EOSTRE, L’ALBA DELLA PRIMAVERA
di Laura Violet Rimola
Fra gli antichi popoli anglosassoni la primavera era onorata nelle sembianze della
soave fanciulla Eostre, Dea solare di origine germanica che si manifestava nel
sorgere del sole primaverile e donava alla terra germinazione, fioritura e gioiosa
rinascita.
Del suo aspetto originario, purtroppo, non è rimasta alcuna traccia, e tutto ciò che si
conosce di lei è il nome, sopravvissuto all’interno di un antico calendario
anglosassone che indicava il mese di aprile con le parole Eostur-monath, ovvero
“mese di Eostre”. Ciò nonostante, il grande studioso Jacob Grimm, durante le sue
ricerche mitologiche, scoprì che il ricordo della giovane Dea era rimasto
profondamente radicato nella tradizione orale tedesca, e intuì che originariamente
Eostre – così come la sua variante germanica Ostara – doveva essere “la divinità
dell’alba raggiante, della luce zampillante, uno spettacolo che infonde gioia e
benedizione (…)”. (1)
Il nome “Eostre” deriva infatti da aus o aes, termini che mutarono nel tedesco ost e
nell’inglese east e che significano semplicemente “est”. Per questo la divina fanciulla
incarna il luminoso sorgere del sole, la luce radiosa dell’alba, il brillare dei primi
raggi dorati che si levano a oriente e, zampillando come una sorgente luminosa,
avvolgono la terra nella gioia del loro tiepido abbraccio.
Come fresca e verginea divinità delle luci mattutine, Eostre venne associata per
estensione all’alba dell’anno, ovvero alla primavera, e a tutto ciò che sorge, che
nasce, che germoglia o si schiude.
Lei è la Dea della fertilità della terra e del grembo materno, della vita rinnovata e
dell’eterna giovinezza. La sua lieta presenza si manifesta nei vivaci giochi dei
cuccioli e dei bambini, nelle gemme lucide e carnose, nella delicatezza di un fiore
che
sboccia.
Sebbene non esistano, o non si conoscano, miti di origine antica che raccontino la
sua storia, nel tempo sono nate alcune dolcissime fiabe, nelle quali emerge il suo
spirito amorevole, delicato e al contempo giocoso.
Uno di questi racconti narra che un leprotto era così teneramente innamorato di
Eostre, e desiderava così tanto di piacerle, che saltellando per i prati e i sentieri fioriti
lasciava dietro di sé delle uova dipinte con tutti i colori dell’arcobaleno. Quando
infine si presentò davanti a lei, e timidamente le offrì il suo regalo, la divina fanciulla
ne fu così entusiasta e commossa che volle condividere la sua gioia con tutto il
mondo. Così affidò al timido leprotto l’importante compito di donare le uova
colorate a chiunque incontrasse, spargendo con esse luce, colori e felicità.
Una delle caratteristiche di Eostre è la grande amicizia che prova per tutti i cuccioli e
i bambini. A questo proposito si racconta che un giorno, mentre era intenta a far
giocare un gruppetto di bimbi, decise di trasformare un uccellino in un coniglio. La
bestiolina, emozionata per l’esuberante divertimento dei fanciulli, depose saltellando
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delle bellissime uova colorate, che la Dea raccolse e donò a tutti i suoi piccoli amici.
Una seconda versione della storia, narra che alla fine del freddo inverno, mentre
passeggiava per i boschi ancora gelati, la bella Eostre trovò per terra un uccellino
ferito, che per quanto ci provasse non riusciva più a volare. Provando amore e
compassione per la sorte del piccolo animale, la Dea decise di trasformarlo in un
leprotto dalla calda pelliccia, così che potesse superare gli ultimi giorni invernali e
trovare rifugio in una tana tiepida e riparata dal vento. La sua magia però non mutò la
natura originaria dell’animaletto, e questi, pur avendo l’aspetto di un coniglio,
continuò a deporre le uova, donandole alla luminosa fanciulla come ringraziamento
per avergli salvato la vita.
Da ognuna di queste storie emerge il forte legame che unisce Eostre, le lepri e le
uova. Le lepri, così come i conigli, rappresentano la fertilità della terra, l’esuberante
creatività che si esprime gioiosamente durante il tempo primaverile. Per via dei loro
salti vivaci e della loro scattante velocità, richiamano lo scatto vitale, la reazione
attiva all’immobilità invernale, l’incalzare della nuova vita che preme per emergere,
per sbocciare e fiorire, e dunque il risveglio repentino di tutta la natura e l’istinto
immediato ad agire e a creare. Tutte virtù che portano al cambiamento e a una
vivifica
trasformazione.
L’uovo, a sua volta, racchiude in sé la potenzialità di tutto ciò che in natura esiste,
l’origine da cui scaturisce tutto il creato, ed è quindi simbolo della creazione visibile,
della nascita e della vita pienamente manifestate.
Uova e leprotti rimandano immediatamente alla primavera e stanno all’origine delle
più diffuse tradizioni primaverili, nonché delle più moderne festività pasquali. In
moltissimi paesi si usa infatti decorare e colorare le uova per regalarle alle persone
amate come augurio di fertilità e rinascita, e il tenero leprotto di Eostre, che diffonde
intorno a sé la colorata luce del risveglio, si è mutato nel classico coniglio pasquale
che porta in dono deliziose uova di cioccolato.
Uno dei giochi preferiti dei bambini tedeschi è quello di perlustrare i giardini delle
loro case alla ricerca delle magiche uova decorate, nascoste dal coniglio pasquale,
mentre in Inghilterra si usa far rotolare giù per le strade uova sode colorate fino a
quando il guscio non si sia rotto completamente, usanza che potrebbe richiamare la
schiusa dell’uovo primigenio dal quale emerge la vita rinnovata.
Profondamente radicata agli antichi culti primaverili pre-cristiani è invece la
tradizione che in alcune zone della Germania si svolgeva ancora alla fine del 1800,
nella quale la mattina di Pasqua bellissime fanciulle vestite di bianco si mostravano
nelle cavità delle rocce, fra i crepacci o in cima alle montagne, a evocare la radiosa
presenza della Dea. A tal proposito, sembra che in tempi remoti la germanica Ostara
venisse onorata al sopraggiungere della luna piena che seguiva l’equinozio di
primavera, forse da un corteo di fanciulle bianche, e che in dono le venissero offerti
mazzi di profumatissimi mughetti. (2)
Gioiosa ed eternamente giovane, vestita di leggerissimi abitini dai tenui colori e
adornata di fiori di campo fra i capelli, Eostre sorge ogni mattina di primavera,
quando il cielo si tinge di rosa e arancio, e ad est i raggi solari inondano la terra
addormentata.
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Nella sua luce benedetta le uova si schiudono, gli occhietti dei cuccioli appena nati si
aprono, le foglioline ancora arrotolate sui rami degli alberi si distendono e ogni fiore
spiega dolcemente i suoi petali, immerso nel calore luminoso che la gioiosa fanciulla
emana intorno a sé.
Lei è la sacra lepre, il cui spirito vivace e incalzante stimola in modo irresistibile la
terra a fiorire, a germinare, a esplodere nella sua prorompente vitalità.
Il suo respiro soffia gentile nella brezza mattutina, il suo profumo inebriante esala dai
dolci meli in fiore, dalle primule selvatiche e da tutti i fiori appena sbocciati. Nelle
sue risa cristalline vibra il melodioso cinguettio degli uccellini, nel suo sguardo vive
la disarmante purezza dei bambini. E nell’incedere della primavera, la splendida
fanciulla cammina sulla scia rosata dell’aurora, spargendo intorno a sé brillanti
arcobaleni e cantando il felice risveglio di tutta la natura.
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Note:
1. Jacob Grimm, Teutonic Mythology, Vol. I, p. 291. L’antico calendario anglosassone a cui
ci si riferisce è quello trascritto dal monaco e storico inglese Bede il Venerabile (679-735
d.C.) nella sua opera De Temporum Ratione. Accanto al nome del mese di aprile, Eosturmonath, lo studioso afferma: “a dea illorum quae Eostre vocabatur et cui in illo festa
celebrabant nomen habuit” (“chiamato così in riferimento a una Dea da loro chiamata Eostre
nel cui onore le feste erano celebrate in questo mese”).
Dato che il nome di Eostre compare solo ed esclusivamente in questo antico documento,
diversi accademici hanno ritenuto che questa Dea non sia mai esistita, ipotizzando che Bede
avesse interpretato male il nome del mese. Tuttavia, se da una parte è molto improbabile che
un monaco cristiano avesse avuto interesse a inventare una nuova divinità pagana, dall’altra
queste concezioni sono state ampiamente smentite da Jacob Grimm e dalle sue preziose
ricerche, nelle quali si dimostra l’esistenza di Ostara/Eostre come divinità adorata se non da
tutta la popolazione germanica, da alcuni popoli tribali isolati.
Dice ancora Grimm che la germanica Ostara, e dunque l’anglosassone Eostre, “nella
religione pagana doveva essere stata un’entità divina, il cui culto era così fermamente
radicato che i maestri del Cristianesimo tollerarono il suo nome e lo applicarono a una delle
loro più grandi festività.” (Grimm, p. 290)
Il nome della Dea dà infatti origine al tedesco Oster e all’inglese Easter, che indicano
entrambi la Pasqua.
2. Ibidem p. 291.
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BIBLIOGRAFIA
Teutonic Mythology, Jacob Grimm, George Bell and Sons, London, 1882
Pagan Goddesses in the Early Germanic World. Eostre, Rheda and the Cult of
Matrons, Philip A. Shaw, Bristol Classical Press, London, 2011
The Isles of the Many Gods: An A-Z of the Pagan Gods & Goddesses Worshipped in
Ancient Britain During the First Millenium CE Through to the Middle Ages, David
Rankine, Sorita d’Este, Avalonia, London, 2007
The Easter Hare, Charles J. Billson, in Folk-Lore, Vol. III, December 1892, David
Nutt, London 1892
Easter-Eggs and the Hare, H. Krebs, in The Folk-Lore Journal, Vol. I, JanuaryDecember 1883, Elliot Stock, London 1883
Aryan Religion, Otto Schrader, in Encyclopaedia of Religion and Ethics, Vol. II, a
cura di James Hastings, Charles Scribner’s Sons, New York, 1908
Figure di donna nei miti e nelle leggende. Dizionario delle Dee e delle eroine,
Patricia Monaghan, Red Edizioni, Milano, 2004
Ostara: http://www.cronacheesoteriche.com/CronacheEsoteriche/festeOstara.jsp
Le Dee della Primavera, Il Cerchio della Luna:
http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dee_primav.htm
Le tradizioni Pasquali. Tra antiche divinità nordiche e simbologie pagane, articolo di
Andrea Romanazzi: http://www.acam.it/le-tradizioni-pasquali/
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