Storia della Germania

La storia dei rapporti tra Italia e Germania dopo la seconda guerra mondiale è una delle chiavi per capire le contraddizioni dell'Europa contemporanea. L'Italia fu tra i principali sostenitori della rinascita di uno Stato tedesco affrancato dall'influenza sovietica: i due paesi dovevano far parte dello stesso sistema di relazioni economiche e politiche. Partendo dall'analisi del punto di vista italiano sulla «questione tedesca», il volume ricostruisce, anche attraverso le reciproche percezioni, le matrici politiche ed economiche alla base delle relazioni bilaterali dalla fine della seconda guerra mondiale alla metà degli anni Cinquanta. In questo decennio presero forma quelle peculiari condizioni geopolitiche su cui si sarebbero fondati i rapporti tra Italia e Repubblica Federale durante il periodo della guerra fredda.

La Repubblica di Weimar fu un periodo ricco di contraddizioni tra la Grande Guerra e l’avvento del Terzo Reich. Il sistema di democrazia parlamentare che riuscì a realizzare fu altresì sorprendente, non solo perché nacque pochi mesi dopo la fine di un conflitto mondiale da cui la Germania era uscita sconfitta ma, in particolar modo, per la portata di trasformazioni politiche e sociali che la caratterizzarono. La ricca storiografia sull’argomento testimonia l’importanza degli eventi che caratterizzarono il 1933, anno spartiacque della storia d’Europa e del mondo. Ciò a cui mira questo saggio è “ricostruire” l’idea che lo Stato Maggiore italiano aveva sulla Germania, alla vigilia dell’ascesa di Adolf Hitler. Attraverso le carte del SIM è possibile cogliere gli aspetti positivi della Repubblica di Weimar, ma anche quegli elementi di forte criticità derivanti dalle clausole penalizzanti del Trattato di pace che costituiranno la base ideologica e sociale della successiva ascesa del nazionalsocialismo. Lo studio si avvale dei cospicui documenti del “Servizio Informazioni Militare” del Regio Esercito che in data 2 gennaio 1933 vengono integrati in una relazione sullo stato complessivo delle forze armate tedesche. I sette fascicoli analizzati nel volume ci aiutano a comprendere l’ordinamento della Reichwehr, le forme di reclutamento e le scuole militari, la dottrina tattica e l’addestramento, le forze di polizia e le associazioni varie esistenti nel 1933, una fonte del tutto nuova nell’interpretazione di una Repubblica di Weimar ormai al tramonto.

La Repubblica Democratica Tedesca, lo Stato socialista della Germania orientale dal 1949 al 1990, durante l'arco della sua esistenza dispose di un apparato di controllo dei suoi cittadini dalle dimensioni senza precedenti che arrivò, negli ultimi anni di esistenza dello Stato, a contare circa 100.000 impiegati in servizio permanente e circa 180.000 collaboratori civili. Le ramificazioni del Ministero per la sicurezza dello Stato (Ministerium für Staatssicherheit, Stasi) arrivarono a toccare ogni settore della società e le sue modalità di intervento, soprattutto dagli anni Settanta in poi, si distinsero per la loro invasione e manipolazione della sfera personale degli individui identificati come "nemici".
Nell'elaborato si cerca di comprendere cosa fosse veramente la Stasi partendo innanzitutto da una disamina degli avvenimenti che portarono alla nascita dello Stato che avrebbe dovuto difendere. In tal senso sono stati analizzati il testo La DDR - Una storia breve dello storico tedesco Ulrich Mählert, l'opera più completa attualmente disponibile in italiano sulla storia dello Stato tedesco-orientale, e il volume La questione tedesca - Le due Germanie dalla divisione all'unità (1945/1990) di Antonio Missiroli che tratta in modo esaustivo la storia delle due Germanie dalla divisione alla riunificazione.
Successivamente ci si è soffermati sulla storia della Stasi attraverso la disamina del testo Il Ministero della paranoia - Storia della Stasi (2012) dello storico e giornalista italiano Gianluca Falanga che ha riscosso particolare successo anche fra il pubblico non specializzato.
Per un quadro più completo sulla Stasi e sulla repressione nella DDR, inoltre, sono state riportate le testimonianze dirette di chi ha avuto a che fare nella propria vita con questo organo repressivo tedesco-orientale, sia come vittima che come funzionario. Queste testimonianze sono state selezionate dal libro C'era una volta la DDR della germanista australiana Anna Funder prendendo in esame tre punti di vista: quello di una vittima, quello di un funzionario di livello inferiore del Ministero e quello di un dirigente istruttore.
Nelle conclusioni si è voluto trarre una summa dell’influenza della Stasi all’interno della società tedesco-orientale analizzando il modo in cui è stata trattata da Falanga e da Anna Funder, i quali si soffermano sulla invasività totale della Stasi, confrontandolo con le chiavi interpretative offerte da alcuni storici come Mary Fulbrook, Jens Gieseke e Thomas Schaarschmidt che invece ridimensionano l’effettiva influenza della Stasi sui cittadini, e raccolte nel volume collettaneo Riflessioni sulla DDR - Prospettive internazionali e interdisciplinari vent'anni dopo curato dallo stesso Schaarschmidt e da Magda Martini e che riporta i contributi di un convegno di storici sulla DDR svoltosi a Trento nel 2009.

Le alleanze militari e le trame diplomatiche costituirono lo sfondo entro il quale s’inserirono le riforme che lo Stato Maggiore italiano produsse dal 1871 al 1914. Queste, mutarono il volto dell’esercito italiano che da anello debole dell’alleanza con gli Imperi centrali (Triplice Alleanza) divenne l’ago della bilancia nello scontro che si andava a profilare tra i due blocchi di potenze contrapposti. Alla vigilia dello scoppio della Grande Guerra l’Italia aveva migliorato il proprio apparato militare e dato una fisionomia più dinamica e “vicina” agli eserciti delle maggiori potenze continentali dell’epoca. Il 23 maggio 1915 il Regno d’Italia avrebbe dichiarato guerra all’Impero austro-ungarico, aprendo il fronte italo-austriaco: seicento chilometri di trincee che andavano dai 3mila metri dell’Ortles al mare Adriatico, partecipando alla più grande guerra di posizione di ogni epoca.

Viveva un tempo al nord dell’antica Germania, nei verdi boschi odorosi di muschio e violette, fra le folte e possenti querce coronate di vischio, una druidessa di nome Velleda, amata e venerata da tutti i germani. Faceva parte della tribù dei bructeri, che tra il 100 a.C. e il 350 d.C. si erano stabiliti nella Germania nord-occidentale, tra il fiume Lippe e il fiume Ems, a sud della splendida e immensa foresta di Teutoburgo; e aveva avuto una parte molto importante nella rivolta del popolo dei batavi, insorti contro Roma nel 69 d.C.
Aveva infatti ispirato la ribellione negli animi dei guerrieri e incitato il furore della battaglia, profetizzando per i germani le iniziali vittorie.

Da Lutero al terrorismo della Rote Armeé Fraktion l'Ideologia Tedesca è caratterizzata da una sopravvalutazione dell'individuo e della libertà spirituale. La ricerca di una dimensione interiore per la soluzione di problemi sociali, la confusione tra libertà spirituale e libertà politica, a comportato una lunga serie di soluzioni mistiche, escatologiche, addirittura diaboliche (il patto col diavolo di Faust) caratterizzando la storia e la letteratura tedesche. E se proprio Lutero fosse il creatore di Faust nell'era moderna? Molti indizi spingono in questa direzione. Dalla Riforma verrebbe dunque a scaturire la fonte di tutte le soluzioni interiori o metafisiche che trovano in Germania un fertile terreno psicologico e morale: il faustismo come soluzione individuale.

‹‹Con il progredire della ricerca, del resto, appare sempre più chiaro che i responsabili locali ebbero generalmente un ruolo di primo piano nell‟escalation del massacro […]››.
‹‹[…] la stragrande maggioranza della popolazione non si oppose o non tentò di opporsi alle draconiane, terroristiche misure che vennero adottate in particolare contro gli ebrei, ma non solo contro di loro. Per questo, la nazione tedesca non si può ritenere assolta nel suo insieme dall‟accusa di complicità, sia pure con diversi gradi di responsabilità, in quel crimine contro l‟umanità che è stato la Shoah››.

Con l' Illumunismo il rapporto tra filantropia, educazione e potere subisce una ri-concettualizzazione che fa emergere una discontinuità rispetto al passato.  E' in questo contesto che prende forma l'opera di Johann B. Basedow verso il progetto di un architettura formativa dalla dicitura alquanto bizzarra a quell'epoca, il "Philanthropinum", che aveva tra i suoi punti forti, nientemeno che l'abitazione di Kant.

L'ordoliberalismo nasce come terza via tra liberalismo classico e socialismo per salvare l'ordine capitalismo dall'autofagia e dal conflitto sociale. Compromessosi con il nazismo, sopravvive camuffandosi sotto le spoglie dell'economia sociale di mercato, fondamento dell'ordine economico tedesco e della costruzione europea.

A quarant’anni dal suo completamento, la Ostpolitik del cancelliere Willy Brandt continua a rappresentare un esempio di accettazione del tragico passato collettivo tedesco e di riconciliazione con il presente di un Paese diviso. Tuttavia, essa fu anche un laboratorio progettuale orientato alla ridefinizione della futura sicurezza europea e alla promozione di un nuovo ordine di pace per il continente. Dato il suo carattere di accentuata autonomia, la Ostpolitik comportò fasi di dissidio e competizione con la distensione promossa dal presidente statunitense Richard Nixon, incentrata sul dialogo esclusivo con l’Unione Sovietica. Tali processi furono fortemente condizionati dal riaffiorare a Washington di timori e sospetti in merito alla rinnovata intraprendenza della politica estera condotta dalle autorità federali tedesche, a un quarto di secolo dalla fine della Seconda guerra mondiale. Grazie alle fonti d’archivio oggi disponibili, il volume ricostruisce le dinamiche attraverso cui i due processi si influenzarono reciprocamente e posero le basi per la riformulazione della Guerra fredda in Europa, conferendole alcuni caratteri che essa avrebbe conservato fino al definitivo smantellamento della «cortina di ferro» e alla riunificazione della Germania.

Un racconto diverso, mai narrato, degli eventi che hanno visto contrapporsi, nel corso della Guerra Fredda, DDR e Germania Ovest. Un racconto che tenta di sfatare l'idea secondo la quale il Muro di Berlino avrebbe protetto la Tirannia dalla Libertà e una volta crollato la seconda avrebbe fatto breccia nello spazio dominato dalla prima.

"""Strano destino, quello della diplomazia. Raramente essa cattura l’attenzione dell’opinione pubblica, scoraggiata da formalismi e rituali che paiono materia da iniziati, e dall’apparente assenza di risultati tangibili nel breve periodo. Prova ne sia il misto di diffidenza e indifferenza che solitamente i contemporanei riservano a estenuanti negoziati multilaterali in campo europeo e mondiale, pure suscettibili di produrre cambiamenti sostanziali per l’esperienza di vita quotidiana.
Tra le rare eccezioni, un caso a se stante è rappresentato dalla Ostpolitik condotta dai governi social-liberali della Repubblica Federale Tedesca (RFT) tra il 1969, anno della nomina di Willy Brandt alla Cancelleria, e le sue dimissioni, occorse in circostanze drammatiche nel 1974."""

Antica frontiera tra Roma e i Germani poi conteso nelle guerre franco-tedesche, il fiume celebrato dalla poesia romantica ha diviso e al tempo stesso unito i popoli. Teatro di un grande sviluppo industriale nella seconda metà dell'Ottocento, oggi, dopo la catastrofe provocata dal Terzo Reich, viene presentato come luogo ideale di vacanza. Le sue vicende ci aiutano a relativizzare la crisi europea

L’influenza esercitata dagli Stati Uniti sulla vita sociale e culturale della Repubblica Federale Tedesca costituisce da tempo un tema privilegiato di riflessione teorica quanto di ricerca empirica per la storiografia internazionale. Tuttavia, un bilancio stilato nel 1999 offriva a Philipp Gassert, fine esperto di relazioni transatlantiche, l’opportunità di evidenziare alcune lacune che le successive indagini erano chiamate a colmare . Seppure il valore euristico del termine «Americanizzazione» era ampiamente riconosciuto in materia, Gassert lamentava la sua scarsa concettualizzazione, un processo che invece egli riteneva ineludibile. La consuetudine d’uso dell’espressione, comparsa nel linguaggio europeo addirittura alla fine del XIX secolo, sottintendeva una varietà di significati stratificati nel tempo che era innanzitutto necessario decostruire nelle loro determinazioni storiche, per poi procedere a ricomporli all’interno di categorie analitiche temporali e concettuali. D’altro canto, la longue durée non doveva essere sacrificata all’esigenza di evidenziare i caratteri peculiari del secondo dopoguerra, ma al contrario questi ultimi avrebbero acquisito maggiore risalto soltanto se inseriti nel più ampio spettro temporale. Gassert esortava inoltre ad una maggiore apertura alla comparazione con altre esperienze europee; ed elogiava le innovazioni teoriche e metodologiche che provenivano dal campo relativamente nuovo della storia culturale, in merito alla selettività dell’influenza americana, ai canali e agli agenti della sua trasmissione, e al ruolo attivo svolto dai suoi «ricettori» in Germania. Di quest’ultima disciplina, l’autore auspicava il pieno coinvolgimento in un confronto libero da artificiosi steccati disciplinari, che avrebbe garantito il superamento qualitativo dei risultati raggiunti fino ad allora.