SUPPLEMENTO
ASSEGNA
R
al fascicolo 1/2017
dell’Arma dei Carabinieri
RIFLESSIONI SUL “CODICE DEGLI APPALTI”
ISSN: 0485-3997
Raffaele Greco, Diego Sabatino,
Giuseppe Santalucia, Isabella Iaselli
Paolo Perco
Rassegna
dell’Arma dei Carabinieri
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Redattore Capo
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PRESENTAZIONE
L
a Rassegna dell’Arma apre le pubblicazioni tematiche di quest’anno con
un interessante lavoro sul “Codice degli Appalti” visto da autorevoli
esponenti delle Magistrature e da un tecnico di una società per azioni.
Si tratta del Dott. Raffaele Greco, Consigliere di Stato e Consigliere
Giuridico del Commissario Straordinario per la Ricostruzione, della Dottoressa
Isabella Iaselli, Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Napoli,
del Dott. Diego Sabatino, Consigliere di Stato e Consigliere Giuridico del
Ministro della Difesa, del Dott. Giuseppe Santalucia, Consigliere di Cassazione
e Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia, e dell’Ing. Paolo
Perco, Direttore dell’Area Appalti della S.p.A. Autovie Venete.
La lettura, da “angolazioni diverse”, del compendio normativo destinato a
rivoluzionare il sistema degli appalti, tenuto conto dell’elevato numero di visualizzazioni che registra la Rassegna, è offerta non solo agli appartenenti all’Arma,
dei settori amministrativi ed investigativi, ma a quanti sono chiamati o ritengono
di approfondire la delicata e attuale tematica.
Il 23 febbraio 2017, quando il presente lavoro era già in bozze, il Governo
ha licenziato, in sede di esame preliminare, un correttivo al D.Lgs. 50, al momento al vaglio del Parlamento e in attesa del parere del Consiglio di Stato.
Alcune di queste modifiche riguardano anche gli argomenti trattati, senza
però stravolgere l’impianto generale del sistema come illustrato nei singoli contributi.
Minori interventi riguardano il tema delle esclusioni dalla partecipazione,
in quanto l’applicazione dell’art. 80 anche ai casi introdotti ex novo (institori e
procuratori, nonché ai casi di dichiarazioni non veritiere in corso di gara o all’autorità di vigilanza) era stata già anticipata dalla giurisprudenza.
Di maggior rilievo sostanziale è, invece, la reintroduzione dell’appalto integrato che l’art. 59 vietava tassativamente e ora viene nuovamente introdotto,
in via generale e con la precisazione di alcuni presupposti stringenti, dai nuovi
commi 1-bis, 1-ter e 1-quater e, in via transitoria, dal comma 4 -bis dell’art. 216.
Anche per la fase di esecuzione le modifiche sono numerose, seppur la
maggior parte di tali novità attiene ad aspetti particolari e di dettaglio che non
stravolgono il senso ed il contenuto della disciplina complessiva.
Leggendo i singoli contributi che la Rassegna pubblica si vede come riguardino riforme in larga parte auspicate dagli stessi operatori che, in qualche modo,
smorzano la spinta forse eccessivamente innovativa della prima versione del testo ma che si collocano in un’ottica di razionalità dell’azione amministrativa.
Comunque, si rimane in attesa di conoscere come il Parlamento e il parere
tecnico del massimo organo consultivo incideranno sull’elaborato governativo.
Dopo di ciò si potrà organizzare una giornata di studio sull’argomento.
Buona lettura
Gen. D. Vittorio Tomasone
RIFLESSIONI SUL
“CODICE DEGLI APPALTI”
RAFFAELE GRECO
I requisiti di moralità e ordine pubblico
per la partecipazione alle gare di appalto
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10
11.
12.
13.
14.
15.
16.
Premessa ......................................................................................................7
I requisiti di moralità professionale delle imprese ................................9
Condanne penali definitive .....................................................................11
Misure di prevenzione e antimafia ........................................................23
Violazione di obblighi fiscali e contributivi .........................................34
Violazioni in materia di lavoro e ambientali ........................................37
Fallimento e procedure concorsuali ......................................................39
Gravi illeciti professionali .......................................................................40
Conflitti di interessi .................................................................................44
Sanzioni interdittive a carico di persone giuridiche e società ...........47
False dichiarazioni ....................................................................................49
Violazioni del divieto di intestazione fiduciaria ..................................51
Violazione alla normativa sul collocamento di soggetti disabili ......53
Omessa denuncia di reati .......................................................................53
Situazioni di controllo o collegamento tra imprese ...........................55
Il cosiddetto self cleaning ..........................................................................58
DIEGO SABATINO
Le procedure di affidamento dei contratti pubblici dopo il
D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50
1.
2.
3.
4.
5.
La razionalità del sistema dei contratti pubblici .................................63
La struttura ordinante .............................................................................66
I principi e l’ambito di applicazione .....................................................68
Le singole procedure di aggiudicazione ...............................................71
Considerazioni conclusive ......................................................................77
1
GIUSEPPE SANTALUCIA
Codice degli appalti e la normativa penale
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Premessa ....................................................................................................79
Esclusione dalla procedura .....................................................................80
Casi di irrilevanza dei precedenti penali ...............................................83
L’esclusione dalla gara per omessa denuncia di fatti di criminalità mafiosa ....87
Modalità di partecipazione alla gara .....................................................89
Tutela penale del segreto nelle procedure di gara ..............................93
ISABELLA IASELLI
Le tecniche di indagine volte alla individuazione di reati
negli appalti pubblici
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Premessa ....................................................................................................95
La verifica documentale della illegittimità amministrativa ................96
La prova dichiarativa ...............................................................................98
Le intercettazioni .....................................................................................99
La registrazione effettuata dal privato ................................................102
L’agente provocatore e i reati in materia di appalti pubblici ..........105
Le indagini in tema di criminalità organizzata in particolare .........109
Le indagini nei casi di collusioni tra privati .......................................112
Le prove inammissibili ..........................................................................114
PAOLO PERCO
La gestione della fase di esecuzione del contratto dopo l’emanazione
del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50
1.
2.
3.
4.
2
Premessa ..................................................................................................117
La fase di programmazione e di progettazione ................................120
La fase di esecuzione ............................................................................124
Conclusioni .............................................................................................149
INTRODUZIONE
Il nuovo codice dei contratti pubblici non porta il nome che gli chiedeva
la legge delega (“codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione”) e
neppure quello più stringato proposto nel parere del Consiglio di Stato (“codice
dei contratti pubblici”) ma ha quello ben più ridondante di “Attuazione delle
direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei
contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli
enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture”.
Pubblicato come supplemento alla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 19 aprile
2016 ed entrato in vigore immediatamente, sebbene non integralmente, il
D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 giunge sul filo di lana della scadenza del termine
biennale per il recepimento delle tre direttive comunitarie in tema e a quasi dieci
anni esatti di distanza dal precedente D.Lgs. 12 aprile 2016, n. 163.
La delega legislativa, contenuta nella L. 28 gennaio 2016, n. 11, aveva un
contenuto ampio e articolato e la sua tardiva emanazione aveva lasciato ben
pochi spazi al Governo per la sua attuazione. E quindi il minimo lasso temporale per la preparazione del decreto legislativo, unito al concetto che il sistema
andasse semplificato tramite il ridimensionamento normativo, ha portato
all’emanazione di un testo che mira espressamente alla sinteticità e che intende
caratterizzarsi per più contenuti innovativi.
In merito al profilo dimensionale, la valutazione della coerenza tra il risultato e le aspettative potrà farsi più avanti.
È infatti ben vero che il codice, con i suoi 220 articoli e XXV allegati,
appare leggermente più snello del codice del 2006 nella sua ultima versione (ma
più ponderoso rispetto a quella iniziale).
3
Ma è altrettanto vero che il decreto legislativo dovrà essere completato
con una numerosa congerie di ulteriori atti di disciplina (non solo da decreti
ministeriali, ma anche da atti di più difficile classificazione, come le linee guida,
ministeriali e ANAC), destinati a sostituire il precedente regolamento unico di
attuazione, quello del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.
In merito ai profili contenutistici, gli elementi di novità sono molteplici e
di diverso spessore. Senza pretesa di completezza, si possono segnalare alcuni
di quelli che hanno già attirato l’attenzione della dottrina.
In primo luogo, rileva il nuovo assetto del sistema delle fonti, fortemente
innovato dalla già ricordata eliminazione del regolamento di esecuzione del 2010.
La sua sostituzione, con l’originale meccanismo di norme secondarie facenti
perno sulle già ricordate “linee guida” in funzione di indirizzo ed ancora in via di
emanazione, è tutta da valutare, anche in termini di tenuta costituzionale.
In secondo luogo, emerge il tema della funzione delle stazioni appaltanti,
ampiamento battuto nel codice tramite le disposizioni in materia di qualificazione e di aggregazione della domanda. Il dichiarato intento di puntare alla semplificazione ed al miglioramento della qualità dei risultati e della riduzione degli
oneri di finanza pubblica andrà quindi considerato alla luce dell’incisione sulla
capacità dei soggetti pubblici che, qualora non idonei, si vedranno azzerare la
loro autonomia negoziale.
Ancora, in terzo luogo e in merito ai criteri di aggiudicazione, il legislatore
ha rimarcato la preferenza comunitaria per l’offerta economicamente più vantaggiosa, dando un notevole impulso alla diversificazione dei criteri per la valutazione dell’offerta e puntando ad una maggiore attenzione ai temi ambientali
e sociali collegati agli appalti. In questa linea si colloca anche il tema del “costo
del ciclo di vita”, cifra globale che colloca il prezzo nella sua dimensione temporale, oltre che quantitativa.
Dal punto di vista delle imprese, poi, la rimodulazione degli adempimenti
per la partecipazione alle gare, introducendo la Banca dati nazionale degli operatori economici, rimodulando il soccorso istruttorio e adottando il documento
di gara unico europeo.
4
Le novità, come si vede, sono molte. Anzi, di più.
Questo supplemento non ha quindi la pretesa di illustrare il sistema nel
suo insieme ma intende indicare alcune linee di lettura del testo, in un’ottica collegata ai fini istituzionali dell’Arma dei carabinieri.
Il supplemento si articola così in cinque diversi interventi di tenore e stampo diverso.
I primi due, del cons. Raffaele Greco e del cons. Sabatino, mirano ad individuare alcuni tratti focali della fase di aggiudicazione, in relazione ai profili soggettivi di partecipazione e alle modalità di svolgimento della gara.
I successivi due interventi, dei cons. Giuseppe Santalucia e Isabella Iaselli,
si concentrano sui profili penalistici, sostanziali e processuali, che si collocano
a valle (o nel corso) della fase amministrativa.
Inoltre, l’ing. Perco, con un intervento solo apparentemente mirato sulla
fase esecutiva del contratto, farà risaltare lo stretto legame esistente tra una corretta predisposizione dei documenti di gara e l’efficacia (e l’integrità) della complessiva azione amministrativa.
Infine, l’augurio che questo testo possa contribuire ad una riflessione più
schietta e calata nel reale del tema della contrattualistica pubblica. La corretta
collocazione del tema e la chiara comprensione delle procedure sono elementi
essenziali per superare una superficiale cultura del sospetto, perché l’inutile e
dannosa criminalizzazione generale dell’attività negoziale dell’amministrazione
si evita solo con l’esatta (e quanto più anticipata possibile) individuazione dei
momenti di effettiva rilevanza penale dell’azione pubblica.
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I requIsItI dI moralItà e ordIne
pubblIco per la partecIpazIone
alle gare d’appalto
RAFFAELE GRECO
CONSIGLIERE DI STATO
CONSIGLIERE GIURIDICO DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO PER LA RICOSTRUZIONE
sommarIo: 1. premessa. - 2. I requisiti di moralità professionale delle imprese. - 3. condanne penali
definitive. - 4. misure di prevenzione e antimafia. - 5. Violazione di obblighi fiscali e
contributivi. - 6. Violazioni in materia di lavoro e ambientali. - 7. Fallimento e procedure concorsuali. - 8. gravi illeciti professionali. - 9. conflitti di interessi. - 10. sanzioni
interdittive a carico di persone giuridiche e società. - 11. False dichiarazioni. - 12.
Violazioni del divieto di intestazione fiduciaria. - 13. Violazione alla normativa sul collocamento di soggetti disabili. - 14. omessa denuncia di reati. - 15. situazioni di controllo o collegamento tra imprese - 16. Il cosiddetto self cleaning.
1. Premessa
Il settore degli appalti pubblici è notoriamente fra i più sensibili alla perpetrazione di illeciti ed all’infiltrazione della criminalità (organizzata e non): le
più o meno recenti e tristi esperienze che riempiono le cronache giudiziarie del
nostro paese ci hanno da tempo fatto capire come qualsiasi “falla” del sistema
normativo e amministrativo possa essere sfruttata per la diffusione di fenomeni
di corruzione che alterano le procedure di gara, o per l’appropriazione di rilevanti commesse pubbliche da parte di sodalizi criminali. per questo l’ordinamento si preoccupa, già nel momento della disciplina di gara, di prevenire il
rischio che a questa possano partecipare soggetti “compromessi” o “sospetti”,
dettando apposite norme, che si inseriscono nel più ampio quadro normativo
teso a garantire l’imparzialità e la trasparenza del confronto fra gli operatori economici; in questo, il legislatore italiano è continuamente sollecitato e controllato
7
RAFFAELE GRECO
dalle istituzioni europee, atteso che il sistema comunitario - come è noto - individua nella libertà di concorrenza e nell’apertura del mercato alcuni fra i valori
primari da perseguire ai fini del processo d’integrazione giuridica ed economica
fra gli stati dell’unione europea (e, difatti, quello degli appalti pubblici è uno dei
settori in cui si sta pian piano raggiungendo l’obiettivo di una normativa europea tendenzialmente unitaria ed omogenea).
naturalmente, a questo quadro sovranazionale si affiancano rilevantissime
esigenze del tutto proprie del nostro stato, dal momento che in Italia le associazioni criminali hanno notoriamente raggiunto livelli di organizzazione e di
capacità di diffusione nell’economia sconosciuti praticamente a tutti gli altri
stati dell’unione europea (come testimoniato dall’esistenza di una normativa
interna, in materia penale e di prevenzione, del tutto peculiare). altrettanto
potrebbe dirsi per la diffusione della corruzione e dei reati contro la pubblica
amministrazione, di cui viene sovente sottolineato come l’Italia detenga un non
invidiabile primato in europa, al punto da imporre anche in anni recenti il varo
di plurime leggi ad hoc e l’istituzione di un’apposita autorità indipendente
(l’autorità nazionale anticorruzione - anac), con rilevanti e incisivi poteri di
prevenzione, controllo e intervento. d’altra parte, le istituzioni sia europee che
nazionali hanno più volte ritenuto giustificato, in nome delle suddette esigenze
“interne”, che la legislazione italiana in materia di appalti pubblici contenga
norme e istituti inediti e più rigorosi rispetto alle direttive comunitarie in materia, proprio in ragione delle specificità del quadro sociale ed economico del
nostro paese. anche di recente, in occasione del varo del nuovo codice dei contratti pubblici e delle concessioni (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nonostante uno
dei principi-guida della legge-delega fosse il divieto di cosiddetto gold plating,
ossia di ingiustificato “aggravamento” delle norme interne rispetto a quelle
delle retrostanti direttive europee, il consiglio di stato in sede consultiva(1) ha
giudicato del tutto legittime le (numerose) previsioni di istituti, obblighi e oneri
specifici a carico delle imprese partecipanti alle gare finalizzate proprio ad assicurare la corretta selezione degli interlocutori contrattuali della p.a. e la loro
immunità da “pregiudizi” sotto il profilo penale e dell’ordine pubblico.
(1) - comm. spec., parere nr. 855 del 1 aprile 2016 sullo schema di decreto poi confluito nel d.lgs.
n. 50/2016.
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
la conoscenza degli istituti e meccanismi elaborati dal legislatore in funzione delle rappresentate esigenze di legalità e prevenzione è indispensabile per
comprendere come ne sia possibile un “aggiramento” da parte di soggetti legati, più o meno direttamente, a gruppi criminali. d’altra parte, la giurisprudenza
amministrativa è da sempre estremamente sensibile a questo problema, come
dimostrato dal fatto che molti dei principi poi recepiti dalla legge sono stati originariamente elaborati nella prassi applicativa dei tribunali amministrativi
regionali e del consiglio di stato; inoltre, è la giurisprudenza a vivere la sfida
quotidiana di applicare le regole esistenti anche a situazioni “inedite”, non previste dal legislatore, e quindi ad adattarle a fattispecie nuove con soluzioni poi
ancora una volta recepite a livello normativo, in una sorta di processo “circolare” che caratterizza questo come altri settori del diritto amministrativo.
2. I requisiti di moralità professionale delle imprese
l’art. 80 del codice disciplina le cosiddette cause di esclusione dalla partecipazione alle gare, ossia quei requisiti soggettivi che tutti i concorrenti debbono possedere per poter contrattare con la p.a., e che non vanno confusi con i requisiti
di idoneità professionale e di capacità tecnica ed economica (oggi disciplinati
onnicomprensivamente, con la definizione di “criteri di selezione”, dal successivo art. 83): infatti, mentre questi ultimi attengono rispettivamente al grado di
esperienza e capacità professionale del concorrente - e cioè, in sintesi, alla sua
idoneità sotto il profilo tecnico a espletare l’attività oggetto di gara - e alla sua
solidità finanziaria - e, quindi, alla sua idoneità a far fronte agli impegni contrattuali assunti -, i primi, tradizionalmente definiti anche “di ordine pubblico” o di
moralità, consistono essenzialmente in condizioni soggettive del concorrente
suscettibili, ove sussistenti, di precluderne la partecipazione alla gara e, qualora
sopravvenuti a procedura in corso, di giustificare il rifiuto dell’amministrazione
aggiudicatrice a stipulare il contratto. nel delinearli, l’art. 80 recepisce il contenuto dell’art. 38 della direttiva 2014/23/ue e dell’art. 57 della direttiva
2014/24/ue, innovando fortemente rispetto al previgente art. 38 del d.lgs. 12
aprile 2006, n. 163: una norma, quest’ultima, fra le più travagliate del vecchio
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RAFFAELE GRECO
codice, oggetto nei suoi dieci anni di vita di una serie sterminata di interventi
di modifica, in ragione di sempre nuove e cogenti esigenze imposte dalla prassi
e dall’evoluzione normativa, oltre che di una ricchissima elaborazione giurisprudenziale (basti dire che, solo fra il 2010 e il 2016, ben 14 pronunce
dell’adunanza plenaria del consiglio di stato hanno riguardato questioni interpretative di tale norma).
un elemento comune fra vecchia e nuova norma, invero, è costituito dal
fatto che entrambe contengono un’elencazione di cause di esclusione che va ben
al di là di quelle espressamente previste dalle retrostanti norme europee. tale
caratteristica, anche nel vigore dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006, aveva suscitato
dubbi di compatibilità sia con il principio di tassatività delle cause di esclusione
(le quali in effetti, risolvendosi in una limitazione della capacità contrattuale dell’imprenditore e quindi in una contrazione della libertà di iniziativa economica
garantita dall’art. 41 cost., sono considerate dalla giurisprudenza tipiche e inestensibili per analogia) sia con il principio generale di derogabilità delle direttive
comunitarie in materia soltanto in senso ampliativo della concorrenza: se ne era
desunto che le ipotesi di esclusione previste dal diritto nazionale, che non trovassero rispondenza nella normativa europea, non potessero trovare applicazione,
per gli appalti sopra soglia, per i concorrenti di altri stati membri dell’unione(2).
quanto al quadro normativo attuale, si è già detto del “temperamento”
che si ammette il divieto di gold plating possa trovare proprio con riguardo alla
materia dei requisiti soggettivi dei partecipanti alle procedure selettive.
prima di passare all’esame analitico delle singole cause di esclusione, occorre evidenziare un ultimo, fondamentale elemento distintivo che connota in termini generali la disciplina dell’art. 80, e che appare coerente con la più generale
impostazione del nuovo codice: anche e soprattutto nel regolare questa materia,
il legislatore si preoccupa di declinare le fattispecie escludenti in modo rigoroso
e tassativo, tipizzando le varie ipotesi in modo “chiuso” e tale da ridurre al minimo gli spazi di discrezionalità rimessi alle stazioni appaltanti (ciò è evidente ad
esempio, come meglio appresso si dirà, nella scelta di ricollegare l’esclusione in
(2) - cfr. r. greco, Le cause soggettive di esclusione, in IL NUOVO DIRITTO DEGLI APPALTI PUBBLICI
NELLA DIRETTIVA 2004/18/CE E NELLA LEGGE COMUNITARIA N. 62/2005, a cura di r.
garoFolI e m.a. sandullI, milano, 2005, pagg. 577 ss.
10
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
via automatica alla condanna del concorrente per un elenco tassativo di reati,
con esclusione di tutti gli altri). tale scelta verosimilmente nasce dall’intento di
ridurre drasticamente il contenzioso giudiziale su questa materia, che effettivamente aveva raggiunto dimensioni intollerabili sotto il vigore della normativa
previgente, ma è anche indubbiamente il frutto di un atteggiamento di sfiducia
verso le stazioni appaltanti indotto dalle vicende corruttive che hanno agitato le
cronache negli ultimi anni; una sfiducia che appare estesa alla stessa giustizia
amministrativa, come testimoniato nell’individuazione in un soggetto diverso,
l’anac, dell’autorità chiamata non solo a riempire di contenuti la disciplina (si
veda il comma 13 dell’art. 80, che demanda appunto all’anac l’individuazione
con apposite “linee guida” di talune disposizioni attuative della norma primaria), ma anche talora a risolvere i conflitti fra amministrazione e operatori, sulla
base di innovativi e penetranti poteri.
3. Condanne penali definitive
Il comma 1 dell’art. 80 ripropone, nell’attuale contesto normativo, la tradizionale preclusione alla partecipazione a gare d’appalto derivante da particolari sentenze penali definitive di condanna ovvero di applicazione di pena su
richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.(3): trattasi di previsione integrativa
e sussidiaria rispetto alla norma di cui all’art. 32-ter cod. pen., che per alcuni
reati particolarmente gravi prevede la pena accessoria dell’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione, e anche rispetto alla normativa sulla
responsabilità amministrativa delle persone giuridiche che, in relazione a taluni
illeciti amministrativi, prevede una sanzione di analogo contenuto (art. 9, d.lgs.
8 giugno 2001, n. 231)(4).
(3) - Il problema dell’equiparazione alle sentenze di condanna di quelle di cosiddetto patteggiamento, ma anche
dei decreti penali di condanna divenuti definitivi, si è posto a più riprese in passato, ma era stato già da
tempo superato dalla giurisprudenza e trova definitiva soluzione nell’art. 80, d.lgs. nr. 50/2016, che espressamente richiama tutte le indicate tipologie di pronunce, ricollegandovi identici effetti escludenti.
(4) - si vedrà in appresso, peraltro, che oggi il legislatore dedica un’apposita previsione proprio alla
misura interdittiva di cui all’art. 9, d.lgs. nr. 231/2001, in una con altre sanzioni di analogo
tenore (art. 80, comma 5, lett. f).
11
RAFFAELE GRECO
In questo caso, secondo la giurisprudenza, non si è in presenza di una
pena accessoria né di un effetto penale della condanna, ma di una vera e propria
misura cautelare amministrativa dettata dall’esigenza di evitare che la p.a. si
trovi a contrattare con soggetti che, in quanto resisi responsabili di condotte
illecite incompatibili con la realizzazione di progetti d’interesse collettivo e con
il regolare esborso di denaro pubblico, si presumono inaffidabili(5).
Fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, la normativa in materia era
sempre stata incentrata sul rilievo dell’incidenza dell’eventuale condanna penale
subita dall’operatore sulla sua “moralità professionale”: nozione, quest’ultima,
che individuava un qualcosa di più della semplice affidabilità professionale dell’imprenditore, involgendo anche un profilo più latamente “etico”, afferente
alla generale correttezza e trasparenza del suo agire nell’ambito delle relazioni
commerciali e umane. In effetti l’art. 38 del codice previgente, superando una
lunga fase di incertezza determinata dall’uso di formule disomogenee nelle
discipline dei vari settori degli appalti pubblici, aveva recepito una volta per
tutte la nozione suindicata, rinunciando all’individuazione di un numerus clausus di reati a effetto escludente e quindi rimettendo all’apprezzamento delle stazioni appaltanti l’individuazione delle fattispecie per le quali in concreto si poteva, o doveva, verificare la sussistenza della condizione ostativa.
nell’assetto normativo antevigente (che in parte è ancora attuale, atteso
che la precedente normativa continua ad applicarsi alle procedure avviate anteriormente all’entrata in vigore del nuovo codice), la giurisprudenza ha manifestato una certa tendenza a “dilatare” i confini dei reati rilevanti ai fini dell’esclusione, al punto da indurre i commentatori a sottolineare l’esigenza di porre in
qualche modo dei “paletti” alla discrezionalità che connotava tale valutazione(6).
questo atteggiamento rigoristico si esprimeva in un’interpretazione alquanto
“elastica” del collegamento funzionale che doveva sussistere tra la condanna
riportata dal concorrente e la sua attività professionale, al punto che, pur riaffermandosi in astratto il principio secondo cui dovesse trattarsi in ogni caso di
reato commesso nell’esercizio di detta attività o comunque connesso alla qualità
(5) - cfr. cons. stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3380; tar lazio, sez. II-ter, 15 giugno 2005, n. 4938.
(6) - cfr. F. saItta, “Moralità professionale” e partecipazione alle gare (note a margine dell’art. 12,
comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 157/1995), in RIV. TRIM. APP., 2004, pagg. 237 ss.
12
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
imprenditoriale del soggetto, in pratica erano sovente ritenute legittime esclusioni motivate da condanne in relazione alle quali l’individuazione di tale collegamento risultava a dir poco ardua. a titolo esemplificativo, sono state ritenute
ostative condanne per reati certamente connessi alla pratica imprenditoriale
quali aggiotaggio, bancarotta fraudolenta, falsità materiale o ideologica in atto
pubblico, turbata libertà degli incanti, ma anche per omicidio colposo con violazione della normativa antinfortunistica, per violazioni in materia di smaltimento dei rifiuti, per violazione della normativa in materia di igiene dei prodotti
alimentari in una gara relativa a servizi di ristorazione e perfino per furto aggravato di energia elettrica, per guida in stato di ebbrezza, trattandosi di gara avente
ad oggetto un servizio di trasporto scolastico, e per reati contro la p.a. commessi in un periodo in cui il soggetto aveva ricoperto cariche politiche.
al di là delle questioni applicative relative alle singole ipotesi di condanne
ed alla loro efficacia escludente o meno, fra i principali problemi che si sono
posti nel quadro normativo antevigente vanno segnalati:
a. quello relativo alla necessità di un’estesa motivazione da parte della stazione appaltante non solo in caso di esclusione del concorrente, ma anche laddove al contrario avesse ritenuto i precedenti penali accertati a carico dello stesso non ostativi (in alcune pronunce, si è affermato che in questo secondo caso
il giudizio di non ostatività fosse implicito per facta concludentia nell’ammissione dell’operatore alla gara);
b. quello della portata dell’onere dichiarativo a carico dell’operatore nella
fase della domanda di ammissione alla gara, essendo largamente prevalente
l’opinione che, proprio perché era rimessa alla stazione appaltante la valutazione circa la portata escludente o meno delle eventuali condanne riportate dal
concorrente, quest’ultimo fosse comunque tenuto a dichiararle tutte, non
potendo egli stesso compiere una sorta di “filtro”, omettendo di segnalare quelle a suo dire irrilevanti o ininfluenti(7).
(7) - su questo punto, il comma 2 dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006 era stato alfine modificato dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106 (cosiddetto “decreto sviluppo”), con l’esplicitazione
del dovere dei concorrenti di indicare in ogni caso, nella dichiarazione autocertificativa da produrre in
una alla domanda di partecipazione alla gara, tutte le condanne riportate, ivi comprese quelle per le
quali si fosse beneficiato della non menzione nel casellario giudiziale, e con la sola esclusione di quelle
per le quali fosse intervenuta depenalizzazione o dichiarazione giudiziale di estinzione del reato.
13
RAFFAELE GRECO
peraltro, nel descritto quadro normativo la persistenza di questo ampio
margine valutativo in capo alla stazione appaltante si affiancava alla novità di
un’esclusione destinata a operare automaticamente laddove la condanna fosse
stata comminata per determinati reati particolarmente gravi(8): per questi ultimi,
in sostanza, vi era una presunzione assoluta di gravità e di incidenza sulla moralità professionale, tale da escludere ogni discrezionalità della stazione appaltante.
quest’ultima è oggi la scelta esclusiva del legislatore, atteso che nell’art. 80
del nuovo codice l’esclusione del concorrente è automaticamente e indefettibilmente ricondotta a condanne per specifiche fattispecie di reato tassativamente individuate, senza alcuna possibilità di ulteriori valutazioni di ostatività da
parte della stazione appaltante in relazione a ipotesi altre e diverse. In sostanza,
il d.lgs. n. 50/2016 ha optato decisamente per il sistema del numerus clausus
delle condanne escludenti e dell’automatismo del relativo effetto, ed inascoltato
è rimasto anche il suggerimento del consiglio di stato di inserire in coda
all’elenco contenuto al comma 1 dell’articolo citato una previsione “di chiusura” che riproducesse la facoltà di esclusione del concorrente in caso di condanne per reati gravi incidenti sulla moralità professionale(9): la lettera g) aggiunta
nella versione definitiva del decreto fa infatti riferimento a “ogni altro reato da
cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica
amministrazione”, e quindi si limita a rimandare a fattispecie nelle quali in ogni
caso opererebbe il già citato art. 32-ter cod. pen.
siffatta scelta, se certamente è suscettibile di ridurre le incertezze e oscillazioni in fase applicativa, comporta però il grave rischio di un abbassamento
delle esigenze di tutela della legalità e di garanzia di una corretta scelta degli
interlocutori contrattuali della p.a. basti pensare, al riguardo, che nell’attuale
sistema alla stazione appaltante non sarà possibile formulare un giudizio di inaffidabilità dell’operatore concorrente, e quindi disporne l’esclusione dalla procedura selettiva, qualora si accerti che lo stesso sia stato definitivamente condannato - ad esempio - per disastro colposo (art. 449 cod. pen.), usura (art. 644 cod.
(8) - In realtà, la scelta dell’esclusione automatica per particolari fattispecie era da ricondurre alla
retrostante disciplina europea, e specificamente al par. 1 dell’art. 45 della direttiva
2004/14/ue, che per la prima volta aveva introdotto tale innovativa opzione.
(9) - cfr. cons. st., parere n. 815 del 2016, cit.
14
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
pen.), rapina (art. 628 cod. pen.) o estorsione (art. 629 cod. pen.), eccezion fatta
per le sole ipotesi in cui a queste ultime fattispecie si sia accompagnata l’aggravante mafiosa (art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. nella l. 12 luglio 1991,
n. 203). e gli esempi potrebbero moltiplicarsi. si tratta indubbiamente di ipotesi-limite, ma non è possibile - e forse neanche saggio - escluderne in radice ogni
possibilità di verificazione, così come non è del tutto condivisibile la scelta di
“cristallizzare” una volta per tutte (sia pure talora mercé l’uso di clausole “aperte”, come meglio appresso si vedrà) il quadro delle fattispecie penali ostative,
vista l’imprevedibilità dell’evoluzione sociale e la possibile affermazione e diffusione di nuovi e inediti fenomeni criminali(10).
Venendo ora all’esame delle singole fattispecie di reato a effetto escludente, può osservarsi che, mentre nel previgente art. 38, d.lgs. n. 163/2006 si era
preferito, piuttosto che riferirsi alle specifiche fattispecie di reato previste dal
nostro ordinamento interno, richiamare le ampie e generiche nozioni delineate
dalla retrostante direttiva (in modo da operare una sorta di rinvio “in bianco”,
suscettibile di ricomprendere le ulteriori fattispecie, rientranti nelle suddette
nozioni, che il legislatore penale avesse eventualmente introdotto in futuro), la
nuova norma si connota per un’impostazione “mediana”, optando in via generale per un’elencazione delle specifiche norme incriminatrici interne, ma non
mancando di affiancarvi in taluni casi un richiamo alle più generiche nozioni
comunitarie.
ciò avviene già alla lettera a) del comma 1, laddove alla menzione delle
varie fattispecie di reati associativi previste dal nostro ordinamento - associazione
a delinquere semplice (art. 416 cod. pen.) e di stampo mafioso (art. 416-bis cod.
pen.) nonché finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope
(art. 74, d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309) - segue il richiamo alla nozione comunitaria di “partecipazione a un’organizzazione criminale” contenuta nell’art. 2
della decisione quadro 2008/841/gaI del consiglio(11).
(10) - Va fin d’ora segnalato che l’anac ha cercato di porre rimedio a questa impasse proponendo
un’interpretazione estensiva della diversa e autonoma causa di esclusione discendente da
“gravi illeciti professionali” (art. 80, comma 5, lettera c). ma, come meglio si dirà appresso,
si tratta di una soluzione che, oltre a suscitare dubbi di legittimità, incontra anche dei limiti
testuali che la rendono inidonea a risolvere del tutto il problema.
(11) - quest’ultima norma impegna gli stati membri dell’unione europea a far sì che siano perseguiti
15
RAFFAELE GRECO
In entrambi i casi, la nozione di “organizzazione criminale” richiamata è
quella di cui all’art. 1 della medesima decisione quadro, il quale definisce tale
organizzazione come “un’associazione strutturata di più di due persone, stabilita da tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati
punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore a quattro anni o con una pena più grave per
ricavarne, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro
vantaggio materiale”(12).
così essendo strutturata la norma, ci si potrebbe chiedere quali siano il
senso e la finalità del richiamo alla nozione comunitaria, una volta che il legislatore si è premurato di indicare le specifiche fattispecie associative, come definite
dall’ordinamento interno, cui la causa di esclusione è riferibile.
la questione è complicata dal fatto che il richiamo in esame sembra
invero inteso a circoscrivere l’ambito di applicazione della causa di esclusione
stessa, come emerge dal fatto che, dopo aver indicato gli specifici titoli di
reato per i quali opera, essa precisa che l’effetto escludente discende dalla
eventuale condanna definitiva per gli stessi “in quanto riconducibili alla partecipazione a un’organizzazione criminale”, quale definita dalla citata norma
europea. Insomma, prima facie parrebbe che la stazione appaltante, pur in
presenza di condanne definitive per i reati suindicati, debba verificare se nel
singolo caso la condotta del soggetto condannato integri o meno gli estremi
penalmente i comportamenti di chi “intenzionalmente ed essendo a conoscenza dello scopo
e dell’attività generale dell’organizzazione criminale o dell’intenzione di quest’ultima di commettere i reati in questione, partecipi attivamente alle attività criminali dell’organizzazione, ivi
compresi la fornitura di informazioni o mezzi materiali, il reclutamento di nuovi membri nonché qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività, essendo inoltre consapevole che la sua
partecipazione contribuirà alla realizzazione delle attività criminali di tale organizzazione”
ovvero ponga in essere “un’intesa con una o più altre persone per porre in essere un’attività
che, se attuata, comporterebbe la commissione di reati di cui all’articolo 1, anche se la persona
in questione non partecipa all’esecuzione materiale dell’attività”.
(12) - la definizione riportata, se per un verso contiene tutti gli elementi che nel nostro diritto
penale sono considerati necessari ad integrare il reato associativo, a questi aggiunge una precisa individuazione dei possibili reati-fine, con la specificazione del minimo di pena edittale
perché questi possano assumere rilevanza, in modo da essere applicabile anche in quegli stati
i quali, pur sanzionando i reati-fine in maniera più grave se commessi in forma associata, non
contemplano un’autonoma ipotesi di reato associativo.
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
della “partecipazione” all’organizzazione criminale come definita a livello
comunitario: il che, oltre a imporre un approfondimento giuridico complesso e
farraginoso, rischia di essere foriero di estenuanti contenziosi giudiziali.
molto più ragionevole, malgrado l’oggettiva infelicità del dato normativo,
è limitare la portata dell’inciso da ultimo richiamato all’ultima fattispecie specifica richiamata dalla lettera a), che individua un’ipotesi di reato non associativa,
quella di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152). In sostanza, la norma avrebbe il solo scopo di precisare che
non qualsivoglia condotta di traffico illecito di rifiuti, ancorché organizzata, è
suscettibile di determinare l’esclusione dell’operatore dalla gara in caso di condanna definitiva, ma soltanto quella che egli abbia posto in essere nella veste di
partecipe di un’organizzazione criminale (nel senso di cui al citato art. 2 della
dec. 2008/841/gaI)(13).
la lettera a) dell’art. 80 è completata dal richiamo ai delitti “commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di
agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo”. la previsione
si pone come complementare rispetto a quella (art. 67, comma 8, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) che preclude l’affidamento di appalti da parte delle amministrazioni pubbliche a soggetti condannati per i reati riconducibili alla criminalità
mafiosa, come da previsione dell’art. 51 comma 3-bis, cod. proc. pen.; quest’ultima disposizione, peraltro, è oggetto di autonomo richiamo quale condizione
ostativa nel comma 2 del medesimo art. 80 (su cui si tornerà appresso).
la lettera b) ricollega l’esclusione dell’operatore all’eventuale condanna
definitiva per una serie di gravi reati contro la pubblica amministrazione, in questo caso analiticamente elencati(14).
(13) - peraltro, in questo senso la disposizione in esame rischia di risultare sostanzialmente superflua: infatti, nell’ordinamento italiano le condotte suindicate sono di regola sanzionate ai
sensi dell’art. 416 cod. pen., quanto meno a titolo di concorso esterno, e individuando nel
traffico illecito di rifiuti un reato-fine del sodalizio criminale.
(14) - In particolare, si fa riferimento a condanne per concussione (art. 317 cod. pen.), corruzione
propria (artt. 319 e 321 cod. pen.) e impropria (artt. 318 e 321 cod. pen.) nonché in atti giudiziari (artt. 319-ter e 321 cod. pen.), induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319quater cod. pen.), anche se commesse nei confronti di incaricato di pubblico servizio (artt.
320 e 321 cod. pen.) o di membri degli organi delle comunità europee o di funzionari delle
comunità europee o di stati esteri (art. 322 bis cod. pen.), istigazione alla corruzione (art.
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RAFFAELE GRECO
sebbene l’elenco sia stato integrato rispetto all’originario schema di decreto, come da suggerimento del consiglio di stato(15), permangono lacune e omissioni difficilmente spiegabili, come ad esempio quella del peculato semplice
(art. 314 cod. pen.).
per il concetto di “frode”, invece, la lettera c) dell’art. 80 si limita a rinviare
all’art. 1 della convenzione relativa agli interessi finanziari delle comunità europee, stipulata ai sensi dell’art. K.3 del trattato ue(16), una previsione limitata ai
soli fatti commessi in danno delle comunità europee ed idonea a ricomprendere, oltre alle condotte truffaldine in senso stretto (ossia connotate da quelli che
in gergo penalistico potrebbero definirsi artifici e raggiri), anche quelle ipotesi
di reato nelle quali la condotta maliziosa si concreta in un’omissione o nel mero
silenzio, nonché quelle in cui essa interviene nella fase successiva all’ottenimento di una prestazione patrimoniale da parte delle comunità europee, sostanziandosi in una “distrazione” della stessa dai suoi fini istituzionali. tra le fattispecie delittuose esistenti nel nostro ordinamento ed astrattamente riconducibili
alla disposizione in oggetto, possono citarsi quelle di malversazione (art. 316-bis
cod. pen., come mod. dalla l. 7 febbraio 1992, n. 181), di indebita percezione di
322 cod. pen.), traffico di influenze illecite (art. 346-bis cod. pen.), turbata libertà degli incanti (art. 353 cod. pen.) o della scelta del contraente (art. 353-bis cod. pen.), astensione dagli
incanti (art. 354 cod. pen.), inadempimento (art. 355 cod. pen.) e frode (art. 356 cod. pen.)
nelle pubbliche forniture e corruzione tra privati (art. 2635 cod. civ.).
(15) - cfr. parere n. 815 del 2016, cit.
(16) - “ai fini della presente convenzione costituisce frode che lede gli interessi finanziari delle
comunità europee:
a) in materia di spese, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:
• all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti
cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale
delle comunità europee o dai bilanci gestiti dalle comunità europee o per conto di esse;
• alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui
consegua lo stesso effetto;
• alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi;
b) in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:
• all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti
cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle comunità europee o dei bilanci gestiti dalle comunità europee o per conto di esse;
• alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui
consegua lo stesso effetto;
• alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto”.
18
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
erogazioni pubbliche (art. 316-ter, cod. pen., introdotto dalla l. 29 settembre
2000, n. 300), di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche
(art. 640-bis cod. pen.) e di indebito conseguimento di contributi comunitari
(art. 2, l. 23 dicembre 1986, n. 898). restano escluse, invece, non solo l’ipotesi
di truffa semplice (art. 640 cod. pen.), ma anche quelle di truffa aggravata in
danno dello stato (art. 640, comma 2, n. 1, cod. pen.).
la lettera d), con il riferimento ai “delitti, consumati o tentati, commessi
con finalità di terrorismo, anche internazionale, e di eversione dell’ordine costituzionale”, evoca le fattispecie incriminate dagli artt. 270 cod. pen. (associazione sovversiva) e 270-bis cod. pen. (associazioni con finalità di terrorismo anche
internazionale o di eversione dell’ordine democratico), nonché le previsioni
satellite introdotte dalla legislazione del 2001-2005 (artt. 270-ter, 270-quater e
270-quinquies cod. pen.), ivi compresa la circostanza aggravante della finalità
terroristica (art. 270-sexies cod. pen.)(17).
la successiva lettera e), con netto progresso rispetto alla normativa previgente, richiama tutte le vigenti norme incriminatrici in materia di riciclaggio(18),
e quindi gli artt. 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 cod. pen., nonché l’ipotesi di finanziamento del terrorismo di cui all’art. 1, d.lgs. 22 giugno 2007, n. 109.
(17) - stante l’onnicomprensività del richiamo, non si comprende la finalità dell’ulteriore specificazione, apposta in coda alla previsione dianzi riportata, dei “reati terroristici o reati connessi
alle attività terroristiche”: verosimilmente si tratta di un mero refuso, non corretto in sede di
predisposizione del testo finale del decreto.
(18) - a norma dell’art. 1, par. 2, della direttiva 2005/60/ce del 26 ottobre 2005 del parlamento
europeo e del consiglio, costituiscono “riciclaggio” le seguenti condotte, purché commesse
“intenzionalmente”:
“a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in
tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;
b) l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza
che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
c) l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro
ricezione, che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l’associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a
commetterlo o il fatto di agevolarne l’esecuzione”.
19
RAFFAELE GRECO
Infelice, poi, è anche la previsione di cui alla lettera f) che richiama le fattispecie di sfruttamento del lavoro minorile “definite con il decreto legislativo
4 marzo 2014, n. 24”, senza considerare che tale ultimo decreto non ha introdotto nuove ipotesi di reato, ma si è limitato a intervenire su norme penali già
esistenti. così essendo formulata la norma, resta il dubbio se e in quali casi essa,
oltre che al reato di tratta di persone (art. 601 cod. pen.), possa estendersi anche
a figure affini quali la riduzione in schiavitù (art. 600 cod. pen.) e la prostituzione minorile (art. 600-bis cod. pen.). In ogni caso, è auspicabile che sia di assai
rara verificazione l’ipotesi in cui il concorrente risulti gravato da precedenti
penali per tali gravi fattispecie.
si è già detto, infine, della limitata portata della clausola “di chiusura” di
cui alla lettera g) del comma 1 dell’art. 80, che conclude l’elenco delle fattispecie
di reato escludenti.
con riguardo all’individuazione dei soggetti che operano per l’impresa
concorrente, nei cui confronti va accertata l’insussistenza della causa di
esclusione, il nuovo codice ha ampliato il novero delle figure in questione
recependo le indicazioni dell’adunanza plenaria del consiglio di stato(19), la
quale nel vigore della normativa del 2006 aveva enunciato il principio per cui
l’accertamento del requisito di moralità de quo va effettuato nei confronti di
tutti i soggetti i quali, in ragione della struttura e composizione sociale, svolgono in via ordinaria l’attività di gestione intesa ad attuare l’oggetto sociale
dell’impresa.
Il comma 3 dell’art. 80 oggi stabilisce che l’esclusione di cui al precedente
comma 1 opera nei confronti del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di
impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in
nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di
società in accomandita semplice; infine, se si tratta di altro tipo di società o consorzio, dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la
legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza, dei soggetti muniti di poteri
di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio
unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con
meno di quattro soci.
(19) - sent. 16 ottobre 2013, n. 23.
20
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
come notato dai primi commentatori(20), il riferimento anche ad altri “soggetti” muniti di poteri di rappresentanza, direzione e controllo, diversi dagli
amministratori in senso proprio, consente di estendere la previsione non solo
ai sindaci di società di capitali e agli altri organi di vigilanza, ma anche ai procuratori ad negotia, per i quali la plenaria, contraddicendo il precedente indirizzo
giurisprudenziale, aveva affermato non potersi escludere che essi, pur essendo
soggetti alla direzione e al controllo di chi gli ha rilasciato la procura, avessero
comunque un potere di rappresentanza e manifestazione della volontà dell’impresa, sia pure con riguardo a un oggetto limitato(21).
Inoltre, la norma riproduce la previsione, già contenuta nel previgente
art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, secondo cui l’operatività della causa di esclusione si estende anche ai soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la
data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che
vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.
la formulazione normativa a sua volta recepisce gli approdi della pregressa consolidata giurisprudenza, che ha sempre considerato non sufficiente una
generica e formale dichiarazione di dissociazione, esigendo invece concreti e
documentati comportamenti dell’impresa indicativi di una reale presa di distanze dal precedente amministratore, quale è tipicamente la proposizione di azione
di responsabilità nei suoi confronti(22).
è pacifico, invece, che la rimozione dell’amministratore in carica non consente all’impresa di far venir meno la causa di esclusione de qua, dal momento
(20) - cfr. V. capuzza, Nuove previsioni e nuove criticità nell’art. 80 del Codice Appalti, in
www.giustamm.it, n. 9/2016.
(21) - In precedenza, sulla scorta di un’accezione rigorosa della nozione di “rappresentanza”, si riteneva che occorresse la prova che il soggetto in questione esercitasse in modo pieno e continuativo
il potere di esternare la volontà dell’impresa: pertanto, si ritenevano tenuti al rispetto del requisito gli institori (cons. stato, sez. VI, 8 febbraio 2007, n. 523) e i procuratori generali (cons.
stato, sez. VI, 12 ottobre 2006, n. 6089; id., sez. V, 28 giugno 2004, n. 4774), ma non anche i
procuratori speciali, a meno che non fosse documentato il conferimento di fatto agli stessi di
ampie funzioni di rappresentanza nel senso precisato (e fatta salva la facoltà di prevedere espressamente nel bando l’obbligo di attestare la sussistenza del requisito anche per altri soggetti).
(22) - cfr. cons. stato, sez. V, 11 settembre 2007, n. 4804; tar lazio, sez. III-ter, 17 luglio 2007,
n. 6502; id. 16 novembre 2006, n. 12512; tar lazio, sez. III, 20 aprile 2004, n. 3386; tar
catania, sez. I, 24 marzo 2004, n. 742.
21
RAFFAELE GRECO
che la legge non consente la dissociazione dalla condotta illecita dell’amministratore che abbia sottoscritto la domanda di partecipazione alla gara, operando
in tal caso una presunzione assoluta di inaffidabilità che non è superabile neanche assumendo l’ignoranza da parte dell’impresa dei precedenti penali del suo
rappresentante(23).
In sostanza, si è sempre ritenuto che l’esistenza di un precedente ostativo
abbia efficacia oggettiva indipendentemente dalla conoscenza che gli attuali
rappresentanti dell’impresa ne abbiano, e che comunque costoro, prima di presentare la domanda di partecipazione alla gara, abbiano l’onere di verificare la
sussistenza dei detti precedenti provvedendo a visura del casellario giudiziale ai
sensi dell’art. 33 del d.p.r. 14 novembre 2002, n. 313, strumento attraverso il
quale è possibile accertare anche le condanne per le quali l’interessato abbia
beneficiato della non menzione nel casellario medesimo(24).
quanto invece alle condanne riportate dall’amministratore prima di assumere la carica, la giurisprudenza, argomentando dalla natura esclusivamente personale della responsabilità penale, nonché tenuto conto della circostanza che la
ratio della disposizione è quella di tutelare l’amministrazione contro l’inaffidabilità del soggetto che è in ogni caso il suo interlocutore contrattuale, ha sempre
concordemente affermato che è del tutto irrilevante, agli effetti della causa di
esclusione di che trattasi, che la condanna sia stata riportata dall’amministratore
o dal direttore tecnico dell’impresa concorrente prima di assumere tale carica,
dal momento che la preclusione è destinata a operare senza limiti di tempo(25).
peraltro, è doveroso segnalare che sull’estensione agli amministratori e
rappresentanti cessati dalla carica dell’obbligo di dimostrare l’assenza di precedenti penali ostativi sono stati di recente sollevati dubbi di compatibilità comunitaria: in particolare, la sesta sezione del consiglio di stato, nel formulare rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia dell’unione europea nei confronti dell’art.
38 del d.lgs. n. 163/2006 in parte qua, ha ritenuto contrastante con le retrostanti
direttive europee la previsione a carico dell’impresa di obblighi dichiarativi estesi
(23) - cfr. tar toscana, sez. II, 5 ottobre 2006, n. 4212.
(24) - sul punto, da ultimo, cfr. cons. stato, sez. IV, 3 maggio 2016, n. 1717.
(25) - cfr. cons. stato, sez. IV, 26 luglio 2004, n. 5318; cons. stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3380;
id. 12 ottobre 2002, n. 5523.
22
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
a vicende penali non ancora definite, di obblighi di dissociazione a contenuto
incerto e indefinito e di obblighi collaborativi anch’essi a contenuto incerto e
legati al generico dovere di agire secondo buona fede(26).
al momento della redazione del presente contributo, la corte non si è
ancora pronunciata sulla questione.
la risoluzione della questione da ultimo richiamata potrebbe avere ripercussioni anche su talune estensioni ulteriori dell’operatività della causa di esclusione connessa all’esistenza di sentenze penali di condanna definitive, ormai
corrispondente al “diritto vivente” in materia alla stregua della più recente giurisprudenza: ci si riferisce all’obbligo di verificare e dichiarare anche tutti i precedenti penali riportati dai soggetti che nell’anno antecedente la pubblicazione
del bando hanno rivestito ruoli di rappresentanza o direzione (nel senso sopra
precisato) nell’ambito di società che abbiano ceduto l’azienda o un suo ramo
all’impresa concorrente, ovvero che siano state da questa inglobate a seguito di
fusione o incorporazione. In questi casi la giurisprudenza, pur ribadendo l’esigenza di rispettare il principio di tassatività delle cause di esclusione, ha ritenuto
che l’estensione si giustifichi per essere le vicende societarie in discorso rientranti nella fisiologia della vita dell’impresa e quindi implicitamente contemplate
dalla disposizione che fa obbligo ai concorrenti di dichiarare la posizione penale
anche degli amministratori cessati nell’ultimo anno, tenuto conto di evitare che
attraverso le operazioni in discorso si realizzi una sostanziale elusione del detto
obbligo(27).
4. Misure di prevenzione e antimafia
Il comma 2 dell’art. 80 raggruppa in un’unica disposizione le diverse tipologie di fattispecie escludenti connesse alla legislazione antimafia, a sua volta oggi
contenuta nell’unico d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cosiddetto “codice antimafia”), che ha superato la previgente frammentazione in svariati testi della disciplina delle misure personali e patrimoniali di contrasto alla criminalità mafiosa.
(26) - cfr. cons. stato, sez. VI, ord. 21 marzo 2016, n. 1160.
(27) - cfr. cons. stato, ad. pl., 4 maggio 2012, n. 20, e 7 giugno 2012, n. 21.
23
RAFFAELE GRECO
In particolare, la disposizione in esame del codice degli appalti fa riferimento a due distinti settori della predetta legislazione di interesse per la contrattualistica pubblica, e segnatamente:
a. i divieti di avere rapporti contrattuali o di concessione con le amministrazioni pubbliche per i soggetti colpiti da misure di prevenzione antimafia, ovvero sottoposti al relativo procedimento (accertati attraverso la
“comunicazione antimafia” di cui agli artt. 88 e segg. del citato d.lgs. n.
159/2011);
b. l’accertamento di tentativi di infiltrazione mafiosa rilevanti in senso
impeditivo della capacità di essere interlocutore contrattuale della p.a. (attraverso la “informazione antimafia” di cui agli artt. 90 e segg. del medesimo
decreto).
con riguardo alla prima fattispecie, la norma richiama espressamente
l’art. 67 del codice antimafia, il quale disciplina gli effetti sulla capacità di
avere rapporti con la p.a. delle misure di cui al libro I, titolo I, capo II del
medesimo codice: si tratta delle misure di prevenzione personale che possono essere applicate dal tribunale competente ai condannati per delitti di
criminalità mafiosa (comma 8) nonché a varie ulteriori categorie di soggetti,
identificati sulla base di indici presuntivi come sospetti non solo di mafiosità, ma anche di legami con associazioni terroristiche e criminali di altro
tipo(28).
(28) - a norma dell’art. 4 del d.lgs. n. 159/2011, le misure di prevenzione personale possono applicarsi:
a) agli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. proc. (associazione
a delinquere di stampo mafioso);
b) ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. (reati
di particolare gravità ovvero aggravati dalla finalità di agevolare le associazioni mafiose)
ovvero del delitto di cui all’art. 12-quinquies, comma 1, del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv.
dalla l. 7 agosto 1992, n. 356 (possesso di beni o patrimoni di cui non si sia in grado di giustificare la provenienza);
c) ai soggetti di cui all’art. 1 del medesimo codice antimafia (e, quindi, che debbano ritenersi,
sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, o ancora che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di
reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità,
la sicurezza o la tranquillità pubblica);
24
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
l’art. 6 del d.lgs. n. 159/2011 tipizza le misure personali riproducendo le
“tradizionali” previsioni della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza
(comma 1), eventualmente accompagnata nei casi più gravi dal divieto di soggiorno in uno o più comuni (comma 2) o dall’obbligo di soggiorno in un
determinato comune (comma 3).
Il già citato art. 67 disciplina in modo onnicomprensivo tutte le incapacità
discendenti dall’essere stato un soggetto colpito, con provvedimento definitivo,
da una delle suindicate misure di prevenzione, ivi compresa l’impossibilità di
stipulare contratti con la p.a. (comma 1)(29); è altresì stabilita la decadenza dai
d) a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello stato, con la commissione di uno
dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del cod. pen. o dagli artt. 284, 285, 286,
306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di
terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero
a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all’art. 270-sexies
cod. pen.;
e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20
giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;
f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione
del partito fascista ai sensi dell’art. 1 della legge n. 645/1952, in particolare con l’esaltazione
o la pratica della violenza;
g) a coloro che, fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno
dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli artt. 8 e segg. della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lettera d);
h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti;
i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva,
in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all’art. 6 della legge 13 dicembre
1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche
sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della
reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono
dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica,
ovvero l’incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive.
(29) - per la precisione, i soggetti in questione non possono ottenere:
a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;
b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l’esercizio di attività imprenditoriali;
25
RAFFAELE GRECO
benefici in questione per effetto del sopravvenire del provvedimento definitivo
applicativo della misura di prevenzione (comma 2).
con riguardo alla fase di pendenza del procedimento di applicazione della
misura di prevenzione, questa non determina ipso jure l’impossibilità di conseguire le licenze, le concessioni e gli altri benefici, ma soltanto la previa comunicazione al tribunale competente, salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo,
attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti già disposti, ovvero di contratti derivati da altri già stipulati dalla p.a. (comma 6); in questo, come in ogni
altro caso, l’autorità giudiziaria può, prima ancora della definitiva irrogazione
della misura di prevenzione, disporre in via provvisoria i divieti suindicati ovvero sospendere interinalmente l’efficacia di contratti, concessioni, licenze e altri
benefici dei quali l’interessato sia già titolare (comma 3).
con specifico riferimento al settore dei contratti pubblici, l’art. 83, comma
1, del d.lgs. n. 159/2011 dispone che le pubbliche amministrazioni e gli enti
pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere
pubbliche, devono acquisire la documentazione antimafia di cui all’art. 84 del
medesimo decreto prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici (comma 1). Identico obbligo vale per i contraenti generali, figura oggi disciplinata dall’art. 194 del nuovo
codice degli appalti (comma 2). quanto alla sussistenza o meno dei divieti di
cui all’art. 67, questa è attestata dalla comunicazione antimafia (art. 84, comma
c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la p.a. e concessioni di servizi
pubblici;
d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la
p.a., nei registri della camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei
registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso;
e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;
f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per
lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;
g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque
denominate, concessi o erogati da parte dello stato, di altri enti pubblici o delle comunità
europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
h) licenze per detenzione e porto d’armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di
materie esplodenti.
26
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
2), acquisita attraverso la consultazione della banca dati nazionale antimafia
ovvero dal prefetto territorialmente competente (art. 87). In particolare, è stabilito che il rilascio della comunicazione de qua sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati quando da questa emerge l’insussistenza
di cause di divieto, decadenza o sospensione (art. 88, comma 1); nell’ipotesi
opposta, così come nel caso in cui si tratti di soggetto non censito nella banca
dati (art. 88, comma 3-bis), invece, il prefetto procede ai necessari accertamenti
istruttori, provvedendo a seconda degli esiti al rilascio di comunicazione “liberatoria” (se emerge che le suddette cause ostative non sono più sussistenti)
ovvero di comunicazione negativa (art. 88, commi 2 e 3). In questi ultimi casi,
è stabilito che il provvedimento prefettizio intervenga entro trenta giorni dalla
consultazione della banca dati (art. 88, comma 4), e che tuttavia, in caso di inutile scadenza di tale termine, la p.a. possa procedere egualmente sulla base di
mera autocertificazione del soggetto interessato, salva la revoca dal beneficio
concesso o il recesso dal contratto stipulato in caso sopravvenga una comunicazione antimafia negativa (art. 88, comma 4-bis, espressamente richiamato dall’art. 80, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016).
più recentemente, giusta l’art. 1, comma 52, della l. 6 novembre 2012, n.
190, è stato stabilito che i soggetti di cui all’art. 83 del codice antimafia debbano acquisire la comunicazione antimafia (così come anche l’informazione antimafia di cui si dirà subito appresso), indipendentemente dalle soglie stabilite
nello stesso codice, attraverso la consultazione della cosiddetta white list (tecnicamente, “elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non
soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa”) istituita presso ciascuna prefettura,
in cui devono essere riversati - e periodicamente aggiornati - gli esiti delle verifiche antimafia effettuate sulle imprese.
la seconda tipologia di fattispecie evocata dal secondo comma dell’art. 80
è quella dei tentativi di infiltrazione mafiosa attestati dall’informazione antimafia che la stazione appaltante deve necessariamente acquisire nella fase degli
accertamenti sul proprio potenziale interlocutore contrattuale.
attraverso tale informativa, come precisato nel comma 3 dell’art. 84 del
codice antimafia, il prefetto territorialmente competente verifica, oltre all’eventuale esistenza delle cause ostative di cui all’art. 67 del medesimo codice, anche
27
RAFFAELE GRECO
la “sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a
condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”, con il
possibile effetto di sancire l’incapacità dell’impresa di contrarre con la p.a. e la
sua estromissione dal mercato degli appalti pubblici.
secondo l’opinione prevalente(30), gli accertamenti antimafia integrano
un’attività di indagine amministrativa, destinata a risolversi, in caso di esito positivo, in una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva, che si
aggiunge alle misure di prevenzione antimafia giurisdizionali e prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all’associazione di tipo
mafioso. In effetti, l’informazione antimafia interdittiva determina un’incapacità di contrarre di tipo speciale, in quanto limitata alle amministrazioni pubbliche
ovvero ai soggetti di cui all’art. 83 del d.lgs. n. 159/2011 e non estesa ai rapporti
con soggetti privati(31).
Inoltre, ancorché acquisita nell’ambito di una specifica gara o ai fini della
stipulazione di uno specifico contratto, l’informazione antimafia interdittiva ha
efficacia generale, nel senso che produce i propri effetti anche in altri procedimenti riguardanti i medesimi soggetti (art. 86, comma 2-bis, d.lgs. n.
159/2016)(32).
quanto all’efficacia temporale dell’informazione antimafia, sebbene il
comma 2 dell’art. 86 del codice antimafia la fissi in un anno, è opinione prevalente che tale termine valga solo per l’informazione negativa (per la quale, pertanto, scaduto l’anno dovrà in ogni caso procedersi a nuovo accertamento)(33),
mentre per quella interdittiva si ritiene che essa abbia effetti illimitati, continuando a determinare l’incapacità contrattuale dell’operatore finché non intervenga un nuovo provvedimento prefettizio, in esito a rinnovate verifiche dalle
(30) - cfr. n. durante, I tentativi di infiltrazione mafiosa, in www.giustizia-amministrativa.it, dicembre
2016 (con richiami di giurisprudenza).
(31) - cfr. cons. stato, sez. IV, 20 luglio 2016, n. 3247.
(32) - ai sensi dell’art. 91, comma 7-bis, del d.lgs. n. 159/2011, l’informazione interdittiva è comunicata
all’osservatorio dei contratti pubblici istituito presso l’autorità nazionale anticorruzione, in modo
da rendere edotte tutte le stazioni appaltanti operanti sul territorio nazionale dell’esistenza della
causa ostativa, anche ai fini della risoluzione dei contratti in essere (cfr. comunicato del presidente
anac del 27 maggio 2015, pubblicato nella gazzetta ufficiale 23 giugno 2015, n. 143).
(33) - cfr. cons. stato, sez. III, 5 ottobre 2016, n. 4121; id., sez. V, 1 ottobre 2015, n. 4602.
28
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
quali sia emerso il venir meno della situazione di pregiudizio precedentemente
accertata(34). per gli stessi motivi, oltre che per l’applicazione del principio tempus
regit actum, gli effetti preclusivi dell’informazione interdittiva non sono superati
dalle eventuali condotte che il soggetto abbia posto in essere successivamente
all’emissione dell’informazione stessa, al fine di rimuovere il pericolo di infiltrazioni mafiose(35).
ai sensi dell’art. 86, comma 4, del d.lgs. n. 159/2011, i fatti dal cui accertamento può discendere l’adozione di un’informazione antimafia interdittiva
sono riconducibili a tre macrocategorie:
a. provvedimenti giudiziali a carico dell’operatore economico, adottati in
sede penale o di prevenzione;
b. accertamenti di polizia;
c. particolari vicende imprenditoriali che si presumono elusive degli obblighi rivenienti dalla legislazione antimafia.
sotto il primo profilo, innanzi tutto, vengono in rilievo non solo le condanne, ma anche i provvedimenti di rinvio a giudizio o di applicazione di misure
cautelari personali per determinate fattispecie di reato(36); in secondo luogo, i
provvedimenti applicativi di misure di prevenzione; infine, e salvo che ricorra
l’esimente di cui all’art. 4 della l. 24 novembre 1981, n. 689 (stato di necessità),
le ipotesi di omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei reati di cui agli artt. 317
e 629 cod. pen., aggravati ai sensi dell’art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla l. 12 luglio 1991, n. 203, da parte dei legali rappresentanti dell’impresa, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi
previste (su quest’ultima vicenda, che costituisce un’autonoma causa di esclusione nell’ordito dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, si tornerà appresso).
(34) - cfr. cons. stato, sez. III, n. 4121/2016, cit.; id., 22 gennaio 2014, n. 292; id., sez. VI, 30
dicembre 2011, n. 7002.
(35) - cfr. cons. stato, sez. III, 23 maggio 2013, n. 2798.
(36) - l’elencazione riproduce parzialmente quella contenuta nel già richiamato art. 4 del codice
antimafia, in riferimento alle misure di prevenzione personale: in particolare, sono richiamati
i delitti di cui agli artt. 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter cod. pen., i delitti di
cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. e di cui all’art. 12-quinquies del decreto-legge 8
giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
29
RAFFAELE GRECO
quanto alla seconda tipologia, si fa riferimento a ciò che può emergere
dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso
e di accertamento delegati dal ministro dell’interno ai sensi del d.l. 6 settembre
1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla l. 12 ottobre 1982, n. 726,
ovvero di quelli di cui all’art. 93 del codice antimafia, nonché dagli accertamenti
da effettuarsi in altra provincia a cura dei prefetti competenti su richiesta del
prefetto procedente ai sensi della norma suindicata.
ancor più evanescente e di delicata applicazione è la terza ipotesi, laddove il legislatore fa riferimento a “sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali
ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con
i soggetti destinatari dei provvedimenti” giudiziali sopra richiamati sub a),
“con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico
delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l’intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia”.
pertanto, è possibile evincere il tentativo di infiltrazione mafiosa anche da
vicende societarie (fusioni, scissioni, incorporazioni, cessioni d’azienda) che, per
le specifiche tempistiche e modalità con cui sono attuate e per il profilo dei soggetti coinvolti, possano denotare l’intento di eludere la legislazione antimafia.
le vicende fin qui esaminate, peraltro, non esauriscono l’ambito delle
situazioni dalle quali il prefetto può desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa: infatti, l’art. 91, comma 6, del d.lgs. n. 159/2011 consente di
tener conto anche di “provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati
strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”, nonché
dell’accertamento “delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la
condizione della reiterazione prevista dall’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689”.
Inoltre, nella prassi applicativa è rimasta diffusa la figura della c.d. informazione antimafia “atipica” (o supplementare), disciplinata dall’art. 1-septies
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
del già citato d.l. n. 629/1982, la quale si basa su elementi non così consistenti
da determinare un effetto interdittivo, ma tali da evidenziare comunque una
possibile compromissione dell’impresa; la peculiarità di tale informazione consiste nel rimettere la decisione sull’instaurazione o la prosecuzione del rapporto
contrattuale alla stazione appaltante, la quale, nel caso decida di escludere il soggetto interessato, sarà tenuta a una motivazione particolarmente puntuale e pregnante di tale scelta(37).
con riguardo, poi, all’individuazione dei soggetti cui estendere gli accertamenti sulla sussistenza dei tentativi di infiltrazione, oltre ai legali rappresentanti in
senso tecnico, il comma 5 del citato art. 91 consente di riferirli anche “ai soggetti
che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa”: la giurisprudenza ha quindi ritenuto legittimo che l’informazione interdittiva possa basarsi su situazioni soggettive dei soci, ancorché non amministratori
ma che risultino esercitare di fatto un’influenza dominante sulle scelte imprenditoriali(38). ma, nel concreto, la disposizione è impiegata in sede di verifiche prefettizie soprattutto per individuare la figura del cosiddetto “amministratore occulto”, ossia di chi, al di là della formale titolarità di cariche sociali, risulti sulla base
di indagini negoziali o patrimoniali esercitare un potere di fatto all’interno dell’impresa.
tale essendo il quadro normativo di riferimento, si comprende la delicatezza degli accertamenti sottesi alle informazioni antimafia, laddove le esigenze
di prevenzione delle infiltrazioni criminali e di tutela dell’ordine pubblico vanno
conciliate con la salvaguardia della libertà di impresa (che è costituzionalmente
garantita ex art. 41 cost.); la possibile labilità degli elementi su cui può basarsi
la misura interdittiva e la gravità dei suoi effetti risultano vieppiù evidenti se si
considera la ristrettezza dei possibili rimedi giudiziali a disposizione dell’interessato: infatti, in questo settore la giurisprudenza amministrativa ritiene di trovarsi
al cospetto di esercizio di discrezionalità tecnica della p.a., a fronte della quale
il sindacato giurisdizionale deve intendersi limitato ai soli casi di evidenti travisamenti o errori di valutazione, esclusa ogni possibilità di rinnovazione da parte
del giudice della valutazione riservata al prefetto(39).
(37) - sul punto, cfr. cons. stato, sez. III, 28 novembre 2013, n. 5698.
(38) - cfr., ad esempio, t.a.r. catania, sez. I, 28 aprile 2009, n. 793.
31
RAFFAELE GRECO
ecco perché il ministero dell’interno è intervenuto con apposite circolari per dettare le linee guida degli accertamenti e delle valutazioni da compiere
ai fini delle informazioni antimafia: in particolare, è stata sottolineata la necessità - anche nei casi in cui sussiste il massimo grado di certezza della situazione
di pericolo, essendovi già provvedimenti dell’autorità giudiziaria - di operare un
esame non atomistico ma complessivo degli elementi a disposizione, dovendosi
verificare sia la riconducibilità dei fatti evocati a contesti di criminalità organizzata o comunque a contesti significativi di atteggiamenti di contiguità con questa, sia l’attualità delle situazioni di pericolo indicate.
malgrado ciò, la giurisprudenza non sempre è univoca nell’individuare la
“soglia” degli elementi indiziari idonei a determinare l’adozione della misura interdittiva de qua: la dottrina che ha esaminato più di recente la produzione giurisprudenziale in materia(41) ha colto una “frattura” fra la posizione del consiglio di stato e
quella del consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana. per il consiglio
di stato è sufficiente che gli elementi posti a base dell’informativa abbiano una consistenza storico-oggettiva, e non congetturale, e che siano sintomatici del condizionamento che la mafia, in molteplici, cangianti e sempre nuovi modi, può esercitare
sull’impresa, anche al di là, e persino contro, la volontà del singolo; pertanto, può
trattarsi anche di elementi estranei all’orbita della rilevanza penale (come pure possono essere stati già valutati in sede penale, pervenendosi a proscioglimento o assoluzione), in quanto l’informazione antimafia da un lato non ha natura sanzionatoria,
e quindi non soggiace al principio della certezza probatoria “al di là di ogni ragionevole dubbio” ma semmai al criterio del “più probabile che non”, e per altro verso si
fonda su una mera prognosi di pericolosità, e quindi per definizione su un’anticipazione della tutela rispetto a quella da irrogare a fronte di reati già accertati(42).
(40)
(39) (40) (41) (42) -
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cfr. cons. stato, sez. III, 19 gennaio 2012, n. 254; id., sez. VI, 28 aprile 2010, n. 2441.
la più recente e la circolare dell’8 febbraio 2013, n. 11001/119/20(6).
cfr. n. durante, op. cit.
cfr. cons. stato, sez. III, 23 giugno 2016, n. 3505. da questo orientamento discende che fra
gli elementi che l’autorità prefettizia deve valutare vi sono:
a) i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale;
b) le sentenze di proscioglimento o di assoluzione;
c) la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso decreto legislativo n. 159 del 2011;
d) i rapporti di parentela;
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
diversamente, il c.g.a.r.s., muovendo dalla qualificazione dell’interdittiva
antimafia come “misura di prevenzione sui generis” suscettibile di produrre effetti pregiudizievoli anche nei confronti di soggetti incolpevoli, ritiene che i presupposti per la sua irrogazione vadano verificati con particolare rigore, al fine
di scongiurare possibili censure di incostituzionalità o - peggio - di incompatibilità comunitaria della relativa disciplina. ne discende che, affinché possa dirsi
accertato un tentativo di infiltrazione mafiosa, occorre:
a. che siano individuati e descritti atti idonei, diretti in modo non equivoco, a conseguire lo scopo di condizionare le decisioni dell’impresa;
b. che sia individuato almeno un autore o un mandante del tentativo di
infiltrazione;
c. che tale soggetto sia qualificabile come “mafioso in senso tecnico” (si
tratti, cioè: di soggetto attinto da provvedimenti giudiziari penali per mafia o
per altri “reati-spia”, espressivi di contiguità all’ambiente mafioso, ovvero di
soggetto con questi convivente, in ragione di una deliberata scelta di “contiguità”, che ne contraddistingua la condotta di vita)(43).
al di là della differente impostazione di fondo, nell’esame della casistica
applicativa è possibile cogliere delle linee abbastanza univoche in ordine alla
consistenza degli elementi indiziari che possono fondare la misura interdittiva
de qua: ad esempio, è pacifico che i rapporti di parentela, coniugio o affinità con
soggetti malavitosi non sono da soli sufficienti a suffragare l’ipotesi della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, dovendo accompagnarsi ad ulteriori
elementi che inducano a sospettare che il vincolo familiare assuma particolare
significatività sotto il profilo della contiguità, ed assicuri copertura ad operazioni
commerciali di carattere fiduciario, volte a favorire il reinvestimento o l’occultamento di risorse provenienti da attività illecite(44); che del pari insufficiente è la
e) i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia;
f) le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa;
g) le vicende anomale nella concreta gestione dell’impresa;
h) la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”;
i) l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al
ripristino della legalità (cfr. cons. stato, sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743).
(43) - cfr. c.g.a.r.s., 3 agosto 2016, n. 257.
(44) - cfr. t.a.r. napoli, sez. I, 1 agosto 2007, n. 7188.
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mera frequentazione con malavitosi, in mancanza di una specifica significatività
e pregnanza del dato emerso con la finalizzazione al condizionamento mafioso
dell’attività imprenditoriale(45); che, al contrario, possono assumere rilevanza il
fatto che un numero consistente di dipendenti di un’impresa sia direttamente
ricollegato o ricollegabile a sodalizi criminali operanti nel territorio e omogenei
tra loro(46), o che sussista una stratificata situazione di parentele dirette tra gli
amministratori della società e i partecipanti di un’organizzazione mafiosa tratti
in arresto(47).
5. Violazione di obblighi fiscali e contributivi
Il comma 4 dell’art. 80 del nuovo codice degli appalti, accomunando in
unica disposizione due cause di esclusione che nel tessuto normativo antevigente erano oggetto di distinte previsioni, stabilisce che costituisce causa di esclusione dalla partecipazione alle procedure selettive il fatto che un operatore economico abbia commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto
agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse o dei contributi
previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello stato in cui sono stabilite. rispetto alle norme precedenti, la norma riproduce il generico richiamo
d’impronta comunitaria a “imposte” e “tasse”, tradizionalmente inteso come
riferibile alla generalità degli obblighi discendenti dalle norme fiscali e tributarie,
mentre non crea particolari problemi l’ulteriore generale richiamo alla normativa contributiva e previdenziale.
In entrambe le ipotesi, condizione perché la preclusione possa operare e
che le violazioni commesse dall’operatore siano “gravi” e “definitivamente
accertate”. quanto al secondo requisito, non v’è dubbio che esso si risolva
nell’escludere la portata ostativa di violazioni ancora sub judice o oggetto di
contestazione in sede giudiziale o amministrativa, occorrendo un accertamento definitivo della violazione stessa: questo potrà discendere da una sentenza
(45) - cfr. cons. stato, sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6380.
(46) - cfr. t.a.r. reggio calabria, 23 marzo 2011, n. 192.
(47) - cfr. cons. stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5753.
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
passata in giudicato, laddove la violazione configuri un reato, ovvero da un
provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile, qualora si tratti di
mero illecito amministrativo. nel comma in esame, tale concetto viene esplicitato in riferimento alle sole violazioni tributarie, ma deve ritenersi valido anche
per quelle contributive (salvo quanto appresso si dirà in ordine agli effetti di una
successiva “regolarizzazione”).
quanto invece alla “gravità” della violazione, su questo punto l’art. 80
porta a compimento un progetto di progressiva erosione della discrezionalità
delle stazioni appaltanti, alla cui valutazione nell’assetto normativo previgente
era sostanzialmente rimessa la definizione della soglia di gravità delle violazioni
eventualmente accertate a carico dei concorrenti: soprattutto con riguardo alle
violazioni in materia previdenziale, l’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 aveva subito
plurimi interventi modificativi di coordinamento con la disciplina del documento unico di regolarità contributiva (durc), costituente il documento tipicamente attestante la condizione di regolarità o meno dell’impresa sotto il profilo
che qui interessa, e l’adunanza plenaria del consiglio di stato aveva chiarito
che, ferma restando la facoltà dell’operatore di impugnare direttamente il
durc che lo riguardasse, nell’ambito della procedura selettiva era escluso ogni
spazio di valutazione o sindacato da parte della stazione appaltante sulle risultanze del durc, il cui contenuto dunque ne vincolava le scelte in ordine alla
regolarità o meno del concorrente(48). oggi il legislatore fissa per entrambe le
ipotesi contemplate dal comma 4 dell’art. 80 delle soglie di gravità.
quanto agli obblighi in materia di imposte e tasse, così come era nell’ultima versione del previgente art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, vi è un
espresso richiamo all’art. 48-bis del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, norma
che, nel disporre l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di verificare previamente la regolarità fiscale dei soggetti nei cui confronti sono tenute a procedere
a pagamenti per importi superiori ai diecimila euro, consente di non provvedere
all’erogazione ove emergano inadempienze superiori a determinate soglie(49);
(48) - cfr. sent. 4 maggio 2012, n. 8.
(49) - “dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2 [si tratta del d.m. 18 gennaio 2008, n. 40, adottato in attuazione della norma in esame], le amministrazioni pubbliche
di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un
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RAFFAELE GRECO
pertanto, si può affermare che è consentita l’esclusione del concorrente nei soli
casi in cui sussistano a suo carico inadempienze relative alle imposte sui redditi
tali, per la loro entità, da legittimare l’omissione dei pagamenti ai sensi dell’art.
48-bis appena citato. anche con riguardo agli obblighi contributivi, la scelta del
nuovo codice è coerente con quella che era l’impostazione del previgente
comma 2 dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006: nel senso di considerare gravi, e quindi
ostative della partecipazione, quelle violazioni che impediscano il rilascio del
durc a norma delle vigente normativa (in questo caso, il richiamo è all’art. 8
del d.m. 30 gennaio 2015).
sul punto, è importante sottolineare che la verifica della regolarità contributiva operata dalla stazione appaltante sulla base della dichiarazione autocertificativa resa dal concorrente è riferita alla condizione dell’impresa alla data della
presentazione della domanda di partecipazione alla gara, e pertanto la regolarità
deve sussistere a tale data (oltre che, come per tutti i requisiti soggettivi di cui
all’art. 80 in esame, perdurare per tutta la durata della procedura selettiva e fino
alla stipulazione del contratto d’appalto), senza che possano avere alcun rilievo
le regolarizzazioni postume; in particolare, come evidenziato dall’adunanza
plenaria del consiglio di stato(50), in questo caso non può trovare applicazione
il cosiddetto “preavviso di durc negativo”, introdotto dall’art. 7, comma 3,
del d.m. 24 ottobre 2007 e oggi disciplinato dall’art. 31, comma 8, del d.l. 21
giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98(51),
importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non
procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente
per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo”
(comma 1); “con decreto di natura non regolamentare del ministro dell’economia e delle
finanze, l’importo di cui al comma 1 può essere aumentato, in misura comunque non superiore al doppio, ovvero diminuito” (comma 2-bis).
(50) - sent. 29 febbraio 2016, n. 5.
(51) - “ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (durc), in caso di
mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli enti preposti al rilascio, prima dell’emissione
del durc o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro
un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”.
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
il quale può operare solo nei rapporti fra l’impresa e l’ente previdenziale (e,
quindi, solo in relazione al durc chiesto direttamente dall’interessato).
l’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 80 recepisce la giurisprudenza(52)
formatasi in relazione agli effetti della regolarizzazione delle irregolarità fiscali
o contributive, cui in determinati casi il soggetto inadempiente può procedere
anche concordando apposite rateizzazioni per il pagamento: in particolare, è
stabilito che la causa di esclusione non opera “quando l’operatore economico
ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a
pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l’impegno siano stati formalizzati prima
della scadenza del termine per la presentazione delle domande”.
In realtà, questa disposizione contempla due fattispecie diverse, dal
momento che, se l’impresa ha già prima della presentazione della domanda di
partecipazione estinto il debito tributario o contributivo, nessuna irregolarità
per vero sussiste, e verosimilmente il senso della norma è che solo in tale ipotesi
il concorrente è ammesso a provare - anche in spregio a quanto dovesse risultare dal durc - l’inesistenza di violazioni in atto a suo carico; quanto invece
alla diversa ipotesi in cui invece egli si sia soltanto impegnato all’assolvimento
dei detti obblighi (di solito, mediante rateizzazione degli stessi), è in questo caso
che il legislatore ha recepito il pregresso indirizzo giurisprudenziale nel senso
della insufficienza della mera domanda di rateizzazione, occorrendo che questa
sia stata formalmente accolta dall’ente previdenziale anteriormente alla scadenza del termine di partecipazione alla procedura selettiva.
6. Violazioni in materia di lavoro e ambientali
Il comma 5 dell’art. 80 contempla, riferendole non solo ai concorrenti ma
anche ai loro subappaltatori nei casi di subappalto consentito, diverse ulteriori
cause di esclusione, quasi tutte riproducenti previsioni già esistenti nella legislazione antevigente.
alla lettera a) è prevista, innanzi tutto, l’esclusione degli operatori che si
(52) - cfr. cons. stato, ad. pl., 20 agosto 2013, n. 20; id., 5 giugno 2013, n. 15.
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RAFFAELE GRECO
siano resi responsabili di “gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in
materia di salute e sicurezza sul lavoro”, oltre che “agli obblighi di cui all’articolo 30, comma 3 del presente codice”; tale disposizione, a sua volta, introduce
fra i principi generali delle procedure d’appalto l’obbligo degli operatori economici di rispettare “gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti
dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni
internazionali elencate nell’allegato X” (quest’ultimo contiene un elenco delle
convenzioni vigenti in materia sociale e ambientale).
La ratio di questa causa di esclusione riposa nell’esigenza, sempre più
avvertita a livello europeo, di garantire un’effettiva reale parità di trattamento tra
gli operatori economici, al fine di salvaguardare il mercato comunitario a fronte
di nuovi assetti caratterizzati dall’espansione delle imprese dei cosiddetti nuovi
paesi industrializzati: pertanto, la concorrenza tra gli operatori comunitari e gli
operatori provenienti da tali aree (come repubblica popolare cinese e India),
per poter muoversi su piani paritari, deve avvenire sulla base di regole che non
possono prescindere dall’applicazione di una normativa sulle condizioni di
lavoro e sicurezza sul lavoro, in conformità al diritto europeo.
peraltro, la disposizione in esame sconta una certa ambiguità o infelicità
di formulazione che potrebbe ingenerare in futuro incertezze e contenziosi
applicativi: infatti, se è precisato che le infrazioni de quibus possono essere
dimostrate dalla stazione appaltante “con qualunque mezzo adeguato”, con
ciò lasciando chiaramente intendere che in questo caso non occorre un formale accertamento definitivo della violazione (a differenza da quanto avviene per
le violazioni in materia fiscale o contributiva), tuttavia subito dopo si riproduce
tralaticiamente l’inciso già contenuto nella lettera e) del comma 1 del previgente art. 38, d.lgs. n. 163/2006, secondo cui deve trattarsi di infrazioni “debitamente accertate”, il che pone il problema di quali siano i termini e le condizioni alle quali tale presupposto possa dirsi sussistente, e quindi ripropone il tema
della possibile necessità di un accertamento definitivo in sede amministrativa
o giurisdizionale(53).
(53) - a meno che in questo caso lo scopo della previsione sia proprio quello di escludere la necessità della “definitività” dell’accertamento, ammettendo quindi che la preclusione possa
discendere anche da un provvedimento amministrativo oggetto di impugnazione o da una
sentenza non passata in giudicato. nel regime previgente, tuttavia, l’opinione prevalente era
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
7. Fallimento e procedure concorsuali
la lettera b) del comma 5 dell’art. 80 dispone l’esclusione del concorrente
che si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi sia
in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.
la previsione deriva dall’ovvia esigenza di garantire l’affidabilità economica dell’interlocutore contrattuale dell’amministrazione, ciò che giustifica
l’estensione dell’esclusione anche alle ipotesi di procedura concorsuale in
corso, oltre che a quella di fallimento o altro stato parafallimentare già
dichiarato.
nel vigore della previgente disposizione ex art. 38, comma 1, lettera a),
d.lgs. n. 163/2006 (sostanzialmente identica a quella attuale, salve le modifiche
intervenute nel corso degli ultimi decenni in materia di legislazione fallimentare), è emerso in giurisprudenza un atteggiamento cauto, inteso a evitare che
possano essere poste in essere iniziative strumentali volte a escludere un’impresa da una o più gare d’appalto: per questo, andando forse al di là del dato
testuale, si è ritenuto che perché una procedura concorsuale potesse dirsi “in
corso” non fosse sufficiente il mero deposito del ricorso di fallimento da parte
di un creditore, occorrendo un pronunciamento quanto meno istruttorio dell’autorità giudiziaria che accertasse positivamente lo stato d’insolvenza(54).
si è però anche sottolineato, con riferimento al concordato preventivo,
che in questo caso siffatte preoccupazioni non dovrebbero sussistere, dal
momento che in tale tipo di procedura è lo stesso imprenditore a chiedere
l’ammissione alla fase concorsuale, con una condotta che ben può dirsi confessoria della consapevolezza del proprio stato di dissesto, di modo che la
procedura può dirsi in itinere già dal momento dell’istanza di ammissione al
concordato(55).
nel senso di ammettere che la stazione appaltante potesse attribuire rilevanza a infrazioni
delle quali fosse venuta a conoscenza con qualsiasi mezzo, fermo restando però che dovessero essere definitivamente accertate: sul punto, cfr. autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici, determinazione 12 gennaio 2010, n. 1.
(54) - cfr. cons. stato, sez. IV, 8 giugno 1999, n. 516.
(55) - cfr. cons. stato, ad. pl., 15 aprile 2010, n. 2155.
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RAFFAELE GRECO
8. Gravi illeciti professionali
estremamente innovativa rispetto alle disposizioni antevigenti è la previsione contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 del nuovo codice, laddove è prevista come fattispecie escludente l’ipotesi in cui “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”; è poi precisato che tra tali illeciti - e, dunque, l’elencazione non è verosimilmente tassativa - “rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un
precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un
giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno
o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti
suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento
della procedura di selezione”.
la disposizione appare sotto vari aspetti “eccentrica” rispetto all’impostazione generale dell’articolo in esame:
- per la già evidenziata non esaustività delle fattispecie di illeciti che possono dar luogo all’esclusione, tale da lasciare alla stazione appaltante un ampio
margine valutativo in ordine alle vicende pregresse dell’impresa;
- perché anche l’accentuazione dell’esigenza che gli illeciti professionali
accertati a carico del concorrente siano “gravi” offre all’amministrazione un
ulteriore elemento su cui esercitare la propria discrezionalità;
- per la previsione che i predetti illeciti possano essere dimostrati “con
mezzi adeguati”, a comprova che neanche in questo caso è necessario che sulla
condotta dell’operatore sia intervenuto un accertamento definitivo da parte di
autorità terze;
- per la genericità della stessa locuzione “gravi illeciti professionali” la
quale, ancorché riproduttiva del disposto comunitario, si presta a letture ben più
estensive dei previgenti riferimenti normativi a concetti, come quelli di “grave
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
negligenza o malafede” o di “errore grave”, che erano chiaramente ancorati allo
stretto ambito dell’esecuzione di precedenti contratti di appalto pubblico.
non sorprende, dunque, che in una prima lettura della disposizione de qua
si sia colta in essa una possibilità di “recuperare” la possibile portata escludente,
rimessa a motivata valutazione della stazione appaltante, anche di eventuali condanne penali riportate dall’imprenditore per reati ulteriori rispetto a quelli indicati nel comma 1 del medesimo art. 80; in tal senso si è espresso il presidente
dell’anac in un proprio comunicato, assumendo che nella formulazione
“gravi illeciti professionali” possono rientrare anche “i reati commessi nell’esercizio dell’attività professionale idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità
dell’esecutore”(56). tale opzione appare però poco convincente: infatti, al di là
della dubbia compatibilità con il principio di tassatività delle cause di esclusione
di un’operazione che “recuperi” per via ermeneutica, con riguardo a diversa
previsione, la rilevanza di fattispecie penali diverse e ulteriori rispetto a quelle
espressamente elencate nel comma 1, resterebbe comunque il fatto che in questi casi la causa di esclusione sarebbe configurabile solo laddove la condanna
abbia colpito il legale rappresentante dell’impresa, e non anche tutte le figure
soggettive specificamente elencate al comma 2 dell’art. 80 per l’ipotesi disciplinata dal comma precedente(57), e anche tale diversità nell’ambito soggettivo di
applicazione sarebbe alquanto difficile da spiegare.
peraltro, è proprio l’anac, giusta il disposto del comma 13 del medesimo
art. 80, il soggetto chiamato ad adottare apposite linee guida per “precisare, al fine
di garantire omogeneità di prassi da parte delle stazioni appaltanti, quali mezzi di
prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di
cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell’esecuzione di un procedente
contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)”.
ciò è avvenuto recentissimamente, con la delibera n. 6 del 16 novembre 2016(58),
con la quale si è cercato innanzi tutto di fornire indicazioni in ordine all’ambito
(56) - cfr. comunicato del presidente anac dell’11 maggio 2016. nelle recenti linee guida del 16
novembre 2016 (su cui, v. infra nel testo), la possibilità di esclusione è peraltro circoscritta
alle sole ipotesi di condanne non definitive per reati comunque ricompresi nell’elencazione
di cui al comma 1 dell’art. 80.
(57) - cfr. V. capuzza, op. cit.
(58) - In gazz. uff. n. 2 del 3 gennaio 2017.
41
RAFFAELE GRECO
oggettivo di applicazione della disposizione, riempiendo di contenuti le ipotesi
di gravi illeciti in essa tipizzati(59), e quindi di definire le modalità di accertamento
(59) - In particolare, ferma restando la necessità di una motivata valutazione della stazione appaltante in ordine alla compromissione dell’affidabilità e della moralità professionale del concorrente, fra le “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto”
sono individuati:
- l’inadempimento di una o più obbligazioni contrattualmente assunte;
- le carenze del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo scopo previsto;
- l’adozione di comportamenti scorretti;
- il ritardo nell’adempimento;
- l’errore professionale nell’esecuzione della prestazione;
- l’aver indotto in errore l’amministrazione circa la fortuità dell’evento che dà luogo al ripristino dell’opera danneggiata per caso fortuito interamente a spese dell’amministrazione stessa;
- nei contratti misti di progettazione ed esecuzione, qualunque omissione o errore di progettazione imputabile all’esecutore che ha determinato una modifica o variante ai sensi
dell’art. 106, comma 2, del codice, o della previgente disciplina (art. 132, d.lgs. n.
163/2006);
- negli appalti di progettazione o concorsi di progettazione, qualunque omissione o errore di
progettazione imputabile al progettista, che ha determinato, nel successivo appalto di lavori,
una modifica o variante, ai sensi dell’art. 102, comma 2, del codice, o della previgente disciplina (art. 132, d.lgs. nr. 163/2006).
quanto al “tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione
appaltante”, si è fatto riferimento ad atti idonei diretti in modo non equivoco a influenzare
le decisioni della stazione appaltante in ordine alla valutazione del possesso dei requisiti di
partecipazione, all’adozione di provvedimenti di esclusione e all’attribuzione dei punteggi.
con riguardo al “tentativo di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio”,
queste potranno avere a oggetto il nominativo degli altri concorrenti o il contenuto delle
offerte presentate.
quanto alle ipotesi del “fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” e “omettere
le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle procedure di selezione”, rilevano i comportamenti posti in essere dal concorrente con dolo o colpa grave volti a ingenerare,
nell’amministrazione, un convincimento erroneo su una circostanza rilevante ai fini della partecipazione o dell’attribuzione del punteggio, quali a titolo esemplificativo:
- la presentazione di informazioni fuorvianti in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione o ad altre circostanze rilevanti ai fini della gara;
- la presentazione di informazioni false relative a circostanze diverse dal possesso dei requisiti
generali o speciali di partecipazione;
- l’omissione di informazioni in ordine alla carenza, sopravvenuta rispetto al momento in cui
è stata presentata la domanda, di requisiti o elementi non specificatamente richiesti dal bando
di gara ai fini della partecipazione, ma indicati dall’offerente per conseguire un punteggio
ulteriore o per fornire le spiegazioni richieste dalla stazione appaltante nel caso in cui l’offerta
appaia anormalmente bassa.
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
degli illeciti in questione, essenzialmente attraverso la previsione dell’obbligo
delle stazioni appaltanti di comunicare tempestivamente all’anac, ai fini dell’iscrizione nel casellario, gli atti che possano avere rilevanza ai fini che qui interessano(60), e il dovere dell’operatore di attestare l’insussistenza delle situazioni
in questione attraverso apposita autocertificazione, salva la successiva verifica
da parte dell’amministrazione.
nella prassi applicativa anteriore al nuovo codice, l’individuazione delle
condotte suscettibili di dar luogo a esclusione dalla gara siccome integrante
“errore grave” ovvero “negligenza o malafede” è stata sempre guidata dal
principio della insufficienza di un qualsiasi inadempimento degli obblighi
contrattuali - quand’anche avesse dato luogo a risoluzione del rapporto da
parte dell’amministrazione - occorrendo invece che la condotta dell’impresa
fosse stata connotata da rilevanti violazioni dei doveri professionali o contrattuali, dolose o gravemente colpose, tali da compromettere il rapporto fiduciario
Fra le ulteriori ipotesi di gravi illeciti professionali suscettibili di determinare la motivata
esclusione del concorrente, oltre agli accordi con altri operatori volti a falsare la concorrenza,
sono individuati tutti i comportamenti contrari ai doveri di leale collaborazione che abbiano
comportato la mancata sottoscrizione del contratto per fatto doloso o gravemente colposo
dell’affidatario e la conseguente escussione della garanzia prevista dall’art. 93 del codice, e
infine i provvedimenti di condanna divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato, dell’autorità garante della concorrenza e del mercato per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e
posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare e i provvedimenti
sanzionatori divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato comminati dall’anac ai sensi dell’art. 213, comma 13, del codice e iscritti nel casellario
dell’autorità nei confronti degli operatori economici che abbiano rifiutato od omesso, senza
giustificato motivo, di fornire informazioni o documenti richiesti dall’autorità o che non
abbiano ottemperato alla richiesta della stazione appaltante di comprovare i requisiti di partecipazione o che, a fronte di una richiesta di informazione o di esibizione di documenti da
parte dell’autorità, abbiano fornito informazioni o documenti non veritieri.
(60) - In particolare, devono essere comunicati:
- i provvedimenti di esclusione dalla gara adottati ai sensi dello stesso art. 80, comma 5, lettera c), del codice;
- i provvedimenti di risoluzione anticipata del contratto, di applicazione delle penali e di
escussione delle garanzie;
- i provvedimenti di condanna al risarcimento del danno emessi in sede giudiziale e i provvedimenti penali di condanna non definitivi, di cui siano venute a conoscenza, che si riferiscono a contratti dalle stesse affidati.
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RAFFAELE GRECO
inter partes(61), fermo restando in ogni caso che non poteva essere disposta l’esclusione per infrazioni del tutto estranee all’ambito dei rapporti contrattuali, come
la denuncia o le sanzioni irrogate all’impresa dall’autorità garante della concorrenza per attività anticoncorrenziale(62).
questi orientamenti sono evidentemente destinati a mutare sulla base del
più ampio e rigoroso odierno dettato normativo.
9. Conflitti di interessi
l’art. 42 del nuovo codice degli appalti, in funzione di prevenzione e contrasto di corruzione e illegalità, prevede in via generale l’obbligo delle stazioni
appaltanti di adottare - fra l’altro - misure volte a “individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento
delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da
evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici”.
Il comma 2 del medesimo articolo precisa: “…si ha conflitto d’interesse
quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi
che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento
della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può
influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente,
un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere
percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto
della procedura di appalto o di concessione(63).
In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle
che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto
del presidente della repubblica 16 aprile 2013, n. 62”.
(61) - cfr. cons. stato, sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1071; tar lazio, sez. I-ter, 12 dicembre 2006, n.
14212. nello stesso senso, autorità di vigilanza, determinazione 15 luglio 2003, n. 13.
(62) - cfr. cons. stato, sez. V, 22 agosto 2003, n. 4750; tar piemonte, sez. II, 19 dicembre 2002,
n. 2090.
(63) - per buona parte, le disposizioni citate nel testo riproducono l’art. 24 della direttiva n.
2014/24/ue.
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
quest’ultima disposizione ha introdotto nel nostro ordinamento, per la
prima volta, una disciplina generale dell’obbligo di astensione dei dipendenti
pubblici nei seguenti termini: “…il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero
di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di
soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o
grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti o
organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti,
associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia
amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso
in cui esistano gravi ragioni di convenienza. sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.
se le disposizioni fin qui citate sono riferite ai soggetti pubblici, o comunque chiamati a operare nell’ambito della procedura di aggiudicazione per conto
della stazione appaltante, in modo speculare la lettera d) del comma 5 del
codice stabilisce la necessaria esclusione anche dell’operatore economico la cui
partecipazione “determini una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell’articolo 42, comma 2, non diversamente risolvibile”. dunque, ci si riferisce ai
casi in cui il concorrente si trovi, rispetto al personale della stazione appaltante,
in una delle relazioni che possono dar luogo a ipotesi di conflitto di interesse
nel senso testé precisato: e, in particolare, per i componenti della commissione
di aggiudicazione l’art. 77, comma 6, del codice espressamente ribadisce l’applicabilità - fra l’altro - dell’art. 42, comma 2, del medesimo decreto.
l’inciso per cui, in questi casi, all’esclusione del concorrente dalla procedura deve farsi luogo allorché la situazione di conflitto d’interesse non sia
“diversamente risolvibile” va inteso non come un generico richiamo ai possibili
rimedi “istituzionali” alle ipotesi in esame (astensione, sostituzione del soggetto
incompatibile ecc.), bensì con riferimento alla posizione del concorrente ed
all’esigenza di evitare automatismi e verificare la concreta incidenza della situazione sulla par condicio fra i partecipanti alla gara.
tanto sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, secondo cui alle autorità aggiudicatrici non incombe un obbligo assoluto di escludere sistematica-
45
RAFFAELE GRECO
mente gli offerenti in situazione di conflitto di interessi, dato che siffatta esclusione non sarebbe giustificata nei casi in cui si potesse dimostrare che tale situazione non ha avuto alcuna incidenza sul loro comportamento nella procedura
di gara, e non determina alcun rischio reale di pratiche atte a falsare la concorrenza tra gli offerenti; viceversa, l’esclusione è indispensabile qualora non esista
un rimedio più adeguato per evitare una qualsiasi violazione dei principi di parità di trattamento tra gli offerenti e di trasparenza(64).
ancora una volta, quindi, è riconosciuta alla stazione appaltante un’ineliminabile discrezionalità valutativa, dovendo apprezzarsi, prima di disporre
l’esclusione del concorrente, se la situazione di conflitto d’interesse, al di là della
sua astratta riconducibilità al parametro normativo, abbia in concreto inciso
sulla correttezza ed equità della competizione fra le imprese in gara e/o sulla
trasparenza e imparzialità della valutazione delle relative offerte.
affine alla situazione appena esaminata è quella disciplinata dalla successiva
lettera e), laddove si fa riferimento all’ipotesi in cui “una distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici
nella preparazione della procedura d’appalto di cui all’articolo 67 non possa essere risolta con misure meno intrusive”. In questo caso, la situazione di possibile
conflitto dipende dal fatto che uno o più concorrenti abbia partecipato alla predisposizione della documentazione di gara, o comunque alla fase preparatoria
che ha preceduto l’avvio della procedura selettiva, ciò che è suscettibile di porlo
in posizione di vantaggio rispetto agli altri partecipanti; si tratta di una situazione
ampiamente esplorata dalla giurisprudenza anteriore al codice del 2016, e che
oggi viene codificata sulla scorta delle retrostanti disposizioni comunitarie.
la specifica disciplina di questi casi è contenuta nell’art. 67, richiamato
dalla norma qui in esame, il quale impone alla stazione appaltante di adottare
“misure adeguate per garantire che la concorrenza non sia falsata dalla partecipazione del candidato o dell’offerente stesso”, precisando altresì che “…la
comunicazione agli altri candidati e offerenti di informazioni pertinenti scambiate nel quadro della partecipazione del candidato o dell’offerente alla preparazione della procedura o ottenute a seguito di tale partecipazione, nonché la
(64) - cfr. tribunale di I grado ue, sez. II, 13 ottobre 2015, t-403/12; id., 20 marzo 2013, t415/10.
46
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
fissazione di termini adeguati per la ricezione delle offerte costituisce minima
misura adeguata”. pertanto, è ragionevole concludere che il documentato assolvimento da parte dell’amministrazione di tale obbligo di comunicazione (e condivisione) integri una presunzione juris tantum di insussistenza in concreto di un
pregiudizio alla trasparenza e alla par condicio fra i concorrenti: nel senso che
incomberà a chi lamenti la violazione di tali principi l’onere di dimostrare che
la misura “minima” in questione sia stata inidonea o insufficiente a scongiurare
la lesione dei detti principi. siffatta conclusione si pone in linea con gli approdi
raggiunti, sulla scia della giurisprudenza comunitaria, dagli organi di giustizia
amministrativa che si erano occupati di situazioni del tipo di quella che qui
occupa nel quadro normativo anteriore al d.lgs. n. 50/2016(65).
10. Sanzioni interdittive a carico di persone giuridiche e società
la lettera f) del comma 5 dell’art. 80 opera un rinvio onnicomprensivo a
tutte le ipotesi in cui la legge stabilisca, a titolo di sanzione amministrativa principale o accessoria ovvero ad altro titolo, la misura dell’incapacità di contrarre
con la p.a. a carico di un soggetto associativo (persona giuridica, società etc.).
Il primo richiamo è alla già citata normativa introdotta dal d.lgs. n. 231/2001 in
tema di responsabilità delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni
anche prive di personalità giuridica per fatti-reato commessi da loro amministratori o da soggetti che abbiano operato per loro conto: fra le sanzioni che il
giudice penale chiamato a conoscere dei predetti reati può irrogare, a norma
dell’art. 9, comma 2, lettera c), del predetto decreto, vi è appunto il divieto di
contrattare con la pubblica amministrazione, “salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio” (inciso, quest’ultimo, che si riferisce chiaramente
alle vicende nella quali la società o l’associazione si ponga in qualità di utente
del servizio, e non di suo erogatore).
la norma ha però portata più ampia, risolvendosi in un rinvio “in bianco”
a tutte le disposizioni, anche future, nelle quali sia stabilito che determinate sanzioni comportino per una società o associazione il divieto di contrarre con la
(65) - cfr. cons. stato, sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4651.
47
RAFFAELE GRECO
p.a.; in particolare, sono specificamente richiamate le ipotesi di sospensione
dall’attività irrogabili dagli organi di vigilanza del ministero del lavoro, della
salute e delle politiche sociali in caso di accertate violazioni alle disposizioni in
materia di sicurezza sul lavoro, cui può seguire l’applicazione di una misura
interdittiva della contrattazione con la p.a., ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 9 aprile
2008, n. 81(66).
(66) - Il primo comma di tale norma così recita: “…al fine di far cessare il pericolo per la tutela
della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori
di cui all’articolo 92, comma 1, lettera e), gli organi di vigilanza del ministero del lavoro, della
salute e delle politiche sociali, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla
parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano l’impiego di
personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al
venti per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi
e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate
con decreto del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentito il
ministero dell’interno e la conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le
province autonome di trento e di bolzano (…)
si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione
oggetto di prescrizione dell’organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della
stessa indole (…)
l’adozione del provvedimento di sospensione è comunicata all’autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163, ed al ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell’adozione, da parte del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni
ed alla partecipazione a gare pubbliche.
la durata del provvedimento è pari alla citata sospensione nel caso in cui la percentuale dei
lavoratori irregolari sia inferiore al cinquanta per cento del totale dei lavoratori presenti sul
luogo di lavoro; nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia pari o superiore al
50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero nei casi di gravi e
reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero nei casi
di reiterazione la durata è incrementata di un ulteriore periodo di tempo pari al doppio della
durata della sospensione e comunque non superiore a due anni; nel caso di reiterazione la
decorrenza del periodo di interdizione è successiva al termine del precedente periodo di
interdizione; nel caso di non intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro
quattro mesi dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento è pari a due anni,
fatta salva l’adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione della durata
dell’interdizione a seguito dell’acquisizione della revoca della sospensione (…)”.
48
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
11. False dichiarazioni
la lettera g) del comma 5 dell’art. 80 in esame riprende, precisandola, la
previsione già contenuta nell’art. 38, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 163/2006,
con riguardo agli effetti ostativi dell’intervenuta iscrizione di un operatore economico nel casellario informatico tenuto dall’osservatorio sui contratti pubblici,
a suo tempo istituito presso l’autorità di vigilanza, a causa di false dichiarazioni
presentate ai fini della partecipazione a precedenti gare. la previsione aveva
suscitato incertezze e difficoltà applicative in relazione alla durata dell’interdizione dalla partecipazione nonché al rapporto fra l’accertamento della falsità avvenuto in sede di gara e la successiva iscrizione nel casellario (la quale può avvenire
anche a distanza di parecchio tempo, creando il problema di quale sia la posizione del soggetto interessato durante tale spatium temporis), ed infine quanto al rapporto fra l’operatività della causa di esclusione in discorso e l’eventuale reazione
dell’interessato avverso il provvedimento d’iscrizione, nell’ambito di un procedimento all’esito del quale potrebbe essere accertata l’insussistenza del mendacio
ovvero di mala fede da parte del dichiarante.
oggi il legislatore restringe l’ipotesi ostativa alla posizione dell’operatore
il quale risulti “iscritto nel casellario informatico tenuto dall’osservatorio
dell’anac per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione ai
fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione, per il periodo durante il quale
perdura l’iscrizione”.
pertanto, da un lato è precisato che l’esclusione dalle gare perdura per
tutta la durata dell’iscrizione, e per altro verso la fattispecie è limitata alle sole
dichiarazioni e documentazioni false prodotte ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione: sul piano letterale, tale specificazione circoscrive l’ambito
applicativo della disposizione al solo settore dei lavori pubblici, ove le imprese
si qualificano attraverso il rilascio di apposita attestazione da parte di soggetti
appositamente autorizzati (società organismi di attestazione - soa), sulla base
delle verifiche da questi compiute su documenti e dichiarazioni prodotte dagli
stessi operatori in ordine ai propri requisiti di moralità professionale nonché di
capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria (art. 84, d.lgs. n.
50/2016).
49
RAFFAELE GRECO
nella precedente disciplina contenuta nel d.lgs. n. 163/2006 era rinvenibile un’analitica disciplina delle modalità con cui poteva pervenirsi all’iscrizione
nel casellario informatico: in particolare, era previsto che le soa accertassero
la sussistenza oggettiva della falsa dichiarazione o falsa documentazione, dichiarando, di conseguenza, la decadenza dell’attestazione (art. 40, comma 9-ter) e la
segnalazione all’autorità, la quale, a sua volta, disponeva “l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. m bis), per un periodo
di un anno, dopo aver accertato che le false dichiarazioni siano state rese con
dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti” (art.
40, comma 9-quater).
Il fatto che nessuna di queste disposizioni sia stata riprodotta nel nuovo
codice, dal momento che è stato demandato all’anac di disciplinare con
apposite linee guida le modalità di funzionamento delle soa, ivi compresi gli
aspetti che qui rilevano (art. 83, comma 2), ha posto il problema dell’individuazione di una disciplina transitoria da applicare nelle more dell’adozione delle
dette linee guida; al riguardo, ferma restando l’integrale applicabilità della disciplina previgente ai fatti commessi sotto il suo vigore in virtù del principio tempus
regit actum, si è ritenuto, per gli eventuali illeciti commessi durante il “regime
transitorio” (e cioè fino all’emanazione delle linee guida di cui sopra), in base al
combinato disposto degli artt. 83, comma 2, e 216, comma 14, d.lgs. n.
50/2016, che siano applicabili sia le disposizioni di cui alla parte II, titolo III
del previgente d.p.r. n. 207/2010 - con la conseguenza che permane l’obbligo
delle soa di avviare i procedimenti di verifica della documentazione e delle
dichiarazioni esibite dall’impresa attestanda e (in presenza dell’accertamento
oggettivo della carenza dei requisiti) di comunicare all’autorità l’avvio e gli esiti
dei procedimenti svolti in contraddittorio con l’impresa - sia quelle contenute
nel regolamento del 26 febbraio 2014 in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’autorità(67).
quanto alla durata degli effetti dell’iscrizione, cui come visto si ricollega
la durata dell’esclusione dalle gare, stante la mancanza anche su tale punto di
alcuna previsione nel nuovo testo normativo, la soluzione più ragionevole è
(67) - cfr. comunicato del presidente dell’anac del 31 maggio 2016.
50
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
apparsa quella di ritenere applicabile la misura dettata all’art. 80, comma 12,
d.lgs. n. 50/2016 riguardante le false dichiarazioni o la falsa documentazione
presentate alla stazione appaltante nelle procedure di gara e negli affidamenti
di subappalto; tale disposizione, ispirata da evidente identità di ratio, così statuisce in via generale: “…In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa
documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la
stazione appaltante ne dà segnalazione all’autorità che, se ritiene che siano
state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa
documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi
del comma 1 fino a due anni, decorso il quale l’iscrizione è cancellata e perde
comunque efficacia”.
12. Violazioni del divieto di intestazione fiduciaria
la lettera h) del comma 5 dell’art. 80 riproduce la previsione della causa
di esclusione derivante dalla violazione del divieto di intestazione fiduciaria
posto dall’art. 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55, la cui ratio è di consentire
alle stazioni appaltanti di avere sempre certezza sulla reale identità dei propri
interlocutori contrattuali, a garanzia contro il rischio di infiltrazioni mafiose
occulte. tale disciplina, unitamente alle disposizioni attuative contenute nel
d.p.c.m. 11 maggio 1991, n. 187, sanzionava la violazione del divieto con la
sospensione o la cancellazione dell’impresa interessata dall’albo nazionale dei
costruttori.
tuttavia, una volta soppresso tale albo ed entrato a regime il sistema di
qualificazione basato sulla certificazione di qualità e sull’attestazione soa, si
era ritenuto che l’accertamento dell’avvenuta violazione spettasse alla stazione
appaltante attraverso il casellario informatico istituito presso l’autorità di
vigilanza, nel quale avrebbero dovuto essere inserite non solo le sanzioni pregresse, ma anche le notizie in ordine alle accertate violazioni del divieto: in
questo senso poteva giustificarsi l’espressione usata dal legislatore, che faceva
51
RAFFAELE GRECO
riferimento alle imprese che “hanno violato” il divieto medesimo, non essendo
più in vigore le sanzioni connesse all’iscrizione all’a.n.c(68).
la nuova disciplina intende apparentemente risolvere il problema, che si
era posto nel regime anteriore, dell’efficacia temporale di questa fattispecie
ostativa, statuendo che l’esclusione “ha durata di un anno decorrente dall’accertamento definitivo della violazione e va comunque disposta se la violazione non
è stata rimossa”: poiché tale ultimo inciso non può essere inteso nel senso di
legittimare un’operatività della causa escludente anche oltre il termine annuale
(ché in tal caso la previsione di quest’ultimo risulterebbe priva di senso), la
disposizione può ragionevolmente intendersi nel senso che, anche prima della
scadenza di detto termine, l’operatore interessato possa essere ammesso a
dimostrare di aver rimosso la situazione pregiudizievole, e quindi sottrarsi
all’esclusione, ovvero - ed è questa forse l’opzione preferibile - che anche dopo
la scadenza del termine de quo la stazione appaltante abbia l’onere di verificare
il possibile perdurare della situazione di violazione, ed in caso di esito positivo
escludere egualmente il concorrente.
In quest’ultima ipotesi, la causa di esclusione, destinata a operare in
modo automatico durante il termine annuale di durata della stessa, potrà
seguitare a operare in via eventuale, e previo accertamento, anche dopo la sua
scadenza. secondo l’autorità di vigilanza, la violazione del divieto di intestazione fiduciaria è configurabile, a meno che non vi sia stata regolare comunicazione dell’identità di un fiduciante regolarmente autorizzato, in tutti i casi in cui
risulti conferita, attraverso idonei strumenti giuridici, la legittimazione ad esercitare i diritti o le facoltà concernenti i beni dell’impresa a soggetti diversi dal
titolare concorrente.
a tal fine, non è necessario il trasferimento di beni dal fiduciante al fiduciario, essendo sufficiente che a quest’ultimo sia conferita una sostanziale
legittimazione a operare, permanendo formalmente la titolarità in capo al
fiduciante(69).
(68) - cfr. m. zoppolato, I requisiti di partecipazione ad appalti, in IL
SUI LAVORI PUBBLICI, milano, 2000, pagg. 224 ss.
(69) - cfr. determinazione n. 13/2003, cit.
52
REGOLAMENTO DELLA LEGGE
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
13. Violazione alla normativa sul collocamento di soggetti disabili
l’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, obbliga tutte le imprese partecipanti a bandi per appalti pubblici, o che intrattengano rapporti convenzionali
o di concessione con la p.a., a presentare preventivamente una dichiarazione
del legale rappresentante che attesti la regolarità dell’impresa sotto il profilo del
rispetto delle norme, contenute nella medesima legge, in materia di avviamento
al lavoro dei soggetti disabili (trattasi dell’obbligo delle imprese di maggiori
dimensioni di assumere determinate percentuali di lavoratori rientranti in particolari categorie “svantaggiate”).
già l’inserimento nell’art. 38 del codice, alla lettera l) del comma 1,
dell’attestazione de qua tra i requisiti generali di partecipazione aveva segnato
il recepimento della giurisprudenza che in precedenza aveva ritenuto che
essa costituisse una vera e propria condizione di ammissione alla gara, da
soddisfare fin dal momento della presentazione della domanda(70), soggiungendo che la prescrizione, discendendo da una norma imperativa, era destinata a imporsi anche indipendentemente da un suo specifico richiamo nel
bando di gara(71).
la previsione oggi contenuta alla lettera i) del comma 5 dell’art. 80 del
nuovo codice conferma ancora una volta la necessità di produrre la certificazione in questione. è altresì confermato, stante il tenore letterale della disposizione,
che anche i soggetti esonerati per legge dal rispetto della normativa de qua sono
tenuti a produrre un’apposita attestazione di non applicabilità, non potendo
sic et simpliciter omettere l’adempimento.
14. Omessa denuncia di reati
la lettera l) del comma 5 dell’art. 50 del nuovo codice riproduce, senza
variazioni, il disposto della previgente lettera m-ter) dell’art. 38, d.lgs. n.
(70) - cfr. cons. stato, sez. IV, 6 settembre 2005, n. 4560; id., sez. V, 18 novembre 2004, n. 7555;
id., sez. VI, 31 marzo 2004, n. 1736.
(71) - cfr. tar napoli, sez. I, 16 giugno 2006, n. 7064; id., 23 marzo 2006, n. 3132.
53
RAFFAELE GRECO
163/2006, introdotto dalla legge 15 luglio 2009, n. 94: la disposizione è riferita
ai soggetti e operatori economici i quali, in assenza di procedimento di prevenzione o di altra causa ostativa, siano stati vittime di reati di concussione (art. 317
cod. pen.) o estorsione (art. 629 cod. pen.) connotati dall’aggravante mafiosa
(art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in l. 12 luglio 1991, n. 203), e che
risultino aver omesso la relativa denuncia all’autorità giudiziaria. la previsione
è chiaramente ispirata dalla finalità di scoraggiare l’atteggiamento passivo e
omertoso delle vittime dei predetti gravi reati, e di incentivarne invece la denuncia da parte degli imprenditori(72).
Il legislatore specifica che la circostanza dell’omessa denuncia deve risultare dagli elementi posti a base della richiesta di rinvio a giudizio, che riflettono
le risultanze dell’indagine penale. per questo, è previsto che i procuratori della
repubblica, all’atto della richiesta di rinvio a giudizio per i reati in questione,
siano tenuti a trasmetterne segnalazione all’anac, per l’opportuna annotazione presso l’osservatorio dei contratti pubblici.
quanto all’efficacia del divieto, è precisato che essa concerne le richieste
di rinvio a giudizio formulate nell’anno antecedente la pubblicazione del bando
(senza che assuma alcuna rilevanza un eventuale ritardo dell’annotazione nel
casellario informatico): pertanto, una volta trascorso un anno dalla richiesta,
l’interessato può teoricamente richiedere all’osservatorio la cancellazione dal
sito della relativa segnalazione.
malgrado il suo lodevole intento moralizzatore, questa previsione è criticata in dottrina: in particolare, è stato sottolineato come sia poco garantista
ancorare il divieto alla semplice richiesta di rinvio a giudizio, quando il successivo processo penale potrebbe far cadere l’imputazione principale, facendo
quindi venir meno anche l’illiceità dell’omessa denuncia(73).
Inoltre, sul piano sostanziale si è evidenziato il forte rischio che un atteggiamento rigoroso nell’applicazione di tale causa di esclusione finisca per penalizzare due volte le vittime di gravi reati(74).
(72) - cfr. r. de nIctolIs, La riforma del Codice appalti, in URBANISTICA E APPALTI, 2009, 12, pagg. 1409 ss.
(73) - cfr. r. de nIctolIs, op. cit.
(74) - cfr. m. napolI, Imprese vittime della criminalità organizzata ed esclusione dalle pubbliche gare, in
URBANISTICA E APPALTI, 2009, 12, pagg. 1413 e ss.
54
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
15. Situazioni di controllo o collegamento tra imprese
l’ipotesi di esclusione dalle procedure di gara di operatori legati da vincoli
di controllo o collegamento societario costituisce una “tradizionale” previsione
dell’ordinamento italiano in materia di appalti pubblici, ricollegabile al più generale divieto di partecipazione a una stessa gara di soggetti legati da stabile comunanza d’interessi.
si tratta di divieti posti a garanzia della trasparenza delle gare, ritenendosi
che la partecipazione contestuale di imprese in conflitto d’interessi possa pregiudicarne il regolare svolgimento.
la disposizione oggi contenuta nella lettera m) del comma 5 del codice,
al riguardo, riproduce nella sua versione più recente il disposto del previgente
art. 38, comma 1, lettera m- quater), del d.lgs. n. 163/2006, intervenuto all’esito
di un tormentato e contraddittorio percorso giurisprudenziale: all’origine vi era
l’art. 10, della legge n. 109/1994, il quale affermava unicamente il divieto di partecipazione di imprese che si trovassero in situazione di “controllo” ai sensi dell’art. 2359 cod. civ. (norma che, come noto, qualifica come società controllate
quelle in cui altra società dispone della maggioranza dei voti nell’assemblea
ordinaria o di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in detta
assemblea, o comunque si trova soggetta a tale influenza sulla base di particolari
vincoli contrattuali), lasciando fuori dalla previsione restava la diversa ipotesi di
mero collegamento disciplinata dal comma 2 del medesimo articolo (laddove
l’influenza di una società sull’altra è soltanto “notevole” e, quindi, in qualche
modo meno penetrante).
In tale quadro normativo la giurisprudenza si era posta l’interrogativo se,
al di là del divieto assoluto introdotto per le sole situazioni di controllo societario, le stazioni appaltanti potessero prevedere nel bando di gara clausole di
esclusione ricollegate a situazioni che, pur senza assumere le caratteristiche di
cui al comma 1 dell’art. 2359 cod. civ., apparissero comunque idonee a pregiudicare la trasparenza della gara e la par condicio tra i concorrenti; si affermò così
l’opinione della legittimità dell’esclusione delle offerte provenienti da soggetti
in situazione di “collegamento sostanziale”, ossia caratterizzati da un’unicità di
centro decisionale, tale da indurre la stazione appaltante (che avrebbe dovuto
55
RAFFAELE GRECO
evidentemente motivare sul punto) a ritenere che fossero venute meno le garanzie di segretezza delle offerte con conseguente alterazione della regolarità della
gara.
In questo modo, si era introdotta una vera e propria causa di esclusione
ulteriore rispetto a quelle disciplinate dall’art. 38 del codice previgente, destinata a operare anche in assenza di espressa previsione nella lex specialis di gara, che
il legislatore aveva recepito nella previsione originaria dell’art. 34, comma 2, del
medesimo codice, laddove era vietata - appunto - la partecipazione contestuale
a una medesima gara che, sulla base di univoci elementi, apparissero legati da
un collegamento sostanziale.
tale norma aveva però suscitato perplessità e difficoltà applicative: a parte
le numerose questioni interpretative emerse in ordine all’individuazione degli
“univoci elementi”, si poneva il delicato problema del raggiungimento di un
equilibrio tra i due valori costituzionali, in questo caso giustapposti, della libertà
di iniziativa economica privata (art. 41 cost.), con la conseguente necessità di
garantire tendenzialmente a tutti gli operatori il libero accesso al mercato, e
della imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 cost.), che imponeva la
necessaria trasparenza delle procedure di gara. Inoltre, erano prospettati seri
dubbi di legittimità della disposizione anche sotto il profilo della compatibilità
comunitaria, la cui previsione non trovava riscontro nella normativa europea in
materia(75).
tali dubbi hanno trovato conferma in un’importante decisione della corte
di giustizia europea(76), nella quale è stata dichiarata incompatibile con il diritto
comunitario una disciplina nazionale che vieti in assoluto la partecipazione alla
medesima gara di appalto di imprese che siano tra loro in una situazione di collegamento.
(75) - In particolare, l’art. 63 della direttiva 2004/18/ce, al par. 2, riproduceva - sia pure in materia
di appalti aggiudicati dai concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici - la tradizionale definizione comunitaria di “impresa collegata”, qualificata come quella soggetta alla
“influenza dominante” di altra impresa; seguivano alcuni casi, largamente riconducibili a quelli
di cui al comma 1 del nostro art. 2359 cod. civ., in cui tale influenza dominante si presumeva.
Insomma, la nozione comunitaria di collegamento corrispondeva al nostro concetto di controllo, e pertanto tutte le altre situazioni di interferenza tra imprese restavano fuori da ogni
considerazione del legislatore europeo.
(76) - sent. 19 maggio 2009, c-538.
56
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
la corte ha osservato che non si può impedire, a priori, una disciplina
nazionale delle cause di esclusione dalle gare di appalto più severa di quella
comunitaria, la quale prevede le cause di esclusione come facoltative; pertanto,
non è senz’altro illegittima la disciplina italiana, che prevede cause di esclusione
obbligatorie.
tuttavia, la maggiore severità della disciplina nazionale da un lato deve
trovare giustificazione nell’esigenza di una migliore tutela della concorrenza,
della trasparenza e della par condicio, dall’altro incontra un limite nel principio di
proporzionalità.
Facendo applicazione di tali coordinate alla disciplina nazionale in tema di
controllo di imprese e gare di appalto, la corte ha rilevato che la legislazione italiana prevedeva una esclusione “automatica”, in quanto il solo fatto che vi fosse
una situazione di controllo precludeva la partecipazione alla medesima gara e
obbligava la stazione appaltante a dichiarare l’esclusione: tale automatismo,
secondo la corte, implicava una presunzione assoluta di reciproca influenza
nella formulazione delle offerte in gara, ostacolando la libera concorrenza nel
mercato comunitario e quindi contrastando con il principio di proporzionalità.
Il legislatore italiano è quindi intervenuto con il d.l. 25 settembre 2009, n.
135, convertito con modificazioni dalla l. 20 novembre 2009, n. 166, abrogando
il comma 2 dell’art. 34, d.lgs. n. 163/2006 e introducendo nella norma la già
citata lettera m-quater), con la quale la causa di esclusione in discorso è rimodulata in maniera coerente con i principi comunitari. In particolare, è stata eliminata ogni ipotesi di esclusione automatica, riconducendo la preclusione alla
partecipazione, per qualsiasi ipotesi di controllo o collegamento anche solo di
fatto, all’effettiva imputabilità a un unico centro decisionale delle relative offerte, che la stazione appaltante dovrà motivare sulla base di univoci elementi.
Inoltre, la previsione è stata completata con l’introduzione di un meccanismo
di accertamento della situazione di collegamento, incentrato sulla necessità di
un’autodichiarazione del concorrente in ordine alla sussistenza o meno di legami con altre imprese partecipanti alla gara e sulla successiva attività istruttoria
della stazione appaltante(77).
(77) - con successiva ulteriore novella del 2011, è stato specificato il tenore delle dichiarazioni da
rendere, le quali possono consistere alternativamente:
57
RAFFAELE GRECO
di tale compendio normativo il nuovo codice ha recepito, come detto, soltanto la previsione generale della citata lettera m-quater), letteralmente riprodotta
nella citata lettera m) dell’art. 80. quanto alle modalità di verifica e prova dell’assenza di tale situazione, ferma restando la necessità del rispetto del previo contraddittorio con l’interessato prima di disporne l’esclusione dalla procedura - che
è dovere discendente dalla stessa normativa europea di riferimento - soccorrono
le generali previsioni di cui al successivo art. 86 ed al generale obbligo di verifica
da esercitare con la consultazione della banca dati di cui all’art. 213, commi 8 e 9,
e del casellario informatico di cui al comma 10 del medesimo articolo.
16. Il cosiddetto self cleaning
una delle conclamate novità del d.lgs. n. 50/2016 è costituita dall’introduzione dell’istituto, fortemente voluto a livello comunitario (si veda, ad esempio,
l’art. 57 della direttiva 2014/24/ue), del cosiddetto self cleaning: in estrema sintesi, poiché alle istituzioni europee tendenzialmente ripugna - siccome contrario
ai principi di concorrenza e di massima apertura del mercato - che determinate
condizioni soggettive possano comportare l’esclusione di un operatore in perpetuo della partecipazione alle procedure di affidamento, si è ritenuto necessario codificare un meccanismo generale che consenta all’impresa interessata, in
contraddittorio con la stazione appaltante, di dimostrare di aver “recuperato” la
propria affidabilità e moralità professionale, ancorché compromesse da taluna
delle cause di esclusione oggi individuate dall’art. 80.
a) in una dichiarazione di non trovarsi in alcuna situazione di controllo rispetto ad alcun soggetto, e di aver formulato l’offerta autonomamente;
b) in una dichiarazione di non essere a conoscenza della partecipazione alla medesima procedura di soggetti che si trovano, rispetto al concorrente, in situazione di controllo, e di aver
formulato l’offerta autonomamente;
c) in una dichiarazione di essere a conoscenza della partecipazione alla medesima procedura
di soggetti che si trovano, rispetto al concorrente, in situazione di controllo, e di aver formulato l’offerta autonomamente.
era altresì previsto che l’eventuale esclusione dei concorrenti per la causa de qua potesse
essere disposta solo dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte economiche, evidentemente perché solo in tale momento possono essere acquisiti tutti gli elementi da valutare a
tal fine.
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I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
tuttavia, le modalità con cui tale istituto è stato in concreto introdotto nel
nostro ordinamento hanno suscitato molte perplessità nei primi commentatori,
inducendo perfino ad affermare che si tratti di norme nella sostanza inattuabili.
al riguardo, vengono in rilievo le disposizioni - largamente riproduttive delle
retrostanti previsioni comunitarie - contenute nei commi 7, 8, 9 e 10 dell’art. 80
in commento.
quivi è previsto, innanzi tutto, che: “…un operatore economico, o un
subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, limitatamente alle ipotesi in cui la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva
non superiore a diciotto mesi ovvero abbia riconosciuto l’attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, o al comma 5, è
ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque
danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti
di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti” (comma 7). di poi, è precisato che: “…se la stazione appaltante ritiene che le misure di cui al comma 7 sono sufficienti, l’operatore economico non è escluso della procedura d’appalto; viceversa dell’esclusione viene
data motivata comunicazione all’operatore economico” (comma 8).
con riferimento alla prima delle disposizioni citate, si è osservato(78) che
davvero non si comprende in base quali elementi la stazione appaltante possa
valutare di poter “perdonare”, andando al di là del giudicato penale, un operatore che si sia reso responsabile di reati di estrema gravità (mafia, terrorismo,
tratta di esseri umani ecc.), sia pure riportando una condanna al di sotto di una
soglia massima di pena, che appare peraltro a sua volta arbitraria.
soprattutto, non si comprende neanche sul piano teorico come l’interessato possa provare “di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato
dal reato o dall’illecito” per reati di tale natura ed entità (i quali, d’altro canto,
possono a loro volta costituire presupposto per altre e diverse forme di esclusione, in primis le misure antimafia).
di ancor più incerta lettura è il comma 9 dell’art. 80, il quale esclude
che del self cleaning possa avvalersi un operatore economico “escluso con
sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto” per tutta
(78) - cfr. V. capuzza, op. cit.
59
RAFFAELE GRECO
la durata di tale esclusione: innanzi tutto, come inutilmente evidenziato dal
consiglio di stato in sede consultiva(79), perché nel nostro sistema normativo
non esistono sentenze penali di condanna che “escludano” un operatore
dalle gare (esistendo, semmai, la già ricordata pena accessoria di cui all’art.
32-ter cod. pen.); inoltre, perché nei casi in cui sia stata irrogata la detta pena
accessoria va da sé, senza alcun bisogno di specifiche previsioni, che vi sia
preclusione dalla partecipazione alle procedure selettive per tutto il periodo
in cui essa si protrae.
Verosimilmente, la disposizione si spiega collegandola al successivo art.
10, il quale invece, intervenendo in modo incisivo anche nel sistema penale, stabilisce che: “…se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della
pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione,
ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata è pari a cinque anni, salvo
che la pena principale sia di durata inferiore, e in tale caso è pari alla durata della
pena principale”.
si è osservato che la vera finalità di questa disposizione è quella di consentire l’interdizione dalle gare anche per un periodo superiore a quello massimo
di tre anni stabilito dal citato art. 32-ter cod. pen., ma soprattutto - e paradossalmente - di consentirla, in questi casi per definizione meno gravi, per un
periodo maggiore di quello stabilito dall’ordinamento penale per le fattispecie
più gravi(80). l’anac ha di recente(81) tentato, limitatamente alla causa di esclusione di cui alla lettera c) del comma 5 dell’art. 80, di riempire di contenuti le
disposizioni in materia di self cleaning.
al riguardo, è stato innanzi tutto chiarito che le misure riabilitative devono
essere state poste in essere prima della scadenza del termine di presentazione
delle offerte, e che di esse l’operatore deve dare conto nella dichiarazione autocertificativa da allegare alla domanda di partecipazione. di poi, a titolo esemplificativo, come possibili misure idonee a integrare la riabilitazione di cui al
comma 7 dell’art. 80 sono state indicate, oltre al già richiamato impegno a risarcire l’illecito (delle cui criticità si è già detto):
(79) - cfr. parere nr. 855/2016, cit.
(80) - cfr. V. capuzza, op. cit.
(81) - delibera nr. 6/2016, cit.
60
I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE
ALLE GARE D’APPALTO
a. l’adozione di provvedimenti volti a garantire adeguata capacità professionale dei dipendenti, anche attraverso la previsione di specifiche attività formative;
b. l’adozione di misure finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni
attraverso interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale;
c. la rinnovazione degli organi societari;
d. l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione e di
gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e l’affidamento a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, del compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento;
e. la dimostrazione che il fatto è stato commesso nell’esclusivo interesse
dell’agente oppure eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di
gestione o che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di controllo.
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LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO
DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL
D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
DIEGO SABATINO
CONSIGLIERE DI STATO
CONSIGLIERE GIURIDICO DEL MINISTRO DELLA DIFESA
SOMMARIO: 1. La razionalità del sistema dei contratti pubblici. - 2. La struttura ordinante. - 3. I principi e l’ambito di applicazione. - 4. Le singole procedure di aggiudicazione. - 5.
Considerazioni conclusive
1. La razionalità del sistema dei contratti pubblici
È nel diritto comunitario, e nella sua progressiva espansione degli ambiti
di applicazione delle libertà fondamentali, che si rinvengono le ragioni del sempre maggiore ricorso a imprese private per la fornitura di beni e servizi in favore
del settore pubblico.
L’imposizione via via crescente del ricorso al mercato quale sistema ordinario di acquisizione ha determinato innovativi cambiamenti nel modus agendi
delle amministrazioni pubbliche le quali, tradizionalmente orientate a utilizzare
i meccanismi dell’evidenza pubblica al solo fine di meglio garantire l’interesse
pubblico durante lo svolgimento del rapporto, cercando così unicamente l’offerta più vantaggiosa, si sono trovate a dovere parimenti tutelare ulteriori principi, non ultimo il diritto alla massima partecipazione, aprendosi sempre di più
alla concorrenza intesa come valore in se stesso.
Il diritto dei contratti pubblici, sebbene sempre più improntato a logiche
privatistiche, continua tuttavia a mantenere profonde differenze concettuali
rispetto a quello comune, a causa della particolarità del soggetto stipulante.
63
DIEGO SABATINO
In particolare, il soggetto aggiudicatore pubblico differisce dai contraenti
privati per una serie di particolarità (l’utilizzo di risorse non proprie ma provenienti dalla finanza pubblica, ossia dalla collettività; la posizione di asimmetria
informativa rispetto ai privati; l’esposizione al rischio di abusi da parte dei propri agenti) che rendono difficile la mera trasposizione delle meccaniche privatistiche nel sistema dell’evidenza pubblica(1).
Queste differenze vengono ad incidere sulla possibilità stessa dello svolgimento della funzione (basti pensare che, non gestendo denaro proprio, l’amministrazione potrebbe ben muoversi eludendo gli schemi del vantaggio economico tipici del settore privato) e comportano l’adozione di strumenti differenziati,
costruiti appositamente per supplire alla mancanza della spinta al guadagno che
anima l’imprenditore privato.
Tali ragioni, e gli strumenti giuridici adottati per attuarle, rendono ordinariamente l’agire amministrativo meno elastico e fluido di quello privato. Basti pensare al fatto che molti strumenti della gestione commerciale, normalmente usati
dalle imprese private, sono espressamente negati al contraente pubblico (si pensi,
ad es., al rinnovo di un contratto di fornitura, alla creazione di una società di
scopo per la realizzazione di un’opera o altro ancora). E tale rigidità diventa ancora maggiore nei casi in cui siano da rinegoziare le clausole contrattuale in caso di
sopravvenienze. Questo impatto comporta, sin dall’introduzione delle norme
sulla contabilità pubblica, un mutamento prospettico nella gestione della vicenda
contrattuale pubblica, da un lato, rafforzando la normale centralità del contratto
e rendendola intangibile e, dall’altro, procedimentalizzando la fase della selezione
della controparte negoziale in modo tendenzialmente estraneo al diritto privato.
L’estrema formalità della procedura ad evidenza pubblica ha quindi una
ragione profonda, in un certo senso inevitabile, e coerente con le motivazioni stesse che fondano il comportamento dell’amministrazione.
Tuttavia, questo non impone un completo immobilismo negli strumenti
della contrattualistica.
(1) - Le ragioni economiche che muovono le scelte degli operatori giuridici sono sempre più oggetto di attenzione in una pluralità di settori disciplinari che si muovono a cavallo delle tradizionali materie del diritto pubblico, dell’economia politica e della finanza pubblica. Per tutti, si
rinvia a NAPOLITANO G., ABRESCIA M., Analisi economica del diritto pubblico, Bologna, il Mulino,
2009, in specie pagg. 95-97.
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LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016
Innanzi tutto, la funzione stessa del contratto è oggetto di studi sotto ulteriori punti di vista, che ne superano il momento giuridico per esaminarne il
valore di strumento per la regolazione di comportamenti ottimali degli operatori economici (e in questo senso è particolarmente significativa quest’anno l’attribuzione del Nobel per l’economia a due studiosi che si sono cimentati nella
comprensione del modo di funzionamento dei contratti e delle possibilità che
questi offrono per l’incremento della funzionalità sul lavoro). Per altro verso, è
il fenomeno della globalizzazione dei mercati a introdurre significative novità
negli strumenti contrattuali, che si dimostrano sempre più orientati al recepimento di interventi sovranazionali.
Questo secondo profilo appare permeare intensamente il tema dei contratti qui in esame, dove le direttive del 2014, recepite nel Codice del 2016(2),
sono a loro volta il frutto di un movimento di riforma che aveva già portato alle
modifiche del 2012 dell’AAP - Accordo sugli appalti pubblici (che fa parte degli
allegati all’accordo che istituisce l’OMC Organizzazione mondiale per il commercio) e che mira ad introdurre strumenti di maggiore flessibilità nella negoziazione delle pubbliche amministrazioni (che nel D.Lgs. 50 sono esaltate, in
particolare, dai due nuovi tipi procedurali, ossia la procedura competitiva con
negoziazione e il partenariato per l’innovazione).
Nel dettaglio, lo scopo delle innovazioni derivanti dalle direttive del 2014
è quello di permettere agli operatori pubblici di agire, anche in contesti dinamici
o critici, in maniera propositiva nella ricerca delle soluzioni che soddisfino le
loro esigenze.
(2) - Il Codice del 2016 è il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recante “Attuazione delle direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione,
sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua,
dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in
materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”. Il legislatore non ha adottato
la terminologia previgente, quella del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che espressamente si titolava “ Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, ma ha tuttavia raccolto e attuato nell’unico testo le tre
direttive del 26 febbraio 2014 in tema, ossia rispettivamente la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici e che
abroga la direttiva 2004/18/CE; e la direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli
enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga
la direttiva 2004/17/CE.
65
DIEGO SABATINO
L’impronta del diritto dei contratti di origine internazionale è del tutto
palese nel nuovo Codice(3), dove le disposizioni in materia di procedure di aggiudicazione dei contratti dei settori ordinari hanno lo scopo precipuo di connettere la disciplina nazionale a quella sovranazionale come recentemente evolutasi. È questo il senso da attribuire ad una serie di significative innovazione che
connotano il D.Lgs. 50 rispetto al suo predecessore del 2006. Innanzi tutto,
emerge il più marcato ruolo della procedimentalizzazione, anche nelle forme
della negoziazione tra appaltatore e impresa, che, attribuendo maggiori garanzie
al privato partecipante, mira a favorire ulteriormente l’apertura alla concorrenza. Inoltre, anche tramite l’intervento sui principi generali, il profilo della mera
maggiore utilità del soggetto appaltante è divenuto recessivo di fronte alla tutela
degli obiettivi comunitari di sviluppo e di trasparenza, sempre predominanti,
anche a scapito delle ragioni nazionali. In questo senso, è significativa l’attenzione comunitaria sul divieto di aggravamento delle procedure, cosiddetto divieto di gold plating, che ha determinato, in molte parti del decreto legislativo, ad una
vera trasposizione secca della direttiva comunitaria all’interno dell’ordinamento
italiano senza alcune intermediazione, secondo la tecnica definita del copy out(4).
Il sistema contrattuale nazionale ne risulta quindi condizionato incisivamente, chiuso come era in una visuale (mutuata dai risalenti regolamenti di contabilità, a loro volta esito di una stagione di sperperi incontrollati) improntata
su canoni di vincoli procedurali e sospetti pregiudiziali avverso il ricorso al mercato. Il forte impatto comunitario imporrà quindi un’apertura ulteriore verso la
competizione internazionale e, necessariamente, un salto di qualità concettuale
verso il miglior utilizzo delle risorse del settore privato.
2. La struttura ordinante
Il quadro complessivo disegnato dal D.Lgs. 50, pur introducendo elementi
(3) - Per un primo orientamento sulla struttura ed i contenuti del nuovo codice, DE NICTOLIS R.,
Il nuovo codice dei contratti pubblici, in URBANISTICA E APPALTI, 2016, 5, pagg. 503-545.
(4) - Una particolare attenzione ai profili internazionalistici e alle influenze sovranazionali nei contenuti del Codice è rinvenibile in CAROLI CASAVOLA H., Le procedure di aggiudicazione, in
GIORNALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO, 2016, 4, pagg. 451-458.
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LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016
di maggior flessibilità, non è però disancorato dal consolidato approccio comunitario che lega le tipologie procedimentali per l’affidamento dei contratti pubblici ad una serie organica di presupposti, radicati nella tipologia di appalto da
affidare(5).
Infatti il sistema disegna una tassonomia contrattuale organizzata secondo
plurimi criteri ordinanti (principalmente, le dimensioni del contratto - che giustificano la disciplina delle soglie comunitarie e dei principi in materia di appalti
sottosoglia -; l’oggetto del contratto - che fonda le categoria dei lavori, i servizi
e le forniture, nonché le tipologie procedurali regolate sui livelli di progettazione, come l’appalto integrato; la tipologia del contraente pubblico - che si modula in rapporto alle varie stazioni appaltanti e alla loro qualificazione, modulando
l’estensione delle regole in relazione alla qualità dell’appaltante).
Le disposizioni sulle procedure di aggiudicazione si collocano amministrativamente a valle della definizione della tipologia dei contratti, nei loro singoli
elementi, sebbene a questa collocazione concettuale non corrisponda completamente ad una organizzazione topografica del Codice.
Le disposizioni in esame (artt. 59-65) sono infatti situate nella parte seconda del nuovo Codice, al titolo terzo, recante “Procedura di affidamento”, capo
secondo “Procedura di scelta del contraente per i settori ordinari”. A monte del
capo, il Codice riporta altre disposizioni di estrema rilevanza, quali quelle che
riguardano i principi per l’aggiudicazione (art. 30); l’articolazione delle fasi procedimentali (art. 32); il dimensionamento delle soglie economiche di applicazione (artt. 35 e 36); e le regole sulle modalità comuni alle diverse procedure di affidamento (sezione I; artt. 44-58).
Complessivamente, il legislatore nazionale ha seguito lo schema organizzativo delle direttive comunitarie, con un numero di modifiche di minor
spessore.
Alcune di queste sono certamente condivisibili, come quella che ha visto
attribuire una particolare rilevanza alle disposizioni sulla digitalizzazione delle
procedure di tutti i contratti pubblici (art. 44) e sulle relative regole tecniche, che
sono previste prima delle regole sulle procedure a rimarcarne la rilevanza nella
contrattualistica pubblica.
(5) - Sul tema in generale, CARANTA R., I contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2012.
67
DIEGO SABATINO
Altre appaiono controtendenza, come la collocazione della disposizione
sulle condizioni relative all’AAP e ad altri accordi internazionali (art. 49), atteso
che, trattandosi di regole sovranazionali principalmente di carattere procedimentale, sono certamente idonee ad incidere in senso più generale sugli affidamenti nazionali.
3. I principi e l’ambito di applicazione
L’art. 30 del Codice elenca i principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di
appalti e concessioni, riprendendo lo schema già utilizzato dall’art. 2 del testo
del 2006. Rispetto a quest’ultimo, vi sono rilevanti novità che possono essere
esaminate seguendo l’elencazione dei commi dell’articolo stesso.
In primo luogo, sono riaffermati i principi valevoli nel sistema e già ordinariamente rispettati (ossia quelli di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, affiancati, nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, anche dai
principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità). Tuttavia, espressamente e in deroga al principio di economicità, il Codice aggiunge ulteriormente le esigenze sociali, la tutela della salute,
dell’ambiente, del patrimonio culturale e la promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.
L’ampliamento dei valori collegati alla contrattualistica pubblica segna così
il definitivo abbandono della prospettiva che poneva le esigenze della sola
amministrazione come elemento da soddisfare e si collega con un ventaglio di
disposizioni di dettaglio (dal dimensionamento dei lotti alle modalità di partecipazione alle gare) che pongono il sistema al centro di una visione politica europea di finalizzazione dell’investimento pubblico(6).
Parimenti, al coma 2, il divieto esplicito per le autorità appaltanti di “limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o
svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di
(6) - L’impianto concettuale tradizionale sulle funzioni delle procedure ad evidenza pubblica (e
anche lo stesso nome del procedimento) si deve alla elaborazione di Massimo Severo
Giannini, poi fatta propria da tutta la dottrina amministrativista. Da ultimo si veda GIANNINI
M. S., Diritto amministrativo, Giuffré, Milano, 1981.
68
LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016
aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori,
forniture o servizi” rende palmare l’intendimento, di diretta derivazione europea, di aprire il mercato alla partecipazione della più vasta compagine di operatori, in un’ottica fortemente orientata alla dimensione comunitaria del public
procurement.
Infine, emerge l’accentuazione della tutela dei temi sociali collegati, sia in
rapporto al vincolo imposto agli operatori economici nell’esecuzione di appalti
e concessioni, sia soprattutto in relazione alla dettagliata specifica (tanto puntuale da sembrare estranea ad una previsione di principio) delle modalità di
garanzie del trattamento retributivo e previdenziale dei lavoratori. In particolare, vengono previsti i poteri dell’amministrazione appaltante per assicurare
l’adempimento degli oneri contributivi a favore dei dipendenti dell’affidatario o
del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi fiduciari, impiegati nell’esecuzione del contratto. Si tratta, in tutta evidenza, di una estensione
nell’ambito della contrattualistica pubblica di norme di sostegno ai lavoratori,
sicuramente collegate alla situazione economica generale ed alla ottica di funzionalizzazione anche sociale che l’attore pubblico si assume.
Le regole che riguardano l’ambito di applicazione della disciplina sono
invece meno concentrate e vanno riprese in più luoghi del Codice, sia in relazione alle definizioni che al dimensionamento dei contratti.
Dal primo punto di vista, le disposizioni più rilevanti sono contenute
nell’art. 1, che fissa l’ambito di applicazione in generale e le fattispecie di contratti esclusi. Secondo tale testo, la disciplina in esame si applica ai “contratti
di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti
aggiudicatori aventi a oggetto l’acquisto di servizi, forniture, lavori e opere
nonché i concorsi pubblici di progettazione”. La regola generale è poi ampliata nei commi successivi: nel comma 2, con riferimento ad una serie di contratti conclusi in cui permane forte l’interesse pubblico, sia per il tramite del
sovvenzionamento delle amministrazioni aggiudicatrici, sia per la destinazione finale dell’opera realizzata; nonché per le opere di urbanizzazione realizzate dai privati in regime di convenzione urbanistica; nel comma 6 (malamente
richiamato come comma 4 nell’art. 159), per i contratti relativi al settore della
difesa.
69
DIEGO SABATINO
In relazione a questi ultimi, la disciplina codicistica diventa di generale
applicazione, tranne i casi in cui resta applicabile la disciplina del D.Lgs. 208 del
2001 o quella internazionale(7), vigente l’esenzione di cui all’art. 6 dello stesso
decreto 208. La soluzione del Codice appare conforme con il nuovo assetto
comunitario dato dalle direttive del 2014 che, a differenza delle precedenti del
2004, potevano contare su una actio finium regundorum tra contratti ordinari
e contratti della difesa già disposta a livello europeo. Infatti, già nel 2009, con
due diverse direttive ad hoc(8), il legislatore europeo aveva indicato i limiti dell’applicazione di ipotesi di deroga, seguendo appieno la giurisprudenza della
CGCE. Di particolare interesse è quindi la regolamentazione dei contratti misti,
dove viene richiesto che l’aggiudicazione con un appalto unico “sia giustificata
da ragioni oggettive”, prevedendo poi una articolata casistica sull’applicazione
delle regole concrete.
Parimenti rilevante è il successivo art. 3 che contiene le definizioni.
Rispetto al previgente, il testo risulta notevolmente ampliato e i capoversi destinati alle definizioni sono passati a 125 rispetto agli originari 57 e ciò in conseguenza non solo del recepimento contestuale delle tre diverse direttive e dei
relativi contenuti (si pensi solo al tema delle concessioni), quanto anche dalla
necessità di trattare congiuntamente sia i nuovi aggiudicatori (i “soggetti aggregatori”) che le nuove forme di contratti (le “opere pubbliche incompiute” e i
“lavori complessi”).
Del pari importante per la determinazione della procedura applicabile è il
tema della soglie di valore che, complessivamente, aumentano.
In primo luogo, va evidenziato come la crescita delle soglie comunitarie
sia dovuta principalmente all’automatismo del meccanismo di adeguamento
(7) Si fa riferimento al D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 208, “Disciplina dei contratti pubblici relativi
ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza, in attuazione della direttiva
2009/81/CE” che all’art. 6 “Contratti esclusi e esclusioni specifiche. Utilizzo delle esclusioni”
individua una serie di contratti non soggetti all’applicazione delle direttive europee, soprattutto
in virtù della prevalenza di disciplina pattizie internazionali.
(8) - Si tratta della direttiva 2009/43/CE del 6 maggio 2009 che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno delle Comunità di prodotti per la difesa e della direttiva
2009/81/CE del 13 luglio 2009 relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione
di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da
parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori.
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LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016
biennale, introdotto nel novembre 2015 dai tre regolamenti n. 2170, n. 2171 e
n. 2172, ed è quindi un esito fisiologico delle scelte adottata in sede europea.
Per altro verso, appare piuttosto delicato il tema dei contratti sottosoglia
la cui disciplina è applicabile per contratti fino al valore di un milione di euro
(art. 36 cod., comma 1, lett. d). Si tratta del settore più sensibile, sia per l’ampiezza (atteso che vi ricade la stragrande maggioranza degli appalti pubblici) che
per la tipologia procedimentale di minor pregnanza. La possibilità di accesso a
procedure facilitate, con riduzione degli oneri procedimentali, e l’estensione
quantitativa del fenomeno rendono quindi concreti i rischi di una elusione delle
garanzie concorrenziali e di trasparenza tutelate delle procedure ordinarie.
4. Le singole procedure di aggiudicazione
È nel capo II, dedicato alle “procedure di scelta del contraente per i settori
ordinari” che il legislatore si concentra sulle singole modalità di individuazione
del contraente.
Si tratta di una parte del Codice in cui il legislatore nazionale si è limitato,
quasi esclusivamente, a trasporre nel diritto interno le direttive europee, recependole quasi integralmente con la già evocata tecnica del copy out. La scelta è
ovviamente dettata dalle ragioni di integrazione internazionale già esaminate.
Nell’art. 59, posto all’inizio del capo, il Codice detta le coordinate generali
per l’applicazione delle singole procedure, evidenziando in nuce la possibile giustiziabilità della scelta operata, e traccia il quadro di riferimento che, una volta
introdotte le due nuove procedure, quella competitiva con negoziazione e il partenariato per l’innovazione, si viene ad articolare su sei diverse tipologie procedurali, qui di seguito esaminate nelle loro linee generali.
a. La procedura aperta
La procedura aperta (art. 60) si conferma come la procedura maggiormente preferita dal legislatore comunitario, in quanto ritenuta la più rispettosa del
principio della massima partecipazione concorrenziale. Infatti, qui i legittimati
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DIEGO SABATINO
a presentare un’offerta in risposta ad un avviso o bando di gara sono tutti gli
operatori economici. Il solo limite soggettivo, identico a quello valevole per la
procedura ristretta, è dato dall’assenza dei requisiti minimi per la selezione qualitativa, circostanza che impone l’esclusione dalla gara.
Rispetto ai contenuti della direttiva, si registrano almeno due significativi
scostamenti. Da un lato, la scelta del legislatore per l’obbligatorietà della presentazione delle offerte tramite strumenti elettronici ha inciso sulla tempistica della
gara, rendendo inutile l’indicazione di un ulteriore termine ridotto nel caso di
impiego di questo strumento. Dall’altro lato, coerentemente con l’ipotesi della
segmentazione delle fasi di gara, rilevante anche in sede processuale, il legislatore non ha fatto uso della possibilità di “esaminare le offerte prima di verificare
l’assenza di motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione”, come
anche permetteva l’art. 56, § 2, comma 1, Dir. n. 24.
Dal versante soggettivo pubblico, la procedura è esperibile dalle “amministrazioni aggiudicatrici”, ossia le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici
territoriali e quelli non economici, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni, unioni, consorzi di detti enti comunque denominati (secondo la definizione dell’art. 3, comma 1, lett. a).
b. La procedura ristretta
La procedura ristretta (art. 61), anch’essa acquisita all’armamentario
comunitario, è funzionalizzata egualmente alla massima partecipazione possibile di concorrenti, con la differenza che, invece della presentazione diretta in
risposta ad un bando, l’offerta è subordinata all’invito a partecipare alla procedura.
In questa procedura, come anche nelle procedure competitive con negoziazione, di dialogo competitivo e di partenariato per l’innovazione, le amministrazioni aggiudicatrici rivolgono l’invito agli operatori economici che si sono
candidati secondo le modalità previste dall’avviso di indizione di gara e che soddisfano i criteri selettivi. Il codice introduce la possibilità, sulla scorta della tendenza comunitaria ad indebolire le rigidità procedurali, di una limitazione dell’apertura concorrenziale tramite la riduzione dei candidati ammessi, sebbene
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LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016
altrimenti qualificati. Trattandosi di disposizione di carattere eccezionale e lesiva
dei canoni ordinari, tale opzione è corredata di una serie di cautele, che ne costituiscono i presupposti applicativi (in particolare, “la difficoltà o complessità
dell’opera, della fornitura o del servizio”) e, in ogni caso, punta a garantire le
condizioni reali per una effettiva concorrenza.
In questo senso, va sia la previsione che i criteri selettivi debbano essere
oggettivi e non discriminatori, in modo da rispettare i generali principi del settore, come pure l’indicazione del numero minimo di invitati, che il Codice, a
differenza della direttiva, si premura di stabilire direttamente (art. 91, comma 2,
che ne prevede cinque nella procedura ristretta e tre nelle altre indicate).
c. La procedura competitiva con negoziazione
Del tutto innovativa è invece la procedura competitiva con negoziazione
(art. 62), che sostituisce la precedente procedura negoziata previa pubblicazione
di un bando di gara ed è valevole unicamente negli appalti dei settori ordinari.
La procedura si pone come il sistema da utilizzare nei casi in cui l’amministrazione non sia capace di individuare il modo per soddisfare il proprio fabbisogno o non sia in grado di valutare le opzioni disponibili sul mercato, per
ragioni comunque oggettive. In modo simile al dialogo competitivo, in assenza
di metodi di selezione a valle, il Codice trasferisce a monte della fase di selezione il momento di individuazione del criterio di scelta, ponendo come presupposto per lo svolgimento della gara l’individuazione delle esigenze (che saranno
chiarite con le caratteristiche richieste per le forniture, i lavori o i servizi da
appaltare, anche al fine di permettere agli operatori di decidere se partecipare o
meno, comma 3), nonché i criteri per l’aggiudicazione dell’appalto e i requisiti
minimi che tutti gli offerenti devono soddisfare (che non saranno oggetto di
rinegoziazione, comma 7).
La rappresentazione iniziale fatta dall’amministrazione costituisce il punto
di partenza per lo sviluppo della successiva fase di negoziazione, che ne risulta
quindi direttamente condizionata. Infatti la presentazione delle offerte avverrà
sulla base di quanto indicato nell’avviso e le successive transazioni avverranno
sulla base di quanto originariamente offerto.
73
DIEGO SABATINO
Data la particolarità della procedura, il legislatore ha posto particolare
attenzione nella descrizione delle modalità del suo svolgimento, che si attua
attraverso la presentazione di successive e meglio definite offerte, la progressiva
e ciclica selezione delle offerte e degli offerenti, con riduzione del numero e
nuova rinegoziazione con i restanti, in un procedimento teso a focalizzare ed
esplicitare le reali necessità dell’amministrazione. L’attenzione è quindi rivolta
alla conduzione della trattativa, in modo che non vi siano sperequazioni tra i
partecipanti né divulgazione di notizie.
L’iter si conclude quando l’amministrazione decide di porre fine alla negoziazione, fissando altresì il termine per la presentazione delle offerte finali
(quelle provenienti dall’esito della negoziazione, con la possibilità peraltro che
siano anche quelle iniziali, visto che l’amministrazione può che riservarsi, prevedendolo nella disciplina di gara, il potere di aggiudicare l’appalto sulla base
dell’offerta iniziale - comma 8). Scaduto il termine, le offerte vengono valutate
sulla base dei criteri predeterminati non negoziabili.
d. La procedura negoziata senza pubblicazione di bando
La procedura negoziata senza pubblicazione di bando (art. 63) non è stata
oggetto di particolari innovazioni. Già conosciuta dal Codice del 2006, è di
carattere eccezionale e può essere attivata solo in presenza di una serie di presupposti, direttamente mutuati dalla direttiva comunitaria (secondo un criterio
unitario, valevole per tutti i tipi di appalti, nei casi di carenza di concorrenza, per
esiti procedurali o tipologia di prestazione richiesta; specifico per le sole forniture, per determinate funzioni dei beni; generale, nei caso di affidamenti a
seguito di un concorso di progettazione; e comunque sempre in maniera tale da
incidere nella misura minore sulla concorrenza stessa).
Se tuttavia il profilo procedurale non appare inciso significativamente,
la rilevanza delle innovazioni in tema di negoziazione senza pubblicazione di
bando emerge quando si osserva come questo modulo sia stato scelto come
modo ordinario, e non eccezionale, di affidamento dei contratti sotto soglia.
L’art. 35 cod., infatti, premesso un richiamo ai principi generali (art. 30,
comma 1) e a quello della rotazione e dell’effettiva possibilità partecipazione
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LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016
delle microimprese, piccole e medie imprese, individua le modalità di affidamento dei contratti secondo le dimensioni delle soglie.
Riorganizzando i rispettivi confini disciplinari, il codice salvaguarda da un
lato l’ambito applicativo proprio della procedura aperta, che va adottata necessariamente solo per l’affidamento di contratti di valore superiore al milione di
euro per i lavori (sebbene non possa non notarsi come una soglia di tale altezza
comporti una minore appetibilità dal punto di vista concorrenziale di un settore
di mercato potenzialmente ampio) e, dall’altro, mantiene una rilevanza autonoma alle procedure al di sotto dei 40mila euro che, anche se non inserite in un
articolo proprio (come il previgente art. 125), continuano a godere della possibilità dell’affidamento diretto, previa adeguata motivazione, o dell’amministrazione diretta, in alternativa ed estensibile ai lavori fino a 150mila euro, salvi i
contratti concernenti “l’acquisto e il noleggio di mezzi”.
Al di fuori di questi due contesti, è imposta l’adozione della procedura
negoziata previa consultazione, dove la consultazione è svolta con almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite
elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, nel segmento valoriale dai 40mila ai 150mila euro, mentre per i lavori di
importo superiore e fino a un milione di euro, la consultazione viene allargata
fino a dieci operatori e il richiamo alla procedura di cui all’art. 63 è integrale.
e. Dialogo competitivo
Il dialogo competitivo (art. 64), già presente nell’esperienza del Codice
del 2006, viene confermato come uno strumento utilizzabile dalle amministrazioni per il soddisfacimento di esigenze di non pronta identificazione, appiattendosi sugli stessi parametri valevoli per la procedura competitiva con negoziazione.
Rispetto alla direttiva precedente, il dialogo competitivo, come pure il
partenariato per l’innovazione, è di adozione obbligatoria, e non più facoltativa, per il legislatore; tuttavia, trattandosi di procedura di impiego particolare e
legato all’esistenza di specifici requisiti, il suo utilizzo deve essere adeguatamente motivato.
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DIEGO SABATINO
Il perimetro applicativo del dialogo competitivo risulta invece ampliato ex
latere soggettivo pubblico. Infatti, il sistema è utilizzabile dalle stazioni appaltanti, nozione che nel linguaggio del Codice comprende sia le amministrazioni
aggiudicatrici, come pure gli enti aggiudicatori, i soggetti aggiudicatori e gli altri
soggetti aggiudicatori (art. 1, comma 1, lett. o).
Dal punto di vista disciplinare, vi sono molte analogie tra dialogo competitivo e procedura competitiva con negoziazione (visto che quest’ultima, di
nuova introduzione, è stata in parte ricalcata dalla prima, più risalente), analogie
principalmente rilevanti dal punto di vista funzionale, in quanto si distaccano
dalle modalità tipiche delle procedure tradizionali perché introducono strumenti di flessibilità per conferire maggiore elasticità all’azione amministrativa quando si confronta con problemi di maggior problematicità.
f. Partenariato per l’innovazione
Il partenariato per l’innovazione (art. 65) ha natura innovativa e, insieme
con la procedura competitiva con negoziazione, ammoderna lo strumentario a
disposizione delle amministrazioni. È uno strumento utilizzabile sia dalle
amministrazioni aggiudicatrici sia dagli enti aggiudicatori e, dal punto di vista
procedurale, si presenta con un sistema di progressivi affinamenti e rinegoziazioni molti vicino a quello del dialogo competitivo e della procedura competitiva con negoziazione. In particolare, stante la funzione del meccanismo, che
mira ad acquisire prodotti, servizi o lavori non disponibili sul mercato, va rilevata l’attenzione del legislatore ad introdurre limiti nel contesto degli elementi
negoziabili (escludendone cioè criteri di aggiudicazione e requisiti minimi) e
prevedendo possibilità di progressiva rinegoziazione delle offerte iniziali, il
tutto come nella procedura competitiva con negoziazione.
Trattandosi di sviluppare un processo innovativo, appare necessario che
sia fissata una cornice di riferimento entro la quale i singoli operatosi possano
muoversi a parità di condizioni. Il Codice la definisce facendo riferimento ai
requisiti minimi, che devono essere soddisfatti da tutti gli operatori, e i criteri
di aggiudicazione (commi 1 e 6). In questo quadro verrà a definirsi l’oggetto
del contratto, ossia i prodotti, servizi o lavori non disponibili sul mercato, in
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LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016
relazione ai quali l’amministrazione ritiene necessario dar vita ad un processo
d’innovazione, assumendosi anche il rischio collegato.
Stante la particolarità dell’oggetto, la procedura di scelta del contraente è
parimenti articolata in moduli meno rigidi, al fine di favorire una progressiva
interazione tra la parte pubblica e quella privata e giungere, secondo modalità
già viste nelle figure della procedura competitiva con negoziazione e del dialogo
competitivo, all’individuazione del miglior contraente per il soddisfacimento
dell’esigenza amministrativa.
5. Considerazioni conclusive
La sintetica disamina appena conclusa evidenzia come il nuovo Codice
abbia complessivamente ampliato gli schemi procedimentali a disposizione dei
soggetti aggiudicatori, rendendo la procedura ad evidenzia pubblica nel complesso più flessibile e idonea a venire incontro alle molteplici necessità del fare
amministrativo.
Sono in particolare significative le scelte adottate per agevolare la capacità
di negoziazione degli appaltanti, in modo da esaltarne le abilità contrattuali (in
collegamento con la speciale qualificazione richiesta) nei momenti cruciali delle
procedure.
Appare quindi palese di imporre un ruolo rilevante all’attore pubblico,
mettendolo in grado di scegliere ed accompagnare un intero processo di sviluppo, coniugando il proprio interesse con le esigenze sociali ed economiche che
integrano il quadro dei principi di riferimento.
E se anche il risultato possa evidenziare ancora alcune perplessità (si pensi
alle possibili sovrapposizioni tra procedure, in specie quelle a contenuto negoziato; o alle criticità date dall’espansione della disciplina sottosoglia), il legislatore ha operato una scelta di responsabilizzazione delle amministrazioni e di
esaltazione del public procurement i cui effetti dovranno essere esaminati nel
divenire.
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CODICE DEGLI APPALTI
E NORMATIVA PENALE
GIUSEPPE SANTALUCIA
CONSIGLIERE DI CASSAZIONE
CAPO DELL’UFFICIO LEGISLATIVO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Esclusione dalla procedura.- 3. Casi di irrilevanza dei precedenti penali. 4. L’esclusione dalla gara per omessa denuncia di fatti di criminalità mafiosa. - 5. Modalità
di partecipazione alla gara. - 6. Tutela penale del segreto nelle procedure di gara.
1. Premessa
Le connessioni tra disciplina degli appalti pubblici e diritto penale sono di
assai agevole rilevazione. Se i contratti di appalto o di concessione, posti in essere dalle pubbliche amministrazioni ed aventi per oggetto l’acquisizione di servizi o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, sì come definiti all’articolo 3 del d. lgs. n. 50 del 2016 (cosiddetto nuovo codice degli appalti), comportano l’erogazione di risorse finanziarie spesso consistenti e costituiscono pertanto
occasione di arricchimento per i privati, l’eventualità di distorsioni funzionali
per il perseguimento di illeciti vantaggi va contrastata con la predisposizione di
un insieme di strumenti repressivi.
Si tratta di un settore tradizionale del diritto penale, che si compone di
numerose norme incriminatrici volte a tutelare il bene finale del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione attraverso la tutela di interessi a più diretto contatto con le condotte criminose: si pensi all’incriminazione
delle varie forme di corruzione, che preservano l’interesse a che gli atti d’ufficio
non siano oggetto di mercimonio, o alla disposizione sul delitto di abuso di ufficio, che ha come oggetto immediato di tela l’interesse a che l’esercizio dei pubblici poteri non patisca deviazioni dalla causa tipica.
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GIUSEPPE SANTALUCIA
Quale che sia la disciplina amministrativa, questo complesso di disposizioni incriminatrici ha capacità di adattamento alle possibili forme assunte dall’azione dei pubblici poteri preposti alle complesse procedure finalizzate alla stipulazione ed esecuzione dei contratti. La relazione tra diritto penale e regole
degli appalti pubblici è biunivoca: non è solo il primo a guardare, per mezzo di
ampie categorie, alle attività di gara, di aggiudicazione e di affidamento dei contratti, ma sono anche alcune disposizioni del codice degli appalti a fare richiamo
a fattispecie criminose. Le riflessioni che seguono si muovono proprio secondo
quest’ultima direttrice, per una appena più attenta lettura delle disposizioni del
codice degli appalti che fanno richiamo a norme di incriminazione.
2. Esclusione dalla procedura
Il codice degli appalti, sulla falsariga della disciplina precedente, appresta un primo presidio penale, a tutela degli interessi pubblici e privati coinvolti, già al momento della partecipazione ad una procedura di appalto o di
concessione.
L’elenco delle cause di esclusione è ampio e dettagliato, e in esso spiccano
anzitutto i precedenti penali dell’operatore economico, che divengono cause
ostative alla sua partecipazione pur quando si riferiscono al subappaltatore nei
casi di lavori, servizi o forniture di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indicate dall’articolo 35 del codice, e per i quali non sia
necessaria una particolare specializzazione.
A differenza di quanto fatto prima, la disposizione dell’articolo 80 del
codice, dedicato appunto ai motivi di esclusione, esordisce con il richiamo ai
precedenti penali e ciò fa con maggior cura nella specificazione del tipo di condanne che costituiscono motivo ostativo.
La pronuncia può essere contenuta in una sentenza - e questa è l’ipotesi
assolutamente prevalente - anche soltanto di applicazione di pena su richiesta
delle parti.
È appena il caso di osservare che il limite dei cinque anni di reclusione soli o congiunti a pena pecuniaria - entro il quale può essere determinata la pena
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CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE
concordata è naturalmente compatibile con le previsioni edittali di pena dei
delitti presi in considerazione.
Non così può dirsi per il decreto penale di condanna, alternativamente
indicato dal codice degli appalti come possibile statuizione di condanna rilevante. Esso infatti può essere emesso soltanto quando la pena da irrogare è pecuniaria, seppure inflitta in sostituzione di una pena detentiva. Ed è noto che i
reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva contenuta nel limite massimo di sei mesi - limite entro il quale a norma dell’articolo 53, legge 24
novembre 1981, n. 689, la pena detentiva può essere sostituita con la pena pecuniaria della specie corrispondente - non possono certo essere definiti in termini
di gravità.
Stride quindi l’accostamento del decreto penale di condanna a delitti come
quello di associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso, associazione
finalizzata alla spaccio di sostanze stupefacenti, al delitto di attività organizzata
per il traffico illecito di rifiuti, di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri; parimenti, non è facilmente comprensibile
come possa pensarsi all’emissione di un decreto penale di condanna per un
delitto commesso con finalità di terrorismo o un delitto terroristico, data la ben
comprensibile elevatezza della pena edittale, o per i delitti di riciclaggio o di
concussione o corruzione nelle sue varie forme.
L’evidenziata incoerenza può spiegarsi alla luce del testo previgente, contenuto nell’articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ove la tecnica normativa di indicazione della tipologia di precedenti penali era diversa.
In quel contesto di disciplina i motivi ostativi per precedenti penali si
sostanziavano nella intervenuta condanna “per reati gravi in danno dello Stato
o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”.
Solo con successiva espressa previsione si precisava che tra i precedenti
rilevanti vi era anche la condanna, con sentenza passata in giudicato, per la partecipazione a reati associativi, per reati di corruzione, frode e riciclaggio, come
definiti dalla normativa sovranazionale dell’Unione.
La diversificazione delle indicazioni - da un lato i reati gravi che incidono
sulla moralità professionale; dall’altro, alcuni delitti severamente puniti dalla
legislazione penale - poteva spiegare il riferimento nel primo ambito, molto
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GIUSEPPE SANTALUCIA
ampio ed eterogeneo, anche al decreto penale, e la limitazione, quanto al secondo ben più ristretto nel riferimento a delitti severamente puniti, soltanto alla
sentenza. Quest’accorgimento di definizione dei campi di incidenza dei vari tipi
di condanna non è stato tenuto presente nella redazione dell’articolo 80 del
vigente codice.
Esso ora privilegia, con una indiretta ma inequivoca indicazione di importanza, i motivi ostativi consistenti in precedenti penali, che enumera al primo
comma, riservando ai successivi tutti gli altri, compresi quelli del trovarsi in
stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo (salvo il
caso del concordato con continuità aziendale) o dell’essere sottoposto ad una
procedura per la dichiarazione di una di dette situazioni, che invece prima comparivano in esordio del corrispondente articolo.
Ma, nel far ciò, l’articolo 80 compone un quadro di delitti di spiccata gravità, rinunciando a formule aperte, come quella del precedente codice circa i
reati, pur gravi, che incidono sulla moralità professionale, e quindi rendendo
ancor meno probabile che possa assumere rilievo un mero decreto penale di
condanna.
Né può dirsi che l’ultima previsione, relativa ad “ogni altro delitto da cui
derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione”, possa essa sola giustificare l’indicazione del decreto penale, dato che
questa pena accessoria si applica ad una serie di reati di elevata gravità, specificamente elencati all’articolo 32-quater codice penale, anch’essi assai difficilmente
punibili in concreto con una pena detentiva contenuta nel ristretto limite dei sei
mesi di reclusione, e perciò nei confini della convertibilità in pena pecuniaria.
Può, di contro, essere preso in considerazione l’inciso, che compare alla
lettera f) del menzionato articolo 80 e che ha riguardo ai reati di sfruttamento
del lavoro minorile e ad altre forme di tratta di esseri umani definite con il
decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24.
La giustapposizione di queste categorie di reati, da un lato quelli di sfruttamento del lavoro minorile e dall’altro quelli di tratta, indicati come “altre
forme di tratta”, non è agevolmente comprensibile, e certo non aiuta la valorizzazione delle specifiche modalità espressive utilizzate, che sembrano fare dei
primi - i reati di sfruttamento - una specie dell’ampia categoria dei reati di tratta
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CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE
di esseri umani. Si consideri poi che il decreto legislativo n. 24 del 2014 non ha
provveduto alla definizione del reato di tratta, già previsto ben prima dal codice
penale, ma ha soltanto inciso sulla descrizione della condotta. Il reato di tratta è
punito assai severamente, ed è tra i più gravi delitti che compongono la sezione.
Lo stesso non è per i reati di sfruttamento del lavoro minorile, che si sostanziano
in fattispecie contravvenzionali, punite con pene assai blande, se il riferimento è,
come pare, all’apparalo sanzionatorio predisposto dalla legge n. 977 del 1967,
avente ad oggetto la tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti. Questi reati,
allora, ben possono essere oggetto prioritario di un decreto penale di condanna.
3. Casi di irrilevanza dei precedenti penali
I precedenti penali non costituiscono sempre e comunque motivo di
esclusione dalla gara. La disciplina normativa, pur ispirata a particolare rigore
non limitando temporalmente gli effetti delle condanne, prevede alcune situazioni che inibiscono la produzione delle conseguenze impeditive della partecipazione alle gare.
Il primo caso, il più ovvio, è quello della depenalizzazione, ossia dell’abrogazione, post iudicatum, della norma incriminatrice. Ai sensi di quanto disposto
dall’articolo 2, comma secondo, c.p., l’abrogazione della norma incriminatrice
travolge il giudicato di condanna e fa cessare l’esecuzione della pena come ogni
altro effetto penale della condanna.
La previsione del codice degli appalti, allora, appare superflua, dato che già
il codice penale contiene una disciplina in grado di regolare le conseguenze
anche sul piano della caducazione degli impedimenti alla partecipazione alle
gare pubbliche; sembra in più destinata a non operare, dal momento che è irrealistico un intervento abrogativo di norme che prevedono reati particolarmente
gravi, come quelli presi in considerazione dalle disposizioni ora in esame.
L’altro caso, in qualche modo affine, è quello della revoca della condanna.
La disposizione del codice degli appalti non dice di più, non qualifica in particolare la revoca, e allora sembra che il riferimento sia anzitutto all’intervento del
giudice dell’esecuzione, come regolato dall’articolo 673 c.p.p.
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GIUSEPPE SANTALUCIA
In fase esecutiva, la sentenza di condanna divenuta irrevocabile è oggetto
di revoca, oltre che nel caso in cui la norma incriminatrice sia abrogata da un
successivo intervento legislativo, anche quanto la predetta norma è fatta oggetto di una dichiarazione di illegittimità costituzionale.
E, ancora, la revoca di una sentenza di condanna non più soggetta ad
impugnazione si può avere quando, pronunciata all’esito di un processo svolto
in assenza dell’imputato, questi, venuto a conoscenza del titolo esecutivo, ne
chieda ed ottenga la rescissione, provando che la sua assenza è stata conseguenza dell’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo. In
forza di questa prova, la condanna cade nel nulla, degrada a mero precedente
storico e il processo viene nuovamente incardinato.
Parimenti, l’effetto preclusivo per la partecipazione ad una gara viene
meno in conseguenza della riabilitazione del condannato, secondo quanto previsto dall’articolo 178 c.p. La riabilitazione può essere concessa, di regola, fatta
eccezione dei recidivi qualificati e dei delinquenti abituali, professionali o per
tendenza, dopo il decorso di almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale
irrogata con la sentenza sia stata eseguita o si sia in altro modo estinta, sempre
il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
La riabilitazione - è appena il caso di osservare - non si produce automaticamente, ma è pronunciata, sempre che ne ricorrano le indicate condizioni,
oggetto di apprezzamento discrezionale, su domanda del condannato.
Questi, però, se la condanna è stata emessa con decreto o con sentenza
di patteggiamento, beneficia di un automatico effetto estintivo del reato, con
eliminazione di ogni effetto penale della condanna, in presenza di due condizioni, l’una positiva consistente nel decorso di un dato periodo di tempo dalla
pronuncia di condanna - cinque anni, quando il decreto o la sentenza di patteggiamento hanno avuto ad oggetto un delitto, ovvero di due anni, quando hanno
avuto ad oggetto una contravvenzione -, l’altra negativa, consistente nell’assenza, entro il detto periodo, della commissione di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole.
In passato, la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che un provvedimento giudiziale di accertamento fosse comunque necessario e quindi aveva
negato l’automatismo nella produzione dell’effetto estintivo.
84
CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE
Sulla base di questa lettura del dato normativo, la giurisprudenza amministrativa aveva tratto soluzioni applicative di svantaggio per l’operatore economico in tema di procedure concorsuali di gara.
Aveva infatti stabilito che, data la necessità di un provvedimento dichiarativo del giudice dell’esecuzione, ove questo fosse intervenuto a gara già conclusa, non aveva alcuna incidenza sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione,
che devono essere posseduti al momento della presentazione delle offerte, in
ossequio al principio della parità delle condizioni dei concorrenti(1).
Da ultimo la Corte di cassazione ha mutato orientamento, chiarendo che
l’estinzione del reato, oggetto di una sentenza di patteggiamento - ma lo stesso
vale per il caso di decreto penale di condanna -, in conseguenza del verificarsi
delle condizioni previste dall’articolo 445, comma 2 - o dall’articolo 460,
comma 5 - c.p.p. opera ipso iure e non richiede una formale pronuncia da parte
del giudice dell’esecuzione(2).
Le ricadute sulla disciplina delle procedure di gara sono evidenti: la produzione immediata dell’effetto estintivo, a prescindere da un provvedimento
giudiziale di accertamento, non può che rimodellare le condizioni di esclusione
dalle procedure di gara, che possono sussistere soltanto sino a quando non si
verifichi l’effetto estintivo, con immediata incidenza sulle procedure in corso.
L’evoluzione della giurisprudenza penale dovrebbe concorrere a riassestare i rapporti, in riferimento proprio alle procedure di gara, con l’istituto della
riabilitazione. Se, infatti, la riabilitazione deve essere pronunciata dal giudice,
mentre l’estinzione del reato e di ogni effetto penale si produce automaticamente, con il mero decorso del periodo stabilito dalla legge in assenza di episodi di
recidiva, il condannato per decreto penale o per sentenza di patteggiamento non
dovrebbe avere alcun interesse a chiedere la riabilitazione. L’indicazione cumulativa nel codice degli appalti dei due istituti, come cause di inibizione degli
effetti preclusivi, potrebbe allora essere spiegata delineando separate aree di
operatività, con limitazione della rilevanza della riabilitazione a tutte le condanne diverse da quelle contenute in decreti penali e sentenze di patteggiamento.
(1) - Cons. Stato, sez. V, 9 giugno 2003, 3241; Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1331.
(2) - Cass., sez. V, 22 dicembre 2014, n. 20068, V., in C.E.D. Cass., n. 263503; Cass., sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 6673, M., in C.E.D. Cass., n. 266120.
85
GIUSEPPE SANTALUCIA
Questa soluzione non è però in linea con la giurisprudenza di legittimità.
La Corte di cassazione ha infatti stabilito che il condannato con decreto penale
per un reato del quale sia dichiarata l’estinzione a norma dell’articolo 460,
comma 5, c.p.p., ha interesse a ottenere la riabilitazione(3).
A questa conclusione è prevenuta anche in forza delle disposizioni del previgente codice degli appalti. Anzitutto - ha osservato -, la pronuncia di riabilitazione è iscrivibile nel casellario giudiziale, mentre la sentenza di patteggiamento e il decreto penale, pur relativi a reati estinti, non sono eliminabili dal casellario; poi, è proprio la disposizione del codice degli appalti (allora, l’articolo 38,
comma 1 lett. c) d.lgs. 163 del 2006, come modificato dal punto 1.2 del n. 1)
della lettera b) del comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 70 dei 2011) a prevedere alternativamente, ai fini del superamento dell’esclusione dalla partecipazione alle
procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e
servizi e il divieto di essere affidatari di subappalti e di stipulare i relativi contratti, la riabilitazione e l’estinzione del reato dopo la condanna. Ciò significa
che la legge ha inteso stabilire la facoltatività della scelta dell’interessato circa lo
strumento di cui avvalersi. Ha poi aggiunto un argomento circa l’efficacia temporale della norma allora vigente, oggi non più operativo ma dall’indubbia forza
persuasiva.
La disposizione di cui al comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 70 del 2011 definiva
la sua sfera di applicazione con riferimento soltanto alle “procedure i cui bandi
o avvisi con i quali si indice una gara sono pubblicati successivamente alla data
di entrata in vigore del presente decreto legge, nonché, in caso di contratti
senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla data di entrata
in vigore del presente decreto legge, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte”. Da qui la necessità, al tempo, di ottenere la riabilitazione per
l’ammissione alla partecipazione a gare indette in un momento antecedente alla
vigenza della nuova legge.
Altra ipotesi di irrilevanza dei precedenti penali è quella di condanne per i
reati indicati dall’articolo 80 del codice ma con irrogazione di una pena detentiva
non particolarmente elevata, specificamente non superiore a diciotto mesi o di
condanne conclusive di processi in cui il responsabile ha collaborato con l’autorità
(3) - Cass., sez. I, 18 luglio 2012, n. 35893, L., in C.E.D. Cass., n. 253185.
86
CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE
giudiziaria, sì da rendersi meritevole del riconoscimento della circostanza attenuante della collaborazione, nei casi in cui questa sia ovviamente prevista dalla
legge. In tutti questi casi, il condannato può essere ammesso comunque alla gara,
se prova di aver risarcito il danno o di essersi impegnato al risarcimento del
danno e di aver adottato provvedimenti concreti, di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale, idonei a prevenire ulteriori reati. Qui la discrezionalità
valutativa della stazione appaltante è ampia, in specie per quanto attiene al profilo dell’impegno risarcitorio, dal momento che la legge non specifica in cosa
debba concretizzarsi questo impegno, se in un piano di pagamento assistito da
una qualche garanzia o anche soltanto in una dichiarazione non altrimenti sostenuta; e per quel che riguarda l’adozione di provvedimenti di prevenzione, circa
la concreta idoneità a prevenire la commissione di ulteriori reati.
4. L’esclusione dalla gara per omessa denuncia di fatti di criminalità mafiosa
Come il precedente, l’attuale codice degli appalti prevede come motivo di
esclusione la carenza di collaborazione con l’autorità giudiziaria da parte dell’operatore economico che, vittima di un delitto di concussione o di un delitto
di estorsione, entrambi aggravati per essere stati commessi con il cosiddetto
metodo mafioso o con la finalità di agevolazione di un’associazione di tipo mafioso, non abbia denunciato detti fatti. Il vigente codice degli appalti non ha innovato la previsione di esclusione e, riproducendola senza emende, ne ha recepito
i difetti di formulazione.
Il senso della disposizione sembra chiaro.
Il fenomeno che si intende regolare è quello della contiguità mafiosa dell’operatore economico che con l’organizzazione criminale venga in contatto
proprio attraverso la commissione di un delitto di estorsione (o di concussione)
in suo danno.
L’esperienza giudiziaria ha da tempo consegnato un risultato di indubbio
rilievo: spesso, è proprio attraverso la sottoposizione a richieste estorsive o concussorie che l’imprenditore ha modo di avvicinarsi all’organizzazione criminale,
potendo passare dal ruolo di vittima a quello di colluso.
87
GIUSEPPE SANTALUCIA
La distinzione tra “imprenditore vittima” e “imprenditore colluso” è stata
messa in chiaro dalla giurisprudenza di legittimità.
Si è così precisato che per “imprenditore colluso” si intende “quello che è
entrato in rapporto sinallagmatico con la cosca tale da produrre vantaggi per
entrambi i contraenti, consistenti per l’imprenditore nell’imporsi nel territorio
in posizione dominante e per il sodalizio criminoso nell’ottenere risorse, servizi
o utilità”; e che. invece, è “imprenditore vittima” “quello che soggiogato dall’intimidazione non tenta di venire a patti con il sodalizio, ma cede all’imposizione
e subisce il relativo danno ingiusto, limitandosi a perseguire un’intesa volta a
limitare tale danno”(4).
Il tratto distintivo tra le due figure consiste allora nel fatto che nell’un caso
l’imprenditore ha rivolto a proprio personale e illecito vantaggio la situazione di
iniziale soggezione, costruendo legami con l’organizzazione criminale di reciproco interesse.
Data questa premessa, non pare del tutto condivisibile la scelta di incentrare l’attenzione esclusivamente sul fatto che l’operatore abbia denunciato o meno
il fatto che lo ha visto vittima. Si sarebbe potuto valorizzare l’apporto di collaborazione con l’autorità giudiziaria che non si sostanzia soltanto nella proposizione della denuncia. Anzi, l’autorità giudiziaria potrebbe venire a conoscenza
del fatto criminoso in altro modo, e giovarsi nel corso dell’attività investigativa
comunque già iniziata dell’apporto di conoscenze della vittima. Di contro, pur in
presenza di una denuncia della vittima, l’attività investigativa potrebbe essere
ostacolata da un comportamento scarsamente o per nulla collaborativo della vittima stessa che all’iniziale atteggiamento di affidamento all’autorità potrebbe far
seguire condotte processuali di chiusura, vuoi per paura che per valutazioni di
convenienza o per qualsivoglia altra personale motivazione.
D’altronde, la lettura di disposizioni legislative in qualche modo assimilabili rafforza la plausibilità del rilievo critico.
La legge n. 108 del (7 marzo) 1996, che reca disposizioni in materia di usura,
nell’istituire il “Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura” per l’erogazione di
mutui in favore degli imprenditori che dichiarino di essere vittime del delitto di
usura, pone accortamente un’altra condizione, ossia che costoro risultino “parti
(4) - Cass., sez. I, 11 ottobre 2015, n. 46552, D., in C.E.D. Cass., n. 232963.
88
CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE
offese nel relativo procedimento penale”. Ciò significa che la legge richiede
l’esplicazione di una condotta collaborativa più ampia e diversa dalla mera proposizione della denuncia.
Ancora. La legge n. 44 del 1999, recante disposizioni sul Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura, ha cura di prevedere che
la prevista elargizione sia concessa alla vittima che non abbia aderito o abbia
cessato di aderire alle richieste estorsive e, quel che ora più importa, che le
richieste estorsive siano state riferite all’autorità giudiziaria con l’esposizione di
tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza. Non è dunque sufficiente una
denuncia quale che sia, ma occorre una denuncia particolareggiata, completa di
ogni elemento utile all’investigazione. E il decreto legge n. 419 del 1991, istitutivo del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive, prevedeva, quale
condizione per l’elargizione di una somma di denaro, che il fatto delittuoso
fosse stato denunziato all’autorità giudiziaria senza ritardo e con l’esposizione
di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza. La denuncia doveva essere
non soltanto completa, ma anche tempestiva.
La rimozione dell’impedimento alla partecipazione alla gara avrebbe allora
dovuto essere subordinata al riscontro di comportamenti significativamente più
ricchi nella prospettiva di una reale assenza di legami con organizzazioni criminali
di tipo mafioso. In tal modo si sarebbe marginalizzato il rischio che l’operatore
economico possa prendere parte ad una gara pubblica trasportando in quell’ambito cointeressenze illecite formatesi proprio muovendo da un iniziale, e magari
anche persistente, stato di vittima di quella stessa organizzazione criminale.
5. Modalità di partecipazione alla gara
Condizione essenziale di regolarità delle gare è che i partecipanti siano in
situazione reciproca di effettiva competizione e che, pertanto, non si trovino in
relazione tale da condividere posizioni di interesse.
La gara non è al riparo da distorsioni capaci di vanificarne il risultato di
utilità collettiva se i partecipanti non sono tra loro in condizioni di leale e concreta concorrenzialità.
89
GIUSEPPE SANTALUCIA
Quando si insinuano accordi occulti e intese volte a realizzare il privato
interesse si mette seriamente in pericolo il perseguimento del miglior interesse
per la stazione appaltante. Ciò è tanto importante che il codice degli appalti
contiene una disposizione dalla chiara funzione preventiva, mutuata dal precedente assetto normativo.
Si prevede, infatti, che la stazione appaltante escluda dalla gara l’operatore
economico che si trovi con altro concorrente in una delle situazioni descritte
dall’articolo 2339 codice civile o in qualsiasi altra relazione di controllo, anche
di fatto, che faccia ritenere la riconducibilità ad un unico centro decisionale
delle offerte proponibili.
Su questo aspetto di particolare importanza si è sviluppata una sostanziosa
elaborazione giurisprudenziale.
La fattispecie criminosa di riferimento è quella di turbata libertà degli incanti,
che punisce le condotte di alterazione della regolarità di una gara poste in essere
con le modalità più diverse, dalla violenza, alla collusione, al mezzo fraudolento.
La Corte di cassazione ha in particolare affermato che il mezzo della collusione riguarda tutti gli accordi preventivi intervenuti tra i partecipanti sui contenuti specifici delle rispettive offerte, diretti ad alterare il principio della libera
concorrenza tra i singoli soggetti giuridici che partecipano in via autonoma alla
gara. Sulla base di questo principio di diritto si è ritenuta la sussistenza del reato
mediante la creazione preventiva di una rete di imprese collegate tra loro e la
successiva partecipazione contemporanea delle medesime alle gare d’appalto,
come entità apparentemente distinte ed autonome(5).
Successivamente la Corte di cassazione ha avuto modo di ribadire il principio, affermando che la collusione, quale strumento di alterazione del normale
svolgimento della gara, va intesa come ogni accordo clandestino diretto ad
influire sul normale svolgimento delle offerte; e che, invece, il mezzo fraudolento consiste in qualsiasi artificio, inganno o menzogna concretamente idoneo
a conseguire l’evento, che si configura non soltanto in un danno immediato ed
effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale. Si è così ravvisato il reato
di turbata libertà degli incanti nella condotta dei partecipanti a una gara pubblica che avevano presentato offerte omogenee, imputabili ad unico centro di
(5) - Cass., sez. VI, 23 marzo 2011, n. 16333, C., in C.E.D. Cass., n. 250042.
90
CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE
interessi, calibrate sulla presunta media vincente e, quindi, capaci di influire sul
calcolo della media, aumentando la possibilità di aggiudicazione della gara(6).
Il collegamento tra imprese costituisce però la premessa, necessaria ma
non sufficiente, per l’individuazione di condotte criminose punibili ai sensi
dell’articolo 353 c.p.
La Corte di cassazione ha infatti avuto cura di precisare, con un recente
arresto di particolare importanza, che il collegamento, formale o sostanziale, tra
società partecipanti alla gara non è di per sé sufficiente a configurare il delitto,
occorrendo la prova che, dietro la costituzione di imprese apparentemente
distinte, si celi un unico centro decisionale di offerte coordinate o che le imprese, utilizzando il rapporto di collegamento, abbiano presentato offerte concordate. Non è stata quindi sufficiente, ai fini dell’affermazione di responsabilità
penale, la prova del rapporto di parentela tra i soci delle due società partecipanti
alla gara, non potendo addebitarsi agli imputati l’onere di dimostrare, come
sostenuto dal giudice di merito, l’inesistenza di un unico centro di interessi tra
le due società(7).
Il fatto che siano previsti come cause di esclusione dalla gara i rapporti di
collegamento tra imprese, anche quelli d’ordine sostanziale - si pensi agli incroci azionati, all’identità dei soggetti titolari di organi amministrativi o tecnici, ai
rapporti di parentela tra soci o amministratori delle diverse società, alla localizzazione della sede sociale nello stesso edificio, alla coincidenza del giorno di
spedizione dei plichi e delle modalità di confezionamento delle offerte, all’unicità della compagnia assicuratrice che rilascia le polizze fideiussorie e immediata progressività della relativa numerazione, e altri ancora - non può significare
che questi dati siano per se stessi sufficienti a far ritenere, ove mai la partecipazione si abbia comunque, che la gara sia alterata ai sensi di quanto previsto
dalla norma incriminatrice.
Anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione
europea, deve infatti ritenersi inaccettabile una presunzione assoluta, non altrimenti vincibile, di inquinamento della gara in presenza di un collegamento tra
(6) - Cass., sez. VI, 7 aprile 2011, n. 26809, R., in C.E.D. Cass., n. 250469.
(7) - Cass., sez. VI, 1 aprile 2014, n. 28517, V., in C.E.D. Cass., n. 259824; Cass., sez. VI, 22 settembre
2016, n. 42965, P., in C.E.D. Cass., n. 268071.
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GIUSEPPE SANTALUCIA
soggetti partecipanti; è piuttosto necessario che si abbia prova che quel rapporto di collegamento abbia realmente influito “sulla indipendenza e segretezza di
elaborazione delle rispettive offerte”. Il rapporto di controllo o collegamento
tra società costituisce la premessa di accordi occulti in violazione del principio
di concorrenza, che siano lesivi del bene tutelato dalla norma di cui all’articolo
353 c.p. mediante la forma tipica della frode o della collusione, e però occorre
distinguere “la supposizione di un fatto dalla prova della sua effettiva verificazione.”
In questo contesto va letta la disposizione dell’articolo 48 del codice degli
appalti che, dopo aver previsto il divieto di partecipazione alla gara in più di un
raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti, ovvero di
partecipazione anche in forma individuale qualora il singolo operatore economico partecipi anche in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti,
dispone che, “in caso di inosservanza del divieto, si applica l’articolo 353 del
codice penale” - comma 7 -. Il riferimento applicativo alla norma incriminatrice
non pare allora poter essere inteso secondo un automatismo che la giurisprudenza di legittimità ha ampiamente valutato inaccettabile. La sussistenza del
reato di turbata libertà degli incanti può essere affermata sempre che l’accertamento processuale consegni la prova di accordi occulti, facilitati certo da quel
collegamento tra soggetti che condivisibilmente può già operare come motivo
di esclusione.
Non occorre però, sempre ai fini della sussistenza del reato, che il risultato
della gara sia stata effettivamente alterato. Come è stato più volte chiarito dalla
Corte di cassazione, l’evento naturalistico può essere costituito oltre che dall’impedimento della gara anche da un suo turbamento, situazione che può verificarsi quando la condotta fraudolenta o collusiva abbia anche soltanto influito
sulla regolare procedura della gara medesima(8).
Non occorre pertanto che l’accordo collusivo abbia realizzato il fine di
vantaggio per i suoi protagonisti, potendo già bastare, dato che la fattispecie è
di pericolo, che abbia alterato l’andamento della gara.
(8) - Cass., sez. VI, 27 settembre 2013, n. 41365, M., in C.E.D. Cass., n. 256276.
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CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE
6. Tutela penale del segreto nelle procedure di gara
Il codice degli appalti ha cura di prevedere, sempre a beneficio della correttezza delle procedure di gara, il differimento dell’esercizio del diritto di
accesso fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, sia
nelle procedure aperte che in quelle ristrette e negoziate e nelle gare informali,
e ciò rispettivamente in relazione all’elenco degli offerenti e di quanti hanno
fatto richiesta di invito o hanno manifestato interesse, oltre che, in relazione
all’elenco dei soggetti invitati a presentare offerte.
L’esercizio del diritto di accesso è parimenti rinviato fino all’aggiudicazione per quel che attiene alle offerte e al provvedimenti di verifica dell’anomalia
dell’offerta. Sino alla scadenza del termine appena indicato, gli atti non possono
esseri comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti.
La violazione delle prescrizioni richiamate - precisa l’articolo 53 comma 3
- rileva nei confronti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio
come reato di rivelazione dei segreti di ufficio.
Non si tratta allora di una mera regolazione delle modalità di esercizio del
diritto di accesso, perché su quei contenuti il codice degli appalti, richiamando
la norma incriminatrice di cui all’articolo 326 codice penale, pone un vincolo di
segretezza.
Occorre, infatti, tener presente che per consolidata giurisprudenza di
legittimità, “oggetto materiale del delitto di rivelazione di segreti d’ufficio
sono solo le notizie d’ufficio coperte da segreto e cioè quelle sottratte alla
divulgazione in ogni tempo e luogo e nei confronti di chiunque per legge, per
regolamento o dalla natura stessa della notizia che può recare danno all’amministrazione, ma non anche quelle indebitamente diffuse in violazione alle
norme sul diritto di accesso agli atti della P.A. in quanto svelate a chi non è
titolare di tale diritto o senza il rispetto delle modalità previste(9).
Non è di facile comprensione, però, la scelta del codice degli appalti di
non operare lo stesso riferimento al codice penale per gli altri contenuti informativi sottratti del tutto all’esercizio del diritto di accesso e ad ogni forma di
(9) - Cass., sez. I, 10 febbraio 2010, n. 8201, C., in C.E.D. Cass., n. 246623; Cass., sez. VI, 30 settembre
2009, n. 39706, T., in C.E.D. Cass., n. 244259.
93
GIUSEPPE SANTALUCIA
divulgazione, e che sono analiticamente indicati nello stesso articolo 53 ma al
comma immediatamente successivo a quello in cui è contenuto il richiamo
all’articolo 326 codice penale. A meno di non ritenere che l’esclusione piena
dall’area del diritto di accesso non equivalga ad una implicita apposizione del
vincolo di segretezza, con conseguente automatico rinvio, per il caso di violazione del divieto, alle conseguenze penali di cui all’articolo 326 codice penale.
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE
ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
ISABELLA IASELLI
GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI
Sommario: 1. Premessa. - 2. La verifica documentale della illegittimità amministrativa. - 3. La prova
dichiarativa. - 4. Le intercettazioni. - 5. La registrazione effettuata dal privato. - 6.
L’agente provocatore e i reati in materia di appalti pubblici. - 7. Le indagini in tema di
criminalità organizzata in particolare. - 8. Le indagini nei casi di collusioni tra privati. 9. Le prove inammissibili.
1. Premessa
La finalità del legislatore, attraverso l’articolata serie di norme dettate dal
codice penale, dal codice degli appalti pubblici e dal codice antimafia, è quella
di garantire il principio di libera concorrenza attraverso una contrattazione giusta e vantaggiosa che non consenta indebite intromissioni da parte di funzionari
infedeli o di esponenti della criminalità organizzata.
I reati negli appalti pubblici devono essere distinti in due categorie:
- reati commessi previa intesa con gli amministratori pubblici;
- reati commessi da privati ai danni della pubblica amministrazione.
In entrambi i casi le indagini sono particolarmente complesse e difficili.
Nella prima ipotesi, occorre procedere all’acquisizione di elementi che
consentano di provare sia la illegittimità dell’azione amministrativa sia l’esistenza di intese illecite.
Ed invero non è sufficiente, ai fini penali, dimostrare la violazione di legge
da parte del funzionario che si ritiene infedele, bensì occorre anche far emergere
l’elemento soggettivo della intenzionalità della violazione per profitti personali.
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ISABELLA IASELLI
2. La verifica documentale della illegittimità amministrativa
Il primo accertamento richiede un’adeguata conoscenza delle norme di
diritto amministrativo e delle circolari emesse nei diversi specifici settori, nonché delle prassi esistenti in un determinato ufficio.
Può essere necessario in alcuni casi (quando il settore presenti anche profili tecnici di difficile interpretazione) nominare un esperto (o chiedere al P.M.
di nominare un consulente tecnico) che possa coadiuvare gli investigatori sin
dalla prima fase dell’acquisizione della documentazione e che possa poi leggere,
specie laddove si tratti di gare di appalto, le offerte e valutare la completezza
della documentazione allegata, nonché il rispetto delle forme e delle regole fissate dal bando di gara.
Si ricorda che attualmente il tema degli appalti pubblici è disciplinato dal
decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016, adottato in attuazione delle direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di
concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché
per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture.
Va chiarito che con la espressione “appalti pubblici” si indicano in
generale non solo i contratti di appalto veri e propri, bensì anche i contratti
di concessione e i contratti di fornitura e servizi, nonché ogni altro contratto
che comporti la scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione.
L’articolo 4 del predetto decreto indica per i contratti esclusi dall’ambito
di applicazione del codice, in ogni caso il rispetto dei principi di economicità,
efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica.
Evidentemente la violazione di tali principi integra gli estremi della illegittimità amministrativa. Può essere utile, quindi, per una verifica dell’azione della
pubblica amministrazione sulla quale si indaga estendere l’accertamento all’acquisizione dei dati relativi ad altri contratti simili o alle medesime scelte adottate
in passato. È ugualmente molto importante l’acquisizione anche di quegli atti
interni (verbali di sedute comunali o regionali, verbali delle commissioni di gara,
96
LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
relazioni degli uffici tecnici, pareri degli organi consultivi) attraverso i quali è
possibile verificare condotte contraddittorie, mancato controllo dei requisiti
richiesti, omessa motivazione nel caso ci si discosti dai pareri acquisiti, assenza
delle prescritte autorizzazioni. Spesso una lettura attenta degli atti della procedura rivela la presenza di falsi ideologici (art. 479 c.p.).
Ed il falso può essere un indizio significativo di una intesa illecita tra privato e organo pubblico e consente di procedere ad intercettazioni telefoniche
ed ambientali per la prosecuzione delle indagini e la verifica di ulteriori responsabilità in sede penale.
La ricostruzione della vicenda amministrativa nel suo complesso è sempre
importante anche laddove le indagini partano dalle dichiarazioni di chiamanti in
correità o di persone offese. Giova sottolineare che non sempre la prova dichiarativa regge al vaglio dibattimentale se non è supportata da un’attenta analisi
della documentazione. È facile per la difesa, infatti, sostenere la tesi della discrezionalità amministrativa che non può essere censurata o la inattendibilità di
dichiarazioni interessate da parte del privato che non sia stato scelto come contraente. D’altro canto è sempre possibile sostenere che la mera illegittimità non
integra gli estremi dell’illecito penale; questo richiede un quid pluris, ovvero la
volontà di strumentalizzare il potere pubblico per fini personali.
Nel tempo amministratori e privati sono divenuti molto abili nell’occultare, dietro una apparente legittimità, l’abuso del potere.
Tuttavia un accordo illecito lascia sempre una traccia.
Bisogna avere la pazienza per individuarla tra le tante carte da leggere e far
esaminare da un esperto di fiducia. Esistono diversi elementi sui quali focalizzare l’attenzione e qui se ricordano alcuni:
- la esistenza di un pregresso affidamento temporaneo e poi proseguito
in regime di proroga;
- i tempi stretti per la preparazione di un progetto oggetto della gara di
appalto che non consentono a tutti gli interessati di partecipare;
- la richiesta di requisiti in possesso di una sola impresa la cui specializzazione non è tuttavia necessaria per l’opera da realizzare.
Anche l’acquisizione dei dati relativi alle imprese partecipanti ad una gara
può risultare significativa.
97
ISABELLA IASELLI
Ad esempio lo storico di una società e i comportamenti da essa assunti
durante lo svolgimento di altre gare di appalto, magari anche per altri enti, possono offrire elementi utili per comprendere se esistano rapporti particolari proprio con un determinato ente pubblico (ovvero, come si vedrà infra, se esistano
intese tra le medesime imprese).
Può essere importante anche verificare se la società benefici di un trattamento privilegiato nella liquidazione dei mandati di pagamento, confrontandoli
con i tempi dei mandati di pagamento a favore delle altre ditte che operano per
la stessa amministrazione in settori analoghi.
Un’ultima annotazione.
Sovente, il denunciante - che ritiene di essere stato leso da un provvedimento illegittimo (ad esempio la esclusione da una gara) - presenta ricorso
amministrativo chiedendo al TAR una sospensiva e nel merito l’annullamento.
Il provvedimento cautelare adottato in via urgente e la sentenza definitiva
sono certamente documenti da acquisire ed esaminare, ma non sono preclusivi per
una verifica ulteriore in sede penale e, talvolta, letti con attenzione rivelano fatti che
possono essere utili per il prosieguo delle indagini. Invero il giudizio del giudice
amministrativo si fonda sui documenti prodotti e sulle richieste formulate dalle
parti e non è insolito che il giudizio sia respinto per questioni procedurali (decadenza, difetto di legittimazione) ovvero per omessa acquisizione di tutti gli atti utili
ovvero per non aver dedotto il reale vizio del provvedimento o della procedura.
3. La prova dichiarativa
Il moltiplicarsi di funzionari e tecnici coinvolti può consentire di assumere
informazioni utili da chi è estraneo ad ogni intesa e, magari, è in condizione di
illuminare su alcune deviazioni. Ed invero nella fase iniziale delle indagini non
si ha contezza di chi possa essere coinvolto nelle intese illecite e tutti possono
essere assunti a sommarie informazioni. Si ricorda che se il soggetto è già raggiunto da una specifica notizia di reato a suo carico, va sentito come indagato
con l’assistenza del difensore, ma laddove manchino elementi per la individuazione di singole responsabilità personali tutti coloro che hanno partecipato alla
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
procedura possono (e devono) essere esaminati come persone informate. Non
si può ritenere in maniera aprioristica che tutti gli amministratori e tutti i tecnici
siano corrotti o concussori, per cui l’indagine deve essere inizialmente cauta nell’attribuire responsabilità e deve tendere all’acquisizione di dati. Le dichiarazioni
rese da persona informata sui fatti vanno sempre considerate con cautela perché
potrebbero rivelarsi fuorvianti in quanto rese da soggetto che poi sarà indagato.
Resta fermo che il giudice ha il potere di verificare, per la rilevazione dell’inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni rese da chi doveva essere sentito sin
dall’inizio come indagato o imputato, se al momento delle dichiarazioni questi
fosse effettivamente estraneo alle ipotesi accusatorie allora delineate, e non deve
limitarsi al riscontro di indici formali, quali l’esistenza o meno di un’iscrizione
nominativa nel registro delle notizie di reato (così Sezioni Unite Penali del 21
aprile 2010, n. 15208). È stato anche precisato, in più occasioni, dalla Corte
Suprema di Cassazione che le spontanee dichiarazioni contra sé da parte di chi
non ha ancora assunto la qualità di indagato, sono certamente utilizzabili nel
giudizio abbreviato, persino contra alios (vds. tra le più recenti, Sezione Penale V
del 20 febbraio 2013, n. 18519; Sezione Penale IV del 4 dicembre 2013, n. 5619).
4. Le intercettazioni
Come già evidenziato, è necessario ma non è sufficiente ricostruire la
vicenda amministrativa, dovendo accertare il profilo delle intese illecite richiamato in premessa.
È molto difficile far emerge simili intese perché il medesimo privato vittima di concussione ha molta difficoltà nel presentare una formale denuncia
essendo succube del potere amministrativo esercitato in maniera distorta.
Nei casi di corruzione, poi, vi è un accordo tra le parti, ciascuna delle quali
trae personale beneficio dall’illecito accordo la cui conoscenza è limitata ai soggetti che vi partecipano e che non hanno certo interesse ad autoaccusarsi.
Lo strumento delle intercettazioni, ammesso per i reati contro la pubblica
amministrazione puniti con pena non inferiore ai cinque anni, richiede la sussistenza di “gravi indizi di reato” e ciò significa che occorre avere già elementi dai
99
ISABELLA IASELLI
quali si possa desumere fondatamente la commissione di un delitto, anche se
non si hanno elementi per individuare tutti i responsabili. Ad esempio se un privato si limita a denunciare mere irregolarità nello svolgimento della gara, tale
denuncia non è sufficiente per procedere ad intercettazioni ma si deve procedere all’acquisizione degli atti alla ricerca del falso ideologico o dell’abuso di
ufficio (che secondo la Corte Suprema di Cassazione può essere rivelato anche
da una palese illegittimità che favorisca un privato a danno di altri).
Sempre con riguardo ai presupposti delle intercettazioni, è possibile che la
notizia di reato sia acquisita da intercettazioni autorizzate per altro reato. Si
pensi al caso in cui si sta intercettando per reati finanziari ed emerge da una
conversazione che l’imprenditore necessita di danaro in contanti per pagare una
tangente. In tal caso la notizia è utilizzabile per richiedere in relazione alla ulteriore condotta emersa l’autorizzazione a procedere ad intercettazioni per il
reato di corruzione e/o concussione.
È chiaro che laddove si proceda per reati aggravati dall’art. 7 legge 203/91
ovvero commessi con metodo o finalità mafiosi bastano, per richiedere l’autorizzazione, i sufficienti indizi di reato. A tal fine sarà adeguata la dichiarazione
del collaboratore ed un primo riscontro sulla gara oggetto del narrato al fine di
mirare le intercettazioni ed evitare di procedere ad operazioni inutili e dispendiose sia in termini economici che in termini di tempo.
Rispetto a reati così “tecnici” è sempre preferibile avere un chiaro quadro
della vicenda amministrativa prima di procedere alle intercettazioni.
Nel corso delle intercettazioni sarà utile procedere all’assunzione di informazioni da parte dei tecnici e dei componenti delle commissioni di gara, di
coloro che hanno redatto il progetto o hanno espresso pareri, perché in tal
modo si possono provocare reazioni da parte degli indagati ovvero si può verificare la esistenza di pressioni o di accordi per eludere le indagini. A volte è
utile, per riscontrare le accuse di un privato o di un collaboratore, o anche per
verificare i dati emersi dalle intercettazioni, procedere al monitoraggio degli
spostamenti degli indagati attraverso un’attività di rilevazione satellitare.
La Corte di Cassazione ha più volte affrontato il tema della prova non
disciplinata dalla legge e risulta significativo, al riguardo, ricordare la sentenza
della stessa Corte (Sezione Penale V, 2 maggio 2002, n. 16130) nella quale ha
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
affrontato la questione relativa alla possibilità di far rientrare il tipo di attività
sopra indicato nell’ambito delle intercettazioni, con conseguente necessità della
previa autorizzazione del giudice.
La Corte ha osservato che “la localizzazione di una persona (o di un
oggetto) in movimento mai può essere considerata un’attività di intercettazione,
anche se realizzata con modalità e tecnologie similari a quelle con le quali vengono portate ad esecuzione, appunto, le intercettazioni previste dal codice di
rito”. Il capo IV del libro III del predetto codice reca, come è noto, intercettazioni di comunicazioni o conversazioni. L’art. 266 contempla l’ipotesi di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altra forma di telecomunicazione. L’ultimo comma di tale articolo si riferisce alle intercettazioni
tra presenti.
L’articolo 266-bis è relativo all’intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche. L’art. 268 prevede la registrazione e la trascrizione delle
comunicazioni intercettate. È dunque evidente che il concetto di intercettazione, pur mai esplicitamente definito dal legislatore, è relativo ad una attività di
ascolto (o lettura) e captazione di comunicazioni tra due o più persone.
Consiste, in un certo senso, nel sequestro di un bene immateriale: il contenuto
di una comunicazione.
Ad esso rimane estranea l’attività di indagine volta a seguire i movimenti
sul territorio di un soggetto, a localizzarlo e dunque a controllare - a distanza non il flusso delle comunicazioni che lo stesso invia o riceve, ma la sua presenza
in un determinato luogo in un certo momento, nonché l’itinerario seguito, gli
incontri avuti ecc. Si tratta, insomma, di una modalità, tecnologicamente caratterizzata, di pedinamento.
Come tale, essa rientra nei mezzi di ricerca della prova cosiddetti atipici
o innominati. D’altronde, mentre l’intrusione nelle altrui comunicazioni comporta compressione della libertà e segretezza delle stesse, cioè di un valore
costituzionalmente tutelato (art. 15 Cost.), e dunque la necessità di autorizzazione motivata da parte della autorità giudiziaria, la localizzazione, sia pure a
distanza, di un soggetto può farsi rientrare nell’ordinaria attività di controllo
ed accertamento demandata alla polizia giudiziaria (cfr. artt. 55, 347 e 370
c.p.p.). La stessa non richiede quindi l’osservanza delle disposizioni ex artt. 266
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ISABELLA IASELLI
e ss. c.p.p., relative alle intercettazioni di conversazioni e/o comunicazioni, e
neppure il decreto motivato del P.M., viceversa indispensabile, ad esempio, per
l’acquisizione dei tabulati concernenti il traffico telefonico. D’altronde, quando
il legislatore ha inteso adeguare il codice di rito ai nuovi ritrovati della tecnica,
è intervenuto emanando specifiche norme. Si pensi all’art. 11 della legge
547/1993, che ha introdotto l’art. 266 bis, il quale precisa che è consentita
ovviamente con le modalità e nei limiti di cui agli articoli precedenti l’intercettazione del flusso di comunicazioni relative a sistemi informatici e telematici,
con riferimento ai reati ex art. 266 c.p.p. (oltre che per quelli commessi mediante impiego di tecnologie, appunto, informatiche o telematiche).
In conclusione, la localizzazione è una forma moderna di pedinamento,
classica attività di indagine che spesso viene trascurata per i reati in esame, ma
che può invece rilevarsi di estremo rilievo consentendo di individuare i contatti
tra i soggetti indagati, i luoghi frequentati, le auto usate per gli incontri, anche
ai fini di mirare, come sopra indicato, utili intercettazioni ambientali.
5. La registrazione effettuata dal privato
Altra ipotesi è quella in cui la notizia derivi da una registrazione operata
dal privato e presentata agli investigatori ancora prima che gli stessi siano stati
investiti della questione.
La registrazione, infatti, costituisce una forma di memorizzazione fonica
di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche ai
fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p. (salvi gli
eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipi); tale registrazione, infatti, costituisce prova documentale secondo la
disciplina dell’art. 234 c.p.p., che qualifica “documento” tutto ciò che rappresenta “fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”.
La registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, è
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
prova documentale pienamente utilizzabile (Cassazione penale, Sez. III, 3 ottobre 2012, n. 43898; Cassazione penale, sez. VI, 16 marzo 2011, n. 31342).
Né può, sul punto, invocarsi il TU sulla privacy per sostenere la illegittimità dell’intercettazione (sia di una conversazione che di una telefonata) perché,
sempre secondo quanto affermato dalla Suprema Corte (Sezione III, 13 maggio
2011, n. 18908) integra il reato di trattamento illecito di dati personali (art. 167,
d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) il diffondere, per scopi diversi dalla tutela di un
diritto proprio o altrui, una conversazione documentata mediante registrazione.
Se ne desume che qualora il privato abbia operato la registrazione per esercitare
un proprio diritto (sia pure quello di denunciare un reato commesso ai suoi
danni) non vi è violazione della riservatezza.
Le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute per iniziativa di
uno degli interlocutori, non rientrano, nel concetto di intercettazione in senso
tecnico, ma rappresentano una particolare forma di “documentazione”, che
non è sottoposta ai limiti e alle finalità, proprie delle intercettazioni, e in quanto
tali non necessitano dell’autorizzazione del giudice delle indagini preliminari. La
registrazione di una conversazione tra presenti, compiuta di propria iniziativa
da uno di questi, non necessita di alcuna autorizzazione da parte del giudice per
le indagini preliminari e può essere usata nel processo (così Corte di
Cassazione, Sezione Penale II, del 10 giugno 2016, n. 24288).
In tal senso si erano pronunciate le Sezioni Unite sin dal 2003 osservando
che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di uno dei partecipanti, o
di chi sia ammesso ad assistervi, difetta la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso solo
da chi palesemente vi partecipa o assiste.
Il “nastro” che contiene la registrazione altro non è che la documentazione fonografica del colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente non potrebbe essere raggiunta e può rappresentare una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l’effetto che una simile pratica finisce
con il ricevere una legittimazione costituzionale (Cass. Sez. Un., 28 maggio
2003, n. 36747).
Le Sezioni Unite hanno tuttavia precisato che deve trattarsi di una iniziativa del soggetto che partecipa alla conversazione.
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ISABELLA IASELLI
Invero nella motivazione si legge “La pratica investigativa di ricorrere alla
registrazione occulta di colloqui che la polizia giudiziaria intrattiene con confidenti, persone informate dei fatti, indagati o indagabili va decisamente scoraggiata, perché, stenta, innanzi tutto, a conciliarsi con il disposto degli art. 188
e 189 c.p.p., per il naturale sospetto della presenza di insidie di natura fraudolenta che possono incidere sulla libertà morale della persona interessata, e perché soprattutto deve rapportarsi, per ricevere legittimazione, alle altre regole
che presidiano determinati mezzi di prova. La deformalizzazione del contesto
nel quale determinate dichiarazioni vengono percepite dal funzionario di polizia non deve costituire un espediente per assicurare comunque al processo
contributi informativi che non sarebbe stato possibile ottenere ricorrendo alle
forme ortodosse di sondaggio delle conoscenze del dichiarante. Non può
legittimarsi, sulla scia di una cultura inquisitoria che, in quanto estranea al
vigente codice, deve essere definitivamente abbandonata, l’apertura di varchi
preoccupanti nella tassatività e nella legalità del sistema probatorio, proponendosi veicoli di convincimento... affidati interamente alle scelte dell’investigatore.
Va superata ogni forma di distonia tra prassi delle indagini, condizionata
ancora da atteggiamenti inquisitori, e concezione codificata della prova, qual è
strutturata nel vigente sistema accusatorio. Va vinta qualunque tentazione di
forzare le regole processuali in nome di astratte esigenze di ricerca della verità
reale, considerato che le dette regole non incorporano soltanto una neutra disciplina della sequenza procedimentale, ma costituiscono una garanzia per i diritti
delle parti e per la stessa affidabilità della conoscenza acquisita”. In altri termini
non è possibile da parte della polizia giudiziaria ricorrere alla registrazione per
eludere le regole della intercettazione, pena la inutilizzabilità del materiale raccolto.
Inoltre, la registrazione effettuata dalla p.g. di dichiarazioni, conversazioni,
colloqui non è utilizzabile processualmente tutte le volte che viola il divieto di
testimonianza posto dagli artt. 62 e 195, 4° comma c.p.p., quello della ricezione
di dichiarazioni indizianti rese, senza il rispetto delle garanzie difensive, dalla
persona sottoposta ad indagini o dall’imputato (art. 63 c.p.p.), nonché quello
concernente le dichiarazioni dei cosiddetti confidenti della polizia e dei servizi
di sicurezza (art. 203 c.p.p.).
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
6. L’agente provocatore e i reati in materia di appalti pubblici
Altra tecnica investigativa della quale molto si discute è quella del cosiddetto agente provocatore.
Il tema si colloca al centro di un dibattito sulla regolamentazione del rapporto fra garanzia di libertà e autodeterminazione della persona ed esigenze di
repressione e prevenzione dei reati, nonché sulla definizione dei confini esistenti nel delicato rapporto tra attività investigativa e controllo giurisdizionale.
La dottrina ha distinto tra agente infiltrato e agente provocatore, laddove
il primo è quello che, essendo inserito organicamente nelle forze di polizia,
pone in essere una condotta di mera osservazione o mantenimento. Questa
condotta è diretta ad intervenire in presenza di sospetti che configurino a carico
di uno o più persone un giudizio di estrema probabilità in ordine alla concretizzazione di un’attività di preparazione o commissione di reati. L’agente provocatore, invece, pur essendo animato dalla medesima volontà investigativa e
dalle medesime finalità istituzionali, pone in essere una condotta attiva, di induzione o esecuzione di fatti penalmente illeciti, rilevanti rispetto alla loro realizzazione. L’elaborazione giurisprudenziale ha configurato la legittimità della
condotta dell’infiltrato in base ad un’interpretazione estensiva della scriminante
di cui all’art. 51 c.p. Inizialmente l’attività dell’agente infiltrato è stata ritenuta
legittima, seppure previa circoscrizione severa dei limiti di operatività. Di contro, risultava penalmente responsabile, alla stregua di un concorrente ex art. 110
c.p., colui che svolgeva un’attività concreta di ideazione o istigazione o comunque, un’attività casualmente utile alla commissione dei reati.
D’altro canto la previsione dell’art. 51 c.p., per quanto estensivamente
interpretabile, non può esulare dai due criteri generali della necessità di agire e
della proporzione della condotta rispetto all’evento delittuoso da reprimere.
Dunque, la dogmatica tradizionale ha inquadrato la problematica dell’agente
provocatore nel fenomeno del concorso di persone nel reato attribuendo ad esso
il ruolo di concorrente morale nel reato e, in particolare, il ruolo di istigatore,
anche se animato dal particolare movente che caratterizza la sua azione, vale a dire
quello di provocare un reato al fine di assicurare i colpevoli alla giustizia.
L’orientamento giurisprudenziale consolidato ritiene l’agente provocatore
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ISABELLA IASELLI
non punibile solo quando il suo intervento sia indiretto e marginale nella ideazione ed esecuzione del fatto risolvendosi essenzialmente in una attività di controllo, di osservazione e di contenimento dell’altrui azione illecita; mentre è
punibile come concorrente il soggetto che svolge una concreta attività di istigazione o comunque una attività avente efficacia determinate o concausale (sia
essa materiale sia psichica) nella progettazione e commissione dei delitti.
La questione si pone perché in materia di reati contro la pubblica amministrazione, a differenza che in altri settori (si pensi alle norme sulla attività
sotto copertura introdotte dal legislatore per i reati riguardanti il traffico di stupefacenti), l’istituto non è stato disciplinato.
La legislazione speciale ha dettato regole comuni che possono essere così
sintetizzate:
- la natura propria e speciale delle scriminanti in esame (applicabili ai soli
appartenenti alla polizia giudiziaria delle unità specializzate o nel caso del contrasto al terrorismo internazionale agli ausiliari di cui questi si siano avvalsi ex
art. 348, comma 4 c.p.p.);
- la necessità che l’operazione sia eseguita nell’ambito di un progetto investigativo più ampio e sia autorizzata da particolari autorità, al fine di evitare iniziative di carattere personale potenzialmente pericolose e comunque, per evitare
sovrapposizioni tra le indagini seguite dalle diverse forze di polizia giudiziaria;
- il nesso funzionale tra la condotta dell’operante e l’obiettivo dell’acquisizione di elementi di prova in ordine a reati che sono quelli espressamente previsti dalle norme che disciplinano le singole attività.
La discussione sulla possibilità di agire sotto copertura nel settore dei reati
in materia di appalti pubblici non ha portato sino ad oggi alla approvazione di
una normativa che consenta tale attività. E tuttavia, in base al principio della atipicità delle prove, la stessa non deve ritenersi vietata qualora l’agente non concorra in alcun modo nella commissione del reato ma si limiti a svolgere un’attività di mero spettatore.
In effetti la Corte di Cassazione nel pronunciarsi in tema di attività sotto
copertura, ha affermato che l’azione dell’agente provocatore, che pure non
abbia agito nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 97 D.P.R. 9 ottobre 1990
n. 309, non è punibile se si limita a disvelare un’intenzione criminale esistente,
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
ma allo stato latente, fornendo solo l’occasione per concretizzare la stessa, e, quindi, senza determinarla in modo essenziale (così Sezione Penale VI, dell’11 luglio
2016, n. 28810 e ancora prima Sezione Penale III, del 3 maggio 2011, n. 751).
Si tratta di materia molto insidiosa.
È nota alle cronache la vicenda verificatasi nel 1995 di un agente-infiltrato
per smascherare minacce e pressioni nei confronti della TAV spa (sigla di Treno
Alta Velocità SpA) società del Gruppo Ferrovie dello Stato controllata interamente da Rete Ferroviaria Italiana e fondata appositamente per la pianificazione, la progettazione e realizzazione di quelle linee ferroviarie ad alta velocitàalta capacità nelle principali tratte. A seguito di denuncia da parte del legale rappresentante fu infiltrato un ufficiale dei carabinieri che assunse il ruolo di delegato della società per la gestione della tratta tra Napoli e Caserta ed in tale veste
partecipò ad una serie di riunioni sia con funzionari pubblici sia con esponenti
della criminalità organizzata, ricevendo richieste di tangenti da versare all’una ed
all’altra parte.
Il caso suscitò molte polemiche e si concluse con l’assoluzione dei funzionari pubblici ritenendo il reato impossibile, dal momento che le richieste erano
state avanzate nei confronti di un soggetto che non aveva in realtà il potere di
soddisfarle.
Si tratta di un caso limite, perchè l’investigatore assunse egli stesso la qualifica di dipendente della società e quindi di persona offesa.
Tuttavia, diversa sarebbe stata probabilmente la conclusione se l’agente
infiltrato si fosse limitato ad assistere, come mero collaboratore, alle riunioni
tenute dall’effettivo delegato.
La vicenda insegna che lo strumento deve essere usato con molta cautela
e sempre con la sola finalità di acquisire elementi da semplice spettatore e senza
in alcun modo rivestire la qualifica di persona offesa o di provocatore.
Giova ricordare che con la legge 136 del 2010, in relazione agli impegni
richiesti dalla Comunità Europea sono stati previsti: la delega al Governo per
l’adozione di un codice Antimafia per rielaborare la normativa sulle misure di
prevenzione e sulla gestione dei beni confiscati e sequestrati nonché sulla documentazione antimafia; la tracciabilità dei flussi finanziari (pagamenti con codice
identificativo di gara attribuito dall’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici,
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ISABELLA IASELLI
oggi sostituita dall’ANAC); il controllo degli automezzi utilizzati sui cantieri e
dei lavoratori impiegati; accertamenti fiscali programmati nei confronti dei condannati anche con sentenza non definitiva per reati di criminalità organizzata e,
per quanto qui si vuole sottolineare, “estensione delle operazioni sotto copertura già previste solo per alcuni reati dalla legge 146/2006”.
Con la medesima legge è stato modificato il reato di turbata libertà degli
incanti con aumento della pena e previsione di una nuova fattispecie che anticipa la punibilità dell’accordo illecito al momento della formazione del contenuto del bando.
Allo stato la disciplina generale ed unitaria delle operazioni sotto copertura, dettata dal primo comma dell’art. 9 della L. 16 marzo 2006, n. 146, vale per
i seguenti reati:
- delitti previsti dagli artt. 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonché nel libro II, titolo XII, capo III, sezione I (relativa ai delitti contro la personalità individuale) del codice penale;
- delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi;
- delitti previsti dall’art. 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286;
- delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309;
- delitti previsti dall’art. 260 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti);
- delitti previsti dall’art. 3 della L. 20 febbraio 1958, n. 75 (cosiddetta
“legge Merlin”, intitolata: “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”);
- delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione.
L’utilizzo di agenti sotto copertura è allo stato oggetto di proposte legislative che non sono approdate tuttavia all’approvazione di una legge che disciplini
l’istituto e consenta tale tecnica di indagine, anche oltre i limiti sopra indicati.
Allo stato quindi può ritenersi ammissibile solo la figura dell’agente che si
infiltra in un ufficio o in una impresa limitandosi, però, ad assistere e ad ascoltare.
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
Sul punto giova ricordare che l’art. 62 c.p.p. pone il divieto di testimoniare
sulle dichiarazioni rese nel corso di un procedimento da persona indagata mentre l’art. 195 c.p.p. vieta di rendere dichiarazioni assunte dalle persone informate
sui fatti ai sensi degli artt. 351 e 357 c.p.p.
Ebbene, come chiarito dalla Suprema Corte, tali norme riguardano in tutta
evidenza dichiarazioni rese in un contesto disciplinato in maniera specifica dal
codice di rito (verbale spontanee dichiarazioni, verbale assunzione informazioni, verbale interrogatorio) e non operano quindi anteriormente o al di fuori del
procedimento penale, perché in questo caso la dichiarazione dell’agente di polizia giudiziaria assume il valore di testimonianza di fatto storico percepito direttamente e, come tale, valutabile dal giudice alla stregua degli ordinari criteri
applicabili a detto mezzo di prova (così Cassazione penale sez. V, 14 marzo
2013, n. 32444).
Con specifico riguardo al tema in esame, la Corte ha affermato che alle
dichiarazioni rese ad agente infiltrato da soggetti poi qualificati come indagati o
imputati non si applica né il divieto posto dall’art. 62 c.p.p., né il limite di utilizzabilità previsto dall’art. 63 comma 2 c.p.p. perché “le stesse non possono considerarsi rese nel corso di un esame o di sommarie informazioni in senso proprio, né si inseriscono in un contesto commissivo in atto di svolgimento, sì da
integrare esse stesse le condotte materiali del reato”(così Cassazione penale sez.
VI, 9 aprile 2013, n. 39216 in una fattispecie relativa a dichiarazioni rese da soggetti poi indagati e condannati per il reato di concorso esterno in associazione
di tipo mafioso).
7. Le indagini in tema di criminalità organizzata in particolare
Specifiche problematiche attinenti alle tecniche di indagine in materia di
appalti, riguardano il caso in cui alla gara partecipino imprenditori collegati alla
criminalità organizzata.
La misura della interdittiva antimafia non si è rivelata strumento efficace
per la stessa difficoltà di comprendere quale sia il materiale indiziario ritenuto
adeguato per fondare un simile provvedimento.
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ISABELLA IASELLI
Lo stesso Consiglio di Stato sottolinea “il delicato equilibrio tra gli
opposti interessi che fanno capo, da un lato, alla presunzione di innocenza di
cui all’art. 27 Cost. ed alla libertà d’impresa costituzionalmente garantita e,
dall’altro, alla efficace repressione della criminalità organizzata, comporta che
l’interpretazione della normativa in esame debba essere improntata a necessaria cautela” (Cons. Stato Sez. IV 4 maggio 2004, n. 2783; V, 27 giugno 2006,
n. 4135).
L’esigenza di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel modo più
efficace, e dunque anche nel caso in cui sussistano anche semplici elementi indiziari, non esclude che la determinazione prefettizia (pur se espressione di un
ampia discrezionalità) possa essere assoggettata al sindacato giurisdizionale
sotto il profilo della sua logicità e dell’accertamento dei fatti rilevanti.
Di recente, in risposta ai controlli sempre più stringenti sulle imprese
gestite direttamente dagli affiliati ed al timore dei funzionari e degli amministratori pubblici di essere coinvolti in indagini sulla criminalità organizzata, si è
affermato un nuovo schema: il clan stringe un patto con un imprenditore (che
ha una storia ed è credibile nel settore per cui non desta sospetti) disposto a fare
da tramite tra gli amministratori pubblici e il clan medesimo.
Questo triplice accordo si fonda su i propri benefici che ciascuna parte trae:
- il clan incassa la propria percentuale e posti di lavoro (fittizi in genere)
per familiari, riaffermando il controllo sul territorio, senza incorrere in eccessivi
rischi, bensì utilizzando la organizzazione imprenditoriale altrui; in taluni casi
ricicla anche i proventi delle altre attività illecite usando la impresa come lavatrice e partecipando agli utili come socio occulto;
- l’imprenditore ha il sostegno del clan di riferimento ottenendo l’appalto
nel rispetto degli accordi con gli altri clan per la ripartizione del territorio e presentandosi in tale veste agli amministratori garantendo la pace sul territorio; in
cambio non solo mette a disposizione la propria impresa, bensì si occupa anche
di ottenere, sul piano amministrativo, l’aggiudicazione dell’appalto e il pagamento puntuale delle fatture, con preferenza rispetto alle altre imprese concorrenti;
- gli amministratori ottengono il pagamento di somme di danaro o altri
benefici (viaggi, lavori di ristrutturazione, auto) e la tranquillità sul cantiere.
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
Nella esecuzione delle triplici intese sopra descritte si realizzano i reati di
turbativa di gara e di corruzione commessi da imprenditori e amministratori
pubblici.
Gli imprenditori agiscono non solo nel personale interesse bensì anche
nell’interesse del clan di riferimento e gli amministratori non se ne preoccupano
ricevendo un personale tornaconto.
Non è sempre facile individuare il triplice accordo tra amministratori pubblici, imprenditori e criminalità organizzata e, come risulta dalle sentenze di
merito e di legittimità, fondamentali in questo ambito restano le dichiarazioni
dei collaboratori e le intercettazioni telefoniche e ambientali.
Tuttavia resta fermo, ed è bene sottolinearlo di nuovo, che le tracce dei reati
in materia di appalti pubblici si rinvengono esaminando con attenzione la medesima documentazione amministrativa, con l’ausilio di esperti di fiducia, alla ricerca della contraddizione (o del falso) che offra il riscontro necessario per la lettura
delle conversazioni intercettate e per la credibilità estrinseca delle dichiarazioni
del collaboratore. Queste ultime sono importanti per focalizzare l’attenzione su
determinati imprenditori o amministratori collusi e su determinati contratti, ma
poi è necessario procedere alle verifiche individuando le utenze (o gli uffici e le
auto) utili da monitorare ed analizzando la documentazione amministrativa.
E sotto questo profilo le regole previste dal codice dei contratti possono
essere utili per individuare il punto debole della procedura seguita.
Il codice si propone di rivedere le diverse tipologie di contratti dettando
alcuni principi comuni:
- pubblicità che deve essere garantita dalla Autorità committente mediante
pubblicazione su Internet dei progetti di grandi opere ad alto impatto e mediante dibattito pubblico (art. 21);
- progettazione a cura delle professionalità interne alla committente (art.
22) e solo in caso di specifiche competenze ricorsi al concorso di progettazione
o concorso di idee (disciplinati dagli artt. 153- 157);
- il progetto va verificato da soggetti abilitati che devono essere diversi da
chi poi procederà alla direzione dei lavori ed al collaudo (art. 26);
- ogni procedura per la scelta del contraente deve prevedere un RUP
(Responsabile Unico Procedimento);
111
ISABELLA IASELLI
- i lavori possono essere affidati da soggetti qualificati ai sensi dell’art. 38
ovvero stazioni appaltanti e centrali di committenza iscritte in un apposito registro gestito dall’ANAC;
- le comunicazioni tra le stazioni appaltanti e con l’ANAC devono essere
realizzate attraverso gli strumenti informatici per aggiornamenti in tempi reali
e circolarità delle informazioni;
- per favorire la partecipazione di piccole e medie imprese di regola gli
appalti devono essere suddivisi in lotti funzionali, salvo risulti impossibile (art.
51);
- sono previsti accordi quadro con i soggetti economici abilitati in base
ai quali servizi e attività sono affidati in base a criteri oggettivi concordati
(anche senza riaprire il confronto); procedure competitive aperte, ristrette o
con negoziazione previo bando ovvero procedura negoziata senza previa
pubblicazione;
- i criteri di aggiudicazione sono quelli della offerta economicamente più
vantaggiosa (miglior rapporto qualità/prezzo) valutata da commissione di
esperti iscritti in un albo presso l’ANAC.
Non vi è sistema nel quale la corruzione e la criminalità di stampo mafioso
non riescano ad infiltrarsi, ma una precisione di regole stringenti può essere
utile per capire dove è stato compiuto il “passo falso” che ha lasciato traccia di
un accordo.
8. Le indagini nei casi di collusioni tra privati
Come si è detto in premessa, l’organo pubblico può essere anche vittima
di attività illecite compiute dai privati ai suoi danni.
Ed invero il privato può con violenza o minaccia, o con doni, promesse,
collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedire o turbare la gara nei pubblici
incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni, ovvero allontanarne gli offerenti (art. 353 c.p.) ovvero con gli stessi metodi può turbare il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o
di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del con-
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LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
traente da parte della pubblica amministrazione (art. 353-bis c.p.). Nei casi
predetti, qualora il privato si sia astenuto dal concorrere agli incanti o alle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni per aver ricevuto danaro o altra utilità o per averne accettato la promessa, anche il soggetto astenuto
viene punito (art. 354 c.p.).
Al fine di svelare le collusioni tra privati, non rileva il mero dato del collegamento - formale o sostanziale - in sé. Infatti esso anche quando non consentito rimane sempre solo un indice di irregolarità, suscettibile di acquisire rilevanza penale, ma da approfondire.
Oggetto dell’accertamento deve essere infatti l’esistenza dell’accordo preventivo, in quanto idoneo ad influire sull’esito della gara, violando la libertà di
partecipazione e la libertà dei singoli partecipanti di influenzare l’esito della gara
secondo la regola di libera effettiva concorrenza, nell’interesse primario della
pubblica amministrazione e della individuazione del giusto prezzo, cui si perviene attraverso l’effettiva libera concorrenza.
Ciò esclude dunque in radice, per insuperabile incompatibilità, ogni forma
di collusione e quindi di accordo preventivo, (così Cassazione Penale Sez. VI
del 26 aprile 2011, n. 16333).
Al fine di acquisire elementi utili per il prosieguo delle indagini, prescindendo da quale sia la fonte della notizia di reato (dichiarazioni di un imprenditore escluso, segnalazione dell’ANAC o denuncia del medesimo organo pubblico, intercettazione disposta per altro reato), è indispensabile ricostruire la storia
delle singole imprese al fine di portare alla luce collegamenti tra le stesse verificando (attraverso la visura storica dei registri delle imprese e delle società) sedi,
soci, amministratori, sindaci; è inoltre utile acquisire informazioni presso i commercialisti (magari emerge che il commercialista è il medesimo).
Inoltre può essere utile ricostruire la storia dei precedenti appalti ai quali
le imprese hanno partecipato al fine di verificarne le condotte.
Si possono chiedere anche informazioni all’ANAC che dovrebbe monitorare i principali appalti. Ciò consente di riscontrare eventuali denunce o il
narrato del collaboratore di giustizia e di mirare con precisione quali soggetti
monitorare (come vittime, che non hanno avuto il coraggio di denunciare per
le minacce subìte, o come concorrenti).
113
ISABELLA IASELLI
Nel caso di intese tra privati, i medesimi funzionari pubblici possono fornire
notizie utili, ma sarebbe sempre preferibile nominare un consulente che possa
segnalare le anomalie delle offerte e il mancato raggiungimento dell’obiettivo del
giusto prezzo.
Naturalmente valgono le medesime considerazioni sopra svolte in ordine
alle tecniche di indagine sopra esaminate nel caso in cui sia coinvolto il medesimo organo pubblico.
9. Le prove inammissibili
Per concludere questa breve esposizione sulle tecniche di indagine, giova
infine ricordare che l’inammissibilità di una prova si può tradurre in inutilizzabilità nei casi in cui sia stato violato un divieto di legge.
Gli esempi sono numerosi, in quanto ogni tipo di prova è stato disciplinato in modo da garantirne l’aderenza al modello del giusto processo.
Con riguardo alle prove, sono da evidenziare, in particolare ai fini che qui
interessano, quali siano quelle vietate dal codice di procedura penale:
- la testimonianza sulle dichiarazioni dell’imputato (art. 63);
- le perquisizioni e le ispezioni presso gli studi dei difensori, fuori dai casi
previsti (art. 103);
- la testimonianza indiretta nel caso in cui una delle parti abbia chiesto la
citazione del teste diretto o nel caso in cui il teste de relato non indichi la sua
fonte (art. 195);
- la testimonianza di coimputati ed imputati in processo connesso (art.
197);
- le informazioni rese alla polizia giudiziaria dai confidenti (art. 203);
- le informazioni assunte dal perito presso le parti ed i terzi (art. 228);
- il sequestro di corrispondenza fuori dai casi previsti (art. 254);
- le intercettazioni telefoniche in assenza dei requisiti richiesti (artt. 270 e
271);
- il ricorso a metodiche che influiscano sulla libertà di autodeterminazione e di giudizio (art. 188).
114
LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI
NEGLI APPALTI PUBBLICI
L’inutilizzabilità della prova consiste in un’intrinseca patologia dell’atto, il
quale è del tutto escluso dal sistema probatorio, con la conseguenza che, oltre
ad essere rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, è altresì insuscettibile di rinnovazione e di sanatoria.
115
116
LA GESTIONE DELLA FASE DI
ESECUZIONE DEL CONTRATTO
DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
PAOLO PERCO
INGEGNERE PHD, DIRETTORE DELL’AREA APPALTI DELLA S.P.A. AUTOVIE VENETE
Sommario: 1. Premessa. - 2. La fase di programmazione e di progettazione. - 3. La fase di esecuzione. - 4. Conclusioni.
1. Premessa
La fase di esecuzione dell’appalto è quella in cui l’operatore economico,
individuato nella precedente fase di scelta del contraente, svolge la prestazione
che la stazione appaltante ha ritenuto necessario acquisire. La fase di esecuzione
inizia con la sottoscrizione del contratto di appalto e termina con il collaudo
della prestazione eseguita.
Nella fase di esecuzione il Responsabile del Procedimento (RUP) ed il
Direttore dei lavori (DL) nel caso di appalto di lavori, o il Direttore dell’esecuzione del contratto (DEC) nel caso di appalto di forniture o servizi, conducono
l’appalto assicurandosi che la prestazione svolta dall’appaltatore sia conforme al
progetto posto a base di gara, ed in particolare ai requisiti qualitativi, quantitativi e prestazionali minimi in esso fissati, nonché all’eventuale offerta tecnica
dell’operatore economico sulla base della quale si è aggiudicato l’appalto, verificano il rispetto dei tempi, provvedono alla liquidazione delle prestazioni rese
nel rispetto dell’importo stabilito, gestiscono le eventuali modifiche al contratto
117
PAOLO PERCO
resesi necessarie in corso di esecuzione e, più in generale, assicurano che l’esecuzione dell’appalto avvenga nel rispetto delle pattuizioni contrattuali e della
normativa vigente. Questa normativa ha le sue origini nell’allegato F della
Legge 20 marzo 1865, n. 2248 sull’unificazione amministrativa del Regno
d’Italia e nel regolamento R.D. 19 dicembre 1875, n. 2854. Il corpo normativo
relativo ai lavori pubblici è andato poi evolvendosi sino alla legge quadro 11
febbraio 1994, n. 109, al relativo regolamento d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554,
nonché al regolamento D.M. 19 aprile 2000, n. 145 recante il capitolato generale
d’appalto dei lavori pubblici. Con il successivo codice dei contratti pubblici di
lavori, forniture e servizi D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ed il relativo regolamento d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, il legislatore ha inteso assimilare gli appalti di
forniture e servizi a quelli di lavori, estendendo ad essi gran parte delle regole
relative alla conduzione dell’appalto sino a quel momento riservate agli appalti
di lavori. In particolare, l’impianto del titolo III e del titolo IV della parte IV del
d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che trattano dell’esecuzione e del collaudo degli
appalti di forniture e servizi, ripropongono, con un certo grado di semplificazione, le ormai consolidate disposizioni relative alla fase di esecuzione degli
appalti di lavori, riportate ai titoli VII, VIII, IX e X della parte II del medesimo
d.P.R.
Queste disposizioni, ormai ampliamente conosciute da tutti i soggetti che,
a vario titolo, intervengono nella fase di esecuzione dell’appalto, costituivano
una cornice normativa grazie alla quale la stazione appaltante era in grado di
gestire con efficacia il rapporto con l’appaltatore nella fase di esecuzione del
contratto.
La recente pubblicazione del nuovo codice dei contratti D.Lgs. 18 aprile
2016, n. 50 è quindi destinata ad avere significative conseguenze sulla fase di
esecuzione del contratto in quanto, oltre ad abrogare il precedente codice, la lettera u) del comma 1 dell’art. 217 abroga anche il regolamento d.P.R. 5 ottobre
2010, n. 207, per la cui sostituzione il nuovo codice rimanda all’emanazione di
numerosi atti attuativi, la maggior parte dei quali non ancora emanata (a questo
proposito va ricordato che, effettivamente, le disposizioni transitorie di cui
all’art. 216 rimandano l’abrogazione di alcune modeste parti del regolamento
all’emanazione degli atti attuativi che sono destinati a sostituirle).
118
LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
In particolare, gli atti attuativi che conterranno le disposizioni relative alla
fase di esecuzione del contratto sono le Linee Guida dell’ANAC sul RUP di cui
al comma 5 dell’art. 31 del nuovo codice, recentemente emanate dall’ANAC
con determinazione n. 1096 del 26 ottobre 2016, e, soprattutto, le Linee Guida
dell’ANAC sul DL e sul DEC, da emanare con lo specifico decreto del Ministro
delle infrastrutture e trasporti previsto dal comma 1 dell’art. 111 del nuovo
codice. Nonostante questo articolo preveda che il decreto doveva essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice, al momento
della scrittura del presente contributo il decreto non è ancora stato emanato. I
testi delle due Linee Guida sulla base dei quali il presente contributo è stato
redatto sono, pertanto, quelli approvati dal Consiglio dell’ANAC il 21 giugno
2016 e inviati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai fini dell’adozione
del decreto ministeriale.
È immediato constatare che gran parte dei loro contenuti è ripresa dall’abrogato d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, tralasciando tuttavia diverse disposizioni, talvolta di significativa importanza, e trasponendo le altre in un testo con
struttura discorsiva.
Le due Linee Guida, se valutate con riferimento alla loro capacità di fornire disposizioni efficaci per la fase di esecuzione dell’appalto, utili anche per
guidare il DL ed il DEC nel rapporto con l’appaltatore, non possono che essere
giudicate modeste rispetto al precedente d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. Su tali
Linee Guida, nonché sul relativo schema di decreto ministeriale, il Consiglio di
Stato ha recentemente formulato il proprio parere (numero 2282/2016 dd. 3
novembre 2016).
Tra le numeros e osservazioni in esso contenute, riveste particolare importanza la condivisibile richiesta di trasformare la struttura discorsiva delle Linee
Guida in un articolato regolamentare per consentire un’immediata percezione
dei precetti vincolanti.
Peraltro, è ipotizzabile che anche le due Linee Guida definitive, auspicabilmente revisionate alla luce del parere del Consiglio di Stato, manterranno, nella
sostanza dei contenuti, i medesimi di quelle attualmente disponibili e quindi
sarà confermata l’assenza di numerose disposizioni che erano invece presenti
nel d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.
119
PAOLO PERCO
Questo fatto è destinato ad avere significative conseguenze nel rapporto
tra stazione appaltante e appaltatore poiché l’assenza nelle Linee Guida di specifiche disposizioni relative a diversi aspetti della fase di esecuzione del contratto, ricondurrà il contratto stesso, per tali aspetti, nell’alveo di applicazione delle
norme che in via ordinaria regolano le pattuizioni contrattuali, indebolendo
significativamente la posizione della stazione appaltante.
È opportuno, pertanto, che le stazioni appaltanti provvedano ad inserire
nei propri capitolati speciali d’appalto da porre a base di gara specifiche disposizioni volte a integrare il nuovo corpo normativo per disciplinare con la necessaria precisione quanto da quest’ultimo non più trattato, o trattato in modo non
sufficientemente dettagliato.
Anche così, peraltro, da un lato è intuibile che amministrazioni di dimensioni modeste, non dotate di competenze e professionalità adeguate, potrebbero avere difficoltà in tale integrazione, dall’altro il proliferare di regole capitolari
diverse tra le diverse stazioni appaltanti non potrà che contribuire ad una
aumento del contenzioso, unitamente ad una maggior difficoltà per i soggetti
chiamati a dirimerlo, mancando un riferimento normativo comune per tutti gli
appalti a cui poter fare riferimento.
Il presente contributo è stato redatto in tale contesto e, pertanto, in attesa
di un auspicato intervento dell’ANAC o del legislatore che possa contribuire a
migliorare la situazione sopra delineata, si propone di costituire un supporto
pratico per la redazione di un capitolato speciale d’appalto che, integrando la
normativa vigente, possa rappresentare un efficacie strumento a disposizione
dei soggetti della stazione appaltante preposti alla conduzione dell’appalto.
2. La fase di programmazione e di progettazione
Anche se il presente contributo tratta la fase di esecuzione dell’appalto è
comunque opportuno soffermarsi brevemente sulla fase di programmazione e
progettazione della prestazione che la stazione appaltante intende acquisire, sia
essa una grande opera o una modesta fornitura.
A prescindere dagli obblighi di programmazione previgenti e ora statuiti
120
LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
dall’art. 21 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., per quanto qui di interesse è importante
osservare che una tempestiva programmazione consente da un lato di individuare esigenze similari che possono essere gestite con un unico contratto, cosa
che in fase di esecuzione si traduce in un’ovvia economia di tempo rispetto a
quello necessario alla stazione appaltante per gestire più contratti similari con
diversi operatori economici, dall’altro lato di disporre di maggior tempo per
progettare la prestazione, potendo così porre a base di gara un progetto più dettagliato, con una precisa individuazione della prestazione richiesta, dei suoi
requisiti tecnici e prestazionali e del suo valore economico, accompagnato da
un capitolato speciale d’appalto contenente specifiche disposizioni, puntuali e
congruenti con la prestazione rappresentata nel progetto. È ovvio, infatti, che
la presenza in allegato al contratto di un progetto completo e dettagliato della
prestazione che la stazione appaltante intende acquisire, agevola l’azione della
stazione appaltante nella fase di esecuzione dell’appalto.
Per quanto attiene, invece, la fase progettuale, pur non essendo anch’essa
oggetto di questo contributo, risulta utile elencare di seguito, seppur sinteticamente, quelle scelte che devono essere assunte già in tale fase, ma che hanno
una significativa influenza diretta sulla fase di esecuzione dell’appalto.
a. Modalità di liquidazione dell’appalto (a corpo o a misura)
Un appalto è liquidato a corpo quando il corrispettivo per la prestazione
è predeterminato e rimane fisso e invariabile.
Un appalto è liquidato a misura quando sono predeterminati i prezzi unitari delle singole prestazioni elementari e il corrispettivo è calcolato sui quantitativi effettivamente resi dall’appaltatore.
Il capitolato speciale d’appalto deve definire se l’appalto è liquidato a corpo
o a misura. Ovviamente, la scelta dipende prioritariamente dalle caratteristiche
della prestazione richiesta, ma anche una valutazione sul carico di lavoro dei soggetti preposti alla conduzione dell’appalto, e quindi dell’effettiva possibilità di
controllo in fase esecutiva non può essere trascurata, in quanto l’appalto a misura richiede un impegno da parte di tali soggetti per la tempestiva verifica quantitativa di quanto eseguito decisamente maggiore rispetto all’appalto a corpo.
121
PAOLO PERCO
b. Gli adempimenti che possono trovare applicazione nella fase di esecuzione solo se indicati
nei documenti di gara
Il D.Lgs. 50/2016 s.m.i. ammette in fase di esecuzione i seguenti adempimenti solo se già individuati negli atti posti a base di gara: opzioni e rinnovi
(comma 4 dell’art. 35), periodi di garanzia dei lavori (comma 7 dell’art. 103),
esonero della garanzia (comma 11 dell’art. 103), limitazioni all’istituto del
subappalto (comma 4 dell’art. 105), clausole di revisione dei prezzi (comma 1
dell’art. 106), limiti al valore delle modifiche che possono essere apportate al
contratto (lettera e) del comma 1 dell’art. 106), possibilità di adottare una proroga per completare nuove procedure di scelta del contraente (comma 11 dell’art. 106), ricorso all’arbitrato (comma 2 dell’art. 209).
c. L’individuazione dei requisiti dell’operatore economico
Il RUP deve individuare i requisiti di idoneità professionale, di capacità
economico e finanziaria e di capacità tecnica e professionale che ritiene debba
possedere un operatore economico per svolgere efficacemente la prestazione e
che, pertanto, costituiranno i requisiti di partecipazione della procedura di scelta
del contraente. Un attento bilanciamento di tali requisiti è infatti fondamentale
perché se da un lato è opportuno ampliare la platea dei possibili concorrenti alla
procedura, dall’altro vi è il rischio di selezionare un operatore economico che,
alla prova dei fatti, non possiede le capacità per svolgere efficacemente la prestazione.
d. La scelta dell’importo degli stati di avanzamento
La scelta dell’importo degli stati di avanzamento che la stazione appaltante
liquiderà all’operatore economico durante lo svolgimento della prestazione, da indicare nel capitolato speciale d’appalto, può avere importanti conseguenze nella fase
esecutiva. Se, infatti, un importo troppo modesto costituisce un’inutile aggravio
delle attività che competono alla stazione appaltante in fase di esecuzione, dall’altro
lato un importo troppo elevato potrebbe costituire un serio ostacolo al corretto
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
svolgimento della prestazione per l’appaltatore nel caso questi non possieda un’adeguata capacità economico finanziaria che gli consenta di sopportare l’anticipazione
di un importo almeno corrispondente al valore fissato per gli stati d’avanzamento.
e. La scelta del criterio di aggiudicazione
La scelta del criterio di aggiudicazione, che deve essere presa anche considerando la qualità del progetto da porre a base di gara, può avere significative
conseguenze sulla fase di esecuzione. Il criterio del minor prezzo, infatti, ora
consentito solo nei casi di cui al comma 4 dell’art. 95 del D.Lgs. 50/206 s.m.i.,
di norma consente la conclusione della procedura di scelta del contraente in
minor tempo rispetto al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
ma necessita di un progetto particolarmente curato poiché deve dettagliare esattamente la prestazione richiesta in ogni sua componente, identificando con precisione i termini qualitativi, quantitativi, temporali e prestazionali che debbono
essere rispettati dall’appaltatore. In caso contrario, infatti, nella fase esecutiva
l’appaltatore potrebbe eccepire che quanto effettivamente richiesto dalla stazione appaltante non corrisponde a quanto contenuto nel progetto posto a base di
gara, sulla base del quale è stata formulata la sua offerta. Al contrario, nel caso
sia adottato il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, un’attenta individuazione e descrizione dei criteri sulla base dei quali
saranno valutate le offerte può supplire a specifiche carenze del progetto da
porre a gara, inducendo i concorrenti stessi a formulare proposte con cui migliorarlo proprio per quegli aspetti che il progetto non ha saputo o potuto dettagliare
adeguatamente. Tale possibilità è ora confermata dal comma 14 dell’art. 95 del
D.Lgs. 50/2016 s.m.i., che permette alle stazioni appaltanti di richiedere ai concorrenti di accompagnare l’offerta con specifiche varianti al progetto posto a
base di gara, fissandone i requisiti minimi che esse devono rispettare.
f. La modalità di individuazione della migliore offerta economica
La scelta del criterio di individuazione della migliore offerta economica
da utilizzare nella procedura di scelta del contraente può avere importanti
123
PAOLO PERCO
conseguenze nella fase esecutiva. Il miglior prezzo, o il migliore punteggio economico nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa, può essere individuato, infatti, o mediante un unico ribasso percentuale sull’importo della prestazione posta a base di gara, o mediante un’offerta a prezzi unitari. Queste due
modalità, che erano in precedenza disciplinate, con riferimento al criterio di
aggiudicazione del prezzo più basso, dall’art. 82 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n.
163, non trovano ora collocazione nel D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. La scelta
dipende innanzitutto dalla presenza, o meno, di un elenco prezzi unitari delle
prestazioni elementari che compongono il progetto. Se nel caso di un appalto
di lavori tale presenza è scontata, ed anche nel caso di un appalto di forniture
ormai l’utilizzo di elenchi di prezzi unitari è molto diffuso, nel caso di alcuni
appalti di servizi possono effettivamente sussistere ancora delle difficoltà progettuali, non tanto nel suddividere la prestazione in prestazioni elementari,
quanto nell’individuare un prezzo unitario per ciascuna di esse. Comunque,
l’adozione nella procedura di scelta del contraente del sistema dell’offerta su
lista prezzi unitari costituisce un notevole vantaggio per la stazione appaltante
in quanto le consente di disporre nella fase di esecuzione dei prezzi unitari
offerti dall’appaltatore per ciascuna prestazione elementare. Ne consegue che
risulta più semplice gestire sia eventuali modifiche al contratto sia eventuali
contestazioni sul valore delle prestazioni eseguite.
3. La fase di esecuzione
La fase di esecuzione è il momento centrale dell’intera procedura di appalto,
in quanto è quella in cui la stazione appaltante, sulla base delle attività propedeutiche svolte nelle fasi precedenti, può finalmente vedere soddisfatta la sua
necessità di ottenere una certa prestazione. Nella fase di esecuzione i soggetti
preposti alla conduzione dell’appalto (RUP e DL o DEC) hanno quindi il difficile compito di gestire il rapporto contrattuale con l’appaltatore, con l’obiettivo di ottenere la prestazione rappresentata nel progetto posto a base di gara,
così come eventualmente modificato dall’offerta dell’appaltatore, nel pieno
rispetto della normativa vigente, nonché del tempo e dell’importo contrattuale.
124
LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
Nella trattazione che segue la fase di esecuzione è stata suddivisa, per praticità espositiva, nelle sue principali componenti, per ciascuna delle quali il testo
ripercorrerà sinteticamente gli aspetti più salienti, facendo riferimento alle corrispondenti disposizioni contenute nel D.Lgs. 50/2016 s.m.i. e nelle Linee
Guida sul DL e sul DEC dell’A.N.AC. (nella versione approvata dal consiglio
dell’A.N.AC. il 21 giugno 2016, già richiamate in premessa). A questo proposito, rimandando per maggiori dettagli al parere del Consiglio di Stato n. 1767 del
2 agosto 2016 formulato sulle Linee Guida dell’A.N.AC. sul RUP, è importante
ricordare che il rispetto delle Linee Guida sul DL e sul DEC, così come di quelle sul RUP, sarà obbligatorio per le stazioni appaltanti, che non avranno alcun
potere valutativo in merito alla loro applicazione.
Nonostante ciò, al momento della loro emanazione sarà comunque opportuno inserire nel capitolato speciale d’appalto l’obbligo per l’appaltatore di rispettare le disposizioni in esse contenute, onde evitare possibili motivi di contenzioso.
Nel testo saranno spesso richiamate, inoltre, le disposizioni dell’abrogato d.P.R.
207/2010 s.m.i. in quanto esse hanno dimostrato grande efficacia nella fase esecutiva e possono essere quindi utilizzate ancora oggi come utile riferimento per
la redazione di un capitolato speciale d’appalto che integri il nuovo corpo normativo, costituito dal D.Lgs. 50/2016 e dalle Linee Guida dell’ANAC.
A questo proposito deve essere comunque ricordato che, con riferimento
alla fase di esecuzione del contratto dei soli lavori, fino all’emanazione delle
Linee Guida sul DL rimangono provvisoriamente in vigore i capi I e II del titolo IX della parte II (relativi alla contabilità dei lavori), nonché il titolo X della
parte II (relativo al collaudo dei lavori) del d.P.R. 207/2010 s.m.i.
Il presente contributo, pur trattando sia gli appalti di lavori, sia quelli di forniture e servizi, farà spesso riferimento alle disposizioni relative ai primi, in quanto
più puntuali e dettagliate, con l’avvertenza che, nel caso di appalti di forniture e di
servizi, i loro contenuti potranno essere ricalibrati in ragione dell’effettiva loro
rispondenza con le caratteristiche, la dimensione e la complessità dell’appalto.
a. Le figure della Stazione appaltante
Le figure della Stazione appaltante che concorrono nella fase di esecuzione
125
PAOLO PERCO
di un appalto sono di norma tre: il soggetto che svolge il ruolo di Stazione
appaltante, che nell’amministrazione pubblica è tipicamente il dirigente competente ma nel caso di società partecipata o controllata potrebbe essere diverso e
va quindi individuato sulla base dei poteri e delle procure conferite all’interno
della società, il responsabile unico del procedimento (RUP), il direttore dei lavori (DL) o il direttore dell’esecuzione del contratto (DEC), rispettivamente per
gli appalti di lavori o di forniture e servizi, il collaudatore. Tali figure possono
talvolta coesistere nello stesso soggetto, come sarà approfondito di seguito. Le
funzioni del RUP sono ora individuate all’art. 31 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. e
meglio dettagliate nelle Linee Guida recentemente emanate dall’ANAC con
determinazione n. 1096 del 26 ottobre 2016. Il comma 1 dell’art. 101 “soggetti
delle stazioni appaltanti” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., introduce invece le figure
del DL, del DEC e del collaudatore. L’articolo però, nonostante il titolo, approfondisce unicamente la figura del DL, individuando i compiti e l’organizzazione
dell’ufficio di direzione lavori. Il successivo art. 102 “collaudo” tratteggia gli
aspetti principali di tale attività e le modalità di nomina dei collaudatori, demandando tuttavia ad uno specifico decreto del ministro delle infrastrutture e dei
trasporti la definizione delle modalità tecniche di svolgimento del collaudo. Il
comma 8 disciplina la fase transitoria, in attesa dell’emanazione di questo decreto, nel solo caso dei lavori, in quanto richiama il comma 16 dell’art. 216 che
conferma l’applicazione del titolo X della parte II del dell’abrogato d.P.R.
207/2010 s.m.i., ma nulla dice in merito alle modalità di svolgimento del collaudo degli appalti di forniture e servizi nelle more dell’emanazione del decreto, in
precedenza regolato dal titolo IV della parte IV dell’abrogato d.P.R. 207/2010
s.m.i. Le funzioni ed i compiti del DEC sono infine tratteggiati solo al comma
2 dell’art. 111 “Controllo tecnico, contabile e amministrativo”. Lo stesso articolo, inoltre, dispone l’adozione di un decreto del ministro delle infrastrutture
e dei trasporti per l’emanazione delle Linee Guida predisposte dall’ANAC sui
compiti del DL e del DEC.
Le funzioni di RUP, DL o DEC, e collaudatore in alcuni casi possono
essere svolte dallo stesso soggetto. In particolare, il comma 4 dell’art. 9 dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. disponeva che il medesimo soggetto poteva
svolgere le funzioni di RUP e di DL solo per appalti di importo inferiore a
126
LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
500mila euro, mentre il comma 1 dell’art. 300 disponeva che nel caso di appalti
di forniture e servizi la funzione di DEC fosse svolta dal RUP per appalti di
importo inferiore a 500mila euro, a meno di diversa indicazione della stazione
appaltante (comma 5 dell’art. 272). Gli stessi articoli disponevano che per
appalti di importo superiore a 500mila euro le due funzioni dovevano essere
svolte da soggetti diversi. L’art. 26 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. modifica significativamente tale impostazione per gli appalti di lavori in quanto la lett. d) del
comma 6 prevede che sia il RUP a verificare i progetti dei lavori di importo
inferiore a un milione di euro. Considerando però che il successivo comma 7
specifica l’incompatibilità dello svolgimento dell’attività di verifica con quella di
DL, ne consegue che il RUP non può di fatto più svolgere la funzione di DL
dovendo verificare il progetto che lo stesso DL è chiamato a far eseguire all’appaltatore.
Le Linee Guida dell’ANAC sul RUP specificano che RUP e DL non possono coincidere solo per lavori di speciale complessità o di importo superiore
a un milione e mezzo ma, contemporaneamente, confermano l’applicazione
delle disposizioni di cui all’art. 26 comma 6, lett. d) e comma 7 del D.Lgs.
50/2016 s.m.i.
Le stesse Linee Guida dell’ANAC sul RUP confermano il limite dei
500mila euro nel caso di forniture e servizi, oltre i quali lo stesso soggetto non
può svolgere entrambe le funzioni. Per quanto attiene, invece, la coincidenza
delle figure di DL, o DEC, e collaudatore, va osservato che per quanto riguarda i lavori l’art. 237 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. prevedeva che il DL emettesse
il Certificato di Regolare Esecuzione in sostituzione del collaudo per lavori
sino alla soglia individuata dal comma 3 dell’art. 141 del D.Lgs. 163/2006
s.m.i., pari a un milione, mentre per importi superiori la stazione appaltante
doveva nominare, ai sensi dell’art. 216, uno o più collaudatori (fino ad un massimo di tre), già in corso d’opera nel caso di lavori complessi. Per quanto
riguarda, invece, le forniture ed i servizi il comma 1 dell’art. 314 disponeva che
la verifica di conformità della prestazione fossa condotta dal DEC a meno che
il RUP non avesse accertato che essa era da considerarsi particolarmente complessa sotto il profilo tecnologico oppure necessitante di una pluralità di competenze diverse.
127
PAOLO PERCO
Il comma 2 dell’art. 102 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. conferma che i contratti
pubblici sono soggetti a collaudo e, come già detto, demanda ad uno specifico
decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti oltre che la definizione
delle modalità tecniche di svolgimento del collaudo, l’individuazione dei casi in
cui il certificato di collaudo dei lavori ed il certificato di conformità delle forniture e dei servizi potranno essere sostituiti dal certificato di regolare esecuzione
rilasciato rispettivamente dal DL nel caso di lavori, o dal RUP su proposta del
DEC, se nominato, nel caso di forniture e servizi.
La nomina di tutte le figure citate (RUP, DL, DEC, Collaudatore) compete
alla stazione appaltante. Con riferimento al momento della loro nomina, è
importante ricordare che quella del DL e del DEC deve avvenire prima dell’avvio della procedura di scelta del contraente. Al di là dell’obbligo normativo, che
per il solo DL è disposto dal comma 2 dell’art. 101 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i.,
la motivazione va ricercata nel fatto che ciò consente un ulteriore livello di controllo sul progetto che sta per essere posto in gara, con particolare riferimento
alla permanenza delle condizioni che consentono la realizzazione dell’opera. Il
DL può infatti condurre un sopralluogo ed analizzare il progetto, verificando
che lo stato di fatto dei luoghi e la viabilità di accesso consentano effettivamente di realizzare i lavori così come previsti nel progetto.
Ciò è di particolare importanza nel caso degli appalti di lavori, nei quali i
tempi intercorrenti tra l’attività di progettazione e l’effettivo avvio della procedura possono essere anche molto lunghi e, di conseguenza, potrebbero essere
nel frattempo accaduti fatti che hanno reso non più realizzabile l’opera nei
modi indicati nel progetto.
Ovviamente, tale condivisibile cautela potrebbe essere adottata anche per
appalti di forniture e servizi quando l’importo dell’appalto e le sue caratteristiche consigliano una preventiva valutazione del progetto da porre a base di gara
da parte del DEC che sarà chiamato a dirigerlo.
b. L’avvio della prestazione
Il momento della consegna della prestazione risulta di grande importanza
per impostare correttamente la fase di esecuzione.
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
È quindi importante, tranne che per le prestazioni più semplici o di esclusiva fornitura di prodotti standardizzati, che l’avvio della prestazione non coincida con la semplice sottoscrizione del contratto, o con la ricezione da parte dell’appaltatore della lettera di affidamento, ma avvenga in un momento successivo, preferibilmente sul luogo dove la prestazione sarà svolta, alla presenza sia
del DL, o del DEC, sia dell’appaltatore. In tale occasione è importante che l’appaltatore prenda visione dei luoghi e delle specifiche condizioni in cui si svolgerà
la prestazione, nonché dei fatti e delle circostanze che potrebbero influenzarne
l’esecuzione, e che, al termine della consegna, venga redatto in contraddittorio
un apposito verbale di consegna. L’appaltatore deve riportare sul verbale eventuali contestazioni in merito allo stato dei luoghi o ad altre circostanze che, a sua
detta, gli impedirebbero di svolgere la prestazione come da lui previsto in fase di
offerta. La redazione di questo verbale, e il conseguente obbligo per l’appaltatore
di iscrivervi eventuali contestazioni, oltre che essere utile ai fini della normativa
sulla sicurezza, consente alla stazione appaltante di conoscere tempestivamente
il contenuto di eventuali contestazioni, limitando al contempo la possibilità per
l’appaltatore di sollevare in corso di esecuzione dell’appalto contestazioni legate
ai luoghi ed alle condizioni ambientali in cui si svolge la prestazione.
L’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. dedicava al momento della consegna gli
artt. 153, 154 e 155 per gli appalti di lavori e gli artt. 303 e 304 per gli appalti di
forniture e servizi. L’art. 154 richiedeva la redazione del verbale sopra descritto,
mentre l’art. 303, sebbene non obbligasse alla redazione del verbale, al comma
2, prevedeva la possibilità di redigere il verbale di avvio, i cui contenuti erano
dettagliati al successivo art. 304.
Tutti questi articoli dettagliavano le modalità delle operazioni di consegna,
l’eventualità in cui l’appaltatore non si fosse presentato, l’obbligo per l’appaltatore di iscrivere sul verbale eventuali contestazioni. Attualmente, il quarto
periodo del comma 5 dell’art. 107 “sospensione” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., che
conferma l’obbligo per l’appaltatore di ultimare i lavori nei termini contrattuali,
dà per scontata l’esistenza di un verbale di consegna, senza tuttavia fornire alcuna indicazione in merito. Le Linee Guida dell’ANAC sul DL trattano sinteticamente la consegna dei lavori al punto 6.2, specificando i contenuti minimi del
verbale di consegna.
129
PAOLO PERCO
Esse rimandano al capitolato speciale d’appalto della stazione appaltante
sia per le modalità con cui essa deve avvenire sia per le eventuali penali in caso
di ritardata consegna per colpa della stazione appaltante e nulla dicono in merito all’obbligo di iscrizione delle contestazioni. Anche le Linee Guida sul DEC
trattano sinteticamente dell’avvio della prestazione al punto 4.2, richiedendo
anch’esse la redazione di apposito verbale. Alla luce dei modesti contenuti delle
due Linee Guida in merito alla consegna della prestazione, risulta di particolare
importanza dettagliare le operazioni di consegna ed i contenuti del relativo verbale nel capitolato speciale d’appalto.
Da ultimo, si ricorda che potrebbe risultare opportuno, per particolari prestazioni, prevedere nel capitolato speciale d’appalto anche la possibilità di procedere a più consegne parziali della prestazione, con altrettanti verbali di avvio.
Il capitolato speciale d’appalto deve specificare che in caso di più consegne parziali i termini contrattuali decorrono dall’ultimo verbale di avvio, come previsto
già dall’abrogato comma 11 dell’art. 159 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. Le Linee
Guida dell’ANAC del DL confermano tale previsione, subordinando però la
possibilità di procedere a consegne parziali proprio ad una esplicita disposizione del capitolato speciale di appalto.
c. La sospensione della prestazione
In corso di esecuzione dell’appalto può intervenire la necessità di sospendere temporaneamente l’esecuzione di tutta la prestazione, o di parte di essa. Le
motivazioni possono essere le più varie e possono dipendere da cause imprevedibili ed indipendenti dalla stazione appaltante, da sopravvenute esigenze di
quest’ultima, dalla necessità di redigere una modifica al contratto, da ragioni di
pubblico interesse. Per evitare quindi che l’appaltatore possa avanzare richieste
economiche a seguito della sospensione, diviene importante disporre di precise
disposizioni che regolano tale evenienza. L’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i.
disciplinava la sospensione degli appalti di lavori agli artt. 158 e 159 e quella
degli appalti di forniture e servizi all’art. 308 ed allo stesso art. 159, in quanto
compatibile. Gran parte dei loro contenuti sono stati ora ripresi dall’art. 107
“sospensione” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i.
130
LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
Questo articolo dettaglia i casi in cui il DL, o il DEC, nonché il RUP, possono disporre la sospensione, totale o parziale, della prestazione, al di fuori dei
quali l’appaltatore può richiedere il risarcimento dei danni subiti, e dispone la
redazione in contraddittorio di una specifico verbale. Il verbale deve riportare
la causa che ha determinato la sospensione, lo stato di avanzamento della prestazione e le eventuali attrezzature, mezzi e materiali dell’appaltatore presenti al
momento della sospensione. Risulta di particolare importanza, inoltre, che il
DL, o il DEC, individui anche le eventuali cautele da adottare per poter riprendere successivamente le prestazioni senza ulteriori oneri, ivi incluso l’allontanamento di eventuali attrezzature in esubero, ordinando all’appaltatore la loro esecuzione e dandone conto nello stesso verbale. La convenienza per la stazione
appaltante nella redazione di un simile verbale è evidente in quanto limita drasticamente la possibilità per l’appaltatore di avanzare in una fase successiva possibili richieste economiche legate sia all’immobilizzazione di attrezzature, sia ad
eventuali maggiori costi legati alla ripresa delle attività. Non appena sono venute meno le cause che hanno generato la sospensione, il DL, o il DEC, deve tempestivamente informare il RUP che dispone la ripresa dei lavori individuando il
nuovo termine contrattuale. Il DL o DEC devono quindi ordinare la ripresa
della prestazione e redigere un apposito verbale di ripresa, anch’esso in contraddittorio, nel quale è importante riportare il nuovo termine contrattuale. Ai sensi
del secondo periodo del comma 4 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. l’appaltatore deve
iscrivere eventuali contestazioni relative alla sospensione sui relativi verbali di
sospensione e di ripresa, a pena di decadenza. Questa previsione ha il grande
pregio di consentire alla stazione appaltante di conoscere immediatamente, e
quindi poter controdedurre tempestivamente, eventuali richieste dell’appaltatore
relative alla sospensione.
L’appaltatore può richiedere lo scioglimento dal contratto solo se la
sospensione, o le sospensioni se più di una, durano un periodo di tempo superiore ad un quarto della durata complessiva contrattuale o comunque più di sei
mesi. Solo in questo caso, se la stazione appaltante non concede lo scioglimento, l’appaltatore ha diritto alla rifusione dei maggiori oneri. In merito alla risarcibilità del danno all’appaltatore in caso di sospensione dovuta a motivazioni
diverse da quelle ora elencate all’art. 107, va osservato che il comma 6 dell’art.
131
PAOLO PERCO
107 si limita a stabilire genericamente che tale danno va quantificato sulla base
di quanto previsto dall’art. 1382 del codice civile, mentre l’art. 160 dell’abrogato
d.P.R. 207/2010 s.m.i. esplicitava la modalità di calcolo del danno. A questo
proposito si osserva che, per evitare che in caso di contenzioso la modalità di
calcolo del danno non risulti indeterminata, è di grande importanza inserire nel
capitolato speciale d’appalto una specifica disposizione a riguardo. Questa
disposizione capitolare, inoltre, dovrebbe specificare anche le modalità con cui
l’appaltatore deve agire nel caso in cui ritenga cessate le cause che hanno determinato la sospensione senza che sia stata disposta la ripresa dei lavori da parte
dell’amministrazione.
A questo proposito, le Linee Guida dell’ANAC sul DL al punto 7.4 trattano della sospensione dei lavori, confermando che il contratto deve comprendere una clausola con la quale quantificare il risarcimento dovuto all’appaltatore
in caso di sospensione illegittima e descrivendo le modalità con cui deve agire
l’appaltatore in caso ritenga cessate le cause che hanno determinato la sospensione. Anche le Linee Guida dell’ANAC sul DEC al punto 4.6 trattano i medesimi argomenti, ad eccezione del comportamento che deve tenere l’appaltatore
nel caso ritenga cessate le cause che hanno determinato la sospensione. Anche
in tal caso, pertanto, pare opportuno integrare le Linee Guida provvedendo ad
inserire nel capitolato speciale d’appalto la necessaria disposizione.
d. La proroga
Con la proroga il contratto d’appalto è esposto soltanto ad un prolungamento della sua durata a parità di patti, prezzi e condizioni. L’applicazione della
proroga ha motivazioni e conseguenze molto diverse nel caso l’appalto riguardi
un lavoro, e quindi l’esecuzione di un’opera, piuttosto che la fornitura di un
bene o lo svolgimento di un servizio che presuppone un risultato finale, quale
ad esempio un servizio di progettazione, o invece riguardi lo svolgimento di un
servizio continuativo, quale ad esempio un servizio di manutenzione o un servizio mensa. Nel primo caso, infatti, la proroga può essere concessa dalla stazione appaltante all’appaltatore perché quest’ultimo non è riuscito a terminare
la prestazione entro i tempi contrattuali, per motivi da lui non dipendenti.
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
In questo caso a seguito della concessione della proroga l’oggetto del contratto, e quindi l’importo, non viene modificato, mentre varia il tempo concesso
all’appaltatore per completare la prestazione. Al contrario, nel caso l’appalto
riguardi un servizio continuativo, la proroga, ovvero l’aumento del tempo contrattuale, comporterà anche la variazione dell’importo del contratto, perché il
servizio sarà svolto per un tempo superiore a quello originariamente previsto.
La proroga relativa ad un appalto di lavori era disciplinata dai commi 8, 9 e 10
dell’art. 159 dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. che stabilivano sia la modalità
con la quale l’appaltatore poteva avanzare la richiesta di proroga nel caso, per
cause a lui non imputabili, non fosse stato in grado di ultimare i lavori nel termine fissato, sia i termini entro i quali il RUP, sentito il DL, doveva rispondere.
Queste disposizioni sono state ora riprese dai primi tre periodi del comma 5
dell’art. 107 “sospensione” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. Inoltre, il successivo
comma 7 estende tali disposizioni, per quanto compatibili, anche ai contratti di
forniture e di servizi.
Per consentire al DL ed al DEC un’efficacie gestione di tale situazione in
fase di esecuzione del contratto, si ritiene comunque opportuno completare tale
previsione normativa con specifiche disposizioni operative nel capitolato speciale d’appalto, in particolare relative alle motivazioni, alle modalità ed ai termini
entro i quali l’appaltatore deve avanzare la richiesta di proroga.
Per quanto riguarda, invece, la proroga relativa ad una prestazione continuativa, il D.Lgs. 50/2016 s.m.i. introduce delle novità rispetto al previgente
corpo normativo. In particolare, al comma 11 dell’art. 106 “modifica di contratti durante il periodo di efficacia” dispone che la durata del contratto può essere
modificata solo se è stata prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga.
La proroga, inoltre, deve essere limitata al tempo strettamente necessario
alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo
contraente. Diviene di grande importanza, quindi, nella fase progettuale della
prestazione, prevedere tale opzione in quanto, in sua assenza, la proroga non
potrà essere utilizzata nemmeno nelle more del completamento di una nuova
procedura di scelta del contraente. Peraltro, va ricordato che quand’anche prevista nei documenti di gara, la proroga è comunque soggetta alle previsioni di
133
PAOLO PERCO
cui al comma 1 lettera e) del medesimo art. 106. Pertanto, l’importo corrispondente alla prestazione svolta durante la proroga non potrà comunque comportare il superamento della soglia economica in base alla quale è stata individuata
la procedura di scelta del contraente, in quanto tale modifica è da considerarsi
sostanziale ai sensi del comma 4 dell’art. 107. Inoltre, la proroga potrà essere
imposta all’appaltatore agli stesi patti, prezzi e condizioni del contratto unicamente se contenuta nel quinto dell’importo contrattuale così come previsto dal
comma 12 dell’art. 107.
e. L’ultimazione delle prestazioni
Il termine di ultimazione della prestazione appaltata riveste una particolare
importanza nel rapporto contrattuale tra stazione appaltante e appaltatore in
quanto dal suo rispetto, o meno, possono derivare l’applicazione di una penale,
o, più raramente, il riconoscimento di un’eventuale premio di accelerazione. Di
conseguenza, risulta di grande importanza che il capitolato speciale d’appalto
contenga delle disposizioni che disciplinino con rigore le modalità con cui individuare questo momento, onde evitare possibili controversie con l’appaltatore
(momento che, è bene ricordarlo, non coincide con il collaudo della prestazione
che avviene in una fase successiva). A testimonianza di tale importanza, l’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. dedicava l’art. 199 all’ultimazione degli appalti di
lavori e l’art. 309 all’ultimazione degli appalti di forniture e servizi. Entrambi gli
articoli prevedevano l’obbligo in capo all’appaltatore di comunicare l’ultimazione delle prestazioni ed al DL, o DEC, l’obbligo di condurre i necessari accertamenti in contraddittorio con l’appaltatore e di rilasciare, senza ritardo alcuno, in
assenza di vizi o difformità, il certificato di ultimazione delle prestazioni.
Di particolare importanza risultava, inoltre, la previsione dell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 199 che richiedeva al DL di procedere comunque, alla
data di scadenza prevista dal contratto, alla redazione di un verbale di constatazione dello stato dei lavori in contraddittorio con l’appaltatore. Questa disposizione è importante perché, in previsione di un possibile contenzioso, consente
di avere evidenza della quota parte di prestazione effettivamente eseguita dall’appaltatore alla scadenza contrattuale. Inoltre, il successivo comma 2 forniva
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
al DL la possibilità di prevedere nel certificato di ultimazione dei lavori l’assegnazione di un termine perentorio, non superiore a sessanta giorni, per il completamento di lavorazioni di piccole entità del tutto marginali e non incidenti
sulla funzionalità dell’opera. Il mancato rispetto di questo termine comportava
l’inefficacia del certificato di ultimazione già rilasciato. L’ultimazione dei lavori
è ora trattata da parte del comma 5 dell’art. 107 “sospensione” del D.Lgs.
50/2016 s.m.i. Il quarto periodo del comma 5 dispone, infatti, l’obbligo per
l’appaltatore di ultimare i lavori nei termini contrattuali mentre il quinto periodo stabilisce l’obbligo per l’appaltatore di comunicare tempestivamente l’ultimazione dei lavori per iscritto al DL, il quale deve procedere subito alle necessarie constatazioni in contraddittorio. Il successivo comma 7 stabilisce l’applicazione di tali disposizioni, in quanto compatibili, anche ai contratti di forniture
e di servizi. Le Linee Guida dell’ANAC sul DL, al punto 8.2, riprendono quanto previsto dal comma 1 dell’art. 199 del d.P.R. 207/2010 s.m.i., prevedendo
quindi sia il tempestivo rilascio del certificato di ultimazione dei lavori da parte
del DL, sia la redazione del verbale di constatazione sullo stato dei lavori alla
data di scadenza contrattuale. La possibilità di prevedere nel certificato di ultimazione dei lavori l’assegnazione all’appaltatore di un termine perentorio per il
completamento di lavorazioni di piccole entità non è stata invece ripresa e, conseguentemente, tutte le lavorazioni, nessuna esclusa, debbono ora essere concluse prima che l’impresa possa comunicare l’ultimazione dei lavori.
Se formalmente tale principio è ineccepibile, non può essere sottaciuto
che la precedente disposizione consentiva al DL di disporre di uno strumento
flessibile per gestire le ultime modeste lavorazioni, anche non necessariamente
correlate alla realizzazione dell’opera (si pensi ad esempio allo sgombero dell’area o alla rimozione di qualche opera provvisionale), senza la necessità di
applicare immediatamente le penali contrattualmente previste per un eventuale
ritardo nella loro ultimazione. Nel nuovo contesto normativo, pertanto, risulta
importante che il capitolato speciale d’appalto definisca con precisione le lavorazioni e le attività che rientrano tra quelle contrattualmente previste e la cui mancata ultimazione, pertanto, comporta da un lato l’impossibilità di rilasciare il certificato di ultimazione lavori, dall’altro l’applicazione delle penali per la ritardata
ultimazione nel caso esse non siano completate entro la scadenza contrattuale.
135
PAOLO PERCO
Le Linee Guida dell’ANAC sul DEC al punto 5.1 trattano dell’ultimazione
delle prestazioni. A differenza di quelle del DL fissano dei precisi limiti temporali a partire dalla comunicazione di ultimazione delle prestazioni da parte dell’appaltatore, non presenti nel d.P.R. 207/2010 s.m.i., entro i quali il DEC deve
condurre i necessari accertamenti in contraddittorio ed entro i quali rilasciare il
certificato di ultimazione delle prestazioni. Le Linee Guida sul DEC non prevedono l’obbligo, previsto invece dalle Linee Guida sul DL, di procedere
comunque, alla data di ultimazione prevista dal contratto, alla redazione di un
verbale di constatazione dello stato della prestazione in contraddittorio con
l’appaltatore. In ragione dell’importanza di tale previsione, appare opportuno
che essa sia quindi inserita nel capitolato speciale d’appalto per quelle prestazioni per le quali tale disposizione può risultare utile alla stazione appaltante.
f. La contabilità
La contabilità degli appalti di lavori pubblici, ed il correlato tema delle riserve
dell’appaltatore, erano rigorosamente regolati dall’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i.,
che li dedicava l’intero titolo IX della parte II, composto da ben 36 articoli. Agli
appalti di forniture e servizi era dedicato, invece, il solo art. 307. Quest’ultimo articolo, così come il capo III del ricordato Titolo IX, è stato abrogato, mentre i capi
I e II rimangono provvisoriamente in vigore sino all’entrata in vigore del decreto
di cui al comma 111 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. con il quale saranno approvate le
Linee Guida dell’ANAC sul DL, così come disposto dal comma 17 dell’art. 216
del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. Ad oggi, pertanto, la disciplina relativa alla contabilità dei
lavori è ancora quella previgente, mentre non esiste più alcun riferimento per quella degli appalti di forniture e servizi. Le Linee Guida sul DL dell’ANAC al punto
9 trattano il tema della contabilità dei lavori, e al punto 7.3.2 delle correlate
riserve dell’appaltatore, riprendendo numerose disposizioni del titolo IX così
come i principali documenti contabili (giornale dei lavori, libretto di misura
delle lavorazioni e delle provviste, registro di contabilità, stato di avanzamento
lavori, conto finale dei lavori). Lo spazio a disposizione non consente di condurre un confronto dettagliato tra i contenuti delle Linee Guida dell’ANAC sul
DL e del titolo IX della parte II dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i.
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
Tuttavia, considerato che, effettivamente, le disposizioni delle Linee
Guida tralasciano diversi aspetti precedentemente regolati dal titolo IX, appare
opportuno che le stazioni appaltanti conducano tale confronto, al fine di individuare eventuali disposizioni non più contenute nelle Linee Guida ma che,
potendo esse contribuire a meglio regolare sia l’esecuzione della contabilità dei
lavori sia le modalità con le quali l’appaltatore può sollevare eventuali eccezioni
e riserve, è opportuno siano inserite nel capitolato speciale d’appalto.
Per quanto riguarda gli appalti di forniture e servizi, le Linee Guida sul
DEC dell’ANAC trattano sinteticamente delle contestazioni e riserve al punto
4.4 e della contabilità al punto 6.
Quest’ultimo si limita a richiedere che il DEC tenga la contabilità del contratto compilando i “documenti contabili, con i quali si realizza l’accertamento
e la registrazione dei fatti producenti spesa”.
Le Linee Guida specificano, inoltre, che la tenuta della contabilità è effettuata, mediante l’utilizzo di strumenti elettronici, “secondo l’ordinamento delle
singole stazioni appaltanti”. La lettura del testo non pare lasciare dubbi quindi
sul fatto che ciascuna stazione appaltante deve dotarsi di uno specifico regolamento per disciplinare la contabilità degli appalti di forniture e servizi e che il
DEC in corso di esecuzione debba compilare specifici documenti contabili.
Indipendentemente dal fatto che tale regolamento sia stato effettivamente
adottato dalla stazione appaltante, risulta quindi importante per la corretta conduzione dell’appalto che il capitolato speciale d’appalto contenga le disposizioni
necessarie a regolare, nell’ambito del rapporto contrattuale con l’appaltatore, sia
la contabilità, ancorché in forma semplificata rispetto a quella dei lavori, sia le
modalità con le quali l’appaltatore può sollevare le correlate eccezioni e riserve.
g. Le modifiche al contratto
L’art. 106 “modifica di contratti durante il periodo di efficacia” del
D.Lgs. 50/2016 s.m.i. ha significativamente modificato la disciplina previgente relativa alle variazioni al contratto, accorpando diverse fattispecie, che nel
D.Lgs. 163/2006 s.m.i. erano trattate separatamente, nel medesimo articolo.
In particolare, l’articolo ricomprende la revisione dei prezzi (comma 1 lett.
137
PAOLO PERCO
a)), le prestazioni supplementari (comma 1 lett. b)), le varianti vere e proprie
(comma 1 lett. c)), la sostituzione dell’appaltatore (comma 1 lett. d)), le modifiche dovute a errori progettuali (comma 2), le proroghe (comma 11), la cessione
dei crediti (comma 13). L’ampiezza dell’articolo non consente di trattare tutte
le fattispecie sopra richiamate con il dovuto approfondimento, per cui ci si limiterà a trattare quelle più intimamente legate alla gestione operativa della fase di
esecuzione del contratto, ovvero la revisione dei prezzi e la variante in corso
d’opera. Per quanto riguarda le altre fattispecie trattate dall’art. 107, si consiglia
una comparazione di tale articolo con le disposizioni previgenti allo scopo di
individuare ulteriori disposizioni eventualmente ritenute utili, che potranno
essere inserite nel capitolato speciale d’appalto per meglio regolare queste fattispecie nella fase di esecuzione del contratto.
L’adeguamento dei prezzi per gli appalti di lavori era in precedenza disciplinato dai commi dal 2 al 6-bis dell’art. 133 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. Questa
disciplina escludeva la possibilità di applicare l’art. 1664 del Codice Civile e definiva uno specifico meccanismo, il cosiddetto “prezzo chiuso”, per individuare
l’eventuale adeguamento da riconoscere all’appaltatore. Questo adeguamento
corrispondeva ad una percentuale dell’importo del contratto la cui entità era
definita con specifico decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
solo all’avverarsi delle specifiche condizioni disciplinate al comma 3.
Queste condizioni non si sono mai avverate e quindi il relativo decreto
non è mai stato emanato. Inoltre, i commi 4 e seguenti prevedevano un meccanismo per l’eventuale adeguamento dei prezzi dei singoli materiali da costruzione previsti nel contratto di appalto, qualora, per effetto di circostanze eccezionali, i prezzi di questi materiali avessero subito variazioni in aumento o in diminuzione superiori al dieci per cento rispetto ai prezzi rilevati dal Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta da parte
dell’appaltatore. Il comma 6-bis richiedeva che l’appaltatore, a pena di decadenza, presentasse l’istanza di compensazione entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella G.U. del decreto ministeriale.
Per quanto riguarda, invece, gli appalti di forniture e servizi, ad esecuzione
periodica o continuativa, l’art. 115 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. prevedeva l’obbligo
che il relativo contratto contenesse una specifica clausola di revisione del prezzo.
138
LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
Questa clausola faceva solitamente riferimento ad un indice di variazione
dei prezzi, quali ad esempio l’indice FOI dell’Istat. Il D.Lgs. 50/2016 s.m.i.
abroga integralmente questa disciplina e dispone unicamente, alla lett. a) del
comma 1 dell’art. 106, che le modifiche al contratto, a prescindere dal loro valore monetario, possono essere accettate unicamente se già previste nel documenti di gara iniziali “in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi”. Queste ultime “fissano la portata e
la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alla quali esse possono
essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti”. Rimane quindi in capo alla stazione appaltante la decisione,
da assumere già nella fase di progettazione in quanto va inserita negli atti di gara
e nel capitolato speciale d’appalto, se prevedere una eventuale clausola di revisione prezzi e, in caso affermativo, stabilirne il meccanismo. In caso contrario
nessuna revisione del prezzo sarà ammessa in fase di esecuzione.
Nel caso di appalti di forniture e servizi continuativi le stazioni appaltanti
dovranno quindi prevedere clausole chiare e precise che individuino nel corso
dell’esecuzione i momenti in cui verificare l’avverarsi dei presupposti per concedere la revisione, nonché le modalità di calcolo di tale verifica, avendo l’accortezza di fare riferimento a costi standard ove previsti. A questo proposito è
necessario porre attenzione alle altre eventuali procedure di scelta del contraente che dovessero essere avviate dalla stessa stazione appaltante durante l’esecuzione del contratto e che dovessero comprendere anche prestazioni presenti
nell’appalto in corso.
In tal caso, infatti, non è da escludere che l’appaltatore conduca un confronto tra i prezzi dei due appalti per richiedere un’eventuale revisione nel caso
il nuovo appalto preveda prezzi più alti.
È quindi importante che la stazione appaltante si doti formalmente di un
prezziario di riferimento a cui potranno attingere tutti i soggetti chiamati a
redigere i progetti delle prestazioni da porre a gara e che tale prezziario sia
annualmente aggiornato. Questo obbligo, che in passato era stabilito dal
comma 8 dell’art. 133 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i., non è stato ripreso dal D.Lgs.
50/2016 s.m.i. Proprio con riferimento ai prezziari, la lett. a) del comma 1 dell’art. 106 fornisce alcune ulteriori precisazioni solo per quanto riguarda gli
139
PAOLO PERCO
appalti di lavori, specificando che le variazioni di prezzo possono essere riconosciute sulla base dei prezziari di cui all’art. 23, comma 7, dello stesso D.Lgs.
50/2016 s.m.i. solo per l’eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo
originario e comunque in misura pari alla metà. Il citato comma 7 richiama unicamente i prezzari predisposti dalla regioni e dalle province autonome di concerto con le articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ove esistenti. Ovviamente, la stazione appaltante può utilizzare anche un
diverso prezzario di riferimento se i prezzi unitari in esso contenuti sono maggiormente aderenti alle lavorazioni previste nel progetto, ma dovrà comunque
disciplinare con attenzione l’eventuale clausola di revisione dei prezzi che, a sua
volta, non potrà trascurare le limitazioni al riconoscimento di cui al quarto
periodo della lettera a) del comma 1 dell’art. 106. Comunque, considerato che,
in generale, i prezzari delle stazioni appaltanti presentano una forte “inerzia”
resistente all’aggiornamento, l’ipotesi che essi nel corso della tipica durata che
può essere immaginata per una lavoro pubblico possano presentare variazioni
superiori al dieci per cento pare piuttosto remota. Ciò non toglie che è assolutamente opportuno che la stazione appaltante disciplini attentamente questo
aspetto nel capitolato speciale d’appalto, anche per escludere il ricorso all’art.
1664 del Codice Civile.
Le variazioni al contratto, o varianti in corso d’opera, erano in precedenza
regolate dall’art. 132 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. e dagli artt. 161 e 311 del d.P.R.
207/2010 s.m.i. In particolare, l’art. 132 individuava i casi in cui era possibile
ricorrere ad una variazione del contratto, mentre l’art. 161 disciplinava dettagliatamente, per i lavori, i soggetti coinvolti e le modalità operative con cui proporre, istruire e approvare tali variazioni. L’art. 311 disciplinava invece, le variazioni
al contratto per gli appalti di forniture e di servizi.
Tra le varianti rientravano espressamente anche le modifiche al contratto
dovute a errore progettuale, come previsto dalla lett. e) del comma 1 dell’art.
132.
Le varianti di cui al precedente art. 132 del D. Lgs. 163/2006 s.m.i. corrispondono ora alle modifiche al contratto disciplinate alla lett. c) del comma 1
dell’art. 107 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., nel cui ambito rientrano quelle modifiche
derivanti da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione (tra
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
cui la norma ora inserisce espressamente, oltre che la sopravvenienza di nuove
disposizioni legislative o regolamentari, anche quella di provvedimenti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti), ed al successivo comma 2
che tratta delle modifiche conseguenti ad errori progettuali. Il D.Lgs. 50/2016
s.m.i. prevede anche dei limiti economici al valore delle modifiche oltre i quali
è comunque necessario procedere alla risoluzione del contratto ai sensi della
lett. b) del comma 1 del successivo art. 108, in precedenza previsti dal comma
4 dell’art. 132 unicamente nel caso di errore progettuale.
In particolare, le modifiche di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 107 sono
ammesse, ai sensi del comma 7, solo se non superano il cinquanta per cento del
valore del contratto, mentre le modifiche dovute all’errore progettuale sono
ammesse solo se non superano le soglie di cui all’art. 35 e, comunque, il dieci per
cento del valore contratto nel caso di forniture e servizi ed il quindici per cento
nel caso di lavori. Inoltre, le modifiche non possono comunque essere ammesse
se risultano sostanziali ai sensi della lett. e) del comma 1 dell’art. 106.
Risulta, pertanto, di grande importanza verificare sempre che l’importo
economico della modifica non comporti il superamento della soglia economica
sulla base della quale è stata individuata la procedura di scelta del contraente
adottata per affidare l’appalto. Per quanto riguarda il procedimento amministrativo volto all’approvazione delle modifiche contrattuali, il comma 1 dell’art. 107
si limita a stabilire che le modifiche “devono essere autorizzate dal RUP con le
modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende”. Non vengono quindi fornite indicazioni sul procedimento autorizzativo
delle varianti che in precedenza erano contenute, per quanto riguarda gli appalti
di lavori, nell’art. 161 del d.P.R. 207/2010 s.m.i.
Su tale aspetto intervengono però sia le Linee Guida dell’ANAC sul DL al
punto 7.3, sia quelle sul DEC al punto 4.5. Entrambe le Linee Guida infatti, pur
senza riproporre la precisa sequenza del procedimento approvativo disposta
dall’art. 161, e rimandando, per le modalità di autorizzazione da parte del RUP,
all’ordinamento della stazione appaltante richiamato dal comma 1 dell’art. 106,
prevedono che il DL, o il DEC, debba proporre al RUP la modifica indicandone
i motivi in apposita relazione e specificano la responsabilità di tali soggetti per
eventuali prestazioni svolte dall’appaltatore senza preventiva autorizzazione.
141
PAOLO PERCO
In ragione dell’importanza che riveste l’istituto delle varianti, e più in generale delle modifiche al contratto, risulta comunque di grande importanza completare quanto previsto dalle Linee Guida con le ulteriori disposizioni che, in
funzione del tipo di appalto, consentano di disciplinare rigorosamente il loro
percorso approvativo. La naturale collocazione di tali disposizioni, che potrebbero essere derivate anche dall’art. 161 del d.P.R. 207/2010 s.m.i., risulta essere
ovviamente l’ordinamento della stazione appaltante richiamato dal comma 1
dell’art. 106. Tuttavia, a prescindere dall’esistenza di tale ordinamento, per assicurare comunque che l’appaltatore sia a conoscenza della procedura autorizzativa correlata ad una eventuale modifica contrattuale in fase di esecuzione, è
comunque opportuno che tali disposizioni siano riportate anche nel capitolato
speciale d’appalto. Da ultimo, va ricordato che le previgenti disposizioni relative
al cosiddetto “sesto quinto” sono confermate dal comma 12 dell’art. 106 del
D.Lgs. 50/2016 s.m.i. L’appaltatore è quindi tenuto ad eseguire agli stessi patti,
prezzi e condizioni del contratto un aumento o una diminuzione della prestazione contrattuale sino al valore di un quinto dell’importo del contratto.
Entrambe le Linee Guida dell’ANAC disciplinano il procedimento da seguire
per dare corso alla modifica contrattuale sia in questo caso, sia nel caso in cui
l’importo della modifica superi il quinto dell’importo del contratto.
h. I nuovi prezzi
Le modifiche al contratto trattate al paragrafo precedente potrebbero
comportare l’introduzione di nuove prestazioni non previste contrattualmente.
In tal caso sorge il problema di individuare il corrispondente valore economico
da corrispondere all’appaltatore. Questa operazione risulta spesso complessa in
quanto l’interesse dell’appaltatore e della stazione appaltante divergono. In tal
caso risulta di particolare importanza disporre di un quadro normativo che definisca le regole da seguire per l’individuazione del prezzo unitario della nuova
prestazione. Nel caso di appalti di lavori questa esigenza era soddisfatta con
l’art. 163 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. Le disposizioni in esso contenute sono state
ora integralmente riprese al punto 7.3.1.6 delle Linee Guida sul DL dell’ANAC
Esse indicano quale primo riferimento l’elenco prezzi unitari della stazione
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
appaltante con i relativi prezzi elementari. A questo scopo, quindi, è importante
che allegato al contratto vi sia non solo l’elenco dei prezzi unitari utilizzati per
computare le lavorazioni di progetto, ma un elenco più corposo, inclusi i prezzi
elementari della stazione appaltante, e che il capitolato speciale d’appalto specifichi che tale elenco sarà prioritariamente utilizzato per l’individuazione di eventuali nuovi prezzi. Lo stesso capitolato dovrà, inoltre, definire le regole di applicazione dello sconto offerto in gara ai nuovi prezzi. Nel caso di appalti di forniture e servizi, invece, la previgente normativa non forniva alcuna disposizione
in merito alle modalità di formulazione di eventuali nuovi prezzi. Le Linee
guida sul DEC dell’ANAC, invece, al punto 4.5.6 introducono regole simili a
quelle previste per i lavori, con la sola esclusione del ricorso all’elenco prezzi
della stazione appaltante. Proprio in ragione del fatto che la diffusione di elenchi prezzi relativi a forniture o servizi è attualmente limitata, è quindi importante che il capitolato speciale d’appalto riporti regole precise su come formulare
nuovi prezzi unitari.
i. Il subappalto
La disciplina relativa all’istituto del subappalto di lavori, nonché dei contratti cosiddetti “similari” e degli altri sub-contratti, è andata evolvendosi significativamente con i provvedimenti legislativi che si sono succeduti a partire dalla
Legge 19 marzo 1990, n. 55. L’art. 118 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ha esteso inoltre tale disciplina anche agli appalti di forniture e servizi. L’art. 170 del
d.P.R. 207/2010 s.m.i. ha completato il quadro normativo introducendo la definizione di cottimo di cui all’art. 118.
L’istituto del subappalto, nonché dei contratti similari e degli altri sub-contratti, è ora disciplinato dall’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. che conferma
l’obbligo dell’appaltatore di dichiarare nell’offerta l’intenzione di ricorrere al
subappalto e di ottenere l’autorizzazione della stazione appaltante per poter
subaffidare in fase di esecuzione ad un terzo l’esecuzione di parte della prestazione. Purtroppo anche questo articolo, in ragione della complessità della tematica e dei rilevanti e contrapposti interessi ad essa sottesi, non è riuscito a disciplinare la tematica in modo completo ed esaustivo.
143
PAOLO PERCO
Per quanto riguarda la fase esecutiva dell’appalto, le difficoltà maggiori per
i soggetti preposti alla conduzione dell’appalto, a cui compete l’attività di verifica sul rispetto della normativa (si veda Determinazione A.V.C.P. 27 febbraio
2003, n. 6; Deliberazioni A.V.C.P. 3 settembre 2008, n. 35; 8 luglio 2010, n. 43;
23 marzo 2011, n. 39 e 10 aprile 2013, n. 13), sono la corretta individuazione
dell’oggetto del sub-contratto e la sua quantificazione economica. Infatti, atteso
che l’art. 105 pone dei precisi limiti alla parte di prestazione subappaltabile, così
come al ribasso sui prezzi di contratto che può essere applicato al subappaltatore, non è infrequente che l’appaltatore tenti di inquadrare una prestazione che
intende sub-affidare in una fattispecie diversa dal subappalto, al fine di aggirare
le limitazioni sopra ricordate, anche se in realtà tale prestazione presenta le
caratteristiche di un vero e proprio subappalto.
Questo comportamento non è immune da conseguenze in quanto la concessione di lavori in subappalto senza la necessaria autorizzazione della stazione
appaltante si configura come un reato penale, ai sensi della L. 646/1982 s.m.i.,
sia per l’appaltatore che per il subappaltatore. Il fenomeno elusivo descritto è
storicamente presente negli appalti di lavori, ma non può essere ormai trascurato negli appalti di forniture e servizi, con particolare riferimento ai servizi con
carattere continuativo.
Complessivamente, la tematica del subappalto è di grande complessità e
non può quindi essere trattata in modo esaustivo nello spazio a disposizione.
Quanto segue, pertanto, vuole essere solamente un contributo per agevolare la
predisposizione di un capitolato speciale d’appalto che, ad integrazione dell’art.
105 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., possa aiutare il RUP ed il DL nella gestione dei
sub-contratti nella fase di esecuzione dell’appalto.
Preliminarmente, va osservato che la lett. a) del comma 4 dell’art. 105 parrebbe attribuire alla stazione appaltante la facoltà di non consentire il subappalto negli atti di gara. Tuttavia, anche in ragione della poca chiarezza del disposto
normativo, è da ritenere che tale possibilità vada utilizzata con attenzione e,
soprattutto, che sia opportuno motivare adeguatamente nella determina a contrarre l’eventuale inserimento negli atti di gara del divieto, totale o parziale, di
ricorrere al subappalto.
Ciò premesso, già nella fase di progetto della prestazione va posta grande
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
attenzione nella sua suddivisione in categorie (nel caso di lavori), o in prestazione principale e prestazioni secondarie (nel caso di forniture e servizi), perché
tale suddivisione, oltre che influenzare in modo determinante l’organizzazione
degli eventuali concorrenti associati (raggruppamento temporaneo o consorzio
ordinario di concorrenti), consente di ottenere già in fase di offerta una fotografia più precisa delle eventuali sub-prestazioni che l’appaltatore intenderà
subappaltare, a tutto vantaggio della successiva attività di controllo.
Per quanto attiene, invece, il capitolato speciale d’appalto, è opportuno
che, nel caso di lavori, esso preveda ad integrazione di quanto previsto dall’art.
105 le disposizioni di seguito descritte. Tali disposizioni costituiscono infatti un
utile supporto per il DL ed il RUP nel confronto che potrebbe sorgere con l’appaltatore in merito all’interpretazione da dare alla vigente disciplina sui subcontratti.
In primo luogo il capitolato speciale d’appalto dovrebbe specificare le differenze tra subappalto, cottimo, fornitura con posa in opera e nolo a caldo. Una
chiara descrizione delle diverse tipologie di subcontratti inserita nella documentazione contrattuale, infatti, riduce la possibilità per l’appaltatore di proporre
l’inquadramento di una prestazione che egli intende subaffidare in una fattispecie non coerente con il contenuto effettivo della prestazione stessa. Come sopra
ricordato, infatti, l’inquadramento della prestazione da subaffidare riveste grande importanza in quanto mentre il subappalto, e il cottimo, sono soggetti ad
autorizzazione ed a specifiche limitazioni sulla quota sub-affidabile a terzi, la
fornitura con posa in opera ed il nolo a caldo, che non presentano le caratteristiche di “contratto similare” di cui al comma 2 dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016
s.m.i., non sono soggetti ad alcuna limitazione.
Il capitolato speciale d’appalto dovrà inoltre riportare la definizione di cottimo, in quanto tale fattispecie contrattuale, sebbene ancora richiamata nell’art.
105, non è più definita all’interno del vigente corpo normativo, in quanto il
d.P.R. 207/2010 s.m.i., che al comma 6 dell’art. 170 riportava la sua definizione,
è stato abrogato.
Sempre per le medesime motivazioni, è opportuno che il capitolato speciale d’appalto precisi che il valore degli eventuali materiali e/o mezzi d’opera
forniti dall’appaltatore al subappaltatore o cottimista, concorre, unitamente al
145
PAOLO PERCO
valore delle lavorazioni subaffidate indicato nel subcontratto (valore che deve
essere indicato con riferimento ai prezzi del contratto d’appalto, ovvero al lordo
dell’eventuale ulteriore sconto applicato dal subappaltatore), all’individuazione
dell’importo sulla base del quale non solo individuare i requisiti di qualificazione che deve possedere il subappaltatore o cottimista, come già statuito dall’abrogato comma 6 dell’art. 170 del d.P.R. 207/2010 s.m.i., ma anche verificare
il rispetto della quota massima subappaltabile.
L’elusione del regime autorizzativo del subappalto è spesso ottenuto con
un artificioso frazionamento della prestazione da eseguire tra diverse tipologie
di subcontratti. Una prestazione può, ad esempio, essere suddivisa nel nolo a
caldo del mezzo che la deve eseguire completo di operatore e nella fornitura del
materiale necessario, oppure, in alternativa, nel nolo a freddo del mezzo che la
deve eseguire, nel distacco del personale e nella fornitura del materiale necessario. Il DL ed il RUP, quindi, devono sempre verificare che la prestazione effettivamente svolta in cantiere dall’eventuale personale distaccato e/o dall’attrezzatura e dai mezzi noleggiati non presenti, nella sostanza, le caratteristiche tipiche del subappalto. In tal caso, infatti, la situazione si configurerebbe come un
frazionamento artificioso di una singola prestazione al fine di eludere la disciplina del subappalto e sottrarla, quindi, al regime autorizzatorio
(Determinazione A.V.C.P. 3 settembre 2008, n. 35). Risulta opportuno, pertanto, che il capitolato speciale d’appalto contenga adeguate disposizioni anche per
contrastare l’artificioso frazionamento di prestazioni altrimenti soggette alla
disciplina del subappalto.
Da ultimo, si ritiene importante che il capitolato speciale d’appalto contenga anche una disposizione che regoli le modalità con cui l’appaltatore deve
ottemperare all’obbligo di trasmettere alla stazione appaltante le comunicazioni
di tutti i subcontratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto. Infatti, ancorché
questa disposizione fosse già presente all’ultimo periodo del comma 11 dell’art.
118 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. e sia stata ripresa nel comma 2 dell’art. 105 del
D.Lgs. 50/2016 s.m.i., non è infrequente che ancora oggi alcuni appaltatori trascurino di produrre tempestivamente tali comunicazioni.
La sintetica panoramica sin qui tratteggiata è, ovviamente, specificatamente riferita agli appalti di lavori.
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
Essa può comunque essere presa a riferimento anche per la redazione del
capitolato speciale di un appalto di forniture o servizi, con l’avvertenza che, in
funzione delle sue specifiche caratteristiche, le disposizioni previste potranno
essere anche significativamente semplificate.
l. I danni di forza maggiore
Nella fase di esecuzione del contratto non è da escludere la possibilità che
l’appaltatore possa subire danni alle opere ed alle forniture dovuti a cause di
forza maggiore. Poiché tale evenienza può costituire un grave ostacolo alla
regolare svolgimento della prestazione, essa è stata attentamente regolata nella
disciplina dei lavori pubblici, da ultimo con l’art. 166 del d.P.R. 207/2010 s.m.i.
che prevede che l’appaltatore in tali casi possa richiedere un risarcimento alla
stazione appaltante.
La finalità di tale regolamentazione deve essere ricercata nella volontà di
contenere il rischio per l’appaltatore, in ragione del perseguimento dell’interesse
pubblico primario costituito dalla realizzazione dell’opera nei termini previsti.
Condizione perché sorga il diritto dell’appaltatore al risarcimento è che l’evento
che ha causato il danno sia qualificabile come evento di forza maggiore, ricordando che questa si configura unicamente quando può essere esclusa qualsiasi
responsabilità dell’appaltatore in ordine alla prevedibilità ed evitabilità dell’evento.
In tal caso, l’art. 166 disponeva che poteva competere all’appaltatore un
risarcimento corrispondente ai lavori necessari per le riparazioni ed i rifacimenti
nei limiti consentiti dal contratto e a condizione che egli avesse denunciato il
danno al DL entro i termini previsti dal capitolato speciale d’appalto o, in difetto, entro cinque giorni da quello dell’evento, a pena di decadenza del risarcimento stesso.
L’articolo, inoltre, disciplinava gli accertamenti a cui doveva tempestivamente procedere il DL e richiedeva la predisposizione di un apposito verbale
alla presenza dell’appaltatore. Inoltre, il comma 3 specificava che l’appaltatore
non poteva sospendere o rallentare l’esecuzione dei lavori a seguito del danno,
tranne per le sole parti per le quali lo stato delle cose doveva rimanere inalterato
147
PAOLO PERCO
fino all’accertamento dei fatti. Le Linee Guida dell’ANAC sul DL al punto 7.5.2
e sul DEC al punto 4.7.2 riprendono i contenuti dell’abrogato art. 166, con
eccezione del solo comma 3. Permangono quindi sia il rimando ai “limiti consentiti dal contratto” sia il richiamo al termine stabilito dal capitolato speciale
d’appalto. Anche in questo caso diviene importante, pertanto, definire compiutamente le disposizioni del capitolato speciale d’appalto che regolano sia i limiti
di applicabilità e di risarcibilità, sia il termine entro cui l’appaltatore deve denunciare il danno al DL o al DEC. In particolare, si ritiene di grande importanza che
il capitolato speciale d’appalto fornisca una chiara definizione di causa di forza
maggiore, accompagnata dalla descrizione delle casistiche più tipiche che possono rientrarvi in funzione della tipologia di prestazione oggetto dell’appalto, precisando che viene meno il carattere di forza maggiore quando una causa poteva
essere prevista e quindi le sue conseguenze dannose potevano essere evitate con
la necessaria diligenza dell’appaltatore. Per quanto riguarda, invece, i termini per
la denuncia del danno al DL o DEC, si ritiene che il capitolato speciale d’appalto
possa prevedere termini più stringenti di cinque giorni, anche in ragione della
tecnologia oggi disponibile. La tempestività della denuncia del danno, o perlomeno la sua segnalazione, è infatti di grande importanza poiché consente al DL,
o DEC, di intervenire rapidamente sia per constatare il danno stesso e valutare
eventuali responsabilità, sia per ordinare eventuali interventi volti ad arginare le
sue possibili conseguenze. Infine, è opportuno che il capitolato speciale d’appalto disponga quanto già previsto dal comma 3 dell’abrogato art. 166, ovvero che
l’appaltatore a seguito del danno non può sospendere o rallentare l’esecuzione
della prestazione, tranne in quelle parti per le quali lo stato delle cose debba
rimanere inalterato sino a che non sia stato eseguito l'accertamento dei fatti.
m. Il collaudo
Il comma 2 dell’art. 102 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. conferma quanto già previsto dalla previgente normativa, ovvero, che i contratti pubblici sono soggetti a
collaudo nel caso di appalto di lavori e a verifica di conformità nel caso di appalto di forniture e di servizi. L’art. 102, tuttavia, demanda ad uno specifico decreto
del Ministro infrastrutture e dei trasporti la definizione delle modalità tecniche
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LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE
DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50
di svolgimento del collaudo, nonché i casi in cui il certificato di collaudo dei
lavori e il certificato di conformità delle forniture e dei servizi potranno essere
sostituiti dal certificato di regolare esecuzione. Purtroppo, il comma 8 dell’art.
102 disciplina la fase transitoria nel solo caso dei lavori, in quanto richiama il
comma 16 dell’art. 216 che conferma l’applicazione del titolo X della parte II
del dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. Il comma 8 nulla dice, invece, in merito
alla verifica di conformità degli appalti di forniture e servizi, in precedenza regolata dal titolo IV della parte IV dello stesso d.P.R. che è stato ora abrogato.
Peraltro, nel caso di lavori, l’art. 237 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. per individuare i
casi in cui il certificato di collaudo poteva essere sostituito dal certificato di regolare esecuzione richiamava il comma 3 dell’art. 141 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. che
è stato comunque abrogato. In tale situazione di incertezza pare ragionevole,
comunque, continuare a utilizzare le soglie economiche indicate in quest’ultimo
articolo in attesa dell’emanazione dello specifico decreto ministeriale. Per quanto riguarda, invece, gli appalti di forniture e servizi, in attesa dell’emanazione del
decreto, potrebbe risultare opportuno integrare il capitolato speciale d’appalto
con le disposizioni necessarie a consentire di procedere alla verifica di conformità. Un tanto ricordando che, ai sensi comma 2 dell’art. 102 del D.Lgs.
50/2016 s.m.i., nel caso di contratto sotto soglia il certificato di regolare esecuzione dovrà essere rilasciato, diversamente che per i lavori, dal RUP.
4. Conclusioni
Condizione necessaria, anche se non sufficiente, per assicurare che la conduzione dell’appalto nella fase esecutiva non presenti particolari difficoltà, oltre
all’ovvia presenza di un valido progetto della prestazione allegato al contratto,
è che esso sia accompagnato da un capitolato speciale d’appalto contenente
disposizioni chiare, esaustive e riferite a tutte le diverse situazioni che si possono presentare. Un capitolato speciale d’appalto con queste caratteristiche, i cui
contenuti integrano efficacemente l’attuale corpo normativo e sono congruenti
con le caratteristiche della prestazione oggetto dell’appalto costituisce, infatti,
un valido strumento a disposizione del DL o DEC e del RUP per condurre
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PAOLO PERCO
l’appalto nel rispetto delle pattuizioni contrattuali e della normativa vigente. Il
presente contributo, derivato dalla pratica esperienza operativa, si è prefisso,
pertanto, l’obiettivo di costituire, sebbene in forma molto sintetica, un supporto da cui poter attingere per la redazione di un capitolato speciale d’appalto
avente queste caratteristiche.
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