Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
Sono trascorsi due decenni da quando il Pci poneva fine alla sua esistenza, tra frenesie,
questioni irrisolte e un malessere che dura finora. Congiunture economiche positive,
politiche neoliberiste, la ristrutturazione dei sistemi capitalistici, una regressione del
welfare, modelli ideologici individualisti e l’assottigliarsi dei confini di classe per
bisogni e consumi hanno ingenerato una reazione a catena che, dalle revisioni
strategiche, hanno condotto le sinistre ad una auto-contestazione della propria funzione
sociale e culturale. I partiti di massa si sono trasformati in “pragmatici” operatori del
mercato della politica ed offrono beni di rapido consumo in cambio di favore elettorale,
anziché incentivi simbolici e senso di appartenenza. Il Pci, e i partiti formatisi dopo il
suo scioglimento, non fanno eccezione a questo semplicistico schema. Non si vuol qui
fornire la chiave di lettura di un processo complesso quale la discesa di un partito di
massa verso l’auto da fè. Si metterà ordine tra gli eventi, focalizzando l’attenzione sulla
rappresentazione di sé del partito e su ciò che della riflessione al vertice era trasmesso in
vaste tirature. Nel 1984, il partito aveva ancora una struttura solida e più di un milione e
600 mila iscritti1, ma si portava il fardello dell’eredità di Berlinguer, con una linea
interna ed internazionale enunciata ma mai chiarita. Uscito dall’epoca della «solidarietà
nazionale», il Pci sembrava cercare una via alternativa per la legittimazione: nella
decisione di proporre un governo di «alternativa democratica», nell’«arroccamento
operaio», nella sottolineatura della «diversità» rispetto al sistema partitico degenerante e
quindi nella «questione morale» e, infine, nella condanna del colpo di stato in Polonia,
con lo «strappo da Mosca». Che si voglia considerare il «secondo Berlinguer» una
rottura o una continuità, resta la sensazione che, alla sua morte, vi fosse molto
d’incompiuto.
1. Aspettando il XVII Congresso
Il 26 giugno 1984 Alessandro Natta succede a Berlinguer. Studioso di tradizione
gramsciana, collaboratore del predecessore e sostenitore dell’«alternativa democratica»
e della «questione morale», il «professore» non è in cerca dell’incarico quando la
1
Cfr. «l’Unità», 20/1/1985.
1
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situazione del Partito lo induce ad assumersi tale responsabilità2. Natta procedette
tentando di non smarrire il tracciato Togliatti-Berlinguer e di garantire l’unità del
gruppo dirigente e del partito in un momento propizio a divisioni. Stigmatizzato come
inefficace, il suo operato, sebbene non all’altezza delle intuizioni e del fascino del suo
predecessore e con andamento a volte impercettibile, fu mosso dallo stesso proposito di
articolazione dei fini e garanzia del dibattito democratico. La necessità di porre rimedio
preventivo alle tensioni correntizie tra miglioristi, sinistra ingraiana e «nuove leve» lo
condusse ad eccessive mediazioni, che lo esposero alla critica di «cerchiobottismo»3 e
«continuismo»; ad una generica richiesta di innovazione e alla pretesa di una «maggiore
omologazione sia ai comportamenti politici sia agli orientamenti culturali e ideali che in
quel momento raccoglievano più facili consensi»4, segnando le basi per quella che
sarebbe diventata una sconfitta culturale oltre che politica. La sua segreteria, e forse
questo fu il principale ostacolo ad una sua riuscita progressista, si inaugurò nel mezzo di
questioni già aperte cui rispondere con slancio propositivo senza abbandonare le
conquiste passate.
Gli strascichi della ristrutturazione post-fordista e dell’«esaurimento della spinta
propulsiva» non erano contingenti, ma investivano il sistema mondiale su cui il Pci
aveva sviluppato quarant’anni di politica. Ciò si riverberava in Italia nella sensazione di
opulenza data da un aumento del Pil; nel blocco del sistema democratico nella prassi
democristiana della conventio ad excludendum; nello spostamento centrista dei socialisti
di Craxi e l’inasprimento della tensione a sinistra; e nello sviluppo di una concezione
della politica come gestione della quotidianità o espressione di un carisma
personalistico, piuttosto che come tensione ideale. Ciò induceva al dibattito nel partito,
per quanto ancora nell’ombra. Ma la visibilità non si fece attendere. Il 17 gennaio 1985
nella conferenza stampa della «rivoluzione copernicana», Achille Occhetto dichiara che
il Pci era pronto a trattare, sulla base di programmi, con «tutte le forze democratiche,
laiche e cattoliche», incurante di chi avrebbe potuto sostenere tali alleanze, secondo
l’idea di un’«alternativa trasversale»5, così dimostrando la sua abilità nello sfruttare
l’effetto sorpresa e la pubblicità mediatica, dote che non nasconderà fino alla fine. La
2
Per una biografia: Turi P., L’ultimo segretario, CEDAM, Padova, 1996.
Cfr. Mieli P., Rossi G., I cento volti del Pci, in «la Repubblica», 21-22/7/1985.
4
Chiarante G., Da Togliatti a D’Alema, Laterza, Roma-Bari, 1996, p. 203 .
5
Botta G., Ora il Pci apre a tutti «Trattiamo sui programmi», in «la Repubblica», 18/1/1985;
«Convenzione elettorale» del Pci: confronti, programmi e candidature, in «l’Unità» 18/1/1985 .
3
2
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sovrapposizione della nuova strategia «programmatica» all’«alternativa democratica»,
sommata ai non rassicuranti dati sul tesseramento e sul bilancio6 induce ad affrettarsi
nella chiarificazione al CC. Lì dal discorso di Natta traspare il suo istinto mediatore,
prodigandosi nella difesa della linea di Occhetto, ma guardandosi dall’adottarne le
forzature7 e tentando di indorare l’exploit riconducendolo a quotidiano riassestamento
della rotta, mentre già alcuni mostravano segni di insofferenza rispetto ai suoi modi e
tempi.
1.1 Il 12 maggio e un Referendum
Alla campagna elettorale amministrativa il partito si presentava non ancora stanco della
sua tradizione, orgoglioso di riproporre la togliattiana via al socialismo in una
dimensione europea8 e come ingrediente necessario per sbloccare il sistema del
«bipolarismo imperfetto»9 - nascondendosi parte della realtà. Sottesi all’immagine di
facciata si mostravano già alcuni sparsi dubbi, perché l’area complessiva stava perdendo
potere e si imponeva l’ammissione dei limiti della passata politica: l’insufficiente
individuazione di un insieme coerente di obiettivi capaci di aggregare un arco di forze
tale da incidere sulla distribuzione del potere e il ritardo nella trasformazione della
propria organizzazione per adeguarla alla società10.
Le amministrative s’erano intrecciate al referendum sui quattro punti di contingenza e
se ne era drammatizzato il contenuto politico. Il gruppo dirigente era chiamato dunque
ad affrontare temi che poco avevano a che vedere con le giunte di sinistra: dai convegni
sul riformismo e sui rapporti con la Spd, a quelli sui cattolici, agli incontri con gli
operai, a sparute visite nelle tribune televisive11 alla convocazione di elezioni primarie
per stabilire i candidati o la distribuzione di questionari di valutazione sulla gestione di
sinistra; inframezzato da eventi che catalizzano l’attenzione, quali il congresso di
«rifondazione» della Fcgi o l’incontro con Gorbacëv. Una certa dispersione aveva
distolto l’attenzione dalla concreta attuazione della pur pavoneggiata linea del «puntare
6
Ibba F., Come sono i comunisti? Il computer li vede così, ivi, 20/1/1985; Bilancio del Pci, consuntivo
1984, ivi, 27/1/1985.
7
Natta A., Relazione al Comitato Centrale. 31/1-1/2/1985, ivi, 1/2/1985.
8
Natta A., Conclusioni al Comitato Centrale del Pci, 31/1-1/2/1985, ivi, 2/2/1985.
9
Cfr. Galli G., Il bipartitismo imperfetto, Mondadori, Milano, 1966.
10
Andriani A.S., Intervento al CC. 31/1-1/2/1985, in «l’Unità«, 1/2/1985.
11
Cfr. apparizioni televisive di Natta: «Punto 7», Canale 5, 3/2/1985; «Tribuna Elettorale», Rai1,
6/4/1985; Rete4, 7/4/1985.
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ai programmi» e soprattutto dall’analisi dell’esperienza delle «giunte rosse»12. Il tema di
una «perdita di slancio» della vicenda amministrativa di comunisti e socialisti appare
solo nella prima intervista di Natta dopo la débâcle e di sfuggita13. La richiesta di
consenso slitta in tal modo dall’ambito e dalla problematica locale ad un’opzione di
fiducia allo stesso governo. Natta, con leggerezza, dichiara che, qualora il Pci avesse
riconfermato i risultati delle europee dell’84, si sarebbe potuto pensare ad elezioni
politiche a scadenza ravvicinata e ad un ruolo di governo14, spaventando un elettorato
moderato a cui si riproponeva l’incubo del «sorpasso»15. Il Pci non solo non eguagliò i
risultati precedenti, ma finì per decretare l’epilogo dell’esperienza delle «giunte rosse».
Il motto divenne «avviare subito l’esame critico»16. Repentina fu la pioggia di voci che
lo davano per spacciato - a partire da Scalfari17, Mieli18 e Bocca19. Erano però anche
realistici gli inviti a moderarsi nell’autocommiserazione, giacché era ancora il secondo
partito italiano e il voto non plaudeva neanche al Psi. I consensi persi dal Pci erano
andati infatti a nuovi schieramenti quali i Verdi, percepiti come meno legati al
consociativismo e più rispondenti alle priorità che la società andava avanzando. C’era
stato un difetto di raffigurazione del corpo sociale, un gap di rappresentanza della base
tradizionale e l’incapacità di formulare un programma apprezzabile dalla nuova base
potenziale. Occorreva introdurre l’adeguamento delle strutture organizzative per
contrastare la crescente avversione per le forme di partecipazione partitica usuali20.
Natta riconosceva di aver contribuito alla politicizzazione del confronto21, sintomo di
un’incapacità di rispondere allo spostamento del Psi, di dar compattezza ad un
movimento di massa, di rendere credibile l’alternativa e di evitare che fosse presagita
come un periodo di vaghezza e instabilità. Il segretario del Pci ricollocava tali
12
L'unica garanzia che non si tornerà indietro, appello del Pci per le elezioni amministrative, in
«l’Unità», 12/5/1985; in ivi, 24/4/1985 si citava un’analisi dell’Istituto «C. Cattaneo» di Bologna che
collocava le amministrazioni di sinistra ai maggiori livelli di efficienza.
13
Ledda R., Intervista con Natta, ivi, 19/5/1985.
14
Tavola quadrata con Natta, intervista collettiva della Redazione, in «il Manifesto», 22/2/1985.
15
Mieli P., Sul Pci una doccia fredda, ma Natta dice: ci rifaremo, in «la Repubblica», 14/5/1985.
16
Natta A., Ledda R., Intervista con Natta, ivi, 19/5/1985; Segreteria del Pci, Un primo giudizio, ivi,
14/5/1985.
17
Scalfari E., Un Paese che vuole stabilità, in «la Repubblica», 14/5/1985.
18
Mieli P., Sul Pci una doccia fredda, ivi, 14/5/1985.
19
Bocca G, Più deboli e più soli, ivi, 16/5/1985.
20
Baduel U., Buona in Emilia la tenuta del Pci, intervista a L. Guerzoni, in «l’Unità», 15/5/1989;
Guerzoni L., Non si è colta la mutazione sociale e culturale, ivi, 22/5/1985.
21
Cfr. Natta A., Analisi del voto, prospettiva politica e compiti del Partito, relazione al CC 23-25/5/1985,
ivi, 24/5/1985:
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incertezze nel disorientamento delle sinistre per l’evoluzione nei Paesi socialisti, nel
disgregarsi della funzione dello Stato e delle forze nazionali, nella fragilità degli
equilibri militari. Il suo esser conscio della necessità di avviare il partito ad un risoluto
aggiornamento non assumeva toni che imponessero una nuova rotta. Le novità c’erano,
ma affondavano nelle categorie euristiche tradizionali. La sua relazione consentiva di
definire la strategia della maggioranza senza scontentare nessuno. Quasi tutti22 si
identificarono nella linea, vaga, che riconfermava sia l’alternativa democratica che la
ricerca di convergenze per il bene nazionale23, basate sulla difesa critica del patrimonio
identitario. Era patente, però, che tra le diverse ispirazioni del partito vi fosse una tregua
la cui durata dipendeva dal corso elettorale.
Mentre il partito ragionava su se stesso, s’era accentuato l’ardore referendario. Il quesito
riguardava la modifica del meccanismo dei «punti di contingenza» della «scala mobile».
I sindacati, nonostante la resistenza dei comunisti della Cgil, avevano accettato la
correzione in cambio di una riduzione dell’incidenza fiscale. I comunisti s’erano
strenuamente opposti e, approvata la legge, avevano deciso di procedere sulla via
referendaria, insistendo nella centralità che questa battaglia rivestiva nella contingenza
economica e nell’attuazione della legalità costituzionale. Il Pci sbandiera il vessillo di
solitario difensore della moralità e di un grande e sfortunato Berlinguer, la cui memoria
era da onorare proseguendo le sue battaglie24. Ma mantiene basso il profilo del premio
in palio, identificandolo solo nella correzione di rotta del governo. Craxi rilancia, a
quattro giorni dalle urne, scommettendo sulle proprie dimissioni in caso di vittoria del
«Sì», e dipingendo scenari catastrofici per l’occupazione. Il «Si» raggiunge il 45,7%,
segno di un notevole malcontento verso la politica economica del governo, allargando i
confini del solo elettorato comunista25. Il partito commentò che s’era dimostrato ancora
in grado di mobilitare da solo grandi masse26. Mentre si infittivano i dubbi intorno
all’interpretazione della realtà socioeconomica, all’adeguatezza degli strumenti e alla
22
Cfr. gli interventi riportati in «l’Unità», 25/5/1985.
Cfr. Natta A., Conclusioni del CC 23-25/5/1985, ibidem. Sulla relazione di Natta cfr. Lama, intervistato
da G. Pansa, «la Repubblica», 25/5/1985.
24
Cfr. Roggi E., Perché Sì, intervista ad Alessandro Natta, in «l’Unità», 2/6/1985.
25
Dati dell’indagine del prof. S. Draghi, dell’Università di Milano, riportati in Sansonetti P., Non voto
come il mio partito, ivi, 13/6/1985.
26
Natta A., in Di Blasi R., Natta: il divario non è grande, ivi, 11/6/1985.
23
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struttura interna27, la Direzione delineava il profilo di una forza ancor grande, che
imparava dalle sconfitte28. Incombeva intanto la scadenza del mandato del Presidente
della Repubblica. Si faceva strada l’idea di eleggere un personaggio delle forze della
Costituente, ma non della coalizione governativa. La Dc propose Cossiga come
candidato, poi eletto con l’assenso del Pci, che, con vaghe motivazioni al favore per una
figura che suscitava qualche perplessità29, non riuscì a mascherare l’ansia di non restare
isolato che l’aveva spinto ad un compromesso - dal quale ricavò solo la Presidenza della
Camera per la Iotti e un’impressione di connivenza col potere agli occhi dell’opinione
pubblica.
1.2 Un’estate
Il 5 luglio Natta spiazzò tutti, annunciando la volontà di giungere ad un congresso entro
la primavera seguente. Era un’idea già ventilata, ma la propose in un’accezione diversa
rispetto a chi avrebbe voluto una riflessione straordinaria30. Fu spinto dalla necessità di
non diventare un segretario della disgregazione per cui occorreva avviare un processo di
mutamento nella continuità, adottare una politica che supplisse alla scarsa credibilità
della proposta dell’alternativa, «rinnovare e rinsaldare il gruppo dirigente, impedendo
che l’insuccesso metta in crisi il processo di accreditamento, nell’élite centrale del
partito, del gruppo dei giovani dirigenti della “generazione dei quarantenni”, che hanno
dato una prova non soddisfacente nell’organizzazione della campagna elettorale e del
referendum»31. In quell’estate, si infittì lo scambio di battute nel e con il Pci, sulla sua
identità, organizzazione, rappresentatività, idealità e finalità32. A far da apripista era
stata l’intervista a Lama apparsa su «la Repubblica». Il discorso del sindacalista verteva
sulla centralità del programma e la necessità di smettere di limitarsi a rispondere alle
27
Cfr. Pasquino G., Più attenzione ai reali processi di cambiamento, in «l’Unità», 15/6/1985; Terzi R.,
C’è un vicolo cieco da evitare: l’isolamento, ivi, 22/6/1985; D’Alema M., Chi voleva ridimensionare il
Pci ha fallito, ivi, 23/6/1985, commenti che incalzano nell’uso spasmodico di termini come
“rinnovamento, modernizzarsi, riformismo”.
28
Direzione del Pci, Comunicato sui lavori della riunione del 12 giugno, ivi, 14/6/1985.
29
Cfr. Sansonetti P., Perché diciamo sì a Cossiga, ivi, 25/6/1985; Natta A. in Macaluso E., Caro Natta
che cosa c’è da innovare?, ivi, 30/6/1985.
30
Mieli P., Un congresso per il nuovo Pci, in «la Repubblica», 17/5/1985. Roggi E., Natta: in primavera
il Pci a congresso, in «l’Unità», 6/7/1985; Direzione del Pci, Documento della riunione dell’11/7/1985,
ivi, 12/7/1985; Natta A., Relazione al CC, 22-25/7/1985, ivi, 23/7/1985.
31
Turi P., cit., p. 573. Si noti il “non”: nonostante la patente incapacità dimostrata, Natta aveva già deciso
a chi affidare il partito.
32
Colajanni N., Il Pci al bivio, in «la Repubblica», 5/7/1985. Solo sotto il titolo Il dibattito sulla politica
del PCI, furono pubblicati in quell’estate una quarantina di contributi da personaggi interni ed esterni e di
ogni livello gerarchico
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politiche degli altri. Il perfezionamento del meccanismo interno, che evolveva in
positivo con Natta dopo essersi bloccato con Berlinguer, che giustificava col carisma il
suo sostanziale decisionismo, andava portato avanti. In questo dibattito, l’identità
diventava qualcosa di contingente ed era attorniata da vari corollari, anzitutto per
affrontare il rapporto con la propria storia e col passato prossimo berlingueriano33.
L’«alternativa», un tracciato nebbioso, assumeva il carattere di un processo per
rinsaldare le convergenze, basandole su un programma (la cui assenza sarà un vuoto
mai colmato) che permettesse di dare una nuova immagine al partito senza inseguire
altrui modelli e di uscire dall’isolamento in cui giaceva. Il riferimento alla
socialdemocrazia come «imprescindibile» era la novità più corposa, sebbene distaccarsi
da un legame affettivo con l’Urss fosse ancora arduo poiché si collegava al giudizio
sulla fuoriuscita dal capitalismo, sul valore della democrazia, sulla gestione statale della
produzione. Si caricava di nuova forza anche l’esame del centralismo democratico,
dell’innovazione nella continuità e persino del nome, che ancora in quel frangente era
causa di polemiche. La confusione delle opinioni era all’apice. Alla base arrivava
l’impressione di una scarsa chiarezza tra gli stessi dirigenti, tanto da chiedere che il
Congresso avesse come funzione fornire una linea unica sulla quale compiere la propria
scelta di adesione34. Natta riassunse, alla Festa dell’Unità, le posizioni emerse dalla
carta stampata e dal CC, dando avvio alla fase congressuale. Il suo atteggiamento fu
improntato ad una certa «diffidenza per alcune fra le richieste di rinnovamento che
miravano a superare la diversità di costume nella vita interna del Pci» e un «fastidio per
la rottura di un ethos che di fatto non è ormai più rispettato neppure all’interno del
partito, e che dalla generazione più giovane viene considerato integrista»35. Il Congresso
sarebbe stato critico ma non distruttivo e capace di riconoscere che il secolo era
dominato dalle conquiste della socialdemocrazia, ma anche che era anche stato sconfitto
chi, da sinistra, aveva pensato di rispondere all’attacco neoconservatore con un
«annacquamento».
33
Schiavone A., Per il nuovo Pci, Laterza, Roma-Bari, 1985; Tortorella A., Alle radici di una fase nuova,
in «l’Unità», 12/7/1985; Vivanti C., Meglio la cuoca di Lenin che una democrazia di Robot, ivi,
23/8/1985.
34
Cfr. Discussione in tre sezioni sul Congresso, in «l’Unità», 21/7/1985.
35
Turi P., cit. p. 579-580; Natta A., Discorso conclusivo della Festa dell’Unità, in «l’Unità», 16/9/1985.
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1.3 Un Congresso
A conclusione dell’iter pre-congressuale, il CC è chiamato ad esprimere la propria
valutazione dei lavori della «Commissione dei 77», voluta dall’assise precedente per
delineare un documento d’indirizzo dei Congressi. Guidata da Occhetto e D’Alema, vi
s’era tentato di recuperare i dirigenti di ogni posizione, per svellere le aggregazioni
correntizie e generazionali emerse i quei mesi. I perni36 erano appartenenza alla sinistra
europea37 e partito di programma. All’abbandono della propria diversità, implicita
nell’intenzione di unirsi alle altre forze di progresso faceva da contrappeso la difficoltà
di tagliare il cordone con l’Urss, e la rivendicazione del valore storico dell’Ottobre. La
tensione programmatica era diluita, nell’alternativa tra Dc e Pci, lasciando aperta l’unica
via dello schieramento riformatore. «I cambiamenti ravvisabili nelle Tesi e nella
piattaforma del Congresso costituiscono solo una parziale articolazione dei fini: il
socialismo rimane fine ultimo»38, sebbene sfumato dalla centralità democratica,
dall’abbandono della rivoluzione e dal rifiuto della statizzazione integrale. In questa
cornice si inserivano le considerazioni sulle «trasformazioni della società» o sull’intesa
con i nuovi «movimenti» sulla pace, l’ecologia, i rapporti tra i sessi, l’occupazione, le
giovani generazioni.
Questa piattaforma fu mandata in disamina a tutti i gradi di organizzazione39, dove
l’attenzione si concentrò sui soli passi oggetto di emendamenti40. Una lettera di sette
dirigenti della «destra» riconosceva l’oggettiva esigenza della base di trovare chiarezza
e la correttezza del CC nel non sottoporle testi contrapposti, ma poneva anche quella di
salvaguardare l’espressione delle idee di minoranza. In un’altra nota, senatori,
intellettuali e magistrati della «sinistra indipendente» si dichiaravano «sconcertati»
perché, se dall’esterno si sollecitava «un totale rovesciamento dell’identità» del partito,
dall’interno si alzavano voci «tese a licenziare ogni discorso di valori e di fini»41. Il
dibattito inoltre stava uscendo dalle sedi precostituite, diffondendo un atteggiamento
36
Proposte di tesi per il XVII Congresso, ivi, 15/12/1985.
Di cui si discute in sede comunitaria, cfr. Soldini P., Dibattito del Pci a Strasburgo sulla scelta
europea, ivi, 16/1/1986.
38
De Angelis A., op. cit., p. 313.
39
Cfr. Così si discute e si vota nei congressi di partito, in «l’Unità», 12/1/1985.
40
V. ad esempio Castellina L., Sulla Tesi 15 non c’è un equivoco, ecco perché la discuto, ivi, 28/2/1986.
41
La Valle R., Napoleoni C., Ossicini A., Lettera ai comunisti italiani, ivi, 24/1/1986.
37
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che causava ancor accesi confronti42. Riconoscere la prerogativa di pubblicizzare
personali posizioni, anche contrarie alla maggioritaria, fu la chiave di volta del
Congresso, virtù e limite al contempo. Dava adito alla svariata gamma di sfumature
presenti nel partito intorno al rapporto comunismo/capitalismo, e alle loro rispettive
gestioni; alle alleanze, col Psi e con i movimenti; alla presunta diversità in base alla
questione morale o la rivendicazione della propria storia43.
Il 9 aprile si apriva a Firenze il XVII Congresso. L’aura del «dibattito» conduceva il
discorso di Natta44, collante per i temi dell’ultimo semestre: il rinnovamento del partito,
il centralismo democratico e l’organizzazione, la definizione di modernità e di una
nuova programmazione in grado di gestirla, la rinascita delle sinistre europee, le sfide
del reaganismo e i rapporti con gli Usa e la Nato, la ribadita posizione rispetto all’Urss,
l’alternativa democratica e la linea programmatica, l’analisi delle relazioni e della
strategia politica di Psi e Dc. Natta affermava dunque che i comunisti italiani si
consideravano «parte integrante della sinistra europea»45, di un’Europa punto d’incontro
della dimensione nazionale e internazionale e mediatrice nell’ambito Nato. I comunisti
non erano però muti di fronte ad usurpazioni dei diritti dei popoli e all’approfondirsi
delle lacerazioni sociali, su cui si innestava la loro «lotta contro la politica
dell’amministrazione Reagan», che non era antiamericanismo; essendo al contempo
capaci di «guardare con piena lucidità di giudizio alle contraddizioni dei paesi
socialisti». Fu alla fine un Congresso dall’esito unitario, con l’acclamata riconferma di
Natta, ma che era già segnato da inconciliabili divisioni. Cossutta definiva «un errore di
storia, ma anche una capitolazione»46 le posizioni di chi avesse voluto identificare
democrazia e capitalismo, riproponendo la conciliazione del suo «superamento» con il
rinnovamento del partito, perché «essere moderni non significa seguire la moda e i
modelli altrui». Ingrao inseriva il problema del rinnovamento del partito in quello di una
«alternativa strutturale che chiami in discussione l’assetto proprietario, i poteri
42
Un es. la presentazione di un libro di Cossutta organizzato da «Interstampa», cfr. Mazzoni B., Cossutta
sulle Tesi, l’URSS e il Partito, ivi, 27/1/1986; Bufalini P., Come vogliamo discutere per il Congresso, ivi,
28/1/1986; Cossutta A., Un articolo, ivi, 1/2/1986 e Bufalini P., Una risposta, ivi.
43
Un quadro abbastanza chiaro è dato da Fucillo M., Il partito divenne uno e trino, in «la Repubblica»,
21/2/1986.
44
Natta A., Relazione al XVII Congresso del Pci, in «l’Unità», 10/4/1986.
45
Non più del «movimento operaio» dell’Europa Occidentale, come disse Berlinguer al Congresso del
1983. Sulle relazioni dei due Segretari cfr. Barth Urban J., Il XVII Congressi del Pci e il ‘nuovo
internazionalismo’, in Corbetta P., Leonardi R. «Politica in Italia 1987», Il Mulino, Bologna, 1987.
46
Cossutta A., in XVII Congresso del Pci, Editori Riuniti, Roma, 1987.
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dell’impresa, la natura dei rapporti tra Stato e società, la costruzione di una nuova unità
politica europea», riproponendo un «governo costituente», per preparare le basi per le
riforme di un successivo eventuale governo di programma47. Fassino sfumava, in
accenno, l’identità comunista, radicandola nella «razionalità del secolo dei Lumi, nei
valori di uguaglianza e di libertà della Rivoluzione Francese e del Risorgimento»,
potendo così invitare su questa base il Psi a costruire «insieme una modernità vera»48.
La Iotti rilanciava la sfida ai socialisti sulle questioni istituzionali, per superare i «difetti
gravi e le usure» di una «concezione della rappresentanza politica fondata sulla legge
elettorale proporzionale» e sul «ruolo del Parlamento come centro dell’intero sistema
politico»49. Napolitano incalzava su un «balzo in avanti nella caratterizzazione del
nostro partito nel senso di un ‘moderno partito riformatore parte integrante della sinistra
europea’», aprendo la strada ad «uno schieramento progressista come schieramento di
governo per guidare, insieme alle altre forze di sinistra in Europa, questa cruciale fase di
cambiamento»50.
Il Congresso impostò alcune novità per l’organizzazione51, ma ribadì «il rifiuto delle
correnti» e lo sbocco decisionale unitario, dunque un’essenziale diversità formale
rispetto agli altri partiti. Il CC e la CCC non furono interessati da mutamenti funzionali
o nominativi. Crebbe il numero dei loro membri, così come quelli della Direzione, a
scapito di Cossutta, Barca, Perna e Vecchietti52, esclusioni che segnavano l’avvio di un
turn over, sebbene molto graduale53. Tre «quarantenni» (Angius, D’Alema e Turco)
entravano in Segreteria, con Ledda e Rubbi quali contrappeso sull’asse destra-sinistra.
Occhetto divenne Coordinatore di Segreteria. Il senso dell’operazione è chiara e «la
logica unitaria è nelle intenzioni una copertura all’operazione di passaggio
generazionale, con l’intento di evitare le conseguenze laceranti della redistribuzione di
potere in corso»54. Novità fu l’istituzione di un «ufficio di programma», presieduto da
Natta e diretto da Lama, con «l’incarico e la responsabilità di predisporre, d’intesa con
47
Ingrao P., ibidem.
Fassino P., ibidem.
49
Iotti N., ibidem.
50
Napolitano G., ibidem.
51
Pci, Documento sull’organizzazione del Partito, in «l’Unità», 14/4/1986.
52
Cfr. Natta A., Relazione a CC 23/4/1986, in «l’Unità», 24/4/1986; Ibba F. Gli organismi dirigenti, ivi,
24/4/1986.
53
Cfr. Natta A., Relazione a CC 23/4/1986, cit.
54
Turi P., cit. pag 599
48
10
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
la segreteria, la definizione del progetto di lavoro»55. È un Congresso carico di volontà
rinnovatrici, risoltesi solo in un’indicazione per un iter trasformatore. Ci si muove, ma
nel segno della continuità.
2. Mirando alla vetta
2.1. Coordinatore di segreteria
Frattanto, il governo è nuovamente messo in minoranza alla Camera. Craxi rassegna le
dimissioni, mentre le tensioni interne alla maggioranza s’inaspriscono56. Il Pci annuncia
la propria contrarietà a «soluzioni transitorie o balneari o al rinvio alle Camere
dell’attuale governo» o ad «accettare governi di cui non faccia parte»57. Trovata la
mediazione tra democristiani e socialisti con la «staffetta», Craxi torna a Palazzo Chigi,
ma promettendo di cederlo alla Dc nella primavera dell’anno seguente. Il Pci spera in
una remota svolta58, ammonendo dell’incostituzionalità di quella soluzione59. La crisi
porta ad insistere sulle riforme del sistema parlamentare e sulla questione morale, in
convergenza con fasce del pentapartito «dissenzienti»60, riproponendo il Parlamento
monocamerale61. In primo piano è dunque il «processo di deperimento delle istituzioni
democratiche», come definito da Occhetto nella sua prima relazione d’apertura di un
CC, in novembre62. In quell’occasione l’organo consultivo si trovò di fronte ad un dato
incontrovertibile: Natta aveva scelto il delfino63. L’ipotesi di un cambio al vertice inizia
ad assumere fondamento, sebbene sia ancora smentita64. Occhetto tenta di non
provocare sul rapporto col Psi la destra migliorista, ma al tempo stesso, non
55
Ibba F. in «l’Unità», 24/4/1986.
Il trasformarsi della campagna siciliana in una disputa per Palazzo Chigi v. Scalfari («la Repubblica»,
15/6) e Colajanni, in «l’Unità» (12/6), Chiaromonte (ivi, 17/6), Natta (ivi, 20/6).
57
Frasca Polara G. Il pentapartito non ha prospettive, ivi, 1/7/1986. Direttive già impostate dal
Segretario, Sappino M., Natta in TV: una crisi non vuol dire elezioni, ivi, 5/6/1986; Frasca Polara G., La
Dc chiede a Craxi 7 anni di fedeltà, ivi, 2/7/1986 e Natta A., ivi, 5/7/1986.
58
Cfr. Occhetto A., ivi, 23/7/1986.
59
L’analisi del Pci sulla composizione del governo: Mennella G.F., L’intervento di Pecchioli al Senato,
in «l’Unità», 6/8/1986; Frasca Polara G., Zangheri: i 5 uniti solo sul veto anti-Pci, ivi, 9/8/1986.
60
Cfr. Natta A., Relazione al CC. 30/7/1986, ivi, 31/7/1986; Id., Discorso conclusivo della Festa
del«l’Unità». Milano 14/9/1986, ivi, 15/9/1986.
61
Cfr. Frasca Polara G., Un Parlamento con 420 membri, ivi, 25/10/1986; Documento del Gruppo del Pci
della Camera per il superamento della bicamerale, ivi, 30/10/1986; Direzione del Pci, ivi, 16/12/198.
62
Occhetto A., Relazione al CC del 20-21/11/1986, ivi, 21/11/1986.
63
Cfr. Stabile A., Occhetto è il delfino, in «la Repubblica», 22/11/1986. Natta A., Conclusioni del CC del
20-21/11/1986, in «l’Unità», 22/11/1986 si complimenta per l’impostazione delle questioni da lui
avanzata.
64
Frasca Polara G., Conferenza stampa dopo la direzione del Pci, ivi, 12/2/1987.
56
11
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
annunciando una «disponibilità indifferenziata», mantiene toni berlingueriani per non
scontentare il centro e ammiccando ad Ingrao sulle questioni istituzionali.
Si tentava intanto di concretizzare lo slancio programmatico. La Direzione presentò il
documento Un programma per il lavoro65 impostato sui due punti: una spesa non più
indirizzata verso le merci industriali, ma verso beni collettivi per «risanamento delle
aree urbane e metropolitane, risparmio energetico, valorizzazione dell’agricoltura e
delle zone interne, valorizzazione del patrimonio artistico-culturale»; una riduzione
dell’orario lavorativo a 35 ore settimanali, come miglioramento della qualità della vita e
mezzo per creare lavoro. La presenza dell’ «Ufficio per il programma» restava discreta,
ma Natta, Lama e Occhetto dichiarano virtualmente aperta la Conferenza
programmatica, per cui pure non si era fissata una data66. La questione
dell’organizzazione trova in un’apposita Assemblea nazionale lo spunto di un «piano
triennale» per creare il «moderno partito riformatore»: una nuova dislocazione delle
sezioni esistenti e l’istituzione di nuove sezioni tematiche e di centri di iniziativa
politica e culturale aperti anche ai non iscritti67. A livello culturale Natta tracciava un
aggiornamento nel segno della continuità, come testimoniavano i suoi interventi a
ricordo dei fatti del ’5668 e la scomparsa di Gramsci69. La gestazione del programma era
contemporanea a quella della socialdemocrazia tedesca e il confronto con il suo
Congresso di Norimberga era fonte di critiche e propositi70. Il programma del Pci era
molto simile a quello della Spd, ma «non si tratta[va] di essere approdati a lidi altrui».
Viceversa era «vero che il Pci di questi anni si trova[va] sulla stessa lunghezza d’onda
della Spd, per quanto riguarda[va] alcuni problemi fondamentali»71, tra i quali la
ridefinizione delle idealità socialiste in una società mutata e l’impegno per la pace e la
distensione.
Liquidata la «staffetta», Craxi si presenta in Parlamento con un discorso così elusivo da
scatenare le ire sia della Dc che del Pci, che presenta una mozione di sfiducia, ribadendo
la propria contrarietà ad elezioni anticipate72. Si corre al vertice dei «cinque», alla
65
Direzione del Pci, Un programma per il lavoro, ivi, 19/10/1986.
Caprarica A., Un programma per l’alternativa, ivi, 23/10/1986.
67
Cfr. Ibba F., Gli iscritti al Pci per l’87, ivi, 23/1/1987.
68
Baduel U., L’Ungheria 1956, il Pci, la sinistra, ivi, 12/10/1986.
69
Ottolenghi F., Vacca G., Intervista a Natta a 50 anni dalla scomparsa di Gramsci, ivi, 18/1/1987.
70
V. ad es. Rodotà S., Quattro domande al Pci, ivi, 11/9/1986.
71
Natta A., cit., 6/8/1986.
72
Cfr. Occhetto A., ivi, 1/2/1987; D’Alema, Si possono evitare elezioni anticipate, ivi, 19/2/1987.
66
12
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
decisione di ammettere il disfacimento della maggioranza, alle dimissioni di Craxi73 e
alla nomina di Andreotti, che restituisce l’incarico. Dopo vari rimpalli tra Craxi, Fanfani
e Scalfaro, Cossiga si rassegna e scioglie le Camere.
2.2. Vicesegretario
Il Pci si presenta alla campagna elettorale fiero di esser stato l’unico partito con «una
linea limpida e coerente»74, di essersi offerto per la soluzione della crisi sulla base di
una progettualità a breve termine, a fronte dei partiti ex governativi accomunati solo
dalla pregiudiziale anticomunista e dalla ressa per Palazzo Chigi75. Per aggregare una
nuova maggioranza con le forze che si opponevano allo scioglimento delle Camere,
Natta procede a sue consultazioni, prima per un «governo di garanzia» e poi per
l’ipotesi del Psi di «governo referendario». Al rifiuto delle altre forze, riprende il topos
della «questione morale»76 e si fa portatore della causa di referendum da lui non
proposti e di una sinistra pluralista e autonoma, candidando indipendenti dissenzienti
socialisti77, ambientalisti, intellettuali (persino Gino Paoli), giovani (38 candidati della
Fcgi) e donne (il 31% dei candidati). «Lontani dagli intrighi, vicino ai cittadini» è lo
slogan78, in nome di un indirizzo programmatico del mercato, piena occupazione e
sostenibilità
ambientale,
una
maggiore
produttività
della
spesa
pubblica,
riorganizzazione del sistema fiscale e per un profilo internazionale che rendesse incisiva
una politica per la distensione e il disarmo.
Natta è consapevole che «il risultato che si profila segna una flessione del nostro
partito»79. Il Pci cala fino ad assestarsi ai livelli del 1968. L’analisi della «sconfitta» si
volge alla comprensione dei flussi andati a favore delle altre forze tra i giovani e nei
quartieri operai80. Pur mantenendo un ampio tasso di fedeltà, non essendo venuto meno
73
Il giudizio del Pci in Chiaromonte G., La 10^ volta per una causa persa, ivi, 10/2/1987; Segreteria del
Pci, Appello per la mobilitazione di massa, ivi, 11/2/1987; Baduel U., Occhetto: una crisi tra governo e
Paese, ibidem.
74
Natta A., in «l’Unità», 29/4/1987.
75
Cfr. Zangheri R., Sono privi di prospettiva, ivi, 2/5/1987; Natta A., Relazione al CC, 5/5/1987, ivi,
6/5/1987.
76
Dell’Aquila G., Torino: il Pci rilancia la questione morale, ivi, 20/4/1987 e Natta: nuova maggioranza
per la fine della legislatura, ibidem, 21/4/1987.
77
Baduel U., Alternativa più riformismo, intervista a Giolitti, ivi, 15/5/1987; Cascella P., Con la mia idea
di alternativa, ivi, 9/5/1987; Sappino M., Senza settarismi né rivalse, intervista ad Arfè, ivi, 7/5/1987.
78
Cfr. Zollo, Spot, volantini, manifesti e un’arma segreta: Tango, ivi, 10/5/1987.
79
Natta A., dichiarazione televisiva del 15/6/1987.
80
Cfr. Ibba F., Dove scende il Pci chi sale?, in «l’Unità», 18/6/1987.
13
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
il sostegno dell’elettorato tradizionale81, lo 0,5% dei voti slitta al PSI, lo 0,4% a DP e
PRI e lo 0,2% ai Verdi, espressione di «una protesta sociale e verso il sistema dei
partiti»82. Il partito non era stato capace di rendere credibile la proposta dell’alternativa
come soluzione in tempi brevi83 e di concretizzarla in un programma, privato a causa
dei tempi elettorali della base che forse avrebbe potuto dargli la famosa Conferenza
programmatica. Ma allora nel corpo del partito fu amplificato solo il ruolo svolto
dall’inadeguatezza della struttura interna a raccogliere le nuove esigenze84 e dalla
necessità di un repentino cambiamento. Natta offre le sue dimissioni, respinte dalla
Segreteria85. Avanza quindi la proposta di «promuovere» Occhetto a vicesegretario86.
La Direzione si divide, e trapelano i nomi dei contrari: Macaluso, Bufalini, Lama,
Napolitano, Speciale, Ranieri, Rubbi, Cervetti, Borghini, Chiaromonte e Vitali. La
proposta è sottoposta al successivo CC, da cui sparisce l’analisi elettorale. Occhetto era
garanzia delle decisioni del Congresso, responsabile delle Tesi e dell’unitarietà87. Che
era lungi dall’esistere, visti i 41 no88 e le 22 astensioni. La divisione è pubblicizzata,
tanto che «la Repubblica» titola: Il PCI s’è diviso89. «E’ la premessa per il
consolidamento alla luce del sole delle varie tendenze interne»90, delle quali non
sarebbe stato opportuno cercare fittizia ricomposizione91. Occhetto sa di aver
conquistato Ingrao92 ma anche di non avere un plebiscito e di aver contro Napolitano93.
Per accattivarsi il quale esordisce con un’intervista dicendo di voler lavorare per un
81
Cfr. Natta A., Relazione al CC 25-27/6/1987, ivi, 26/6/1987.
Cit. in Sappino M., In un’ora al Pci s’è capito, ivi, 16/6/1987.
83
Cfr. Chiaromonte G., ivi, 17/6/1987; Spriano P., ibidem.
84
Cfr. Ignazi P., op. cit., pag 94-95.
85
Cfr. Natta A., Relazione al CC 25-27/6/1987, cit.; Napolitano G., Intervento al CC 25-27/6/1987, in
ivi, 27/6/1987.
86
A sorpresa rispetto alle dichiarazioni rilasciate il 19 giugno (ivi, 20/7/1987) riguardo agli assetti al
vertice: “Non ci siamo posti questo problema in nessun organismo. Quando riterrò che sia il caso di
discuterlo, lo porterò in discussione io”; Natta A., Conclusioni del CC, ivi, 28/6/1987.
87
Cfr. D’Alema M., Intervento al CC, ivi, 27/6/1987.
88
La principale motivazione è di tipo metodologico, preferendo decidere prima sugli indirizzi politicoprogrammatici e poi sulle leadership. Cfr. Napolitano G. e Lama L., ibidem.
89
«la Repubblica», 26/6/1987.
90
Ignazi P., cit., p. 95. Cfr. anche. Mafai M., Dopo tre bocciature Natta sogna il ritiro, in «la
Repubblica», 26/6/1987; Recanatesi F., ibidem.
91
E’ in questo senso la critica della gestione di Natta fatta da Cossutta nel suo intervento al CC. Cfr.
anche la polemica su un articolo di Cossutta, scritto per «l’Unità», ma da questa mai pubblicato, essendo
stato recapitato prima a «la Stampa», che, con Mieli, titola l’8/6/1987 Cossutta minaccia la scissione del
Pci.
92
Cfr. Ingrao al CC come avresti votato, in «l’Unità», 21/7/1987.
93
Cfr. Baduel U., Schiettezza e unità, intervista a Napolitano, ivi, 5/7/1987.
82
14
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
moderno partito riformatore, non parlando più di «Terza via» puntando semmai ad
essere una forza autonoma in un progetto europeista94.
Il Pci è in movimento. Occhetto propone di rivederne gli organismi, restringendo la
Segreteria, con funzioni esecutive, lasciando alla Direzione le scelte su ordini del giorno
specifici, e trasformando l’Ufficio di programma in una sorta di governo ombra95. Si
contano numerosi contrari. Dalla nuova Segreteria escono motu proprio Napolitano,
Tortorella, Reichlin e Chiarante96. Pajetta è eletto Presidente della CCC; Veltroni
responsabile della Commissione per la Stampa, la Propaganda e l’Informazione;
Ottolenghi capo di «Rinascita». I «sessantenni» si spostano nell’Ufficio del Programma
e Natta spiana la strada dei «quarantenni», tentando di dare una gestione unitaria alle
spinte di cambiamento che percepiva.
Occhetto si fa insistente sui rapporti a sinistra97, sull’esigenza di cambiamento rapido e
sulla situazione organizzativa98 e ciò induce «il Manifesto» a titolare Ultimatum a
Natta. Il vicesegretario bollò tali affermazioni come ridicole illazioni99, ma la partita era
aperta anche dopo l’esito positivo dei referendum. Perna riapre la riflessione sulla
necessità di una linea più incisiva della dirigenza, incoerente su questioni cruciali come
il rapporto col Psi100. I rapporti col Psi erano punto di rottura tra l’ala migliorista e la
minoranza cossuttiana, insieme con il legame con le socialdemocrazie, ribadito dai
viaggi del Segretario per incontrare i leader delle altre sinistre non solo comuniste, dalla
risposta morbida alla decisione della Fgci di entrare nella Internazionale giovanile
socialista101, dalla presa di posizione alle celebrazioni del 70° dell’Ottobre102.
All’attesissimo CC d’autunno, Occhetto avanza come proposta generale della
connessione tra riforme istituzionali e alternativa politica e relega al passato ogni
94
Ibba F., Il rinnovamento del Pci, intervista ad Occhetto, ivi, 5/7/1987. Finendo per innescare la
polemica con Ingraro. Cfr. Ingrao P., ivi, 21/7/1987.
95
Cfr. Criscuoli S., E ora alla Segreteria solo funzioni operative, ivi, 10/7/1987.
96
Cfr. Bosetti G., Così la discussione e il voto sui nuovi incarichi, ivi, 30/7/1987.
97
Cfr. Occhetto A., Questo Psi, ivi, 16/10/1987.
98
Cfr. Occhetto A., in «Rinascita», ottobre, 1987.
99
Cfr. Occhetto A., in «l’Unità» 20/10/1987.
100
Cfr. Perna E., Malessere nel Pci?, in «l’Unità», 14/11/1987.
101
Ufficio Stampa Pci, in «l’Unità», 8/10/1987: “La decisione della FGCI non è solo un atto che rientra
a pieno nell’esercizio di un’autonomia da tempo acquisita, ma è in armonia con gli orientamenti generali
del Pci. Quanto ai rapporti del Pci con l’Internazionale Socialista, la pratica attuale e gli orientamenti
generali sono di dare ad essi impulso e sviluppo crescenti”.
102
Cfr. Chiesa G., Natta: gli ideali del socialismo, in «l’Unità», 4/11/1987.
15
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
sentore di compromesso storico103. A fronte della patente inattuabilità delle formule
pentapartitiche, constatava che «siamo giunti a un punto critico di quella fase di
allargamento progressivo delle basi democratiche» cui il Pci aveva contribuito,
governando dall’opposizione fino all’apice berlingueriano. Però «l’esperienza della
solidarietà nazionale si è tutta risolta nella difesa delle conquiste democratiche
raggiunte», perché Berlinguer restava legato a vecchi schemi, superati da un Psi che,
riconosceva, comprendeva meglio le novità. S’imponeva «un vero e proprio mutamento
di ottica», però rinviato di fatto alla Conferenza programmatica e ad un CC.
Accantonate le formule berlingueriane –la «questione morale» non è mai nominata –,
Occhetto gioca le sue carte per acquistarsi Napolitano e Lama, e ci riesce. Ma al prezzo
di scontentare Ingrao, Magri e la Castellina, ovviamente Cossutta, e Perna, Colajanni e
Fanti104. A difesa del «delfino» sono i suoi «colonnelli», che definiscono la sua
relazione «un salto significativo»105, «uno sforzo di presentare in modo più netto e
coerente»106 la linea dell’alternativa caratterizzando l’obiettivo del partito in «un
governo fondato su un programma e retto da uno schieramento delle forze di sinistra e
di progresso». Da fuori, se non convince, piace la trasformazione di un Pci che
acquisisce una cultura di governo107 e trova un suo spazio di movimento sulle riforme
istituzionali, ponendole non come uno strumento per arrivare all’ambìto governo, ma
come una disinteressata battaglia per il bene del Paese, collegata alla prospettiva
dell’alternativa ma non strumentale108. Dc e Psi si dicono soddisfatti, lodano le novità,
promettono riforme entro l’anno109. Ma il governo è agli sgoccioli, i motivi di polemica
col Psi permangono e l’atmosfera nel partito non è delle migliori. Si continuano a
perdere iscritti e afflusso di nuove forze, spia di «un modello rigido che chiede un
impegno totalizzante» e dell’anacronismo del metodo di cooptazione110. Molte le
103
Cfr. l’intervista di anni dopo di Massimo De Angelis, Guadagni A., Ogni giorno lavoro con Occhetto,
ivi, 23/7/1989.
104
Cfr. i rispettivi interventi: Interventi al CC, in «l’Unità», 28/11/1987.
105
Fassino P., ibidem.
106
D’Alema M., ibidem.
107
Cfr. Rossi G., in «la Repubblica», 27/11/1987; Piazzetti G., in «il Corriere della Sera», 27/11/1987;
Negri G., in «il Messaggero», 27/11/1987.
108
Cfr. Natta A., in il «Corriere della Sera», 5/12/1987; Roggi E, Natta: confronto sulle riforme non
significa tregua, in «l’Unità», 7/12/1987.
109
Cfr. De Mita C., in «il Corriere della Sera», 22/1/1988; Geremicca F., Tra un mese la riforma delle
Camere, in «l’Unità», 28/1/1988
110
D’Alema M. alla Commissione Organizzazione del CC, cit. in Ibba F., Il Pci allo specchio, ivi,
4/12/1987.
16
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
questioni sul tappeto, dalla constatazione della perdita di forza dell’«idea di uno
sviluppo
fondato
su
un
progressivo
allargamento
della
democrazia»111
all’«insoddisfazione per l’insufficiente rinnovamento del partito e per l’inadeguata
utilizzazione di capacità e competenze», fino all’osservazione della «divaricazione» tra
gli intellettuali e i militanti. Si parla di una nuova legislazione del lavoro, di riforme dei
contratti di formazione e di apprendistato, di estensione dei diritti dello Statuto dei
lavoratori alle piccole imprese, di rivendicazioni salariali, di proposte anti-trust, di
pubblicità dei bilanci, di partecipazione dei lavoratori nella gestione degli investimenti,
di ambiente come valore, di riduzione dell’orario, di maggiore qualità dei servizi, di
formazione permanente, di maggiori chance per donne e giovani112. La Direzione rende
pubblico un documento sulle riforme istituzionali113 per creare un sistema di norme
entro cui collocare il potere economico, ridare significato all’istituto della fiducia, porre
fine all’abuso della decretazione d’urgenza, potenziare i canali di informazione,
correggere il bicameralismo, regolamentare il voto segreto e il referendum abrogativo,
introdurre quello propositivo e un nuovo sistema elettorale. Insomma, da un gran
parlare di riforme era scaturita una proposta di basso profilo, che modificava solo a
latere la struttura delle istituzioni.
La battaglia politica si concentra sulla legge Finanziaria, che il governo tentava di far
approvare con un sotterfugio al di fuori «delle norme costituzionali»114. Il Pci ne chiede
le dimissioni e insiste sull’urgenza di passare ad un «governo di convergenza
programmatica e di garanzia istituzionale» e sulla propria disponibilità a farne parte115.
Sebbene il governo «Goria-idem» ottenga la fiducia e si sbrighi a far approvare il
bilancio, i dissapori sono chiari e crolla un mese dopo116. La DC propone De Mita e un
quadro di alleanze tradizionali, mentre addirittura il «Times» ipotizza che non sia più
necessario mantenere i comunisti fuori dai giochi117. Questi avanzano 11 proposte118:
eliminazione dell’inquirente per rispettare il pronunciamento referendario, riforma
dell’immunità parlamentare, distinzione tra attività politiche e azione amministrativa,
111
Chiarante G., alla Commissione Cultura, cit. in Baduel U., Modernità e sinistra, ivi», 29/12/1987.
Bassolino A. alla Conferenza dei lavoratori comunisti, cit. ivi, 5/3/1988.
113
Direzione del Pci, ivi, 7/2/1988.
114
Natta A., in «l’Unità», 12/2/1988.
115
Dell’Aquila G., Occhetto: governo di garanzia, in «l’Unità»,18/2/1988.
116
Il commento di Natta in «l’Unità», 20/2/1988.
117
Cfr. la traduzione in «l’Unità», 16/3/1988.
118
Cfr. «l’Unità», 16/3/1988 e Direzione del Pci, Per superare il pentapartito, in «l’Unità», 31/3/1988
112
17
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
riforma del codice penale con inasprimento delle pene per i reati contro la pubblica
amministrazione, prevenzione e repressione del «capitale criminale», nuova
regolamentazione del finanziamento dei partiti, abolizione del voto di preferenza a
favore di collegi uninominali, rappresentanza paritetica tra maggioranza e opposizione
nelle commissioni d’inchiesta parlamentari, sottrazione delle nomine pubbliche
all’arbitrio di parte, separazione tra giurisdizione e amministrazione, riforma dei sistemi
di controllo dell’ autonomia dei poteri.
In questo discutere di concretezza, tuttavia, il Pci stava perdendo di vista una visione
prospettica della politica, cosicché, quando la polemica socialista vi si accanisce119, non
si trova in possesso di adeguati mezzi di risposta. La questione assume le forme di una
polemica storiografica che mira a rimettere in discussione la figura del «Migliore» e le
sue posizioni sulle politiche sovietiche120. Intini parla di un Togliatti «numero due dello
stalinismo», Craxi121 chiede che i comunisti si decidano a metterlo da parte, Martelli122
lo definisce «complice e carnefice dello stalinismo». Il Pci reagisce difendendo il
proprio leader123, i cui meriti furono «aver concepito una democrazia fondata sulle
grandi masse, aver cercato una via originale al socialismo, e aver avvertito, già nel ’50,
l’urgenza delle lotte per la pace»124, e la cui approvazione dei processi staliniani è stata
«da tempo sconfessata»125. Occhetto tenta di fare chiarezza:
La questione di una radicale ricollocazione storica della Rivoluzione d’Ottobre potrebbe
portarci a relativizzarne il significato, a vederlo sempre più vicino a una visione
giacobina della politica, che ha origine nella stessa Rivoluzione Francese, e non alle
caratteristiche necessarie a una politica di trasformazione nei punti alti dello sviluppo
del capitalismo126.
119
Cfr. Occhetto A., Sinistra in campo aperto, in «la Repubblica», 10/3/1988. Hobsbawm E., cit. in
Paolozzi L., in «l’Unità», 19/3/1988.
120
A partire da un trafiletto di Lerner G., Domande in attesa di risposte, in «l’Avanti», 23/2/1988, nel
quale si chiedeva al Pci di aprire i propri archivi per far chiarezza sugli sviluppi effettivi della prigionia di
Gramsci, sulla mancata scarcerazione, sul ruolo dell’Urss e di Togliatti.
121
In conferenza stampa a Montecitorio il 23/2/1988.
122
Al congresso organizzato da «Mondoperaio» su Le riforme di Gorbaciov il 26/2/1988.
123
Natta A., cit in Salimbeni A., E su Togliatti al Psi diciamo, in «l’Unità», 7/3/1988.
124
Ingrao P., intervistato da Enzo Biagi il 1/3/1988
125
Boffa G., Bukharin e il Pci, in «l’Unità», 13/2/1988; Napolitano G., Parole e silenzi di Togliatti, in ivi,
21/2/1988.
126
Occhetto A., Sinistra in campo aperto, in «la Repubblica», 10/3/1988.
18
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
Cambiava parte dell’elaborazione ideologica comunista dal momento che si definiva
come valore unico quello della democrazia e come sola rivoluzione «l’idea della non
violenza» [nota]. Cossutta definisce quella del vicesegretario una riflessione
«sconcertante, che sa di capitolazione»127.
2.3. Segretario
Il primo maggio sopraggiunge una crisi cardiaca che allontana Natta dalla scena in
piena campagna elettorale. Si riparla di successione, ipotesi che, smentita in pubblico128
e neanche sfiorata dal CC129, va acquisendo peso dopo l’ancora negativo esito elettorale.
Alla vigilia il vicesegretario aveva avanzato cauti pronostici130, mettendo da parte
l’erroneo slancio con cui aveva chiosato le precedenti elezioni. I socialisti diventano il
secondo partito in molti comuni, guadagnando il 3% perso dal Pci, vittima anche di
schieramenti verdi e liste civiche131. Flores d’Arcais evoca lo spettro del «sorpasso» del
Psi, evitabile attraendo i giovani132, dunque cambiando, aggiungeva Pasquino, «il leader
e poi la forma stessa del partito»133. Il gruppo dirigente era unito nel considerarla una
sconfitta qualitativa, causata dalle perdite nei settori tradizionali, per «esser diventati
una cosa diversa», e dalla «difficoltà a conquistare una forza nuova» per la scarsa
visibilità delle novità. L’obiettivo diventava la «conquista del centro»134. A questo
punto, Natta fa l’atteso passo. Chiede le dimissioni, usando a pretesto le condizioni
fisiche ma aggiungendo «che anche se non mi fossi trovato in una condizione di
impedimento fisico, vi avrei ugualmente chiesto di affrontare il problema del
cambiamento del Segretario»135. Perché la situazione post-elettorale premeva ad un
rinnovamento prima del Congresso, con cui intendeva portare a termine «l’impegno,
che ho cercato di perseguire in questi anni, di formare un nuovo gruppo dirigente». Una
rinuncia dettata dallo stesso spirito che gli aveva fatto accettare l’incarico «per senso del
dovere e nella persuasione di agire nell’interesse generale del nostro partito».
127
Cossutta A., cit. in «l’Unità», 12/3/1988.
Cfr. D’Alema M., cit. in «l’Unità», 6/5/1988.
129
Cfr. Occhetto A., Intervento al CC, ivi, 5/5/1988.
130
Occhetto A., cit. in Criscuoli S., La campagna senza insulti del comunista Occhetto, in «l’Unità»,
23/5/1988.
131
Mussi F., Problemi di rinnovamento, ivi, 31/5/1988.
132
Cfr. Flores d’Arcais P., in «Micromega», giugno 1988.
133
Pasquino G., in «l’Unità», 1/6/1988.
134
Cfr. anche Tranfaglia N., Alcune idee per un programma politico di opposizione, ivi, 7/6/1988 e
Nicolini R., Quando ho detto cambiare i dirigenti, ivi, 9/6/1988
135
Natta A., Lettera al CC e alla CCC, ivi, 14/6/1988.
128
19
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
Accludeva alla lettera con cui decretava la fine della sua epoca un messaggio personale
per Occhetto, non divulgato, ma che si suppose contenere lamentele per le pressioni e le
critiche subite136. Piovono i commenti sulle prime dimissioni di un Segretario
comunista: Bodrato ha «l’impressione che sia dominante la preoccupazione umana di
non far pesare sul partito una indisponibilità personale. (…) un gesto di grande
lealtà»137; Cabras sostiene che «esprime senso di responsabilità e conferma di aver
diritto al merito politico di una conduzione del Pci mai di ordinaria amministrazione»
guidando «il partito in un periodo di transizione al nuovo, ha compiuto significative
scelte di revisione e favorito aperture, ha messo in grado il Pci di avere un nuovo
gruppo dirigente»; per Rodotà è «una grande lezione di stile e di moralità politica, un
incitamento ad un’iniziativa fatta di comportamenti chiari e definiti».
Occhetto apre un CC la cui unica incognita è vedere chi e quanti si opporranno alla sua
ascesa sul filo di un omaggio a Natta138. Ma poi cambia tono. Al problema dell’identità
e della presenza nella società vuole che si risponda con propositività programmatica, ma
anche costruendo una «tavola di valori» per rispondere alla «ventata neoliberista». Il
socialismo era da leggersi come «valore, come tendenza, come ricerca di soluzioni
concrete» e non «come movimento salvifico della storia». Ridefinito l’orizzonte ideale,
muta il fine che viene individuato non nell’«inventare un altro mondo», ma nel
«trasformare […] questa società». Non era del tutto chiaro quale fosse la facciata e
quale la sostanza, eppure, dopo un dibattito poco vivace, la quasi totalità del CC si
pronuncia a favore di Occhetto. Votano contro Fanti139, Perna e Colajanni, che rassegna
le dimissioni, convinto che il pensiero politico di Occhetto fosse «fondato tutto sulla
concezione delle parole chiave e scelte emblematiche»140 e che il suo fosse un metodo
di direzione «decisionista e autoritario, per la quale la scelta degli uomini viene prima
136
Cfr. ad es. al riguardo Macaluso E., Cinquant’anni nel Pci, Rubettino, Messina, 2003. Su questo
accordo cfr. anche Mafai M., Botteghe oscure addio!, Mondadori, Milano, 1996: «Il colloquio tra i due si
svolge nel garage di Botteghe Oscure, al ritorno dai funerali di Berlinguer. Parla per primo Occhetto. E’
consapevole che Berlinguer puntava su un cambio di generazione e probabilmente su D’Alema, ma ora,
gli spiega, è troppo presto. ‘Adesso posso mettermi in pista’. dice Occhetto, ‘ma ho bisogno del tuo
appoggio per fare prima il vice e poi il segretario’. D’Alema accetta» (p. 142).
137
Questa e successive, cit. in Cascella P., I partiti giudicano il suo gesto, ivi, 14/6/1988.
138
Occhetto A., Relazione al CC 20-21/6/1988, ivi, 21/6/1988.
139
Cfr. le rispettive dichiarazioni di voto,in «l’Unità», 22/6/1988, in cui dubitano delle stesse «qualità
politiche» di Occhetto.
140
Colajanni N., Lettera al CC, in «l’Unità», 22/6/1988.
20
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
del dibattito sulla linea politica». Ingrao tace. Cossutta si astiene141. Natta garantisce il
proprio appoggio142. E’ l’inizio del «nuovo corso».
3. Ultimo atto
3.1. Personaggi ed interpreti
Achille Occhetto, neo eletto Segretario, nasce a Torino nel 1936 da padre partigiano,
editore di Einaudi e Feltrinelli e fondatore della Sinistra Cristiana. A Milano si iscrive
alla Fgci e ne è al vertice dal ’62 al ’66. Oratore alle esequie di Togliatti, legato a Longo
da ottimi rapporti, nel ’68 si schiera con gli studenti. Nel ’73 diventa segretario della
Sicilia. Tornato a Roma, responsabile della sezione scuola, poi per il Mezzogiorno,
arriva alla Segreteria nel 1983, per volontà di Berlinguer. Massimo D’Alema, nato nel
1949 da padre dirigente comunista, è una promessa fin dall’infanzia da pioniere. Nel ’75
Segretario della Fgci, nell’80 è Segretario regionale della Puglia e nell’87 deputato. In
quell’anno Natta lo chiama in Segreteria, responsabile della propaganda. Piero Fassino,
coetaneo, figliodella borghesia partigiana piemontese, studia dai gesuiti, poi dal ’71 si
occupa dell’area di Mirafiori ed è consigliere comunale. Nell’83 è Segretario della
Federazione e arriva anch’egli alla Segreteria nell’87. Walter Veltroni nasce nel 1955 a
Roma. Nel ’70 si iscrive alla Fgci. Consigliere comunale fino all’85, passa al Partito
nell’81, come vice della sezione Stampa e Propaganda. Nell’83 è eletto al Cc nella
sezione Comunicazioni di massa. Nell’86 è capo dell’Ufficio Stampa. Nell’87,
deputato, è chiamato nella rinnovata Segreteria.
3.2. Scena Prima: sortite ad effetto
La prima prova di Occhetto è la tornata elettorale in Val d’Aosta e Friuli. Nei pronostici
è sempre più cauto: «è probabile che perdiamo qualcosa tra chi non comprende questo
processo (n.d.r. di rinnovamento), ma abbiamo espresso elementi di novità con vigore
sufficiente da attrarre forze nuove»143. Va peggio del previsto. In Friuli il Psi sorpassa di
un decimo di punto144. Si disse che due settimane innovative non erano state sufficienti
perciò il Segretario introduce novità sull’immagine del leader e sull’ideologia. Si lascia
141
Cfr. Cossutta A., Intervento al CC, ibidem. E Boldrini, Corbani e Pestalozza.
Natta A., Messaggio a Occhetto neo segretario, ivi, 22/6/1988.
143
Occhetto A., in Sartori M., Con la sinistra europea, ivi, 25/6/1988.
144
Pellicani G., in «l’Unità», 28/6/1988.
142
21
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
immortalare in teneri atteggiamenti con la terza moglie, incarnando un nuovo tipo di
dirigente comunista145. Poi, inaugurando un monumento a Togliatti, lo definisce
«corresponsabile di scelte, di atti dell’epoca staliniana»146. È l’ennesimo coupe de
théâtre, ingigantito dai media che titolano: Occhetto abbatte il mito di Togliatti147.
Inizia un’opera di limatura delle sue parole, facendole passare solo un modo diverso per
esprimere una riflessione già acquisita148. Definire «inevitabile» la scelta di un dirigente
comunista dell’epoca non era un errore, aggiunge Pajetta, purché un «espressione
infelice»149 non fosse oggetto di strumentalizzazione per trasformare Togliatti in un
codardo. Macaluso pubblica Togliatti e i suoi eredi, Ottolenghi ne parla da «Rinascita»,
Chiarante ai responsabili culturali del Pci, Turci a «Mixer».
Occhetto incentra sulla questione storico-identitaria la relazione d’apertura del CC150,
puntando alla «conquista del centro». «Non c’è dubbio» che, già da lungo tempo, il
partito non era riconducibile «esclusivamente alla Rivoluzione d’Ottobre». Le vecchie
divisioni di lì scaturite erano superate e si era socialisti solo «in quanto si cercano vie
originali e nuove per l’affermazione di ipotesi di rinnovamento profondo della società».
Il socialismo non era più un «fine della storia» o un «altro sistema già ben definito», ma
«rinnovare» la società dal suo interno. Cossutta151 definì «uscite infelici» le parole del
Segretario. Scettico anche Ingrao, secondo cui il Pci aveva perso una «concreta
criticità» verso il nuovo capitalismo, togliendo «respiro unificante alle lotte del lavoro»
e facendo il gioco di quanti speravano si limitasse alla correzione del sistema152. La
linea d’Occhetto è comunque approvata e sancita dall’ingresso di Mussi in Segreteria,
da D’Alema alla direzione del «l’Unità», e da Fassino a responsabile della sezione
Organizzazione.
Si vara quindi un nuovo iter congressuale: per la prima volta il dibattito sarebbe svolto
prima della stesura del documento153. La novità era congrua ad un Pci che voleva
145
Cfr. Marroni S., Catalano E., I baci d’Achille, in «il Venerdì», supplemento a «la Repubblica»,
25/6/1988.
146
Occhetto A., cit. in «l’Unità», 9/7/1988.
147
«La Repubblica», 9/7/1988.
148
Roggi E., Occhetto su Togliatti: la novità c’è, in «l’Unità», 10/7/1988.
149
Pajetta G., ivi, 14/7/1988.
150
Occhetto A., Relazione al CC 19-21/7/1988, ivi, 20/7/1988.
151
Cossutta A., Intervento al CC, ivi, 21/7/1988.
152
Ingrao P., ibidem.
153
Cfr. Criscuoli S., Le scaramucce De Mita-Craxi, ivi, 3/9/1988; Occhetto A., in Ibba F., Così occorre
ripensare Stato, mercato e socialismo, ivi, 4/9/1988.
22
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
descriversi come la sola forza del «riformismo forte», attraverso una prassi di
espansione della democrazia e di un’idea di socialismo come «massima realizzazione
delle libertà individuali». Occhetto continua a portare vento di novità. Il suo discorso
conclusivo si tiene di sabato, per non perdere l’effetto mediatico del resoconto su «la
Repubblica»154. «E’ in questo modo che si è fedeli alla lezione di tre grandi maestri
della sinistra europea: Olaf Palme, Willy Brandt e Enrico Berlinguer»155, dice,
cambiando l’olimpo dei padri. E’ il 18 settembre. Il 27 muore Spriano per un arresto
cardiaco; il 28 Candeloro, per le complicazioni di un infarto.
La Direzione intanto esamina una bozza di documento congressuale156, la emenda e la
manda al Cc, dove arriva con alcune modifiche, apportate nella notte da Occhetto
stesso. Si articolava in due parti, frutto della visione politica del Segretario e del suo
formulario157: una sul nuovo corso politico, la situazione generale e l’alternativa; l’altra
sulla riorganizzazione del partito. «La strategia del compromesso storico è
definitivamente alle nostre spalle» e le idee-forza collocano la proposta dell’alternativa
nell’area del «riformismo forte». La riforma dello Stato interventista diventa parte di
una proposta di un nuovo sistema politico-istituzionale che si articola nel ricondurre i
partiti al loro ruolo di espressione della volontà della gente; riformare la legge elettorale
per garantire al cittadino che sia ben chiaro quale maggioranza voglia al governo158;
approvare un nuovo regolamento parlamentare, possibilmente nella via del
monocameralismo; prospettare un piano per l’introduzione della democrazia economica
pur riconoscendo «il mercato strumento essenziale». Sul rinnovamento del partito vi si
sosteneva che esso dovesse restare di massa, ma acquistando una più forte caratteristica
di opinione. Occhetto dà eco alla proposta di un «governo-ombra»159, già ventilata ma
mai resa ufficiale. Occhetto presenta di nuovo al CC una versione del documento con
delle modifiche personali nella trattazione della collocazione europea160, dell’analisi dei
154
Cfr. la vignetta di Bobo di Staino ivi, 18/9/1988.
Occhetto A., Così costruiamo il nuovo Pci, ivi, 18/9/1988.
156
Cfr. Occhetto: un Congresso di grande portata, ivi, 14/10/1988; Spataro P., Il nuovo corso del Pci, ivi,
15/10/1988.
157
Come ammette egli, ivi, 27/10/1988. Cfr. Bozza del documento congressuale proposta al CC del 2627/10/1988, ivi, 27/10/1988
158
Al riguardo Occhetto aveva già creato scompiglio con una dichiarazione all’Assemblea Nazionale
dell’ANCI: «Chiediamo l’elezione diretta del governo, così da rispettare il diritto dei cittadini di poter
scegliere come, da chi e sulla base di quali programmi saremo governati», ivi, 21-23/10/1988.
159
Occhetto A., cit. in Rondolino F., Gli elettori debbono decidere, ivi, 6/11/1988.
160
Cfr. Documento politico del Pci per il XVIII Congresso, supplemento de «l’Unità», 4/12/1988.
155
23
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
mutamenti e della lotta sociale, della definizione dell’alternativa e del riformismo forte.
Un ordine del giorno161 innovativo prevedeva l’espressione di consenso sui soli
«indirizzi generali», senza un’approvazione di tutto il testo. Pur votando in sostanza
tutti a favore162, ciascuno ha delle obiezioni da fare: Pajetta e Macaluso vedono
vaghezza nella definizione dei rapporti col Psi; Bufalini considera «contraddittoria,
confusa e scarsamente comprensibile» la parte che riguarda la definizione di alternativa
e di discontinuità; Cacciapuoti teme gli eccessi «demolitori» dell’autocritica;
Napolitano considera molte parti «insufficienti, oscure e contraddittorie» rispetto agli
indirizzi del Segretario. Cossutta presenta addirittura un documento alternativo.
Bisognava prendere atto della sconfitta, dettata dal fatto che non si era colto lo
sbriciolamento del blocco sociale. Di qui il pericolo del disimpegno dalla ideologia e
del «pentitismo». Si dovevano evitare le tentazioni di riformismo e l’obiettivo doveva
restare la trasformazione della società con la socializzazione dei grandi mezzi di
produzione. Una via da percorrere nell’orizzonte europeo, costruendo «larghe
convergenze tra comunisti e socialdemocratici» senza disconoscere la diversità delle
due esperienze.
Il nuovo anno si apre con l’ennesimo exploit di Occhetto, ancora sull’interpretazione
delle rivoluzioni. «Se ci fermiamo alla fase dell’agosto 1789, alla ‘Dichiarazione dei
diritti dell’uomo e del cittadino’, non c’è dubbio: il Pci è figlio di questo grande atto
della storia»163. E c’è di più: «La Rivoluzione d’Ottobre nasce, sulla scia della
Rivoluzione francese», e anch’ella s’era allontanata dalla soluzione della contraddizione
tra libertà e eguaglianza, perciò «entrambe non sono più in grado di esaurire le
problematiche del presente». Ciò giustificava nuove letture della storia sì da concludere
che la «Storia non ha più bisogno» di nessuna rivoluzione. Ovviamente scatena le
polemiche164. La critica più autorevole viene da Bobbio, che rivendica come «liberale»
la Rivoluzione francese, dunque antitetica al socialismo. E ammonisce: «ciascuno può
scegliersi gli antenati che vuole, ma non qualsiasi antenato se vuol mantenere la sua
161
Cfr. Occhetto A., Relazione e intervento al CC, in «l’Unità», 25/11/1988; Angius G., ibidem.
Questa e le successive cfr. ivi, 26/11/1988.
163
Occhetto A., in Adornato F., Siamo figli dell’89, in «l’Espresso», 23/1/1989. Poi in Occhetto A., Un
indimenticabile ‘89, Milano, Feltrinelli, 1990.
164
Cfr. Filo diretto con Occhetto, «Italia Radio», 21/1/1989; Bandinelli A., Appunti per i gelosi custodi
della rivoluzione, in «l’Unità», 24/1/1989; Tronti M., Ma dove sta lo scandalo se Occhetto riflette
sull’89?, ivi, 27/1/1989; Pajetta G., Perché sono giacobino, ivi, 1/2/1988.
162
24
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
identità»165. Occhetto replica: socialismo e liberalismo capitalistico appartenevano
entrambi a vecchi schemi da superare.
3.3. Scena seconda: un altro Congresso
Il «nuovo Pci» di Occhetto arriva al Congresso in una certa confusione, sintetizzata da
una vignetta di Bobo: «Finalmente vado ad un Congresso con le idee chiare! Per l’unità
delle masse cattoliche e comuniste nel superamento del concordato in una lotta dura
contro Craxi per l’unità anche con lui» e la figlia Ilaria chiede: «Pensi sia in grado di
trovare la strada per Roma?»166. E’ l’ora zero del «tempo dell’alternativa»167. Come
base di discussione ci sono i documenti di Occhetto e di Cossutta, 450 emendamenti e
700 mozioni. Tre gli
elementi inediti nel regolamento: «apertura del partito alle
posizioni più diverse, facoltà di ogni delegato di proporre nominativi da eleggere, livelli
minimi di rappresentanza femminile»168. Occhetto pone come obiettivo la salvezza
dell’umanità: ecologista cita Marx parlando dell’Amazzonia, ricorda Togliatti parlando
del nucleare, esalta Berlinguer sulla distribuzione delle ricchezze globali. Occorreva
dialogare con i nuovi movimenti sul crescente divario tra ricchi e poveri, il «flagello»
della droga o l’aumento della temperatura del pianeta, senza riprendere ricette come la
mutazione delle forme di proprietà. «Democrazia, competenza, decisione e controllo»
erano le parole chiave per accantonare «l’individualismo capitalistico» ad Ovest e «il
collettivismo burocratico» ad Est. Così, e con i programmi come metro di giudizio, ci si
poteva rivolgere «all’insieme delle forze riformatrici e riformiste, laiche e cattoliche», e
al nuovo Psi, riconoscendogli «le intenzioni e i meriti» «a proposito della percezione,
che quel partito ha avuto, dell’esaurirsi di un lungo ciclo della vita politica del nostro
paese». Il Pci non temeva lo spauracchio di un cambio di nome, una questione di cui al
momento mancavano i presupposti. Cossutta è categorico169: nel Pci s’era fatto
dominante il riformismo, e l’aggettivo «forte» non annullava il sostantivo. «Una
mutazione genetica del Pci», un’«autoflagellazione», un «gesto suicida». Napolitano
plaude alla capacità di portare avanti le innovazioni seminate a Firenze nell’86, quando
si «sancì la scelta di considerarci, senza alcun residuo impaccio, parte integrante della
165
Bobbio N., in «l’Espresso», 29/1/1989.
Cfr. Staino S., in «l’Unità», 18/3/1989.
167
Questo il titolo della relazione di Occhetto, cit. in Occhetto A., Un’indimenticabile ‘89, cit.
168
Ignazi P., op. cit., p. 95.
169
Cossutta A., ivi.
166
25
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
sinistra europea»170. Parlare di riformismo non era sposare «tardivamente qualcosa di
estraneo», ma «portare in piena luce una parte fondamentale della nostra esperienza
storica», diventando «più competitivi» rispetto al Psi.
Del Pci non cambiano i simboli, gli inni e la bandiera, ma è cambiato lo stile di vita. La
mozione conclusiva approva Occhetto e il partito del riformismo forte, dell’opposizione
per l’alternativa, della proposta al Psi, dei rapporti coi movimenti. Il CC vede l’ingresso
di 139 volti nuovi ed il suo numero aumentato. Occhetto è acclamato Segretario, con 2
no. Lo statuto171 mostra elementi di discontinuità sin nella premessa, in cui si dice
essere
il
Pci
«un’organizzazione
non
ideologica,
alla
quale
aderiscono,
indipendentemente dalle convinzioni filosofiche e religiose, coloro che concordano con
le finalità indicate» – una società che sia ispirata a valori di libertà, solidarietà e
giustizia, di valorizzazione della differenza sessuale, di non violenza e di salvaguardia
dell’ambiente – che «possono essere conseguite solo con il concorso di forze di diversa
esperienza, tradizione, collocazione sociale e di differente orientamento ideale».
All’organizzazione del partito si affiancheranno «Centri di iniziativa su basi tematiche
ai quali può partecipare chiunque si dimostri interessato». La CCC assume il nome di
«Commissione nazionale di Garanzia» e lo scopo di verifica periodica delle «condizioni
della vita democratica» nel partito. Su proposta del Segretario il numero dei membri
della Direzione sale, per garantire «riequilibrio femminile, consistente presenza di
compagni della nuova generazione politica che dirigono ormai settori fondamentali del
partito, immissione di forze intellettuali attive, l’unità del partito da realizzarsi
attraverso un’equilibrata rappresentanza di diversità»172. Il generale ringiovanimento ha
come emblema Veltroni, il candidato che ottiene il maggior numero di consensi173 per la
Direzione, la riconferma degli gli ultimi entrati (Turco, Fassino, Petruccioli e Mussi) e
l’aggiunta di Veltroni stesso e Bassolino in Segreteria.
170
Napolitano G., ibidem.
Statuto del Pci approvato al XVIII Congresso, Editori Riuniti, Roma, 1989.
172
Occhetto A., Relazione al CC del 5-6/4/1989, ivi, 6/4/1989 e il commento di D’Alema, ivi., 7/4/1989.
173
Cfr. Ibba F., Quel voto che mi ha escluso dalla Direzione, intervista a Cervetti, ivi, 20/4/1989;
Cossutta A., Vogliamo l’Unità del Pci?, ivi, 13/4/1989.
171
26
Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
3.4. Scena terza: Signori, si chiude
Molteplici sfide attendono questo Pci, anzitutto le elezioni europee. Occhetto incontra a
Parigi il socialista Mauroy174; in Polonia Walesa175; a Barcellona i comunisti catalani176.
Napolitano parla di un’«eurosinistra», vista la «larga confluenza tra il programma
elettorale nostro e quello dei partiti dell’Internazionale socialista», attorno alla
prospettiva dell’unione politica; al nesso inscindibile tra ritmo della crescita, politiche
per l’occupazione, salvaguardia dell’ambiente, qualità dello sviluppo e superamento
degli squilibri regionali; alla battaglia per le pari opportunità e sui diritti dei cittadini; ad
una scelta di politica estera comune; alla collaborazione con l’Est, la cooperazione tra
diversi sistemi economici e sociali e l’apertura di un serio dibattito sui diritti e la
democrazia; all’allargamento degli orizzonti della Comunità ai Paesi non allineati; ad
un’inversione di tendenza nei rapporti tra il Nord e il Sud del mondo177. I risultati
vedono il Pci risalire al 27,6%178. Il balcone del Bottegone riapre per un Segretario
sorridente179. Il voto metteva «una pietra tombale sull’ipotesi di un Psi che ‘sfonda’ il
Pci»180. Bisognava puntare tutti sulle questioni concrete per dare eco anche al voto
verde e radicale, a «un modo diverso, non ideologico, di fare politica» e alla fine delle
«grandi crociate». Il voto era «il riconoscimento del nuovo Pci» e premiava una scelta
politica.
Scatenatasi una nuova crisi di governo, Occhetto propone che si lasciasse libero «il
campo ad un ministero che assuma nel proprio programma l’obiettivo della riforma del
sistema politico»181. Si apre il Congresso del Psi, accompagnato dal «patto del camper»
tra Craxi e Forlani, che prevedeva la sostituzione di De Mita con Andreotti182. De Mita
rassegna le dimissioni183. La notizia giunge ad Occhetto nel mezzo del primo viaggio
ufficiale di un Segretario del Pci negli Usa, dove era andato mosso dalla volontà di
spiegare agli americani il nuovo Pci e per «ottenere in America la fiducia per la
174
Parlando per la prima volta di «eurosinistra», ivi, 12/4/1989.
Cfr. Bertinetto G., Walesa abbraccia Occhetto, ivi, 22/4/1989.
176
Cfr. Rondolino F., Una sinistra per l’Europa, ivi, 23/4/1989. Vi propone un gruppo per il parlamento
europeo da non chiamarsi «comunista» e formato anche da socialisti e socialdemocratici.
177
Napolitano G., Relazione al CC dell’8/5/1989, ivi, 9/5/1989.
178
Dati ivi, 20/6/1989.
179
Occhetto A., in Criscuoli S., Pci a sorpresa: vince, ivi, 19/6/1989
180
Occhetto A., in Rondolino F., Sfida del Psi fallita, alternativa possibile, ivi, 20/6/1989.
181
Occhetto A., cit. in Frasca Polara G., Lasciate libero il campo, ivi, 11/5/1989.
182
Cfr. Occhetto A., Un indimenticabile ’89, cit.; Cascella P., Il Psi tuona per una verifica, ivi,
15/5/1989. V. anche Craxi B., intervistato da Gianni Minoli a «Mixer», 14/5/1989.
183
De Mita C., Messaggio al Presidente della Repubblica, cit. ivi, 20/5/1989.
175
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Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
legittimità a governare»184. Si conclude l’era De Mita, spodestato da Forlani a piazza del
Gesù e da Andreotti a palazzo Chigi.
Si sviluppava nel frattempo la vicenda del governo-ombra. Pellicani, coordinatore del
progetto, ne delineava le problematiche: non «dividere il partito in movimentisti e
ministeriali»185 e distinguere tra «la funzione programmatica destinata ad incidere
sull’azione di governo» e «la mobilitazione di movimenti in stretto rapporto con le
tensioni più profonde della società». Ultimo passo è la ristrutturazione di Botteghe
Oscure. Fassino186 presenta una «completa ridefinizione di funzioni e di compiti», con
strutture che avranno come obiettivo l’«elaborazione del progetto». Il lavoro è
riorganizzato attorno a nove aree tematiche e, soprattutto, si costituisce uno «staff»
personale del Segretario.
Si approfondiva infine la revisione ideologica. La risposta alla repressione di Piazza
Tien Anmen è severa. Occhetto da un sit-in all’ambasciata invia un messaggio alle
autorità cinesi: era un «eccidio inaudito»187, che poneva fine a qualsiasi idea
internazionalista e si configurava come «un colpo di stato che usurpa il nome di
‘comunisti’»188. L’idea della necessità di cambiamento del nome inizia a risuonare.
Napolitano afferma che «può essere preso seriamente in considerazione»189, in
concomitanza con l’allargamento delle forze rappresentate e di un mutamento di
condizione. Occhetto sembra chiudere la questione dicendo che nessuno in Direzione
aveva posto il problema190. Ciò non impedisce a «la Stampa» di titolare Il Pci annuncia:
cambieremo nome191. La controversia si era già trasformata in un «catalizzatore di
divisioni latenti da tempo»192. Intervengono a favore Lama193, De Giovanni194,
Giolitti195, mentre Hobsbawm196 esprime un parere contrario.
184
Occhetto A., cit. in «l’Unità», 6/5/1989.
Pellicani G., in Criscuoli S., Quel governo fatto dall’opposizione, ivi, 8/4/1989.
186
Cfr. Così cambia la struttura di Botteghe Oscure, ivi, 19/7/1989.
187
Occhetto A., Con i giovani e i lavoratori della Tien AnMen, in Id., “Un indimenticabile ‘89”, cit.
188
Occhetto A., in «l’Unità», 6/6/1989.
189
Napolitano G., in Nuovo nome al partito?, ivi, 9/6/1989.
190
Occhetto A., ibidem.
191
Cfr. «La Stampa», 9/6/1989.
192
Gualtieri R., Il Pci, la Dc e il vincolo esterno, in Id., “Il Pci nell’Italia repubblicana”, cit., p. 97.
193
Lama L., in «Panorama», 8/6/1989.
194
De Giovanni B., Ma quelle idee sono tutte lì, in «l’Unità», 11/6/1989.
195
Giolitti A., in Frasca Polara G., Budapest ’56- Pechino ‘89, intervista a Giolitti A, ivi, 13/6/1989.
196
Hobsbwam E., in Bosetti G., Addio vecchia, cara rivoluzione, intervista ad Hobsbawm, ivi, 29/6/1989.
185
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Un capitolo di storia del Pci
Michelangela Di Giacomo
Quando il Partito ungherese decide di riabilitare Imre Nagy con funerali solenni,
Occhetto decide di assistervi e vi esalta il carattere «democratico e popolare della
rivolta», portando a compimento la revisione dei giudizi del ‘56 quando «Togliatti
sbagliò»197. Per la prima volta, poi, il Pci partecipa al Congresso dell’Internazionale
Socialista. Ciò porta alcuni a parlare di un’ormai scontata e auspicabile convergenza col
Psi198. A rinfocolare le polemiche giunge un articolo di De Giovanni199, il quale tornava
a riflettere su Togliatti. Era stato uomo dell’Internazionale e come tale credeva nella
costruzione di un «campo», nella «vittoria finale del mondo nato dal 1917», e ciò lo
aveva condotto ad una «universale giustificazione di tutto ciò che costituì il terreno di
una politica concreta», che andò a coincidere con la politica di Stalin. Un «effettivo
realismo» «guidato da una coltissima utopia», da un «sistema di persuasioni» che,
grazie al pensiero sulla democrazia, gli garantiva una tale apertura di visioni da non
chiuderlo nel personaggio di «esecutore di apparato», ma di essere un grande dirigente
di un partito perciò ben radicato nella realtà italiana. Si poteva parlare di lui come di un
«doppio» Togliatti, «ma la sua persona e la sua cultura non possono non rimanere
coinvolte nella fine di un mondo» e riconoscerlo colloca il Pci «assai al di là della sua
eredità». Quasi tutti vogliono dire la loro200. Addirittura Andreotti si meraviglia di dover
difendere Togliatti e Berlinguer dai comunisti: «Occhetto deve stare attento a
sconfessare i Segretari del passato perché c’è già chi pensa alla successione»201. Asor
Rosa, neo-direttore di «Rinascita», annuncia che il nome di Togliatti sarebbe scomparso
dal sottotitolo della rivista202, per avviare una revisione critica della tradizione che
avrebbe coinvolto anche Berlinguer.
La situazione all’Est scivolava lungo una china ripida: i profughi tedeschi ottengono in
Ungheria la liberà di varcare le frontiere verso l’Ovest, e inizia un flusso ininterrotto di
migliaia di persone. La Germania Est chiude le frontiere mentre si infittiscono le
manifestazioni contro Honecker. Ma nel CC il Segretario rivolge solo un accenno
197
Occhetto A., cit. in Sappino M., Occhetto: siamo eredi di Nagy, ivi, 17/6/1989.
Borghini G., Ora le forze socialiste possono pensare ad una riunificazione, ivi, 1/7/1989.
199
De Giovanni B., C’erano una volta Togliatti e il comunismo reale, ivi, 20/8/1989.
200
Giolitti A., in «l’Unità», 22/8/1989; Tranfaglia N., ivi, 21/8/1989; Fassino P., in «il Corriere della
Sera», 23/8/1989; Serra M., in «l’Unità», 27/8/1989; Foa V., ivi, 28/8/1989; Magri L., ivi, 29/8/1989;
Libertini L., ivi, 30/9/1989; Gozzini M., ivi, 31/8/1989; Chiaromonte G., ivi, 1/9/1989; Ugolini B., ivi,
1/9/1989; Macaluso E., ivi, 3/9/1989; Cerroni U., ivi, 6/9/1989; Occhetto A., ivi, 14/9/1989 e Id., ivi,
17/9/1989;
201
Cit. in Leiss A., Andreotti imbarazzato tira le orecchie a CL, in «l’Unità», 25/8/1989.
202
Asor Rosa A., in «Panorama», 9/9/1989.
198
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all’Est, la cui crisi «non cancella e non annulla le contraddizioni, le ingiustizie, gli
squilibri drammatici delle società dell’Occidente»203. Nessuno parla del nome, ma il
problema si ripropone dopo che il Posu adotta il nuovo nome di Partito Socialista
Ungherese204. Il 3 novembre, Occhetto invia una lettera a Brandt205, lodando i risultati
raggiunti in Polonia e Ungheria e segnalando l’urgenza di «un concreto
incoraggiamento da parte dell’Occidente», quale la collaborazione del Pci
all’Internazionale socialista. Rilancia la definizione di Pci come «la più grande forza
socialista all’opposizione», tanto da poter dire che «se il nome non fosse stato già
occupato ci saremmo tranquillamente potuti chiamare Partito Socialista»206. Il 9, l’Rdt
annuncia che sarebbero state tolte le restrizioni ai permessi di viaggio dei suoi cittadini.
Nella notte una folla in delirio abbatte il Muro di Berlino. Occhetto è in Inghilterra ad
incontrare il laburista Kinnock, e commenta: «Si può dire che finisce adesso la Seconda
Guerra Mondiale»207. La pressione si fa schiacciante sul precario agglomerato di idee e
indirizzi diversi in cui il Pci s’era trasformato. Il lunedì «l’Unità» pubblica la notizia
della partecipazione improvvisa di Occhetto ad una riunione di ex partigiani alla
Bolognina208. Mescolando confusamente incerte innovazioni e strascichi della
tradizione, si perse un’identità e una storia. E si cominciò a cercarne di nuove.
203
Occhetto A., Relazione al CC del Pci, 2/10/1989, ivi, 3/10/1989.
Congresso del POSU, cit. ivi, 8/10/1989.
205
Occhetto A., Aiutiamo la Perestrojka, lettera a Brandt, ivi, 3/11/1989.
206
Occhetto A., cit. in Frasca Polara G., La sfida ad Est può unire la sinistra, ivi, 4/11/1989.
207
Occhetto A., cit. in Pancaldi A., E’ finita un’era, ivi, 11/11/1989.
208
Occhetto A., cit. in Donati W., Occhetto ai veterani della Resistenza, ivi, 13/11/1989.
204
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