ORIZZONTI
ORIZZONTI
Rassegna di archeologia
Curatori
Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli
Comitato scientiico
Marcella Barra Bagnasco, Torino
Oscar Belvedere, Palermo
Raffaella Farioli Campanati, Bologna
Francesco D’Andria, Lecce
Salvatore Garraffo, Catania
Carlo Gasparri, Napoli
Jorge Martinez Pinna, Malaga
Marcello Rotili, Santa Maria Capua Vetere
Daniela Scagliarini, Bologna
Gemma Sena Chiesa, Milano
Segreteria di redazione
Giuseppina Renda, Santa Maria Capua Vetere
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Università degli Studi di Bologna, Piazza S. Giovanni in Monte 2,
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Seconda Università di Napoli, Piazza S. Francesco,
80155 S. Maria Capua Vetere (ce), stefania.gigli@unina2.it.
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ORIZZONTI
Rassegna di archeologia
IX · 2008
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PISA · ROMA
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In copertina: Veduta di Venafro. (Foto S. Quilici Gigli).
Sommario
articoli
11 Alessandro Mandolesi, Ricerca sui tumuli principeschi orientalizzanti di Tarquinia: prime indagini nell’area
della Doganaccia
27 Francesco Maria Cifarelli, Un complesso termale con mosaici a Segni e l’opera vittata nel ‘Lazio del calcare’
47 Elio De Magistris, Cronologia e funzione di porta Rosa a Velia
59 Giovanna Cera, Aspetti dell’insediamento rurale nel territorio di Venafro in epoca romana: considerazioni preliminari
77 Piero A. Gianfrotta, ™ÌÂÈÚȉ˜: depositi portuali, marmi di cava e navi
93
97
101
107
note
Gaetano Messineo, Ò›Û·È
Francesca Cadeddu, Fanum Carisii: una mansio in Sardegna
Paolo Storchi, La viabilità nella provincia di Regio Emilia: la via di val d’Enza. Elementi per l’individuazione di
un tramite fra Italia centrale e settentrionale
Angelo Di Michele, Note su Eboli
scavi e monumenti
117 Alba Mazza, Il ponte romano sul torrente Rosmarino, Sant’Agata di Militello (Me)
121 Barbara Di Vincenzo, Un sepolcro presso il lago di Vetoio (L’Aquila)
attività
127 Paola Carfora, Stefania Quilici Gigli, Giuseppina Renda, Contributi dalla Carta archeologica della
Campania: continuità e cambiamenti nel popolamento della Campania interna fra l’età arcaica e la ine delle guerre
sannitiche
rassegne
137 Laura Strolin, Penelope nell’iconograia classica. Trasposizione di un paradigma
145
147
149
150
recensioni
F. G. Lo Porto, Il deposito prelaconico di Borgo Nuovo a Taranto, Accademia Nazionale dei Lincei, Monumenti
Antichi, Serie Miscellanea, vol. ix, lxii della Serie Generale (Antonella Natali)
Siria. Alle radici della Cristianità. Catalogo della mostra, Ravenna, 30 Agosto-14 Settembre 2008 (Giovanna Bucci)
M. Pagano, R. Prisciandaro, Studio sulle provenienze degli ogetti rinvenuti negli scavi borbonici del Regno
di Napoli. Una lettura integrata, coordinata e commentata della documentazione, Campobasso, 2006 (Lorenzo
Quilici)
H. Hermon (dir.), L’eau comme patrimoine. De la Méditerranée à l’Amérique du Nord, Quebec, 2008; H. Hermon
(dir.), Vers une gestion intégrée de l’eau dans l’empire romain (Actes Colloque International Université Laval, octobre
2006), Roma, 2008 (Maria Pia Muzzioli)
157 Abstracts
161 Abbreviazioni
La viabilità nella provincia di Reggio Emilia:
la via di val d’Enza.
Elementi per l’individuazione di un tramite
fra Italia centrale e settentrionale
Paolo Storchi
IEnza,
l percorso che costeggiava il torrente
nell’ambito della sua sponda reggiana (Fig. 1), costituiva uno dei principali tramiti di comunicazione fra la regione emiliana, in particolar modo i
centri di Tannetum (presso l’odierna
Sant’Ilario d’Enza) e San Polo/Servirola
con Luni, Lucca e Pistoia.
La documentazione rinvenuta, nel
contesto delle vie di comunicazione
emiliane e in particolar modo dei tramites appennini riguardanti l’età del ferro, è
infatti seconda solamente a quella della
via che metteva in connessione l’Etruria
propria con Felsina, la più importante
città dell’Etruria padana, seguendo la
valle del Reno.
Lungo l’Enza, soprattutto nel suo
tratto incidente la pianura, si riscontrano
rinvenimenti di grande interesse che delineano la isionomia di un importante
tramite fra le due Etrurie; essi in gran
parte si devono a quell’infaticabile indagatore delle antichità reggiane che fu
Gaetano Chierici, nei decenni centrali
dell’Ottocento. La lacunosità dei rinvenimenti montani è attribuibile al fatto che
alla relativa semplicità del percorso nella
fascia pedecollinare, che seguiva semplicemente il iume, fa da contraltare la dificoltà di giungere ai passi, tutti posti a
quote molto elevate. Un problema enorme, quest’ultimo, per chi dovesse attraversare la catena montuosa, soprattutto
durante i periodi invernali, quando la
presenza di neve e ghiaccio avrebbe potuto rendere il passaggio estremamente
impegnativo. Sulla via infatti conluiscono molti possibili percorsi che giungono
da quattro passi: ricordandoli da Ovest ad
Est, il Lagastrello, l’Ospedalaccio, il Cerreto e il Pradarena (Fig. 2).
Il primo passaggio è l’unico che permetta una diretta comunicazione con la
Lunigiana. Seppur posto alla quota più
bassa fra tutti (si apre a 1200 m sul livello del mare), il percorso per giungervi
doveva essere anche in antico piuttosto
diicoltoso, come suggerisce il toponimo di ‘Malpasso’ che si riscontra nei
pressi e forte doveva essere la concorrenza dei passi parmensi, i quali permet-
tono di valicare la catena e immettersi
nella medesima regione più facilmente
seppur con un percorso più lungo.
I restanti tre passaggi comunicano invece con la Garfagnana attraverso la valle del iume Serchio e pur essendo posti
a quote più elevate, beneiciano dell’aria
marina, il cui tepore li rende liberi dai
ghiacci per molti mesi l’anno: anche qui
un toponimo è signiicativo, ‘Alpe Mari-
na’ che si incontra presso l’Ospedalaccio. La zona dei passi è però assai avara
di rinvenimenti archeologici.
Per giungere ad attestazioni antiche e
consistenti bisogna recarsi a Bismantova
(Figg. 3-4), località posta al centro dell’Appennino reggiano e raggiungibile
piuttosto facilmente dagli ultimi tre passi accennati, tanto fascinosa da ispirare
scenari del purgatorio allo stesso Dante.1
Paolo Storchi, Università degli Studi di
Bologna, Dipartimento di Archeologia.
1 Dante, Purgatorio, iv, 26. La quasi perpendicolarità delle pareti del monolito detto
la ‘Pietra’, presso Bismantova, lo rendeva un
luogo dalla diicoltà di accesso proverbiale.
Fig. 1. Media e bassa Val d’Enza, rinvenimenti etruschi fra San Polo/Servirola e Brescello.
102
paolo storchi
Fig. 2. Crinale appenninico reggiano: in evidenza i passi principali.
Fig. 3. Bismantova: fotograia della ‘Pietra’, nello sfondo l’Appennino reggiano.
Proprio da Casale di Bismantova pare giungere il più antico rinvenimento
della vallata, una ibula nota solo fotograicamente: si pensa fosse del tipo a
navicella, attribuibile all’viii secolo a.C.;
potrebbe essere indizio, sulla base di
confronti, di precoci contatti con l’Etruria settentrionale costiera.2 Tuttavia ritengo che il rinvenimento di un solo oggetto (sebbene corredato dalla notizia di
altri isolati e di provenienza comunque
incerta) per giunta non più analizzabile,
può essere indicativo solo di una fre-
quentazione sporadica della valle, almeno per un periodo tanto antico.
Per il vii secolo a.C., grazie alle ricerche del già ricordato G. Chierici,
riscontriamo rinvenimenti più consistenti. I dati si concentrano ancora a Bismantova, dove sono in questo periodo
due le località poste alla base del monolito a restituire rinvenimenti, ma proseguono in direzione dell’Enza e lungo
il suo corso, verso la pianura quindi, a
San Polo/Servirola in modo evidente,
per toccare anche, attraverso il territo-
2 De Marchi, Macellari 2005, p. 31.
3 In particolare da Bismantova provengono alcune ibule ad arco serpeggiante e
stafa lunga, similmente a San Polo/Servirola si rinvennero una ibula dello stesso tipo di
Bismantova ed una a sanguisuga ed arco ri-
bassato oltre che ceramiche in bucchero da
simposio: Damiani et alii 1992, pp. 129-130,
nn. 951-952; p. 128, n. 918 e p. 130, n. 953. A
Brescello fu rinvenuta una tomba ricca di
ambre attribuibile alla metà del vii secolo
a.C., oggi esposta presso i Civici Musei di
rio dell’attuale Sant’Ilario d’Enza e altri
piccoli centri, Brixellum, importante
porto ubicato dove l’Enza conluisce
nel Po.3 Non si può certo parlare di
un’importante via di comunicazione e
commercio, ma la frequentazione sembrerebbe maggiore rispetto a quanto
non avvenisse prima.
Con il secolo successivo e soprattutto con l’inizio del v la quantità di rinvenimenti si fa notevolmente consistente
così da far presumere una buona vitalità
del percorso. Gli abitati presso la ‘Pietra’
di Bismantova divengono addirittura
tre: ai due già iorenti fra vii e vi secolo
a.C. di Casale di Bismantova e Campo
Pianelli si aggiunge, con l’inizio del v secolo, quello posto alla sommità del
grande monolito, alle cui falde meridionali pare si possa attestare la presenza di
un luogo di culto delle acque presso una
fonte, con la curiosa persistenza di un
eremo benedettino lì impostatosi in
epoca medievale.4
Estremamente interessante è notare
come fra i villaggi sorti presso la ‘Pietra’
e San Polo/Servirola vengano a succedersi alcuni abitati di altura, ben visibili
l’uno dall’altro, che accompagnano due
aluenti del iume Enza, il Rio di Maillo
e il Tassobbio. Piccoli centri che possono aver trovato ragione d’esistenza nel
difendere il percorso e nell’ofrire riparo
ai viandanti.
Fra questi merita menzione quello di
Monte Castagneto (posto a 671 m sul livello marino) che pare aver assunto il
ruolo più importante, senza però dimenticare Monte Venera e Monte Tesa.
Il rinvenimento presso la località il
Groppo, nel comune di Vetto, circa 30
km a sud di San Polo, ma comunque lungo l’Enza, di ceramica attribuibile a questi secoli e di un fermaglio di cintura che
l’autore della scoperta, Leonardo De
Marchi,5 riconosce come aine morfologicamente ad uno rinvenuto a Sant’Ilario d’Enza, può far pensare fosse attivo
anche un itinerario che portava da San
Polo/Servirola direttamente al Lagastrello, nonostante le diicoltà di percorso cui si è già accennato.
Ed è proprio San Polo/Servirola che
possiamo ritenere assuma un ruolo
importante in questo periodo, non paragonabile con nessun altro centro della
vallata.
Il sito, sfortunatamente non più indagabile poiché, nell’Ottocento, oggetto
di cava di marna come fertilizzante per
il terreno, sembra essere difeso da due
piccoli insediamenti d’altura, quello di
Monte Pezzola sul versante reggiano e
Reggio Emilia: Damiani et alii 1992, p. 229
sgg.
4 De Marchi, Macellari 2005, p. 34 e F.
Milani, Bismantova, Parma, 1995, pp. 83-90.
5 De Marchi, Macellari 2005, p. 32.
la viabilità nella provincia di reggio emilia: la via di val d ’ enza
103
Fig. 4. Bismantova: immagine della
‘Pietra’.
Fig. 5. Sant’Ilario d’Enza: i due principali sepolcreti rinvenuti fra gli attuali paesi di
Sant’Ilario d’Enza e Taneto ed al centro la probabile area dell’abitato.
Montesalandro di Guardasone in quello
Parmense.
San Polo/Servirola appare essere allo
stato attuale delle conoscenze l’unico
centro di tipo urbano nell’intera vallata,
essendo dotato di strade selciate e di case assicurate su solide fondamenta di
ciottoli di iume; interessante è osservare la presenza di pozzi dai quali, in particolare dal pozzo che il Chierici rinvenne
proprio al centro dell’abitato (forse ivi
ediicato in ragione dei dettami di un rito di fondazione), provengono una grande quantità di ceramica attica, elemento
che attesta che i commerci non dovevano avere valenza solo locale, nonchè due
frammenti di terracotta recanti i teonimi etruschi di Rat, divinità assimilabile
ad Apollo e Vei, dea forse corrispondente alla greca Demetra e al cui culto si riconducono le oferte di porcellini e vasi
miniaturistici rinvenute nel pozzo stesso, del quale sembra così provato un uso
cultuale.6
Seguendo ancora verso settentrione
e verso la pianura il corso dell’Enza, nel
comune di Montecchio sono noti numerosi insediamenti rustici che si dispongono seguendo il probabile percorso
della strada, come notato da Macellari
nel commento della carta archeologica
del comune.7
Fra questi un ruolo preminente sembra essere assunto dall’abitato detto de
‘il Monte’, così chiamato poiché impostatosi sulla collinetta artiiciale originata dal deposito stratigraico di un insediamento della media età del Bronzo. ‘Il
Monte’, pur rimanendo sempre un semplice agglomerato rurale, doveva essere
perfettamente inserito nei traici commerciali: lo dimostrano il rinvenimento
di un’iscrizione in lingua etrusca, di un
frammento di kylix attica e di una conchiglia proveniente da mari caldi.8
Poco più a nord, in località Case Burrasca, J. Tirabassi ha addirittura rinvenuto nel 1979, nel greto dell’Enza, un pozzo attribuibile a quest’epoca, che pare
totalmente isolato da qualsiasi altra
struttura che non fosse la strada: forse la
possiamo ritenere pertinente a una vera
e propria area di ristoro per chi si trovasse a passare e quindi, nel caso le cose
stessero così, la potremmo annoverare
quale ulteriore indizio dell’organizzazione del sistema commerciale etrusco
in questa zona.
Nel cuore della pianura, a Sant’Ilario,
G. Chierici rinvenne quattro necropoli
attribuibili a questi due secoli,9 tutte disposte in direzione nord-sud, che possiamo presumere accompagnassero la strada che da qui seguiva un percorso di
media pianura che doveva portare agli
altri centri etruschi di Rubiera (posto sul
iume Secchia, corso d’acqua raggiungibile dai medesimi passi sopra citati, e che
rappresentava quindi forse una via concorrenziale o alternativa al percorso di
val d’Enza), di Mutina e Felsina, o forse
proseguiva anche più a nord verso la già
ricordata Brixellum.
Le due necropoli più importanti,
quella di Corte Giordani e delle Fornaci,
paiono porsi ad ingresso e uscita dell’abitato principale (Fig. 5). Le tracce di
questo abitato sono però scarsissime e
nonostante il Chierici abbia voluto riconoscervi la Tannetum di cui parlano Livio e Polibio,10 oggi si è molto incerti
sull’identiicare l’ubicazione del centro
preromano.11
Le scoperte avvenute, ancora una volta, ad opera delle ricerche di Chierici, culminano nel rinvenimento, attraverso le
due necropoli ed oltre, in direzione sud,
per almeno due km, di una strada selciata larga addirittura in alcuni tratti 7 m.
Una tale ampiezza del selciato e tanta cura nella sua ediicazione per una
lunghezza così sviluppata sembrano la
chiara dimostrazione della grande importanza del percorso, come ricorda G.
Sassatelli, non giustiicabile con la mera
monumentalizzazione di un’area sepolcrale.12
Nel vi/v secolo si delinea quindi un
percorso meticolosamente organizzato:
è probabile che le ragioni di una tale crescita nel numero e qualità degli insediamenti, nonché dei traici che qui dove-
6 Si vedano Damiani et alii 1992, p. 211 e
De Marchi, Macellari 2005, p. 41 sgg.
7 Macellari, Tirabassi 1997, p. 87 sgg.
8 Si vedano Damiani et alii 1992, p. 211 e
Macellari,Tirabassi 1997, p. 76 sgg.
9 Per una sintesi dei rinvenimenti si veda
R. Macellari, I sepolcreti di Sant’Ilario d’Enza. Revisione dei dati e nuove indagini, «Pagine
di archeologia», 6, 1996, con bibliograia precedente.
10 Pol. iii, 40 e Liv. xxi, 25-26.
11 A dispetto di quanto Chierici afermasse nel 1879: «Taneto…il centro delle antichità», il
problema dell’esatta ubicazione del centro
preromano e repubblicano è ancora oggi
molto dibattuto, per una sintesi si vedano B.
Pecchini, Tannetum, considerazioni topograiche per l’ubicazione, «atta», vi, 1997, e la critica a tale articolo oferta da E. Lippolis, Tannetum e Luceria, in Aemilia, la cultura romana in
Emilia Romagna dal iii secolo a.C. all’età costantiniana, Bologna, 2000, pp. 405-407.
12 G. Sassatelli, E. Govi, Testimonianze di età preromana: strade e monumentalizzazione, «atta», i, 1992, pp. 125-139.
104
paolo storchi
Fig. 6. Emilia Romagna: la viabilità in età romana.
vano svolgersi, siano da ricercare nel potenziamento dei commerci con il nord
Europa e nel molto incerto clima ‘internazionale’ di quegli anni, in particolare
in seguito alla battaglia del Mare Sardo,
avvenuta negli anni attorno al 540 a.C. e
che aveva suggellato il deinitivo svanire
della talassocrazia etrusca sul Mar Tirreno e la conseguente necessità di cercare
strade e vie alternative ai commerci
etruschi.
Come veloce fu il sorgere della maggior parte dei villaggi cui abbiamo accennato, addirittura maggiormente repentina ne fu la decadenza.
I più recenti ritrovamenti provenienti da San Polo/Servirola sono databili,
come rilevato da I. Damiani, al primo
decennio del iv secolo a.C. e scarsissimi
sono i dati provenienti anche dai maggiori centri, solo poco prima, assai
loridi.
Data la natura estremamente lacunosa di questi dati, si può pensare che l’aggressività dei Galli Boi abbia posto un
forte freno non solamente allo sviluppo
ma alla stessa esistenza degli etruschi in
questa porzione di regione padana. I
nuovi arrivati presero possesso della
pianura mentre la montagna tornò ad
essere occupata dai Liguri che probabilmente l’avevano abitata già precedentemente all’impostarsi del sistema commerciale etrusco. Ad indiziare uno
sfruttamento del percorso in quest’epoca vi è il solo rinvenimento di due ibule
del tipo a genicciola provenienti una da
San Polo/Servirola e l’altra da una villa
rustica del montecchiese.13 Il fatto che ibule del medesimo tipo provengano an-
che dalla Liguria orientale e dal Veneto
è sentore, seppur molto labile, di una
possibile continuità della sua frequentazione. Inoltre si può attribuire a questo
periodo anche il rinvenimento di alcuni
frammenti di ceramica a vernice nera
provenienti ancora una volta dal territorio di Montecchio.
Possiamo colmare parte di tale lacuna rifacendoci ai passi di Polibio e Livio14
per avere qualche informazione della
zona di cui trattiamo almeno per il periodo repubblicano. I due storici riportano la notizia secondo la quale, nell’ambito delle sollevazioni delle genti
galliche stanziate nella pianura contro i
nuovi arrivati coloni romani, in conseguenza delle voci sull’imminente arrivo
di Annibale, il pretore Lucio Manlio
Vulsone, giunto per portar aiuto alla
popolazione recentemente insidiatavi, si
trovò costretto a cercare rifugio nel villaggio (KÒÌË per la voce greca e vicus
per Livio) di Tannetum, centro che i legionari provvidero anche a fortiicare.
La notizia è estremamente signiicativa perché Tannetum, attingendo ai dati
desumibili dalle posteriori fonti itinerarie, è da porsi nei pressi di Sant’Ilario
d’Enza e quindi testimonia la presenza
di un abitato di discreta importanza proprio nei pressi di una località in cui, in
epoca etrusca, esisteva un centro estremamente lorido.
È stato anche ipotizzato15 che il percorso di Val d’Enza sia stato utilizzato
dalle legioni romane per contrastare le
genti liguri stanziate sull’Appennino e
che quindi il percorso di cui si sta trattando abbia avuto un ruolo strategico
13 Vedi Macellari, Tirabassi 1997, p.
142.
14 Vedi nota 9.
15 Lippolis 1997.
16 Macellari, Tirabassi 1997, p. 105
sgg. con bibliograia precedente.
17 De Marchi, Macellari 2005, p. 37.
militare simile a quello della Flaminia
Minor nell’ambito della viabilità emiliana in età romana (Fig. 6).
Risalendo il percorso, al contrario di
quanto prima fatto, in direzione della
montagna, a Montecchio si susseguono
ville rustiche in modo similare, ma meno evidente, a quanto abbiamo notato
essere avvenuto già in periodo etrusco e
sempre nel territorio del piccolo paese,
il Chierici rinvenne nel 185516 un luogo di
culto noto col nome di ‘Larario Chierici’, sotto il cui strato di crollo del tetto, si
recuperarono una grande quantità di
bronzetti, oggi purtroppo dispersi; la
notizia è signiicativa anche perché si riporta che l’ediicio si apriva su una strada lastricata che correva proprio in senso nord-sud.
Un altro e consistente tratto di basolato è tuttora parzialmente visibile presso Ciano d’Enza, dove era situato probabilmente un vicus dipendente da
Tannetum. Qui trovava ubicazione l’antica Luceria/Nuceria (Fig. 7), centro che,
secondo le ricerche di De Marchi e Macellari,17 si può ipotizzare frequentato in
dall’età del Ferro, ma che guadagnò di
importanza in età romana e che doveva
presentare una popolazione prevalentemente di cultura ligure (come indicano
le sepolture in cassetta litica e alcuni oggetti tipici del vestiario femminile); si
ipotizza che questo fosse un centro di
aggregazione coatta proprio per le genti liguri sconitte sull’alto Appennino e
deportate nel nuovo villaggio sorto in
una zona più controllabile, presso la
‘cerniera’ fra pianura e collina.
A Luceria fu rinvenuta una grande
quantità di oggetti bronzei e un ediicio
nel quale si è proposto recentemente18 di
riconoscere un mercato di caprovini che
forse aveva ereditato parzialmente il
ruolo che era stato ino a pochi anni
prima dei Campi Macri; non pare essere
casuale che la ioritura di questo centro
sia pressoché contemporanea a due
senatoconsulti (Hosidiano e Volusiano,
rispettivamente del 46 e 56 d.C.) che permettono di recuperare i materiali di costruzione del decaduto mercato.19
Le prove che il cammino proseguisse
più a sud in epoca romana, sono, ancora
una volta, molto limitate. Un’argomentazione importante, spesso ribadita in
questi anni e sottolineata in maniera
molto convincente da P. L. Dall’Aglio è
che nel percorso di Val d’Enza si possa riconoscere parte della Via Parma-Lucca
riportata dall’Itinerarium Antonini.20
La fonte riporta esclusivamente il
punto di partenza della strada (Perme) e
di arrivo (Laca) e il computo della distanza fra i due centri, indicato in cento
18 Lippolis 1997.
19 Lippolis 1997.
20 Dall’Aglio 1998, p. 45 sgg.
la viabilità nella provincia di reggio emilia: la via di val d ’ enza
miglia, circa 147 km. La laconicità dell’informazione ha aperto le porte a molte interpretazioni, fra le quali quella che
l’anonimo copista medievale abbia commesso un errore, scrivendo ‘Laca’ dove
avrebbe dovuto scrivere ‘Luna’ cioè Luni. A sostegno di quest’ultima ipotesi è
che la distanza fra i due centri è efettivamente prossima al computo presentato dalla fonte. Pensando che però il copista intendesse proprio Lucca, il
percorso più breve per raggiungere questo centro da Parma è transitare per i
passi dell’Appennino reggiano centrale
e discendere la valle del Serchio; tale percorso è da valutarsi attorno alle 121 miglia di lunghezza.
Una prova a favore del buon operato
del copista è oferta da quanto rilevato
da Dall’Aglio nello studio già citato.
Questi ha evidenziato come la struttura
stessa dell’Itinerarium Antonini sembri
indicare uno stretto legame fra la ‘PermeLaca’ e la via Clodia; a suo parere, al percorso che doveva unire Parma e Lucca
sarebbero dedicate due righe anziché
soltanto una, come accade con maggior
frequenza nel testo, e la seconda indicando la via Clodia, che trova origine
proprio a Lucca per giungere a Roma,
sarebbe la deinitiva prova della bontà
dell’interpretazione di ‘Laca’ in Lucca.
Tutti i riscontri archeologici sembrano indicare che una frequentazione assidua della strada si interrompa già con il
iv secolo d.C., come mostrerebbe il
fatto che il manto stradale rinvenuto a
21 Jona bobiensis, Vita Bertuli, in Dall’Aglio 1998, p. 89.
22 Dell’abbazia dedicata prima a San Salvatore e in seguito a San Bartolomeo la prima
testimonianza riscontrata è un documento
conservato fra le carte del monastero di San
Prospero a Reggio Emilia. Vedi P. Torelli,
F. S. Gatta, Le carte degli archivi regiani (10511060), Reggio Emilia, 1938.
Referenze grafiche e fotografiche:
Fig. 1: da Macellari 1996; Fig. 2: rielaborata da Dall’Aglio 1998; Figg. 3-4: fotograie
dell’autore; Fig. 5: rielaborata da R. Macellari, Sant’Ilario d’Enza, l’età della colonizza-
105
Fig. 7. Italia Settentrionale nell’atlante di Claudio Tolomeo del 1598: evidenziata la
località di Nuceria.
Luceria non abbia più ricevuto manutenzione, e certamente che non sopravvive
alla guerra greco-gotica, conlitto che
ridusse in condizioni misere chi abitasse
la regione emiliana.
Tuttavia nell’esaminare altri tipi di
fonti, alcuni indizi ci fanno supporre che
il percorso potesse essere vitale anche
successivamente.
La notizia, riportata da Jona,21 che
l’abate di Bobbio Bertulfo si sia ammala-
to di ritorno da Roma proprio presso Bismantova indica che il percorso era attivo come tramite appenninico ancora nel
628 d.C. e non va tralasciato che presso
il passo del Lagastrello sia attestata l’abbazia e ospedale di Linari, i cui più antichi documenti sono datati all’anno
1045;22 ciò, in attesa di nuove ricerche,
sembra suggerire che la Val d’Enza dovesse essere frequentata ancora nell’Alto Medioevo con una certa assiduità.
zione etrusca: strade, villagi, sepolcreti, Reggio
Emilia, 1989; Fig. 6: da Aemilia, la cultura romana in Emilia Romagna dal iii secolo a.C. all’età costantiniana, Bologna, 2000; Fig. 7: da
Ptol., Atlante, Venezia, 1598.
De Marchi, Macellari 2005: L. De
Marchi con ricerche di R. Macellari, Archeologia globale del territorio fra parmense e reggiano. L’Età del Ferro nelle valli Parma, Enza e
Baganza tra civilizzazione etrusca e cultura ligure, Prato, 2005.
Lippolis 1997: E. Lippolis, Nuceria, in
xliii Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina, Ravenna, 1997, pp. 401-428.
Macellari, Tirabassi 1997: R. Macellari, J. Tirabassi, Montecchio Emilia, in Catasto archeologico della provincia di Regio Emilia, suppl. 2, Reggio Emilia, 1997.
Oltre alle abbreviazioni della rivista ho utilizzato le seguenti:
Dall’Aglio 1998: P. L. Dall’Aglio,
Dalla Parma-Luni alla Via Francigena. Storia di
una strada, Sala Baganza, 1998.
Damiani et alii 1992: I. Damiani, A.
Maggiani, E. Pellegrini, A. C. Saltini,
A. Serges, L’Età del Ferro nel Regiano, Reggio
Emilia, 1992.
comp osto i n ca r att e r e da n t e mon oty pe dal la
fabrizio s e r r a e d i tor e, p i s a · roma .
stampato e r i l e gato n e l la
tip o g r af i a d i ag na n o, ag na n o p i s a n o ( p i s a ) .
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Giugno 2009
(cz 2 · fg 21)
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