vocazione francescana e vocazione sacerdotale. Ma è auspicabile che nell’Ordine cresca l’attenzione per questa tematica, posto comunque che al 31 dicembre 2003 i frati laici erano 3548 e i frati chierici 728232. 5. L’ITINERANZA COME DISPONIBILITÀ CORDIALE ALL’IMPREVEDIBILITÀ DI DIO Dell’itineranza si ha spesso un concetto molto povero. Di solito la si associa alla possibilità di trasferire un frate allorché, ogni tre anni, il ministro provinciale compone le tavole di famiglia. Dinanzi a situazioni nelle quali un frate è insediato nello stesso convento o nella stessa funzione da molti anni, l’itineranza è vista come la leva, utilizzando la quale si può chiedergli di spostarsi in un altro luogo. Effettivamente il CPO si confronta anche con il fenomeno dell’immobilismo, ammonendo in termini molto duri che «l’immobilità di alcuni nostri fratelli compromette alla base la nostra vocazione e missione nella chiesa e nel mondo» (prop. 24). Ma l’essenziale sta altrove. Un’altra possibilità a cui si pensa è che l’itineranza consista nella disponibilità a vivere in un convento e lavorare in un convento diverso. Accade ad esempio che alcuni conventi siano molto vicini fra di loro, e si concentri la fraternità in uno solo di questi, salvo poi a prestare servizio anche negli altri in cui la fraternità non è più residente. Più in generale, è la situazione per cui la sede del lavoro è extraconventuale (parrocchia, 32 La statistica è in Analecta OFMCap 120 (2004) 37. 26 FRANCESCO NERI ospedale, biblioteca) e dunque esige di essere raggiunta compiendo un certo percorso con dei mezzi di trasporto. Forse ancora all’itineranza un frate italiano potrebbe associare la figura dei frati questuanti o dei frati che si impegnano nelle missioni al popolo. In verità l’itineranza è molto di più. È piuttosto un modo di indicare il cammino di fede che Dio chiede di compiere ad ogni uomo, come ad Abramo. È l’esodo attraverso il deserto del tempo, nel quale viviamo come pellegrini e forestieri, verso l’eternità di Dio. È il percorso di conversione a Gesù e alla nuova giustizia del Regno di Dio. È la spinta ad incontrare la gente, raggiungerla lì dove la gente vive e si aggrega, per comunicare ad ogni uomo e ad ogni donna il dono del Vangelo. Ancora una volta, si tratta allora di una scelta di fede, di una norma concreta di spiritualità: «L’essere itineranti, pellegrini e forestieri in questo mondo, trova la sua forza nella fede in Cristo, Signore della storia, che si manifesterà pienamente alla fine dei tempi. […] Cresciamo nella disponibilità cordiale all’imprevedibilità di Dio, più grande di tutti i nostri progetti e testimoniamo a tutti la letizia di riporre in Lui la nostra speranza» (prop. 5). L’itineranza è dunque una mentalità, è il recupero della dimensione escatologica della nostra fede al posto di una mentalità archeologica, è la scelta della giovinezza spirituale, l’intelligenza pastorale di chi sa adattarsi ai cambiamenti del contesto in cui viviamo, il desiderio di andare incontro al Signore lì dove lui ha scelto di darci appuntamento. 5.1 La scelta delle nuove periferie A partire da questa opzione di fede, verrà automatico scegliere nuovamente le periferie, come luogo della nostra itineranza, il «realizzare progressivamente (cioè a piccoli passi) uno spostamento “significativo” verso la periferia della nostra società attuale, dove desideriamo piantare le nostre tende tra i minori di oggi come fecero al loro tempo Gesù, san Francesco e i primi Cappuccini» (prop. 3). Quali sono allora oggi le nuove periferie? Il concetto di «periferia» infatti non è essenzialmente urbanistico, ma sociologico. In molte città italiane, infatti, da Torino a Palermo, i centri storici sono ormai interamente abitati da immigrati, e le periferie sono zone residenziali di lusso. Il punto è allora di capire quali sono le periferie del nostro tempo. Dove avvengono i mutamenti in cui si costruisce il futuro del nostro mondo, quei contesti dove l’uomo soffre e spera? Dove si raduna la gente che attende nel nostro annuncio l’incontro salvifico con Cristo? Possiamo annoverare nelle nuove periferie la famiglia che attende un accompagnamento nel tempo della crisi e nel tempo dello sviluppo? I giovani affamati di senso e di essere ascoltati e accolti? La community che s’incontra su internet, che è uno spazio di enormi ambiguità ma anche di immense possibilità? La partecipazione alla costruzione di una società multietnica STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 27 e plurireligiosa, come ormai irreversibilmente l’Europa sta diventando, affinché la città dell’uomo sia il luogo del rispetto e della pace? Secondo l’asserzione di Martin Heidegger, citato da Giuseppe De Rita, «la verità è camminare sui confini», e tali periferie sono per l’Ordine il luogo di una futura evangelizzazione. 5.2 Dall’itineranza del frate all’itineranza della Provincia La conseguenza estrema di una evangelizzazione condotta nell’itineranza sarà che questa dovrà caratterizzare non soltanto il singolo frate ma l’intera Provincia. L’itineranza non è zingarismo, instabilità, inidoneità a mantenere responsabilità, e dunque non può essere un fatto individuale, ma della fraternità in quanto tale. Il CPO invita allora a «riaffermare la nostra opzione per la minorità quale essenziale caratteristica dei Frati Minori Cappuccini non solo come individui ma anche come istituzione; accettare, con gioia e con tutte le sue conseguenze, la debolezza, la precarietà e la vulnerabilità, nel servizio umile in/di tutte le nostre istituzioni e strutture» (prop. 3). Il punto che viene in discussione è quello, dolente, delle revisione delle presenze e delle strutture. Posto che un minimo di struttura è irrinunciabile, che atteggiamento assumiamo quando essa da mezzo si trasforma in fine? Sono molto concrete le indicazioni in tema di revisione dello stile di vita (prop. 26), revisione delle strutture edilizie (conventi, chiese, giardini) (prop. 27), utilizzazione del capitolo locale (prop. 11) e del progetto di vita fraterna (prop. 8), per mantenere una necessaria elasticità, al fine di adattare la nostra evangelizzazione ai continui cambiamenti del mondo in cui viviamo. 5.3 La collaborazione come forma di itineranza Molti passi avanti sono stati fatti per superare la sacralità dei confini della Provincia. Questa è la nostra modalità di appartenenza all’Ordine. È dunque fondamentale, ma è un mezzo piuttosto che un fine. Numerosi sono gli esempi di collaborazione interprovinciale nella nostra fraternità. Nella relazione al capitolo del 2000 il Ministro generale rimarcava ancora la positività della collaborazione. Il VII CPO si inserisce in tale solco e afferma che l’interprovincialità è una maniera efficace di muoverci nel nostro contesto globalizzato, e che va estesa al di là dei confini della formazione iniziale. «La collaborazione tra le circoscrizioni, infatti, non è solo un’esigenza dettata dalla penuria di personale, ma è un valore in se stessa, in quanto è una forma più ampia di fraternità ed è inoltre un’espressione concreta di minorità e itineranza» (prop. 13). Naturalmente la collaborazione interna all’Ordine apre la strada alla collaborazione con le altre componenti della famiglia francescana, con gli altri istituti religiosi, con ogni realtà ecclesiale. 28 FRANCESCO NERI 6. SENTIERI PER IL FUTURO L’andamento dei lavori e l’orientamento delle proposizioni offrono anche segnalazioni sulle direzioni in cui proseguire l’impegno di riflessione e aggiornamento del nostro Ordine. Sul piano della prassi, una preoccupazione iniziale è che il VII CPO, proprio in quanto tocca dimensioni tanto centrali quanto coinvolgenti, non sia un evento soltanto virtuale, ma si traduca in impulsi alla vita concreta, in congiunzione con il VI CPO, la cui attuazione a livello provinciale è ancora parziale. Un’altra osservazione è che, se è vero che il Consiglio Plenario del 2004 ha visto l’incontro di due sensibilità compresenti nella nostra Fraternità, quelle che abbiamo definito «dall’alto» e «dal basso», è vero però anche che tale incontro sembra essersi risolto più nei termini della tolleranza che in quelli del dialogo, più nell’ottica della giustapposizione che in quella dell’integrazione. Sarebbe opportuno un passo avanti. Sarebbe opportuno un ascolto umile e attento, che accolga le istanze profonde di cui l’interlocutore è portatore, ai fini di una fecondazione reciproca e di una sintesi superiore. Quali potrebbero essere gli strumenti per il confronto e la coniugazione tra le diverse sensibilità che attraversano a livello globale la nostra Fraternità? Il Consiglio Plenario dell’Ordine nasce appunto per questo scopo, e perciò – originariamente – era stato pensato come un assise permanente, con riunioni regolari e frequenti. Tuttavia, la sua attuale scadenza sessennale postula che nascano altri luoghi di incontro e confronto, più diffusi e periferici, più liberi e tempestivi, per una comunicazione formativa nella Fraternità cappuccina. Nell’ambito del contributo all’approfondimento della spiritualità, segnaliamo l’emergere di tre categorie. La parola chiave per intendere la minorità in maniera attuale è lo stupore: «la minorità nasce in Francesco di Assisi come stupore di fronte all’amore di Dio» (prop. 2). La categoria dello stupore è centrale nelle preghiere del santo umbro, ed è di recente, ad esempio, quella che orienta Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia (cf. prop. 5 e 6). Lo stupore è la reazione dell’uomo dinanzi alla gloria di Dio nella storia, e significa in ultima analisi la coniugazione dell’amore e della bellezza. La seconda categoria emergente è la vulnerabilità. Ogni relazione suppone un contatto, ma in particolare l’amore esige che l’amante si accosti all’amato senza difendersene, esponendoglisi con la propria fragilità, con la possibilità di restarne ferito. La croce è in fondo l’ingresso nell’amore sino alla fine, sino alle estreme conseguenze della vulnerabilità. Minorità è accettazione della via di Gesù, che coniuga l’amore e la ferita. Essenziale è ancora la categoria della compassione. L’amore è per l’amante condividere la vita intera dell’amato, il suo bene come la sua sof- STORIA E INTERPRETAZIONE DEL VII CPO 29 ferenza. Nel mistero pasquale la Trinità condivide e redime il dolore dell’uomo. La Chiesa del Vaticano II intende far propri la gioia e il dolore dei suoi contemporanei. La vocazione alla minorità spinge i Cappuccini alla condivisione e alla promozione, nella tensione ad una fraternità di proporzione cosmica, che è segno della comunione intradivina. Ci piace concludere con la proposizione, forse meno attesa e più sorprendente, ma in realtà, a ben vedere, la più necessaria, in quanto collega minorità e itineranza nell’orizzonte del dono e della chiamata. «Noi frati cappuccini crediamo nella bellezza della minorità. Come Francesco, pensiamo che, nonostante le difficoltà presenti in una vita di minorità e di itineranza, abbiamo sempre motivo per manifestare gioia nel modo in cui viviamo. […] Essere minori e vivere nella gioia non solo è possibile, ma costituisce una realtà sempre presente nel nostro stile di vita» (prop. 45). Tale invito alla gioia per la bellezza della vocazione francescana dei Cappuccini è il giusto sigillo a questa proposta di interpretazione del VII Consiglio Plenario.