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GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 229 Giuseppe Camillo Giordano botanico del XiX secolo Gianni Palumbo L a Basilicata, nel corso del tempo, ha dato i natali a illustri botanici, tra i quali sicuramente alcuni hanno avuto più fortuna e notorietà di altri, tanto da aver costruito importanti carriere professionali e di cui è viva la memoria: è il caso di Guglielmo Gasparrini di Castelgrande o Orazio Gavioli di Potenza. Altri, invece, hanno svolto la propria attività in sordina, con molta modestia e l’incanto di una modalità silenziosa tutta volta alle erborizzazioni, un termine che evoca un passaggio nella natura, fondamentale per comprenderla e raccontarla. Tra questi ultimi una igura di rilievo che desideriamo riportare alla memoria è quella del pomaricano Giordano. Giuseppe Camillo Giordano nacque a Pomarico il 1° marzo del 1841 da don Michele Giordano1, di Pomarico, proprietario, nato il 6 giugno 1813 e Marianna Donata Corsuti 2, di Tricarico, gentildonna, nata il 15 aprile 1816. Michele Giordano e Marianna Corsuti si unirono in matrimonio, a Pomarico, il 30 maggio 1837. Marianna era madre premurosa e a Pomarico insegnava, intorno al 1860, alla scuola (elementare) femminile. Scuola che all’epoca era ospitata in casa dei Giordano, in via Osannale n. 20. Oltre ad ospitare la scuola, la maestra comprava tutto l’occorrente per gli studenti e poi otteneva un rimborso dal Comune.3 Marianna insegnò ino al 23 aprile 1875, data in cui presentò le 1 Nato da don Giuseppe e Angela Teresa De Cicco, di Michele (Giuseppe Giordano nato il 08.12.1785; sposato il 12.02.1806; morto il 10.10.1856). 2 Nata da Francesco Saverio e Brunetta Pomarici. 3 p. varuolo, Pomarico. Cronaca di tre secoli. 1641-1945, Salerno, Edizioni il Meridionale 230 GIANNI PALUMBO proprie dimissioni per le precarie condizioni di salute4. Don Michele Giordano era, a sua volta, impegnato nel mondo dell’educazione ai giovani, in quanto faceva parte della commissione di vigilanza della Pubblica Istruzione e risultava persona stimata e mite e, nonostante risultasse “proprietario”, non aveva “la boria e la saccenza” che spesso accompagnavano i possidenti terrieri ed era persona umile, buona e laboriosa. Non erano tempi felici, ma di grandi dificoltà economiche, quelli dell’infanzia di Giuseppe Camillo nel quale rimasero sempre vivissime le prime impressioni, le memorie, molti pietosi ricordi, molti fattarelli intimi, che gli avevano dato sin dai più teneri anni una chiara idea sulle dificoltà della vita, alle quali, più tardi, nelle aspre lotte che dovè combattere per crearsi una posizione, si trovava bene agguerrito ... Gli ottimi genitori lottavano anch’essi per la vita, ma senza mai perdersi di coraggio, senza mai perdere la iducia, la dignità5. Presumibilmente parte di questi riferimenti era determinata dai 9 fratellini più piccoli, 7 dei quali Giuseppe Camillo, il maggiore di tutti, vide morire. Sopravvissero infatti solo Antonio Camillo Filomeno (nato il 29.03.1847 e morto il 2.12.1930 a Bernalda) e Annunziata Maria Camilla (nata il 6.05.1859). La prima formazione scolastica di Giuseppe Camillo fu impartita a Tricarico da un severo zio materno (teologo della Cattedrale di Tricarico), talmente «collerico e manesco, che gli lasciò, sino agli ultimi anni, un triste ricordo dei cattivi trattamenti»6 e, come si legge dalle note di commiato dei suoi colleghi botanici, che «gli fece, giovinetto, esperimentare che buon pro facesse il verbo, imparato a suon di nerbo»7. Tanta rigidità suscitò nel giovane una reazione contraria tanto da renderlo «indolente e impertinentissimo», come egli stesso ricordava, raccontandolo, conidenzialmente, ad alcuni suoi colleghi8. Vale a dire che l’educazione del giovane naturalista, prima ch’egli diventasse tale, fu piuttosto rigida tant’è che, come sovente capitava all’epoca, passò prima per il seminario, quello di Matera, la cui «eccellente educazione» risulta paradossalmente citata da Giuseppe Camillo, anche se egli fu felice d’averlo dovuto abbandonare per abbracciare gli studi botanici. italiano, 1979. 4 Ibidem. 5 l. macchiati, Onoranze rese alla memoria del compianto Prof. Giuseppe Camillo Giordano, in «Annali del Regio Istituto Tecnico e Nautico di Napoli», 1902, pp. 9-21. 6 Ivi, p. 10. 7 l. macchiati-f. De franciSciS Cenno necrologico del Prof. Giuseppe Camillo Giordano, in «Bullettino della Società Botanica Italiana, 1902, pp. 6-13. 8 L. macchiati, Onoranze rese..., cit., p. 10. GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 231 Tra il manesco zio materno e il seminario materano vi fu una parentesi di insegnamento determinata dalla stessa madre, cultrice di italiano e latino, e di un secondo educatore, un prete stavolta di buone maniere e di principi liberali e patriottici9, ma entrare nel seminario signiicò, almeno parzialmente, fare un salto indietro nonostante il buon ricordo dello stesso Giuseppe Camillo circa la qualità educativa. Egli entrò in seminario nel 1856 e studiò con proitto arrivando a prendere gli ordini minori. Stando a quanto riportato dalle cronache dell’epoca, l’ondata rivoluzionaria e il grande fermento determinato dall’Unità d’Italia disarticolarono anche la reggenza del seminario materano ed egli dovette tornare a casa. Infatti, dopo i tumulti contadini e l’assassinio del conte Francesco Gattini, nell’agosto del 1860, il seminario fu incamerato dallo Stato. Il vescovo dell’epoca, Gaetano Rossini, ex cantore della Cattedrale di Bari, era fuggito a Napoli travestito da pastore, non accettando il nuovo Stato liberale e pertanto considerato avverso alla Chiesa. Tanto che al momento della fuga, il vescovo, irritato e offeso, aveva chiuso il seminario, mai più riaperto10. In realtà il seminario fu provvisoriamente riaperto con l’estensione dell’ospitalità ai giovani non chierici, ma ovviamente la valenza politica di tale scelta procurò un maggiore conlitto con il vescovo fuggitivo al punto tale che all’arcivescovo fu negato l’exequatur, la cosiddetta delibazione (quel procedimento attraverso il quale uno Stato concede l’esecuzione di atti ecclesiastici sul proprio territorio) e il Seminario fu svincolato da qualsiasi ingerenza religiosa e trasformato in liceo ginnasiale11. Dalla lettura commemorativa, in occasione della sua dipartita, afidata alle cronache dai suoi generosi successori e colleghi, sembra si volesse attribuire molta importanza alle vicende politiche e rivoluzionarie dell’epoca quali causa dell’abbandono di vita seminariale. Infatti pare abbiano prevalso, anzitutto, le sorti del seminario, determinate dagli eventi che indussero all’uniicazione politica e, in secondo luogo, motivi di scarsa qualità della didattica. Tant’è che la circostanza di un tentativo di riorganizzazione del seminario (tentativo evidentemente fallito), come si racconta, evidenziò la mancanza di «serietà degli studii e la giusta disciplina a cui si era abituato»12 e da ciò derivò la scelta di un distacco deinitivo dagli studi intrapresi anni prima. Quindi la storia che viene offerta dal necrologio al lettore odierno è essenzialmente determinata da fattori esterni e legati alle sorti di quella 9 Ibidem. g. caSerta, La città di Matera negli anni del Pascoli Venosa, Osanna, 2012. 11 r. giura longo, Le origini del Liceo “E. Duni” e la sua funzione nella società materana, in I 100 anni del Liceo Duni di Matera, Fasano, Schena, 1965, pp. 21-22. 12 l. macchiati-f. De franciSciS, Cenno necrologico..., cit., p. 7. 10 232 GIANNI PALUMBO istituzione scolastica ed educativa. Ma volendo produrci in uno sforzo, anche di immaginazione, a partire da una attenta lettura degli eventi di quel periodo, sembrano potersi affacciare ulteriori ipotesi che mi hanno affascinato ed afferiscono alle scelte personali, intime, del Giordano, in un momento in cui l’orizzonte sociale era scosso da grandi e profonde innovazioni. Nel campo scientiico, e più precisamente delle scienze naturali e biologiche, la crescente tensione tra creazionisti e darwinisti determinava le basi di movimenti culturali che avrebbero segnato le epoche successive. Esplicitiamone alcune, di queste ipotesi, veriicando nei dettagli alcuni fatti, partendo da un’analisi di quello che stava accadendo, in quegli anni, al seminario afferente l’arcivescovado di Acerenza e Matera. Il 4 luglio del 1864, quindi oltre 3 anni dopo i fatti che portarono alla proclamazione del Regno d’Italia, il titolare del Ministero di Grazia e Giustizia e de’ Culti13, per mano dell’allora Direttore Superiore, scriveva al Vicario dell’Arcivescovo di Matera: «Si compiaccia V. S. Ill.ma a Roma voler favorire al sottoscritto notizie sullo stato Morale, educativo ed economico di codesto Seminario Diocesano, e sulle singole persone componenti i governanti ed i Maestri del medesimo nonché sul numero attuale degli alunni». Ciò testimonia, dunque, che il Seminario Diocesano di Matera non fu repentinamente soppresso né, come si è detto, svanì nel nulla dopo i fatti avvenuti in connessione ai fermenti dell’ Unità d’Italia. Senza dubbio, però, motivi di natura per lo più economica avevano, negli anni, determinato le circostanze per un progressivo degrado al quale, con buona probabilità, si aggiunsero ulteriori motivazioni che aggravarono la situazione da tanti punti di vista. Se a tutto ciò aggiungiamo che lo stesso seminario di Matera era amministrato da un clero «affatto alieno da settarismo politico-ecclesiastico», probabilmente inviso al nuovo assetto politico post unitario, si può immaginare senza dificoltà quanto si spingesse, da parte del Governo centrale, alla sua chiusura. Nella medesima, citata, missiva, si fa riferimento al fatto che «il Municipio di Matera con sua apposita deliberazione ha domandato che quel Seminario Diocesano venisse convertito in Liceo Ginnasiale pareggiato ai Governativi e coll’aggiunta delle scuole tecniche inferiori sotto la rappresentanza municipale». È noto, infatti che il successivo 6 dicembre 1864, con ministeriale n. 7111 fu istituito, in seguito alla trasformazione dell’antico Seminario diocesano fondato da monsignor Lanfranchi, il Liceo Ginnasio di Matera il quale fu regio ino al 186814. Quattro anni dopo, il Regio Liceo 13 Il Ministero per la Giustizia e gli Affari ecclesiastici, organizzato con R.D. 21 dic. 1850 (Raccolta regno Sardegna, 1850, n. 1122), fu denominato Ministero di Grazia, Giustizia e dei Culti in seguito a R.D. 16 ott. 1861, n. 275, che trasferiva al Ministero anche le competenze relative ai culti acattolici spettanti ino ad allora al Ministero dell’Interno. 14 A. bozza, Sistema Informativo Uniicato per le Soprintendenze Archivistiche (SIUSA) – Liceo ginnasio statale “Emanuele Duni” di Matera, Matera, gennaio 2008 (sito on line: http:// GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 233 Ginnasio di Matera venne intitolato al giurista materano Emanuele Duni che, in quel seminario, aveva insegnato diritto. Ricercando tra i documenti dell’Archivio Diocesano di Matera, nei quali è stata conservata la parte amministrativa dell’archivio del Seminario (la parte didattica si trova presso l’attuale Liceo ginnasio statale di Matera15), mi sono imbattuto in una nota autografa del padre del nostro botanico, datata 18 luglio 1866 (?), che attesta quanto segue: Io qui sottoscritto Michele Giordano fu D. Giuseppe del Comune di Pomarico in Basilicata certiica, come nel corso dell’anno scolastico del 1862, mio iglio a nome Giuseppe Giordano ha goduto dell’intero alunnato nella qualità di Prefetto nel già Seminario di Matera sotto la direzione del Rettore Sig. Sarappa Innocenzo. Per la verità, ne rilascia il presente ad uso di contabilità. Pomarico li 18 luglio 1866 (?). Michele Giordano fu Giuseppe. Tale documento risale ad un anno (1866) in cui la trasformazione del Seminario in Regio Liceo Ginnasio era da poco avvenuta. E il 1862, anno a cui si fa riferimento nell’attestazione citata fu, presumibilmente, l’ultimo anno durante il quale Giuseppe C. Giordano frequentò il Seminario o, più probabilmente, l’anno in cui avendo abbandonato gli studi, ma arrivando ad essere studente anziano (la qualità di “Prefetto”, infatti, era attribuita agli studenti “anziani” in procinto di concludere il ciclo scolastico), si faceva certiicare gli stessi al ine di un successivo utilizzo. Se quindi, come da attestazione del padre, Giuseppe Camillo aveva effettivamente frequentato il Seminario Diocesano almeno ino al 1861, ciò risulterebbe parzialmente discorde dall’interpretazione dei motivi dell’abbandono, almeno quelli più generali e in apparenza preponderanti, lasciati intendere da Luigi Macchiati e Ferdinando De Franciscis nella loro relazione di commiato. È altresì probabile che l’analisi di questi motivi non possa dirsi esaustiva ed esclude l’eventualità di scelte personali e intime di Giuseppe Camillo, che avrebbe potuto desiderare di affrancarsi, in quel momento storico di grandi trasformazioni, da tutto ciò che ino ad allora era stato esclusivamente rigida educazione clericale, che partiva dalla famiglia ed approdava all’impostazione prettamente clericale (o religiosa) del seminario di Matera. Quegli insegnamenti di teologia e di diritto, benché inizialmente esaltati, iniziavano ad assumere una sempre più sostanziosa distanza dallo spirito scientiico al quale Giordano si predisponeva con i suoi studi che, in quel dato periodo, richiedevano la possibilità di poter disporre, almeno, del beneicio del dubbio rispetto alla rigida impostazione teologica. Non possiamo certo affermare che Giordano, una siusa.archivi.beniculturali.it). 15 La parte didattica antecedente il 1880 non è purtroppo consultabile in quanto allocata in un settore del Liceo “Duni” dichiarato, già da alcuni anni, pericolante e inaccessibile. 234 GIANNI PALUMBO volta diventato insigne botanico, si fosse professato da subito un darwinista16, perché non abbiamo fonti certe che possano attestarcelo, tuttavia anche da creazionista avrebbe abbracciato la cultura scientiica in maniera completa, ciò che sicuramente ino ad allora gli era stato negato con i soli studi teologici che con certezza non lo soddisfacevano. D’altronde il Giordano era già alunno “Prefetto” al 1862, quindi in procinto di concludere gli studi teologici presso il seminario, non distante cioè dalla meta e vicino alla possibilità di intraprendere il cammino ecclesiastico. Gli aggiunti motivi, attribuiti a Giordano stesso, di poca serietà dell’insegnamento e di scarsa disciplina nel seminario immediatamente post-unitario, sarebbero suficienti a giustiicare l’abbandono di Giordano ormai prossimo ad una meta quasi raggiunta? Oppure, forse, il motivo per cui gli studi teologici furono abbandonati potrebbero essere stati più profondi ed afidati non solamente al caso che in quel momento storico si adoprava per far cessare l’operato del Seminario stesso, trasformandolo in altra istituzione scolastica? Forse, ma siamo sempre nel campo delle ipotesi, Giuseppe Camillo, ormai persona adulta, approittò di quel trambusto che si abbatteva sull’istituzione educativa per esternare la propria volontà di potersi dedicare ad altro, di seguire la propria vera e più autentica inclinazione, e probabilmente la esternò dapprima a se stesso. Poi, presumibilmente, fu aiutato in qualche misura dalla mamma se «sulla via della carriera ecclesiastica, per non contrariare il desiderio della madre, che egli adorava, dovè bruscamente ritornare in seno alla sua famiglia»17. Sembra quasi una ricerca di complicità, che si compie attraverso un desiderio materno esercitato nel legame profondo e rispettoso col iglio, non più giovanissimo, per potergli fornire una seconda opportunità, questa volta, però, più prossima alle aspirazioni del giovane. È possibile che la laicizzazione della scuola costituisse uno sprone decisivo afinché Giuseppe Camillo abbandonasse gli studi teologici per poter seguire la propria passione culturale per la botanica e il piacere scientiico in maniera più diretta. E tale abbandono fu facilitato, certo, da eventi esterni, Tuttavia nel “lascito Giordano”, nel Museo Nazionale di Archeologia di Matera, “D. Ridola” risultano esserci, tra i numerosi volumi appartenuti al botanico, le opere di Charles Darwin, come, ad esempio, L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto al sesso, Viaggio di un naturalista intorno al mondo, Sull’origine delle specie per elezione naturale ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l’esistenza, Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, I diversi apparecchi col mezzo dei quali le orchidee vengono fecondate dagli insetti, Le piante insettivore, I movimenti e le abitudini delle piante rampicanti, L’espressione dei sentimenti nell’uomo e negli animali, La formazione della terra vegetale per l’azione dei lombrici con osservazione intorno ai loro costumi, così come ci sono alcune opere di Giovanni Canestrini (tra i primi traduttori di Darwin in Italia) a sua volta tra i primi evoluzionisti della storia che hanno abbracciato le teorie darwiniste. La qualità (e quantità) di questi libri lasciano intendere una propensione del botanico verso le teorie evoluzioniste di Darwin. Probabilmente sarebbe stata una scelta matura, se solo avesse vissuto più a lungo. 17 l. macchiati –f. De franciSciS Cenno necrologico..., cit., p. 7. 16 GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 235 di natura politica e sociale che condussero ad una riforma radicale dell’istituzione scolastica ino a quel preciso momento frequentata, obtorto collo, per volontà familiare ma anche, probabilmente, il massimo che la famiglia potesse permettersi di offrirgli. Tale circostanza fu, pertanto, agita senza ribellioni ino al momento di uno scossone socio-politico che divenne pretesto per un profondo e sostanziale cambiamento di prospettiva e, in ultima analisi, di vita. Nella ex capitale del Regno Nel 1862, il Consiglio Provinciale di Potenza (vi era un’unica provincia, in quell’epoca, coincidente con l’intero territorio lucano18) gli assegnò una borsa di studio di otto ducati mensili, per quattro anni19 con l’obbligo di andare a Napoli, ove si trasferì nel febbraio del 1863, ad effettuare studi in discipline agrarie. Nel mentre studiava come meglio poteva in vari luoghi della città, compresa l’Università, un insieme variegato di discipline che afferivano in qualche modo alle scienze agrarie per poter adempiere all’obbligo derivante dalla borsa di studio, accadde l’evento che portò una svolta alla sua vita: un avviso pubblico gli offrì l’informazione della fondazione, a Napoli, di un istituto tecnico (Regio Istituto Tecnico di Napoli) con una speciica sezione di agronomia. Pertanto tale opportunità di poter seguire un regolare corso di studi presso la sezione di agronomia e agrimensura del R. Istituto Tecnico, senza essere ramingo per rincorrere le varie materie, tutte inalmente racchiuse in un unico luogo, gli permise al contempo di onorare la borsa di studio a lui conferita e di avviare un proicuo percorso scientiico. Ciò lo rese, a quanto pare, piuttosto felice. Luigi Macchiati e Ferdinando De Franciscis, nel più volte citato omaggio postumo, a tal proposito scrivono: non parve quasi vera la felicità capitatagli di un regolare corso di studii, a cui, nel suo animo onesto, si sentiva in dovere di tener dietro, per il sussidio che la sua provincia gli conferiva. Incurante degli studii già fatti in seminario, che, in breve completati, avrebbero potuto dargli accesso all’Università; egli, seguendo 18 Matera divenne Provincia nel 1663, fu pertanto “capitale” della Basilicata ino al 1806, quando fu scelta Potenza anche se soltanto nel 1811 vi furono trasferiti gli ufici. 19 In l. macchiati, Onoranze rese ..., cit., p. 11, risulta che ebbe modo di trasferirsi a Potenza già nel 1861 ma ciò non coincide con quanto affermato dallo stesso autore nel necrologico afidato al Bullettino della Società Botanica italiana, dove lascia intendere appunto il 1862. Inoltre nel necrologio del R. Istituto si fa riferimento a lire 34/mensili che è l’esatto equivalente di 8 ducati/ mensili. Da notare che i due necrologi sono stati scritti a distanza di poche settimane (forse 3) l’uno dall’altro. Nel primo, pubblicato negli Annali del R. Istituto a Napoli, il Macchiati parla di lire italiane, mentre nel secondo, pubblicato nel bullettino della Società Botanica Italiana (di respiro più ampio e quindi maggiormente adeso al nuovo assetto geopolitico determinato dall’Unità d’Italia avvenuta) il medesimo autore preferisce offrire al lettore l’equivalente in ducati napoletani. 236 GIANNI PALUMBO l’esempio di molti altri, che anche altrove si lasciavano prendere dal miraggio, sotto i cui auspicii venivano allora sorgendo in Italia gli istituti tecnici, destinati, secondo gli iniziatori, ad incamminare la gioventù verso carriere più promettenti di quelle cui davano adito gli studii superiori, egli corse immantinente ad iscriversi al novello istituto, di cui veniva ad essere uno dei primi e desiderati studenti20. A Napoli, città di dimensioni abnormi anche all’epoca, soprattutto per chi arrivava da una provincia demograicamente tra le più esigue del Regno, Giuseppe Camillo dovette reinventare tutto. Impostare da capo la propria esistenza. Da quel momento in avanti tutto sarebbe dipeso da lui, tutto avrebbe potuto cambiare secondo le prospettive date dal proprio impegno e dal proprio ingegno. E di impegno, il lucano ne profuse molto negli studi, mentre l’ingegno fu tutto rivolto a come migliorare le condizioni e la qualità dell’insegnamento ai propri studenti. Arrivato a Napoli apparve «provinciale affatto, isolato, inesperto di tutto, della stessa vita, ignorando luoghi, persone, cose; senza programma, senza orientamento, stordito dalla stessa immensità della Città»21. Concluse gli studi nel prestigioso Istituto napoletano, conseguendo la licenza nella sezione di Agronomia e Agrimensura, proprio contestualmente alla ine del beneicio della borsa di studio. Il professor Pedicino, che aveva notato che Giordano «alla tenacità dei propositi univa una spiccata tendenza per le scienza naturali», lo nominò suo assistente «insieme ad un suo compagno col quale divise per un anno il modesto stipendio; poi rimase solo. Così, da quel momento cominciò per caso, come egli soleva dire, la sua carriera di naturalista»22. Negli anni seguenti fu più volte invitato ad insegnare in altre prestigiose istituzioni educative nel Regno d’Italia, ma riiutò sistematicamente e garbatamente gli inviti. Fu così anche nella circostanza della proposta di un avanzamento di carriera da parte dell’ormai illustre botanico Nicola Antonio Pedicino23, il quale lo invitò ad assumere l’incarico di assistente prima presso l. macchiati-f. De franciSciS Cenno necrologico..., cit., p. 8. l. macchiati, Onoranze rese..., cit., p. 12. 22 Ibidem. 23 Nicolantonio Pedicino, illustre botanico, fu maestro di Giordano. Abbandonato il Regio Istituto Tecnico di Napoli, insegnò all’Università prima a Portici (dove fondò l’Orto botanico) e poi a Roma. Scelse il Giordano quale proprio assistente già ai tempi del suo insegnamento presso il R. Istituto Tecnico di Napoli. Nel Bollettino della Società di Naturalisti in Napoli, pubblicato il 15 aprile del 1915 (Vol. XXvii, serie ii, vol vii, anno XXviii, 1914) è riportato che il Pedicino «con sapiente divisione di lavoro scientiico, aveva afidato lo studio delle Brioite al suo antico assistente Camillo Giordano; quello delle Alghe al marchese Valiante, altro valoroso frequentatore del suo Gabinetto, lo studio dei Funghi al Dottor Orazio Comes suo assistente in Portici e che gli successe poi nella cattedra, afidò quello dei Licheni al giovine Antonio Jatta che nel 1873 aveva chiesto di frequentare il di lui Laboratorio e vi fu assiduo ino a che il Pedicino passò alla direzione dell’Istituto botanico di Roma». Il Comes divenne, dunque, titolare di cattedra di botanica a Portici. Del 20 21 GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 237 la Scuola Agraria di Portici, poi presso l’università di Roma e inine gli suggerì di concorrere per l’incarico, più prestigioso, relativo all’insegnamento della botanica nell’università di Sassari. La grande modestia del Giordano e il forte senso di responsabilità, maturato negli anni, nei confronti dell’Istituto che lo aveva formato e presso il quale, egli stesso, si fermò ad insegnare e a curare meticolosamente le collezioni botaniche, nonché l’amore per la madre dalla quale si riteneva già abbastanza lontano, costituirono l’insieme dei motivi che lo resero sempre più restio ad allontanarsi da Napoli e, di conseguenza, dalla Basilicata e dalla sua Pomarico, «per non allontanarsi dalla sua amatissima madre e dal resto della sua famiglia, che egli sognò sempre a sé d’intorno»24. Dopo la cura costante e continua della propria formazione nell’Istituto Tecnico attraverso il quale si era formato, nel 1868 insegnò privatamente e nel 1869 fu nominato professore di storia naturale nella scuola tecnica municipale di Napoli “Alessandro Volta”. Tra il 1870 e il 1871 iniziò l’insegnamento anche nell’Istituto Tecnico privato “Ateneo Galileo Galilei”; di questo periodo si conserva ancora un suo interessante saggio sulle coltivazioni di caffè25, pubblicato in appendice. Nel 1873 era professore di storia naturale nella scuola tecnica “Flavio Gioia”. Le opere, tra il febbrile insegnamento e le continue erborizzazioni Nell’ambito del Regio Istituto Tecnico fu incaricato, nel 1874, dell’insegnamento di storia naturale applicata alla merceologia; nel 1876 gli fu conferito, inoltre, incarico per l’insegnamento della zoologia26. Nel 1880 fu nominato reggente27 del R. Istituto Tecnico e nel 1881 gli furono conferiti nuovi, ulComes e dello stesso Pedicino, nell’Università degli studi di Napoli, Facoltà di Agraria, si conserva l’herbarium porticense con le collezioni storiche degli stessi Pedicino e Comes e di diversi altri collaboratori. Questi erbari sono oggi conservati in buono stato e tale, probabilmente, sarebbe stata la sorte degli erbari di Giordano ove meno modestia e più intraprendenza l’avessero portato ad accettare gli inviti a seguirlo del Pedicino che aveva nella personalità del botanico lucano, di sicuro, il primo e più valido dei collaboratori. 24 l. macchiati –f. De franciSciS Cenno necrologico ..., cit., p. 9 25 g. c. giorDano, Storia del Caffè, in «L’Ateneo. Giornale dell’Ateneo Galileo Galilei», ii (1871), n. 5-6, pp. 8. 26 L’insegnamento della botanica fu assegnato prima ad Antonio della Valle e poi a Orazio Comes. Quindi egli non insegnò direttamente la botanica ma da docente diligente e collaborativo si fece carico di altri preziosi e faticosi insegnamenti. 27 «Sotto al vertice dei professori titolari e dei presidi venne aggiunta la categoria meno eletta dei reggenti, scelti fra quelle persone che hanno qualità per essere nominati titolari senza concorso. I reggenti venivano nominati per un triennio e dopo potevano essere promossi titolari o prorogati nella qualiica vita natural durante; ai reggenti spettava l’insegnamento delle materie minori nei Licei (storia naturale, matematica, isica) e spesso quelle delle materie principali nei Ginnasi e negli Istituti Tecnici». Cfr. A. Santoni rugiu, Il professore nella scuola italiana. Dal 1700 alle soglie del 2000, Firenze, Olschki, 1981. 238 GIANNI PALUMBO teriori, insegnamenti, sempre nel medesimo Istituto del quale divenne, per un lungo periodo, vice preside28. Già ai tempi del primo insegnamento all’Istituto Tecnico “G. Galilei”, il nostro botanico prese a cuore ciò che poi perfezionò nei lunghi anni di completa dedizione al Regio Istituto Tecnico “G. B. Della Porta”, ovvero il Gabinetto di Storia Naturale. «Nelle Scienze Naturali tanto s’impara quanto si vede, e però all’utile insegnamento di esse è indispensabile un corredo suficiente di materiale scientiico, per rendere le lezioni facili e dimostrative», ammoniva Giuseppe Camillo in un suo saggio, pubblicato nel giornale dell’Istituto29. Tra il 1882 e il 1886 insegnò, contestualmente, al ginnasio municipale “Domenico Cirillo” e successivamente nel medesimo Liceo. Negli ultimi anni di vita concentrò tutta la propria attività di docenza, di ricerca, nonché organizzativa, nel Regio Istituto Tecnico dove, sempre a detta dei suoi successori e allievi, ebbe un periodo di attività “febbrile”. Si interessò a fondo per dotare l’Istituto, un passo alla volta, di tutte le attrezzature scientiiche necessarie per un moderno studio della botanica, microscopi inclusi, al ine di poter meglio e più dettagliatamente effettuare le proprie ricerche scientiiche in seguito alle numerose escursioni botaniche. Ciò fa di Giordano un innovatore della botanica del XiX secolo e – come auspicato dall’illustre suo riferimento scientiico De Notaris – lo studio attraverso i microscopi rappresentava una modalità imprescindibile per promuovere progressi nella crittogamia. La strumentazione acquisita grazie all’impegno profuso da Giordano è ancora possibile osservarla presso il Museo dell’Istituto. Vi è da notare che buona parte di queste nuove dotazioni furono possibili grazie ai suoi guadagni che investiva, sovente, per il bene comune: il creatore di questo ambiente scientiico non la sua opera soltanto vi profuse, ma ancora vi rimise dei suoi faticati guadagni, quando, per potersi dedicare intieramente a ciò che fu suo sogno, sua costante preoccupazione, si ritrasse per sino dalle cattedre, che avea conquistate in altri istituti di istruzione. Il Giordano nella scienza fu eminentemente altruista; egli dedicò la sua vita quasi esclusivamente, con tenacità di propositi, non tanto in vantaggio della sua personalità scientiica, quanto a pro della scuola e del gabinetto, a pro dei giovani, che istruiva nella storia naturale, per la quale non basta il sentire, ma occorre 28 È curioso notare la circostanza che in quel periodo Vice Preside (G. C. Giordano) e Preside (Vito Eugenio) del Regio Istituto Tecnico di Napoli provenivano entrambi da Pomarico. Vito Eugenio (autore, tra le altre, di importanti pubblicazioni tra cui Lezioni di algebra elementare, Matera, Conti, 1872 e di Considerazioni sopra alcune questioni di meccanica e di astronomia, Firenze, Estratto dalla Rivista Scientiico-Industriale, Tipograia editrice dell’Associazione, 1875), era nato a Pomarico il 19.8.1850. 29 g. c. giorDano, Per la storia naturale nell’Istituto Galileo Galilei, in «L’Ateneo. Giornale dell’Istituto Galileo Galilei», vii (1876), p. 37 GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 239 indispensabile il vedere. E la gioventù, che, meglio di ogni altra età, intuisce e sente le manifestazioni genuine dell’amor pure e sincere per le alte idealità, doveva accogliere senza dubbio come un godimento e non come un fardello la lezione che tal professore faceva30. L’interesse di Giordano per la scienza toccava un apice nello studio della briologia, ma spaziava ampiamente anche in altre sottodiscipline afferenti al mondo ampio, variegato e affascinante della botanica. Negli anni era diventato uno tra i primi soci della Società Botanica Italiana, dell’Associazione dei Medici e Naturalisti di Napoli, della Società Botanica Francese, del Club Alpino Italiano, pubblicando su diverse riviste scientiiche alcuni importanti saggi botanici. Fu proprio in questi anni intensi di insegnamento che Giordano produsse, nei ritagli di tempo, diversi lavori scientiici, tra i quali meritano di essere ricordati alcune lore, ovvero alcuni dettagliati elenchi botanici di determinati territori. Tra questi è utile menzionare la Prima e la Seconda contribuzione alla Flora briologica napolitana, pubblicata nel «Bullettino dell’Associazione dei Naturalisti e Medici per la mutua istruzione», rispettivamente nel 1871 e nel 1873, il Pugillus Muscorum in Agro neapolitano etc. lectorum, pubblicato negli Atti della società Crittogamologica italiana nel 1879 e il Contributo all’illustrazione della Flora lucana, nell’Annuario del Regio Istituto tecnico di Napoli (1885). Nei numerosi viaggi a scopo di ricerca loristica e vegetazionale, ebbe modo di esplorare molti e differenti luoghi della Basilicata; in particolare nei suoi ricchi resoconti botanici risultano indagati i territori di Pomarico, Bernalda, Pisticci, Torremare (Metaponto), Miglionico, Matera, Grassano, Tricarico, Potenza, Tito, Albano di Lucania e i territori di Monte Arioso, nei pressi di Potenza, le sorgenti e la valle del Basento e il bosco di GallipoliCognato. Per ciascuno dei citati territori ha fornito informazioni uniche per la scienza essendo stati, gli stessi, per la prima volta sottoposti al vaglio di una ricerca scientiica, naturalistica, e speciicatamente botanica. Nei medesimi luoghi ha, dunque, erborizzato alacremente e di queste erborizzazioni sono rimaste tracce non solamente nei propri erbari ma presso numerosi (erbari) custoditi in Orti botanici ed università di molti luoghi d’Italia. Pare che egli effettuasse le escursioni botaniche prevalentemente durante la pausa estiva dalle attività scolastiche31, periodo non ottimale per le ricerche, o almeno per tutte quelle specie (la maggior parte) che sono più facili da indagare in primavera che in piena estate. Il modo di affrontare il viaggio, l. macchiati, Onorenze rese..., cit., p. 14. G. Settembrino-m. Strazza, Viaggiatori in Basilicata (1777-1880), Potenza, Consiglio Regionale della Basilicata, 2004. 30 31 240 GIANNI PALUMBO spesso lungo e faticoso, l’escursione ai ini di ricerca scientiica da parte del botanico, rientra in qualche misura, da un lato, nella modalità dei viaggiatori romantici, dall’altro nel modus operandi del meticoloso e serio scienziato quale egli era. Nel racconto di G. Fittipaldi, socio del c.a.i. di Potenza, che ebbe modo di accompagnare Giordano, nell’agosto del 1880, in escursione, nei dintorni del Monte Arioso, viene descritto il botanico: «L’ egregio prof. Giordano, apostolo fervente della sua scienza gentile, catechizza il prof. Giannetti, nato apposta per vedere il paradiso in tutto ciò che sappia di ricerche lunghe, profonde e faticose»32. E in escursione per erborizzare, il nostro, ci andava con tutto l’armamentario necessario, nonché con oggetti che potevano, in qualche misura, sembrare armi; nel citato rapporto di escursione, Fittipaldi sottolinea che nei bagagli portati dietro dal gruppo v’erano delle armi nascoste sì, ma sottintese […] Queste armi erano due: un gran martello, pronipote di quello del dio Thor, da picchiar rocce e macigni, e un coltello terribile, bi tagliente, chiuso in un astuccio, stato ino ad allora nascosto fra le pagine dell’erbario. A sentire il prof. Giordano era eccellente per sradicare pianticelle ed arbusti, fatto costruire appositamente, utilissimo per asportare intere pianticelle col bulbo e le radici intatte: uno strumento utilissimo insomma, indispensabile nelle escursioni botaniche … Non dico di no; anzi, approvo pienamente l’uso di quell’arnese; ma, via, a esser sinceri, se non sapessi che è afidato proprio alle mani dell’egregio professore, che chi parla è proprio il prof. Giordano, brr, qui, a qualche migliaio di metri sul livello del mare, confesso che la coscienza umana non avrebbe di che essere sicurissima. Se l’avessi visto jer sera, co’racconti intesi da’contadini, chi m’avrebbe assicurato che non avrei fatto un sognaccio la notte, a qualche migliaio di metri sul livello del mare?33. Si racconta, inoltre, fosse particolarmente geloso delle proprie collezioni, meticolosamente raccolte e conservate negli erbari dei laboratori del Regio Istituto Tecnico di Napoli, e proprio perciò «non permetteva ad alcuno di metter mani» nelle stesse; infatti «durante molti anni si assunse il gravoso incarico delle numerose sezioni aggiunte, non volendo avere persone estranee nel gabinetto, che considerava come suo e pel quale nutriva una vera affezione paterna». Tutto riverso sul lavoro, e ancora relativamente giovane, Giuseppe Camillo, evidentemente, si ammalò poco prima di compiere sessant’anni e nel breve volgere di poco tempo la sua vita si approssimò alla ine. Anche se di ciò non vi è una speciica documentazione, indirettamente lo si evince dal racconto dei suoi allievi quando affermano che 32 33 g. fittipalDi, Monte Arioso, cit., p. 196. Ivi, pp. 203-204. GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 241 stanco del lavoro soverchio, deprimente delle lunghe ore di scuola ed esaurito da un insegnamento troppe volte ripetuto che impartiva nel museo di zoologia, le cui condizioni igieniche, per gli innumerevoli preparati di ogni sorta, per la deiciente aerazione e per il considerevole numero di allievi, concorsero indubbiamente a logorarne poco per volta il isico, il poveretto procedeva di giorno in giorno più veloce verso la tomba, senza forse avvedersene, o avvedendosene, quando più non era in tempo di porre un rimedio al male34. La ine ineluttabile arriva «spezzando irreparabilmente la mia carriera sul meglio, e tutto». Morì, non ancora vecchio, a Bernalda, dove si era trasferito il fratello Antonio in seguito alla morte dei genitori (il padre si spense nel 1889 e la mamma nel 1892), il 17 novembre del 190135. Ancora molto avrebbe potuto realizzare e ancor più grande sarebbe stato il suo contributo alla scienza se tanta generosità e dedizione non l’avessero distratto anche da se stesso, sacriicando tutto per i suoi preziosi erbari e per la qualità dell’insegnamento. È opportuno speciicare che la mia affermazione «non ancora vecchio» è determinata da un concetto moderno e relativo sull’età. In verità, analizzando e reinterpretando i dati dell’epoca36, scopriamo che il 35% dei botanici di quel periodo era morto a più di 70 anni, il 10% circa a meno di 50 anni. Pertanto il restante 55%, quindi la maggioranza di essi, inirono i propri giorni ad un’età variabile tra i 50 e i 70 anni e Giuseppe Camillo era proprio al centro di questa media. Tuttavia possiamo essere propensi a credere che, se avesse avuto più tempo da vivere, molti altri contributi avrebbe potuto dettagliare di questa scienza affascinante e antichissima che si affacciava alla modernità con i temi della conservazione della natura e dell’ecologia soltanto nel XX secolo. Pochi giorni prima di morire, scrisse ad un amico a Napoli: Avrete già saputo in che modo barbaro mi ha colpito la sventura, spezzando irreparabilmente la mia carriera sul meglio, e tutto! ... A che dirvi come sto? Sto sempre lo stesso, sempre collo stomaco dilaniato e sempre estremamente prostrato, perché anche ad esserci la richiesta alimentazione liquida sempre, manca completamente l’assimilazione, restando i tessuti sempre digiuni e perciò io sempre inchiodato in letto. A che lusingarmi più di potere riacquistare la salute?. l. macchiati-f. De franciSciS, Cenno necrologico..., cit., p. 12. La data e il luogo di morte si evincono dal «Bullettino della Società Botanica italiana», nell’adunanza del giorno 8 dicembre 1901 a p. 385; nella medesima adunanza si esplicita che il ricordo del Giordano sarà fatto successivamente (adunanza del 12 gennaio 1902, cit. p. 6-13). Tuttavia il luogo di morte non coincide con quanto erroneamente indicato in F f. balSamo- m. geremicca, Botanici e Botanoili Napoletani. Cenni biograici e storici, in «Bullettino dell’Orto Botanico della R. Università di Napoli», tomo iii (1913), che invece riportano sia morto nella data del 17 novembre 1901, ma a Napoli. 36 m. geremicca Notizie statistiche intorno ai botanici italiani del secolo XIX, in «Bollettino della Società di Naturalisti in Napoli», Serie i, vol. Xi (1897), pp. 5-17. 34 35 16 242 GIANNI PALUMBO La missiva è datata 3 novembre; pochi giorni prima di spirare Giuseppe Camillo si rese perfettamente conto della impossibilità di un miglioramento delle proprie precarie condizioni di salute e si preparò, dunque, alla dipartita terrena. In che modo si conidasse intimamente, negli ultimi giorni, con il fratello Antonio e con la sorella Annunziata, non ci è dato saperlo, ma con certezza la memoria di G. C. Giordano resterà strettamente legata alla storia dell’istituto, cui dedicò tutta la sua esistenza, come essa è scolpita nell’animo di quanti, amici, discepoli e subalterni, ebbero agio di apprezzare di lui la mente equilibrata, il carattere rigido e severo, più che con gli altri verso sè medesimo: esempio veramente raro da additarsi di salda onestà e di scrupoloso esercizio del suo nobile ministerio! ... Non gli sarebbero mancati altri onori, ove non fosse stato rapito, innanzi tempo, da iero morbo, all’affetto de’ parenti, degli amici e colleghi, che lo ebbero in grande estimazione37. Ho provato a cercare, in quella che fu la cappella familiare, la tomba del botanico, con la lapide e la corona di bronzo offerta dal Regio Istituto Tecnico «a ricordo della venerata memoria dell’Illustre Professore Giuseppe Camillo Giordano» tramite il sindaco dell’epoca A. M. Castellano ma, anche da defunto, la sua memoria è stata cancellata. Infatti quella che fu la cappella di famiglia, tra il 1985 e il 1990 fu svenduta da altra famiglia di Pomarico, che accampò diritti di possesso, in virtù di un poco chiaro accordo e da allora è sparita traccia anche della tomba. Scendendo nei sotterranei della cappella mi è stato possibile rintracciare gli ossari cumulati dei parenti e la lapide del fratello Antonio, ma nessuna traccia di Giuseppe Camillo. Del botanico lucano vi è, invece, breve ed eficace descrizione nel saggio Botanici e botanoili. Cenni biograici e storici di F. Balsamo e M. Geremicca del 191338, in cui si cita Giordano con alcune, essenziali, righe nelle quali si esalta la igura di importante briologo39 per l’Italia meridionale. Giuseppe Camillo Giordano fu uno scienziato assiduo e modesto. In diverse collezioni botaniche ed erbari di numerose università italiane sono presenti suoi campioni d’erbario raccolti in Basilicata e in altre regioni meridionali nella seconda metà del XiX secolo. La dedizione completa all’insegnamento e alle escursioni e ricerche botaniche ne fanno una igura singolare e di notevole spessore culturale e morale. Ravvivarne la memoria è il minimo tributo per riscattarlo dall’oblio nel quale ino ad ora è stato relegato. l. macchiati, Onoranze rese..., cit., p. 20. f. balSamo- m. geremicca, Botanici e Botanoili..., cit. 39 Gli specialisti in Briologia erano, all’epoca, in numero non superiore a 20 in tutto il Regno d’Italia. 37 38 GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 243 appenDice 1. Bibliograia di Giuseppe Camillo Giordano - Di una escursione botanica in Basilicata, in «Bullettino dell’Associazione dei Naturalisti e Medici per la mutua istruzione», i (1869), pp. 38-41. - Prima contribuzione alla Flora briologica napolitana, in «Bullettino dell’Associazione dei Naturalisti e Medici per la mutua istruzione», ii (1871), pp. 10-16. - Storia del Caffè, in «Giornale dell’Ateneo Galileo Galilei», ii (1871), n. 5 e 6, 8 pp. - Contribuzione seconda alla Flora briologica napolitana, in «Bullettino dell’Associazione dei Naturalisti e Medici per la mutua istruzione», iii (1873), n. 8, pp. 118-125. - Index generalis Syllogis Tenoreanae, Appendicumque omnium, a Jos. Camillo Giordano Collectus, in «Nuovo Giornale botanico italiano», vol. vii (1875), pp. 163. - Contribuzione allo studio della Flora Lucana, in «Annuario della sezione lucana del Club Alpino Italiano», 1880, pp. 217-229, pubblicato in Potenza per i Tipi Magaldi e Della Ratta, 1881. - Varie monograie pubblicate in V. tenore-G. A. paSQuale, Atlante popolare di Botanica. Ossia illustrazione di piante notevoli di ogni famiglia, Napoli, Raimondo Petraroja, vol. i (contenente le monograie 1-152), 1872. - Pugillus Muscorum in Agro neapolitano lectorum, Milano, Tip. Bernardoni di C. Rebeschini e C., 1879. - Discorsi pronunziati sul feretro del Barone Vincenzo Cesati, in «Atti dell’Istituto di Incoraggiamento di Napoli», 1883. - Muschi dell’Orto botanico di Napoli, in F. balSamo-G. C. giorDano-A. Jatta, Reliquiae Cesatiane, «Rendiconti della R. Accademia di Napoli», XXiv, fasc. 3 (1885), pp. 69-79. - Commemorazione del prof. N. A. Pedicino, in «Annuario dell’Istituto tecnico di Napoli», 1885; - Contributo all’illustrazione della Flora lucana, in «Annuario del R. Istituto tecnico di Napoli», 1885, pp. 1-47. - Nuova contribuzione di Muschi meridionali. Addenda ad Pugillum Muscorum in Agr. Neapolit. Lectorum, in «Bullettino della Società Botanica italiana», 1891. 244 GIANNI PALUMBO appenDice fotografica FIG. 1AB. RITRATTO DI G. C. GIORDANO DEL 1899, SU GENTILE CONCESSIONE DELLA BIBLIOTECA DELL’ORTO BOTANICO DELL’UNIVERSITà DEGLI STUDI DI PADOVA. FOTOGRAFIA DI FRANCESCO PESCE CON LA NOTA AUTOGRAFA: “ALL’ILL.MO PROF A. SACCARDO IN SEGNO DI STIMA GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO (DA POMARICO IN BASILICATA) NAPOLI NOV. 1899”. GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 245 LA “REALE FOTOGRAFIA FRANCESCO PESCE” FU UNA REALTà ATTIVA NELLA SECONDA METà DEL 1800. F. PESCE FU PRIMA TITOLARE DELLA “FOTOGRAFIA ERCOLANA” CON SEDI IN VICO CORSEA E IN VIA TOLEDO. ERA SPECIALIZZATO IN RITRATTI IN DIVERSI FORMATI. 246 GIANNI PALUMBO FIG. 2. REGISTRO DEI BATTESIMI CONSERVATO NEGLI ARCHIVI PARROCCHIALI DI POMARICO. SI LEGGE, AL SECONDO CAPOVERSO, DELLA NASCITA DI GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO. (ATTI ANAGRAFICI PARROCCHIALI. REGISTRI DI BATTESIMO. SCATOLO 46, REGISTRO N.19 BATTEZZATI DAL 1/1/1840 AL 24/12/1855. INVENTARIO DELL’ARCHIVIO PARROCCHIALE DI POMARICO A CURA DI MIRELLA GOLIA). FIG. 3. LA CASA NATALE. GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO FIG. 4AB. SCORCI E VEDUTE DA CASA GIORDANO. IN PARTICOLARE È POSSIBILE OSSERVARE LA PARTE FINALE DEL CAMPANILE DELLA CHIESA MADRE DI POMARICO. 247 248 GIANNI PALUMBO FIG. 5AB. ATTO DI NASCITA NELL’ARCHIVIO DI STATO CIVILE DEL COMUNE DI POMARICO (MATERA). GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 249 250 GIANNI PALUMBO FIG. 6. UNA ILLUSTRAZIONE CHE RITRAE GIUSEPPE C. GIORDANO IN BOTANICI E BOTANOFILI. CENNI BIOGRAFICI E STORICI. DA NOTARE L’ERRORE RELATIVO AL LUOGO IN CUI SI SPENSE IL GIORDANO, CHE FU BERNALDA (MATERA) E NON NAPOLI. GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 251 FIG. 7. LETTERA DEL PRESIDE DEL R. ISTITUTO TECNICO DI NAPOLI, VITO EUGENIO, AL SINDACO DI POMARICO. 252 GIANNI PALUMBO FIG. 8. RISPOSTA DEL SINDACO DI POMARICO, ANGELO MICHELE CASTELLANO, AL PRESIDE DEL R. ISTITUTO TECNICO DI NAPOLI. GIUSEPPE CAMILLO GIORDANO, BOTANICO DEL XIX SECOLO 253 FIG. 9. LA EX CAPPELLA DELLA FAMIGLIA GIORDANO NEL CIMITERO DI POMARICO1. 1 Verso la ine degli anni Ottanta del Novecento, la cappella fu acquisita dalla famiglia Fiorelli, che accampò tale diritto in virtù di un antico, quanto non ben deinito, accordo scritto. Fatto sta che, subito dopo, le salme dei Giordano furono tumulate e allocate in un sotterraneo cui si accede da una botola nella cappella e successivamente i loculi liberati furono venduti. Nel medesimo sotterraneo non vi è più traccia del botanico, mentre ho potuto rinvenire l’antica lapide del fratello Antonio, autore di Notizie storiche su la Terra di Pomarico, Manduria 1911. Anche da morto non ha trovato pace, Giuseppe Camillo; prima dimenticato e poi i resti “dismessi” da anonimi tombaroli che hanno disfatto anche il ricordo voluto dal preside del Regio Istituto, Vito Eugenio, che aveva regalato, a nome del consiglio dei professori, una corona di bronzo quale «mesto tributo di affetto e di riconoscenza» che potesse rafforzarne la perpetuazione del ricordo nel tempo.