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1 2 La Memoria di Carta L’Archivio Storico del Comune di Catanzaro Oreste Sergi L’identità ritrovata: il Convento di S. Teresa dei PP. Carmelitani Scalzi e l’Archivio Storico del Comune di Catanzaro «Il patrimonio oggi non appartiene alle amministrazioni, né ai rappresentanti politici, né ai suoi titolari né agli sponsorizzatori, ma è della società, è della gente che trova in esso la sua identità» I J. Rivera Blanco 9 foto Oreste Sergi l Comitato di redazione della Carta di Cracovia del 2000, per la conservazione e il restauro del patrimonio costruito, ha inteso esternare negli allegati e definizioni del documento alcuni concetti fondamentali. Tra questi, al primo punto, vi è quello di “Patrimonio” così definito: «il patrimonio culturale è quel complesso di opere dell’uomo nelle quali una comunità riconosce suoi particolari e speciici valori e nei quali si identiica. L’identiicazione e la deinizione delle opere come patrimonio è quindi un processo di scelta di valori». Il 22 marzo 2010 Catanzaro si riappropria della sua “memoria” attraverso l’istituzione e l’apertura al pubblico dell’Archivio Storico del Comune, sottraendo all’abbandono, all’oblio e all’incuria, migliaia di documenti storici che, dal 1809 agli anni ’70 del Novecento, raccontano la storia della città, dei suoi edifici, delle sue strade, delle sue contrade, dei suoi quartieri, dei suoi personaggi. Potrebbe risultare superfluo avvalorare che tale documentazione archivistica sia la “reale” memoria e identità della città, in quanto riveste, allo stato attuale, una funzione di primaria importanza per la comprensione dell’organizzazione della struttura materiale, sociale e culturale della vita cittadina tra Ottocento e No- foto Oreste Sergi 10 vecento. Dunque, non può certo far meraviglia che, ogni singolo documento, ogni singolo fascicolo, ogni singolo registro o faldone rappresenti una vera e propria “immagine” di un “patrimonio” afferente alla città di Catanzaro, intorno ai quali è possibile arricchire la storia passata e costruirne una nuova per il futuro. Allo scopo di favorire, sostenere e far avanzare gli studi, le ricerche e le conoscenze, condotte in questo specifico campo, l’Amministrazione comunale di Catanzaro, guidata dal sindaco Rosario Olivo, impegnata in questi anni a promuovere la Imago Urbis del capoluogo di regione, il 19 marzo 2010, con una mostra dal titolo “La Memoria di Carta. Il centro storico di Catanzaro nei documenti d’archivio”, apre e consegna alla città l’Archivio storico comunale, allocato in un’ala del Complesso monumentale del San Giovanni in quello che un tempo fu il seicentesco convento di S. Teresa dei Padri Carmelitani Scalzi. L’edificio, che fino al 16 giugno 1808, data della sua soppressione, aveva ospitato la piccola comunità dei PP. Teresiani, è così ricordato da P. Giovanni Fiore nel II tomo della “Calabria Illustrata”: «De’ PP. Carmelitani Scalzi. Di questa santissima riforma de’ Carmelitani, che fu parto glorioso di S. Teresa di Gesù, quale in fortezza di spirito e celestial prudenza non la cede a’ priori patriarchi delle religioni, anche la Calabria ne fu 11 foto Antonio Renda partecipe in due conventi della medesima, quali sono - Catanzaro: S. Giovanni Battista, fondato nel 1645. Questa era chiesa parrochiale della città, soggetta alla chiesa di S. Giovan Laterano di Roma; e così privilegiata e franca dalla giurisdizion vescovile fu data à pp. Teresiani, in cui si mantennero buona pezza; ma poi intentatasi la lite in Roma da monsignor Francesco Gorio, vescovo della città, ne ottenne decreto favorevole dalla Sagra Ruota». Il Convento dei Carmelitani Scalzi, detto anche dei Teresiani, come afferma Giacomo Frangipane, fu fondato, sotto il pontificato di Urbano VIII, il 15 maggio 1640 ad opera di due nobili religiose catanzaresi, suor Francesca e suor Giulia Brancaccio. Esso fu costruito «nell’alta pianura di detto Castello guardante tramontana» accanto alla chiesa di San Giovanni Battista. L’attuale complesso monumentale del S. Giovanni è costituito, infatti, dagli edifici dell’antico e cinquecentesco “Hospedale” dei Fatebenefratelli di S. Giovanni di Dio, dal convento dei Teresiani e dalla chiesa quattro-cinquecentesca di S. Giovanni Battista. Tutto il complesso e la chiesa in maniera particolare, sorge sul colle più alto del monte Triavonà, che da essa prende il nome e che, per la presenza del castello, di cui oggi rimangono parte delle mura medievali e cinquecentesche, ha da sempre rappresentato, sin dall’epoca normanna, il potere feudale e civile della città. L’edificio sacro dedicato a S. Giovanni Battista, fu costruito presumibilmente tra la fine del ‘400 ed ampliato intorno al 1532. Ciò trova conferma nel fatto che la città, ottenuta la demanialità nel 1440 con Alfonso I, «per maggiormente assicurarsi il demanio», come afferma lo storico Vincenzo D’Amato (1670), «diroccò a fatto il Castello, adeguandolo al suolo» e nel 1497 chiede a Federico d’Aragona di far sì che «la petra et cantoni del dicto castello et certe colonne de marmore siano de la decta cità per magniicarse de fabbriche et fortiicarse de mura intorno». Sempre il D’Amato, infatti, scrive che «quelle ruine» occorsero per la costruzione della «fabbrica del Convento dei Minoriti, e della Chiesa di S. Giovanni, qual eressero i Cittadini in un angolo del medesimo Castello; Avverandosi in ciò la profezia fatta dal B. Paolo di Sinopoli, che delle ruine di quel forte erano per foto Oreste Sergi 12 erigersi molte Chiese». E così se, come attesta P. Giovanni Fiore (1743), il convento degli Osservanti nel «1480 con Bolla di Sisto IV, dalle suddette rovine poco appresso si ediicò la santa casa», verosimilmente, intorno a quella data, si dovette dare inizio alla costruzione della chiesa di S. Giovanni in quanto con Bolla di Alessandro VI del 28 aprile 1502 viene fondata la Confraternita e aggregata alla Basilica Lateranense. Ma i privilegi dei pontefici romani, nel tempo, resero la chiesa e la sua Confraternita tra le più importanti e potenti della città: nel 1532 il Capitolo romano concede il permesso di edificare la chiesa, inteso questo come un probabile ampliamento del Tempio (attestato, durante i lavori di restauro e gli scavi archeologici del 1999, dall’accorpamento dei muri delle cappelle laterali ai pilastri della navata centrale). Le Bolle di Pio IV (1563) e Clemente VIII (1595), invece, la resero indipendente dai Vescovi e dai Cardinali, mentre, Paolo V, con bolla del 20 agosto 1610, dichiarò, come afferma lo storico Giacomo Frangipane «che la Chiesa dedicata ai SS. Giovanni Battista ed Evangelista, non si possa concedere né far dipendere da qualsivoglia Prelato o cardinale ma sia governata esclusivamente dal Priore e dalla Confraternita». Quest’ultimi, con permesso dal pontefice dell’epoca, concessero ai padri Teresiani, nel 1646, di aprire una porta nel coro della chiesa, tutt’oggi esistente, e quindi di poter officiare insieme alla Confraternita dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista, la quale permise anche l’erezione, nella terza cappella a destra della navata centrale, di un altare a Santa Teresa d’Avila. Nel 1766, all’interno del convento, fu eretta la congregazione di Maria SS. di Costantinopoli, protettrice della confraternita di San Giovanni, alla quale, in seguito, fu elevato un altare nella cappella sinistra del presbiterio. Nel 1783, come altri complessi monastici cittadini, il convento fu danneggiato dal terremoto che, come scrive il Frangipane, lo rese «inabitabile e poco dopo, per soppressione generale del 1784 i Frati lo abbandonarono, e i beni vennero incamerati dalla Cassa Sacra». Un documento conservato nell’Archivio di Stato di Catanzaro, «Notamento di Robbe, ed altri mobili consegnati in tempo della foto Oreste Sergi general Soppressione a D: n Felice de Nobili, come si rileva dall’Inventario fol: 2: a r.o de quali deve darne conto», redatto all’indomani del terremoto del 1783 restituisce un quadro abbastanza chiaro e dettagliato del patrimonio mobile e immobile di proprietà della chiesa di S. Giovanni e dell’omonima congrega. Il documento in oggetto riporta anche una visione storica del “complesso monumentale del S. Giovanni” poiché l’inventario, nel caso specifico, riguarda separatamente anche il «Conv.to dé PP. Benfratelli osia Ospedalieri di S. Gio: di Dio» e il «Convento dei PP. Teresiani». I dati documentali, per ciò che concerne il convento carmelitano, fanno anche riferimento alla chiesa di S. Giovanni Battista, a quel tempo di pertinenza della fabbrica conventuale dei Carmelitani Scalzi seu Teresiani. La descrizione della chiesa conventuale, al contrario, ci restituisce un’immagine inedita della chiesa «la qual è bastantemente patita per cagion del Tremuoto, e nella stessa si sono ritrovati li corrispondenti quadri né rispettivi altari, di cattiva mano, e di niuna considerazione, se non pe due di essi di mediocre mano, rappresentanti l’uno S. Giovanni Battista, e l’altro S. Giovanni Evangelista, come anco si è ritrovata una Statua di Marmo posta in una nicchia nella facciata di d. a Chiesa, al naturale rappresentante S. Giovanni Battista di mano del Cav. ro Cosmo. E quindi nella Sagrestia si sono ritrovati due stipi grandi vecchi di abete, con dentro varj Candelieri, frasche, ed altri utensili per uso di d. a Chiesa di legno, e cartapesta, indorati a mistura, e varj altri quadri di cattiva mano, e di niuna considerazione». Il convento fu interessato da un progetto di restauro nel 1797, re- 13 foto Oreste Sergi 14 datto dall’architetto G. Vinci di Monteleone, su incarico del Marchese di Fuscaldo, le cui tavole sono oggi custodite nell’Archivio Storico di Napoli. Nel decennio francese, il convento fu soppresso e, come si evince da un documento custodito nella locale biblioteca comunale “Filippo De Nobili”, non si riuscì «per mancanza di Platea e di lista di carico» a «sapere il numero e l’attuale rendita de beni fondi, canoni, e censi del convento soppresso», al contrario furono annotati gli argenti esistenti nell’edificio consistenti in «una sfera e due calici; un incensiere con navetta senza coperchio; una chiavetta per lo sacro ciborio, una piccola pisside colla sola coppa di argento e piede di ottone. La sfera e due calici di argento furon rimessi alla suddetta Intendenza in MonteLeone dal Superiore del suddetto convento per mezzo del Sig. Plutino già sotto Intendente del Distretto di Catanzaro. I rimanenti annotati vasi sacri saron consegnati al Sig. Ricevitore dé Regi Demani D. Domenico de Nobili in Catanzaro». Dal documento si deduce ancora che «Non vi era dichiarazione nel Convento. Esistono nella Chiesa di detto Convento la statua di S. Giovanni della Croce, della B.V.del Carmine, di S. Teresa e di S. Giuseppe. Quadri di S. Bernardo e del nome di Gesù […] Nel campanile di detta chiesa vi esistono due campane, cioè una mezzana e l’altra piccola di pertinenza del convento […] La chiesa sotto il titolo di S. Giovanni Battista è rimessa interinamente aperta alla pubblica divozione in vigore di provvidenza data dal Direttore de Regj Demani di Calabria all’epoca dé 17 Maggio 1808. La detta chiesa ab antiquo apparteneva à Confratelli della Congregazione di S. Giovanni Battista ed Evangelista, e dà medesimi Confratelli fu ceduta con tutte le rendite à PP. Teresiani Scalzi con varie condizioni, fra le quali eravi quella di non amuoversi dalla detta Chiesa la Confraternita, la quale è durata sino al presente. Li PP. Teresiani furono invitati a detta Chiesa dà Confratelli colla cessione della rendita per mezzo di pubblica scrittura de 19 Marzo 1647 rogata per mezzo di Notar Marc’Antonio Codispoti. Dietro all’ultima soppressione la chiesa è stata mantenuta a spese dé Confratelli e trovasi esposta alla pubblica divozione, esercitandosi quivi le sacre funzioni e coltivandosi negli atti di Religione con gran giovimento della popolazione e specialmente di quel Distretto, che abbonda di gente popolare molto attaccata alla cennata Chiesa». In questi anni, l’edificio dei Teresiani subì diversi rimaneggiamenti. Il chiostro, come si rileva da una pianta dell’epoca, fu, infatti, dimezzato ed al centro di esso fu innalzato un muro (quello attualmente visibile) che tramutò la pianta della corte da quadrata a rettangolare. Stessa sorte toccò alle scale interne, che mettono in comunicazione il piano terra con il secondo piano, in origine a tripla rampa. La prima di esse fu abbattuta, ad eccezione della copertura a botte; la seconda rampa, al contrario, rimase inalterata, mentre, la terza fu modificata e ruotata di 90 gradi, facendo assumere alla scala, come tutt’oggi si vede, una forma ad elle. Al piano terra si sono conservate, attigue al chiostro, due sale molto grandi a pianta rettangolare, voltate a botte, una delle quali, probabilmente l’antico refettorio, conserva ancora, all’imposta della volta, le unghie seicentesche. I locali del convento nell’Ottocento, sotto la Restaurazione borbonica, passarono definitivamente all’amministrazione carceraria che li detenne anche dopo l’Unità d’Italia fino al 1971; in quell’anno, per il crollo di una parte del muraglione ottocentesco, il carcere fu definitivamente chiuso e per motivi di sicurezza si stabilì di abbattere la facciata del convento dei Teresiani e parte della struttura settecentesca post-terremoto, ritenuta, a torto, pericolosa. L’Archivio storico del Comune di Catanzaro e la scelta di allocarlo all’interno del polo culturale del S. Giovanni, rappresenta idealmente e fattivamente il luogo d’incontro tra le istituzioni, gli studiosi e la memoria e l’identità della città. Un grande punto di forza incentrato sul tema della conservazione e del recupero del patrimonio storico che punta su alcuni punti di forza quali: l’ampliamento degli scopi e dei principi degli interventi stessi basati su nuovi strumenti concettuali i quali, da una parte mirano alla trasmissione del patrimonio culturale “nella piena ricchezza della sua autenticità”, dall’altra puntano più propriamente alla promozione della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale locale. 15 catanzarese. foto Oreste Sergi foto Antonio Renda