VELLEDA, L’ORACOLO DELLA GERMANIA
di Laura Violet Rimola
Viveva un tempo al nord dell’antica Germania, nei verdi boschi odorosi di muschio e
violette, fra le folte e possenti querce coronate di vischio, una druidessa di nome
Velleda, amata e venerata da tutti i germani. Faceva parte della tribù dei bructeri, che
tra il 100 a.C. e il 350 d.C. si erano stabiliti nella Germania nord-occidentale, tra il
fiume Lippe e il fiume Ems, a sud della splendida e immensa foresta di Teutoburgo;
e aveva avuto una parte molto importante nella rivolta del popolo dei batavi, insorti
contro Roma nel 69 d.C.
Aveva infatti ispirato la ribellione negli animi dei guerrieri e incitato il furore della
battaglia, profetizzando per i germani le iniziali vittorie.
Tra il 14 e il 16 d.C. l’esercito romano aveva invaso la Germania sotto il comando di
Germanico, occupando diverse zone soprattutto del nord e piegandole al proprio duro
e spietato dominio. Con il trascorrere degli anni la situazione di alcuni popoli e i
soprusi che questi erano costretti a subire stavano divenendo intollerabili, e nel cuore
dei germani cresceva forte il desiderio di ribellione. Questo divenne infine
insopprimibile quando un editto dell’imperatore Vitellio ordinò che i fanciulli batavi
venissero chiamati alla leva, imposizione gravissima in quanto era risaputo che
questi giovani, dal bellissimo aspetto, venivano arruolati solo per essere vittime di
violenze e stupri da parte degli incaricati più anziani.
Nel momento in cui si presentò quindi l’occasione per sollevarsi in una grande e
gloriosa rivolta, guidata dal principe batavo Gaio Giulio Civile (1), tutto il popolo la
colse immediatamente, e con gran fervore impugnò le armi.
La violenta insurrezione, alla quale presero parte diversi altri popoli della Germania,
fra i quali i bructeri, si scatenò nel 69 e 70 d.C. nella provincia della Germania
inferiore, e provocò gravissime perdite fra le legioni romane, alcune delle quali
furono completamente distrutte.
Poco lontano dalla battaglia, eppur viva nel cuore di ogni combattente germano,
vegliava Velleda, i cui occhi perforavano il buio come raggi di luna, e le cui labbra
potevano schiudersi solo per dar voce alla verità.
Ella viveva nella stanza più alta di una torre immersa nella foresta vergine e
rigogliosa, fra il verde del ricco sottobosco e splendide sorgenti gorgoglianti, che
saltellavano fra i sassi levigati e spesso si velavano di pallide nebbie. Poco distante
scorreva un fiume impetuoso, che serpeggiava fra le dolci sponde alberate e rifletteva
nelle sue acque gli intensi colori del cielo (2).
Nei suoi scritti, Tacito riporta che la sacerdotessa era adorata fra i germani quasi
fosse una divinità femminile, colma di saggezza e rivelatrice di arcane profezie. La
sua influenza e il suo potere sul popolo erano immensi. Lei stessa aveva esortato la
battaglia, e poco dopo l’inizio della guerra aveva predetto la vittoria della Germania
e la distruzione delle legioni romane – cosa che in un primo momento si verificò
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effettivamente, quando i germani misero in estrema difficoltà gli invasori e ben
quattro legioni furono completamente rase al suolo.
Nel corso della rivolta si potrebbe pensare che se Gaio Giulio Civile rappresentava
per i ribelli una guida sul campo con la forza delle armi e la strategia del
combattimento, Velleda li guidava spiritualmente, in modo più intimo e silenzioso,
incitandoli nel profondo e incoraggiandoli verso la riconquista della libertà. Così i
guerrieri combattevano con il corpo e con l’anima, uniti verso un unico scopo.
Quando sorgevano conflitti interni fra le tribù, i loro capi si rivolgevano alla
druidessa e a Civile per stipulare accordi che potessero mantenere la pace nel paese.
Così, a proposito dell’ostilità fra il popolo dei tencteri e quello degli agrippinesi,
questi ultimi si pronunciarono in tal modo: “Avremo come giudici Civile e Velleda,
davanti ai quali ratificheremo i nostri patti” (3).
In questa occasione i portavoce degli agrippinesi, che si erano recati dalla profetessa
per chiederle consiglio, raccontarono che non furono ammessi alla sua presenza,
poiché nessuno poteva avvicinarsi a lei, nessuno poteva vedere il suo viso, nessuno
poteva ascoltare la sua voce. L’unico modo per parlarle era tramite il suo
messaggero, che dopo averla consultata ne riferiva i responsi sibillini, “quasi
intermediario del nume” (4). Così cresceva intorno a lei un’aura di mistero e
solennità, forte e luminosa come una fiamma divina.
La druidessa era talmente adorata dai germani che ogni qualvolta essi riportavano
delle vittorie, le mandavano come offerta ricchi doni, navi e bottini di guerra, e in un
caso – ma forse furono più d’uno – le inviarono un prigioniero romano, il legato di
una legione distrutta Munio Luperco, il quale venne però ucciso durante il tragitto e
non riuscì a raggiungerla.
La guerra proseguì a favore dei ribelli per diversi mesi e l’intero dominio romano ne
venne profondamente scosso, ma le sue sorti cambiarono quando giunse da Roma il
generale Quinto Petilio Ceriale (5), che intervenne con nuove legioni per soffocare la
sommossa. D’altra parte i batavi stavano perdendo l’iniziale impeto che li aveva
spinti a combattere per la libertà, e rendendosi conto delle gravi perdite subite non
disprezzavano l’idea di una resa. Ceriale fece loro intendere che se si fossero arresi
avrebbero ottenuto la pace e Giulio Civile sarebbe stato risparmiato, mentre
“ammoniva Velleda e la sua famiglia a indirizzare diversamente le sorti di quella
guerra (…) e a procacciarsi un tempestivo merito nei riguardi del popolo romano”
(6). Con la speranza di avere salva la vita, il principe batavo accettò quindi i patti e
pose fine alla guerra.
Nel 70 d.C. la Germania firmò la pace con i romani, ottenendo, in cambio di eserciti
alleati, il perdono e il privilegio di non pagare le tasse.
Tuttavia Velleda, dopo alcuni anni, forse nel 78 d.C., venne catturata e condotta a
Roma in segno di trionfo.
Ciò che appare chiaro da queste notizie storiche, accuratamente trascritte da Tacito
nelle sue cronache, è la devozione che i germani nutrivano per Velleda, e anche la
sua grandezza, poiché non era solamente una veggente, ma anche un’autorità in
campo politico e una divina ispiratrice di libertà e giustizia.
Se questa venerazione poteva stupire i romani, per i quali la donna era soltanto una
proprietà dell’uomo, padre o marito che fosse, il cui misero scopo vitale consisteva
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nell’essere una buona moglie e una prospera madre, fra i germani era invece più che
normale, perché essi ritenevano ogni donna, soprattutto se vergine, una portatrice e
donatrice di sacralità, una saggia conoscitrice del destino e una perfetta
manifestazione del divino femminile, ovvero una piccola Dea vivente.
Le donne germaniche “osservavano i fiumi turbinosi, ascoltavano il mormorio o il
mugghiare delle acque e, da ciò che vedevano e sentivano, traevano gli auspici” (7).
La loro magia nasceva dalla profonda sintonia che percepivano con lo spirito della
Grande Madre, la quale parlava alle loro anime donando le risposte che esse
cercavano. Così Velleda sapeva intuire segreti messaggi ascoltando ciò che la terra le
sussurrava dolcemente, e davanti al suo sguardo contemplativo gli eventi futuri si
spiegavano come ali di gabbiano.
Si racconta che ella avvolgesse il suo bel corpo in bianche e lunghe vesti, e che
usasse intrecciarsi i capelli o coronarsi il capo con la verbena rosata. Tuttavia non vi
sono certezze a riguardo, poiché è difficile che qualcuno l’abbia vista realmente tanto
da poterla descrivere.
Il suo nome – che ha come varianti Veleda, Velide o Welleda – ha origini celtiche, e
pare derivare dalla forma ogamica Velitas, in cui la lettera “t” venne poi sostituita
con la “d” nella lingua germanica dei bructeri. Velitas corrisponde al gallese e al
bretone gweled, che significa “vedere”, “vista”, e indicava il dono divino di saper
“guardare lontano”, laddove solo l’anima sacra poteva posare i suoi occhi di luce.
Si trattava quindi di un appellativo che veniva dato alle veggenti e alle sacerdotesse,
e non di un nome proprio e personale, per questo si potrebbe pensare che dietro ad
esso si nascondessero più donne, tutte capaci di “vedere”, e dunque di “conoscere”.
Un altro possibile significato di “Velleda” ricondurrebbe l’origine della parola
all’antico norreno vola o volva, da völr, che indicava il bastone usato per compiere i
riti di vaticinio. Esso si può quindi tradurre letteralmente con “colei che porta il
bastone”, che fra i norreni era la Volva, la veggente, “colei che vede”.
Questa derivazione lega Velleda alla misteriosa figura della saggia strega delle
tradizioni scandinave. Come la Volva, Velleda sapeva intravedere le trame e i
filamenti che formano la luminosa rete del destino, e come lei non possedeva un
nome proprio, poiché la sua condizione di sacerdotessa, riflesso della divinità, la
poneva al di là di ogni identificazione personale ed egoica (8).
Velleda rappresentava dunque l’archetipo della splendida donna sapiente, pervasa e
ricolma del nume misterioso; ma anche della vergine della battaglia, che comandava
i guerrieri per ristabilire l’antica armonia e la libertà perdute (9).
A seguito della sua cattura per mano dei romani, ciò che accadde alla bella druidessa
non è mai stato accertato storicamente. È possibile che ella sia stata costretta a
camminare per le vie di Roma da sconfitta, durante la marcia di trionfo al termine
della guerra germanica, ovvero sia stata pubblicamente umiliata come era successo al
principe britanno Vercingetorige. E si suppone che, successivamente, sia stata
imprigionata, forse torturata e giustiziata, o che morì in prigionia. Ma di fatto non si
hanno certezze sulle sorti che ella dovette subire.
In un componimento del poeta romano Stazio, che questi scrisse come elogio a Gaio
Rutilio Gallico per aver riportato grandi vittorie nelle Gallie ed aver catturato viva la
profetessa, si legge delle “maledizioni di Velleda prigioniera” (10), ovvero delle
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parole cariche di disprezzo che lei rivolse ai suoi nemici e carnefici. Questo potrebbe
dimostrare che ella non si sottomise mai ai romani, ma li maledì ferocemente anche
negli ultimi istanti della sua vita.
Una vita dedicata a combattere contro un popolo invasore dagli ideali patriarcali e
fortemente maschilisti, per difendere la sua gente e le sue terre, ancora pervase dalla
magia femminina e dal potere delle donne.
Per questo Velleda rimase sempre nella memoria del suo popolo, e a distanza di
secoli viene ancora ricordata come colei che governò, nel nome del divino, le più
fiere nazioni, e che tutti riconobbero e a lungo chiamarono l’Oracolo della Germania.
La terra di Velleda
Queste immagini ritraggono la meravigliosa foresta di Teutoburgo, a sud della quale
viveva il popolo dei bructeri. Si potrebbe pensare che, nel corso della sua vita,
Velleda abbia trascorso molto del suo tempo in luoghi simili a questi, dove forse
coglieva le sue visioni e, ascoltando la voce della natura, traeva i suoi auspici.
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“Il suo passo ha la dolcezza delle brezze sotto le fronde
E le bacche di vischio, le violette bianche
Le ornano soavemente i biondi capelli dai verdi riflessi.
Le rose, scoprendo le loro risa dischiuse,
Sfiorano Velleda, la giovane Druidessa.
Le querce eterne, di cui ella è Sacerdotessa,
Le diranno un tempo, con mormorio stanco,
Ciò che hanno raccolto dell’ombra e del passato.
La saggezza e la pace degli alberi sono in lei.
L’inverno la seppellisce, l’estate la rinnova.
Vergine, ella ama d’amore la neve sopra il bosco,
E il canto degli uccelli sfavilla nella sua voce.
I suoi occhi verdi hanno serbato la freschezza del fogliame.
(…)”
(Velleda, di Renée Vivien, tratta da Evocations, in Poems de Renée Vivien, Paris,
Lemerre, 1923, Vol. I, pagg. 111-112, traduzione italiana a cura di Alessandro
Zabini)
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Note:
1. Gaio Giulio Civile, chiamato anche Claudio Civile, era membro della famiglia reale dei
batavi insieme a suo fratello Paolo, che nel 67-68 d.C. venne fatto uccidere da Nerone a
causa di una falsa accusa di tradimento. Giulio Civile venne dapprima processato e in seguito
prosciolto, ma il risentimento per ciò che aveva ingiustamente subito, e per la perdita del
fratello, lo spinse a tramare contro Roma e a diventarne nemico, ponendosi infine a comando
della grande rivolta batava.
2. Si tratta del fiume Lippe, affluente del Reno, la cui sorgente si perde nella verdissima
foresta di Teutoburgo.
3. Cfr. Tacito, Historiae, IV, 65 (edizione italiana con testo latino a fronte a cura di Gian
Domenico Mazzolato, Newton & Compton editori, Roma, 1995, pag. 365)
4. Cfr. Tacito, Historiae, IV, 65 (edizione italiana con testo latino a fronte a cura di Gian
Domenico Mazzolato, Newton & Compton editori, Roma, 1995, pag. 367)
5. Tacito scrive di lui nelle sue Historiae che “era più abile nel disprezzare il nemico che nel
tenerlo a bada” (Tacito, Historiae, IV, 71, edizione italiana con testo latino a fronte a cura di
Gian Domenico Mazzolato, Newton & Compton editori, Roma, 1995, pag. 373).
Durante l’imboscata che i batavi avevano teso alle flotte romane, essi distrussero la nave
pretoria in cui ci sarebbe dovuto essere Ceriale. Tuttavia questi al momento era altrove,
impegnato nel tentativo di stuprare una donna ubia (cfr. Tacito, Historiae, V, 22).
6. Cfr. Tacito, Historiae, V, 24 (edizione italiana con testo latino a fronte a cura di Gian
Domenico Mazzolato, Newton & Compton editori, Roma, 1995, pag. 417)
7. Citazione da Il ramo d’oro, James G. Frazer, Newton & Compton editori, Roma, 1992,
pag. 125
8. La Volva era la grande veggente che nei miti narrava il Voluspa, il poema in cui è raccolta
l’antica sapienza nordica. La mitologia racconta che vaticinasse il futuro, con particolare
riguardo a quello dei neonati e dei giovani fanciulli, e che vestisse con un abito di pelle
animale, con stivali di vitello e guanti di gatto. Praticava il seidr, ovvero i segreti riti
femminili dedicati alla Dea dell’Amore Freya, e apparteneva ad una segreta sorellanza
formata da nove sciamane, la cui saggezza non aveva limiti, poiché esse sperimentavano il
divino dentro loro stesse e sapevano vedere al di là di ogni comune mortale.
9. Alcuni studiosi ipotizzano che Velleda fosse stata iniziata ai misteri femminili e alla magia
sull’Isola di Sena, in Bretagna, e che fosse stata una delle nove sacerdotesse gallicenae che
ivi dimoravano. Fra queste, si dice che ella fosse la più saggia e potente, in virtù del suo
nobile appellativo, concesso solo a colei che rivestiva la carica più alta. Ciò nonostante,
questa è più che altro una creazione letteraria che non ha nulla a che vedere con la figura
storica di Velleda.
Nella sua opera I martiri, Chateaubriand offre una splendida descrizione – ovviamente non
storica ma letteraria – di Velleda, che egli rende una druidessa gallica ascoltata da tutto il suo
popolo:
“Verso sera, mi rivestii dell’armatura, che ricopersi con un saio, e, uscendo segretamente
dal castello, andai ad appostarmi sulla riva del lago, nel luogo indicatomi dai soldati.
7
Nascosto fra le rocce, attesi un po’ di tempo senza che nulla apparisse. All’improvviso, dei
suoni che il vento portava di mezzo al lago colpiscono il mio orecchio.
Mi metto in ascolto e distinguo gli accenti d’una voce umana, e nel medesimo tempo scorgo
una navicella sulla cresta d’un’onda; scompare fra due flutti e ricompare poi sulla cima
d’un cavallone; s’appressa alla riva. Una donna la guidava; ella cantava lottando contro la
tempesta e sembrava godesse dell’impeto dei venti; si sarebbe detto ch’essi fossero sotto il
suo dominio, tanto sembrava sfidarli. La vedevo gettare di tanto in tanto, come offerte, nel
lago, pezzi di tela, bioccoli di lana di pecora, pani di cera e pezzetti d’oro e d’argento.
Poco dopo ella approda, si slancia a terra, lega la navicella al tronco di un salice e
s’addentra nel bosco, appoggiandosi al ramo di pioppo che teneva in mano. Passò accanto a
me senza vedermi. Era di alta statura; una tunica nera, corta e senza maniche, velava
appena la sua nudità. Portava una piccola falce d’oro sospesa a una cintura di rame, ed era
inghirlandata da una fronda di quercia. Il candore delle braccia e della carnagione, gli
occhi azzurri, le rosee labbra, i lunghi capelli biondi, che ondeggiavano disciolti, rivelavano
una figlia dei Galli e contrastavano, per la loro mollezza, col suo portamento fiero e
selvaggio. Cantava con voce melodiosa parole terribili, e il suo seno scoperto s’alzava e
s’abbassava come onda spumeggiante.” (I martiri, Francois-René de Chateaubriand,
Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1952, pag. 151)
10. “(…) captivaeque preces Veledae…”, Stazio, Silvae, I, 4, 89-93
8
BIBLIOGRAFIA
Historiae, Publio Cornelio Tacito, edizione italiana con testo latino a fronte a cura di
Gian Domenico Mazzolato, Newton & Compton editori, Roma, 1995
De origine et situ Germanorum, Publio Cornelio Tacito, edizione italiana con testo
latino a fronte a cura di Gian Domenico Mazzolato, Newton & Compton editori,
Roma, 1995
Silvae, Stazio, edizione italiana a cura di Luca Canali e Maria Pellegrini, Milano,
Mondadori, 2006
Annales, I e II, Publio Cornelio Tacito, edizione italiana con testo latino a fronte a
cura di Lidia Storoni Mazzolani, Newton & Compton editori, Roma, 1995
Priestesses, Norma Lorre Goodrich, New York e Toronto, Franklin Watts, 1989
Il ramo d’oro, James, G. Frazer, Newton & Compton editori, Roma, 1992
I martiri, Francois-René de Chateaubriand, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano,
1952
I Druidi, Christian-Joseph Guyonvarc'h e Françoise Le Roux, ECIG, Genova, 1990
Il segreto dei druidi, Peter Berresford Ellis, Piemme, Casale Monferrato (AL), 2002
Le Dee viventi, Marija Gimbutas, Medusa Edizioni, Milano, 2005
Alla ricerca della Luna, Ada D’Ariès, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 1997
Figure di Donna nei miti e nelle leggende, Patricia Monaghan, Red Edizioni, Milano,
2004
Evocations, Renée Vivien, in Poems de Renée Vivien, Paris, Lemerre, 1923, Vol. I
Avalon. Appunti d’invito alla lettura, articolo a cura di Alessandro Zabini
L’Isola Incantata delle Figlie della Luna:
http://freeforumzone.leonardo.it/forum.aspx?c=59706&f=59706
http://it.wikipedia.org/wiki/Velleda
http://it.wikipedia.org/wiki/Velleda_(sacerdotessa)
http://en.wikipedia.org/wiki/Veleda
http://home.tiscali.nl/giove/veleda.htm
http://home.tiscali.nl/giove/veleda2.htm
http://womenshistory.about.com/library/bio/blbio_veleda.htm
www.croponline.org/miticeltici.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Bructeri
http://it.wikipedia.org/wiki/Batavi
http://it.wikipedia.org/wiki/Gaio_Giulio_Civile
http://it.wikipedia.org/wiki/Rivolta_batava
http://it.wikipedia.org/wiki/Spedizione_germanica_di_Germanico
http://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_della_foresta_di_Teutoburgo
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