Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
SUPPLEMENTO ASSEGNA R al fascicolo 1/2017 dell’Arma dei Carabinieri RIFLESSIONI SUL “CODICE DEGLI APPALTI” ISSN: 0485-3997 Raffaele Greco, Diego Sabatino, Giuseppe Santalucia, Isabella Iaselli Paolo Perco Rassegna dell’Arma dei Carabinieri Direttore Responsabile Gen. D. Vittorio Tomasone Redattore Capo Col. Giuseppe Arcidiacono Redazione Lgt. Remo Gonnella M.A. s.UPS. Alessio Rumori Brig. Mario Pasquale App. Sc. Lorenzo Buono Direzione e Amministrazione Via Aurelia, 511 - 00165 Roma - tel. 06-66394680 fax 06-66394746; e-mail:scufrassegna@carabinieri.it Grafica, Fotocomposizione e Impaginazione a cura della Redazione Fonti iconografiche Ministero della difesa Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri Scuola Ufficiali Carabinieri La «Rassegna dell’Arma dei Carabinieri» è istituita per aggiornare la preparazione specifica dei Quadri dell’Arma offrendo loro argomenti originali sull’evoluzione del pensiero militare e delle discipline giuridiche, professionali e tecnico-scientifiche che più interessano il servizio d’Istituto. La collaborazione alla Rassegna dell’Arma è aperta a tutti. La Direzione è lieta di ricevere articoli o studi su argomenti di interesse, riservandosi il diritto di decidere la loro pubblicazione. Gli articoli di collaborazione diretta sono pubblicati sotto l’esclusiva responsabilità degli autori; le idee e le considerazioni sono personali, non hanno riferimento ad orientamenti ufficiali e non impegnano la Direzione della Rassegna. La Redazione si riserva il diritto di modificare il titolo e l’impostazione grafica degli articoli, secondo le proprie esigenze editoriali. È vietata la riproduzione anche parziale, senza autorizzazione, del contenuto della Rivista. Periodico trimestrale a carattere scientifico-professionale a cura della Scuola Ufficiali Carabinieri Proprietà editoriale del Ministero della Difesa Iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma al n. 305/2011 in data 27-X-2011 Diffuso attraverso la rete internet sul sito www.carabinieri.it dal Service Provider “BT Italia” S.p.A. Via Tucidide, 56 - 20134 Milano PRESENTAZIONE L a Rassegna dell’Arma apre le pubblicazioni tematiche di quest’anno con un interessante lavoro sul “Codice degli Appalti” visto da autorevoli esponenti delle Magistrature e da un tecnico di una società per azioni. Si tratta del Dott. Raffaele Greco, Consigliere di Stato e Consigliere Giuridico del Commissario Straordinario per la Ricostruzione, della Dottoressa Isabella Iaselli, Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Napoli, del Dott. Diego Sabatino, Consigliere di Stato e Consigliere Giuridico del Ministro della Difesa, del Dott. Giuseppe Santalucia, Consigliere di Cassazione e Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia, e dell’Ing. Paolo Perco, Direttore dell’Area Appalti della S.p.A. Autovie Venete. La lettura, da “angolazioni diverse”, del compendio normativo destinato a rivoluzionare il sistema degli appalti, tenuto conto dell’elevato numero di visualizzazioni che registra la Rassegna, è offerta non solo agli appartenenti all’Arma, dei settori amministrativi ed investigativi, ma a quanti sono chiamati o ritengono di approfondire la delicata e attuale tematica. Il 23 febbraio 2017, quando il presente lavoro era già in bozze, il Governo ha licenziato, in sede di esame preliminare, un correttivo al D.Lgs. 50, al momento al vaglio del Parlamento e in attesa del parere del Consiglio di Stato. Alcune di queste modifiche riguardano anche gli argomenti trattati, senza però stravolgere l’impianto generale del sistema come illustrato nei singoli contributi. Minori interventi riguardano il tema delle esclusioni dalla partecipazione, in quanto l’applicazione dell’art. 80 anche ai casi introdotti ex novo (institori e procuratori, nonché ai casi di dichiarazioni non veritiere in corso di gara o all’autorità di vigilanza) era stata già anticipata dalla giurisprudenza. Di maggior rilievo sostanziale è, invece, la reintroduzione dell’appalto integrato che l’art. 59 vietava tassativamente e ora viene nuovamente introdotto, in via generale e con la precisazione di alcuni presupposti stringenti, dai nuovi commi 1-bis, 1-ter e 1-quater e, in via transitoria, dal comma 4 -bis dell’art. 216. Anche per la fase di esecuzione le modifiche sono numerose, seppur la maggior parte di tali novità attiene ad aspetti particolari e di dettaglio che non stravolgono il senso ed il contenuto della disciplina complessiva. Leggendo i singoli contributi che la Rassegna pubblica si vede come riguardino riforme in larga parte auspicate dagli stessi operatori che, in qualche modo, smorzano la spinta forse eccessivamente innovativa della prima versione del testo ma che si collocano in un’ottica di razionalità dell’azione amministrativa. Comunque, si rimane in attesa di conoscere come il Parlamento e il parere tecnico del massimo organo consultivo incideranno sull’elaborato governativo. Dopo di ciò si potrà organizzare una giornata di studio sull’argomento. Buona lettura Gen. D. Vittorio Tomasone RIFLESSIONI SUL “CODICE DEGLI APPALTI” RAFFAELE GRECO I requisiti di moralità e ordine pubblico per la partecipazione alle gare di appalto 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10 11. 12. 13. 14. 15. 16. Premessa ......................................................................................................7 I requisiti di moralità professionale delle imprese ................................9 Condanne penali definitive .....................................................................11 Misure di prevenzione e antimafia ........................................................23 Violazione di obblighi fiscali e contributivi .........................................34 Violazioni in materia di lavoro e ambientali ........................................37 Fallimento e procedure concorsuali ......................................................39 Gravi illeciti professionali .......................................................................40 Conflitti di interessi .................................................................................44 Sanzioni interdittive a carico di persone giuridiche e società ...........47 False dichiarazioni ....................................................................................49 Violazioni del divieto di intestazione fiduciaria ..................................51 Violazione alla normativa sul collocamento di soggetti disabili ......53 Omessa denuncia di reati .......................................................................53 Situazioni di controllo o collegamento tra imprese ...........................55 Il cosiddetto self cleaning ..........................................................................58 DIEGO SABATINO Le procedure di affidamento dei contratti pubblici dopo il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 1. 2. 3. 4. 5. La razionalità del sistema dei contratti pubblici .................................63 La struttura ordinante .............................................................................66 I principi e l’ambito di applicazione .....................................................68 Le singole procedure di aggiudicazione ...............................................71 Considerazioni conclusive ......................................................................77 1 GIUSEPPE SANTALUCIA Codice degli appalti e la normativa penale 1. 2. 3. 4. 5. 6. Premessa ....................................................................................................79 Esclusione dalla procedura .....................................................................80 Casi di irrilevanza dei precedenti penali ...............................................83 L’esclusione dalla gara per omessa denuncia di fatti di criminalità mafiosa ....87 Modalità di partecipazione alla gara .....................................................89 Tutela penale del segreto nelle procedure di gara ..............................93 ISABELLA IASELLI Le tecniche di indagine volte alla individuazione di reati negli appalti pubblici 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Premessa ....................................................................................................95 La verifica documentale della illegittimità amministrativa ................96 La prova dichiarativa ...............................................................................98 Le intercettazioni .....................................................................................99 La registrazione effettuata dal privato ................................................102 L’agente provocatore e i reati in materia di appalti pubblici ..........105 Le indagini in tema di criminalità organizzata in particolare .........109 Le indagini nei casi di collusioni tra privati .......................................112 Le prove inammissibili ..........................................................................114 PAOLO PERCO La gestione della fase di esecuzione del contratto dopo l’emanazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 1. 2. 3. 4. 2 Premessa ..................................................................................................117 La fase di programmazione e di progettazione ................................120 La fase di esecuzione ............................................................................124 Conclusioni .............................................................................................149 INTRODUZIONE Il nuovo codice dei contratti pubblici non porta il nome che gli chiedeva la legge delega (“codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione”) e neppure quello più stringato proposto nel parere del Consiglio di Stato (“codice dei contratti pubblici”) ma ha quello ben più ridondante di “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”. Pubblicato come supplemento alla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 19 aprile 2016 ed entrato in vigore immediatamente, sebbene non integralmente, il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 giunge sul filo di lana della scadenza del termine biennale per il recepimento delle tre direttive comunitarie in tema e a quasi dieci anni esatti di distanza dal precedente D.Lgs. 12 aprile 2016, n. 163. La delega legislativa, contenuta nella L. 28 gennaio 2016, n. 11, aveva un contenuto ampio e articolato e la sua tardiva emanazione aveva lasciato ben pochi spazi al Governo per la sua attuazione. E quindi il minimo lasso temporale per la preparazione del decreto legislativo, unito al concetto che il sistema andasse semplificato tramite il ridimensionamento normativo, ha portato all’emanazione di un testo che mira espressamente alla sinteticità e che intende caratterizzarsi per più contenuti innovativi. In merito al profilo dimensionale, la valutazione della coerenza tra il risultato e le aspettative potrà farsi più avanti. È infatti ben vero che il codice, con i suoi 220 articoli e XXV allegati, appare leggermente più snello del codice del 2006 nella sua ultima versione (ma più ponderoso rispetto a quella iniziale). 3 Ma è altrettanto vero che il decreto legislativo dovrà essere completato con una numerosa congerie di ulteriori atti di disciplina (non solo da decreti ministeriali, ma anche da atti di più difficile classificazione, come le linee guida, ministeriali e ANAC), destinati a sostituire il precedente regolamento unico di attuazione, quello del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. In merito ai profili contenutistici, gli elementi di novità sono molteplici e di diverso spessore. Senza pretesa di completezza, si possono segnalare alcuni di quelli che hanno già attirato l’attenzione della dottrina. In primo luogo, rileva il nuovo assetto del sistema delle fonti, fortemente innovato dalla già ricordata eliminazione del regolamento di esecuzione del 2010. La sua sostituzione, con l’originale meccanismo di norme secondarie facenti perno sulle già ricordate “linee guida” in funzione di indirizzo ed ancora in via di emanazione, è tutta da valutare, anche in termini di tenuta costituzionale. In secondo luogo, emerge il tema della funzione delle stazioni appaltanti, ampiamento battuto nel codice tramite le disposizioni in materia di qualificazione e di aggregazione della domanda. Il dichiarato intento di puntare alla semplificazione ed al miglioramento della qualità dei risultati e della riduzione degli oneri di finanza pubblica andrà quindi considerato alla luce dell’incisione sulla capacità dei soggetti pubblici che, qualora non idonei, si vedranno azzerare la loro autonomia negoziale. Ancora, in terzo luogo e in merito ai criteri di aggiudicazione, il legislatore ha rimarcato la preferenza comunitaria per l’offerta economicamente più vantaggiosa, dando un notevole impulso alla diversificazione dei criteri per la valutazione dell’offerta e puntando ad una maggiore attenzione ai temi ambientali e sociali collegati agli appalti. In questa linea si colloca anche il tema del “costo del ciclo di vita”, cifra globale che colloca il prezzo nella sua dimensione temporale, oltre che quantitativa. Dal punto di vista delle imprese, poi, la rimodulazione degli adempimenti per la partecipazione alle gare, introducendo la Banca dati nazionale degli operatori economici, rimodulando il soccorso istruttorio e adottando il documento di gara unico europeo. 4 Le novità, come si vede, sono molte. Anzi, di più. Questo supplemento non ha quindi la pretesa di illustrare il sistema nel suo insieme ma intende indicare alcune linee di lettura del testo, in un’ottica collegata ai fini istituzionali dell’Arma dei carabinieri. Il supplemento si articola così in cinque diversi interventi di tenore e stampo diverso. I primi due, del cons. Raffaele Greco e del cons. Sabatino, mirano ad individuare alcuni tratti focali della fase di aggiudicazione, in relazione ai profili soggettivi di partecipazione e alle modalità di svolgimento della gara. I successivi due interventi, dei cons. Giuseppe Santalucia e Isabella Iaselli, si concentrano sui profili penalistici, sostanziali e processuali, che si collocano a valle (o nel corso) della fase amministrativa. Inoltre, l’ing. Perco, con un intervento solo apparentemente mirato sulla fase esecutiva del contratto, farà risaltare lo stretto legame esistente tra una corretta predisposizione dei documenti di gara e l’efficacia (e l’integrità) della complessiva azione amministrativa. Infine, l’augurio che questo testo possa contribuire ad una riflessione più schietta e calata nel reale del tema della contrattualistica pubblica. La corretta collocazione del tema e la chiara comprensione delle procedure sono elementi essenziali per superare una superficiale cultura del sospetto, perché l’inutile e dannosa criminalizzazione generale dell’attività negoziale dell’amministrazione si evita solo con l’esatta (e quanto più anticipata possibile) individuazione dei momenti di effettiva rilevanza penale dell’azione pubblica. 5 6 I requIsItI dI moralItà e ordIne pubblIco per la partecIpazIone alle gare d’appalto RAFFAELE GRECO CONSIGLIERE DI STATO CONSIGLIERE GIURIDICO DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO PER LA RICOSTRUZIONE sommarIo: 1. premessa. - 2. I requisiti di moralità professionale delle imprese. - 3. condanne penali definitive. - 4. misure di prevenzione e antimafia. - 5. Violazione di obblighi fiscali e contributivi. - 6. Violazioni in materia di lavoro e ambientali. - 7. Fallimento e procedure concorsuali. - 8. gravi illeciti professionali. - 9. conflitti di interessi. - 10. sanzioni interdittive a carico di persone giuridiche e società. - 11. False dichiarazioni. - 12. Violazioni del divieto di intestazione fiduciaria. - 13. Violazione alla normativa sul collocamento di soggetti disabili. - 14. omessa denuncia di reati. - 15. situazioni di controllo o collegamento tra imprese - 16. Il cosiddetto self cleaning. 1. Premessa Il settore degli appalti pubblici è notoriamente fra i più sensibili alla perpetrazione di illeciti ed all’infiltrazione della criminalità (organizzata e non): le più o meno recenti e tristi esperienze che riempiono le cronache giudiziarie del nostro paese ci hanno da tempo fatto capire come qualsiasi “falla” del sistema normativo e amministrativo possa essere sfruttata per la diffusione di fenomeni di corruzione che alterano le procedure di gara, o per l’appropriazione di rilevanti commesse pubbliche da parte di sodalizi criminali. per questo l’ordinamento si preoccupa, già nel momento della disciplina di gara, di prevenire il rischio che a questa possano partecipare soggetti “compromessi” o “sospetti”, dettando apposite norme, che si inseriscono nel più ampio quadro normativo teso a garantire l’imparzialità e la trasparenza del confronto fra gli operatori economici; in questo, il legislatore italiano è continuamente sollecitato e controllato 7 RAFFAELE GRECO dalle istituzioni europee, atteso che il sistema comunitario - come è noto - individua nella libertà di concorrenza e nell’apertura del mercato alcuni fra i valori primari da perseguire ai fini del processo d’integrazione giuridica ed economica fra gli stati dell’unione europea (e, difatti, quello degli appalti pubblici è uno dei settori in cui si sta pian piano raggiungendo l’obiettivo di una normativa europea tendenzialmente unitaria ed omogenea). naturalmente, a questo quadro sovranazionale si affiancano rilevantissime esigenze del tutto proprie del nostro stato, dal momento che in Italia le associazioni criminali hanno notoriamente raggiunto livelli di organizzazione e di capacità di diffusione nell’economia sconosciuti praticamente a tutti gli altri stati dell’unione europea (come testimoniato dall’esistenza di una normativa interna, in materia penale e di prevenzione, del tutto peculiare). altrettanto potrebbe dirsi per la diffusione della corruzione e dei reati contro la pubblica amministrazione, di cui viene sovente sottolineato come l’Italia detenga un non invidiabile primato in europa, al punto da imporre anche in anni recenti il varo di plurime leggi ad hoc e l’istituzione di un’apposita autorità indipendente (l’autorità nazionale anticorruzione - anac), con rilevanti e incisivi poteri di prevenzione, controllo e intervento. d’altra parte, le istituzioni sia europee che nazionali hanno più volte ritenuto giustificato, in nome delle suddette esigenze “interne”, che la legislazione italiana in materia di appalti pubblici contenga norme e istituti inediti e più rigorosi rispetto alle direttive comunitarie in materia, proprio in ragione delle specificità del quadro sociale ed economico del nostro paese. anche di recente, in occasione del varo del nuovo codice dei contratti pubblici e delle concessioni (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nonostante uno dei principi-guida della legge-delega fosse il divieto di cosiddetto gold plating, ossia di ingiustificato “aggravamento” delle norme interne rispetto a quelle delle retrostanti direttive europee, il consiglio di stato in sede consultiva(1) ha giudicato del tutto legittime le (numerose) previsioni di istituti, obblighi e oneri specifici a carico delle imprese partecipanti alle gare finalizzate proprio ad assicurare la corretta selezione degli interlocutori contrattuali della p.a. e la loro immunità da “pregiudizi” sotto il profilo penale e dell’ordine pubblico. (1) - comm. spec., parere nr. 855 del 1 aprile 2016 sullo schema di decreto poi confluito nel d.lgs. n. 50/2016. 8 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO la conoscenza degli istituti e meccanismi elaborati dal legislatore in funzione delle rappresentate esigenze di legalità e prevenzione è indispensabile per comprendere come ne sia possibile un “aggiramento” da parte di soggetti legati, più o meno direttamente, a gruppi criminali. d’altra parte, la giurisprudenza amministrativa è da sempre estremamente sensibile a questo problema, come dimostrato dal fatto che molti dei principi poi recepiti dalla legge sono stati originariamente elaborati nella prassi applicativa dei tribunali amministrativi regionali e del consiglio di stato; inoltre, è la giurisprudenza a vivere la sfida quotidiana di applicare le regole esistenti anche a situazioni “inedite”, non previste dal legislatore, e quindi ad adattarle a fattispecie nuove con soluzioni poi ancora una volta recepite a livello normativo, in una sorta di processo “circolare” che caratterizza questo come altri settori del diritto amministrativo. 2. I requisiti di moralità professionale delle imprese l’art. 80 del codice disciplina le cosiddette cause di esclusione dalla partecipazione alle gare, ossia quei requisiti soggettivi che tutti i concorrenti debbono possedere per poter contrattare con la p.a., e che non vanno confusi con i requisiti di idoneità professionale e di capacità tecnica ed economica (oggi disciplinati onnicomprensivamente, con la definizione di “criteri di selezione”, dal successivo art. 83): infatti, mentre questi ultimi attengono rispettivamente al grado di esperienza e capacità professionale del concorrente - e cioè, in sintesi, alla sua idoneità sotto il profilo tecnico a espletare l’attività oggetto di gara - e alla sua solidità finanziaria - e, quindi, alla sua idoneità a far fronte agli impegni contrattuali assunti -, i primi, tradizionalmente definiti anche “di ordine pubblico” o di moralità, consistono essenzialmente in condizioni soggettive del concorrente suscettibili, ove sussistenti, di precluderne la partecipazione alla gara e, qualora sopravvenuti a procedura in corso, di giustificare il rifiuto dell’amministrazione aggiudicatrice a stipulare il contratto. nel delinearli, l’art. 80 recepisce il contenuto dell’art. 38 della direttiva 2014/23/ue e dell’art. 57 della direttiva 2014/24/ue, innovando fortemente rispetto al previgente art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163: una norma, quest’ultima, fra le più travagliate del vecchio 9 RAFFAELE GRECO codice, oggetto nei suoi dieci anni di vita di una serie sterminata di interventi di modifica, in ragione di sempre nuove e cogenti esigenze imposte dalla prassi e dall’evoluzione normativa, oltre che di una ricchissima elaborazione giurisprudenziale (basti dire che, solo fra il 2010 e il 2016, ben 14 pronunce dell’adunanza plenaria del consiglio di stato hanno riguardato questioni interpretative di tale norma). un elemento comune fra vecchia e nuova norma, invero, è costituito dal fatto che entrambe contengono un’elencazione di cause di esclusione che va ben al di là di quelle espressamente previste dalle retrostanti norme europee. tale caratteristica, anche nel vigore dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006, aveva suscitato dubbi di compatibilità sia con il principio di tassatività delle cause di esclusione (le quali in effetti, risolvendosi in una limitazione della capacità contrattuale dell’imprenditore e quindi in una contrazione della libertà di iniziativa economica garantita dall’art. 41 cost., sono considerate dalla giurisprudenza tipiche e inestensibili per analogia) sia con il principio generale di derogabilità delle direttive comunitarie in materia soltanto in senso ampliativo della concorrenza: se ne era desunto che le ipotesi di esclusione previste dal diritto nazionale, che non trovassero rispondenza nella normativa europea, non potessero trovare applicazione, per gli appalti sopra soglia, per i concorrenti di altri stati membri dell’unione(2). quanto al quadro normativo attuale, si è già detto del “temperamento” che si ammette il divieto di gold plating possa trovare proprio con riguardo alla materia dei requisiti soggettivi dei partecipanti alle procedure selettive. prima di passare all’esame analitico delle singole cause di esclusione, occorre evidenziare un ultimo, fondamentale elemento distintivo che connota in termini generali la disciplina dell’art. 80, e che appare coerente con la più generale impostazione del nuovo codice: anche e soprattutto nel regolare questa materia, il legislatore si preoccupa di declinare le fattispecie escludenti in modo rigoroso e tassativo, tipizzando le varie ipotesi in modo “chiuso” e tale da ridurre al minimo gli spazi di discrezionalità rimessi alle stazioni appaltanti (ciò è evidente ad esempio, come meglio appresso si dirà, nella scelta di ricollegare l’esclusione in (2) - cfr. r. greco, Le cause soggettive di esclusione, in IL NUOVO DIRITTO DEGLI APPALTI PUBBLICI NELLA DIRETTIVA 2004/18/CE E NELLA LEGGE COMUNITARIA N. 62/2005, a cura di r. garoFolI e m.a. sandullI, milano, 2005, pagg. 577 ss. 10 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO via automatica alla condanna del concorrente per un elenco tassativo di reati, con esclusione di tutti gli altri). tale scelta verosimilmente nasce dall’intento di ridurre drasticamente il contenzioso giudiziale su questa materia, che effettivamente aveva raggiunto dimensioni intollerabili sotto il vigore della normativa previgente, ma è anche indubbiamente il frutto di un atteggiamento di sfiducia verso le stazioni appaltanti indotto dalle vicende corruttive che hanno agitato le cronache negli ultimi anni; una sfiducia che appare estesa alla stessa giustizia amministrativa, come testimoniato nell’individuazione in un soggetto diverso, l’anac, dell’autorità chiamata non solo a riempire di contenuti la disciplina (si veda il comma 13 dell’art. 80, che demanda appunto all’anac l’individuazione con apposite “linee guida” di talune disposizioni attuative della norma primaria), ma anche talora a risolvere i conflitti fra amministrazione e operatori, sulla base di innovativi e penetranti poteri. 3. Condanne penali definitive Il comma 1 dell’art. 80 ripropone, nell’attuale contesto normativo, la tradizionale preclusione alla partecipazione a gare d’appalto derivante da particolari sentenze penali definitive di condanna ovvero di applicazione di pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.(3): trattasi di previsione integrativa e sussidiaria rispetto alla norma di cui all’art. 32-ter cod. pen., che per alcuni reati particolarmente gravi prevede la pena accessoria dell’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione, e anche rispetto alla normativa sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche che, in relazione a taluni illeciti amministrativi, prevede una sanzione di analogo contenuto (art. 9, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231)(4). (3) - Il problema dell’equiparazione alle sentenze di condanna di quelle di cosiddetto patteggiamento, ma anche dei decreti penali di condanna divenuti definitivi, si è posto a più riprese in passato, ma era stato già da tempo superato dalla giurisprudenza e trova definitiva soluzione nell’art. 80, d.lgs. nr. 50/2016, che espressamente richiama tutte le indicate tipologie di pronunce, ricollegandovi identici effetti escludenti. (4) - si vedrà in appresso, peraltro, che oggi il legislatore dedica un’apposita previsione proprio alla misura interdittiva di cui all’art. 9, d.lgs. nr. 231/2001, in una con altre sanzioni di analogo tenore (art. 80, comma 5, lett. f). 11 RAFFAELE GRECO In questo caso, secondo la giurisprudenza, non si è in presenza di una pena accessoria né di un effetto penale della condanna, ma di una vera e propria misura cautelare amministrativa dettata dall’esigenza di evitare che la p.a. si trovi a contrattare con soggetti che, in quanto resisi responsabili di condotte illecite incompatibili con la realizzazione di progetti d’interesse collettivo e con il regolare esborso di denaro pubblico, si presumono inaffidabili(5). Fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, la normativa in materia era sempre stata incentrata sul rilievo dell’incidenza dell’eventuale condanna penale subita dall’operatore sulla sua “moralità professionale”: nozione, quest’ultima, che individuava un qualcosa di più della semplice affidabilità professionale dell’imprenditore, involgendo anche un profilo più latamente “etico”, afferente alla generale correttezza e trasparenza del suo agire nell’ambito delle relazioni commerciali e umane. In effetti l’art. 38 del codice previgente, superando una lunga fase di incertezza determinata dall’uso di formule disomogenee nelle discipline dei vari settori degli appalti pubblici, aveva recepito una volta per tutte la nozione suindicata, rinunciando all’individuazione di un numerus clausus di reati a effetto escludente e quindi rimettendo all’apprezzamento delle stazioni appaltanti l’individuazione delle fattispecie per le quali in concreto si poteva, o doveva, verificare la sussistenza della condizione ostativa. nell’assetto normativo antevigente (che in parte è ancora attuale, atteso che la precedente normativa continua ad applicarsi alle procedure avviate anteriormente all’entrata in vigore del nuovo codice), la giurisprudenza ha manifestato una certa tendenza a “dilatare” i confini dei reati rilevanti ai fini dell’esclusione, al punto da indurre i commentatori a sottolineare l’esigenza di porre in qualche modo dei “paletti” alla discrezionalità che connotava tale valutazione(6). questo atteggiamento rigoristico si esprimeva in un’interpretazione alquanto “elastica” del collegamento funzionale che doveva sussistere tra la condanna riportata dal concorrente e la sua attività professionale, al punto che, pur riaffermandosi in astratto il principio secondo cui dovesse trattarsi in ogni caso di reato commesso nell’esercizio di detta attività o comunque connesso alla qualità (5) - cfr. cons. stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3380; tar lazio, sez. II-ter, 15 giugno 2005, n. 4938. (6) - cfr. F. saItta, “Moralità professionale” e partecipazione alle gare (note a margine dell’art. 12, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 157/1995), in RIV. TRIM. APP., 2004, pagg. 237 ss. 12 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO imprenditoriale del soggetto, in pratica erano sovente ritenute legittime esclusioni motivate da condanne in relazione alle quali l’individuazione di tale collegamento risultava a dir poco ardua. a titolo esemplificativo, sono state ritenute ostative condanne per reati certamente connessi alla pratica imprenditoriale quali aggiotaggio, bancarotta fraudolenta, falsità materiale o ideologica in atto pubblico, turbata libertà degli incanti, ma anche per omicidio colposo con violazione della normativa antinfortunistica, per violazioni in materia di smaltimento dei rifiuti, per violazione della normativa in materia di igiene dei prodotti alimentari in una gara relativa a servizi di ristorazione e perfino per furto aggravato di energia elettrica, per guida in stato di ebbrezza, trattandosi di gara avente ad oggetto un servizio di trasporto scolastico, e per reati contro la p.a. commessi in un periodo in cui il soggetto aveva ricoperto cariche politiche. al di là delle questioni applicative relative alle singole ipotesi di condanne ed alla loro efficacia escludente o meno, fra i principali problemi che si sono posti nel quadro normativo antevigente vanno segnalati: a. quello relativo alla necessità di un’estesa motivazione da parte della stazione appaltante non solo in caso di esclusione del concorrente, ma anche laddove al contrario avesse ritenuto i precedenti penali accertati a carico dello stesso non ostativi (in alcune pronunce, si è affermato che in questo secondo caso il giudizio di non ostatività fosse implicito per facta concludentia nell’ammissione dell’operatore alla gara); b. quello della portata dell’onere dichiarativo a carico dell’operatore nella fase della domanda di ammissione alla gara, essendo largamente prevalente l’opinione che, proprio perché era rimessa alla stazione appaltante la valutazione circa la portata escludente o meno delle eventuali condanne riportate dal concorrente, quest’ultimo fosse comunque tenuto a dichiararle tutte, non potendo egli stesso compiere una sorta di “filtro”, omettendo di segnalare quelle a suo dire irrilevanti o ininfluenti(7). (7) - su questo punto, il comma 2 dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006 era stato alfine modificato dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106 (cosiddetto “decreto sviluppo”), con l’esplicitazione del dovere dei concorrenti di indicare in ogni caso, nella dichiarazione autocertificativa da produrre in una alla domanda di partecipazione alla gara, tutte le condanne riportate, ivi comprese quelle per le quali si fosse beneficiato della non menzione nel casellario giudiziale, e con la sola esclusione di quelle per le quali fosse intervenuta depenalizzazione o dichiarazione giudiziale di estinzione del reato. 13 RAFFAELE GRECO peraltro, nel descritto quadro normativo la persistenza di questo ampio margine valutativo in capo alla stazione appaltante si affiancava alla novità di un’esclusione destinata a operare automaticamente laddove la condanna fosse stata comminata per determinati reati particolarmente gravi(8): per questi ultimi, in sostanza, vi era una presunzione assoluta di gravità e di incidenza sulla moralità professionale, tale da escludere ogni discrezionalità della stazione appaltante. quest’ultima è oggi la scelta esclusiva del legislatore, atteso che nell’art. 80 del nuovo codice l’esclusione del concorrente è automaticamente e indefettibilmente ricondotta a condanne per specifiche fattispecie di reato tassativamente individuate, senza alcuna possibilità di ulteriori valutazioni di ostatività da parte della stazione appaltante in relazione a ipotesi altre e diverse. In sostanza, il d.lgs. n. 50/2016 ha optato decisamente per il sistema del numerus clausus delle condanne escludenti e dell’automatismo del relativo effetto, ed inascoltato è rimasto anche il suggerimento del consiglio di stato di inserire in coda all’elenco contenuto al comma 1 dell’articolo citato una previsione “di chiusura” che riproducesse la facoltà di esclusione del concorrente in caso di condanne per reati gravi incidenti sulla moralità professionale(9): la lettera g) aggiunta nella versione definitiva del decreto fa infatti riferimento a “ogni altro reato da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione”, e quindi si limita a rimandare a fattispecie nelle quali in ogni caso opererebbe il già citato art. 32-ter cod. pen. siffatta scelta, se certamente è suscettibile di ridurre le incertezze e oscillazioni in fase applicativa, comporta però il grave rischio di un abbassamento delle esigenze di tutela della legalità e di garanzia di una corretta scelta degli interlocutori contrattuali della p.a. basti pensare, al riguardo, che nell’attuale sistema alla stazione appaltante non sarà possibile formulare un giudizio di inaffidabilità dell’operatore concorrente, e quindi disporne l’esclusione dalla procedura selettiva, qualora si accerti che lo stesso sia stato definitivamente condannato - ad esempio - per disastro colposo (art. 449 cod. pen.), usura (art. 644 cod. (8) - In realtà, la scelta dell’esclusione automatica per particolari fattispecie era da ricondurre alla retrostante disciplina europea, e specificamente al par. 1 dell’art. 45 della direttiva 2004/14/ue, che per la prima volta aveva introdotto tale innovativa opzione. (9) - cfr. cons. st., parere n. 815 del 2016, cit. 14 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO pen.), rapina (art. 628 cod. pen.) o estorsione (art. 629 cod. pen.), eccezion fatta per le sole ipotesi in cui a queste ultime fattispecie si sia accompagnata l’aggravante mafiosa (art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. nella l. 12 luglio 1991, n. 203). e gli esempi potrebbero moltiplicarsi. si tratta indubbiamente di ipotesi-limite, ma non è possibile - e forse neanche saggio - escluderne in radice ogni possibilità di verificazione, così come non è del tutto condivisibile la scelta di “cristallizzare” una volta per tutte (sia pure talora mercé l’uso di clausole “aperte”, come meglio appresso si vedrà) il quadro delle fattispecie penali ostative, vista l’imprevedibilità dell’evoluzione sociale e la possibile affermazione e diffusione di nuovi e inediti fenomeni criminali(10). Venendo ora all’esame delle singole fattispecie di reato a effetto escludente, può osservarsi che, mentre nel previgente art. 38, d.lgs. n. 163/2006 si era preferito, piuttosto che riferirsi alle specifiche fattispecie di reato previste dal nostro ordinamento interno, richiamare le ampie e generiche nozioni delineate dalla retrostante direttiva (in modo da operare una sorta di rinvio “in bianco”, suscettibile di ricomprendere le ulteriori fattispecie, rientranti nelle suddette nozioni, che il legislatore penale avesse eventualmente introdotto in futuro), la nuova norma si connota per un’impostazione “mediana”, optando in via generale per un’elencazione delle specifiche norme incriminatrici interne, ma non mancando di affiancarvi in taluni casi un richiamo alle più generiche nozioni comunitarie. ciò avviene già alla lettera a) del comma 1, laddove alla menzione delle varie fattispecie di reati associativi previste dal nostro ordinamento - associazione a delinquere semplice (art. 416 cod. pen.) e di stampo mafioso (art. 416-bis cod. pen.) nonché finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74, d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309) - segue il richiamo alla nozione comunitaria di “partecipazione a un’organizzazione criminale” contenuta nell’art. 2 della decisione quadro 2008/841/gaI del consiglio(11). (10) - Va fin d’ora segnalato che l’anac ha cercato di porre rimedio a questa impasse proponendo un’interpretazione estensiva della diversa e autonoma causa di esclusione discendente da “gravi illeciti professionali” (art. 80, comma 5, lettera c). ma, come meglio si dirà appresso, si tratta di una soluzione che, oltre a suscitare dubbi di legittimità, incontra anche dei limiti testuali che la rendono inidonea a risolvere del tutto il problema. (11) - quest’ultima norma impegna gli stati membri dell’unione europea a far sì che siano perseguiti 15 RAFFAELE GRECO In entrambi i casi, la nozione di “organizzazione criminale” richiamata è quella di cui all’art. 1 della medesima decisione quadro, il quale definisce tale organizzazione come “un’associazione strutturata di più di due persone, stabilita da tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore a quattro anni o con una pena più grave per ricavarne, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale”(12). così essendo strutturata la norma, ci si potrebbe chiedere quali siano il senso e la finalità del richiamo alla nozione comunitaria, una volta che il legislatore si è premurato di indicare le specifiche fattispecie associative, come definite dall’ordinamento interno, cui la causa di esclusione è riferibile. la questione è complicata dal fatto che il richiamo in esame sembra invero inteso a circoscrivere l’ambito di applicazione della causa di esclusione stessa, come emerge dal fatto che, dopo aver indicato gli specifici titoli di reato per i quali opera, essa precisa che l’effetto escludente discende dalla eventuale condanna definitiva per gli stessi “in quanto riconducibili alla partecipazione a un’organizzazione criminale”, quale definita dalla citata norma europea. Insomma, prima facie parrebbe che la stazione appaltante, pur in presenza di condanne definitive per i reati suindicati, debba verificare se nel singolo caso la condotta del soggetto condannato integri o meno gli estremi penalmente i comportamenti di chi “intenzionalmente ed essendo a conoscenza dello scopo e dell’attività generale dell’organizzazione criminale o dell’intenzione di quest’ultima di commettere i reati in questione, partecipi attivamente alle attività criminali dell’organizzazione, ivi compresi la fornitura di informazioni o mezzi materiali, il reclutamento di nuovi membri nonché qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività, essendo inoltre consapevole che la sua partecipazione contribuirà alla realizzazione delle attività criminali di tale organizzazione” ovvero ponga in essere “un’intesa con una o più altre persone per porre in essere un’attività che, se attuata, comporterebbe la commissione di reati di cui all’articolo 1, anche se la persona in questione non partecipa all’esecuzione materiale dell’attività”. (12) - la definizione riportata, se per un verso contiene tutti gli elementi che nel nostro diritto penale sono considerati necessari ad integrare il reato associativo, a questi aggiunge una precisa individuazione dei possibili reati-fine, con la specificazione del minimo di pena edittale perché questi possano assumere rilevanza, in modo da essere applicabile anche in quegli stati i quali, pur sanzionando i reati-fine in maniera più grave se commessi in forma associata, non contemplano un’autonoma ipotesi di reato associativo. 16 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO della “partecipazione” all’organizzazione criminale come definita a livello comunitario: il che, oltre a imporre un approfondimento giuridico complesso e farraginoso, rischia di essere foriero di estenuanti contenziosi giudiziali. molto più ragionevole, malgrado l’oggettiva infelicità del dato normativo, è limitare la portata dell’inciso da ultimo richiamato all’ultima fattispecie specifica richiamata dalla lettera a), che individua un’ipotesi di reato non associativa, quella di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152). In sostanza, la norma avrebbe il solo scopo di precisare che non qualsivoglia condotta di traffico illecito di rifiuti, ancorché organizzata, è suscettibile di determinare l’esclusione dell’operatore dalla gara in caso di condanna definitiva, ma soltanto quella che egli abbia posto in essere nella veste di partecipe di un’organizzazione criminale (nel senso di cui al citato art. 2 della dec. 2008/841/gaI)(13). la lettera a) dell’art. 80 è completata dal richiamo ai delitti “commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo”. la previsione si pone come complementare rispetto a quella (art. 67, comma 8, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) che preclude l’affidamento di appalti da parte delle amministrazioni pubbliche a soggetti condannati per i reati riconducibili alla criminalità mafiosa, come da previsione dell’art. 51 comma 3-bis, cod. proc. pen.; quest’ultima disposizione, peraltro, è oggetto di autonomo richiamo quale condizione ostativa nel comma 2 del medesimo art. 80 (su cui si tornerà appresso). la lettera b) ricollega l’esclusione dell’operatore all’eventuale condanna definitiva per una serie di gravi reati contro la pubblica amministrazione, in questo caso analiticamente elencati(14). (13) - peraltro, in questo senso la disposizione in esame rischia di risultare sostanzialmente superflua: infatti, nell’ordinamento italiano le condotte suindicate sono di regola sanzionate ai sensi dell’art. 416 cod. pen., quanto meno a titolo di concorso esterno, e individuando nel traffico illecito di rifiuti un reato-fine del sodalizio criminale. (14) - In particolare, si fa riferimento a condanne per concussione (art. 317 cod. pen.), corruzione propria (artt. 319 e 321 cod. pen.) e impropria (artt. 318 e 321 cod. pen.) nonché in atti giudiziari (artt. 319-ter e 321 cod. pen.), induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319quater cod. pen.), anche se commesse nei confronti di incaricato di pubblico servizio (artt. 320 e 321 cod. pen.) o di membri degli organi delle comunità europee o di funzionari delle comunità europee o di stati esteri (art. 322 bis cod. pen.), istigazione alla corruzione (art. 17 RAFFAELE GRECO sebbene l’elenco sia stato integrato rispetto all’originario schema di decreto, come da suggerimento del consiglio di stato(15), permangono lacune e omissioni difficilmente spiegabili, come ad esempio quella del peculato semplice (art. 314 cod. pen.). per il concetto di “frode”, invece, la lettera c) dell’art. 80 si limita a rinviare all’art. 1 della convenzione relativa agli interessi finanziari delle comunità europee, stipulata ai sensi dell’art. K.3 del trattato ue(16), una previsione limitata ai soli fatti commessi in danno delle comunità europee ed idonea a ricomprendere, oltre alle condotte truffaldine in senso stretto (ossia connotate da quelli che in gergo penalistico potrebbero definirsi artifici e raggiri), anche quelle ipotesi di reato nelle quali la condotta maliziosa si concreta in un’omissione o nel mero silenzio, nonché quelle in cui essa interviene nella fase successiva all’ottenimento di una prestazione patrimoniale da parte delle comunità europee, sostanziandosi in una “distrazione” della stessa dai suoi fini istituzionali. tra le fattispecie delittuose esistenti nel nostro ordinamento ed astrattamente riconducibili alla disposizione in oggetto, possono citarsi quelle di malversazione (art. 316-bis cod. pen., come mod. dalla l. 7 febbraio 1992, n. 181), di indebita percezione di 322 cod. pen.), traffico di influenze illecite (art. 346-bis cod. pen.), turbata libertà degli incanti (art. 353 cod. pen.) o della scelta del contraente (art. 353-bis cod. pen.), astensione dagli incanti (art. 354 cod. pen.), inadempimento (art. 355 cod. pen.) e frode (art. 356 cod. pen.) nelle pubbliche forniture e corruzione tra privati (art. 2635 cod. civ.). (15) - cfr. parere n. 815 del 2016, cit. (16) - “ai fini della presente convenzione costituisce frode che lede gli interessi finanziari delle comunità europee: a) in materia di spese, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa: • all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle comunità europee o dai bilanci gestiti dalle comunità europee o per conto di esse; • alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto; • alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi; b) in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa: • all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle comunità europee o dei bilanci gestiti dalle comunità europee o per conto di esse; • alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto; • alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto”. 18 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO erogazioni pubbliche (art. 316-ter, cod. pen., introdotto dalla l. 29 settembre 2000, n. 300), di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis cod. pen.) e di indebito conseguimento di contributi comunitari (art. 2, l. 23 dicembre 1986, n. 898). restano escluse, invece, non solo l’ipotesi di truffa semplice (art. 640 cod. pen.), ma anche quelle di truffa aggravata in danno dello stato (art. 640, comma 2, n. 1, cod. pen.). la lettera d), con il riferimento ai “delitti, consumati o tentati, commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, e di eversione dell’ordine costituzionale”, evoca le fattispecie incriminate dagli artt. 270 cod. pen. (associazione sovversiva) e 270-bis cod. pen. (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico), nonché le previsioni satellite introdotte dalla legislazione del 2001-2005 (artt. 270-ter, 270-quater e 270-quinquies cod. pen.), ivi compresa la circostanza aggravante della finalità terroristica (art. 270-sexies cod. pen.)(17). la successiva lettera e), con netto progresso rispetto alla normativa previgente, richiama tutte le vigenti norme incriminatrici in materia di riciclaggio(18), e quindi gli artt. 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 cod. pen., nonché l’ipotesi di finanziamento del terrorismo di cui all’art. 1, d.lgs. 22 giugno 2007, n. 109. (17) - stante l’onnicomprensività del richiamo, non si comprende la finalità dell’ulteriore specificazione, apposta in coda alla previsione dianzi riportata, dei “reati terroristici o reati connessi alle attività terroristiche”: verosimilmente si tratta di un mero refuso, non corretto in sede di predisposizione del testo finale del decreto. (18) - a norma dell’art. 1, par. 2, della direttiva 2005/60/ce del 26 ottobre 2005 del parlamento europeo e del consiglio, costituiscono “riciclaggio” le seguenti condotte, purché commesse “intenzionalmente”: “a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni; b) l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; c) l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l’associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l’esecuzione”. 19 RAFFAELE GRECO Infelice, poi, è anche la previsione di cui alla lettera f) che richiama le fattispecie di sfruttamento del lavoro minorile “definite con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24”, senza considerare che tale ultimo decreto non ha introdotto nuove ipotesi di reato, ma si è limitato a intervenire su norme penali già esistenti. così essendo formulata la norma, resta il dubbio se e in quali casi essa, oltre che al reato di tratta di persone (art. 601 cod. pen.), possa estendersi anche a figure affini quali la riduzione in schiavitù (art. 600 cod. pen.) e la prostituzione minorile (art. 600-bis cod. pen.). In ogni caso, è auspicabile che sia di assai rara verificazione l’ipotesi in cui il concorrente risulti gravato da precedenti penali per tali gravi fattispecie. si è già detto, infine, della limitata portata della clausola “di chiusura” di cui alla lettera g) del comma 1 dell’art. 80, che conclude l’elenco delle fattispecie di reato escludenti. con riguardo all’individuazione dei soggetti che operano per l’impresa concorrente, nei cui confronti va accertata l’insussistenza della causa di esclusione, il nuovo codice ha ampliato il novero delle figure in questione recependo le indicazioni dell’adunanza plenaria del consiglio di stato(19), la quale nel vigore della normativa del 2006 aveva enunciato il principio per cui l’accertamento del requisito di moralità de quo va effettuato nei confronti di tutti i soggetti i quali, in ragione della struttura e composizione sociale, svolgono in via ordinaria l’attività di gestione intesa ad attuare l’oggetto sociale dell’impresa. Il comma 3 dell’art. 80 oggi stabilisce che l’esclusione di cui al precedente comma 1 opera nei confronti del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; infine, se si tratta di altro tipo di società o consorzio, dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza, dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci. (19) - sent. 16 ottobre 2013, n. 23. 20 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO come notato dai primi commentatori(20), il riferimento anche ad altri “soggetti” muniti di poteri di rappresentanza, direzione e controllo, diversi dagli amministratori in senso proprio, consente di estendere la previsione non solo ai sindaci di società di capitali e agli altri organi di vigilanza, ma anche ai procuratori ad negotia, per i quali la plenaria, contraddicendo il precedente indirizzo giurisprudenziale, aveva affermato non potersi escludere che essi, pur essendo soggetti alla direzione e al controllo di chi gli ha rilasciato la procura, avessero comunque un potere di rappresentanza e manifestazione della volontà dell’impresa, sia pure con riguardo a un oggetto limitato(21). Inoltre, la norma riproduce la previsione, già contenuta nel previgente art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, secondo cui l’operatività della causa di esclusione si estende anche ai soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata. la formulazione normativa a sua volta recepisce gli approdi della pregressa consolidata giurisprudenza, che ha sempre considerato non sufficiente una generica e formale dichiarazione di dissociazione, esigendo invece concreti e documentati comportamenti dell’impresa indicativi di una reale presa di distanze dal precedente amministratore, quale è tipicamente la proposizione di azione di responsabilità nei suoi confronti(22). è pacifico, invece, che la rimozione dell’amministratore in carica non consente all’impresa di far venir meno la causa di esclusione de qua, dal momento (20) - cfr. V. capuzza, Nuove previsioni e nuove criticità nell’art. 80 del Codice Appalti, in www.giustamm.it, n. 9/2016. (21) - In precedenza, sulla scorta di un’accezione rigorosa della nozione di “rappresentanza”, si riteneva che occorresse la prova che il soggetto in questione esercitasse in modo pieno e continuativo il potere di esternare la volontà dell’impresa: pertanto, si ritenevano tenuti al rispetto del requisito gli institori (cons. stato, sez. VI, 8 febbraio 2007, n. 523) e i procuratori generali (cons. stato, sez. VI, 12 ottobre 2006, n. 6089; id., sez. V, 28 giugno 2004, n. 4774), ma non anche i procuratori speciali, a meno che non fosse documentato il conferimento di fatto agli stessi di ampie funzioni di rappresentanza nel senso precisato (e fatta salva la facoltà di prevedere espressamente nel bando l’obbligo di attestare la sussistenza del requisito anche per altri soggetti). (22) - cfr. cons. stato, sez. V, 11 settembre 2007, n. 4804; tar lazio, sez. III-ter, 17 luglio 2007, n. 6502; id. 16 novembre 2006, n. 12512; tar lazio, sez. III, 20 aprile 2004, n. 3386; tar catania, sez. I, 24 marzo 2004, n. 742. 21 RAFFAELE GRECO che la legge non consente la dissociazione dalla condotta illecita dell’amministratore che abbia sottoscritto la domanda di partecipazione alla gara, operando in tal caso una presunzione assoluta di inaffidabilità che non è superabile neanche assumendo l’ignoranza da parte dell’impresa dei precedenti penali del suo rappresentante(23). In sostanza, si è sempre ritenuto che l’esistenza di un precedente ostativo abbia efficacia oggettiva indipendentemente dalla conoscenza che gli attuali rappresentanti dell’impresa ne abbiano, e che comunque costoro, prima di presentare la domanda di partecipazione alla gara, abbiano l’onere di verificare la sussistenza dei detti precedenti provvedendo a visura del casellario giudiziale ai sensi dell’art. 33 del d.p.r. 14 novembre 2002, n. 313, strumento attraverso il quale è possibile accertare anche le condanne per le quali l’interessato abbia beneficiato della non menzione nel casellario medesimo(24). quanto invece alle condanne riportate dall’amministratore prima di assumere la carica, la giurisprudenza, argomentando dalla natura esclusivamente personale della responsabilità penale, nonché tenuto conto della circostanza che la ratio della disposizione è quella di tutelare l’amministrazione contro l’inaffidabilità del soggetto che è in ogni caso il suo interlocutore contrattuale, ha sempre concordemente affermato che è del tutto irrilevante, agli effetti della causa di esclusione di che trattasi, che la condanna sia stata riportata dall’amministratore o dal direttore tecnico dell’impresa concorrente prima di assumere tale carica, dal momento che la preclusione è destinata a operare senza limiti di tempo(25). peraltro, è doveroso segnalare che sull’estensione agli amministratori e rappresentanti cessati dalla carica dell’obbligo di dimostrare l’assenza di precedenti penali ostativi sono stati di recente sollevati dubbi di compatibilità comunitaria: in particolare, la sesta sezione del consiglio di stato, nel formulare rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia dell’unione europea nei confronti dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 in parte qua, ha ritenuto contrastante con le retrostanti direttive europee la previsione a carico dell’impresa di obblighi dichiarativi estesi (23) - cfr. tar toscana, sez. II, 5 ottobre 2006, n. 4212. (24) - sul punto, da ultimo, cfr. cons. stato, sez. IV, 3 maggio 2016, n. 1717. (25) - cfr. cons. stato, sez. IV, 26 luglio 2004, n. 5318; cons. stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3380; id. 12 ottobre 2002, n. 5523. 22 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO a vicende penali non ancora definite, di obblighi di dissociazione a contenuto incerto e indefinito e di obblighi collaborativi anch’essi a contenuto incerto e legati al generico dovere di agire secondo buona fede(26). al momento della redazione del presente contributo, la corte non si è ancora pronunciata sulla questione. la risoluzione della questione da ultimo richiamata potrebbe avere ripercussioni anche su talune estensioni ulteriori dell’operatività della causa di esclusione connessa all’esistenza di sentenze penali di condanna definitive, ormai corrispondente al “diritto vivente” in materia alla stregua della più recente giurisprudenza: ci si riferisce all’obbligo di verificare e dichiarare anche tutti i precedenti penali riportati dai soggetti che nell’anno antecedente la pubblicazione del bando hanno rivestito ruoli di rappresentanza o direzione (nel senso sopra precisato) nell’ambito di società che abbiano ceduto l’azienda o un suo ramo all’impresa concorrente, ovvero che siano state da questa inglobate a seguito di fusione o incorporazione. In questi casi la giurisprudenza, pur ribadendo l’esigenza di rispettare il principio di tassatività delle cause di esclusione, ha ritenuto che l’estensione si giustifichi per essere le vicende societarie in discorso rientranti nella fisiologia della vita dell’impresa e quindi implicitamente contemplate dalla disposizione che fa obbligo ai concorrenti di dichiarare la posizione penale anche degli amministratori cessati nell’ultimo anno, tenuto conto di evitare che attraverso le operazioni in discorso si realizzi una sostanziale elusione del detto obbligo(27). 4. Misure di prevenzione e antimafia Il comma 2 dell’art. 80 raggruppa in un’unica disposizione le diverse tipologie di fattispecie escludenti connesse alla legislazione antimafia, a sua volta oggi contenuta nell’unico d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cosiddetto “codice antimafia”), che ha superato la previgente frammentazione in svariati testi della disciplina delle misure personali e patrimoniali di contrasto alla criminalità mafiosa. (26) - cfr. cons. stato, sez. VI, ord. 21 marzo 2016, n. 1160. (27) - cfr. cons. stato, ad. pl., 4 maggio 2012, n. 20, e 7 giugno 2012, n. 21. 23 RAFFAELE GRECO In particolare, la disposizione in esame del codice degli appalti fa riferimento a due distinti settori della predetta legislazione di interesse per la contrattualistica pubblica, e segnatamente: a. i divieti di avere rapporti contrattuali o di concessione con le amministrazioni pubbliche per i soggetti colpiti da misure di prevenzione antimafia, ovvero sottoposti al relativo procedimento (accertati attraverso la “comunicazione antimafia” di cui agli artt. 88 e segg. del citato d.lgs. n. 159/2011); b. l’accertamento di tentativi di infiltrazione mafiosa rilevanti in senso impeditivo della capacità di essere interlocutore contrattuale della p.a. (attraverso la “informazione antimafia” di cui agli artt. 90 e segg. del medesimo decreto). con riguardo alla prima fattispecie, la norma richiama espressamente l’art. 67 del codice antimafia, il quale disciplina gli effetti sulla capacità di avere rapporti con la p.a. delle misure di cui al libro I, titolo I, capo II del medesimo codice: si tratta delle misure di prevenzione personale che possono essere applicate dal tribunale competente ai condannati per delitti di criminalità mafiosa (comma 8) nonché a varie ulteriori categorie di soggetti, identificati sulla base di indici presuntivi come sospetti non solo di mafiosità, ma anche di legami con associazioni terroristiche e criminali di altro tipo(28). (28) - a norma dell’art. 4 del d.lgs. n. 159/2011, le misure di prevenzione personale possono applicarsi: a) agli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. proc. (associazione a delinquere di stampo mafioso); b) ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. (reati di particolare gravità ovvero aggravati dalla finalità di agevolare le associazioni mafiose) ovvero del delitto di cui all’art. 12-quinquies, comma 1, del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. dalla l. 7 agosto 1992, n. 356 (possesso di beni o patrimoni di cui non si sia in grado di giustificare la provenienza); c) ai soggetti di cui all’art. 1 del medesimo codice antimafia (e, quindi, che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, o ancora che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica); 24 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO l’art. 6 del d.lgs. n. 159/2011 tipizza le misure personali riproducendo le “tradizionali” previsioni della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (comma 1), eventualmente accompagnata nei casi più gravi dal divieto di soggiorno in uno o più comuni (comma 2) o dall’obbligo di soggiorno in un determinato comune (comma 3). Il già citato art. 67 disciplina in modo onnicomprensivo tutte le incapacità discendenti dall’essere stato un soggetto colpito, con provvedimento definitivo, da una delle suindicate misure di prevenzione, ivi compresa l’impossibilità di stipulare contratti con la p.a. (comma 1)(29); è altresì stabilita la decadenza dai d) a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del cod. pen. o dagli artt. 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all’art. 270-sexies cod. pen.; e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente; f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell’art. 1 della legge n. 645/1952, in particolare con l’esaltazione o la pratica della violenza; g) a coloro che, fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli artt. 8 e segg. della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lettera d); h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti; i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all’art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l’incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive. (29) - per la precisione, i soggetti in questione non possono ottenere: a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l’esercizio di attività imprenditoriali; 25 RAFFAELE GRECO benefici in questione per effetto del sopravvenire del provvedimento definitivo applicativo della misura di prevenzione (comma 2). con riguardo alla fase di pendenza del procedimento di applicazione della misura di prevenzione, questa non determina ipso jure l’impossibilità di conseguire le licenze, le concessioni e gli altri benefici, ma soltanto la previa comunicazione al tribunale competente, salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo, attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti già disposti, ovvero di contratti derivati da altri già stipulati dalla p.a. (comma 6); in questo, come in ogni altro caso, l’autorità giudiziaria può, prima ancora della definitiva irrogazione della misura di prevenzione, disporre in via provvisoria i divieti suindicati ovvero sospendere interinalmente l’efficacia di contratti, concessioni, licenze e altri benefici dei quali l’interessato sia già titolare (comma 3). con specifico riferimento al settore dei contratti pubblici, l’art. 83, comma 1, del d.lgs. n. 159/2011 dispone che le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere pubbliche, devono acquisire la documentazione antimafia di cui all’art. 84 del medesimo decreto prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici (comma 1). Identico obbligo vale per i contraenti generali, figura oggi disciplinata dall’art. 194 del nuovo codice degli appalti (comma 2). quanto alla sussistenza o meno dei divieti di cui all’art. 67, questa è attestata dalla comunicazione antimafia (art. 84, comma c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la p.a. e concessioni di servizi pubblici; d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la p.a., nei registri della camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso; e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici; f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati; g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello stato, di altri enti pubblici o delle comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali; h) licenze per detenzione e porto d’armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti. 26 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO 2), acquisita attraverso la consultazione della banca dati nazionale antimafia ovvero dal prefetto territorialmente competente (art. 87). In particolare, è stabilito che il rilascio della comunicazione de qua sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati quando da questa emerge l’insussistenza di cause di divieto, decadenza o sospensione (art. 88, comma 1); nell’ipotesi opposta, così come nel caso in cui si tratti di soggetto non censito nella banca dati (art. 88, comma 3-bis), invece, il prefetto procede ai necessari accertamenti istruttori, provvedendo a seconda degli esiti al rilascio di comunicazione “liberatoria” (se emerge che le suddette cause ostative non sono più sussistenti) ovvero di comunicazione negativa (art. 88, commi 2 e 3). In questi ultimi casi, è stabilito che il provvedimento prefettizio intervenga entro trenta giorni dalla consultazione della banca dati (art. 88, comma 4), e che tuttavia, in caso di inutile scadenza di tale termine, la p.a. possa procedere egualmente sulla base di mera autocertificazione del soggetto interessato, salva la revoca dal beneficio concesso o il recesso dal contratto stipulato in caso sopravvenga una comunicazione antimafia negativa (art. 88, comma 4-bis, espressamente richiamato dall’art. 80, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016). più recentemente, giusta l’art. 1, comma 52, della l. 6 novembre 2012, n. 190, è stato stabilito che i soggetti di cui all’art. 83 del codice antimafia debbano acquisire la comunicazione antimafia (così come anche l’informazione antimafia di cui si dirà subito appresso), indipendentemente dalle soglie stabilite nello stesso codice, attraverso la consultazione della cosiddetta white list (tecnicamente, “elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa”) istituita presso ciascuna prefettura, in cui devono essere riversati - e periodicamente aggiornati - gli esiti delle verifiche antimafia effettuate sulle imprese. la seconda tipologia di fattispecie evocata dal secondo comma dell’art. 80 è quella dei tentativi di infiltrazione mafiosa attestati dall’informazione antimafia che la stazione appaltante deve necessariamente acquisire nella fase degli accertamenti sul proprio potenziale interlocutore contrattuale. attraverso tale informativa, come precisato nel comma 3 dell’art. 84 del codice antimafia, il prefetto territorialmente competente verifica, oltre all’eventuale esistenza delle cause ostative di cui all’art. 67 del medesimo codice, anche 27 RAFFAELE GRECO la “sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”, con il possibile effetto di sancire l’incapacità dell’impresa di contrarre con la p.a. e la sua estromissione dal mercato degli appalti pubblici. secondo l’opinione prevalente(30), gli accertamenti antimafia integrano un’attività di indagine amministrativa, destinata a risolversi, in caso di esito positivo, in una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia giurisdizionali e prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all’associazione di tipo mafioso. In effetti, l’informazione antimafia interdittiva determina un’incapacità di contrarre di tipo speciale, in quanto limitata alle amministrazioni pubbliche ovvero ai soggetti di cui all’art. 83 del d.lgs. n. 159/2011 e non estesa ai rapporti con soggetti privati(31). Inoltre, ancorché acquisita nell’ambito di una specifica gara o ai fini della stipulazione di uno specifico contratto, l’informazione antimafia interdittiva ha efficacia generale, nel senso che produce i propri effetti anche in altri procedimenti riguardanti i medesimi soggetti (art. 86, comma 2-bis, d.lgs. n. 159/2016)(32). quanto all’efficacia temporale dell’informazione antimafia, sebbene il comma 2 dell’art. 86 del codice antimafia la fissi in un anno, è opinione prevalente che tale termine valga solo per l’informazione negativa (per la quale, pertanto, scaduto l’anno dovrà in ogni caso procedersi a nuovo accertamento)(33), mentre per quella interdittiva si ritiene che essa abbia effetti illimitati, continuando a determinare l’incapacità contrattuale dell’operatore finché non intervenga un nuovo provvedimento prefettizio, in esito a rinnovate verifiche dalle (30) - cfr. n. durante, I tentativi di infiltrazione mafiosa, in www.giustizia-amministrativa.it, dicembre 2016 (con richiami di giurisprudenza). (31) - cfr. cons. stato, sez. IV, 20 luglio 2016, n. 3247. (32) - ai sensi dell’art. 91, comma 7-bis, del d.lgs. n. 159/2011, l’informazione interdittiva è comunicata all’osservatorio dei contratti pubblici istituito presso l’autorità nazionale anticorruzione, in modo da rendere edotte tutte le stazioni appaltanti operanti sul territorio nazionale dell’esistenza della causa ostativa, anche ai fini della risoluzione dei contratti in essere (cfr. comunicato del presidente anac del 27 maggio 2015, pubblicato nella gazzetta ufficiale 23 giugno 2015, n. 143). (33) - cfr. cons. stato, sez. III, 5 ottobre 2016, n. 4121; id., sez. V, 1 ottobre 2015, n. 4602. 28 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO quali sia emerso il venir meno della situazione di pregiudizio precedentemente accertata(34). per gli stessi motivi, oltre che per l’applicazione del principio tempus regit actum, gli effetti preclusivi dell’informazione interdittiva non sono superati dalle eventuali condotte che il soggetto abbia posto in essere successivamente all’emissione dell’informazione stessa, al fine di rimuovere il pericolo di infiltrazioni mafiose(35). ai sensi dell’art. 86, comma 4, del d.lgs. n. 159/2011, i fatti dal cui accertamento può discendere l’adozione di un’informazione antimafia interdittiva sono riconducibili a tre macrocategorie: a. provvedimenti giudiziali a carico dell’operatore economico, adottati in sede penale o di prevenzione; b. accertamenti di polizia; c. particolari vicende imprenditoriali che si presumono elusive degli obblighi rivenienti dalla legislazione antimafia. sotto il primo profilo, innanzi tutto, vengono in rilievo non solo le condanne, ma anche i provvedimenti di rinvio a giudizio o di applicazione di misure cautelari personali per determinate fattispecie di reato(36); in secondo luogo, i provvedimenti applicativi di misure di prevenzione; infine, e salvo che ricorra l’esimente di cui all’art. 4 della l. 24 novembre 1981, n. 689 (stato di necessità), le ipotesi di omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei reati di cui agli artt. 317 e 629 cod. pen., aggravati ai sensi dell’art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla l. 12 luglio 1991, n. 203, da parte dei legali rappresentanti dell’impresa, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste (su quest’ultima vicenda, che costituisce un’autonoma causa di esclusione nell’ordito dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, si tornerà appresso). (34) - cfr. cons. stato, sez. III, n. 4121/2016, cit.; id., 22 gennaio 2014, n. 292; id., sez. VI, 30 dicembre 2011, n. 7002. (35) - cfr. cons. stato, sez. III, 23 maggio 2013, n. 2798. (36) - l’elencazione riproduce parzialmente quella contenuta nel già richiamato art. 4 del codice antimafia, in riferimento alle misure di prevenzione personale: in particolare, sono richiamati i delitti di cui agli artt. 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter cod. pen., i delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. e di cui all’art. 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356. 29 RAFFAELE GRECO quanto alla seconda tipologia, si fa riferimento a ciò che può emergere dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal ministro dell’interno ai sensi del d.l. 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla l. 12 ottobre 1982, n. 726, ovvero di quelli di cui all’art. 93 del codice antimafia, nonché dagli accertamenti da effettuarsi in altra provincia a cura dei prefetti competenti su richiesta del prefetto procedente ai sensi della norma suindicata. ancor più evanescente e di delicata applicazione è la terza ipotesi, laddove il legislatore fa riferimento a “sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti” giudiziali sopra richiamati sub a), “con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l’intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia”. pertanto, è possibile evincere il tentativo di infiltrazione mafiosa anche da vicende societarie (fusioni, scissioni, incorporazioni, cessioni d’azienda) che, per le specifiche tempistiche e modalità con cui sono attuate e per il profilo dei soggetti coinvolti, possano denotare l’intento di eludere la legislazione antimafia. le vicende fin qui esaminate, peraltro, non esauriscono l’ambito delle situazioni dalle quali il prefetto può desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa: infatti, l’art. 91, comma 6, del d.lgs. n. 159/2011 consente di tener conto anche di “provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”, nonché dell’accertamento “delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la condizione della reiterazione prevista dall’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689”. Inoltre, nella prassi applicativa è rimasta diffusa la figura della c.d. informazione antimafia “atipica” (o supplementare), disciplinata dall’art. 1-septies 30 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO del già citato d.l. n. 629/1982, la quale si basa su elementi non così consistenti da determinare un effetto interdittivo, ma tali da evidenziare comunque una possibile compromissione dell’impresa; la peculiarità di tale informazione consiste nel rimettere la decisione sull’instaurazione o la prosecuzione del rapporto contrattuale alla stazione appaltante, la quale, nel caso decida di escludere il soggetto interessato, sarà tenuta a una motivazione particolarmente puntuale e pregnante di tale scelta(37). con riguardo, poi, all’individuazione dei soggetti cui estendere gli accertamenti sulla sussistenza dei tentativi di infiltrazione, oltre ai legali rappresentanti in senso tecnico, il comma 5 del citato art. 91 consente di riferirli anche “ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa”: la giurisprudenza ha quindi ritenuto legittimo che l’informazione interdittiva possa basarsi su situazioni soggettive dei soci, ancorché non amministratori ma che risultino esercitare di fatto un’influenza dominante sulle scelte imprenditoriali(38). ma, nel concreto, la disposizione è impiegata in sede di verifiche prefettizie soprattutto per individuare la figura del cosiddetto “amministratore occulto”, ossia di chi, al di là della formale titolarità di cariche sociali, risulti sulla base di indagini negoziali o patrimoniali esercitare un potere di fatto all’interno dell’impresa. tale essendo il quadro normativo di riferimento, si comprende la delicatezza degli accertamenti sottesi alle informazioni antimafia, laddove le esigenze di prevenzione delle infiltrazioni criminali e di tutela dell’ordine pubblico vanno conciliate con la salvaguardia della libertà di impresa (che è costituzionalmente garantita ex art. 41 cost.); la possibile labilità degli elementi su cui può basarsi la misura interdittiva e la gravità dei suoi effetti risultano vieppiù evidenti se si considera la ristrettezza dei possibili rimedi giudiziali a disposizione dell’interessato: infatti, in questo settore la giurisprudenza amministrativa ritiene di trovarsi al cospetto di esercizio di discrezionalità tecnica della p.a., a fronte della quale il sindacato giurisdizionale deve intendersi limitato ai soli casi di evidenti travisamenti o errori di valutazione, esclusa ogni possibilità di rinnovazione da parte del giudice della valutazione riservata al prefetto(39). (37) - sul punto, cfr. cons. stato, sez. III, 28 novembre 2013, n. 5698. (38) - cfr., ad esempio, t.a.r. catania, sez. I, 28 aprile 2009, n. 793. 31 RAFFAELE GRECO ecco perché il ministero dell’interno è intervenuto con apposite circolari per dettare le linee guida degli accertamenti e delle valutazioni da compiere ai fini delle informazioni antimafia: in particolare, è stata sottolineata la necessità - anche nei casi in cui sussiste il massimo grado di certezza della situazione di pericolo, essendovi già provvedimenti dell’autorità giudiziaria - di operare un esame non atomistico ma complessivo degli elementi a disposizione, dovendosi verificare sia la riconducibilità dei fatti evocati a contesti di criminalità organizzata o comunque a contesti significativi di atteggiamenti di contiguità con questa, sia l’attualità delle situazioni di pericolo indicate. malgrado ciò, la giurisprudenza non sempre è univoca nell’individuare la “soglia” degli elementi indiziari idonei a determinare l’adozione della misura interdittiva de qua: la dottrina che ha esaminato più di recente la produzione giurisprudenziale in materia(41) ha colto una “frattura” fra la posizione del consiglio di stato e quella del consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana. per il consiglio di stato è sufficiente che gli elementi posti a base dell’informativa abbiano una consistenza storico-oggettiva, e non congetturale, e che siano sintomatici del condizionamento che la mafia, in molteplici, cangianti e sempre nuovi modi, può esercitare sull’impresa, anche al di là, e persino contro, la volontà del singolo; pertanto, può trattarsi anche di elementi estranei all’orbita della rilevanza penale (come pure possono essere stati già valutati in sede penale, pervenendosi a proscioglimento o assoluzione), in quanto l’informazione antimafia da un lato non ha natura sanzionatoria, e quindi non soggiace al principio della certezza probatoria “al di là di ogni ragionevole dubbio” ma semmai al criterio del “più probabile che non”, e per altro verso si fonda su una mera prognosi di pericolosità, e quindi per definizione su un’anticipazione della tutela rispetto a quella da irrogare a fronte di reati già accertati(42). (40) (39) (40) (41) (42) - 32 cfr. cons. stato, sez. III, 19 gennaio 2012, n. 254; id., sez. VI, 28 aprile 2010, n. 2441. la più recente e la circolare dell’8 febbraio 2013, n. 11001/119/20(6). cfr. n. durante, op. cit. cfr. cons. stato, sez. III, 23 giugno 2016, n. 3505. da questo orientamento discende che fra gli elementi che l’autorità prefettizia deve valutare vi sono: a) i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale; b) le sentenze di proscioglimento o di assoluzione; c) la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso decreto legislativo n. 159 del 2011; d) i rapporti di parentela; I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO diversamente, il c.g.a.r.s., muovendo dalla qualificazione dell’interdittiva antimafia come “misura di prevenzione sui generis” suscettibile di produrre effetti pregiudizievoli anche nei confronti di soggetti incolpevoli, ritiene che i presupposti per la sua irrogazione vadano verificati con particolare rigore, al fine di scongiurare possibili censure di incostituzionalità o - peggio - di incompatibilità comunitaria della relativa disciplina. ne discende che, affinché possa dirsi accertato un tentativo di infiltrazione mafiosa, occorre: a. che siano individuati e descritti atti idonei, diretti in modo non equivoco, a conseguire lo scopo di condizionare le decisioni dell’impresa; b. che sia individuato almeno un autore o un mandante del tentativo di infiltrazione; c. che tale soggetto sia qualificabile come “mafioso in senso tecnico” (si tratti, cioè: di soggetto attinto da provvedimenti giudiziari penali per mafia o per altri “reati-spia”, espressivi di contiguità all’ambiente mafioso, ovvero di soggetto con questi convivente, in ragione di una deliberata scelta di “contiguità”, che ne contraddistingua la condotta di vita)(43). al di là della differente impostazione di fondo, nell’esame della casistica applicativa è possibile cogliere delle linee abbastanza univoche in ordine alla consistenza degli elementi indiziari che possono fondare la misura interdittiva de qua: ad esempio, è pacifico che i rapporti di parentela, coniugio o affinità con soggetti malavitosi non sono da soli sufficienti a suffragare l’ipotesi della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, dovendo accompagnarsi ad ulteriori elementi che inducano a sospettare che il vincolo familiare assuma particolare significatività sotto il profilo della contiguità, ed assicuri copertura ad operazioni commerciali di carattere fiduciario, volte a favorire il reinvestimento o l’occultamento di risorse provenienti da attività illecite(44); che del pari insufficiente è la e) i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; f) le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa; g) le vicende anomale nella concreta gestione dell’impresa; h) la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”; i) l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità (cfr. cons. stato, sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743). (43) - cfr. c.g.a.r.s., 3 agosto 2016, n. 257. (44) - cfr. t.a.r. napoli, sez. I, 1 agosto 2007, n. 7188. 33 RAFFAELE GRECO mera frequentazione con malavitosi, in mancanza di una specifica significatività e pregnanza del dato emerso con la finalizzazione al condizionamento mafioso dell’attività imprenditoriale(45); che, al contrario, possono assumere rilevanza il fatto che un numero consistente di dipendenti di un’impresa sia direttamente ricollegato o ricollegabile a sodalizi criminali operanti nel territorio e omogenei tra loro(46), o che sussista una stratificata situazione di parentele dirette tra gli amministratori della società e i partecipanti di un’organizzazione mafiosa tratti in arresto(47). 5. Violazione di obblighi fiscali e contributivi Il comma 4 dell’art. 80 del nuovo codice degli appalti, accomunando in unica disposizione due cause di esclusione che nel tessuto normativo antevigente erano oggetto di distinte previsioni, stabilisce che costituisce causa di esclusione dalla partecipazione alle procedure selettive il fatto che un operatore economico abbia commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello stato in cui sono stabilite. rispetto alle norme precedenti, la norma riproduce il generico richiamo d’impronta comunitaria a “imposte” e “tasse”, tradizionalmente inteso come riferibile alla generalità degli obblighi discendenti dalle norme fiscali e tributarie, mentre non crea particolari problemi l’ulteriore generale richiamo alla normativa contributiva e previdenziale. In entrambe le ipotesi, condizione perché la preclusione possa operare e che le violazioni commesse dall’operatore siano “gravi” e “definitivamente accertate”. quanto al secondo requisito, non v’è dubbio che esso si risolva nell’escludere la portata ostativa di violazioni ancora sub judice o oggetto di contestazione in sede giudiziale o amministrativa, occorrendo un accertamento definitivo della violazione stessa: questo potrà discendere da una sentenza (45) - cfr. cons. stato, sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6380. (46) - cfr. t.a.r. reggio calabria, 23 marzo 2011, n. 192. (47) - cfr. cons. stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5753. 34 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO passata in giudicato, laddove la violazione configuri un reato, ovvero da un provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile, qualora si tratti di mero illecito amministrativo. nel comma in esame, tale concetto viene esplicitato in riferimento alle sole violazioni tributarie, ma deve ritenersi valido anche per quelle contributive (salvo quanto appresso si dirà in ordine agli effetti di una successiva “regolarizzazione”). quanto invece alla “gravità” della violazione, su questo punto l’art. 80 porta a compimento un progetto di progressiva erosione della discrezionalità delle stazioni appaltanti, alla cui valutazione nell’assetto normativo previgente era sostanzialmente rimessa la definizione della soglia di gravità delle violazioni eventualmente accertate a carico dei concorrenti: soprattutto con riguardo alle violazioni in materia previdenziale, l’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 aveva subito plurimi interventi modificativi di coordinamento con la disciplina del documento unico di regolarità contributiva (durc), costituente il documento tipicamente attestante la condizione di regolarità o meno dell’impresa sotto il profilo che qui interessa, e l’adunanza plenaria del consiglio di stato aveva chiarito che, ferma restando la facoltà dell’operatore di impugnare direttamente il durc che lo riguardasse, nell’ambito della procedura selettiva era escluso ogni spazio di valutazione o sindacato da parte della stazione appaltante sulle risultanze del durc, il cui contenuto dunque ne vincolava le scelte in ordine alla regolarità o meno del concorrente(48). oggi il legislatore fissa per entrambe le ipotesi contemplate dal comma 4 dell’art. 80 delle soglie di gravità. quanto agli obblighi in materia di imposte e tasse, così come era nell’ultima versione del previgente art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, vi è un espresso richiamo all’art. 48-bis del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, norma che, nel disporre l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di verificare previamente la regolarità fiscale dei soggetti nei cui confronti sono tenute a procedere a pagamenti per importi superiori ai diecimila euro, consente di non provvedere all’erogazione ove emergano inadempienze superiori a determinate soglie(49); (48) - cfr. sent. 4 maggio 2012, n. 8. (49) - “dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2 [si tratta del d.m. 18 gennaio 2008, n. 40, adottato in attuazione della norma in esame], le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un 35 RAFFAELE GRECO pertanto, si può affermare che è consentita l’esclusione del concorrente nei soli casi in cui sussistano a suo carico inadempienze relative alle imposte sui redditi tali, per la loro entità, da legittimare l’omissione dei pagamenti ai sensi dell’art. 48-bis appena citato. anche con riguardo agli obblighi contributivi, la scelta del nuovo codice è coerente con quella che era l’impostazione del previgente comma 2 dell’art. 38, d.lgs. n. 163/2006: nel senso di considerare gravi, e quindi ostative della partecipazione, quelle violazioni che impediscano il rilascio del durc a norma delle vigente normativa (in questo caso, il richiamo è all’art. 8 del d.m. 30 gennaio 2015). sul punto, è importante sottolineare che la verifica della regolarità contributiva operata dalla stazione appaltante sulla base della dichiarazione autocertificativa resa dal concorrente è riferita alla condizione dell’impresa alla data della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, e pertanto la regolarità deve sussistere a tale data (oltre che, come per tutti i requisiti soggettivi di cui all’art. 80 in esame, perdurare per tutta la durata della procedura selettiva e fino alla stipulazione del contratto d’appalto), senza che possano avere alcun rilievo le regolarizzazioni postume; in particolare, come evidenziato dall’adunanza plenaria del consiglio di stato(50), in questo caso non può trovare applicazione il cosiddetto “preavviso di durc negativo”, introdotto dall’art. 7, comma 3, del d.m. 24 ottobre 2007 e oggi disciplinato dall’art. 31, comma 8, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98(51), importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo” (comma 1); “con decreto di natura non regolamentare del ministro dell’economia e delle finanze, l’importo di cui al comma 1 può essere aumentato, in misura comunque non superiore al doppio, ovvero diminuito” (comma 2-bis). (50) - sent. 29 febbraio 2016, n. 5. (51) - “ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (durc), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del durc o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”. 36 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO il quale può operare solo nei rapporti fra l’impresa e l’ente previdenziale (e, quindi, solo in relazione al durc chiesto direttamente dall’interessato). l’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 80 recepisce la giurisprudenza(52) formatasi in relazione agli effetti della regolarizzazione delle irregolarità fiscali o contributive, cui in determinati casi il soggetto inadempiente può procedere anche concordando apposite rateizzazioni per il pagamento: in particolare, è stabilito che la causa di esclusione non opera “quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l’impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande”. In realtà, questa disposizione contempla due fattispecie diverse, dal momento che, se l’impresa ha già prima della presentazione della domanda di partecipazione estinto il debito tributario o contributivo, nessuna irregolarità per vero sussiste, e verosimilmente il senso della norma è che solo in tale ipotesi il concorrente è ammesso a provare - anche in spregio a quanto dovesse risultare dal durc - l’inesistenza di violazioni in atto a suo carico; quanto invece alla diversa ipotesi in cui invece egli si sia soltanto impegnato all’assolvimento dei detti obblighi (di solito, mediante rateizzazione degli stessi), è in questo caso che il legislatore ha recepito il pregresso indirizzo giurisprudenziale nel senso della insufficienza della mera domanda di rateizzazione, occorrendo che questa sia stata formalmente accolta dall’ente previdenziale anteriormente alla scadenza del termine di partecipazione alla procedura selettiva. 6. Violazioni in materia di lavoro e ambientali Il comma 5 dell’art. 80 contempla, riferendole non solo ai concorrenti ma anche ai loro subappaltatori nei casi di subappalto consentito, diverse ulteriori cause di esclusione, quasi tutte riproducenti previsioni già esistenti nella legislazione antevigente. alla lettera a) è prevista, innanzi tutto, l’esclusione degli operatori che si (52) - cfr. cons. stato, ad. pl., 20 agosto 2013, n. 20; id., 5 giugno 2013, n. 15. 37 RAFFAELE GRECO siano resi responsabili di “gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, oltre che “agli obblighi di cui all’articolo 30, comma 3 del presente codice”; tale disposizione, a sua volta, introduce fra i principi generali delle procedure d’appalto l’obbligo degli operatori economici di rispettare “gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X” (quest’ultimo contiene un elenco delle convenzioni vigenti in materia sociale e ambientale). La ratio di questa causa di esclusione riposa nell’esigenza, sempre più avvertita a livello europeo, di garantire un’effettiva reale parità di trattamento tra gli operatori economici, al fine di salvaguardare il mercato comunitario a fronte di nuovi assetti caratterizzati dall’espansione delle imprese dei cosiddetti nuovi paesi industrializzati: pertanto, la concorrenza tra gli operatori comunitari e gli operatori provenienti da tali aree (come repubblica popolare cinese e India), per poter muoversi su piani paritari, deve avvenire sulla base di regole che non possono prescindere dall’applicazione di una normativa sulle condizioni di lavoro e sicurezza sul lavoro, in conformità al diritto europeo. peraltro, la disposizione in esame sconta una certa ambiguità o infelicità di formulazione che potrebbe ingenerare in futuro incertezze e contenziosi applicativi: infatti, se è precisato che le infrazioni de quibus possono essere dimostrate dalla stazione appaltante “con qualunque mezzo adeguato”, con ciò lasciando chiaramente intendere che in questo caso non occorre un formale accertamento definitivo della violazione (a differenza da quanto avviene per le violazioni in materia fiscale o contributiva), tuttavia subito dopo si riproduce tralaticiamente l’inciso già contenuto nella lettera e) del comma 1 del previgente art. 38, d.lgs. n. 163/2006, secondo cui deve trattarsi di infrazioni “debitamente accertate”, il che pone il problema di quali siano i termini e le condizioni alle quali tale presupposto possa dirsi sussistente, e quindi ripropone il tema della possibile necessità di un accertamento definitivo in sede amministrativa o giurisdizionale(53). (53) - a meno che in questo caso lo scopo della previsione sia proprio quello di escludere la necessità della “definitività” dell’accertamento, ammettendo quindi che la preclusione possa discendere anche da un provvedimento amministrativo oggetto di impugnazione o da una sentenza non passata in giudicato. nel regime previgente, tuttavia, l’opinione prevalente era 38 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO 7. Fallimento e procedure concorsuali la lettera b) del comma 5 dell’art. 80 dispone l’esclusione del concorrente che si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni. la previsione deriva dall’ovvia esigenza di garantire l’affidabilità economica dell’interlocutore contrattuale dell’amministrazione, ciò che giustifica l’estensione dell’esclusione anche alle ipotesi di procedura concorsuale in corso, oltre che a quella di fallimento o altro stato parafallimentare già dichiarato. nel vigore della previgente disposizione ex art. 38, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 163/2006 (sostanzialmente identica a quella attuale, salve le modifiche intervenute nel corso degli ultimi decenni in materia di legislazione fallimentare), è emerso in giurisprudenza un atteggiamento cauto, inteso a evitare che possano essere poste in essere iniziative strumentali volte a escludere un’impresa da una o più gare d’appalto: per questo, andando forse al di là del dato testuale, si è ritenuto che perché una procedura concorsuale potesse dirsi “in corso” non fosse sufficiente il mero deposito del ricorso di fallimento da parte di un creditore, occorrendo un pronunciamento quanto meno istruttorio dell’autorità giudiziaria che accertasse positivamente lo stato d’insolvenza(54). si è però anche sottolineato, con riferimento al concordato preventivo, che in questo caso siffatte preoccupazioni non dovrebbero sussistere, dal momento che in tale tipo di procedura è lo stesso imprenditore a chiedere l’ammissione alla fase concorsuale, con una condotta che ben può dirsi confessoria della consapevolezza del proprio stato di dissesto, di modo che la procedura può dirsi in itinere già dal momento dell’istanza di ammissione al concordato(55). nel senso di ammettere che la stazione appaltante potesse attribuire rilevanza a infrazioni delle quali fosse venuta a conoscenza con qualsiasi mezzo, fermo restando però che dovessero essere definitivamente accertate: sul punto, cfr. autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, determinazione 12 gennaio 2010, n. 1. (54) - cfr. cons. stato, sez. IV, 8 giugno 1999, n. 516. (55) - cfr. cons. stato, ad. pl., 15 aprile 2010, n. 2155. 39 RAFFAELE GRECO 8. Gravi illeciti professionali estremamente innovativa rispetto alle disposizioni antevigenti è la previsione contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 del nuovo codice, laddove è prevista come fattispecie escludente l’ipotesi in cui “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”; è poi precisato che tra tali illeciti - e, dunque, l’elencazione non è verosimilmente tassativa - “rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”. la disposizione appare sotto vari aspetti “eccentrica” rispetto all’impostazione generale dell’articolo in esame: - per la già evidenziata non esaustività delle fattispecie di illeciti che possono dar luogo all’esclusione, tale da lasciare alla stazione appaltante un ampio margine valutativo in ordine alle vicende pregresse dell’impresa; - perché anche l’accentuazione dell’esigenza che gli illeciti professionali accertati a carico del concorrente siano “gravi” offre all’amministrazione un ulteriore elemento su cui esercitare la propria discrezionalità; - per la previsione che i predetti illeciti possano essere dimostrati “con mezzi adeguati”, a comprova che neanche in questo caso è necessario che sulla condotta dell’operatore sia intervenuto un accertamento definitivo da parte di autorità terze; - per la genericità della stessa locuzione “gravi illeciti professionali” la quale, ancorché riproduttiva del disposto comunitario, si presta a letture ben più estensive dei previgenti riferimenti normativi a concetti, come quelli di “grave 40 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO negligenza o malafede” o di “errore grave”, che erano chiaramente ancorati allo stretto ambito dell’esecuzione di precedenti contratti di appalto pubblico. non sorprende, dunque, che in una prima lettura della disposizione de qua si sia colta in essa una possibilità di “recuperare” la possibile portata escludente, rimessa a motivata valutazione della stazione appaltante, anche di eventuali condanne penali riportate dall’imprenditore per reati ulteriori rispetto a quelli indicati nel comma 1 del medesimo art. 80; in tal senso si è espresso il presidente dell’anac in un proprio comunicato, assumendo che nella formulazione “gravi illeciti professionali” possono rientrare anche “i reati commessi nell’esercizio dell’attività professionale idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità dell’esecutore”(56). tale opzione appare però poco convincente: infatti, al di là della dubbia compatibilità con il principio di tassatività delle cause di esclusione di un’operazione che “recuperi” per via ermeneutica, con riguardo a diversa previsione, la rilevanza di fattispecie penali diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente elencate nel comma 1, resterebbe comunque il fatto che in questi casi la causa di esclusione sarebbe configurabile solo laddove la condanna abbia colpito il legale rappresentante dell’impresa, e non anche tutte le figure soggettive specificamente elencate al comma 2 dell’art. 80 per l’ipotesi disciplinata dal comma precedente(57), e anche tale diversità nell’ambito soggettivo di applicazione sarebbe alquanto difficile da spiegare. peraltro, è proprio l’anac, giusta il disposto del comma 13 del medesimo art. 80, il soggetto chiamato ad adottare apposite linee guida per “precisare, al fine di garantire omogeneità di prassi da parte delle stazioni appaltanti, quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell’esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)”. ciò è avvenuto recentissimamente, con la delibera n. 6 del 16 novembre 2016(58), con la quale si è cercato innanzi tutto di fornire indicazioni in ordine all’ambito (56) - cfr. comunicato del presidente anac dell’11 maggio 2016. nelle recenti linee guida del 16 novembre 2016 (su cui, v. infra nel testo), la possibilità di esclusione è peraltro circoscritta alle sole ipotesi di condanne non definitive per reati comunque ricompresi nell’elencazione di cui al comma 1 dell’art. 80. (57) - cfr. V. capuzza, op. cit. (58) - In gazz. uff. n. 2 del 3 gennaio 2017. 41 RAFFAELE GRECO oggettivo di applicazione della disposizione, riempiendo di contenuti le ipotesi di gravi illeciti in essa tipizzati(59), e quindi di definire le modalità di accertamento (59) - In particolare, ferma restando la necessità di una motivata valutazione della stazione appaltante in ordine alla compromissione dell’affidabilità e della moralità professionale del concorrente, fra le “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto” sono individuati: - l’inadempimento di una o più obbligazioni contrattualmente assunte; - le carenze del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo scopo previsto; - l’adozione di comportamenti scorretti; - il ritardo nell’adempimento; - l’errore professionale nell’esecuzione della prestazione; - l’aver indotto in errore l’amministrazione circa la fortuità dell’evento che dà luogo al ripristino dell’opera danneggiata per caso fortuito interamente a spese dell’amministrazione stessa; - nei contratti misti di progettazione ed esecuzione, qualunque omissione o errore di progettazione imputabile all’esecutore che ha determinato una modifica o variante ai sensi dell’art. 106, comma 2, del codice, o della previgente disciplina (art. 132, d.lgs. n. 163/2006); - negli appalti di progettazione o concorsi di progettazione, qualunque omissione o errore di progettazione imputabile al progettista, che ha determinato, nel successivo appalto di lavori, una modifica o variante, ai sensi dell’art. 102, comma 2, del codice, o della previgente disciplina (art. 132, d.lgs. nr. 163/2006). quanto al “tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante”, si è fatto riferimento ad atti idonei diretti in modo non equivoco a influenzare le decisioni della stazione appaltante in ordine alla valutazione del possesso dei requisiti di partecipazione, all’adozione di provvedimenti di esclusione e all’attribuzione dei punteggi. con riguardo al “tentativo di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio”, queste potranno avere a oggetto il nominativo degli altri concorrenti o il contenuto delle offerte presentate. quanto alle ipotesi del “fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” e “omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento delle procedure di selezione”, rilevano i comportamenti posti in essere dal concorrente con dolo o colpa grave volti a ingenerare, nell’amministrazione, un convincimento erroneo su una circostanza rilevante ai fini della partecipazione o dell’attribuzione del punteggio, quali a titolo esemplificativo: - la presentazione di informazioni fuorvianti in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione o ad altre circostanze rilevanti ai fini della gara; - la presentazione di informazioni false relative a circostanze diverse dal possesso dei requisiti generali o speciali di partecipazione; - l’omissione di informazioni in ordine alla carenza, sopravvenuta rispetto al momento in cui è stata presentata la domanda, di requisiti o elementi non specificatamente richiesti dal bando di gara ai fini della partecipazione, ma indicati dall’offerente per conseguire un punteggio ulteriore o per fornire le spiegazioni richieste dalla stazione appaltante nel caso in cui l’offerta appaia anormalmente bassa. 42 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO degli illeciti in questione, essenzialmente attraverso la previsione dell’obbligo delle stazioni appaltanti di comunicare tempestivamente all’anac, ai fini dell’iscrizione nel casellario, gli atti che possano avere rilevanza ai fini che qui interessano(60), e il dovere dell’operatore di attestare l’insussistenza delle situazioni in questione attraverso apposita autocertificazione, salva la successiva verifica da parte dell’amministrazione. nella prassi applicativa anteriore al nuovo codice, l’individuazione delle condotte suscettibili di dar luogo a esclusione dalla gara siccome integrante “errore grave” ovvero “negligenza o malafede” è stata sempre guidata dal principio della insufficienza di un qualsiasi inadempimento degli obblighi contrattuali - quand’anche avesse dato luogo a risoluzione del rapporto da parte dell’amministrazione - occorrendo invece che la condotta dell’impresa fosse stata connotata da rilevanti violazioni dei doveri professionali o contrattuali, dolose o gravemente colpose, tali da compromettere il rapporto fiduciario Fra le ulteriori ipotesi di gravi illeciti professionali suscettibili di determinare la motivata esclusione del concorrente, oltre agli accordi con altri operatori volti a falsare la concorrenza, sono individuati tutti i comportamenti contrari ai doveri di leale collaborazione che abbiano comportato la mancata sottoscrizione del contratto per fatto doloso o gravemente colposo dell’affidatario e la conseguente escussione della garanzia prevista dall’art. 93 del codice, e infine i provvedimenti di condanna divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato, dell’autorità garante della concorrenza e del mercato per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare e i provvedimenti sanzionatori divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato comminati dall’anac ai sensi dell’art. 213, comma 13, del codice e iscritti nel casellario dell’autorità nei confronti degli operatori economici che abbiano rifiutato od omesso, senza giustificato motivo, di fornire informazioni o documenti richiesti dall’autorità o che non abbiano ottemperato alla richiesta della stazione appaltante di comprovare i requisiti di partecipazione o che, a fronte di una richiesta di informazione o di esibizione di documenti da parte dell’autorità, abbiano fornito informazioni o documenti non veritieri. (60) - In particolare, devono essere comunicati: - i provvedimenti di esclusione dalla gara adottati ai sensi dello stesso art. 80, comma 5, lettera c), del codice; - i provvedimenti di risoluzione anticipata del contratto, di applicazione delle penali e di escussione delle garanzie; - i provvedimenti di condanna al risarcimento del danno emessi in sede giudiziale e i provvedimenti penali di condanna non definitivi, di cui siano venute a conoscenza, che si riferiscono a contratti dalle stesse affidati. 43 RAFFAELE GRECO inter partes(61), fermo restando in ogni caso che non poteva essere disposta l’esclusione per infrazioni del tutto estranee all’ambito dei rapporti contrattuali, come la denuncia o le sanzioni irrogate all’impresa dall’autorità garante della concorrenza per attività anticoncorrenziale(62). questi orientamenti sono evidentemente destinati a mutare sulla base del più ampio e rigoroso odierno dettato normativo. 9. Conflitti di interessi l’art. 42 del nuovo codice degli appalti, in funzione di prevenzione e contrasto di corruzione e illegalità, prevede in via generale l’obbligo delle stazioni appaltanti di adottare - fra l’altro - misure volte a “individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici”. Il comma 2 del medesimo articolo precisa: “…si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione(63). In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del presidente della repubblica 16 aprile 2013, n. 62”. (61) - cfr. cons. stato, sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1071; tar lazio, sez. I-ter, 12 dicembre 2006, n. 14212. nello stesso senso, autorità di vigilanza, determinazione 15 luglio 2003, n. 13. (62) - cfr. cons. stato, sez. V, 22 agosto 2003, n. 4750; tar piemonte, sez. II, 19 dicembre 2002, n. 2090. (63) - per buona parte, le disposizioni citate nel testo riproducono l’art. 24 della direttiva n. 2014/24/ue. 44 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO quest’ultima disposizione ha introdotto nel nostro ordinamento, per la prima volta, una disciplina generale dell’obbligo di astensione dei dipendenti pubblici nei seguenti termini: “…il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti o organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”. se le disposizioni fin qui citate sono riferite ai soggetti pubblici, o comunque chiamati a operare nell’ambito della procedura di aggiudicazione per conto della stazione appaltante, in modo speculare la lettera d) del comma 5 del codice stabilisce la necessaria esclusione anche dell’operatore economico la cui partecipazione “determini una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell’articolo 42, comma 2, non diversamente risolvibile”. dunque, ci si riferisce ai casi in cui il concorrente si trovi, rispetto al personale della stazione appaltante, in una delle relazioni che possono dar luogo a ipotesi di conflitto di interesse nel senso testé precisato: e, in particolare, per i componenti della commissione di aggiudicazione l’art. 77, comma 6, del codice espressamente ribadisce l’applicabilità - fra l’altro - dell’art. 42, comma 2, del medesimo decreto. l’inciso per cui, in questi casi, all’esclusione del concorrente dalla procedura deve farsi luogo allorché la situazione di conflitto d’interesse non sia “diversamente risolvibile” va inteso non come un generico richiamo ai possibili rimedi “istituzionali” alle ipotesi in esame (astensione, sostituzione del soggetto incompatibile ecc.), bensì con riferimento alla posizione del concorrente ed all’esigenza di evitare automatismi e verificare la concreta incidenza della situazione sulla par condicio fra i partecipanti alla gara. tanto sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, secondo cui alle autorità aggiudicatrici non incombe un obbligo assoluto di escludere sistematica- 45 RAFFAELE GRECO mente gli offerenti in situazione di conflitto di interessi, dato che siffatta esclusione non sarebbe giustificata nei casi in cui si potesse dimostrare che tale situazione non ha avuto alcuna incidenza sul loro comportamento nella procedura di gara, e non determina alcun rischio reale di pratiche atte a falsare la concorrenza tra gli offerenti; viceversa, l’esclusione è indispensabile qualora non esista un rimedio più adeguato per evitare una qualsiasi violazione dei principi di parità di trattamento tra gli offerenti e di trasparenza(64). ancora una volta, quindi, è riconosciuta alla stazione appaltante un’ineliminabile discrezionalità valutativa, dovendo apprezzarsi, prima di disporre l’esclusione del concorrente, se la situazione di conflitto d’interesse, al di là della sua astratta riconducibilità al parametro normativo, abbia in concreto inciso sulla correttezza ed equità della competizione fra le imprese in gara e/o sulla trasparenza e imparzialità della valutazione delle relative offerte. affine alla situazione appena esaminata è quella disciplinata dalla successiva lettera e), laddove si fa riferimento all’ipotesi in cui “una distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d’appalto di cui all’articolo 67 non possa essere risolta con misure meno intrusive”. In questo caso, la situazione di possibile conflitto dipende dal fatto che uno o più concorrenti abbia partecipato alla predisposizione della documentazione di gara, o comunque alla fase preparatoria che ha preceduto l’avvio della procedura selettiva, ciò che è suscettibile di porlo in posizione di vantaggio rispetto agli altri partecipanti; si tratta di una situazione ampiamente esplorata dalla giurisprudenza anteriore al codice del 2016, e che oggi viene codificata sulla scorta delle retrostanti disposizioni comunitarie. la specifica disciplina di questi casi è contenuta nell’art. 67, richiamato dalla norma qui in esame, il quale impone alla stazione appaltante di adottare “misure adeguate per garantire che la concorrenza non sia falsata dalla partecipazione del candidato o dell’offerente stesso”, precisando altresì che “…la comunicazione agli altri candidati e offerenti di informazioni pertinenti scambiate nel quadro della partecipazione del candidato o dell’offerente alla preparazione della procedura o ottenute a seguito di tale partecipazione, nonché la (64) - cfr. tribunale di I grado ue, sez. II, 13 ottobre 2015, t-403/12; id., 20 marzo 2013, t415/10. 46 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO fissazione di termini adeguati per la ricezione delle offerte costituisce minima misura adeguata”. pertanto, è ragionevole concludere che il documentato assolvimento da parte dell’amministrazione di tale obbligo di comunicazione (e condivisione) integri una presunzione juris tantum di insussistenza in concreto di un pregiudizio alla trasparenza e alla par condicio fra i concorrenti: nel senso che incomberà a chi lamenti la violazione di tali principi l’onere di dimostrare che la misura “minima” in questione sia stata inidonea o insufficiente a scongiurare la lesione dei detti principi. siffatta conclusione si pone in linea con gli approdi raggiunti, sulla scia della giurisprudenza comunitaria, dagli organi di giustizia amministrativa che si erano occupati di situazioni del tipo di quella che qui occupa nel quadro normativo anteriore al d.lgs. n. 50/2016(65). 10. Sanzioni interdittive a carico di persone giuridiche e società la lettera f) del comma 5 dell’art. 80 opera un rinvio onnicomprensivo a tutte le ipotesi in cui la legge stabilisca, a titolo di sanzione amministrativa principale o accessoria ovvero ad altro titolo, la misura dell’incapacità di contrarre con la p.a. a carico di un soggetto associativo (persona giuridica, società etc.). Il primo richiamo è alla già citata normativa introdotta dal d.lgs. n. 231/2001 in tema di responsabilità delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica per fatti-reato commessi da loro amministratori o da soggetti che abbiano operato per loro conto: fra le sanzioni che il giudice penale chiamato a conoscere dei predetti reati può irrogare, a norma dell’art. 9, comma 2, lettera c), del predetto decreto, vi è appunto il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, “salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio” (inciso, quest’ultimo, che si riferisce chiaramente alle vicende nella quali la società o l’associazione si ponga in qualità di utente del servizio, e non di suo erogatore). la norma ha però portata più ampia, risolvendosi in un rinvio “in bianco” a tutte le disposizioni, anche future, nelle quali sia stabilito che determinate sanzioni comportino per una società o associazione il divieto di contrarre con la (65) - cfr. cons. stato, sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4651. 47 RAFFAELE GRECO p.a.; in particolare, sono specificamente richiamate le ipotesi di sospensione dall’attività irrogabili dagli organi di vigilanza del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali in caso di accertate violazioni alle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro, cui può seguire l’applicazione di una misura interdittiva della contrattazione con la p.a., ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81(66). (66) - Il primo comma di tale norma così recita: “…al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori di cui all’articolo 92, comma 1, lettera e), gli organi di vigilanza del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al venti per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentito il ministero dell’interno e la conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di trento e di bolzano (…) si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell’organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole (…) l’adozione del provvedimento di sospensione è comunicata all’autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed al ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell’adozione, da parte del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche. la durata del provvedimento è pari alla citata sospensione nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia inferiore al cinquanta per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro; nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia pari o superiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero nei casi di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero nei casi di reiterazione la durata è incrementata di un ulteriore periodo di tempo pari al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni; nel caso di reiterazione la decorrenza del periodo di interdizione è successiva al termine del precedente periodo di interdizione; nel caso di non intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro quattro mesi dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento è pari a due anni, fatta salva l’adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione della durata dell’interdizione a seguito dell’acquisizione della revoca della sospensione (…)”. 48 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO 11. False dichiarazioni la lettera g) del comma 5 dell’art. 80 in esame riprende, precisandola, la previsione già contenuta nell’art. 38, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 163/2006, con riguardo agli effetti ostativi dell’intervenuta iscrizione di un operatore economico nel casellario informatico tenuto dall’osservatorio sui contratti pubblici, a suo tempo istituito presso l’autorità di vigilanza, a causa di false dichiarazioni presentate ai fini della partecipazione a precedenti gare. la previsione aveva suscitato incertezze e difficoltà applicative in relazione alla durata dell’interdizione dalla partecipazione nonché al rapporto fra l’accertamento della falsità avvenuto in sede di gara e la successiva iscrizione nel casellario (la quale può avvenire anche a distanza di parecchio tempo, creando il problema di quale sia la posizione del soggetto interessato durante tale spatium temporis), ed infine quanto al rapporto fra l’operatività della causa di esclusione in discorso e l’eventuale reazione dell’interessato avverso il provvedimento d’iscrizione, nell’ambito di un procedimento all’esito del quale potrebbe essere accertata l’insussistenza del mendacio ovvero di mala fede da parte del dichiarante. oggi il legislatore restringe l’ipotesi ostativa alla posizione dell’operatore il quale risulti “iscritto nel casellario informatico tenuto dall’osservatorio dell’anac per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione, per il periodo durante il quale perdura l’iscrizione”. pertanto, da un lato è precisato che l’esclusione dalle gare perdura per tutta la durata dell’iscrizione, e per altro verso la fattispecie è limitata alle sole dichiarazioni e documentazioni false prodotte ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione: sul piano letterale, tale specificazione circoscrive l’ambito applicativo della disposizione al solo settore dei lavori pubblici, ove le imprese si qualificano attraverso il rilascio di apposita attestazione da parte di soggetti appositamente autorizzati (società organismi di attestazione - soa), sulla base delle verifiche da questi compiute su documenti e dichiarazioni prodotte dagli stessi operatori in ordine ai propri requisiti di moralità professionale nonché di capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria (art. 84, d.lgs. n. 50/2016). 49 RAFFAELE GRECO nella precedente disciplina contenuta nel d.lgs. n. 163/2006 era rinvenibile un’analitica disciplina delle modalità con cui poteva pervenirsi all’iscrizione nel casellario informatico: in particolare, era previsto che le soa accertassero la sussistenza oggettiva della falsa dichiarazione o falsa documentazione, dichiarando, di conseguenza, la decadenza dell’attestazione (art. 40, comma 9-ter) e la segnalazione all’autorità, la quale, a sua volta, disponeva “l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. m bis), per un periodo di un anno, dopo aver accertato che le false dichiarazioni siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti” (art. 40, comma 9-quater). Il fatto che nessuna di queste disposizioni sia stata riprodotta nel nuovo codice, dal momento che è stato demandato all’anac di disciplinare con apposite linee guida le modalità di funzionamento delle soa, ivi compresi gli aspetti che qui rilevano (art. 83, comma 2), ha posto il problema dell’individuazione di una disciplina transitoria da applicare nelle more dell’adozione delle dette linee guida; al riguardo, ferma restando l’integrale applicabilità della disciplina previgente ai fatti commessi sotto il suo vigore in virtù del principio tempus regit actum, si è ritenuto, per gli eventuali illeciti commessi durante il “regime transitorio” (e cioè fino all’emanazione delle linee guida di cui sopra), in base al combinato disposto degli artt. 83, comma 2, e 216, comma 14, d.lgs. n. 50/2016, che siano applicabili sia le disposizioni di cui alla parte II, titolo III del previgente d.p.r. n. 207/2010 - con la conseguenza che permane l’obbligo delle soa di avviare i procedimenti di verifica della documentazione e delle dichiarazioni esibite dall’impresa attestanda e (in presenza dell’accertamento oggettivo della carenza dei requisiti) di comunicare all’autorità l’avvio e gli esiti dei procedimenti svolti in contraddittorio con l’impresa - sia quelle contenute nel regolamento del 26 febbraio 2014 in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’autorità(67). quanto alla durata degli effetti dell’iscrizione, cui come visto si ricollega la durata dell’esclusione dalle gare, stante la mancanza anche su tale punto di alcuna previsione nel nuovo testo normativo, la soluzione più ragionevole è (67) - cfr. comunicato del presidente dell’anac del 31 maggio 2016. 50 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO apparsa quella di ritenere applicabile la misura dettata all’art. 80, comma 12, d.lgs. n. 50/2016 riguardante le false dichiarazioni o la falsa documentazione presentate alla stazione appaltante nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto; tale disposizione, ispirata da evidente identità di ratio, così statuisce in via generale: “…In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all’autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1 fino a due anni, decorso il quale l’iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia”. 12. Violazioni del divieto di intestazione fiduciaria la lettera h) del comma 5 dell’art. 80 riproduce la previsione della causa di esclusione derivante dalla violazione del divieto di intestazione fiduciaria posto dall’art. 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55, la cui ratio è di consentire alle stazioni appaltanti di avere sempre certezza sulla reale identità dei propri interlocutori contrattuali, a garanzia contro il rischio di infiltrazioni mafiose occulte. tale disciplina, unitamente alle disposizioni attuative contenute nel d.p.c.m. 11 maggio 1991, n. 187, sanzionava la violazione del divieto con la sospensione o la cancellazione dell’impresa interessata dall’albo nazionale dei costruttori. tuttavia, una volta soppresso tale albo ed entrato a regime il sistema di qualificazione basato sulla certificazione di qualità e sull’attestazione soa, si era ritenuto che l’accertamento dell’avvenuta violazione spettasse alla stazione appaltante attraverso il casellario informatico istituito presso l’autorità di vigilanza, nel quale avrebbero dovuto essere inserite non solo le sanzioni pregresse, ma anche le notizie in ordine alle accertate violazioni del divieto: in questo senso poteva giustificarsi l’espressione usata dal legislatore, che faceva 51 RAFFAELE GRECO riferimento alle imprese che “hanno violato” il divieto medesimo, non essendo più in vigore le sanzioni connesse all’iscrizione all’a.n.c(68). la nuova disciplina intende apparentemente risolvere il problema, che si era posto nel regime anteriore, dell’efficacia temporale di questa fattispecie ostativa, statuendo che l’esclusione “ha durata di un anno decorrente dall’accertamento definitivo della violazione e va comunque disposta se la violazione non è stata rimossa”: poiché tale ultimo inciso non può essere inteso nel senso di legittimare un’operatività della causa escludente anche oltre il termine annuale (ché in tal caso la previsione di quest’ultimo risulterebbe priva di senso), la disposizione può ragionevolmente intendersi nel senso che, anche prima della scadenza di detto termine, l’operatore interessato possa essere ammesso a dimostrare di aver rimosso la situazione pregiudizievole, e quindi sottrarsi all’esclusione, ovvero - ed è questa forse l’opzione preferibile - che anche dopo la scadenza del termine de quo la stazione appaltante abbia l’onere di verificare il possibile perdurare della situazione di violazione, ed in caso di esito positivo escludere egualmente il concorrente. In quest’ultima ipotesi, la causa di esclusione, destinata a operare in modo automatico durante il termine annuale di durata della stessa, potrà seguitare a operare in via eventuale, e previo accertamento, anche dopo la sua scadenza. secondo l’autorità di vigilanza, la violazione del divieto di intestazione fiduciaria è configurabile, a meno che non vi sia stata regolare comunicazione dell’identità di un fiduciante regolarmente autorizzato, in tutti i casi in cui risulti conferita, attraverso idonei strumenti giuridici, la legittimazione ad esercitare i diritti o le facoltà concernenti i beni dell’impresa a soggetti diversi dal titolare concorrente. a tal fine, non è necessario il trasferimento di beni dal fiduciante al fiduciario, essendo sufficiente che a quest’ultimo sia conferita una sostanziale legittimazione a operare, permanendo formalmente la titolarità in capo al fiduciante(69). (68) - cfr. m. zoppolato, I requisiti di partecipazione ad appalti, in IL SUI LAVORI PUBBLICI, milano, 2000, pagg. 224 ss. (69) - cfr. determinazione n. 13/2003, cit. 52 REGOLAMENTO DELLA LEGGE I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO 13. Violazione alla normativa sul collocamento di soggetti disabili l’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, obbliga tutte le imprese partecipanti a bandi per appalti pubblici, o che intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con la p.a., a presentare preventivamente una dichiarazione del legale rappresentante che attesti la regolarità dell’impresa sotto il profilo del rispetto delle norme, contenute nella medesima legge, in materia di avviamento al lavoro dei soggetti disabili (trattasi dell’obbligo delle imprese di maggiori dimensioni di assumere determinate percentuali di lavoratori rientranti in particolari categorie “svantaggiate”). già l’inserimento nell’art. 38 del codice, alla lettera l) del comma 1, dell’attestazione de qua tra i requisiti generali di partecipazione aveva segnato il recepimento della giurisprudenza che in precedenza aveva ritenuto che essa costituisse una vera e propria condizione di ammissione alla gara, da soddisfare fin dal momento della presentazione della domanda(70), soggiungendo che la prescrizione, discendendo da una norma imperativa, era destinata a imporsi anche indipendentemente da un suo specifico richiamo nel bando di gara(71). la previsione oggi contenuta alla lettera i) del comma 5 dell’art. 80 del nuovo codice conferma ancora una volta la necessità di produrre la certificazione in questione. è altresì confermato, stante il tenore letterale della disposizione, che anche i soggetti esonerati per legge dal rispetto della normativa de qua sono tenuti a produrre un’apposita attestazione di non applicabilità, non potendo sic et simpliciter omettere l’adempimento. 14. Omessa denuncia di reati la lettera l) del comma 5 dell’art. 50 del nuovo codice riproduce, senza variazioni, il disposto della previgente lettera m-ter) dell’art. 38, d.lgs. n. (70) - cfr. cons. stato, sez. IV, 6 settembre 2005, n. 4560; id., sez. V, 18 novembre 2004, n. 7555; id., sez. VI, 31 marzo 2004, n. 1736. (71) - cfr. tar napoli, sez. I, 16 giugno 2006, n. 7064; id., 23 marzo 2006, n. 3132. 53 RAFFAELE GRECO 163/2006, introdotto dalla legge 15 luglio 2009, n. 94: la disposizione è riferita ai soggetti e operatori economici i quali, in assenza di procedimento di prevenzione o di altra causa ostativa, siano stati vittime di reati di concussione (art. 317 cod. pen.) o estorsione (art. 629 cod. pen.) connotati dall’aggravante mafiosa (art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in l. 12 luglio 1991, n. 203), e che risultino aver omesso la relativa denuncia all’autorità giudiziaria. la previsione è chiaramente ispirata dalla finalità di scoraggiare l’atteggiamento passivo e omertoso delle vittime dei predetti gravi reati, e di incentivarne invece la denuncia da parte degli imprenditori(72). Il legislatore specifica che la circostanza dell’omessa denuncia deve risultare dagli elementi posti a base della richiesta di rinvio a giudizio, che riflettono le risultanze dell’indagine penale. per questo, è previsto che i procuratori della repubblica, all’atto della richiesta di rinvio a giudizio per i reati in questione, siano tenuti a trasmetterne segnalazione all’anac, per l’opportuna annotazione presso l’osservatorio dei contratti pubblici. quanto all’efficacia del divieto, è precisato che essa concerne le richieste di rinvio a giudizio formulate nell’anno antecedente la pubblicazione del bando (senza che assuma alcuna rilevanza un eventuale ritardo dell’annotazione nel casellario informatico): pertanto, una volta trascorso un anno dalla richiesta, l’interessato può teoricamente richiedere all’osservatorio la cancellazione dal sito della relativa segnalazione. malgrado il suo lodevole intento moralizzatore, questa previsione è criticata in dottrina: in particolare, è stato sottolineato come sia poco garantista ancorare il divieto alla semplice richiesta di rinvio a giudizio, quando il successivo processo penale potrebbe far cadere l’imputazione principale, facendo quindi venir meno anche l’illiceità dell’omessa denuncia(73). Inoltre, sul piano sostanziale si è evidenziato il forte rischio che un atteggiamento rigoroso nell’applicazione di tale causa di esclusione finisca per penalizzare due volte le vittime di gravi reati(74). (72) - cfr. r. de nIctolIs, La riforma del Codice appalti, in URBANISTICA E APPALTI, 2009, 12, pagg. 1409 ss. (73) - cfr. r. de nIctolIs, op. cit. (74) - cfr. m. napolI, Imprese vittime della criminalità organizzata ed esclusione dalle pubbliche gare, in URBANISTICA E APPALTI, 2009, 12, pagg. 1413 e ss. 54 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO 15. Situazioni di controllo o collegamento tra imprese l’ipotesi di esclusione dalle procedure di gara di operatori legati da vincoli di controllo o collegamento societario costituisce una “tradizionale” previsione dell’ordinamento italiano in materia di appalti pubblici, ricollegabile al più generale divieto di partecipazione a una stessa gara di soggetti legati da stabile comunanza d’interessi. si tratta di divieti posti a garanzia della trasparenza delle gare, ritenendosi che la partecipazione contestuale di imprese in conflitto d’interessi possa pregiudicarne il regolare svolgimento. la disposizione oggi contenuta nella lettera m) del comma 5 del codice, al riguardo, riproduce nella sua versione più recente il disposto del previgente art. 38, comma 1, lettera m- quater), del d.lgs. n. 163/2006, intervenuto all’esito di un tormentato e contraddittorio percorso giurisprudenziale: all’origine vi era l’art. 10, della legge n. 109/1994, il quale affermava unicamente il divieto di partecipazione di imprese che si trovassero in situazione di “controllo” ai sensi dell’art. 2359 cod. civ. (norma che, come noto, qualifica come società controllate quelle in cui altra società dispone della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria o di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in detta assemblea, o comunque si trova soggetta a tale influenza sulla base di particolari vincoli contrattuali), lasciando fuori dalla previsione restava la diversa ipotesi di mero collegamento disciplinata dal comma 2 del medesimo articolo (laddove l’influenza di una società sull’altra è soltanto “notevole” e, quindi, in qualche modo meno penetrante). In tale quadro normativo la giurisprudenza si era posta l’interrogativo se, al di là del divieto assoluto introdotto per le sole situazioni di controllo societario, le stazioni appaltanti potessero prevedere nel bando di gara clausole di esclusione ricollegate a situazioni che, pur senza assumere le caratteristiche di cui al comma 1 dell’art. 2359 cod. civ., apparissero comunque idonee a pregiudicare la trasparenza della gara e la par condicio tra i concorrenti; si affermò così l’opinione della legittimità dell’esclusione delle offerte provenienti da soggetti in situazione di “collegamento sostanziale”, ossia caratterizzati da un’unicità di centro decisionale, tale da indurre la stazione appaltante (che avrebbe dovuto 55 RAFFAELE GRECO evidentemente motivare sul punto) a ritenere che fossero venute meno le garanzie di segretezza delle offerte con conseguente alterazione della regolarità della gara. In questo modo, si era introdotta una vera e propria causa di esclusione ulteriore rispetto a quelle disciplinate dall’art. 38 del codice previgente, destinata a operare anche in assenza di espressa previsione nella lex specialis di gara, che il legislatore aveva recepito nella previsione originaria dell’art. 34, comma 2, del medesimo codice, laddove era vietata - appunto - la partecipazione contestuale a una medesima gara che, sulla base di univoci elementi, apparissero legati da un collegamento sostanziale. tale norma aveva però suscitato perplessità e difficoltà applicative: a parte le numerose questioni interpretative emerse in ordine all’individuazione degli “univoci elementi”, si poneva il delicato problema del raggiungimento di un equilibrio tra i due valori costituzionali, in questo caso giustapposti, della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 cost.), con la conseguente necessità di garantire tendenzialmente a tutti gli operatori il libero accesso al mercato, e della imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 cost.), che imponeva la necessaria trasparenza delle procedure di gara. Inoltre, erano prospettati seri dubbi di legittimità della disposizione anche sotto il profilo della compatibilità comunitaria, la cui previsione non trovava riscontro nella normativa europea in materia(75). tali dubbi hanno trovato conferma in un’importante decisione della corte di giustizia europea(76), nella quale è stata dichiarata incompatibile con il diritto comunitario una disciplina nazionale che vieti in assoluto la partecipazione alla medesima gara di appalto di imprese che siano tra loro in una situazione di collegamento. (75) - In particolare, l’art. 63 della direttiva 2004/18/ce, al par. 2, riproduceva - sia pure in materia di appalti aggiudicati dai concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici - la tradizionale definizione comunitaria di “impresa collegata”, qualificata come quella soggetta alla “influenza dominante” di altra impresa; seguivano alcuni casi, largamente riconducibili a quelli di cui al comma 1 del nostro art. 2359 cod. civ., in cui tale influenza dominante si presumeva. Insomma, la nozione comunitaria di collegamento corrispondeva al nostro concetto di controllo, e pertanto tutte le altre situazioni di interferenza tra imprese restavano fuori da ogni considerazione del legislatore europeo. (76) - sent. 19 maggio 2009, c-538. 56 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO la corte ha osservato che non si può impedire, a priori, una disciplina nazionale delle cause di esclusione dalle gare di appalto più severa di quella comunitaria, la quale prevede le cause di esclusione come facoltative; pertanto, non è senz’altro illegittima la disciplina italiana, che prevede cause di esclusione obbligatorie. tuttavia, la maggiore severità della disciplina nazionale da un lato deve trovare giustificazione nell’esigenza di una migliore tutela della concorrenza, della trasparenza e della par condicio, dall’altro incontra un limite nel principio di proporzionalità. Facendo applicazione di tali coordinate alla disciplina nazionale in tema di controllo di imprese e gare di appalto, la corte ha rilevato che la legislazione italiana prevedeva una esclusione “automatica”, in quanto il solo fatto che vi fosse una situazione di controllo precludeva la partecipazione alla medesima gara e obbligava la stazione appaltante a dichiarare l’esclusione: tale automatismo, secondo la corte, implicava una presunzione assoluta di reciproca influenza nella formulazione delle offerte in gara, ostacolando la libera concorrenza nel mercato comunitario e quindi contrastando con il principio di proporzionalità. Il legislatore italiano è quindi intervenuto con il d.l. 25 settembre 2009, n. 135, convertito con modificazioni dalla l. 20 novembre 2009, n. 166, abrogando il comma 2 dell’art. 34, d.lgs. n. 163/2006 e introducendo nella norma la già citata lettera m-quater), con la quale la causa di esclusione in discorso è rimodulata in maniera coerente con i principi comunitari. In particolare, è stata eliminata ogni ipotesi di esclusione automatica, riconducendo la preclusione alla partecipazione, per qualsiasi ipotesi di controllo o collegamento anche solo di fatto, all’effettiva imputabilità a un unico centro decisionale delle relative offerte, che la stazione appaltante dovrà motivare sulla base di univoci elementi. Inoltre, la previsione è stata completata con l’introduzione di un meccanismo di accertamento della situazione di collegamento, incentrato sulla necessità di un’autodichiarazione del concorrente in ordine alla sussistenza o meno di legami con altre imprese partecipanti alla gara e sulla successiva attività istruttoria della stazione appaltante(77). (77) - con successiva ulteriore novella del 2011, è stato specificato il tenore delle dichiarazioni da rendere, le quali possono consistere alternativamente: 57 RAFFAELE GRECO di tale compendio normativo il nuovo codice ha recepito, come detto, soltanto la previsione generale della citata lettera m-quater), letteralmente riprodotta nella citata lettera m) dell’art. 80. quanto alle modalità di verifica e prova dell’assenza di tale situazione, ferma restando la necessità del rispetto del previo contraddittorio con l’interessato prima di disporne l’esclusione dalla procedura - che è dovere discendente dalla stessa normativa europea di riferimento - soccorrono le generali previsioni di cui al successivo art. 86 ed al generale obbligo di verifica da esercitare con la consultazione della banca dati di cui all’art. 213, commi 8 e 9, e del casellario informatico di cui al comma 10 del medesimo articolo. 16. Il cosiddetto self cleaning una delle conclamate novità del d.lgs. n. 50/2016 è costituita dall’introduzione dell’istituto, fortemente voluto a livello comunitario (si veda, ad esempio, l’art. 57 della direttiva 2014/24/ue), del cosiddetto self cleaning: in estrema sintesi, poiché alle istituzioni europee tendenzialmente ripugna - siccome contrario ai principi di concorrenza e di massima apertura del mercato - che determinate condizioni soggettive possano comportare l’esclusione di un operatore in perpetuo della partecipazione alle procedure di affidamento, si è ritenuto necessario codificare un meccanismo generale che consenta all’impresa interessata, in contraddittorio con la stazione appaltante, di dimostrare di aver “recuperato” la propria affidabilità e moralità professionale, ancorché compromesse da taluna delle cause di esclusione oggi individuate dall’art. 80. a) in una dichiarazione di non trovarsi in alcuna situazione di controllo rispetto ad alcun soggetto, e di aver formulato l’offerta autonomamente; b) in una dichiarazione di non essere a conoscenza della partecipazione alla medesima procedura di soggetti che si trovano, rispetto al concorrente, in situazione di controllo, e di aver formulato l’offerta autonomamente; c) in una dichiarazione di essere a conoscenza della partecipazione alla medesima procedura di soggetti che si trovano, rispetto al concorrente, in situazione di controllo, e di aver formulato l’offerta autonomamente. era altresì previsto che l’eventuale esclusione dei concorrenti per la causa de qua potesse essere disposta solo dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte economiche, evidentemente perché solo in tale momento possono essere acquisiti tutti gli elementi da valutare a tal fine. 58 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO tuttavia, le modalità con cui tale istituto è stato in concreto introdotto nel nostro ordinamento hanno suscitato molte perplessità nei primi commentatori, inducendo perfino ad affermare che si tratti di norme nella sostanza inattuabili. al riguardo, vengono in rilievo le disposizioni - largamente riproduttive delle retrostanti previsioni comunitarie - contenute nei commi 7, 8, 9 e 10 dell’art. 80 in commento. quivi è previsto, innanzi tutto, che: “…un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, limitatamente alle ipotesi in cui la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva non superiore a diciotto mesi ovvero abbia riconosciuto l’attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, o al comma 5, è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti” (comma 7). di poi, è precisato che: “…se la stazione appaltante ritiene che le misure di cui al comma 7 sono sufficienti, l’operatore economico non è escluso della procedura d’appalto; viceversa dell’esclusione viene data motivata comunicazione all’operatore economico” (comma 8). con riferimento alla prima delle disposizioni citate, si è osservato(78) che davvero non si comprende in base quali elementi la stazione appaltante possa valutare di poter “perdonare”, andando al di là del giudicato penale, un operatore che si sia reso responsabile di reati di estrema gravità (mafia, terrorismo, tratta di esseri umani ecc.), sia pure riportando una condanna al di sotto di una soglia massima di pena, che appare peraltro a sua volta arbitraria. soprattutto, non si comprende neanche sul piano teorico come l’interessato possa provare “di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito” per reati di tale natura ed entità (i quali, d’altro canto, possono a loro volta costituire presupposto per altre e diverse forme di esclusione, in primis le misure antimafia). di ancor più incerta lettura è il comma 9 dell’art. 80, il quale esclude che del self cleaning possa avvalersi un operatore economico “escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto” per tutta (78) - cfr. V. capuzza, op. cit. 59 RAFFAELE GRECO la durata di tale esclusione: innanzi tutto, come inutilmente evidenziato dal consiglio di stato in sede consultiva(79), perché nel nostro sistema normativo non esistono sentenze penali di condanna che “escludano” un operatore dalle gare (esistendo, semmai, la già ricordata pena accessoria di cui all’art. 32-ter cod. pen.); inoltre, perché nei casi in cui sia stata irrogata la detta pena accessoria va da sé, senza alcun bisogno di specifiche previsioni, che vi sia preclusione dalla partecipazione alle procedure selettive per tutto il periodo in cui essa si protrae. Verosimilmente, la disposizione si spiega collegandola al successivo art. 10, il quale invece, intervenendo in modo incisivo anche nel sistema penale, stabilisce che: “…se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata è pari a cinque anni, salvo che la pena principale sia di durata inferiore, e in tale caso è pari alla durata della pena principale”. si è osservato che la vera finalità di questa disposizione è quella di consentire l’interdizione dalle gare anche per un periodo superiore a quello massimo di tre anni stabilito dal citato art. 32-ter cod. pen., ma soprattutto - e paradossalmente - di consentirla, in questi casi per definizione meno gravi, per un periodo maggiore di quello stabilito dall’ordinamento penale per le fattispecie più gravi(80). l’anac ha di recente(81) tentato, limitatamente alla causa di esclusione di cui alla lettera c) del comma 5 dell’art. 80, di riempire di contenuti le disposizioni in materia di self cleaning. al riguardo, è stato innanzi tutto chiarito che le misure riabilitative devono essere state poste in essere prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, e che di esse l’operatore deve dare conto nella dichiarazione autocertificativa da allegare alla domanda di partecipazione. di poi, a titolo esemplificativo, come possibili misure idonee a integrare la riabilitazione di cui al comma 7 dell’art. 80 sono state indicate, oltre al già richiamato impegno a risarcire l’illecito (delle cui criticità si è già detto): (79) - cfr. parere nr. 855/2016, cit. (80) - cfr. V. capuzza, op. cit. (81) - delibera nr. 6/2016, cit. 60 I REQUISITI DI MORALITÀ E ORDINE PUBBLICO PER LA PARTECIPAZIONE ALLE GARE D’APPALTO a. l’adozione di provvedimenti volti a garantire adeguata capacità professionale dei dipendenti, anche attraverso la previsione di specifiche attività formative; b. l’adozione di misure finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni attraverso interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale; c. la rinnovazione degli organi societari; d. l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e l’affidamento a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, del compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento; e. la dimostrazione che il fatto è stato commesso nell’esclusivo interesse dell’agente oppure eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione o che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di controllo. 61 62 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 DIEGO SABATINO CONSIGLIERE DI STATO CONSIGLIERE GIURIDICO DEL MINISTRO DELLA DIFESA SOMMARIO: 1. La razionalità del sistema dei contratti pubblici. - 2. La struttura ordinante. - 3. I principi e l’ambito di applicazione. - 4. Le singole procedure di aggiudicazione. - 5. Considerazioni conclusive 1. La razionalità del sistema dei contratti pubblici È nel diritto comunitario, e nella sua progressiva espansione degli ambiti di applicazione delle libertà fondamentali, che si rinvengono le ragioni del sempre maggiore ricorso a imprese private per la fornitura di beni e servizi in favore del settore pubblico. L’imposizione via via crescente del ricorso al mercato quale sistema ordinario di acquisizione ha determinato innovativi cambiamenti nel modus agendi delle amministrazioni pubbliche le quali, tradizionalmente orientate a utilizzare i meccanismi dell’evidenza pubblica al solo fine di meglio garantire l’interesse pubblico durante lo svolgimento del rapporto, cercando così unicamente l’offerta più vantaggiosa, si sono trovate a dovere parimenti tutelare ulteriori principi, non ultimo il diritto alla massima partecipazione, aprendosi sempre di più alla concorrenza intesa come valore in se stesso. Il diritto dei contratti pubblici, sebbene sempre più improntato a logiche privatistiche, continua tuttavia a mantenere profonde differenze concettuali rispetto a quello comune, a causa della particolarità del soggetto stipulante. 63 DIEGO SABATINO In particolare, il soggetto aggiudicatore pubblico differisce dai contraenti privati per una serie di particolarità (l’utilizzo di risorse non proprie ma provenienti dalla finanza pubblica, ossia dalla collettività; la posizione di asimmetria informativa rispetto ai privati; l’esposizione al rischio di abusi da parte dei propri agenti) che rendono difficile la mera trasposizione delle meccaniche privatistiche nel sistema dell’evidenza pubblica(1). Queste differenze vengono ad incidere sulla possibilità stessa dello svolgimento della funzione (basti pensare che, non gestendo denaro proprio, l’amministrazione potrebbe ben muoversi eludendo gli schemi del vantaggio economico tipici del settore privato) e comportano l’adozione di strumenti differenziati, costruiti appositamente per supplire alla mancanza della spinta al guadagno che anima l’imprenditore privato. Tali ragioni, e gli strumenti giuridici adottati per attuarle, rendono ordinariamente l’agire amministrativo meno elastico e fluido di quello privato. Basti pensare al fatto che molti strumenti della gestione commerciale, normalmente usati dalle imprese private, sono espressamente negati al contraente pubblico (si pensi, ad es., al rinnovo di un contratto di fornitura, alla creazione di una società di scopo per la realizzazione di un’opera o altro ancora). E tale rigidità diventa ancora maggiore nei casi in cui siano da rinegoziare le clausole contrattuale in caso di sopravvenienze. Questo impatto comporta, sin dall’introduzione delle norme sulla contabilità pubblica, un mutamento prospettico nella gestione della vicenda contrattuale pubblica, da un lato, rafforzando la normale centralità del contratto e rendendola intangibile e, dall’altro, procedimentalizzando la fase della selezione della controparte negoziale in modo tendenzialmente estraneo al diritto privato. L’estrema formalità della procedura ad evidenza pubblica ha quindi una ragione profonda, in un certo senso inevitabile, e coerente con le motivazioni stesse che fondano il comportamento dell’amministrazione. Tuttavia, questo non impone un completo immobilismo negli strumenti della contrattualistica. (1) - Le ragioni economiche che muovono le scelte degli operatori giuridici sono sempre più oggetto di attenzione in una pluralità di settori disciplinari che si muovono a cavallo delle tradizionali materie del diritto pubblico, dell’economia politica e della finanza pubblica. Per tutti, si rinvia a NAPOLITANO G., ABRESCIA M., Analisi economica del diritto pubblico, Bologna, il Mulino, 2009, in specie pagg. 95-97. 64 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016 Innanzi tutto, la funzione stessa del contratto è oggetto di studi sotto ulteriori punti di vista, che ne superano il momento giuridico per esaminarne il valore di strumento per la regolazione di comportamenti ottimali degli operatori economici (e in questo senso è particolarmente significativa quest’anno l’attribuzione del Nobel per l’economia a due studiosi che si sono cimentati nella comprensione del modo di funzionamento dei contratti e delle possibilità che questi offrono per l’incremento della funzionalità sul lavoro). Per altro verso, è il fenomeno della globalizzazione dei mercati a introdurre significative novità negli strumenti contrattuali, che si dimostrano sempre più orientati al recepimento di interventi sovranazionali. Questo secondo profilo appare permeare intensamente il tema dei contratti qui in esame, dove le direttive del 2014, recepite nel Codice del 2016(2), sono a loro volta il frutto di un movimento di riforma che aveva già portato alle modifiche del 2012 dell’AAP - Accordo sugli appalti pubblici (che fa parte degli allegati all’accordo che istituisce l’OMC Organizzazione mondiale per il commercio) e che mira ad introdurre strumenti di maggiore flessibilità nella negoziazione delle pubbliche amministrazioni (che nel D.Lgs. 50 sono esaltate, in particolare, dai due nuovi tipi procedurali, ossia la procedura competitiva con negoziazione e il partenariato per l’innovazione). Nel dettaglio, lo scopo delle innovazioni derivanti dalle direttive del 2014 è quello di permettere agli operatori pubblici di agire, anche in contesti dinamici o critici, in maniera propositiva nella ricerca delle soluzioni che soddisfino le loro esigenze. (2) - Il Codice del 2016 è il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recante “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”. Il legislatore non ha adottato la terminologia previgente, quella del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che espressamente si titolava “ Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, ma ha tuttavia raccolto e attuato nell’unico testo le tre direttive del 26 febbraio 2014 in tema, ossia rispettivamente la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione; la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; e la direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE. 65 DIEGO SABATINO L’impronta del diritto dei contratti di origine internazionale è del tutto palese nel nuovo Codice(3), dove le disposizioni in materia di procedure di aggiudicazione dei contratti dei settori ordinari hanno lo scopo precipuo di connettere la disciplina nazionale a quella sovranazionale come recentemente evolutasi. È questo il senso da attribuire ad una serie di significative innovazione che connotano il D.Lgs. 50 rispetto al suo predecessore del 2006. Innanzi tutto, emerge il più marcato ruolo della procedimentalizzazione, anche nelle forme della negoziazione tra appaltatore e impresa, che, attribuendo maggiori garanzie al privato partecipante, mira a favorire ulteriormente l’apertura alla concorrenza. Inoltre, anche tramite l’intervento sui principi generali, il profilo della mera maggiore utilità del soggetto appaltante è divenuto recessivo di fronte alla tutela degli obiettivi comunitari di sviluppo e di trasparenza, sempre predominanti, anche a scapito delle ragioni nazionali. In questo senso, è significativa l’attenzione comunitaria sul divieto di aggravamento delle procedure, cosiddetto divieto di gold plating, che ha determinato, in molte parti del decreto legislativo, ad una vera trasposizione secca della direttiva comunitaria all’interno dell’ordinamento italiano senza alcune intermediazione, secondo la tecnica definita del copy out(4). Il sistema contrattuale nazionale ne risulta quindi condizionato incisivamente, chiuso come era in una visuale (mutuata dai risalenti regolamenti di contabilità, a loro volta esito di una stagione di sperperi incontrollati) improntata su canoni di vincoli procedurali e sospetti pregiudiziali avverso il ricorso al mercato. Il forte impatto comunitario imporrà quindi un’apertura ulteriore verso la competizione internazionale e, necessariamente, un salto di qualità concettuale verso il miglior utilizzo delle risorse del settore privato. 2. La struttura ordinante Il quadro complessivo disegnato dal D.Lgs. 50, pur introducendo elementi (3) - Per un primo orientamento sulla struttura ed i contenuti del nuovo codice, DE NICTOLIS R., Il nuovo codice dei contratti pubblici, in URBANISTICA E APPALTI, 2016, 5, pagg. 503-545. (4) - Una particolare attenzione ai profili internazionalistici e alle influenze sovranazionali nei contenuti del Codice è rinvenibile in CAROLI CASAVOLA H., Le procedure di aggiudicazione, in GIORNALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO, 2016, 4, pagg. 451-458. 66 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016 di maggior flessibilità, non è però disancorato dal consolidato approccio comunitario che lega le tipologie procedimentali per l’affidamento dei contratti pubblici ad una serie organica di presupposti, radicati nella tipologia di appalto da affidare(5). Infatti il sistema disegna una tassonomia contrattuale organizzata secondo plurimi criteri ordinanti (principalmente, le dimensioni del contratto - che giustificano la disciplina delle soglie comunitarie e dei principi in materia di appalti sottosoglia -; l’oggetto del contratto - che fonda le categoria dei lavori, i servizi e le forniture, nonché le tipologie procedurali regolate sui livelli di progettazione, come l’appalto integrato; la tipologia del contraente pubblico - che si modula in rapporto alle varie stazioni appaltanti e alla loro qualificazione, modulando l’estensione delle regole in relazione alla qualità dell’appaltante). Le disposizioni sulle procedure di aggiudicazione si collocano amministrativamente a valle della definizione della tipologia dei contratti, nei loro singoli elementi, sebbene a questa collocazione concettuale non corrisponda completamente ad una organizzazione topografica del Codice. Le disposizioni in esame (artt. 59-65) sono infatti situate nella parte seconda del nuovo Codice, al titolo terzo, recante “Procedura di affidamento”, capo secondo “Procedura di scelta del contraente per i settori ordinari”. A monte del capo, il Codice riporta altre disposizioni di estrema rilevanza, quali quelle che riguardano i principi per l’aggiudicazione (art. 30); l’articolazione delle fasi procedimentali (art. 32); il dimensionamento delle soglie economiche di applicazione (artt. 35 e 36); e le regole sulle modalità comuni alle diverse procedure di affidamento (sezione I; artt. 44-58). Complessivamente, il legislatore nazionale ha seguito lo schema organizzativo delle direttive comunitarie, con un numero di modifiche di minor spessore. Alcune di queste sono certamente condivisibili, come quella che ha visto attribuire una particolare rilevanza alle disposizioni sulla digitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici (art. 44) e sulle relative regole tecniche, che sono previste prima delle regole sulle procedure a rimarcarne la rilevanza nella contrattualistica pubblica. (5) - Sul tema in generale, CARANTA R., I contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2012. 67 DIEGO SABATINO Altre appaiono controtendenza, come la collocazione della disposizione sulle condizioni relative all’AAP e ad altri accordi internazionali (art. 49), atteso che, trattandosi di regole sovranazionali principalmente di carattere procedimentale, sono certamente idonee ad incidere in senso più generale sugli affidamenti nazionali. 3. I principi e l’ambito di applicazione L’art. 30 del Codice elenca i principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni, riprendendo lo schema già utilizzato dall’art. 2 del testo del 2006. Rispetto a quest’ultimo, vi sono rilevanti novità che possono essere esaminate seguendo l’elencazione dei commi dell’articolo stesso. In primo luogo, sono riaffermati i principi valevoli nel sistema e già ordinariamente rispettati (ossia quelli di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, affiancati, nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, anche dai principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità). Tuttavia, espressamente e in deroga al principio di economicità, il Codice aggiunge ulteriormente le esigenze sociali, la tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e la promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico. L’ampliamento dei valori collegati alla contrattualistica pubblica segna così il definitivo abbandono della prospettiva che poneva le esigenze della sola amministrazione come elemento da soddisfare e si collega con un ventaglio di disposizioni di dettaglio (dal dimensionamento dei lotti alle modalità di partecipazione alle gare) che pongono il sistema al centro di una visione politica europea di finalizzazione dell’investimento pubblico(6). Parimenti, al coma 2, il divieto esplicito per le autorità appaltanti di “limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di (6) - L’impianto concettuale tradizionale sulle funzioni delle procedure ad evidenza pubblica (e anche lo stesso nome del procedimento) si deve alla elaborazione di Massimo Severo Giannini, poi fatta propria da tutta la dottrina amministrativista. Da ultimo si veda GIANNINI M. S., Diritto amministrativo, Giuffré, Milano, 1981. 68 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016 aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi” rende palmare l’intendimento, di diretta derivazione europea, di aprire il mercato alla partecipazione della più vasta compagine di operatori, in un’ottica fortemente orientata alla dimensione comunitaria del public procurement. Infine, emerge l’accentuazione della tutela dei temi sociali collegati, sia in rapporto al vincolo imposto agli operatori economici nell’esecuzione di appalti e concessioni, sia soprattutto in relazione alla dettagliata specifica (tanto puntuale da sembrare estranea ad una previsione di principio) delle modalità di garanzie del trattamento retributivo e previdenziale dei lavoratori. In particolare, vengono previsti i poteri dell’amministrazione appaltante per assicurare l’adempimento degli oneri contributivi a favore dei dipendenti dell’affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi fiduciari, impiegati nell’esecuzione del contratto. Si tratta, in tutta evidenza, di una estensione nell’ambito della contrattualistica pubblica di norme di sostegno ai lavoratori, sicuramente collegate alla situazione economica generale ed alla ottica di funzionalizzazione anche sociale che l’attore pubblico si assume. Le regole che riguardano l’ambito di applicazione della disciplina sono invece meno concentrate e vanno riprese in più luoghi del Codice, sia in relazione alle definizioni che al dimensionamento dei contratti. Dal primo punto di vista, le disposizioni più rilevanti sono contenute nell’art. 1, che fissa l’ambito di applicazione in generale e le fattispecie di contratti esclusi. Secondo tale testo, la disciplina in esame si applica ai “contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi a oggetto l’acquisto di servizi, forniture, lavori e opere nonché i concorsi pubblici di progettazione”. La regola generale è poi ampliata nei commi successivi: nel comma 2, con riferimento ad una serie di contratti conclusi in cui permane forte l’interesse pubblico, sia per il tramite del sovvenzionamento delle amministrazioni aggiudicatrici, sia per la destinazione finale dell’opera realizzata; nonché per le opere di urbanizzazione realizzate dai privati in regime di convenzione urbanistica; nel comma 6 (malamente richiamato come comma 4 nell’art. 159), per i contratti relativi al settore della difesa. 69 DIEGO SABATINO In relazione a questi ultimi, la disciplina codicistica diventa di generale applicazione, tranne i casi in cui resta applicabile la disciplina del D.Lgs. 208 del 2001 o quella internazionale(7), vigente l’esenzione di cui all’art. 6 dello stesso decreto 208. La soluzione del Codice appare conforme con il nuovo assetto comunitario dato dalle direttive del 2014 che, a differenza delle precedenti del 2004, potevano contare su una actio finium regundorum tra contratti ordinari e contratti della difesa già disposta a livello europeo. Infatti, già nel 2009, con due diverse direttive ad hoc(8), il legislatore europeo aveva indicato i limiti dell’applicazione di ipotesi di deroga, seguendo appieno la giurisprudenza della CGCE. Di particolare interesse è quindi la regolamentazione dei contratti misti, dove viene richiesto che l’aggiudicazione con un appalto unico “sia giustificata da ragioni oggettive”, prevedendo poi una articolata casistica sull’applicazione delle regole concrete. Parimenti rilevante è il successivo art. 3 che contiene le definizioni. Rispetto al previgente, il testo risulta notevolmente ampliato e i capoversi destinati alle definizioni sono passati a 125 rispetto agli originari 57 e ciò in conseguenza non solo del recepimento contestuale delle tre diverse direttive e dei relativi contenuti (si pensi solo al tema delle concessioni), quanto anche dalla necessità di trattare congiuntamente sia i nuovi aggiudicatori (i “soggetti aggregatori”) che le nuove forme di contratti (le “opere pubbliche incompiute” e i “lavori complessi”). Del pari importante per la determinazione della procedura applicabile è il tema della soglie di valore che, complessivamente, aumentano. In primo luogo, va evidenziato come la crescita delle soglie comunitarie sia dovuta principalmente all’automatismo del meccanismo di adeguamento (7) Si fa riferimento al D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 208, “Disciplina dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza, in attuazione della direttiva 2009/81/CE” che all’art. 6 “Contratti esclusi e esclusioni specifiche. Utilizzo delle esclusioni” individua una serie di contratti non soggetti all’applicazione delle direttive europee, soprattutto in virtù della prevalenza di disciplina pattizie internazionali. (8) - Si tratta della direttiva 2009/43/CE del 6 maggio 2009 che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno delle Comunità di prodotti per la difesa e della direttiva 2009/81/CE del 13 luglio 2009 relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori. 70 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016 biennale, introdotto nel novembre 2015 dai tre regolamenti n. 2170, n. 2171 e n. 2172, ed è quindi un esito fisiologico delle scelte adottata in sede europea. Per altro verso, appare piuttosto delicato il tema dei contratti sottosoglia la cui disciplina è applicabile per contratti fino al valore di un milione di euro (art. 36 cod., comma 1, lett. d). Si tratta del settore più sensibile, sia per l’ampiezza (atteso che vi ricade la stragrande maggioranza degli appalti pubblici) che per la tipologia procedimentale di minor pregnanza. La possibilità di accesso a procedure facilitate, con riduzione degli oneri procedimentali, e l’estensione quantitativa del fenomeno rendono quindi concreti i rischi di una elusione delle garanzie concorrenziali e di trasparenza tutelate delle procedure ordinarie. 4. Le singole procedure di aggiudicazione È nel capo II, dedicato alle “procedure di scelta del contraente per i settori ordinari” che il legislatore si concentra sulle singole modalità di individuazione del contraente. Si tratta di una parte del Codice in cui il legislatore nazionale si è limitato, quasi esclusivamente, a trasporre nel diritto interno le direttive europee, recependole quasi integralmente con la già evocata tecnica del copy out. La scelta è ovviamente dettata dalle ragioni di integrazione internazionale già esaminate. Nell’art. 59, posto all’inizio del capo, il Codice detta le coordinate generali per l’applicazione delle singole procedure, evidenziando in nuce la possibile giustiziabilità della scelta operata, e traccia il quadro di riferimento che, una volta introdotte le due nuove procedure, quella competitiva con negoziazione e il partenariato per l’innovazione, si viene ad articolare su sei diverse tipologie procedurali, qui di seguito esaminate nelle loro linee generali. a. La procedura aperta La procedura aperta (art. 60) si conferma come la procedura maggiormente preferita dal legislatore comunitario, in quanto ritenuta la più rispettosa del principio della massima partecipazione concorrenziale. Infatti, qui i legittimati 71 DIEGO SABATINO a presentare un’offerta in risposta ad un avviso o bando di gara sono tutti gli operatori economici. Il solo limite soggettivo, identico a quello valevole per la procedura ristretta, è dato dall’assenza dei requisiti minimi per la selezione qualitativa, circostanza che impone l’esclusione dalla gara. Rispetto ai contenuti della direttiva, si registrano almeno due significativi scostamenti. Da un lato, la scelta del legislatore per l’obbligatorietà della presentazione delle offerte tramite strumenti elettronici ha inciso sulla tempistica della gara, rendendo inutile l’indicazione di un ulteriore termine ridotto nel caso di impiego di questo strumento. Dall’altro lato, coerentemente con l’ipotesi della segmentazione delle fasi di gara, rilevante anche in sede processuale, il legislatore non ha fatto uso della possibilità di “esaminare le offerte prima di verificare l’assenza di motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione”, come anche permetteva l’art. 56, § 2, comma 1, Dir. n. 24. Dal versante soggettivo pubblico, la procedura è esperibile dalle “amministrazioni aggiudicatrici”, ossia le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali e quelli non economici, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni, unioni, consorzi di detti enti comunque denominati (secondo la definizione dell’art. 3, comma 1, lett. a). b. La procedura ristretta La procedura ristretta (art. 61), anch’essa acquisita all’armamentario comunitario, è funzionalizzata egualmente alla massima partecipazione possibile di concorrenti, con la differenza che, invece della presentazione diretta in risposta ad un bando, l’offerta è subordinata all’invito a partecipare alla procedura. In questa procedura, come anche nelle procedure competitive con negoziazione, di dialogo competitivo e di partenariato per l’innovazione, le amministrazioni aggiudicatrici rivolgono l’invito agli operatori economici che si sono candidati secondo le modalità previste dall’avviso di indizione di gara e che soddisfano i criteri selettivi. Il codice introduce la possibilità, sulla scorta della tendenza comunitaria ad indebolire le rigidità procedurali, di una limitazione dell’apertura concorrenziale tramite la riduzione dei candidati ammessi, sebbene 72 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016 altrimenti qualificati. Trattandosi di disposizione di carattere eccezionale e lesiva dei canoni ordinari, tale opzione è corredata di una serie di cautele, che ne costituiscono i presupposti applicativi (in particolare, “la difficoltà o complessità dell’opera, della fornitura o del servizio”) e, in ogni caso, punta a garantire le condizioni reali per una effettiva concorrenza. In questo senso, va sia la previsione che i criteri selettivi debbano essere oggettivi e non discriminatori, in modo da rispettare i generali principi del settore, come pure l’indicazione del numero minimo di invitati, che il Codice, a differenza della direttiva, si premura di stabilire direttamente (art. 91, comma 2, che ne prevede cinque nella procedura ristretta e tre nelle altre indicate). c. La procedura competitiva con negoziazione Del tutto innovativa è invece la procedura competitiva con negoziazione (art. 62), che sostituisce la precedente procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara ed è valevole unicamente negli appalti dei settori ordinari. La procedura si pone come il sistema da utilizzare nei casi in cui l’amministrazione non sia capace di individuare il modo per soddisfare il proprio fabbisogno o non sia in grado di valutare le opzioni disponibili sul mercato, per ragioni comunque oggettive. In modo simile al dialogo competitivo, in assenza di metodi di selezione a valle, il Codice trasferisce a monte della fase di selezione il momento di individuazione del criterio di scelta, ponendo come presupposto per lo svolgimento della gara l’individuazione delle esigenze (che saranno chiarite con le caratteristiche richieste per le forniture, i lavori o i servizi da appaltare, anche al fine di permettere agli operatori di decidere se partecipare o meno, comma 3), nonché i criteri per l’aggiudicazione dell’appalto e i requisiti minimi che tutti gli offerenti devono soddisfare (che non saranno oggetto di rinegoziazione, comma 7). La rappresentazione iniziale fatta dall’amministrazione costituisce il punto di partenza per lo sviluppo della successiva fase di negoziazione, che ne risulta quindi direttamente condizionata. Infatti la presentazione delle offerte avverrà sulla base di quanto indicato nell’avviso e le successive transazioni avverranno sulla base di quanto originariamente offerto. 73 DIEGO SABATINO Data la particolarità della procedura, il legislatore ha posto particolare attenzione nella descrizione delle modalità del suo svolgimento, che si attua attraverso la presentazione di successive e meglio definite offerte, la progressiva e ciclica selezione delle offerte e degli offerenti, con riduzione del numero e nuova rinegoziazione con i restanti, in un procedimento teso a focalizzare ed esplicitare le reali necessità dell’amministrazione. L’attenzione è quindi rivolta alla conduzione della trattativa, in modo che non vi siano sperequazioni tra i partecipanti né divulgazione di notizie. L’iter si conclude quando l’amministrazione decide di porre fine alla negoziazione, fissando altresì il termine per la presentazione delle offerte finali (quelle provenienti dall’esito della negoziazione, con la possibilità peraltro che siano anche quelle iniziali, visto che l’amministrazione può che riservarsi, prevedendolo nella disciplina di gara, il potere di aggiudicare l’appalto sulla base dell’offerta iniziale - comma 8). Scaduto il termine, le offerte vengono valutate sulla base dei criteri predeterminati non negoziabili. d. La procedura negoziata senza pubblicazione di bando La procedura negoziata senza pubblicazione di bando (art. 63) non è stata oggetto di particolari innovazioni. Già conosciuta dal Codice del 2006, è di carattere eccezionale e può essere attivata solo in presenza di una serie di presupposti, direttamente mutuati dalla direttiva comunitaria (secondo un criterio unitario, valevole per tutti i tipi di appalti, nei casi di carenza di concorrenza, per esiti procedurali o tipologia di prestazione richiesta; specifico per le sole forniture, per determinate funzioni dei beni; generale, nei caso di affidamenti a seguito di un concorso di progettazione; e comunque sempre in maniera tale da incidere nella misura minore sulla concorrenza stessa). Se tuttavia il profilo procedurale non appare inciso significativamente, la rilevanza delle innovazioni in tema di negoziazione senza pubblicazione di bando emerge quando si osserva come questo modulo sia stato scelto come modo ordinario, e non eccezionale, di affidamento dei contratti sotto soglia. L’art. 35 cod., infatti, premesso un richiamo ai principi generali (art. 30, comma 1) e a quello della rotazione e dell’effettiva possibilità partecipazione 74 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016 delle microimprese, piccole e medie imprese, individua le modalità di affidamento dei contratti secondo le dimensioni delle soglie. Riorganizzando i rispettivi confini disciplinari, il codice salvaguarda da un lato l’ambito applicativo proprio della procedura aperta, che va adottata necessariamente solo per l’affidamento di contratti di valore superiore al milione di euro per i lavori (sebbene non possa non notarsi come una soglia di tale altezza comporti una minore appetibilità dal punto di vista concorrenziale di un settore di mercato potenzialmente ampio) e, dall’altro, mantiene una rilevanza autonoma alle procedure al di sotto dei 40mila euro che, anche se non inserite in un articolo proprio (come il previgente art. 125), continuano a godere della possibilità dell’affidamento diretto, previa adeguata motivazione, o dell’amministrazione diretta, in alternativa ed estensibile ai lavori fino a 150mila euro, salvi i contratti concernenti “l’acquisto e il noleggio di mezzi”. Al di fuori di questi due contesti, è imposta l’adozione della procedura negoziata previa consultazione, dove la consultazione è svolta con almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, nel segmento valoriale dai 40mila ai 150mila euro, mentre per i lavori di importo superiore e fino a un milione di euro, la consultazione viene allargata fino a dieci operatori e il richiamo alla procedura di cui all’art. 63 è integrale. e. Dialogo competitivo Il dialogo competitivo (art. 64), già presente nell’esperienza del Codice del 2006, viene confermato come uno strumento utilizzabile dalle amministrazioni per il soddisfacimento di esigenze di non pronta identificazione, appiattendosi sugli stessi parametri valevoli per la procedura competitiva con negoziazione. Rispetto alla direttiva precedente, il dialogo competitivo, come pure il partenariato per l’innovazione, è di adozione obbligatoria, e non più facoltativa, per il legislatore; tuttavia, trattandosi di procedura di impiego particolare e legato all’esistenza di specifici requisiti, il suo utilizzo deve essere adeguatamente motivato. 75 DIEGO SABATINO Il perimetro applicativo del dialogo competitivo risulta invece ampliato ex latere soggettivo pubblico. Infatti, il sistema è utilizzabile dalle stazioni appaltanti, nozione che nel linguaggio del Codice comprende sia le amministrazioni aggiudicatrici, come pure gli enti aggiudicatori, i soggetti aggiudicatori e gli altri soggetti aggiudicatori (art. 1, comma 1, lett. o). Dal punto di vista disciplinare, vi sono molte analogie tra dialogo competitivo e procedura competitiva con negoziazione (visto che quest’ultima, di nuova introduzione, è stata in parte ricalcata dalla prima, più risalente), analogie principalmente rilevanti dal punto di vista funzionale, in quanto si distaccano dalle modalità tipiche delle procedure tradizionali perché introducono strumenti di flessibilità per conferire maggiore elasticità all’azione amministrativa quando si confronta con problemi di maggior problematicità. f. Partenariato per l’innovazione Il partenariato per l’innovazione (art. 65) ha natura innovativa e, insieme con la procedura competitiva con negoziazione, ammoderna lo strumentario a disposizione delle amministrazioni. È uno strumento utilizzabile sia dalle amministrazioni aggiudicatrici sia dagli enti aggiudicatori e, dal punto di vista procedurale, si presenta con un sistema di progressivi affinamenti e rinegoziazioni molti vicino a quello del dialogo competitivo e della procedura competitiva con negoziazione. In particolare, stante la funzione del meccanismo, che mira ad acquisire prodotti, servizi o lavori non disponibili sul mercato, va rilevata l’attenzione del legislatore ad introdurre limiti nel contesto degli elementi negoziabili (escludendone cioè criteri di aggiudicazione e requisiti minimi) e prevedendo possibilità di progressiva rinegoziazione delle offerte iniziali, il tutto come nella procedura competitiva con negoziazione. Trattandosi di sviluppare un processo innovativo, appare necessario che sia fissata una cornice di riferimento entro la quale i singoli operatosi possano muoversi a parità di condizioni. Il Codice la definisce facendo riferimento ai requisiti minimi, che devono essere soddisfatti da tutti gli operatori, e i criteri di aggiudicazione (commi 1 e 6). In questo quadro verrà a definirsi l’oggetto del contratto, ossia i prodotti, servizi o lavori non disponibili sul mercato, in 76 LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI DOPO IL D.LGS. 50 DEL 2016 relazione ai quali l’amministrazione ritiene necessario dar vita ad un processo d’innovazione, assumendosi anche il rischio collegato. Stante la particolarità dell’oggetto, la procedura di scelta del contraente è parimenti articolata in moduli meno rigidi, al fine di favorire una progressiva interazione tra la parte pubblica e quella privata e giungere, secondo modalità già viste nelle figure della procedura competitiva con negoziazione e del dialogo competitivo, all’individuazione del miglior contraente per il soddisfacimento dell’esigenza amministrativa. 5. Considerazioni conclusive La sintetica disamina appena conclusa evidenzia come il nuovo Codice abbia complessivamente ampliato gli schemi procedimentali a disposizione dei soggetti aggiudicatori, rendendo la procedura ad evidenzia pubblica nel complesso più flessibile e idonea a venire incontro alle molteplici necessità del fare amministrativo. Sono in particolare significative le scelte adottate per agevolare la capacità di negoziazione degli appaltanti, in modo da esaltarne le abilità contrattuali (in collegamento con la speciale qualificazione richiesta) nei momenti cruciali delle procedure. Appare quindi palese di imporre un ruolo rilevante all’attore pubblico, mettendolo in grado di scegliere ed accompagnare un intero processo di sviluppo, coniugando il proprio interesse con le esigenze sociali ed economiche che integrano il quadro dei principi di riferimento. E se anche il risultato possa evidenziare ancora alcune perplessità (si pensi alle possibili sovrapposizioni tra procedure, in specie quelle a contenuto negoziato; o alle criticità date dall’espansione della disciplina sottosoglia), il legislatore ha operato una scelta di responsabilizzazione delle amministrazioni e di esaltazione del public procurement i cui effetti dovranno essere esaminati nel divenire. 77 78 CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE GIUSEPPE SANTALUCIA CONSIGLIERE DI CASSAZIONE CAPO DELL’UFFICIO LEGISLATIVO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Esclusione dalla procedura.- 3. Casi di irrilevanza dei precedenti penali. 4. L’esclusione dalla gara per omessa denuncia di fatti di criminalità mafiosa. - 5. Modalità di partecipazione alla gara. - 6. Tutela penale del segreto nelle procedure di gara. 1. Premessa Le connessioni tra disciplina degli appalti pubblici e diritto penale sono di assai agevole rilevazione. Se i contratti di appalto o di concessione, posti in essere dalle pubbliche amministrazioni ed aventi per oggetto l’acquisizione di servizi o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, sì come definiti all’articolo 3 del d. lgs. n. 50 del 2016 (cosiddetto nuovo codice degli appalti), comportano l’erogazione di risorse finanziarie spesso consistenti e costituiscono pertanto occasione di arricchimento per i privati, l’eventualità di distorsioni funzionali per il perseguimento di illeciti vantaggi va contrastata con la predisposizione di un insieme di strumenti repressivi. Si tratta di un settore tradizionale del diritto penale, che si compone di numerose norme incriminatrici volte a tutelare il bene finale del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione attraverso la tutela di interessi a più diretto contatto con le condotte criminose: si pensi all’incriminazione delle varie forme di corruzione, che preservano l’interesse a che gli atti d’ufficio non siano oggetto di mercimonio, o alla disposizione sul delitto di abuso di ufficio, che ha come oggetto immediato di tela l’interesse a che l’esercizio dei pubblici poteri non patisca deviazioni dalla causa tipica. 79 GIUSEPPE SANTALUCIA Quale che sia la disciplina amministrativa, questo complesso di disposizioni incriminatrici ha capacità di adattamento alle possibili forme assunte dall’azione dei pubblici poteri preposti alle complesse procedure finalizzate alla stipulazione ed esecuzione dei contratti. La relazione tra diritto penale e regole degli appalti pubblici è biunivoca: non è solo il primo a guardare, per mezzo di ampie categorie, alle attività di gara, di aggiudicazione e di affidamento dei contratti, ma sono anche alcune disposizioni del codice degli appalti a fare richiamo a fattispecie criminose. Le riflessioni che seguono si muovono proprio secondo quest’ultima direttrice, per una appena più attenta lettura delle disposizioni del codice degli appalti che fanno richiamo a norme di incriminazione. 2. Esclusione dalla procedura Il codice degli appalti, sulla falsariga della disciplina precedente, appresta un primo presidio penale, a tutela degli interessi pubblici e privati coinvolti, già al momento della partecipazione ad una procedura di appalto o di concessione. L’elenco delle cause di esclusione è ampio e dettagliato, e in esso spiccano anzitutto i precedenti penali dell’operatore economico, che divengono cause ostative alla sua partecipazione pur quando si riferiscono al subappaltatore nei casi di lavori, servizi o forniture di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indicate dall’articolo 35 del codice, e per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione. A differenza di quanto fatto prima, la disposizione dell’articolo 80 del codice, dedicato appunto ai motivi di esclusione, esordisce con il richiamo ai precedenti penali e ciò fa con maggior cura nella specificazione del tipo di condanne che costituiscono motivo ostativo. La pronuncia può essere contenuta in una sentenza - e questa è l’ipotesi assolutamente prevalente - anche soltanto di applicazione di pena su richiesta delle parti. È appena il caso di osservare che il limite dei cinque anni di reclusione soli o congiunti a pena pecuniaria - entro il quale può essere determinata la pena 80 CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE concordata è naturalmente compatibile con le previsioni edittali di pena dei delitti presi in considerazione. Non così può dirsi per il decreto penale di condanna, alternativamente indicato dal codice degli appalti come possibile statuizione di condanna rilevante. Esso infatti può essere emesso soltanto quando la pena da irrogare è pecuniaria, seppure inflitta in sostituzione di una pena detentiva. Ed è noto che i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva contenuta nel limite massimo di sei mesi - limite entro il quale a norma dell’articolo 53, legge 24 novembre 1981, n. 689, la pena detentiva può essere sostituita con la pena pecuniaria della specie corrispondente - non possono certo essere definiti in termini di gravità. Stride quindi l’accostamento del decreto penale di condanna a delitti come quello di associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata alla spaccio di sostanze stupefacenti, al delitto di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri; parimenti, non è facilmente comprensibile come possa pensarsi all’emissione di un decreto penale di condanna per un delitto commesso con finalità di terrorismo o un delitto terroristico, data la ben comprensibile elevatezza della pena edittale, o per i delitti di riciclaggio o di concussione o corruzione nelle sue varie forme. L’evidenziata incoerenza può spiegarsi alla luce del testo previgente, contenuto nell’articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ove la tecnica normativa di indicazione della tipologia di precedenti penali era diversa. In quel contesto di disciplina i motivi ostativi per precedenti penali si sostanziavano nella intervenuta condanna “per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”. Solo con successiva espressa previsione si precisava che tra i precedenti rilevanti vi era anche la condanna, con sentenza passata in giudicato, per la partecipazione a reati associativi, per reati di corruzione, frode e riciclaggio, come definiti dalla normativa sovranazionale dell’Unione. La diversificazione delle indicazioni - da un lato i reati gravi che incidono sulla moralità professionale; dall’altro, alcuni delitti severamente puniti dalla legislazione penale - poteva spiegare il riferimento nel primo ambito, molto 81 GIUSEPPE SANTALUCIA ampio ed eterogeneo, anche al decreto penale, e la limitazione, quanto al secondo ben più ristretto nel riferimento a delitti severamente puniti, soltanto alla sentenza. Quest’accorgimento di definizione dei campi di incidenza dei vari tipi di condanna non è stato tenuto presente nella redazione dell’articolo 80 del vigente codice. Esso ora privilegia, con una indiretta ma inequivoca indicazione di importanza, i motivi ostativi consistenti in precedenti penali, che enumera al primo comma, riservando ai successivi tutti gli altri, compresi quelli del trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo (salvo il caso del concordato con continuità aziendale) o dell’essere sottoposto ad una procedura per la dichiarazione di una di dette situazioni, che invece prima comparivano in esordio del corrispondente articolo. Ma, nel far ciò, l’articolo 80 compone un quadro di delitti di spiccata gravità, rinunciando a formule aperte, come quella del precedente codice circa i reati, pur gravi, che incidono sulla moralità professionale, e quindi rendendo ancor meno probabile che possa assumere rilievo un mero decreto penale di condanna. Né può dirsi che l’ultima previsione, relativa ad “ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione”, possa essa sola giustificare l’indicazione del decreto penale, dato che questa pena accessoria si applica ad una serie di reati di elevata gravità, specificamente elencati all’articolo 32-quater codice penale, anch’essi assai difficilmente punibili in concreto con una pena detentiva contenuta nel ristretto limite dei sei mesi di reclusione, e perciò nei confini della convertibilità in pena pecuniaria. Può, di contro, essere preso in considerazione l’inciso, che compare alla lettera f) del menzionato articolo 80 e che ha riguardo ai reati di sfruttamento del lavoro minorile e ad altre forme di tratta di esseri umani definite con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24. La giustapposizione di queste categorie di reati, da un lato quelli di sfruttamento del lavoro minorile e dall’altro quelli di tratta, indicati come “altre forme di tratta”, non è agevolmente comprensibile, e certo non aiuta la valorizzazione delle specifiche modalità espressive utilizzate, che sembrano fare dei primi - i reati di sfruttamento - una specie dell’ampia categoria dei reati di tratta 82 CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE di esseri umani. Si consideri poi che il decreto legislativo n. 24 del 2014 non ha provveduto alla definizione del reato di tratta, già previsto ben prima dal codice penale, ma ha soltanto inciso sulla descrizione della condotta. Il reato di tratta è punito assai severamente, ed è tra i più gravi delitti che compongono la sezione. Lo stesso non è per i reati di sfruttamento del lavoro minorile, che si sostanziano in fattispecie contravvenzionali, punite con pene assai blande, se il riferimento è, come pare, all’apparalo sanzionatorio predisposto dalla legge n. 977 del 1967, avente ad oggetto la tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti. Questi reati, allora, ben possono essere oggetto prioritario di un decreto penale di condanna. 3. Casi di irrilevanza dei precedenti penali I precedenti penali non costituiscono sempre e comunque motivo di esclusione dalla gara. La disciplina normativa, pur ispirata a particolare rigore non limitando temporalmente gli effetti delle condanne, prevede alcune situazioni che inibiscono la produzione delle conseguenze impeditive della partecipazione alle gare. Il primo caso, il più ovvio, è quello della depenalizzazione, ossia dell’abrogazione, post iudicatum, della norma incriminatrice. Ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2, comma secondo, c.p., l’abrogazione della norma incriminatrice travolge il giudicato di condanna e fa cessare l’esecuzione della pena come ogni altro effetto penale della condanna. La previsione del codice degli appalti, allora, appare superflua, dato che già il codice penale contiene una disciplina in grado di regolare le conseguenze anche sul piano della caducazione degli impedimenti alla partecipazione alle gare pubbliche; sembra in più destinata a non operare, dal momento che è irrealistico un intervento abrogativo di norme che prevedono reati particolarmente gravi, come quelli presi in considerazione dalle disposizioni ora in esame. L’altro caso, in qualche modo affine, è quello della revoca della condanna. La disposizione del codice degli appalti non dice di più, non qualifica in particolare la revoca, e allora sembra che il riferimento sia anzitutto all’intervento del giudice dell’esecuzione, come regolato dall’articolo 673 c.p.p. 83 GIUSEPPE SANTALUCIA In fase esecutiva, la sentenza di condanna divenuta irrevocabile è oggetto di revoca, oltre che nel caso in cui la norma incriminatrice sia abrogata da un successivo intervento legislativo, anche quanto la predetta norma è fatta oggetto di una dichiarazione di illegittimità costituzionale. E, ancora, la revoca di una sentenza di condanna non più soggetta ad impugnazione si può avere quando, pronunciata all’esito di un processo svolto in assenza dell’imputato, questi, venuto a conoscenza del titolo esecutivo, ne chieda ed ottenga la rescissione, provando che la sua assenza è stata conseguenza dell’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo. In forza di questa prova, la condanna cade nel nulla, degrada a mero precedente storico e il processo viene nuovamente incardinato. Parimenti, l’effetto preclusivo per la partecipazione ad una gara viene meno in conseguenza della riabilitazione del condannato, secondo quanto previsto dall’articolo 178 c.p. La riabilitazione può essere concessa, di regola, fatta eccezione dei recidivi qualificati e dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza, dopo il decorso di almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale irrogata con la sentenza sia stata eseguita o si sia in altro modo estinta, sempre il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. La riabilitazione - è appena il caso di osservare - non si produce automaticamente, ma è pronunciata, sempre che ne ricorrano le indicate condizioni, oggetto di apprezzamento discrezionale, su domanda del condannato. Questi, però, se la condanna è stata emessa con decreto o con sentenza di patteggiamento, beneficia di un automatico effetto estintivo del reato, con eliminazione di ogni effetto penale della condanna, in presenza di due condizioni, l’una positiva consistente nel decorso di un dato periodo di tempo dalla pronuncia di condanna - cinque anni, quando il decreto o la sentenza di patteggiamento hanno avuto ad oggetto un delitto, ovvero di due anni, quando hanno avuto ad oggetto una contravvenzione -, l’altra negativa, consistente nell’assenza, entro il detto periodo, della commissione di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole. In passato, la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che un provvedimento giudiziale di accertamento fosse comunque necessario e quindi aveva negato l’automatismo nella produzione dell’effetto estintivo. 84 CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE Sulla base di questa lettura del dato normativo, la giurisprudenza amministrativa aveva tratto soluzioni applicative di svantaggio per l’operatore economico in tema di procedure concorsuali di gara. Aveva infatti stabilito che, data la necessità di un provvedimento dichiarativo del giudice dell’esecuzione, ove questo fosse intervenuto a gara già conclusa, non aveva alcuna incidenza sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione, che devono essere posseduti al momento della presentazione delle offerte, in ossequio al principio della parità delle condizioni dei concorrenti(1). Da ultimo la Corte di cassazione ha mutato orientamento, chiarendo che l’estinzione del reato, oggetto di una sentenza di patteggiamento - ma lo stesso vale per il caso di decreto penale di condanna -, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’articolo 445, comma 2 - o dall’articolo 460, comma 5 - c.p.p. opera ipso iure e non richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione(2). Le ricadute sulla disciplina delle procedure di gara sono evidenti: la produzione immediata dell’effetto estintivo, a prescindere da un provvedimento giudiziale di accertamento, non può che rimodellare le condizioni di esclusione dalle procedure di gara, che possono sussistere soltanto sino a quando non si verifichi l’effetto estintivo, con immediata incidenza sulle procedure in corso. L’evoluzione della giurisprudenza penale dovrebbe concorrere a riassestare i rapporti, in riferimento proprio alle procedure di gara, con l’istituto della riabilitazione. Se, infatti, la riabilitazione deve essere pronunciata dal giudice, mentre l’estinzione del reato e di ogni effetto penale si produce automaticamente, con il mero decorso del periodo stabilito dalla legge in assenza di episodi di recidiva, il condannato per decreto penale o per sentenza di patteggiamento non dovrebbe avere alcun interesse a chiedere la riabilitazione. L’indicazione cumulativa nel codice degli appalti dei due istituti, come cause di inibizione degli effetti preclusivi, potrebbe allora essere spiegata delineando separate aree di operatività, con limitazione della rilevanza della riabilitazione a tutte le condanne diverse da quelle contenute in decreti penali e sentenze di patteggiamento. (1) - Cons. Stato, sez. V, 9 giugno 2003, 3241; Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1331. (2) - Cass., sez. V, 22 dicembre 2014, n. 20068, V., in C.E.D. Cass., n. 263503; Cass., sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 6673, M., in C.E.D. Cass., n. 266120. 85 GIUSEPPE SANTALUCIA Questa soluzione non è però in linea con la giurisprudenza di legittimità. La Corte di cassazione ha infatti stabilito che il condannato con decreto penale per un reato del quale sia dichiarata l’estinzione a norma dell’articolo 460, comma 5, c.p.p., ha interesse a ottenere la riabilitazione(3). A questa conclusione è prevenuta anche in forza delle disposizioni del previgente codice degli appalti. Anzitutto - ha osservato -, la pronuncia di riabilitazione è iscrivibile nel casellario giudiziale, mentre la sentenza di patteggiamento e il decreto penale, pur relativi a reati estinti, non sono eliminabili dal casellario; poi, è proprio la disposizione del codice degli appalti (allora, l’articolo 38, comma 1 lett. c) d.lgs. 163 del 2006, come modificato dal punto 1.2 del n. 1) della lettera b) del comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 70 dei 2011) a prevedere alternativamente, ai fini del superamento dell’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi e il divieto di essere affidatari di subappalti e di stipulare i relativi contratti, la riabilitazione e l’estinzione del reato dopo la condanna. Ciò significa che la legge ha inteso stabilire la facoltatività della scelta dell’interessato circa lo strumento di cui avvalersi. Ha poi aggiunto un argomento circa l’efficacia temporale della norma allora vigente, oggi non più operativo ma dall’indubbia forza persuasiva. La disposizione di cui al comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 70 del 2011 definiva la sua sfera di applicazione con riferimento soltanto alle “procedure i cui bandi o avvisi con i quali si indice una gara sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto legge, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla data di entrata in vigore del presente decreto legge, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte”. Da qui la necessità, al tempo, di ottenere la riabilitazione per l’ammissione alla partecipazione a gare indette in un momento antecedente alla vigenza della nuova legge. Altra ipotesi di irrilevanza dei precedenti penali è quella di condanne per i reati indicati dall’articolo 80 del codice ma con irrogazione di una pena detentiva non particolarmente elevata, specificamente non superiore a diciotto mesi o di condanne conclusive di processi in cui il responsabile ha collaborato con l’autorità (3) - Cass., sez. I, 18 luglio 2012, n. 35893, L., in C.E.D. Cass., n. 253185. 86 CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE giudiziaria, sì da rendersi meritevole del riconoscimento della circostanza attenuante della collaborazione, nei casi in cui questa sia ovviamente prevista dalla legge. In tutti questi casi, il condannato può essere ammesso comunque alla gara, se prova di aver risarcito il danno o di essersi impegnato al risarcimento del danno e di aver adottato provvedimenti concreti, di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale, idonei a prevenire ulteriori reati. Qui la discrezionalità valutativa della stazione appaltante è ampia, in specie per quanto attiene al profilo dell’impegno risarcitorio, dal momento che la legge non specifica in cosa debba concretizzarsi questo impegno, se in un piano di pagamento assistito da una qualche garanzia o anche soltanto in una dichiarazione non altrimenti sostenuta; e per quel che riguarda l’adozione di provvedimenti di prevenzione, circa la concreta idoneità a prevenire la commissione di ulteriori reati. 4. L’esclusione dalla gara per omessa denuncia di fatti di criminalità mafiosa Come il precedente, l’attuale codice degli appalti prevede come motivo di esclusione la carenza di collaborazione con l’autorità giudiziaria da parte dell’operatore economico che, vittima di un delitto di concussione o di un delitto di estorsione, entrambi aggravati per essere stati commessi con il cosiddetto metodo mafioso o con la finalità di agevolazione di un’associazione di tipo mafioso, non abbia denunciato detti fatti. Il vigente codice degli appalti non ha innovato la previsione di esclusione e, riproducendola senza emende, ne ha recepito i difetti di formulazione. Il senso della disposizione sembra chiaro. Il fenomeno che si intende regolare è quello della contiguità mafiosa dell’operatore economico che con l’organizzazione criminale venga in contatto proprio attraverso la commissione di un delitto di estorsione (o di concussione) in suo danno. L’esperienza giudiziaria ha da tempo consegnato un risultato di indubbio rilievo: spesso, è proprio attraverso la sottoposizione a richieste estorsive o concussorie che l’imprenditore ha modo di avvicinarsi all’organizzazione criminale, potendo passare dal ruolo di vittima a quello di colluso. 87 GIUSEPPE SANTALUCIA La distinzione tra “imprenditore vittima” e “imprenditore colluso” è stata messa in chiaro dalla giurisprudenza di legittimità. Si è così precisato che per “imprenditore colluso” si intende “quello che è entrato in rapporto sinallagmatico con la cosca tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti, consistenti per l’imprenditore nell’imporsi nel territorio in posizione dominante e per il sodalizio criminoso nell’ottenere risorse, servizi o utilità”; e che. invece, è “imprenditore vittima” “quello che soggiogato dall’intimidazione non tenta di venire a patti con il sodalizio, ma cede all’imposizione e subisce il relativo danno ingiusto, limitandosi a perseguire un’intesa volta a limitare tale danno”(4). Il tratto distintivo tra le due figure consiste allora nel fatto che nell’un caso l’imprenditore ha rivolto a proprio personale e illecito vantaggio la situazione di iniziale soggezione, costruendo legami con l’organizzazione criminale di reciproco interesse. Data questa premessa, non pare del tutto condivisibile la scelta di incentrare l’attenzione esclusivamente sul fatto che l’operatore abbia denunciato o meno il fatto che lo ha visto vittima. Si sarebbe potuto valorizzare l’apporto di collaborazione con l’autorità giudiziaria che non si sostanzia soltanto nella proposizione della denuncia. Anzi, l’autorità giudiziaria potrebbe venire a conoscenza del fatto criminoso in altro modo, e giovarsi nel corso dell’attività investigativa comunque già iniziata dell’apporto di conoscenze della vittima. Di contro, pur in presenza di una denuncia della vittima, l’attività investigativa potrebbe essere ostacolata da un comportamento scarsamente o per nulla collaborativo della vittima stessa che all’iniziale atteggiamento di affidamento all’autorità potrebbe far seguire condotte processuali di chiusura, vuoi per paura che per valutazioni di convenienza o per qualsivoglia altra personale motivazione. D’altronde, la lettura di disposizioni legislative in qualche modo assimilabili rafforza la plausibilità del rilievo critico. La legge n. 108 del (7 marzo) 1996, che reca disposizioni in materia di usura, nell’istituire il “Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura” per l’erogazione di mutui in favore degli imprenditori che dichiarino di essere vittime del delitto di usura, pone accortamente un’altra condizione, ossia che costoro risultino “parti (4) - Cass., sez. I, 11 ottobre 2015, n. 46552, D., in C.E.D. Cass., n. 232963. 88 CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE offese nel relativo procedimento penale”. Ciò significa che la legge richiede l’esplicazione di una condotta collaborativa più ampia e diversa dalla mera proposizione della denuncia. Ancora. La legge n. 44 del 1999, recante disposizioni sul Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura, ha cura di prevedere che la prevista elargizione sia concessa alla vittima che non abbia aderito o abbia cessato di aderire alle richieste estorsive e, quel che ora più importa, che le richieste estorsive siano state riferite all’autorità giudiziaria con l’esposizione di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza. Non è dunque sufficiente una denuncia quale che sia, ma occorre una denuncia particolareggiata, completa di ogni elemento utile all’investigazione. E il decreto legge n. 419 del 1991, istitutivo del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive, prevedeva, quale condizione per l’elargizione di una somma di denaro, che il fatto delittuoso fosse stato denunziato all’autorità giudiziaria senza ritardo e con l’esposizione di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza. La denuncia doveva essere non soltanto completa, ma anche tempestiva. La rimozione dell’impedimento alla partecipazione alla gara avrebbe allora dovuto essere subordinata al riscontro di comportamenti significativamente più ricchi nella prospettiva di una reale assenza di legami con organizzazioni criminali di tipo mafioso. In tal modo si sarebbe marginalizzato il rischio che l’operatore economico possa prendere parte ad una gara pubblica trasportando in quell’ambito cointeressenze illecite formatesi proprio muovendo da un iniziale, e magari anche persistente, stato di vittima di quella stessa organizzazione criminale. 5. Modalità di partecipazione alla gara Condizione essenziale di regolarità delle gare è che i partecipanti siano in situazione reciproca di effettiva competizione e che, pertanto, non si trovino in relazione tale da condividere posizioni di interesse. La gara non è al riparo da distorsioni capaci di vanificarne il risultato di utilità collettiva se i partecipanti non sono tra loro in condizioni di leale e concreta concorrenzialità. 89 GIUSEPPE SANTALUCIA Quando si insinuano accordi occulti e intese volte a realizzare il privato interesse si mette seriamente in pericolo il perseguimento del miglior interesse per la stazione appaltante. Ciò è tanto importante che il codice degli appalti contiene una disposizione dalla chiara funzione preventiva, mutuata dal precedente assetto normativo. Si prevede, infatti, che la stazione appaltante escluda dalla gara l’operatore economico che si trovi con altro concorrente in una delle situazioni descritte dall’articolo 2339 codice civile o in qualsiasi altra relazione di controllo, anche di fatto, che faccia ritenere la riconducibilità ad un unico centro decisionale delle offerte proponibili. Su questo aspetto di particolare importanza si è sviluppata una sostanziosa elaborazione giurisprudenziale. La fattispecie criminosa di riferimento è quella di turbata libertà degli incanti, che punisce le condotte di alterazione della regolarità di una gara poste in essere con le modalità più diverse, dalla violenza, alla collusione, al mezzo fraudolento. La Corte di cassazione ha in particolare affermato che il mezzo della collusione riguarda tutti gli accordi preventivi intervenuti tra i partecipanti sui contenuti specifici delle rispettive offerte, diretti ad alterare il principio della libera concorrenza tra i singoli soggetti giuridici che partecipano in via autonoma alla gara. Sulla base di questo principio di diritto si è ritenuta la sussistenza del reato mediante la creazione preventiva di una rete di imprese collegate tra loro e la successiva partecipazione contemporanea delle medesime alle gare d’appalto, come entità apparentemente distinte ed autonome(5). Successivamente la Corte di cassazione ha avuto modo di ribadire il principio, affermando che la collusione, quale strumento di alterazione del normale svolgimento della gara, va intesa come ogni accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte; e che, invece, il mezzo fraudolento consiste in qualsiasi artificio, inganno o menzogna concretamente idoneo a conseguire l’evento, che si configura non soltanto in un danno immediato ed effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale. Si è così ravvisato il reato di turbata libertà degli incanti nella condotta dei partecipanti a una gara pubblica che avevano presentato offerte omogenee, imputabili ad unico centro di (5) - Cass., sez. VI, 23 marzo 2011, n. 16333, C., in C.E.D. Cass., n. 250042. 90 CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE interessi, calibrate sulla presunta media vincente e, quindi, capaci di influire sul calcolo della media, aumentando la possibilità di aggiudicazione della gara(6). Il collegamento tra imprese costituisce però la premessa, necessaria ma non sufficiente, per l’individuazione di condotte criminose punibili ai sensi dell’articolo 353 c.p. La Corte di cassazione ha infatti avuto cura di precisare, con un recente arresto di particolare importanza, che il collegamento, formale o sostanziale, tra società partecipanti alla gara non è di per sé sufficiente a configurare il delitto, occorrendo la prova che, dietro la costituzione di imprese apparentemente distinte, si celi un unico centro decisionale di offerte coordinate o che le imprese, utilizzando il rapporto di collegamento, abbiano presentato offerte concordate. Non è stata quindi sufficiente, ai fini dell’affermazione di responsabilità penale, la prova del rapporto di parentela tra i soci delle due società partecipanti alla gara, non potendo addebitarsi agli imputati l’onere di dimostrare, come sostenuto dal giudice di merito, l’inesistenza di un unico centro di interessi tra le due società(7). Il fatto che siano previsti come cause di esclusione dalla gara i rapporti di collegamento tra imprese, anche quelli d’ordine sostanziale - si pensi agli incroci azionati, all’identità dei soggetti titolari di organi amministrativi o tecnici, ai rapporti di parentela tra soci o amministratori delle diverse società, alla localizzazione della sede sociale nello stesso edificio, alla coincidenza del giorno di spedizione dei plichi e delle modalità di confezionamento delle offerte, all’unicità della compagnia assicuratrice che rilascia le polizze fideiussorie e immediata progressività della relativa numerazione, e altri ancora - non può significare che questi dati siano per se stessi sufficienti a far ritenere, ove mai la partecipazione si abbia comunque, che la gara sia alterata ai sensi di quanto previsto dalla norma incriminatrice. Anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, deve infatti ritenersi inaccettabile una presunzione assoluta, non altrimenti vincibile, di inquinamento della gara in presenza di un collegamento tra (6) - Cass., sez. VI, 7 aprile 2011, n. 26809, R., in C.E.D. Cass., n. 250469. (7) - Cass., sez. VI, 1 aprile 2014, n. 28517, V., in C.E.D. Cass., n. 259824; Cass., sez. VI, 22 settembre 2016, n. 42965, P., in C.E.D. Cass., n. 268071. 91 GIUSEPPE SANTALUCIA soggetti partecipanti; è piuttosto necessario che si abbia prova che quel rapporto di collegamento abbia realmente influito “sulla indipendenza e segretezza di elaborazione delle rispettive offerte”. Il rapporto di controllo o collegamento tra società costituisce la premessa di accordi occulti in violazione del principio di concorrenza, che siano lesivi del bene tutelato dalla norma di cui all’articolo 353 c.p. mediante la forma tipica della frode o della collusione, e però occorre distinguere “la supposizione di un fatto dalla prova della sua effettiva verificazione.” In questo contesto va letta la disposizione dell’articolo 48 del codice degli appalti che, dopo aver previsto il divieto di partecipazione alla gara in più di un raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti, ovvero di partecipazione anche in forma individuale qualora il singolo operatore economico partecipi anche in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, dispone che, “in caso di inosservanza del divieto, si applica l’articolo 353 del codice penale” - comma 7 -. Il riferimento applicativo alla norma incriminatrice non pare allora poter essere inteso secondo un automatismo che la giurisprudenza di legittimità ha ampiamente valutato inaccettabile. La sussistenza del reato di turbata libertà degli incanti può essere affermata sempre che l’accertamento processuale consegni la prova di accordi occulti, facilitati certo da quel collegamento tra soggetti che condivisibilmente può già operare come motivo di esclusione. Non occorre però, sempre ai fini della sussistenza del reato, che il risultato della gara sia stata effettivamente alterato. Come è stato più volte chiarito dalla Corte di cassazione, l’evento naturalistico può essere costituito oltre che dall’impedimento della gara anche da un suo turbamento, situazione che può verificarsi quando la condotta fraudolenta o collusiva abbia anche soltanto influito sulla regolare procedura della gara medesima(8). Non occorre pertanto che l’accordo collusivo abbia realizzato il fine di vantaggio per i suoi protagonisti, potendo già bastare, dato che la fattispecie è di pericolo, che abbia alterato l’andamento della gara. (8) - Cass., sez. VI, 27 settembre 2013, n. 41365, M., in C.E.D. Cass., n. 256276. 92 CODICE DEGLI APPALTI E NORMATIVA PENALE 6. Tutela penale del segreto nelle procedure di gara Il codice degli appalti ha cura di prevedere, sempre a beneficio della correttezza delle procedure di gara, il differimento dell’esercizio del diritto di accesso fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, sia nelle procedure aperte che in quelle ristrette e negoziate e nelle gare informali, e ciò rispettivamente in relazione all’elenco degli offerenti e di quanti hanno fatto richiesta di invito o hanno manifestato interesse, oltre che, in relazione all’elenco dei soggetti invitati a presentare offerte. L’esercizio del diritto di accesso è parimenti rinviato fino all’aggiudicazione per quel che attiene alle offerte e al provvedimenti di verifica dell’anomalia dell’offerta. Sino alla scadenza del termine appena indicato, gli atti non possono esseri comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti. La violazione delle prescrizioni richiamate - precisa l’articolo 53 comma 3 - rileva nei confronti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio come reato di rivelazione dei segreti di ufficio. Non si tratta allora di una mera regolazione delle modalità di esercizio del diritto di accesso, perché su quei contenuti il codice degli appalti, richiamando la norma incriminatrice di cui all’articolo 326 codice penale, pone un vincolo di segretezza. Occorre, infatti, tener presente che per consolidata giurisprudenza di legittimità, “oggetto materiale del delitto di rivelazione di segreti d’ufficio sono solo le notizie d’ufficio coperte da segreto e cioè quelle sottratte alla divulgazione in ogni tempo e luogo e nei confronti di chiunque per legge, per regolamento o dalla natura stessa della notizia che può recare danno all’amministrazione, ma non anche quelle indebitamente diffuse in violazione alle norme sul diritto di accesso agli atti della P.A. in quanto svelate a chi non è titolare di tale diritto o senza il rispetto delle modalità previste(9). Non è di facile comprensione, però, la scelta del codice degli appalti di non operare lo stesso riferimento al codice penale per gli altri contenuti informativi sottratti del tutto all’esercizio del diritto di accesso e ad ogni forma di (9) - Cass., sez. I, 10 febbraio 2010, n. 8201, C., in C.E.D. Cass., n. 246623; Cass., sez. VI, 30 settembre 2009, n. 39706, T., in C.E.D. Cass., n. 244259. 93 GIUSEPPE SANTALUCIA divulgazione, e che sono analiticamente indicati nello stesso articolo 53 ma al comma immediatamente successivo a quello in cui è contenuto il richiamo all’articolo 326 codice penale. A meno di non ritenere che l’esclusione piena dall’area del diritto di accesso non equivalga ad una implicita apposizione del vincolo di segretezza, con conseguente automatico rinvio, per il caso di violazione del divieto, alle conseguenze penali di cui all’articolo 326 codice penale. 94 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI ISABELLA IASELLI GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI Sommario: 1. Premessa. - 2. La verifica documentale della illegittimità amministrativa. - 3. La prova dichiarativa. - 4. Le intercettazioni. - 5. La registrazione effettuata dal privato. - 6. L’agente provocatore e i reati in materia di appalti pubblici. - 7. Le indagini in tema di criminalità organizzata in particolare. - 8. Le indagini nei casi di collusioni tra privati. 9. Le prove inammissibili. 1. Premessa La finalità del legislatore, attraverso l’articolata serie di norme dettate dal codice penale, dal codice degli appalti pubblici e dal codice antimafia, è quella di garantire il principio di libera concorrenza attraverso una contrattazione giusta e vantaggiosa che non consenta indebite intromissioni da parte di funzionari infedeli o di esponenti della criminalità organizzata. I reati negli appalti pubblici devono essere distinti in due categorie: - reati commessi previa intesa con gli amministratori pubblici; - reati commessi da privati ai danni della pubblica amministrazione. In entrambi i casi le indagini sono particolarmente complesse e difficili. Nella prima ipotesi, occorre procedere all’acquisizione di elementi che consentano di provare sia la illegittimità dell’azione amministrativa sia l’esistenza di intese illecite. Ed invero non è sufficiente, ai fini penali, dimostrare la violazione di legge da parte del funzionario che si ritiene infedele, bensì occorre anche far emergere l’elemento soggettivo della intenzionalità della violazione per profitti personali. 95 ISABELLA IASELLI 2. La verifica documentale della illegittimità amministrativa Il primo accertamento richiede un’adeguata conoscenza delle norme di diritto amministrativo e delle circolari emesse nei diversi specifici settori, nonché delle prassi esistenti in un determinato ufficio. Può essere necessario in alcuni casi (quando il settore presenti anche profili tecnici di difficile interpretazione) nominare un esperto (o chiedere al P.M. di nominare un consulente tecnico) che possa coadiuvare gli investigatori sin dalla prima fase dell’acquisizione della documentazione e che possa poi leggere, specie laddove si tratti di gare di appalto, le offerte e valutare la completezza della documentazione allegata, nonché il rispetto delle forme e delle regole fissate dal bando di gara. Si ricorda che attualmente il tema degli appalti pubblici è disciplinato dal decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016, adottato in attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Va chiarito che con la espressione “appalti pubblici” si indicano in generale non solo i contratti di appalto veri e propri, bensì anche i contratti di concessione e i contratti di fornitura e servizi, nonché ogni altro contratto che comporti la scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione. L’articolo 4 del predetto decreto indica per i contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice, in ogni caso il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica. Evidentemente la violazione di tali principi integra gli estremi della illegittimità amministrativa. Può essere utile, quindi, per una verifica dell’azione della pubblica amministrazione sulla quale si indaga estendere l’accertamento all’acquisizione dei dati relativi ad altri contratti simili o alle medesime scelte adottate in passato. È ugualmente molto importante l’acquisizione anche di quegli atti interni (verbali di sedute comunali o regionali, verbali delle commissioni di gara, 96 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI relazioni degli uffici tecnici, pareri degli organi consultivi) attraverso i quali è possibile verificare condotte contraddittorie, mancato controllo dei requisiti richiesti, omessa motivazione nel caso ci si discosti dai pareri acquisiti, assenza delle prescritte autorizzazioni. Spesso una lettura attenta degli atti della procedura rivela la presenza di falsi ideologici (art. 479 c.p.). Ed il falso può essere un indizio significativo di una intesa illecita tra privato e organo pubblico e consente di procedere ad intercettazioni telefoniche ed ambientali per la prosecuzione delle indagini e la verifica di ulteriori responsabilità in sede penale. La ricostruzione della vicenda amministrativa nel suo complesso è sempre importante anche laddove le indagini partano dalle dichiarazioni di chiamanti in correità o di persone offese. Giova sottolineare che non sempre la prova dichiarativa regge al vaglio dibattimentale se non è supportata da un’attenta analisi della documentazione. È facile per la difesa, infatti, sostenere la tesi della discrezionalità amministrativa che non può essere censurata o la inattendibilità di dichiarazioni interessate da parte del privato che non sia stato scelto come contraente. D’altro canto è sempre possibile sostenere che la mera illegittimità non integra gli estremi dell’illecito penale; questo richiede un quid pluris, ovvero la volontà di strumentalizzare il potere pubblico per fini personali. Nel tempo amministratori e privati sono divenuti molto abili nell’occultare, dietro una apparente legittimità, l’abuso del potere. Tuttavia un accordo illecito lascia sempre una traccia. Bisogna avere la pazienza per individuarla tra le tante carte da leggere e far esaminare da un esperto di fiducia. Esistono diversi elementi sui quali focalizzare l’attenzione e qui se ricordano alcuni: - la esistenza di un pregresso affidamento temporaneo e poi proseguito in regime di proroga; - i tempi stretti per la preparazione di un progetto oggetto della gara di appalto che non consentono a tutti gli interessati di partecipare; - la richiesta di requisiti in possesso di una sola impresa la cui specializzazione non è tuttavia necessaria per l’opera da realizzare. Anche l’acquisizione dei dati relativi alle imprese partecipanti ad una gara può risultare significativa. 97 ISABELLA IASELLI Ad esempio lo storico di una società e i comportamenti da essa assunti durante lo svolgimento di altre gare di appalto, magari anche per altri enti, possono offrire elementi utili per comprendere se esistano rapporti particolari proprio con un determinato ente pubblico (ovvero, come si vedrà infra, se esistano intese tra le medesime imprese). Può essere importante anche verificare se la società benefici di un trattamento privilegiato nella liquidazione dei mandati di pagamento, confrontandoli con i tempi dei mandati di pagamento a favore delle altre ditte che operano per la stessa amministrazione in settori analoghi. Un’ultima annotazione. Sovente, il denunciante - che ritiene di essere stato leso da un provvedimento illegittimo (ad esempio la esclusione da una gara) - presenta ricorso amministrativo chiedendo al TAR una sospensiva e nel merito l’annullamento. Il provvedimento cautelare adottato in via urgente e la sentenza definitiva sono certamente documenti da acquisire ed esaminare, ma non sono preclusivi per una verifica ulteriore in sede penale e, talvolta, letti con attenzione rivelano fatti che possono essere utili per il prosieguo delle indagini. Invero il giudizio del giudice amministrativo si fonda sui documenti prodotti e sulle richieste formulate dalle parti e non è insolito che il giudizio sia respinto per questioni procedurali (decadenza, difetto di legittimazione) ovvero per omessa acquisizione di tutti gli atti utili ovvero per non aver dedotto il reale vizio del provvedimento o della procedura. 3. La prova dichiarativa Il moltiplicarsi di funzionari e tecnici coinvolti può consentire di assumere informazioni utili da chi è estraneo ad ogni intesa e, magari, è in condizione di illuminare su alcune deviazioni. Ed invero nella fase iniziale delle indagini non si ha contezza di chi possa essere coinvolto nelle intese illecite e tutti possono essere assunti a sommarie informazioni. Si ricorda che se il soggetto è già raggiunto da una specifica notizia di reato a suo carico, va sentito come indagato con l’assistenza del difensore, ma laddove manchino elementi per la individuazione di singole responsabilità personali tutti coloro che hanno partecipato alla 98 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI procedura possono (e devono) essere esaminati come persone informate. Non si può ritenere in maniera aprioristica che tutti gli amministratori e tutti i tecnici siano corrotti o concussori, per cui l’indagine deve essere inizialmente cauta nell’attribuire responsabilità e deve tendere all’acquisizione di dati. Le dichiarazioni rese da persona informata sui fatti vanno sempre considerate con cautela perché potrebbero rivelarsi fuorvianti in quanto rese da soggetto che poi sarà indagato. Resta fermo che il giudice ha il potere di verificare, per la rilevazione dell’inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni rese da chi doveva essere sentito sin dall’inizio come indagato o imputato, se al momento delle dichiarazioni questi fosse effettivamente estraneo alle ipotesi accusatorie allora delineate, e non deve limitarsi al riscontro di indici formali, quali l’esistenza o meno di un’iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato (così Sezioni Unite Penali del 21 aprile 2010, n. 15208). È stato anche precisato, in più occasioni, dalla Corte Suprema di Cassazione che le spontanee dichiarazioni contra sé da parte di chi non ha ancora assunto la qualità di indagato, sono certamente utilizzabili nel giudizio abbreviato, persino contra alios (vds. tra le più recenti, Sezione Penale V del 20 febbraio 2013, n. 18519; Sezione Penale IV del 4 dicembre 2013, n. 5619). 4. Le intercettazioni Come già evidenziato, è necessario ma non è sufficiente ricostruire la vicenda amministrativa, dovendo accertare il profilo delle intese illecite richiamato in premessa. È molto difficile far emerge simili intese perché il medesimo privato vittima di concussione ha molta difficoltà nel presentare una formale denuncia essendo succube del potere amministrativo esercitato in maniera distorta. Nei casi di corruzione, poi, vi è un accordo tra le parti, ciascuna delle quali trae personale beneficio dall’illecito accordo la cui conoscenza è limitata ai soggetti che vi partecipano e che non hanno certo interesse ad autoaccusarsi. Lo strumento delle intercettazioni, ammesso per i reati contro la pubblica amministrazione puniti con pena non inferiore ai cinque anni, richiede la sussistenza di “gravi indizi di reato” e ciò significa che occorre avere già elementi dai 99 ISABELLA IASELLI quali si possa desumere fondatamente la commissione di un delitto, anche se non si hanno elementi per individuare tutti i responsabili. Ad esempio se un privato si limita a denunciare mere irregolarità nello svolgimento della gara, tale denuncia non è sufficiente per procedere ad intercettazioni ma si deve procedere all’acquisizione degli atti alla ricerca del falso ideologico o dell’abuso di ufficio (che secondo la Corte Suprema di Cassazione può essere rivelato anche da una palese illegittimità che favorisca un privato a danno di altri). Sempre con riguardo ai presupposti delle intercettazioni, è possibile che la notizia di reato sia acquisita da intercettazioni autorizzate per altro reato. Si pensi al caso in cui si sta intercettando per reati finanziari ed emerge da una conversazione che l’imprenditore necessita di danaro in contanti per pagare una tangente. In tal caso la notizia è utilizzabile per richiedere in relazione alla ulteriore condotta emersa l’autorizzazione a procedere ad intercettazioni per il reato di corruzione e/o concussione. È chiaro che laddove si proceda per reati aggravati dall’art. 7 legge 203/91 ovvero commessi con metodo o finalità mafiosi bastano, per richiedere l’autorizzazione, i sufficienti indizi di reato. A tal fine sarà adeguata la dichiarazione del collaboratore ed un primo riscontro sulla gara oggetto del narrato al fine di mirare le intercettazioni ed evitare di procedere ad operazioni inutili e dispendiose sia in termini economici che in termini di tempo. Rispetto a reati così “tecnici” è sempre preferibile avere un chiaro quadro della vicenda amministrativa prima di procedere alle intercettazioni. Nel corso delle intercettazioni sarà utile procedere all’assunzione di informazioni da parte dei tecnici e dei componenti delle commissioni di gara, di coloro che hanno redatto il progetto o hanno espresso pareri, perché in tal modo si possono provocare reazioni da parte degli indagati ovvero si può verificare la esistenza di pressioni o di accordi per eludere le indagini. A volte è utile, per riscontrare le accuse di un privato o di un collaboratore, o anche per verificare i dati emersi dalle intercettazioni, procedere al monitoraggio degli spostamenti degli indagati attraverso un’attività di rilevazione satellitare. La Corte di Cassazione ha più volte affrontato il tema della prova non disciplinata dalla legge e risulta significativo, al riguardo, ricordare la sentenza della stessa Corte (Sezione Penale V, 2 maggio 2002, n. 16130) nella quale ha 100 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI affrontato la questione relativa alla possibilità di far rientrare il tipo di attività sopra indicato nell’ambito delle intercettazioni, con conseguente necessità della previa autorizzazione del giudice. La Corte ha osservato che “la localizzazione di una persona (o di un oggetto) in movimento mai può essere considerata un’attività di intercettazione, anche se realizzata con modalità e tecnologie similari a quelle con le quali vengono portate ad esecuzione, appunto, le intercettazioni previste dal codice di rito”. Il capo IV del libro III del predetto codice reca, come è noto, intercettazioni di comunicazioni o conversazioni. L’art. 266 contempla l’ipotesi di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altra forma di telecomunicazione. L’ultimo comma di tale articolo si riferisce alle intercettazioni tra presenti. L’articolo 266-bis è relativo all’intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche. L’art. 268 prevede la registrazione e la trascrizione delle comunicazioni intercettate. È dunque evidente che il concetto di intercettazione, pur mai esplicitamente definito dal legislatore, è relativo ad una attività di ascolto (o lettura) e captazione di comunicazioni tra due o più persone. Consiste, in un certo senso, nel sequestro di un bene immateriale: il contenuto di una comunicazione. Ad esso rimane estranea l’attività di indagine volta a seguire i movimenti sul territorio di un soggetto, a localizzarlo e dunque a controllare - a distanza non il flusso delle comunicazioni che lo stesso invia o riceve, ma la sua presenza in un determinato luogo in un certo momento, nonché l’itinerario seguito, gli incontri avuti ecc. Si tratta, insomma, di una modalità, tecnologicamente caratterizzata, di pedinamento. Come tale, essa rientra nei mezzi di ricerca della prova cosiddetti atipici o innominati. D’altronde, mentre l’intrusione nelle altrui comunicazioni comporta compressione della libertà e segretezza delle stesse, cioè di un valore costituzionalmente tutelato (art. 15 Cost.), e dunque la necessità di autorizzazione motivata da parte della autorità giudiziaria, la localizzazione, sia pure a distanza, di un soggetto può farsi rientrare nell’ordinaria attività di controllo ed accertamento demandata alla polizia giudiziaria (cfr. artt. 55, 347 e 370 c.p.p.). La stessa non richiede quindi l’osservanza delle disposizioni ex artt. 266 101 ISABELLA IASELLI e ss. c.p.p., relative alle intercettazioni di conversazioni e/o comunicazioni, e neppure il decreto motivato del P.M., viceversa indispensabile, ad esempio, per l’acquisizione dei tabulati concernenti il traffico telefonico. D’altronde, quando il legislatore ha inteso adeguare il codice di rito ai nuovi ritrovati della tecnica, è intervenuto emanando specifiche norme. Si pensi all’art. 11 della legge 547/1993, che ha introdotto l’art. 266 bis, il quale precisa che è consentita ovviamente con le modalità e nei limiti di cui agli articoli precedenti l’intercettazione del flusso di comunicazioni relative a sistemi informatici e telematici, con riferimento ai reati ex art. 266 c.p.p. (oltre che per quelli commessi mediante impiego di tecnologie, appunto, informatiche o telematiche). In conclusione, la localizzazione è una forma moderna di pedinamento, classica attività di indagine che spesso viene trascurata per i reati in esame, ma che può invece rilevarsi di estremo rilievo consentendo di individuare i contatti tra i soggetti indagati, i luoghi frequentati, le auto usate per gli incontri, anche ai fini di mirare, come sopra indicato, utili intercettazioni ambientali. 5. La registrazione effettuata dal privato Altra ipotesi è quella in cui la notizia derivi da una registrazione operata dal privato e presentata agli investigatori ancora prima che gli stessi siano stati investiti della questione. La registrazione, infatti, costituisce una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche ai fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p. (salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipi); tale registrazione, infatti, costituisce prova documentale secondo la disciplina dell’art. 234 c.p.p., che qualifica “documento” tutto ciò che rappresenta “fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”. La registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, è 102 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI prova documentale pienamente utilizzabile (Cassazione penale, Sez. III, 3 ottobre 2012, n. 43898; Cassazione penale, sez. VI, 16 marzo 2011, n. 31342). Né può, sul punto, invocarsi il TU sulla privacy per sostenere la illegittimità dell’intercettazione (sia di una conversazione che di una telefonata) perché, sempre secondo quanto affermato dalla Suprema Corte (Sezione III, 13 maggio 2011, n. 18908) integra il reato di trattamento illecito di dati personali (art. 167, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) il diffondere, per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui, una conversazione documentata mediante registrazione. Se ne desume che qualora il privato abbia operato la registrazione per esercitare un proprio diritto (sia pure quello di denunciare un reato commesso ai suoi danni) non vi è violazione della riservatezza. Le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute per iniziativa di uno degli interlocutori, non rientrano, nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma rappresentano una particolare forma di “documentazione”, che non è sottoposta ai limiti e alle finalità, proprie delle intercettazioni, e in quanto tali non necessitano dell’autorizzazione del giudice delle indagini preliminari. La registrazione di una conversazione tra presenti, compiuta di propria iniziativa da uno di questi, non necessita di alcuna autorizzazione da parte del giudice per le indagini preliminari e può essere usata nel processo (così Corte di Cassazione, Sezione Penale II, del 10 giugno 2016, n. 24288). In tal senso si erano pronunciate le Sezioni Unite sin dal 2003 osservando che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di uno dei partecipanti, o di chi sia ammesso ad assistervi, difetta la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso solo da chi palesemente vi partecipa o assiste. Il “nastro” che contiene la registrazione altro non è che la documentazione fonografica del colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente non potrebbe essere raggiunta e può rappresentare una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l’effetto che una simile pratica finisce con il ricevere una legittimazione costituzionale (Cass. Sez. Un., 28 maggio 2003, n. 36747). Le Sezioni Unite hanno tuttavia precisato che deve trattarsi di una iniziativa del soggetto che partecipa alla conversazione. 103 ISABELLA IASELLI Invero nella motivazione si legge “La pratica investigativa di ricorrere alla registrazione occulta di colloqui che la polizia giudiziaria intrattiene con confidenti, persone informate dei fatti, indagati o indagabili va decisamente scoraggiata, perché, stenta, innanzi tutto, a conciliarsi con il disposto degli art. 188 e 189 c.p.p., per il naturale sospetto della presenza di insidie di natura fraudolenta che possono incidere sulla libertà morale della persona interessata, e perché soprattutto deve rapportarsi, per ricevere legittimazione, alle altre regole che presidiano determinati mezzi di prova. La deformalizzazione del contesto nel quale determinate dichiarazioni vengono percepite dal funzionario di polizia non deve costituire un espediente per assicurare comunque al processo contributi informativi che non sarebbe stato possibile ottenere ricorrendo alle forme ortodosse di sondaggio delle conoscenze del dichiarante. Non può legittimarsi, sulla scia di una cultura inquisitoria che, in quanto estranea al vigente codice, deve essere definitivamente abbandonata, l’apertura di varchi preoccupanti nella tassatività e nella legalità del sistema probatorio, proponendosi veicoli di convincimento... affidati interamente alle scelte dell’investigatore. Va superata ogni forma di distonia tra prassi delle indagini, condizionata ancora da atteggiamenti inquisitori, e concezione codificata della prova, qual è strutturata nel vigente sistema accusatorio. Va vinta qualunque tentazione di forzare le regole processuali in nome di astratte esigenze di ricerca della verità reale, considerato che le dette regole non incorporano soltanto una neutra disciplina della sequenza procedimentale, ma costituiscono una garanzia per i diritti delle parti e per la stessa affidabilità della conoscenza acquisita”. In altri termini non è possibile da parte della polizia giudiziaria ricorrere alla registrazione per eludere le regole della intercettazione, pena la inutilizzabilità del materiale raccolto. Inoltre, la registrazione effettuata dalla p.g. di dichiarazioni, conversazioni, colloqui non è utilizzabile processualmente tutte le volte che viola il divieto di testimonianza posto dagli artt. 62 e 195, 4° comma c.p.p., quello della ricezione di dichiarazioni indizianti rese, senza il rispetto delle garanzie difensive, dalla persona sottoposta ad indagini o dall’imputato (art. 63 c.p.p.), nonché quello concernente le dichiarazioni dei cosiddetti confidenti della polizia e dei servizi di sicurezza (art. 203 c.p.p.). 104 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI 6. L’agente provocatore e i reati in materia di appalti pubblici Altra tecnica investigativa della quale molto si discute è quella del cosiddetto agente provocatore. Il tema si colloca al centro di un dibattito sulla regolamentazione del rapporto fra garanzia di libertà e autodeterminazione della persona ed esigenze di repressione e prevenzione dei reati, nonché sulla definizione dei confini esistenti nel delicato rapporto tra attività investigativa e controllo giurisdizionale. La dottrina ha distinto tra agente infiltrato e agente provocatore, laddove il primo è quello che, essendo inserito organicamente nelle forze di polizia, pone in essere una condotta di mera osservazione o mantenimento. Questa condotta è diretta ad intervenire in presenza di sospetti che configurino a carico di uno o più persone un giudizio di estrema probabilità in ordine alla concretizzazione di un’attività di preparazione o commissione di reati. L’agente provocatore, invece, pur essendo animato dalla medesima volontà investigativa e dalle medesime finalità istituzionali, pone in essere una condotta attiva, di induzione o esecuzione di fatti penalmente illeciti, rilevanti rispetto alla loro realizzazione. L’elaborazione giurisprudenziale ha configurato la legittimità della condotta dell’infiltrato in base ad un’interpretazione estensiva della scriminante di cui all’art. 51 c.p. Inizialmente l’attività dell’agente infiltrato è stata ritenuta legittima, seppure previa circoscrizione severa dei limiti di operatività. Di contro, risultava penalmente responsabile, alla stregua di un concorrente ex art. 110 c.p., colui che svolgeva un’attività concreta di ideazione o istigazione o comunque, un’attività casualmente utile alla commissione dei reati. D’altro canto la previsione dell’art. 51 c.p., per quanto estensivamente interpretabile, non può esulare dai due criteri generali della necessità di agire e della proporzione della condotta rispetto all’evento delittuoso da reprimere. Dunque, la dogmatica tradizionale ha inquadrato la problematica dell’agente provocatore nel fenomeno del concorso di persone nel reato attribuendo ad esso il ruolo di concorrente morale nel reato e, in particolare, il ruolo di istigatore, anche se animato dal particolare movente che caratterizza la sua azione, vale a dire quello di provocare un reato al fine di assicurare i colpevoli alla giustizia. L’orientamento giurisprudenziale consolidato ritiene l’agente provocatore 105 ISABELLA IASELLI non punibile solo quando il suo intervento sia indiretto e marginale nella ideazione ed esecuzione del fatto risolvendosi essenzialmente in una attività di controllo, di osservazione e di contenimento dell’altrui azione illecita; mentre è punibile come concorrente il soggetto che svolge una concreta attività di istigazione o comunque una attività avente efficacia determinate o concausale (sia essa materiale sia psichica) nella progettazione e commissione dei delitti. La questione si pone perché in materia di reati contro la pubblica amministrazione, a differenza che in altri settori (si pensi alle norme sulla attività sotto copertura introdotte dal legislatore per i reati riguardanti il traffico di stupefacenti), l’istituto non è stato disciplinato. La legislazione speciale ha dettato regole comuni che possono essere così sintetizzate: - la natura propria e speciale delle scriminanti in esame (applicabili ai soli appartenenti alla polizia giudiziaria delle unità specializzate o nel caso del contrasto al terrorismo internazionale agli ausiliari di cui questi si siano avvalsi ex art. 348, comma 4 c.p.p.); - la necessità che l’operazione sia eseguita nell’ambito di un progetto investigativo più ampio e sia autorizzata da particolari autorità, al fine di evitare iniziative di carattere personale potenzialmente pericolose e comunque, per evitare sovrapposizioni tra le indagini seguite dalle diverse forze di polizia giudiziaria; - il nesso funzionale tra la condotta dell’operante e l’obiettivo dell’acquisizione di elementi di prova in ordine a reati che sono quelli espressamente previsti dalle norme che disciplinano le singole attività. La discussione sulla possibilità di agire sotto copertura nel settore dei reati in materia di appalti pubblici non ha portato sino ad oggi alla approvazione di una normativa che consenta tale attività. E tuttavia, in base al principio della atipicità delle prove, la stessa non deve ritenersi vietata qualora l’agente non concorra in alcun modo nella commissione del reato ma si limiti a svolgere un’attività di mero spettatore. In effetti la Corte di Cassazione nel pronunciarsi in tema di attività sotto copertura, ha affermato che l’azione dell’agente provocatore, che pure non abbia agito nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 97 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, non è punibile se si limita a disvelare un’intenzione criminale esistente, 106 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI ma allo stato latente, fornendo solo l’occasione per concretizzare la stessa, e, quindi, senza determinarla in modo essenziale (così Sezione Penale VI, dell’11 luglio 2016, n. 28810 e ancora prima Sezione Penale III, del 3 maggio 2011, n. 751). Si tratta di materia molto insidiosa. È nota alle cronache la vicenda verificatasi nel 1995 di un agente-infiltrato per smascherare minacce e pressioni nei confronti della TAV spa (sigla di Treno Alta Velocità SpA) società del Gruppo Ferrovie dello Stato controllata interamente da Rete Ferroviaria Italiana e fondata appositamente per la pianificazione, la progettazione e realizzazione di quelle linee ferroviarie ad alta velocitàalta capacità nelle principali tratte. A seguito di denuncia da parte del legale rappresentante fu infiltrato un ufficiale dei carabinieri che assunse il ruolo di delegato della società per la gestione della tratta tra Napoli e Caserta ed in tale veste partecipò ad una serie di riunioni sia con funzionari pubblici sia con esponenti della criminalità organizzata, ricevendo richieste di tangenti da versare all’una ed all’altra parte. Il caso suscitò molte polemiche e si concluse con l’assoluzione dei funzionari pubblici ritenendo il reato impossibile, dal momento che le richieste erano state avanzate nei confronti di un soggetto che non aveva in realtà il potere di soddisfarle. Si tratta di un caso limite, perchè l’investigatore assunse egli stesso la qualifica di dipendente della società e quindi di persona offesa. Tuttavia, diversa sarebbe stata probabilmente la conclusione se l’agente infiltrato si fosse limitato ad assistere, come mero collaboratore, alle riunioni tenute dall’effettivo delegato. La vicenda insegna che lo strumento deve essere usato con molta cautela e sempre con la sola finalità di acquisire elementi da semplice spettatore e senza in alcun modo rivestire la qualifica di persona offesa o di provocatore. Giova ricordare che con la legge 136 del 2010, in relazione agli impegni richiesti dalla Comunità Europea sono stati previsti: la delega al Governo per l’adozione di un codice Antimafia per rielaborare la normativa sulle misure di prevenzione e sulla gestione dei beni confiscati e sequestrati nonché sulla documentazione antimafia; la tracciabilità dei flussi finanziari (pagamenti con codice identificativo di gara attribuito dall’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, 107 ISABELLA IASELLI oggi sostituita dall’ANAC); il controllo degli automezzi utilizzati sui cantieri e dei lavoratori impiegati; accertamenti fiscali programmati nei confronti dei condannati anche con sentenza non definitiva per reati di criminalità organizzata e, per quanto qui si vuole sottolineare, “estensione delle operazioni sotto copertura già previste solo per alcuni reati dalla legge 146/2006”. Con la medesima legge è stato modificato il reato di turbata libertà degli incanti con aumento della pena e previsione di una nuova fattispecie che anticipa la punibilità dell’accordo illecito al momento della formazione del contenuto del bando. Allo stato la disciplina generale ed unitaria delle operazioni sotto copertura, dettata dal primo comma dell’art. 9 della L. 16 marzo 2006, n. 146, vale per i seguenti reati: - delitti previsti dagli artt. 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonché nel libro II, titolo XII, capo III, sezione I (relativa ai delitti contro la personalità individuale) del codice penale; - delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi; - delitti previsti dall’art. 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286; - delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; - delitti previsti dall’art. 260 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti); - delitti previsti dall’art. 3 della L. 20 febbraio 1958, n. 75 (cosiddetta “legge Merlin”, intitolata: “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”); - delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione. L’utilizzo di agenti sotto copertura è allo stato oggetto di proposte legislative che non sono approdate tuttavia all’approvazione di una legge che disciplini l’istituto e consenta tale tecnica di indagine, anche oltre i limiti sopra indicati. Allo stato quindi può ritenersi ammissibile solo la figura dell’agente che si infiltra in un ufficio o in una impresa limitandosi, però, ad assistere e ad ascoltare. 108 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI Sul punto giova ricordare che l’art. 62 c.p.p. pone il divieto di testimoniare sulle dichiarazioni rese nel corso di un procedimento da persona indagata mentre l’art. 195 c.p.p. vieta di rendere dichiarazioni assunte dalle persone informate sui fatti ai sensi degli artt. 351 e 357 c.p.p. Ebbene, come chiarito dalla Suprema Corte, tali norme riguardano in tutta evidenza dichiarazioni rese in un contesto disciplinato in maniera specifica dal codice di rito (verbale spontanee dichiarazioni, verbale assunzione informazioni, verbale interrogatorio) e non operano quindi anteriormente o al di fuori del procedimento penale, perché in questo caso la dichiarazione dell’agente di polizia giudiziaria assume il valore di testimonianza di fatto storico percepito direttamente e, come tale, valutabile dal giudice alla stregua degli ordinari criteri applicabili a detto mezzo di prova (così Cassazione penale sez. V, 14 marzo 2013, n. 32444). Con specifico riguardo al tema in esame, la Corte ha affermato che alle dichiarazioni rese ad agente infiltrato da soggetti poi qualificati come indagati o imputati non si applica né il divieto posto dall’art. 62 c.p.p., né il limite di utilizzabilità previsto dall’art. 63 comma 2 c.p.p. perché “le stesse non possono considerarsi rese nel corso di un esame o di sommarie informazioni in senso proprio, né si inseriscono in un contesto commissivo in atto di svolgimento, sì da integrare esse stesse le condotte materiali del reato”(così Cassazione penale sez. VI, 9 aprile 2013, n. 39216 in una fattispecie relativa a dichiarazioni rese da soggetti poi indagati e condannati per il reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso). 7. Le indagini in tema di criminalità organizzata in particolare Specifiche problematiche attinenti alle tecniche di indagine in materia di appalti, riguardano il caso in cui alla gara partecipino imprenditori collegati alla criminalità organizzata. La misura della interdittiva antimafia non si è rivelata strumento efficace per la stessa difficoltà di comprendere quale sia il materiale indiziario ritenuto adeguato per fondare un simile provvedimento. 109 ISABELLA IASELLI Lo stesso Consiglio di Stato sottolinea “il delicato equilibrio tra gli opposti interessi che fanno capo, da un lato, alla presunzione di innocenza di cui all’art. 27 Cost. ed alla libertà d’impresa costituzionalmente garantita e, dall’altro, alla efficace repressione della criminalità organizzata, comporta che l’interpretazione della normativa in esame debba essere improntata a necessaria cautela” (Cons. Stato Sez. IV 4 maggio 2004, n. 2783; V, 27 giugno 2006, n. 4135). L’esigenza di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel modo più efficace, e dunque anche nel caso in cui sussistano anche semplici elementi indiziari, non esclude che la determinazione prefettizia (pur se espressione di un ampia discrezionalità) possa essere assoggettata al sindacato giurisdizionale sotto il profilo della sua logicità e dell’accertamento dei fatti rilevanti. Di recente, in risposta ai controlli sempre più stringenti sulle imprese gestite direttamente dagli affiliati ed al timore dei funzionari e degli amministratori pubblici di essere coinvolti in indagini sulla criminalità organizzata, si è affermato un nuovo schema: il clan stringe un patto con un imprenditore (che ha una storia ed è credibile nel settore per cui non desta sospetti) disposto a fare da tramite tra gli amministratori pubblici e il clan medesimo. Questo triplice accordo si fonda su i propri benefici che ciascuna parte trae: - il clan incassa la propria percentuale e posti di lavoro (fittizi in genere) per familiari, riaffermando il controllo sul territorio, senza incorrere in eccessivi rischi, bensì utilizzando la organizzazione imprenditoriale altrui; in taluni casi ricicla anche i proventi delle altre attività illecite usando la impresa come lavatrice e partecipando agli utili come socio occulto; - l’imprenditore ha il sostegno del clan di riferimento ottenendo l’appalto nel rispetto degli accordi con gli altri clan per la ripartizione del territorio e presentandosi in tale veste agli amministratori garantendo la pace sul territorio; in cambio non solo mette a disposizione la propria impresa, bensì si occupa anche di ottenere, sul piano amministrativo, l’aggiudicazione dell’appalto e il pagamento puntuale delle fatture, con preferenza rispetto alle altre imprese concorrenti; - gli amministratori ottengono il pagamento di somme di danaro o altri benefici (viaggi, lavori di ristrutturazione, auto) e la tranquillità sul cantiere. 110 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI Nella esecuzione delle triplici intese sopra descritte si realizzano i reati di turbativa di gara e di corruzione commessi da imprenditori e amministratori pubblici. Gli imprenditori agiscono non solo nel personale interesse bensì anche nell’interesse del clan di riferimento e gli amministratori non se ne preoccupano ricevendo un personale tornaconto. Non è sempre facile individuare il triplice accordo tra amministratori pubblici, imprenditori e criminalità organizzata e, come risulta dalle sentenze di merito e di legittimità, fondamentali in questo ambito restano le dichiarazioni dei collaboratori e le intercettazioni telefoniche e ambientali. Tuttavia resta fermo, ed è bene sottolinearlo di nuovo, che le tracce dei reati in materia di appalti pubblici si rinvengono esaminando con attenzione la medesima documentazione amministrativa, con l’ausilio di esperti di fiducia, alla ricerca della contraddizione (o del falso) che offra il riscontro necessario per la lettura delle conversazioni intercettate e per la credibilità estrinseca delle dichiarazioni del collaboratore. Queste ultime sono importanti per focalizzare l’attenzione su determinati imprenditori o amministratori collusi e su determinati contratti, ma poi è necessario procedere alle verifiche individuando le utenze (o gli uffici e le auto) utili da monitorare ed analizzando la documentazione amministrativa. E sotto questo profilo le regole previste dal codice dei contratti possono essere utili per individuare il punto debole della procedura seguita. Il codice si propone di rivedere le diverse tipologie di contratti dettando alcuni principi comuni: - pubblicità che deve essere garantita dalla Autorità committente mediante pubblicazione su Internet dei progetti di grandi opere ad alto impatto e mediante dibattito pubblico (art. 21); - progettazione a cura delle professionalità interne alla committente (art. 22) e solo in caso di specifiche competenze ricorsi al concorso di progettazione o concorso di idee (disciplinati dagli artt. 153- 157); - il progetto va verificato da soggetti abilitati che devono essere diversi da chi poi procederà alla direzione dei lavori ed al collaudo (art. 26); - ogni procedura per la scelta del contraente deve prevedere un RUP (Responsabile Unico Procedimento); 111 ISABELLA IASELLI - i lavori possono essere affidati da soggetti qualificati ai sensi dell’art. 38 ovvero stazioni appaltanti e centrali di committenza iscritte in un apposito registro gestito dall’ANAC; - le comunicazioni tra le stazioni appaltanti e con l’ANAC devono essere realizzate attraverso gli strumenti informatici per aggiornamenti in tempi reali e circolarità delle informazioni; - per favorire la partecipazione di piccole e medie imprese di regola gli appalti devono essere suddivisi in lotti funzionali, salvo risulti impossibile (art. 51); - sono previsti accordi quadro con i soggetti economici abilitati in base ai quali servizi e attività sono affidati in base a criteri oggettivi concordati (anche senza riaprire il confronto); procedure competitive aperte, ristrette o con negoziazione previo bando ovvero procedura negoziata senza previa pubblicazione; - i criteri di aggiudicazione sono quelli della offerta economicamente più vantaggiosa (miglior rapporto qualità/prezzo) valutata da commissione di esperti iscritti in un albo presso l’ANAC. Non vi è sistema nel quale la corruzione e la criminalità di stampo mafioso non riescano ad infiltrarsi, ma una precisione di regole stringenti può essere utile per capire dove è stato compiuto il “passo falso” che ha lasciato traccia di un accordo. 8. Le indagini nei casi di collusioni tra privati Come si è detto in premessa, l’organo pubblico può essere anche vittima di attività illecite compiute dai privati ai suoi danni. Ed invero il privato può con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedire o turbare la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni, ovvero allontanarne gli offerenti (art. 353 c.p.) ovvero con gli stessi metodi può turbare il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del con- 112 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI traente da parte della pubblica amministrazione (art. 353-bis c.p.). Nei casi predetti, qualora il privato si sia astenuto dal concorrere agli incanti o alle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni per aver ricevuto danaro o altra utilità o per averne accettato la promessa, anche il soggetto astenuto viene punito (art. 354 c.p.). Al fine di svelare le collusioni tra privati, non rileva il mero dato del collegamento - formale o sostanziale - in sé. Infatti esso anche quando non consentito rimane sempre solo un indice di irregolarità, suscettibile di acquisire rilevanza penale, ma da approfondire. Oggetto dell’accertamento deve essere infatti l’esistenza dell’accordo preventivo, in quanto idoneo ad influire sull’esito della gara, violando la libertà di partecipazione e la libertà dei singoli partecipanti di influenzare l’esito della gara secondo la regola di libera effettiva concorrenza, nell’interesse primario della pubblica amministrazione e della individuazione del giusto prezzo, cui si perviene attraverso l’effettiva libera concorrenza. Ciò esclude dunque in radice, per insuperabile incompatibilità, ogni forma di collusione e quindi di accordo preventivo, (così Cassazione Penale Sez. VI del 26 aprile 2011, n. 16333). Al fine di acquisire elementi utili per il prosieguo delle indagini, prescindendo da quale sia la fonte della notizia di reato (dichiarazioni di un imprenditore escluso, segnalazione dell’ANAC o denuncia del medesimo organo pubblico, intercettazione disposta per altro reato), è indispensabile ricostruire la storia delle singole imprese al fine di portare alla luce collegamenti tra le stesse verificando (attraverso la visura storica dei registri delle imprese e delle società) sedi, soci, amministratori, sindaci; è inoltre utile acquisire informazioni presso i commercialisti (magari emerge che il commercialista è il medesimo). Inoltre può essere utile ricostruire la storia dei precedenti appalti ai quali le imprese hanno partecipato al fine di verificarne le condotte. Si possono chiedere anche informazioni all’ANAC che dovrebbe monitorare i principali appalti. Ciò consente di riscontrare eventuali denunce o il narrato del collaboratore di giustizia e di mirare con precisione quali soggetti monitorare (come vittime, che non hanno avuto il coraggio di denunciare per le minacce subìte, o come concorrenti). 113 ISABELLA IASELLI Nel caso di intese tra privati, i medesimi funzionari pubblici possono fornire notizie utili, ma sarebbe sempre preferibile nominare un consulente che possa segnalare le anomalie delle offerte e il mancato raggiungimento dell’obiettivo del giusto prezzo. Naturalmente valgono le medesime considerazioni sopra svolte in ordine alle tecniche di indagine sopra esaminate nel caso in cui sia coinvolto il medesimo organo pubblico. 9. Le prove inammissibili Per concludere questa breve esposizione sulle tecniche di indagine, giova infine ricordare che l’inammissibilità di una prova si può tradurre in inutilizzabilità nei casi in cui sia stato violato un divieto di legge. Gli esempi sono numerosi, in quanto ogni tipo di prova è stato disciplinato in modo da garantirne l’aderenza al modello del giusto processo. Con riguardo alle prove, sono da evidenziare, in particolare ai fini che qui interessano, quali siano quelle vietate dal codice di procedura penale: - la testimonianza sulle dichiarazioni dell’imputato (art. 63); - le perquisizioni e le ispezioni presso gli studi dei difensori, fuori dai casi previsti (art. 103); - la testimonianza indiretta nel caso in cui una delle parti abbia chiesto la citazione del teste diretto o nel caso in cui il teste de relato non indichi la sua fonte (art. 195); - la testimonianza di coimputati ed imputati in processo connesso (art. 197); - le informazioni rese alla polizia giudiziaria dai confidenti (art. 203); - le informazioni assunte dal perito presso le parti ed i terzi (art. 228); - il sequestro di corrispondenza fuori dai casi previsti (art. 254); - le intercettazioni telefoniche in assenza dei requisiti richiesti (artt. 270 e 271); - il ricorso a metodiche che influiscano sulla libertà di autodeterminazione e di giudizio (art. 188). 114 LE TECNICHE DI INDAGINE VOLTE ALLA INDIVIDUAZIONE DI REATI NEGLI APPALTI PUBBLICI L’inutilizzabilità della prova consiste in un’intrinseca patologia dell’atto, il quale è del tutto escluso dal sistema probatorio, con la conseguenza che, oltre ad essere rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, è altresì insuscettibile di rinnovazione e di sanatoria. 115 116 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 PAOLO PERCO INGEGNERE PHD, DIRETTORE DELL’AREA APPALTI DELLA S.P.A. AUTOVIE VENETE Sommario: 1. Premessa. - 2. La fase di programmazione e di progettazione. - 3. La fase di esecuzione. - 4. Conclusioni. 1. Premessa La fase di esecuzione dell’appalto è quella in cui l’operatore economico, individuato nella precedente fase di scelta del contraente, svolge la prestazione che la stazione appaltante ha ritenuto necessario acquisire. La fase di esecuzione inizia con la sottoscrizione del contratto di appalto e termina con il collaudo della prestazione eseguita. Nella fase di esecuzione il Responsabile del Procedimento (RUP) ed il Direttore dei lavori (DL) nel caso di appalto di lavori, o il Direttore dell’esecuzione del contratto (DEC) nel caso di appalto di forniture o servizi, conducono l’appalto assicurandosi che la prestazione svolta dall’appaltatore sia conforme al progetto posto a base di gara, ed in particolare ai requisiti qualitativi, quantitativi e prestazionali minimi in esso fissati, nonché all’eventuale offerta tecnica dell’operatore economico sulla base della quale si è aggiudicato l’appalto, verificano il rispetto dei tempi, provvedono alla liquidazione delle prestazioni rese nel rispetto dell’importo stabilito, gestiscono le eventuali modifiche al contratto 117 PAOLO PERCO resesi necessarie in corso di esecuzione e, più in generale, assicurano che l’esecuzione dell’appalto avvenga nel rispetto delle pattuizioni contrattuali e della normativa vigente. Questa normativa ha le sue origini nell’allegato F della Legge 20 marzo 1865, n. 2248 sull’unificazione amministrativa del Regno d’Italia e nel regolamento R.D. 19 dicembre 1875, n. 2854. Il corpo normativo relativo ai lavori pubblici è andato poi evolvendosi sino alla legge quadro 11 febbraio 1994, n. 109, al relativo regolamento d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, nonché al regolamento D.M. 19 aprile 2000, n. 145 recante il capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici. Con il successivo codice dei contratti pubblici di lavori, forniture e servizi D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ed il relativo regolamento d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, il legislatore ha inteso assimilare gli appalti di forniture e servizi a quelli di lavori, estendendo ad essi gran parte delle regole relative alla conduzione dell’appalto sino a quel momento riservate agli appalti di lavori. In particolare, l’impianto del titolo III e del titolo IV della parte IV del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che trattano dell’esecuzione e del collaudo degli appalti di forniture e servizi, ripropongono, con un certo grado di semplificazione, le ormai consolidate disposizioni relative alla fase di esecuzione degli appalti di lavori, riportate ai titoli VII, VIII, IX e X della parte II del medesimo d.P.R. Queste disposizioni, ormai ampliamente conosciute da tutti i soggetti che, a vario titolo, intervengono nella fase di esecuzione dell’appalto, costituivano una cornice normativa grazie alla quale la stazione appaltante era in grado di gestire con efficacia il rapporto con l’appaltatore nella fase di esecuzione del contratto. La recente pubblicazione del nuovo codice dei contratti D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 è quindi destinata ad avere significative conseguenze sulla fase di esecuzione del contratto in quanto, oltre ad abrogare il precedente codice, la lettera u) del comma 1 dell’art. 217 abroga anche il regolamento d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, per la cui sostituzione il nuovo codice rimanda all’emanazione di numerosi atti attuativi, la maggior parte dei quali non ancora emanata (a questo proposito va ricordato che, effettivamente, le disposizioni transitorie di cui all’art. 216 rimandano l’abrogazione di alcune modeste parti del regolamento all’emanazione degli atti attuativi che sono destinati a sostituirle). 118 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 In particolare, gli atti attuativi che conterranno le disposizioni relative alla fase di esecuzione del contratto sono le Linee Guida dell’ANAC sul RUP di cui al comma 5 dell’art. 31 del nuovo codice, recentemente emanate dall’ANAC con determinazione n. 1096 del 26 ottobre 2016, e, soprattutto, le Linee Guida dell’ANAC sul DL e sul DEC, da emanare con lo specifico decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti previsto dal comma 1 dell’art. 111 del nuovo codice. Nonostante questo articolo preveda che il decreto doveva essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice, al momento della scrittura del presente contributo il decreto non è ancora stato emanato. I testi delle due Linee Guida sulla base dei quali il presente contributo è stato redatto sono, pertanto, quelli approvati dal Consiglio dell’ANAC il 21 giugno 2016 e inviati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai fini dell’adozione del decreto ministeriale. È immediato constatare che gran parte dei loro contenuti è ripresa dall’abrogato d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, tralasciando tuttavia diverse disposizioni, talvolta di significativa importanza, e trasponendo le altre in un testo con struttura discorsiva. Le due Linee Guida, se valutate con riferimento alla loro capacità di fornire disposizioni efficaci per la fase di esecuzione dell’appalto, utili anche per guidare il DL ed il DEC nel rapporto con l’appaltatore, non possono che essere giudicate modeste rispetto al precedente d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. Su tali Linee Guida, nonché sul relativo schema di decreto ministeriale, il Consiglio di Stato ha recentemente formulato il proprio parere (numero 2282/2016 dd. 3 novembre 2016). Tra le numeros e osservazioni in esso contenute, riveste particolare importanza la condivisibile richiesta di trasformare la struttura discorsiva delle Linee Guida in un articolato regolamentare per consentire un’immediata percezione dei precetti vincolanti. Peraltro, è ipotizzabile che anche le due Linee Guida definitive, auspicabilmente revisionate alla luce del parere del Consiglio di Stato, manterranno, nella sostanza dei contenuti, i medesimi di quelle attualmente disponibili e quindi sarà confermata l’assenza di numerose disposizioni che erano invece presenti nel d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. 119 PAOLO PERCO Questo fatto è destinato ad avere significative conseguenze nel rapporto tra stazione appaltante e appaltatore poiché l’assenza nelle Linee Guida di specifiche disposizioni relative a diversi aspetti della fase di esecuzione del contratto, ricondurrà il contratto stesso, per tali aspetti, nell’alveo di applicazione delle norme che in via ordinaria regolano le pattuizioni contrattuali, indebolendo significativamente la posizione della stazione appaltante. È opportuno, pertanto, che le stazioni appaltanti provvedano ad inserire nei propri capitolati speciali d’appalto da porre a base di gara specifiche disposizioni volte a integrare il nuovo corpo normativo per disciplinare con la necessaria precisione quanto da quest’ultimo non più trattato, o trattato in modo non sufficientemente dettagliato. Anche così, peraltro, da un lato è intuibile che amministrazioni di dimensioni modeste, non dotate di competenze e professionalità adeguate, potrebbero avere difficoltà in tale integrazione, dall’altro il proliferare di regole capitolari diverse tra le diverse stazioni appaltanti non potrà che contribuire ad una aumento del contenzioso, unitamente ad una maggior difficoltà per i soggetti chiamati a dirimerlo, mancando un riferimento normativo comune per tutti gli appalti a cui poter fare riferimento. Il presente contributo è stato redatto in tale contesto e, pertanto, in attesa di un auspicato intervento dell’ANAC o del legislatore che possa contribuire a migliorare la situazione sopra delineata, si propone di costituire un supporto pratico per la redazione di un capitolato speciale d’appalto che, integrando la normativa vigente, possa rappresentare un efficacie strumento a disposizione dei soggetti della stazione appaltante preposti alla conduzione dell’appalto. 2. La fase di programmazione e di progettazione Anche se il presente contributo tratta la fase di esecuzione dell’appalto è comunque opportuno soffermarsi brevemente sulla fase di programmazione e progettazione della prestazione che la stazione appaltante intende acquisire, sia essa una grande opera o una modesta fornitura. A prescindere dagli obblighi di programmazione previgenti e ora statuiti 120 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 dall’art. 21 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., per quanto qui di interesse è importante osservare che una tempestiva programmazione consente da un lato di individuare esigenze similari che possono essere gestite con un unico contratto, cosa che in fase di esecuzione si traduce in un’ovvia economia di tempo rispetto a quello necessario alla stazione appaltante per gestire più contratti similari con diversi operatori economici, dall’altro lato di disporre di maggior tempo per progettare la prestazione, potendo così porre a base di gara un progetto più dettagliato, con una precisa individuazione della prestazione richiesta, dei suoi requisiti tecnici e prestazionali e del suo valore economico, accompagnato da un capitolato speciale d’appalto contenente specifiche disposizioni, puntuali e congruenti con la prestazione rappresentata nel progetto. È ovvio, infatti, che la presenza in allegato al contratto di un progetto completo e dettagliato della prestazione che la stazione appaltante intende acquisire, agevola l’azione della stazione appaltante nella fase di esecuzione dell’appalto. Per quanto attiene, invece, la fase progettuale, pur non essendo anch’essa oggetto di questo contributo, risulta utile elencare di seguito, seppur sinteticamente, quelle scelte che devono essere assunte già in tale fase, ma che hanno una significativa influenza diretta sulla fase di esecuzione dell’appalto. a. Modalità di liquidazione dell’appalto (a corpo o a misura) Un appalto è liquidato a corpo quando il corrispettivo per la prestazione è predeterminato e rimane fisso e invariabile. Un appalto è liquidato a misura quando sono predeterminati i prezzi unitari delle singole prestazioni elementari e il corrispettivo è calcolato sui quantitativi effettivamente resi dall’appaltatore. Il capitolato speciale d’appalto deve definire se l’appalto è liquidato a corpo o a misura. Ovviamente, la scelta dipende prioritariamente dalle caratteristiche della prestazione richiesta, ma anche una valutazione sul carico di lavoro dei soggetti preposti alla conduzione dell’appalto, e quindi dell’effettiva possibilità di controllo in fase esecutiva non può essere trascurata, in quanto l’appalto a misura richiede un impegno da parte di tali soggetti per la tempestiva verifica quantitativa di quanto eseguito decisamente maggiore rispetto all’appalto a corpo. 121 PAOLO PERCO b. Gli adempimenti che possono trovare applicazione nella fase di esecuzione solo se indicati nei documenti di gara Il D.Lgs. 50/2016 s.m.i. ammette in fase di esecuzione i seguenti adempimenti solo se già individuati negli atti posti a base di gara: opzioni e rinnovi (comma 4 dell’art. 35), periodi di garanzia dei lavori (comma 7 dell’art. 103), esonero della garanzia (comma 11 dell’art. 103), limitazioni all’istituto del subappalto (comma 4 dell’art. 105), clausole di revisione dei prezzi (comma 1 dell’art. 106), limiti al valore delle modifiche che possono essere apportate al contratto (lettera e) del comma 1 dell’art. 106), possibilità di adottare una proroga per completare nuove procedure di scelta del contraente (comma 11 dell’art. 106), ricorso all’arbitrato (comma 2 dell’art. 209). c. L’individuazione dei requisiti dell’operatore economico Il RUP deve individuare i requisiti di idoneità professionale, di capacità economico e finanziaria e di capacità tecnica e professionale che ritiene debba possedere un operatore economico per svolgere efficacemente la prestazione e che, pertanto, costituiranno i requisiti di partecipazione della procedura di scelta del contraente. Un attento bilanciamento di tali requisiti è infatti fondamentale perché se da un lato è opportuno ampliare la platea dei possibili concorrenti alla procedura, dall’altro vi è il rischio di selezionare un operatore economico che, alla prova dei fatti, non possiede le capacità per svolgere efficacemente la prestazione. d. La scelta dell’importo degli stati di avanzamento La scelta dell’importo degli stati di avanzamento che la stazione appaltante liquiderà all’operatore economico durante lo svolgimento della prestazione, da indicare nel capitolato speciale d’appalto, può avere importanti conseguenze nella fase esecutiva. Se, infatti, un importo troppo modesto costituisce un’inutile aggravio delle attività che competono alla stazione appaltante in fase di esecuzione, dall’altro lato un importo troppo elevato potrebbe costituire un serio ostacolo al corretto 122 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 svolgimento della prestazione per l’appaltatore nel caso questi non possieda un’adeguata capacità economico finanziaria che gli consenta di sopportare l’anticipazione di un importo almeno corrispondente al valore fissato per gli stati d’avanzamento. e. La scelta del criterio di aggiudicazione La scelta del criterio di aggiudicazione, che deve essere presa anche considerando la qualità del progetto da porre a base di gara, può avere significative conseguenze sulla fase di esecuzione. Il criterio del minor prezzo, infatti, ora consentito solo nei casi di cui al comma 4 dell’art. 95 del D.Lgs. 50/206 s.m.i., di norma consente la conclusione della procedura di scelta del contraente in minor tempo rispetto al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma necessita di un progetto particolarmente curato poiché deve dettagliare esattamente la prestazione richiesta in ogni sua componente, identificando con precisione i termini qualitativi, quantitativi, temporali e prestazionali che debbono essere rispettati dall’appaltatore. In caso contrario, infatti, nella fase esecutiva l’appaltatore potrebbe eccepire che quanto effettivamente richiesto dalla stazione appaltante non corrisponde a quanto contenuto nel progetto posto a base di gara, sulla base del quale è stata formulata la sua offerta. Al contrario, nel caso sia adottato il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, un’attenta individuazione e descrizione dei criteri sulla base dei quali saranno valutate le offerte può supplire a specifiche carenze del progetto da porre a gara, inducendo i concorrenti stessi a formulare proposte con cui migliorarlo proprio per quegli aspetti che il progetto non ha saputo o potuto dettagliare adeguatamente. Tale possibilità è ora confermata dal comma 14 dell’art. 95 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., che permette alle stazioni appaltanti di richiedere ai concorrenti di accompagnare l’offerta con specifiche varianti al progetto posto a base di gara, fissandone i requisiti minimi che esse devono rispettare. f. La modalità di individuazione della migliore offerta economica La scelta del criterio di individuazione della migliore offerta economica da utilizzare nella procedura di scelta del contraente può avere importanti 123 PAOLO PERCO conseguenze nella fase esecutiva. Il miglior prezzo, o il migliore punteggio economico nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa, può essere individuato, infatti, o mediante un unico ribasso percentuale sull’importo della prestazione posta a base di gara, o mediante un’offerta a prezzi unitari. Queste due modalità, che erano in precedenza disciplinate, con riferimento al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, dall’art. 82 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, non trovano ora collocazione nel D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. La scelta dipende innanzitutto dalla presenza, o meno, di un elenco prezzi unitari delle prestazioni elementari che compongono il progetto. Se nel caso di un appalto di lavori tale presenza è scontata, ed anche nel caso di un appalto di forniture ormai l’utilizzo di elenchi di prezzi unitari è molto diffuso, nel caso di alcuni appalti di servizi possono effettivamente sussistere ancora delle difficoltà progettuali, non tanto nel suddividere la prestazione in prestazioni elementari, quanto nell’individuare un prezzo unitario per ciascuna di esse. Comunque, l’adozione nella procedura di scelta del contraente del sistema dell’offerta su lista prezzi unitari costituisce un notevole vantaggio per la stazione appaltante in quanto le consente di disporre nella fase di esecuzione dei prezzi unitari offerti dall’appaltatore per ciascuna prestazione elementare. Ne consegue che risulta più semplice gestire sia eventuali modifiche al contratto sia eventuali contestazioni sul valore delle prestazioni eseguite. 3. La fase di esecuzione La fase di esecuzione è il momento centrale dell’intera procedura di appalto, in quanto è quella in cui la stazione appaltante, sulla base delle attività propedeutiche svolte nelle fasi precedenti, può finalmente vedere soddisfatta la sua necessità di ottenere una certa prestazione. Nella fase di esecuzione i soggetti preposti alla conduzione dell’appalto (RUP e DL o DEC) hanno quindi il difficile compito di gestire il rapporto contrattuale con l’appaltatore, con l’obiettivo di ottenere la prestazione rappresentata nel progetto posto a base di gara, così come eventualmente modificato dall’offerta dell’appaltatore, nel pieno rispetto della normativa vigente, nonché del tempo e dell’importo contrattuale. 124 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 Nella trattazione che segue la fase di esecuzione è stata suddivisa, per praticità espositiva, nelle sue principali componenti, per ciascuna delle quali il testo ripercorrerà sinteticamente gli aspetti più salienti, facendo riferimento alle corrispondenti disposizioni contenute nel D.Lgs. 50/2016 s.m.i. e nelle Linee Guida sul DL e sul DEC dell’A.N.AC. (nella versione approvata dal consiglio dell’A.N.AC. il 21 giugno 2016, già richiamate in premessa). A questo proposito, rimandando per maggiori dettagli al parere del Consiglio di Stato n. 1767 del 2 agosto 2016 formulato sulle Linee Guida dell’A.N.AC. sul RUP, è importante ricordare che il rispetto delle Linee Guida sul DL e sul DEC, così come di quelle sul RUP, sarà obbligatorio per le stazioni appaltanti, che non avranno alcun potere valutativo in merito alla loro applicazione. Nonostante ciò, al momento della loro emanazione sarà comunque opportuno inserire nel capitolato speciale d’appalto l’obbligo per l’appaltatore di rispettare le disposizioni in esse contenute, onde evitare possibili motivi di contenzioso. Nel testo saranno spesso richiamate, inoltre, le disposizioni dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. in quanto esse hanno dimostrato grande efficacia nella fase esecutiva e possono essere quindi utilizzate ancora oggi come utile riferimento per la redazione di un capitolato speciale d’appalto che integri il nuovo corpo normativo, costituito dal D.Lgs. 50/2016 e dalle Linee Guida dell’ANAC. A questo proposito deve essere comunque ricordato che, con riferimento alla fase di esecuzione del contratto dei soli lavori, fino all’emanazione delle Linee Guida sul DL rimangono provvisoriamente in vigore i capi I e II del titolo IX della parte II (relativi alla contabilità dei lavori), nonché il titolo X della parte II (relativo al collaudo dei lavori) del d.P.R. 207/2010 s.m.i. Il presente contributo, pur trattando sia gli appalti di lavori, sia quelli di forniture e servizi, farà spesso riferimento alle disposizioni relative ai primi, in quanto più puntuali e dettagliate, con l’avvertenza che, nel caso di appalti di forniture e di servizi, i loro contenuti potranno essere ricalibrati in ragione dell’effettiva loro rispondenza con le caratteristiche, la dimensione e la complessità dell’appalto. a. Le figure della Stazione appaltante Le figure della Stazione appaltante che concorrono nella fase di esecuzione 125 PAOLO PERCO di un appalto sono di norma tre: il soggetto che svolge il ruolo di Stazione appaltante, che nell’amministrazione pubblica è tipicamente il dirigente competente ma nel caso di società partecipata o controllata potrebbe essere diverso e va quindi individuato sulla base dei poteri e delle procure conferite all’interno della società, il responsabile unico del procedimento (RUP), il direttore dei lavori (DL) o il direttore dell’esecuzione del contratto (DEC), rispettivamente per gli appalti di lavori o di forniture e servizi, il collaudatore. Tali figure possono talvolta coesistere nello stesso soggetto, come sarà approfondito di seguito. Le funzioni del RUP sono ora individuate all’art. 31 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. e meglio dettagliate nelle Linee Guida recentemente emanate dall’ANAC con determinazione n. 1096 del 26 ottobre 2016. Il comma 1 dell’art. 101 “soggetti delle stazioni appaltanti” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., introduce invece le figure del DL, del DEC e del collaudatore. L’articolo però, nonostante il titolo, approfondisce unicamente la figura del DL, individuando i compiti e l’organizzazione dell’ufficio di direzione lavori. Il successivo art. 102 “collaudo” tratteggia gli aspetti principali di tale attività e le modalità di nomina dei collaudatori, demandando tuttavia ad uno specifico decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti la definizione delle modalità tecniche di svolgimento del collaudo. Il comma 8 disciplina la fase transitoria, in attesa dell’emanazione di questo decreto, nel solo caso dei lavori, in quanto richiama il comma 16 dell’art. 216 che conferma l’applicazione del titolo X della parte II del dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i., ma nulla dice in merito alle modalità di svolgimento del collaudo degli appalti di forniture e servizi nelle more dell’emanazione del decreto, in precedenza regolato dal titolo IV della parte IV dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. Le funzioni ed i compiti del DEC sono infine tratteggiati solo al comma 2 dell’art. 111 “Controllo tecnico, contabile e amministrativo”. Lo stesso articolo, inoltre, dispone l’adozione di un decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti per l’emanazione delle Linee Guida predisposte dall’ANAC sui compiti del DL e del DEC. Le funzioni di RUP, DL o DEC, e collaudatore in alcuni casi possono essere svolte dallo stesso soggetto. In particolare, il comma 4 dell’art. 9 dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. disponeva che il medesimo soggetto poteva svolgere le funzioni di RUP e di DL solo per appalti di importo inferiore a 126 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 500mila euro, mentre il comma 1 dell’art. 300 disponeva che nel caso di appalti di forniture e servizi la funzione di DEC fosse svolta dal RUP per appalti di importo inferiore a 500mila euro, a meno di diversa indicazione della stazione appaltante (comma 5 dell’art. 272). Gli stessi articoli disponevano che per appalti di importo superiore a 500mila euro le due funzioni dovevano essere svolte da soggetti diversi. L’art. 26 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. modifica significativamente tale impostazione per gli appalti di lavori in quanto la lett. d) del comma 6 prevede che sia il RUP a verificare i progetti dei lavori di importo inferiore a un milione di euro. Considerando però che il successivo comma 7 specifica l’incompatibilità dello svolgimento dell’attività di verifica con quella di DL, ne consegue che il RUP non può di fatto più svolgere la funzione di DL dovendo verificare il progetto che lo stesso DL è chiamato a far eseguire all’appaltatore. Le Linee Guida dell’ANAC sul RUP specificano che RUP e DL non possono coincidere solo per lavori di speciale complessità o di importo superiore a un milione e mezzo ma, contemporaneamente, confermano l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 26 comma 6, lett. d) e comma 7 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. Le stesse Linee Guida dell’ANAC sul RUP confermano il limite dei 500mila euro nel caso di forniture e servizi, oltre i quali lo stesso soggetto non può svolgere entrambe le funzioni. Per quanto attiene, invece, la coincidenza delle figure di DL, o DEC, e collaudatore, va osservato che per quanto riguarda i lavori l’art. 237 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. prevedeva che il DL emettesse il Certificato di Regolare Esecuzione in sostituzione del collaudo per lavori sino alla soglia individuata dal comma 3 dell’art. 141 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i., pari a un milione, mentre per importi superiori la stazione appaltante doveva nominare, ai sensi dell’art. 216, uno o più collaudatori (fino ad un massimo di tre), già in corso d’opera nel caso di lavori complessi. Per quanto riguarda, invece, le forniture ed i servizi il comma 1 dell’art. 314 disponeva che la verifica di conformità della prestazione fossa condotta dal DEC a meno che il RUP non avesse accertato che essa era da considerarsi particolarmente complessa sotto il profilo tecnologico oppure necessitante di una pluralità di competenze diverse. 127 PAOLO PERCO Il comma 2 dell’art. 102 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. conferma che i contratti pubblici sono soggetti a collaudo e, come già detto, demanda ad uno specifico decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti oltre che la definizione delle modalità tecniche di svolgimento del collaudo, l’individuazione dei casi in cui il certificato di collaudo dei lavori ed il certificato di conformità delle forniture e dei servizi potranno essere sostituiti dal certificato di regolare esecuzione rilasciato rispettivamente dal DL nel caso di lavori, o dal RUP su proposta del DEC, se nominato, nel caso di forniture e servizi. La nomina di tutte le figure citate (RUP, DL, DEC, Collaudatore) compete alla stazione appaltante. Con riferimento al momento della loro nomina, è importante ricordare che quella del DL e del DEC deve avvenire prima dell’avvio della procedura di scelta del contraente. Al di là dell’obbligo normativo, che per il solo DL è disposto dal comma 2 dell’art. 101 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., la motivazione va ricercata nel fatto che ciò consente un ulteriore livello di controllo sul progetto che sta per essere posto in gara, con particolare riferimento alla permanenza delle condizioni che consentono la realizzazione dell’opera. Il DL può infatti condurre un sopralluogo ed analizzare il progetto, verificando che lo stato di fatto dei luoghi e la viabilità di accesso consentano effettivamente di realizzare i lavori così come previsti nel progetto. Ciò è di particolare importanza nel caso degli appalti di lavori, nei quali i tempi intercorrenti tra l’attività di progettazione e l’effettivo avvio della procedura possono essere anche molto lunghi e, di conseguenza, potrebbero essere nel frattempo accaduti fatti che hanno reso non più realizzabile l’opera nei modi indicati nel progetto. Ovviamente, tale condivisibile cautela potrebbe essere adottata anche per appalti di forniture e servizi quando l’importo dell’appalto e le sue caratteristiche consigliano una preventiva valutazione del progetto da porre a base di gara da parte del DEC che sarà chiamato a dirigerlo. b. L’avvio della prestazione Il momento della consegna della prestazione risulta di grande importanza per impostare correttamente la fase di esecuzione. 128 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 È quindi importante, tranne che per le prestazioni più semplici o di esclusiva fornitura di prodotti standardizzati, che l’avvio della prestazione non coincida con la semplice sottoscrizione del contratto, o con la ricezione da parte dell’appaltatore della lettera di affidamento, ma avvenga in un momento successivo, preferibilmente sul luogo dove la prestazione sarà svolta, alla presenza sia del DL, o del DEC, sia dell’appaltatore. In tale occasione è importante che l’appaltatore prenda visione dei luoghi e delle specifiche condizioni in cui si svolgerà la prestazione, nonché dei fatti e delle circostanze che potrebbero influenzarne l’esecuzione, e che, al termine della consegna, venga redatto in contraddittorio un apposito verbale di consegna. L’appaltatore deve riportare sul verbale eventuali contestazioni in merito allo stato dei luoghi o ad altre circostanze che, a sua detta, gli impedirebbero di svolgere la prestazione come da lui previsto in fase di offerta. La redazione di questo verbale, e il conseguente obbligo per l’appaltatore di iscrivervi eventuali contestazioni, oltre che essere utile ai fini della normativa sulla sicurezza, consente alla stazione appaltante di conoscere tempestivamente il contenuto di eventuali contestazioni, limitando al contempo la possibilità per l’appaltatore di sollevare in corso di esecuzione dell’appalto contestazioni legate ai luoghi ed alle condizioni ambientali in cui si svolge la prestazione. L’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. dedicava al momento della consegna gli artt. 153, 154 e 155 per gli appalti di lavori e gli artt. 303 e 304 per gli appalti di forniture e servizi. L’art. 154 richiedeva la redazione del verbale sopra descritto, mentre l’art. 303, sebbene non obbligasse alla redazione del verbale, al comma 2, prevedeva la possibilità di redigere il verbale di avvio, i cui contenuti erano dettagliati al successivo art. 304. Tutti questi articoli dettagliavano le modalità delle operazioni di consegna, l’eventualità in cui l’appaltatore non si fosse presentato, l’obbligo per l’appaltatore di iscrivere sul verbale eventuali contestazioni. Attualmente, il quarto periodo del comma 5 dell’art. 107 “sospensione” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., che conferma l’obbligo per l’appaltatore di ultimare i lavori nei termini contrattuali, dà per scontata l’esistenza di un verbale di consegna, senza tuttavia fornire alcuna indicazione in merito. Le Linee Guida dell’ANAC sul DL trattano sinteticamente la consegna dei lavori al punto 6.2, specificando i contenuti minimi del verbale di consegna. 129 PAOLO PERCO Esse rimandano al capitolato speciale d’appalto della stazione appaltante sia per le modalità con cui essa deve avvenire sia per le eventuali penali in caso di ritardata consegna per colpa della stazione appaltante e nulla dicono in merito all’obbligo di iscrizione delle contestazioni. Anche le Linee Guida sul DEC trattano sinteticamente dell’avvio della prestazione al punto 4.2, richiedendo anch’esse la redazione di apposito verbale. Alla luce dei modesti contenuti delle due Linee Guida in merito alla consegna della prestazione, risulta di particolare importanza dettagliare le operazioni di consegna ed i contenuti del relativo verbale nel capitolato speciale d’appalto. Da ultimo, si ricorda che potrebbe risultare opportuno, per particolari prestazioni, prevedere nel capitolato speciale d’appalto anche la possibilità di procedere a più consegne parziali della prestazione, con altrettanti verbali di avvio. Il capitolato speciale d’appalto deve specificare che in caso di più consegne parziali i termini contrattuali decorrono dall’ultimo verbale di avvio, come previsto già dall’abrogato comma 11 dell’art. 159 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. Le Linee Guida dell’ANAC del DL confermano tale previsione, subordinando però la possibilità di procedere a consegne parziali proprio ad una esplicita disposizione del capitolato speciale di appalto. c. La sospensione della prestazione In corso di esecuzione dell’appalto può intervenire la necessità di sospendere temporaneamente l’esecuzione di tutta la prestazione, o di parte di essa. Le motivazioni possono essere le più varie e possono dipendere da cause imprevedibili ed indipendenti dalla stazione appaltante, da sopravvenute esigenze di quest’ultima, dalla necessità di redigere una modifica al contratto, da ragioni di pubblico interesse. Per evitare quindi che l’appaltatore possa avanzare richieste economiche a seguito della sospensione, diviene importante disporre di precise disposizioni che regolano tale evenienza. L’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. disciplinava la sospensione degli appalti di lavori agli artt. 158 e 159 e quella degli appalti di forniture e servizi all’art. 308 ed allo stesso art. 159, in quanto compatibile. Gran parte dei loro contenuti sono stati ora ripresi dall’art. 107 “sospensione” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. 130 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 Questo articolo dettaglia i casi in cui il DL, o il DEC, nonché il RUP, possono disporre la sospensione, totale o parziale, della prestazione, al di fuori dei quali l’appaltatore può richiedere il risarcimento dei danni subiti, e dispone la redazione in contraddittorio di una specifico verbale. Il verbale deve riportare la causa che ha determinato la sospensione, lo stato di avanzamento della prestazione e le eventuali attrezzature, mezzi e materiali dell’appaltatore presenti al momento della sospensione. Risulta di particolare importanza, inoltre, che il DL, o il DEC, individui anche le eventuali cautele da adottare per poter riprendere successivamente le prestazioni senza ulteriori oneri, ivi incluso l’allontanamento di eventuali attrezzature in esubero, ordinando all’appaltatore la loro esecuzione e dandone conto nello stesso verbale. La convenienza per la stazione appaltante nella redazione di un simile verbale è evidente in quanto limita drasticamente la possibilità per l’appaltatore di avanzare in una fase successiva possibili richieste economiche legate sia all’immobilizzazione di attrezzature, sia ad eventuali maggiori costi legati alla ripresa delle attività. Non appena sono venute meno le cause che hanno generato la sospensione, il DL, o il DEC, deve tempestivamente informare il RUP che dispone la ripresa dei lavori individuando il nuovo termine contrattuale. Il DL o DEC devono quindi ordinare la ripresa della prestazione e redigere un apposito verbale di ripresa, anch’esso in contraddittorio, nel quale è importante riportare il nuovo termine contrattuale. Ai sensi del secondo periodo del comma 4 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. l’appaltatore deve iscrivere eventuali contestazioni relative alla sospensione sui relativi verbali di sospensione e di ripresa, a pena di decadenza. Questa previsione ha il grande pregio di consentire alla stazione appaltante di conoscere immediatamente, e quindi poter controdedurre tempestivamente, eventuali richieste dell’appaltatore relative alla sospensione. L’appaltatore può richiedere lo scioglimento dal contratto solo se la sospensione, o le sospensioni se più di una, durano un periodo di tempo superiore ad un quarto della durata complessiva contrattuale o comunque più di sei mesi. Solo in questo caso, se la stazione appaltante non concede lo scioglimento, l’appaltatore ha diritto alla rifusione dei maggiori oneri. In merito alla risarcibilità del danno all’appaltatore in caso di sospensione dovuta a motivazioni diverse da quelle ora elencate all’art. 107, va osservato che il comma 6 dell’art. 131 PAOLO PERCO 107 si limita a stabilire genericamente che tale danno va quantificato sulla base di quanto previsto dall’art. 1382 del codice civile, mentre l’art. 160 dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. esplicitava la modalità di calcolo del danno. A questo proposito si osserva che, per evitare che in caso di contenzioso la modalità di calcolo del danno non risulti indeterminata, è di grande importanza inserire nel capitolato speciale d’appalto una specifica disposizione a riguardo. Questa disposizione capitolare, inoltre, dovrebbe specificare anche le modalità con cui l’appaltatore deve agire nel caso in cui ritenga cessate le cause che hanno determinato la sospensione senza che sia stata disposta la ripresa dei lavori da parte dell’amministrazione. A questo proposito, le Linee Guida dell’ANAC sul DL al punto 7.4 trattano della sospensione dei lavori, confermando che il contratto deve comprendere una clausola con la quale quantificare il risarcimento dovuto all’appaltatore in caso di sospensione illegittima e descrivendo le modalità con cui deve agire l’appaltatore in caso ritenga cessate le cause che hanno determinato la sospensione. Anche le Linee Guida dell’ANAC sul DEC al punto 4.6 trattano i medesimi argomenti, ad eccezione del comportamento che deve tenere l’appaltatore nel caso ritenga cessate le cause che hanno determinato la sospensione. Anche in tal caso, pertanto, pare opportuno integrare le Linee Guida provvedendo ad inserire nel capitolato speciale d’appalto la necessaria disposizione. d. La proroga Con la proroga il contratto d’appalto è esposto soltanto ad un prolungamento della sua durata a parità di patti, prezzi e condizioni. L’applicazione della proroga ha motivazioni e conseguenze molto diverse nel caso l’appalto riguardi un lavoro, e quindi l’esecuzione di un’opera, piuttosto che la fornitura di un bene o lo svolgimento di un servizio che presuppone un risultato finale, quale ad esempio un servizio di progettazione, o invece riguardi lo svolgimento di un servizio continuativo, quale ad esempio un servizio di manutenzione o un servizio mensa. Nel primo caso, infatti, la proroga può essere concessa dalla stazione appaltante all’appaltatore perché quest’ultimo non è riuscito a terminare la prestazione entro i tempi contrattuali, per motivi da lui non dipendenti. 132 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 In questo caso a seguito della concessione della proroga l’oggetto del contratto, e quindi l’importo, non viene modificato, mentre varia il tempo concesso all’appaltatore per completare la prestazione. Al contrario, nel caso l’appalto riguardi un servizio continuativo, la proroga, ovvero l’aumento del tempo contrattuale, comporterà anche la variazione dell’importo del contratto, perché il servizio sarà svolto per un tempo superiore a quello originariamente previsto. La proroga relativa ad un appalto di lavori era disciplinata dai commi 8, 9 e 10 dell’art. 159 dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. che stabilivano sia la modalità con la quale l’appaltatore poteva avanzare la richiesta di proroga nel caso, per cause a lui non imputabili, non fosse stato in grado di ultimare i lavori nel termine fissato, sia i termini entro i quali il RUP, sentito il DL, doveva rispondere. Queste disposizioni sono state ora riprese dai primi tre periodi del comma 5 dell’art. 107 “sospensione” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. Inoltre, il successivo comma 7 estende tali disposizioni, per quanto compatibili, anche ai contratti di forniture e di servizi. Per consentire al DL ed al DEC un’efficacie gestione di tale situazione in fase di esecuzione del contratto, si ritiene comunque opportuno completare tale previsione normativa con specifiche disposizioni operative nel capitolato speciale d’appalto, in particolare relative alle motivazioni, alle modalità ed ai termini entro i quali l’appaltatore deve avanzare la richiesta di proroga. Per quanto riguarda, invece, la proroga relativa ad una prestazione continuativa, il D.Lgs. 50/2016 s.m.i. introduce delle novità rispetto al previgente corpo normativo. In particolare, al comma 11 dell’art. 106 “modifica di contratti durante il periodo di efficacia” dispone che la durata del contratto può essere modificata solo se è stata prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga, inoltre, deve essere limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. Diviene di grande importanza, quindi, nella fase progettuale della prestazione, prevedere tale opzione in quanto, in sua assenza, la proroga non potrà essere utilizzata nemmeno nelle more del completamento di una nuova procedura di scelta del contraente. Peraltro, va ricordato che quand’anche prevista nei documenti di gara, la proroga è comunque soggetta alle previsioni di 133 PAOLO PERCO cui al comma 1 lettera e) del medesimo art. 106. Pertanto, l’importo corrispondente alla prestazione svolta durante la proroga non potrà comunque comportare il superamento della soglia economica in base alla quale è stata individuata la procedura di scelta del contraente, in quanto tale modifica è da considerarsi sostanziale ai sensi del comma 4 dell’art. 107. Inoltre, la proroga potrà essere imposta all’appaltatore agli stesi patti, prezzi e condizioni del contratto unicamente se contenuta nel quinto dell’importo contrattuale così come previsto dal comma 12 dell’art. 107. e. L’ultimazione delle prestazioni Il termine di ultimazione della prestazione appaltata riveste una particolare importanza nel rapporto contrattuale tra stazione appaltante e appaltatore in quanto dal suo rispetto, o meno, possono derivare l’applicazione di una penale, o, più raramente, il riconoscimento di un’eventuale premio di accelerazione. Di conseguenza, risulta di grande importanza che il capitolato speciale d’appalto contenga delle disposizioni che disciplinino con rigore le modalità con cui individuare questo momento, onde evitare possibili controversie con l’appaltatore (momento che, è bene ricordarlo, non coincide con il collaudo della prestazione che avviene in una fase successiva). A testimonianza di tale importanza, l’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. dedicava l’art. 199 all’ultimazione degli appalti di lavori e l’art. 309 all’ultimazione degli appalti di forniture e servizi. Entrambi gli articoli prevedevano l’obbligo in capo all’appaltatore di comunicare l’ultimazione delle prestazioni ed al DL, o DEC, l’obbligo di condurre i necessari accertamenti in contraddittorio con l’appaltatore e di rilasciare, senza ritardo alcuno, in assenza di vizi o difformità, il certificato di ultimazione delle prestazioni. Di particolare importanza risultava, inoltre, la previsione dell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 199 che richiedeva al DL di procedere comunque, alla data di scadenza prevista dal contratto, alla redazione di un verbale di constatazione dello stato dei lavori in contraddittorio con l’appaltatore. Questa disposizione è importante perché, in previsione di un possibile contenzioso, consente di avere evidenza della quota parte di prestazione effettivamente eseguita dall’appaltatore alla scadenza contrattuale. Inoltre, il successivo comma 2 forniva 134 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 al DL la possibilità di prevedere nel certificato di ultimazione dei lavori l’assegnazione di un termine perentorio, non superiore a sessanta giorni, per il completamento di lavorazioni di piccole entità del tutto marginali e non incidenti sulla funzionalità dell’opera. Il mancato rispetto di questo termine comportava l’inefficacia del certificato di ultimazione già rilasciato. L’ultimazione dei lavori è ora trattata da parte del comma 5 dell’art. 107 “sospensione” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. Il quarto periodo del comma 5 dispone, infatti, l’obbligo per l’appaltatore di ultimare i lavori nei termini contrattuali mentre il quinto periodo stabilisce l’obbligo per l’appaltatore di comunicare tempestivamente l’ultimazione dei lavori per iscritto al DL, il quale deve procedere subito alle necessarie constatazioni in contraddittorio. Il successivo comma 7 stabilisce l’applicazione di tali disposizioni, in quanto compatibili, anche ai contratti di forniture e di servizi. Le Linee Guida dell’ANAC sul DL, al punto 8.2, riprendono quanto previsto dal comma 1 dell’art. 199 del d.P.R. 207/2010 s.m.i., prevedendo quindi sia il tempestivo rilascio del certificato di ultimazione dei lavori da parte del DL, sia la redazione del verbale di constatazione sullo stato dei lavori alla data di scadenza contrattuale. La possibilità di prevedere nel certificato di ultimazione dei lavori l’assegnazione all’appaltatore di un termine perentorio per il completamento di lavorazioni di piccole entità non è stata invece ripresa e, conseguentemente, tutte le lavorazioni, nessuna esclusa, debbono ora essere concluse prima che l’impresa possa comunicare l’ultimazione dei lavori. Se formalmente tale principio è ineccepibile, non può essere sottaciuto che la precedente disposizione consentiva al DL di disporre di uno strumento flessibile per gestire le ultime modeste lavorazioni, anche non necessariamente correlate alla realizzazione dell’opera (si pensi ad esempio allo sgombero dell’area o alla rimozione di qualche opera provvisionale), senza la necessità di applicare immediatamente le penali contrattualmente previste per un eventuale ritardo nella loro ultimazione. Nel nuovo contesto normativo, pertanto, risulta importante che il capitolato speciale d’appalto definisca con precisione le lavorazioni e le attività che rientrano tra quelle contrattualmente previste e la cui mancata ultimazione, pertanto, comporta da un lato l’impossibilità di rilasciare il certificato di ultimazione lavori, dall’altro l’applicazione delle penali per la ritardata ultimazione nel caso esse non siano completate entro la scadenza contrattuale. 135 PAOLO PERCO Le Linee Guida dell’ANAC sul DEC al punto 5.1 trattano dell’ultimazione delle prestazioni. A differenza di quelle del DL fissano dei precisi limiti temporali a partire dalla comunicazione di ultimazione delle prestazioni da parte dell’appaltatore, non presenti nel d.P.R. 207/2010 s.m.i., entro i quali il DEC deve condurre i necessari accertamenti in contraddittorio ed entro i quali rilasciare il certificato di ultimazione delle prestazioni. Le Linee Guida sul DEC non prevedono l’obbligo, previsto invece dalle Linee Guida sul DL, di procedere comunque, alla data di ultimazione prevista dal contratto, alla redazione di un verbale di constatazione dello stato della prestazione in contraddittorio con l’appaltatore. In ragione dell’importanza di tale previsione, appare opportuno che essa sia quindi inserita nel capitolato speciale d’appalto per quelle prestazioni per le quali tale disposizione può risultare utile alla stazione appaltante. f. La contabilità La contabilità degli appalti di lavori pubblici, ed il correlato tema delle riserve dell’appaltatore, erano rigorosamente regolati dall’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i., che li dedicava l’intero titolo IX della parte II, composto da ben 36 articoli. Agli appalti di forniture e servizi era dedicato, invece, il solo art. 307. Quest’ultimo articolo, così come il capo III del ricordato Titolo IX, è stato abrogato, mentre i capi I e II rimangono provvisoriamente in vigore sino all’entrata in vigore del decreto di cui al comma 111 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. con il quale saranno approvate le Linee Guida dell’ANAC sul DL, così come disposto dal comma 17 dell’art. 216 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. Ad oggi, pertanto, la disciplina relativa alla contabilità dei lavori è ancora quella previgente, mentre non esiste più alcun riferimento per quella degli appalti di forniture e servizi. Le Linee Guida sul DL dell’ANAC al punto 9 trattano il tema della contabilità dei lavori, e al punto 7.3.2 delle correlate riserve dell’appaltatore, riprendendo numerose disposizioni del titolo IX così come i principali documenti contabili (giornale dei lavori, libretto di misura delle lavorazioni e delle provviste, registro di contabilità, stato di avanzamento lavori, conto finale dei lavori). Lo spazio a disposizione non consente di condurre un confronto dettagliato tra i contenuti delle Linee Guida dell’ANAC sul DL e del titolo IX della parte II dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. 136 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 Tuttavia, considerato che, effettivamente, le disposizioni delle Linee Guida tralasciano diversi aspetti precedentemente regolati dal titolo IX, appare opportuno che le stazioni appaltanti conducano tale confronto, al fine di individuare eventuali disposizioni non più contenute nelle Linee Guida ma che, potendo esse contribuire a meglio regolare sia l’esecuzione della contabilità dei lavori sia le modalità con le quali l’appaltatore può sollevare eventuali eccezioni e riserve, è opportuno siano inserite nel capitolato speciale d’appalto. Per quanto riguarda gli appalti di forniture e servizi, le Linee Guida sul DEC dell’ANAC trattano sinteticamente delle contestazioni e riserve al punto 4.4 e della contabilità al punto 6. Quest’ultimo si limita a richiedere che il DEC tenga la contabilità del contratto compilando i “documenti contabili, con i quali si realizza l’accertamento e la registrazione dei fatti producenti spesa”. Le Linee Guida specificano, inoltre, che la tenuta della contabilità è effettuata, mediante l’utilizzo di strumenti elettronici, “secondo l’ordinamento delle singole stazioni appaltanti”. La lettura del testo non pare lasciare dubbi quindi sul fatto che ciascuna stazione appaltante deve dotarsi di uno specifico regolamento per disciplinare la contabilità degli appalti di forniture e servizi e che il DEC in corso di esecuzione debba compilare specifici documenti contabili. Indipendentemente dal fatto che tale regolamento sia stato effettivamente adottato dalla stazione appaltante, risulta quindi importante per la corretta conduzione dell’appalto che il capitolato speciale d’appalto contenga le disposizioni necessarie a regolare, nell’ambito del rapporto contrattuale con l’appaltatore, sia la contabilità, ancorché in forma semplificata rispetto a quella dei lavori, sia le modalità con le quali l’appaltatore può sollevare le correlate eccezioni e riserve. g. Le modifiche al contratto L’art. 106 “modifica di contratti durante il periodo di efficacia” del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. ha significativamente modificato la disciplina previgente relativa alle variazioni al contratto, accorpando diverse fattispecie, che nel D.Lgs. 163/2006 s.m.i. erano trattate separatamente, nel medesimo articolo. In particolare, l’articolo ricomprende la revisione dei prezzi (comma 1 lett. 137 PAOLO PERCO a)), le prestazioni supplementari (comma 1 lett. b)), le varianti vere e proprie (comma 1 lett. c)), la sostituzione dell’appaltatore (comma 1 lett. d)), le modifiche dovute a errori progettuali (comma 2), le proroghe (comma 11), la cessione dei crediti (comma 13). L’ampiezza dell’articolo non consente di trattare tutte le fattispecie sopra richiamate con il dovuto approfondimento, per cui ci si limiterà a trattare quelle più intimamente legate alla gestione operativa della fase di esecuzione del contratto, ovvero la revisione dei prezzi e la variante in corso d’opera. Per quanto riguarda le altre fattispecie trattate dall’art. 107, si consiglia una comparazione di tale articolo con le disposizioni previgenti allo scopo di individuare ulteriori disposizioni eventualmente ritenute utili, che potranno essere inserite nel capitolato speciale d’appalto per meglio regolare queste fattispecie nella fase di esecuzione del contratto. L’adeguamento dei prezzi per gli appalti di lavori era in precedenza disciplinato dai commi dal 2 al 6-bis dell’art. 133 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. Questa disciplina escludeva la possibilità di applicare l’art. 1664 del Codice Civile e definiva uno specifico meccanismo, il cosiddetto “prezzo chiuso”, per individuare l’eventuale adeguamento da riconoscere all’appaltatore. Questo adeguamento corrispondeva ad una percentuale dell’importo del contratto la cui entità era definita con specifico decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti solo all’avverarsi delle specifiche condizioni disciplinate al comma 3. Queste condizioni non si sono mai avverate e quindi il relativo decreto non è mai stato emanato. Inoltre, i commi 4 e seguenti prevedevano un meccanismo per l’eventuale adeguamento dei prezzi dei singoli materiali da costruzione previsti nel contratto di appalto, qualora, per effetto di circostanze eccezionali, i prezzi di questi materiali avessero subito variazioni in aumento o in diminuzione superiori al dieci per cento rispetto ai prezzi rilevati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta da parte dell’appaltatore. Il comma 6-bis richiedeva che l’appaltatore, a pena di decadenza, presentasse l’istanza di compensazione entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella G.U. del decreto ministeriale. Per quanto riguarda, invece, gli appalti di forniture e servizi, ad esecuzione periodica o continuativa, l’art. 115 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. prevedeva l’obbligo che il relativo contratto contenesse una specifica clausola di revisione del prezzo. 138 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 Questa clausola faceva solitamente riferimento ad un indice di variazione dei prezzi, quali ad esempio l’indice FOI dell’Istat. Il D.Lgs. 50/2016 s.m.i. abroga integralmente questa disciplina e dispone unicamente, alla lett. a) del comma 1 dell’art. 106, che le modifiche al contratto, a prescindere dal loro valore monetario, possono essere accettate unicamente se già previste nel documenti di gara iniziali “in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi”. Queste ultime “fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alla quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti”. Rimane quindi in capo alla stazione appaltante la decisione, da assumere già nella fase di progettazione in quanto va inserita negli atti di gara e nel capitolato speciale d’appalto, se prevedere una eventuale clausola di revisione prezzi e, in caso affermativo, stabilirne il meccanismo. In caso contrario nessuna revisione del prezzo sarà ammessa in fase di esecuzione. Nel caso di appalti di forniture e servizi continuativi le stazioni appaltanti dovranno quindi prevedere clausole chiare e precise che individuino nel corso dell’esecuzione i momenti in cui verificare l’avverarsi dei presupposti per concedere la revisione, nonché le modalità di calcolo di tale verifica, avendo l’accortezza di fare riferimento a costi standard ove previsti. A questo proposito è necessario porre attenzione alle altre eventuali procedure di scelta del contraente che dovessero essere avviate dalla stessa stazione appaltante durante l’esecuzione del contratto e che dovessero comprendere anche prestazioni presenti nell’appalto in corso. In tal caso, infatti, non è da escludere che l’appaltatore conduca un confronto tra i prezzi dei due appalti per richiedere un’eventuale revisione nel caso il nuovo appalto preveda prezzi più alti. È quindi importante che la stazione appaltante si doti formalmente di un prezziario di riferimento a cui potranno attingere tutti i soggetti chiamati a redigere i progetti delle prestazioni da porre a gara e che tale prezziario sia annualmente aggiornato. Questo obbligo, che in passato era stabilito dal comma 8 dell’art. 133 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i., non è stato ripreso dal D.Lgs. 50/2016 s.m.i. Proprio con riferimento ai prezziari, la lett. a) del comma 1 dell’art. 106 fornisce alcune ulteriori precisazioni solo per quanto riguarda gli 139 PAOLO PERCO appalti di lavori, specificando che le variazioni di prezzo possono essere riconosciute sulla base dei prezziari di cui all’art. 23, comma 7, dello stesso D.Lgs. 50/2016 s.m.i. solo per l’eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà. Il citato comma 7 richiama unicamente i prezzari predisposti dalla regioni e dalle province autonome di concerto con le articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ove esistenti. Ovviamente, la stazione appaltante può utilizzare anche un diverso prezzario di riferimento se i prezzi unitari in esso contenuti sono maggiormente aderenti alle lavorazioni previste nel progetto, ma dovrà comunque disciplinare con attenzione l’eventuale clausola di revisione dei prezzi che, a sua volta, non potrà trascurare le limitazioni al riconoscimento di cui al quarto periodo della lettera a) del comma 1 dell’art. 106. Comunque, considerato che, in generale, i prezzari delle stazioni appaltanti presentano una forte “inerzia” resistente all’aggiornamento, l’ipotesi che essi nel corso della tipica durata che può essere immaginata per una lavoro pubblico possano presentare variazioni superiori al dieci per cento pare piuttosto remota. Ciò non toglie che è assolutamente opportuno che la stazione appaltante disciplini attentamente questo aspetto nel capitolato speciale d’appalto, anche per escludere il ricorso all’art. 1664 del Codice Civile. Le variazioni al contratto, o varianti in corso d’opera, erano in precedenza regolate dall’art. 132 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. e dagli artt. 161 e 311 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. In particolare, l’art. 132 individuava i casi in cui era possibile ricorrere ad una variazione del contratto, mentre l’art. 161 disciplinava dettagliatamente, per i lavori, i soggetti coinvolti e le modalità operative con cui proporre, istruire e approvare tali variazioni. L’art. 311 disciplinava invece, le variazioni al contratto per gli appalti di forniture e di servizi. Tra le varianti rientravano espressamente anche le modifiche al contratto dovute a errore progettuale, come previsto dalla lett. e) del comma 1 dell’art. 132. Le varianti di cui al precedente art. 132 del D. Lgs. 163/2006 s.m.i. corrispondono ora alle modifiche al contratto disciplinate alla lett. c) del comma 1 dell’art. 107 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., nel cui ambito rientrano quelle modifiche derivanti da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione (tra 140 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 cui la norma ora inserisce espressamente, oltre che la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari, anche quella di provvedimenti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti), ed al successivo comma 2 che tratta delle modifiche conseguenti ad errori progettuali. Il D.Lgs. 50/2016 s.m.i. prevede anche dei limiti economici al valore delle modifiche oltre i quali è comunque necessario procedere alla risoluzione del contratto ai sensi della lett. b) del comma 1 del successivo art. 108, in precedenza previsti dal comma 4 dell’art. 132 unicamente nel caso di errore progettuale. In particolare, le modifiche di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 107 sono ammesse, ai sensi del comma 7, solo se non superano il cinquanta per cento del valore del contratto, mentre le modifiche dovute all’errore progettuale sono ammesse solo se non superano le soglie di cui all’art. 35 e, comunque, il dieci per cento del valore contratto nel caso di forniture e servizi ed il quindici per cento nel caso di lavori. Inoltre, le modifiche non possono comunque essere ammesse se risultano sostanziali ai sensi della lett. e) del comma 1 dell’art. 106. Risulta, pertanto, di grande importanza verificare sempre che l’importo economico della modifica non comporti il superamento della soglia economica sulla base della quale è stata individuata la procedura di scelta del contraente adottata per affidare l’appalto. Per quanto riguarda il procedimento amministrativo volto all’approvazione delle modifiche contrattuali, il comma 1 dell’art. 107 si limita a stabilire che le modifiche “devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende”. Non vengono quindi fornite indicazioni sul procedimento autorizzativo delle varianti che in precedenza erano contenute, per quanto riguarda gli appalti di lavori, nell’art. 161 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. Su tale aspetto intervengono però sia le Linee Guida dell’ANAC sul DL al punto 7.3, sia quelle sul DEC al punto 4.5. Entrambe le Linee Guida infatti, pur senza riproporre la precisa sequenza del procedimento approvativo disposta dall’art. 161, e rimandando, per le modalità di autorizzazione da parte del RUP, all’ordinamento della stazione appaltante richiamato dal comma 1 dell’art. 106, prevedono che il DL, o il DEC, debba proporre al RUP la modifica indicandone i motivi in apposita relazione e specificano la responsabilità di tali soggetti per eventuali prestazioni svolte dall’appaltatore senza preventiva autorizzazione. 141 PAOLO PERCO In ragione dell’importanza che riveste l’istituto delle varianti, e più in generale delle modifiche al contratto, risulta comunque di grande importanza completare quanto previsto dalle Linee Guida con le ulteriori disposizioni che, in funzione del tipo di appalto, consentano di disciplinare rigorosamente il loro percorso approvativo. La naturale collocazione di tali disposizioni, che potrebbero essere derivate anche dall’art. 161 del d.P.R. 207/2010 s.m.i., risulta essere ovviamente l’ordinamento della stazione appaltante richiamato dal comma 1 dell’art. 106. Tuttavia, a prescindere dall’esistenza di tale ordinamento, per assicurare comunque che l’appaltatore sia a conoscenza della procedura autorizzativa correlata ad una eventuale modifica contrattuale in fase di esecuzione, è comunque opportuno che tali disposizioni siano riportate anche nel capitolato speciale d’appalto. Da ultimo, va ricordato che le previgenti disposizioni relative al cosiddetto “sesto quinto” sono confermate dal comma 12 dell’art. 106 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. L’appaltatore è quindi tenuto ad eseguire agli stessi patti, prezzi e condizioni del contratto un aumento o una diminuzione della prestazione contrattuale sino al valore di un quinto dell’importo del contratto. Entrambe le Linee Guida dell’ANAC disciplinano il procedimento da seguire per dare corso alla modifica contrattuale sia in questo caso, sia nel caso in cui l’importo della modifica superi il quinto dell’importo del contratto. h. I nuovi prezzi Le modifiche al contratto trattate al paragrafo precedente potrebbero comportare l’introduzione di nuove prestazioni non previste contrattualmente. In tal caso sorge il problema di individuare il corrispondente valore economico da corrispondere all’appaltatore. Questa operazione risulta spesso complessa in quanto l’interesse dell’appaltatore e della stazione appaltante divergono. In tal caso risulta di particolare importanza disporre di un quadro normativo che definisca le regole da seguire per l’individuazione del prezzo unitario della nuova prestazione. Nel caso di appalti di lavori questa esigenza era soddisfatta con l’art. 163 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. Le disposizioni in esso contenute sono state ora integralmente riprese al punto 7.3.1.6 delle Linee Guida sul DL dell’ANAC Esse indicano quale primo riferimento l’elenco prezzi unitari della stazione 142 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 appaltante con i relativi prezzi elementari. A questo scopo, quindi, è importante che allegato al contratto vi sia non solo l’elenco dei prezzi unitari utilizzati per computare le lavorazioni di progetto, ma un elenco più corposo, inclusi i prezzi elementari della stazione appaltante, e che il capitolato speciale d’appalto specifichi che tale elenco sarà prioritariamente utilizzato per l’individuazione di eventuali nuovi prezzi. Lo stesso capitolato dovrà, inoltre, definire le regole di applicazione dello sconto offerto in gara ai nuovi prezzi. Nel caso di appalti di forniture e servizi, invece, la previgente normativa non forniva alcuna disposizione in merito alle modalità di formulazione di eventuali nuovi prezzi. Le Linee guida sul DEC dell’ANAC, invece, al punto 4.5.6 introducono regole simili a quelle previste per i lavori, con la sola esclusione del ricorso all’elenco prezzi della stazione appaltante. Proprio in ragione del fatto che la diffusione di elenchi prezzi relativi a forniture o servizi è attualmente limitata, è quindi importante che il capitolato speciale d’appalto riporti regole precise su come formulare nuovi prezzi unitari. i. Il subappalto La disciplina relativa all’istituto del subappalto di lavori, nonché dei contratti cosiddetti “similari” e degli altri sub-contratti, è andata evolvendosi significativamente con i provvedimenti legislativi che si sono succeduti a partire dalla Legge 19 marzo 1990, n. 55. L’art. 118 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ha esteso inoltre tale disciplina anche agli appalti di forniture e servizi. L’art. 170 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. ha completato il quadro normativo introducendo la definizione di cottimo di cui all’art. 118. L’istituto del subappalto, nonché dei contratti similari e degli altri sub-contratti, è ora disciplinato dall’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. che conferma l’obbligo dell’appaltatore di dichiarare nell’offerta l’intenzione di ricorrere al subappalto e di ottenere l’autorizzazione della stazione appaltante per poter subaffidare in fase di esecuzione ad un terzo l’esecuzione di parte della prestazione. Purtroppo anche questo articolo, in ragione della complessità della tematica e dei rilevanti e contrapposti interessi ad essa sottesi, non è riuscito a disciplinare la tematica in modo completo ed esaustivo. 143 PAOLO PERCO Per quanto riguarda la fase esecutiva dell’appalto, le difficoltà maggiori per i soggetti preposti alla conduzione dell’appalto, a cui compete l’attività di verifica sul rispetto della normativa (si veda Determinazione A.V.C.P. 27 febbraio 2003, n. 6; Deliberazioni A.V.C.P. 3 settembre 2008, n. 35; 8 luglio 2010, n. 43; 23 marzo 2011, n. 39 e 10 aprile 2013, n. 13), sono la corretta individuazione dell’oggetto del sub-contratto e la sua quantificazione economica. Infatti, atteso che l’art. 105 pone dei precisi limiti alla parte di prestazione subappaltabile, così come al ribasso sui prezzi di contratto che può essere applicato al subappaltatore, non è infrequente che l’appaltatore tenti di inquadrare una prestazione che intende sub-affidare in una fattispecie diversa dal subappalto, al fine di aggirare le limitazioni sopra ricordate, anche se in realtà tale prestazione presenta le caratteristiche di un vero e proprio subappalto. Questo comportamento non è immune da conseguenze in quanto la concessione di lavori in subappalto senza la necessaria autorizzazione della stazione appaltante si configura come un reato penale, ai sensi della L. 646/1982 s.m.i., sia per l’appaltatore che per il subappaltatore. Il fenomeno elusivo descritto è storicamente presente negli appalti di lavori, ma non può essere ormai trascurato negli appalti di forniture e servizi, con particolare riferimento ai servizi con carattere continuativo. Complessivamente, la tematica del subappalto è di grande complessità e non può quindi essere trattata in modo esaustivo nello spazio a disposizione. Quanto segue, pertanto, vuole essere solamente un contributo per agevolare la predisposizione di un capitolato speciale d’appalto che, ad integrazione dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., possa aiutare il RUP ed il DL nella gestione dei sub-contratti nella fase di esecuzione dell’appalto. Preliminarmente, va osservato che la lett. a) del comma 4 dell’art. 105 parrebbe attribuire alla stazione appaltante la facoltà di non consentire il subappalto negli atti di gara. Tuttavia, anche in ragione della poca chiarezza del disposto normativo, è da ritenere che tale possibilità vada utilizzata con attenzione e, soprattutto, che sia opportuno motivare adeguatamente nella determina a contrarre l’eventuale inserimento negli atti di gara del divieto, totale o parziale, di ricorrere al subappalto. Ciò premesso, già nella fase di progetto della prestazione va posta grande 144 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 attenzione nella sua suddivisione in categorie (nel caso di lavori), o in prestazione principale e prestazioni secondarie (nel caso di forniture e servizi), perché tale suddivisione, oltre che influenzare in modo determinante l’organizzazione degli eventuali concorrenti associati (raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti), consente di ottenere già in fase di offerta una fotografia più precisa delle eventuali sub-prestazioni che l’appaltatore intenderà subappaltare, a tutto vantaggio della successiva attività di controllo. Per quanto attiene, invece, il capitolato speciale d’appalto, è opportuno che, nel caso di lavori, esso preveda ad integrazione di quanto previsto dall’art. 105 le disposizioni di seguito descritte. Tali disposizioni costituiscono infatti un utile supporto per il DL ed il RUP nel confronto che potrebbe sorgere con l’appaltatore in merito all’interpretazione da dare alla vigente disciplina sui subcontratti. In primo luogo il capitolato speciale d’appalto dovrebbe specificare le differenze tra subappalto, cottimo, fornitura con posa in opera e nolo a caldo. Una chiara descrizione delle diverse tipologie di subcontratti inserita nella documentazione contrattuale, infatti, riduce la possibilità per l’appaltatore di proporre l’inquadramento di una prestazione che egli intende subaffidare in una fattispecie non coerente con il contenuto effettivo della prestazione stessa. Come sopra ricordato, infatti, l’inquadramento della prestazione da subaffidare riveste grande importanza in quanto mentre il subappalto, e il cottimo, sono soggetti ad autorizzazione ed a specifiche limitazioni sulla quota sub-affidabile a terzi, la fornitura con posa in opera ed il nolo a caldo, che non presentano le caratteristiche di “contratto similare” di cui al comma 2 dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., non sono soggetti ad alcuna limitazione. Il capitolato speciale d’appalto dovrà inoltre riportare la definizione di cottimo, in quanto tale fattispecie contrattuale, sebbene ancora richiamata nell’art. 105, non è più definita all’interno del vigente corpo normativo, in quanto il d.P.R. 207/2010 s.m.i., che al comma 6 dell’art. 170 riportava la sua definizione, è stato abrogato. Sempre per le medesime motivazioni, è opportuno che il capitolato speciale d’appalto precisi che il valore degli eventuali materiali e/o mezzi d’opera forniti dall’appaltatore al subappaltatore o cottimista, concorre, unitamente al 145 PAOLO PERCO valore delle lavorazioni subaffidate indicato nel subcontratto (valore che deve essere indicato con riferimento ai prezzi del contratto d’appalto, ovvero al lordo dell’eventuale ulteriore sconto applicato dal subappaltatore), all’individuazione dell’importo sulla base del quale non solo individuare i requisiti di qualificazione che deve possedere il subappaltatore o cottimista, come già statuito dall’abrogato comma 6 dell’art. 170 del d.P.R. 207/2010 s.m.i., ma anche verificare il rispetto della quota massima subappaltabile. L’elusione del regime autorizzativo del subappalto è spesso ottenuto con un artificioso frazionamento della prestazione da eseguire tra diverse tipologie di subcontratti. Una prestazione può, ad esempio, essere suddivisa nel nolo a caldo del mezzo che la deve eseguire completo di operatore e nella fornitura del materiale necessario, oppure, in alternativa, nel nolo a freddo del mezzo che la deve eseguire, nel distacco del personale e nella fornitura del materiale necessario. Il DL ed il RUP, quindi, devono sempre verificare che la prestazione effettivamente svolta in cantiere dall’eventuale personale distaccato e/o dall’attrezzatura e dai mezzi noleggiati non presenti, nella sostanza, le caratteristiche tipiche del subappalto. In tal caso, infatti, la situazione si configurerebbe come un frazionamento artificioso di una singola prestazione al fine di eludere la disciplina del subappalto e sottrarla, quindi, al regime autorizzatorio (Determinazione A.V.C.P. 3 settembre 2008, n. 35). Risulta opportuno, pertanto, che il capitolato speciale d’appalto contenga adeguate disposizioni anche per contrastare l’artificioso frazionamento di prestazioni altrimenti soggette alla disciplina del subappalto. Da ultimo, si ritiene importante che il capitolato speciale d’appalto contenga anche una disposizione che regoli le modalità con cui l’appaltatore deve ottemperare all’obbligo di trasmettere alla stazione appaltante le comunicazioni di tutti i subcontratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto. Infatti, ancorché questa disposizione fosse già presente all’ultimo periodo del comma 11 dell’art. 118 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. e sia stata ripresa nel comma 2 dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., non è infrequente che ancora oggi alcuni appaltatori trascurino di produrre tempestivamente tali comunicazioni. La sintetica panoramica sin qui tratteggiata è, ovviamente, specificatamente riferita agli appalti di lavori. 146 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 Essa può comunque essere presa a riferimento anche per la redazione del capitolato speciale di un appalto di forniture o servizi, con l’avvertenza che, in funzione delle sue specifiche caratteristiche, le disposizioni previste potranno essere anche significativamente semplificate. l. I danni di forza maggiore Nella fase di esecuzione del contratto non è da escludere la possibilità che l’appaltatore possa subire danni alle opere ed alle forniture dovuti a cause di forza maggiore. Poiché tale evenienza può costituire un grave ostacolo alla regolare svolgimento della prestazione, essa è stata attentamente regolata nella disciplina dei lavori pubblici, da ultimo con l’art. 166 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. che prevede che l’appaltatore in tali casi possa richiedere un risarcimento alla stazione appaltante. La finalità di tale regolamentazione deve essere ricercata nella volontà di contenere il rischio per l’appaltatore, in ragione del perseguimento dell’interesse pubblico primario costituito dalla realizzazione dell’opera nei termini previsti. Condizione perché sorga il diritto dell’appaltatore al risarcimento è che l’evento che ha causato il danno sia qualificabile come evento di forza maggiore, ricordando che questa si configura unicamente quando può essere esclusa qualsiasi responsabilità dell’appaltatore in ordine alla prevedibilità ed evitabilità dell’evento. In tal caso, l’art. 166 disponeva che poteva competere all’appaltatore un risarcimento corrispondente ai lavori necessari per le riparazioni ed i rifacimenti nei limiti consentiti dal contratto e a condizione che egli avesse denunciato il danno al DL entro i termini previsti dal capitolato speciale d’appalto o, in difetto, entro cinque giorni da quello dell’evento, a pena di decadenza del risarcimento stesso. L’articolo, inoltre, disciplinava gli accertamenti a cui doveva tempestivamente procedere il DL e richiedeva la predisposizione di un apposito verbale alla presenza dell’appaltatore. Inoltre, il comma 3 specificava che l’appaltatore non poteva sospendere o rallentare l’esecuzione dei lavori a seguito del danno, tranne per le sole parti per le quali lo stato delle cose doveva rimanere inalterato 147 PAOLO PERCO fino all’accertamento dei fatti. Le Linee Guida dell’ANAC sul DL al punto 7.5.2 e sul DEC al punto 4.7.2 riprendono i contenuti dell’abrogato art. 166, con eccezione del solo comma 3. Permangono quindi sia il rimando ai “limiti consentiti dal contratto” sia il richiamo al termine stabilito dal capitolato speciale d’appalto. Anche in questo caso diviene importante, pertanto, definire compiutamente le disposizioni del capitolato speciale d’appalto che regolano sia i limiti di applicabilità e di risarcibilità, sia il termine entro cui l’appaltatore deve denunciare il danno al DL o al DEC. In particolare, si ritiene di grande importanza che il capitolato speciale d’appalto fornisca una chiara definizione di causa di forza maggiore, accompagnata dalla descrizione delle casistiche più tipiche che possono rientrarvi in funzione della tipologia di prestazione oggetto dell’appalto, precisando che viene meno il carattere di forza maggiore quando una causa poteva essere prevista e quindi le sue conseguenze dannose potevano essere evitate con la necessaria diligenza dell’appaltatore. Per quanto riguarda, invece, i termini per la denuncia del danno al DL o DEC, si ritiene che il capitolato speciale d’appalto possa prevedere termini più stringenti di cinque giorni, anche in ragione della tecnologia oggi disponibile. La tempestività della denuncia del danno, o perlomeno la sua segnalazione, è infatti di grande importanza poiché consente al DL, o DEC, di intervenire rapidamente sia per constatare il danno stesso e valutare eventuali responsabilità, sia per ordinare eventuali interventi volti ad arginare le sue possibili conseguenze. Infine, è opportuno che il capitolato speciale d’appalto disponga quanto già previsto dal comma 3 dell’abrogato art. 166, ovvero che l’appaltatore a seguito del danno non può sospendere o rallentare l’esecuzione della prestazione, tranne in quelle parti per le quali lo stato delle cose debba rimanere inalterato sino a che non sia stato eseguito l'accertamento dei fatti. m. Il collaudo Il comma 2 dell’art. 102 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i. conferma quanto già previsto dalla previgente normativa, ovvero, che i contratti pubblici sono soggetti a collaudo nel caso di appalto di lavori e a verifica di conformità nel caso di appalto di forniture e di servizi. L’art. 102, tuttavia, demanda ad uno specifico decreto del Ministro infrastrutture e dei trasporti la definizione delle modalità tecniche 148 LA GESTIONE DELLA FASE DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO DOPO L’EMANAZIONE DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50 di svolgimento del collaudo, nonché i casi in cui il certificato di collaudo dei lavori e il certificato di conformità delle forniture e dei servizi potranno essere sostituiti dal certificato di regolare esecuzione. Purtroppo, il comma 8 dell’art. 102 disciplina la fase transitoria nel solo caso dei lavori, in quanto richiama il comma 16 dell’art. 216 che conferma l’applicazione del titolo X della parte II del dell’abrogato d.P.R. 207/2010 s.m.i. Il comma 8 nulla dice, invece, in merito alla verifica di conformità degli appalti di forniture e servizi, in precedenza regolata dal titolo IV della parte IV dello stesso d.P.R. che è stato ora abrogato. Peraltro, nel caso di lavori, l’art. 237 del d.P.R. 207/2010 s.m.i. per individuare i casi in cui il certificato di collaudo poteva essere sostituito dal certificato di regolare esecuzione richiamava il comma 3 dell’art. 141 del D.Lgs. 163/2006 s.m.i. che è stato comunque abrogato. In tale situazione di incertezza pare ragionevole, comunque, continuare a utilizzare le soglie economiche indicate in quest’ultimo articolo in attesa dell’emanazione dello specifico decreto ministeriale. Per quanto riguarda, invece, gli appalti di forniture e servizi, in attesa dell’emanazione del decreto, potrebbe risultare opportuno integrare il capitolato speciale d’appalto con le disposizioni necessarie a consentire di procedere alla verifica di conformità. Un tanto ricordando che, ai sensi comma 2 dell’art. 102 del D.Lgs. 50/2016 s.m.i., nel caso di contratto sotto soglia il certificato di regolare esecuzione dovrà essere rilasciato, diversamente che per i lavori, dal RUP. 4. Conclusioni Condizione necessaria, anche se non sufficiente, per assicurare che la conduzione dell’appalto nella fase esecutiva non presenti particolari difficoltà, oltre all’ovvia presenza di un valido progetto della prestazione allegato al contratto, è che esso sia accompagnato da un capitolato speciale d’appalto contenente disposizioni chiare, esaustive e riferite a tutte le diverse situazioni che si possono presentare. Un capitolato speciale d’appalto con queste caratteristiche, i cui contenuti integrano efficacemente l’attuale corpo normativo e sono congruenti con le caratteristiche della prestazione oggetto dell’appalto costituisce, infatti, un valido strumento a disposizione del DL o DEC e del RUP per condurre 149 PAOLO PERCO l’appalto nel rispetto delle pattuizioni contrattuali e della normativa vigente. Il presente contributo, derivato dalla pratica esperienza operativa, si è prefisso, pertanto, l’obiettivo di costituire, sebbene in forma molto sintetica, un supporto da cui poter attingere per la redazione di un capitolato speciale d’appalto avente queste caratteristiche. 150