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VDS 2016 (2)

13. LA SACRALITA’ DELLA VITA La vita umana è sacra, estremamente preziosa, ed assolutamente inviolabile, perché l’uomo è l’unica creatura che Dio ha precipuamente plasmato per Sé stesso, a Sua stessa immagine e somiglianza, dotandolo di un corpo fisico e di un’anima spirituale di inestimabile valore, così conferendogli una dignità unicissima ed eccelsa, di poco inferiore a quella degli Angeli. Egli ha precipuamente creato l’uomo, assoluto capolavoro delle Sue mani, oltre che per manifestare dinanzi alla totalità dell’universo l’acme della Sua infinita potenza, bontà e saggezza, anche perché tale sua formidabile creatura potesse un giorno confrontarsi a viso aperto, a tu per tu, con l’orda malefica che osò un giorno sollevarsi con perfida insolenza per sfidarLo, spodestarLo ed assumerne il posto di Signore incontrastato dell’universo. Soltanto l’uomo infatti, fra le molteplici creature visibili ed invisibili dell’intero creato, se attestato nella fedeltà e nella ferma volontà di servire l’unico vero Dio, può essere in grado di dimostrare visibilmente a Satana chi è il vero Dio, annullando una volta per tutte le sue folli pretese di predominio! Solo l’uomo, fra tutti gli esseri naturali e soprannaturali, può ambire a tanto, in quanto posto volutamente nel mezzo, fra il Cielo e gli inferi, fra Dio e Satana, fra la luce e le tenebre. Risultando per metà corpo fisico e per metà spirito, per metà ragione e per metà sentimento, per metà istinto e per metà intelletto, ed essendo comunque soggetto alla potestà ed alla costante influenza di entrambi i poteri soprannaturali, quello di Dio e quello del Suo imperterrito oppositore, l’uomo si pone, in definitiva, come il vero ago della bilancia, poichè oltre che osservatore egli è attore primario, combattente, e fattore decisivo nell’attribuire la vittoria ad uno dei due contendenti. Sono pertanto solo e soltanto le posizioni, gli orientamenti, le scelte concrete ed il fattivo operato dell’umanità che decideranno la serrata finale di un conflitto il cui esito si rivelerà inequivocabile, definitivo, inappellabile! Sarà proprio l’uomo infatti che porrà definitivamente fine, nella piena maturità dei tempi, a tale immane contesa, attribuendo definitivamente ad uno solo dei contendenti una vittoria che si attesterà schiacciante, totale, definitiva! A quel punto vi sarà soltanto posto per lo Spirito e per il Regno sovrannaturale che avrà prevalso, perché il mondo visibile, le strutture fisiche e la materia avranno esaurito definitivamente la loro funzione! UN INSONDABILE MISTERO Dio non vuole che nasciamo perfetti, ma che diventiamo perfetti, morendo e rinunciando all’uomo vecchio per rivestire i panni dell’uomo nuovo in Cristo. Perché, se nascessimo perfetti, si tratterebbe di un fatto puramente genetico, meccanico, e quindi coercitivo, mentre se lo diventiamo è perché, avendo conosciuto Lui, il Suo amore, la Sua grandezza e la Sua infinita bontà, liberamente ci disponiamo ad amarLo ed a ServirLo con tutto noi stessi. E non è poca cosa, anzi è proprio racchiuso qui l’intero ed insondabile mistero della creazione, della redenzione operata da Cristo, e della salvezza eterna. Chi è stato capace di fissare in cielo una miriade di astri, e di farli ruotare a proprio piacimento, figurarsi se avrebbe difficoltà a far cadere un governo, ad abbattere il potente divenuto malvagio, o ad esaltare l’umile che Gli si è mostrato fedele. Tutto potrebbe Dio in un solo istante! Ma vi sono cose che Egli non può cambiare d’emblèe proprio per permettere ancora agli uomini di aprire gli occhi e di comprendere tante cose non altrimenti comprensibili se tutto mutasse d’impatto in un istante. Ciò che molti ancora oggi faticano a comprendere è che ponendosi contro Dio o ignorandoLo, non intaccano minimamente la magnificenza e l’eccellenza della Sua Maestà che è assoluta, onnipotente ed eterna, ma vanno esclusivamente contro gli interessi precipui dell’uomo che di Dio ha bisogno ancor più dell’acqua, dell’aria e del pane per vivere, per gioire e per non immiserire per sempre. L’ABORTO E’ UN GRAVE DELITTO La vita umana è quindi sacra e di valore inestimabile perché riflettente in sé l’infinito amore, l’onnipotente saggezza, il supremo disegno e lo Spirito stesso di Dio. Pertanto l’aborto e l’eutanasia rappresentano un incolmabile affronto ed un’aperta ribellione a tali assolute ed insondabili prerogative divine, oltre he alla Sua infinita bontà e misericordia. Sicché l’uomo non può in alcun modo permettersi di annullare una vita umana, che è tale ed è sacra dall’esatto momento del concepimento nell’utero materno sino al suo naturale declino, né di stravolgerne o sovvertirne arbitrariamente i sacri codici, per finalità assolutamente opposte a quelle stabilite da Dio. Dio benedice la scienza, dono mirabile ed esclusivo della Sua Grazia, e la elargisce a piene mani, quando si propone con coscienza ed onestà di tutelare, curare e migliorare la vita stessa, non di annullarla o deformarne arbitrariamente gli imprescindibili fini e le sacre prerogative. Liddove la scienza giungesse a sfidare la Provvidenza Divina arrogandosi il potere di annullare una vita umana, o di sovvertirne i sacri codici e le imprescindibili prerogative, essa stessa verrebbe a porsi a servizio non di Dio, ma del suo primo ed eterno nemico. Così l’aborto, l’eutanasia e la clonazione costituiscono un grave abominio al cospetto di Dio. E sono rigettati e maledetti da Dio tutti coloro che consapevolmente e senza causa maggiore accettano, promuovono o inducono l’annullamento della vita umana tramite l’aborto e l’eutanasia, equivalenti in tutto e per tutto ad un efferato omicidio. Lo stesso dicasi per tutti coloro che, seppure in nome di legittimi interessi dello Stato o del popolo, si inducono a sentenziare la morte fisica di un uomo, possa anche trattarsi del peggiore assassino, perché solo a Dio è dato decidere della vita o della morte di ogni singolo uomo, ed è legge inviolabile da Lui pretesa per tutti gli uomini quella che perentoriamente impone: “Non uccidere”. Un vero cristiano ama la vita e la difende, in tutti i suoi molteplici aspetti, e cerca sempre di migliorarla, di arricchirla, e di valutarne appieno le infinite meraviglie e le mirabili potenzialità, mai di annullarla, distruggerla o stravolgerla. Egli aborrisce l’aborto, l’eutanasia, la clonazione, così come aborrisce il divorzio, la guerra e tutte le forme di odio e di violenza, per porre ogni cosa nelle mani di Dio, al quale solo spetta giudicare, decretare, modificare o annullare; soprattutto non fa mai nulla che non sia espressamente voluto da Dio o che non sia strumento per il compimento delle Sue imperscrutabili finalità. L’INSORGERE DELLA VITA La vita umana ha esattamente e precipuamente inizio al momento del concepimento, allorché si attesta mirabilmente la conformazione vitale ed in rapidissima crescita dell’organismo embrionale, organismo assolutamente vitale perché: 1. Capta e trasmette i messaggi già codificati nel suo DNA, che ne inducono la rapida ed inarrestabile crescita, già compiutamente preordinata; 2. Respira, pur in mancanza d’ossigeno, attraverso i meccanismi della respirazione mitocondriale; 3. Lavora freneticamente nella costruzione del proprio impianto molecolare e biologico attraverso la continua produzione di enzimi e proteine; 4. Regola compiutamente le proprie funzioni attraverso i comandi, gli impulsi ed i meccanismi di controllo che si dipartono dai nuclei; 5. Si sviluppa e si diversifica in maniera fluttuante e continua attraverso la riproduzione e la specifica differenziazione del suo corredo cellulare, nella stessissima identica maniera con cui cresce e si sviluppa un individuo adulto. Tali importantissime ed imprescindibili funzioni vitali definiscono l’esatta e precipua identità di un individuo nuovo, unico, ineguagliabile ed assolutamente irripetibile. Anche se non presenta ancora compiutamente sviluppate tutte le sue funzioni, così come un bambino non presenta ancora tutte le funzioni dell’adulto, ma vi arriva gradatamente, l’organismo embrionale è un organismo vivente a tutti gli effetti biologici, biomolecolari ed istogenetici, e può essere paragonato ad un individuo adulto che, pur mancando delle funzioni sensoriali, intellettive e/o interrelazionali, come può essere una persona in fase pre-comatosa, ugualmente resta a tutti gli effetti un organismo vivente. Per tali imprescindibili motivi, l’embrione è un organismo vivente unico ed irripetibile il quale, oltre alle funzioni vitali proprie di un organismo consolidato ed autonomo: respirazione, captazione e trasmissione di messaggi codificati, sviluppo gradualmente diversificato e finemente autoregolato, conformazione di una propria specifica individualità, racchiude in sé, attraverso il proprio DNA, tutto l’impianto corporeo, psicogenetico ed attitudinale dell’individuo formato, come a dire l’intero patrimonio vitale di una persona nuova che, attraverso tali imprescindibili ed inconfutabili funzioni, già vive. Se l’intera vita di un uomo può essere esemplificata in un percorso preordinato che dalla A arriva alla Z, diremo che la A è la fase del concepimento, la B quella embrionale, la C quella fetale, la D quella neonatale, la E quella infantile e così via fino alla Z. Ora nessuno può dire che una persona è tale solo se la si incontra alla lettera M o N, ma è evidente che ogni gradino, ogni successivo passaggio ed ogni seppur minima fase di sviluppo ha la sua precipua valenza, la sua grande importanza e la sua definita identità, che è di quella ben precisa persona e non di altre. Né si può dire che se si uccide una persona corrispondente alla fase M si debba parlare di omicidio, mentre se la si uccide alla fase A non si compie alcuna azione delittuosa, perché si tratta sempre della stessissima, medesima, assolutamente identica persona. Cambia soltanto la fase temporale del suo sviluppo, della sua maturità e del suo corredo di funzioni e connotazioni, ma l’identità precipua di tale persona è assolutamente identica, dalla A alla Z, dal concepimento all’estremo commiato, anche se le graduali e preordinate fasi del suo sviluppo risultano varie, opportunamente differenziate e chiaramente cangianti. A tanto si aggiunge il conforto chiarificante ed esaustivo della Parola di Dio, quando rivela che la vita di ogni singolo uomo è sorretta ed attestata dall’imperscrutabile simbiosi con l’anima immortale, già destinata a raggiungere un giorno la sua dimora eterna accanto al Signore della Vita, ed il cui destino anzi è il vero, fondamentale ed assolutamente prioritario fine dell’intera esistenza umana. I CENTRI DI AIUTO ALLA VITA Tutte le mamme in attesa di un figlio, le quali presentano difficoltà di ordine economico, morale, socio-culturale e/o familiare che possano intralciare e/o condizionare, in vario modo, il giusto, sereno ed armonico proseguimento della gravidanza, possono beneficiare di un valido sostegno da parte dei Centri di Aiuto alla Vita, organismi volontaristici che si adoperano con grande impegno e responsabilità per la rimozione delle cause sino ad ora sfociate nell’interruzione volontaria della gravidanza. Tali Centri offrono consulenze mediche, psicologiche e legali gratuite, e concreti aiuti assistenziali ed economici alle mamme in difficoltà, promuovendo un importantissimo e fondamentale sostegno alle nuove vite che stanno per nascere. A tal fine un aiuto concreto è anche fornito da enti ed istituzioni pubbliche, oramai pienamente consapevoli del valore inestimabile e dell’imprescindibile sacralità che una nuova vita umana rappresenta, oltre che ai fini di Dio, anche per l’intera società. E’ pertanto vivamente auspicabile, anzi più che doveroso, che i “Centri di Aiuto alla Vita” possano essere con grande impegno programmati ed istituiti, in ogni singola regione, dalle pubbliche istituzioni, sì da garantire ad ogni mamma in difficoltà o ad ogni ragazza-madre pieno sostegno, totale assistenza ed adeguata ospitalità per lei ed il suo bambino, finchè la loro situazione, sempre con l’immancabile e costante aiuto delle istituzioni, del volontariato e dell’intera comunità, non risulti adeguatamente ripianata. DISEGNO LEGISLATIVO NORME PER LA DISCIPLINA DELLA INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA. ISTITUZIONE DEI CENTRI DI ACCOGLIENZA PER LE RAGAZZE-MADRI. PUBBLICI BENEFICI CORRELATI AL LORO STATO. DIVIETO ASSOLUTO ALLA PRATICA DELLA EUTANASIA E DELLA PENA DI MORTE. PREAMBOLO 1. Lo Stato tutela la vita umana in ogni sua forma ed espressione, dal suo primissimo insorgere nel grembo materno, sino al suo naturale declino, e pone assoluto divieto alla pratica indiscriminata dell’aborto, per il quale definisce i limiti di legittimità e le modalità di intervento. 2. L’aborto, ovvero la interruzione volontaria dello sviluppo dell’embrione o del feto provocata farmacologicamente, chirurgicamente o con metodiche non codificate, ad eccezione dei casi specifici ed assolutamente straordinari di cui all’art. 3 della presente legge, non può trovare alcuna giustificazione etica, né giuridica, né socio-culturale, dal momento che si tratta dell’interruzione volontaria di una vita umana al suo insorgere, equivalente eticamente e giuridicamente ad un omicidio. 3. L’interruzione volontaria della gravidanza non è perseguibile penalmente nei seguenti esclusivi casi: - Gravissime anomalie genetiche e/o gravissime patologie fetali, scientificamente e/o clinicamente accertate, alla base di gravissime malformazioni e/o patologie del nascituro, incompatibili con la vita, e/o di un suo gravissimo, irreversibile ed incurabile handicap, incompatibile con il normale espletamento delle funzioni vitali (es.: anencefalia, trasposizione di grandi arterie, marcata ipoplasia cardiaca sinistra, agenesia renale bilaterale). - Trasmissione dalla madre al feto, scientificamente e/o clinicamente accertata, di gravissime, irreversibili ed incurabili patologie infettive. In tali esclusivi casi, l’interruzione volontaria della gravidanza può essere espletata entro e non oltre la ventunesima settimana di gestazione, su richiesta scritta della donna, previa presentazione della certificazione specialistica attestante la gravissima patologia materna e/o fetale in atto, corredata di tutti gli esami diagnostici eseguiti per accertarla. La certificazione specialistica e l’intera documentazione diagnostica devono essere obbligatoriamente custoditi in un apposito fascicolo clinico, da trasmettere, entro 30 giorni dalla data dell’intervento interruttivo, alla Prefettura competente per territorio. 4. Entro 60 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, il Ministero della Salute redige l’Elenco delle malattie genetiche, delle patologie fetali e delle malattie infettive trasmissibili dalla madre al feto, di cui all’art. 3 della presente legge, e lo porta all’approvazione del Consiglio dei Ministri. 5. L’interruzione della gravidanza, prima o dopo la ventunesima settimana di gestazione, non è perseguibile penalmente nei casi nei quali la gravidanza o il parto comportino un gravissimo ed imminente pericolo per la vita della donna, documentato dagli specifici esami diagnostici e/o dalle condizioni di acclarata emergenza. In tali casi, quando sussiste la pur minima possibilità di vita autonoma del feto, il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare con ogni premura la vita del feto assieme a quella della mamma. 6. Nei casi di cui agli articoli 3 e 5, prima di procedere all’intervento di interruzione della gravidanza, il medico operatore deve premunirsi della richiesta scritta della donna, inerente il suo assenso all’intervento, con la possibilità che, nei casi previsti dall’art. 5, ella possa optare per la vita del bambino, nonostante l’alto rischio di perdere la propria. Nei casi di cui all’art. 5, nei quali le condizioni di acclarata emergenza, lo stato di alterata coscienza della donna, o la sua interdizione per infermità di mente, non rendano possibile l’ottenimento del consenso scritto della donna, il medico operatore può intervenire, dopo aver sentito i familiari della donna o i suoi tutori legali, i quali, laddove presenti, sono tenuti a sottoscrivere la dichiarazione di consenso all’intervento. La dichiarazione di consenso può essere omessa solo in caso di acclarato imminente pericolo di vita per la donna. 7. L’interruzione della gravidanza, nei casi di cui agli articoli 3 e 5, può essere praticata solo da medici specialisti, in Ospedali pubblici o in Case di cura specializzate formalmente riconosciute dallo Stato. L’Ente ospedaliero o il Centro clinico specializzato in cui viene eseguito l’intervento trasmette, entro 30 giorni dalla data dell’intervento, una copia del fascicolo clinico della donna sottoposta ad interruzione di gravidanza, alla competente Prefettura. La Prefettura, nei casi in cui sussistano motivi di dubbio o di legittimo sospetto sui motivi che hanno indotto all’interruzione della gravidanza, in difformità dalle disposizioni della presente legge, trasmette entro 30 giorni dal ricevimento, il fascicolo clinico della donna sottoposta all’intervento, al Pretore competente. 8. I farmaci e/o i prodotti che possono provocare l’interruzione della gravidanza possono essere forniti solo su prescrizione del medico specialista nei casi specifici di cui agli articoli 3 e 5 della presente legge. In mancanza della prescrizione specialistica, sono assolutamente vietate la vendita, la somministrazione a terzi o l’auto-somministrazione dei farmaci e/o dei prodotti che possono arrestare lo sviluppo dell’embrione o del feto, a partire dal primo momento del concepimento. La prescrizione specialistica inerente i farmaci ed i prodotti di cui al presente articolo deve essere conservata con cura dal pubblico esercente, in un apposito fascicolo, per un periodo non inferiore ai 2 anni. 9. Il Ministero della Salute redige annualmente, entro il 30 gennaio, l’elenco dei farmaci e dei prodotti consentiti di cui all’art. 8 della presente legge. 10. L’interruzione volontaria della gravidanza è assolutamente vietata in tutti i casi non espressamente contemplati dagli articoli 3 e 5 della presente legge. Ai trasgressori sono ascritte le seguenti pene e sanzioni: L’esecutore materiale dell’IVG non autorizzata, sia esso medico, ostetrico o praticante generico, è punito con la reclusione da 3 a 6 anni, con la sospensione dall’esercizio professionale da 2 a 4 anni, e con l’ammenda di 10.000 euro, somma da destinare ai Centri di Aiuto alla Vita. In caso di trasgressione recidiva o plurima, la pena è aumentata da 1/3 fino alla metà. La donna risultata sottoposta ad IVG non autorizzata, è punita con la reclusione a 2 anni e 6 mesi, in regime di detenzione domiciliare. La pena è sospesa per 1 anno. La pena detentiva è successivamente ridotta di 2/3 se la donna sottoposta ad IVG non autorizzata dimostra di aver frequentato il Corso trimestrale di cui al comma C) del presente articolo, per almeno i 2/3 dell’orario totale previsto. La donna risultata sottoposta ad IVG non autorizzata è fatta oggetto delle seguenti misure preventive, messe in atto dalla Prefettura competente per territorio: Diffida ordinaria a non più ripetere la gravissima trasgressione di cui si è resa responsabile. Lettera informativa riservata, da cui risultino le precipue responsabilità ed i basilari doveri ai quali deve ritenersi subordinata una donna in attesa di un figlio. Alla lettera informativa viene allegato un estratto letterario di alto profilo formativo. Invito a frequentare un Corso di formazione specifica, di durata trimestrale, predisposto dalle Amministrazioni Provinciali. In caso di trasgressione recidiva, la donna risultata sottoposta ad IVG non autorizzata è punita con la reclusione a 2 anni e 8 mesi, in regime di detenzione domiciliare, ed all’ammenda di 4.000 euro, somma da destinare ai Centri di Aiuto alla Vita. In tal caso, il Prefetto predispone, con le precedenti, le seguenti misure: Visita domiciliare settimanale della donna sottoposta ad IVG, da parte di uno psicologo, di un medico e di un sociologo, in orario pomeridiano compreso fra le 15:00 e le 18:00, per la durata di 3 mesi. Colloquio obbligatorio presso gli uffici competenti della Prefettura, a cadenza bimestrale, per la durata di un anno. 11. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, le Amministrazioni Provinciali organizzano, annualmente, due Corsi di formazione sul tema: “La Sacralità della Vita umana, dal concepimento al suo naturale declino”. I Corsi hanno durata trimestrale e sono rivolti a tutte le donne e gli uomini che intendono accedervi, nonché alle donne invitate dal Prefetto a parteciparvi, in conformità all’art. 10, comma 2, lettera C), della presente legge. 12. Chiunque, in mancanza della specifica prescrizione specialistica, cede in vendita o somministra a se stessa o a terzi, i farmaci o i prodotti di cui all’art. 8 della presente legge, è punito con l’ammenda da 20.000 euro e con la sospensione di 2 anni dall’esercizio professionale. La pena è raddoppiata in caso di recidiva. 13. Il medico operatore che, sotto il pretesto di false motivazioni, pratica ad una donna l’interruzione della gravidanza, è punito con la reclusione da 3 a 10 anni, con l’ammenda da 20.000 a 100.000 euro, e con la sospensione da 3 a 7 anni dall’esercizio professionale. 14. Chiunque, non riscontrandosi i motivi di emergenza di cui all’art. 5 della presente legge, pratichi ad una donna l’interruzione della gravidanza dopo la ventunesima settimana di gestazione, è punito con la pena prevista dall’art. 10, comma 1), della presente legge. 15. Chiunque, pur in presenza delle condizioni di cui agli articoli 3 e 5 della presente legge, pratichi l’interruzione della gravidanza ad una donna, fuori dagli Ospedali o dai Centri clinici di cui all’art. 7 della presente legge, è punito con la reclusione da 1 a 4 anni e con l’ammenda da 20.000 euro. La pena è raddoppiata in caso di recidiva. 16. Per i reati di interruzione di gravidanza su base colposa, praticata senza il consenso della donna, ovvero mediante consenso estorto con la violenza, le intimidazioni o le minacce, o per l’interruzione di gravidanza seguita dalla morte della donna o da una grave lesione personale, si applicano le leggi vigenti in materia. 17. Nei casi in cui la partoriente o la puerpera presentasse serie ed insolvibili difficoltà nel dover allevare con cura il bambino, per gravi motivi di salute fisica e/o psichica, o per gravi impedimenti di natura economica e/o familiare, il Pretore competente emette un’ Ordinanza di affidamento del bambino ai familiari più prossimi della donna o, in alternativa, alla famiglia che, avendone i requisiti, presenti richiesta di adozione, o alla struttura pubblica legalmente riconosciuta, secondo quanto previsto dall’ordinamento giuridico vigente. ISTITUZIONE DEI CENTRI DI ACCOGLIENZA PER LE RAGAZZE-MADRI. PUBBLICI BENEFICI CORRELATI AL LORO STATO 18. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministero della Salute promuove ed istituisce, in ogni singola Regione, i Centri di Accoglienza e di Assistenza per le ragazze-madri. I Centri, dotati delle strutture adeguate e del personale idoneo a far fronte ai servizi specifici di loro competenza, sono destinati ad assolvere alle seguenti finalità: - Accoglienza ed ospitalità delle ragazze nubili risultanti in gravidanza, le quali, per cause di ordine economico, socio-culturale e/o familiare, risultino in vario modo intralciate e/o condizionate in merito al sereno ed armonico prosieguo della gravidanza, fornendo loro assistenza medica, psicologica e legale gratuita. - Ospitalità e sostegno materiale alle mamme con accertate difficoltà economiche ed al loro bambino, sino al conseguimento, col fattivo supporto di istituzioni pubbliche ed enti privati, di condizioni di vita compatibili con una conduzione familiare autonoma, dignitosa e serena. - Inserimento delle ragazze-madri in un apposito progetto socio-assistenziale, curato dalle Amministrazioni provinciali, in stretta collaborazione con le Associazioni di volontariato e/o con Enti ecclesiastici e/o privati, che possano tutelarle ed assisterle assieme al loro bambino, sino al pieno reinserimento della donna nel mondo sociale e lavorativo. Lo Stato fornisce alle ragazze-madri con accertate difficoltà economiche, le seguenti misure di sostegno ed assistenza: Accoglienza ed ospitalità, assieme al loro bambino, in appositi istituti o case-famiglia, per un periodo variabile, in considerazione di ogni singolo caso. Assegno mensile, agevolazioni tributarie e benefici socio-assistenziali, in conformità a quanto previsto per le famiglie prive di reddito o con reddito insufficiente. Assistenza medica, psicologica e legale gratuita sino al compimento dei 5 anni del bambino, unitamente alla somministrazione gratuita di latte, farmaci e prodotti igienico-sanitari. Fornitura gratuita per lo stesso periodo di materiali ed accessori di supporto domestico. Una costante assistenza nell’individuare, in stretta correlazione alle esigenze ed alle specifiche competenze della ragazza-madre, una valida e soddisfacente attività lavorativa, che possa conciliare le esigenze economiche della neo-famiglia con gli imprescindibili doveri di brava madre per il proprio bambino. DIVIETO ASSOLUTO PER L’EUTANASIA 19. Lo Stato salvaguarda in senso assoluto la vita umana dal suo insorgere al suo naturale declino. In nessun caso può essere annullata una vita umana, sia che si tratti di una persona sana, che gravemente malata. 20. Lo Stato sancisce assoluto divieto a tutte le forme dirette o indirette di eutanasia. 21. Chiunque causa direttamente o indirettamente l’eutanasia ad un essere umano, sia farmacologicamente che chirurgicamente o con metodiche non codificate, è punito con le pene e le sanzioni previste dall’ordinamento specifico, di cui al successivo capitolo. 22. Nei soggetti approdati alla fase terminale di patologie gravissime, assolutamente irreversibili, ed evolventi in exitus nell’arco di breve tempo, la sospensione del trattamento farmacologico, riferibile ad un accanimento terapeutico, non può essere sanzionabile. In tali casi i sanitari ed i parasanitari sono chiamati in via prioritaria ad adoperarsi, con grande responsabilità ed impegno, e con tutti i mezzi loro disponibili, a rendere più umana la terapia e l’approccio al paziente, assicurandogli, oltre al supporto farmacologico, anche e soprattutto il calore umano ed una fraterna e costante vicinanza, richiesti in tali casi più degli stessi espedienti terapeutici. Sempre scorgendo in ogni singolo paziente l’uomo, e non un semplice numero da passare in rassegna, occorre adoperarsi nel soddisfare ogni sua pur minima esigenza, ponendosi in tali momenti al suo stessissimo posto, perché ogni cosa che faremo allora per lui, rappresenterà un merito straordinario per noi stessi. Soprattutto occorre adoperarsi nell’alleviare, il quanto più possibile, il suo dolore fisico, con tutti i mezzi terapeutici disponibili, in grado di annullare l’intensità del dolore nella quasi totalità dei casi. Un malato terminale deve infine essere tutelato nella serenità e nella pace: l’inesorabile transito non deve tramutarsi in una pena intollerabile, ma in un sereno e pacato passaggio all’altra sponda, liddove c’è Qualcuno ad attenderci, pronto a ricolmarci di infinita pace, immensa gioia ed una luce ineffabile. MOBILITAZIONE CONTRO LA PENA DI MORTE 23. Il primo ed assoluto diritto di ogni essere umano è il diritto alla vita, lungo l’intero suo naturale decorso. Tale diritto è sacro, assoluto ed inviolabile, indipendentemente da fattori di ordine culturale, giuridico, politico, razziale, religioso o ideologico. Nessun uomo può accampare il diritto di privare della vita un altro essere umano o farsi arbitrariamente signore della vita o della morte dei propri simili. 24. Gli Stati nei quali vige la pena di morte, ove non disponibili a riconvertire la propria legislazione in provvedimenti alternativi, sono sottoposti, da parte della comunità internazionale, alle seguenti misure restrittive: 1. Esclusione dal partecipare al Presidio Internazionale per la Salvaguardia dei Diritti umani. 2. Sensibilizzazione sul tema della popolazione ivi residente, attraverso campagne in difesa della vita e contro la pena di morte. 3. Esclusione temporanea dal Consesso delle Organizzazioni Internazionali perseguenti scopi umanitari (ONU, FAO, Croce Rossa, ecc.). 4. Organizzazione, nei Paesi interessati, di manifestazioni civili ed iniziative culturali o sportive, finalizzate al pieno coinvolgimento sul tema della pubblica opinione. 5. Decisa presa di posizione da parte delle Confessioni religiose più rappresentative. 6. Drastico ridimensionamento del credito politico nei confronti dei leaders politici che promuovono o tollerano la pena di morte. 7. Aperta condanna dei singoli casi di applicazione della pena capitale. 8. Approvazione di OdG contro la pena di morte da parte dei Parlamenti nazionali. 9. Raffreddamento dei rapporti di collaborazione ed intesa con i Governi dei Paesi nei quali vige la pena di morte. La Vita umana è Sacra, e nessuno può osare violarla impunemente 14. IL TRAGITTO DECISIVO DELLA NOSTRA VITA La sofferenza è legata alla vita così come il sole è legato alla terra e l’inverno è parte delle stagioni. Un uomo che non sappia o non voglia includere la sofferenza nella propria vita, o che non sia poi tanto capace di accettarla e tollerarla con dignità, serenità, pazienza e coraggio, non è un vero uomo, ma un essere imbelle, ribelle ed essenzialmente immaturo, immeritevole perfino di vivere e di gioire.* * Se la si teme, la sofferenza può far paura e apportare angoscia o disperazione molto più del suo potenziale reale, ma se la si considera in ogni evenienza amica e benvenuta (come S. Francesco d’Assisi sempre la considerava) essa non è altro che un incrediente della vita, da accettare così come si presenta, e da trattare come un ospite di riguardo, con pazienza e serenità, anche se molto spesso si rivela pungente o aspra. Gli Apaches, i Sioux ed i Sealth la ritenevano con grande fierezza un dono esclusivo del Grande Spirito ed una prova estrema di coraggio, di forza, di grande temperamento. Molti capitribù delle riserve del Colorado e della foresta Amazzonica la considerano tuttora un grande onore ed un ragguardevole privilegio. Noi Cristiani dobbiamo ritenerla soltanto una prova intensa e passeggera, strettamente correlata al nostro passaggio terreno, ed un potente mezzo di espiazione e di purificazione prima della beatitudine eterna che ci riserverà, se meritato, il Paradiso. La missione della sofferenza Tanto più sofferta è la prova, tanto più schiacciante la vittoria, tanto più meritata la ricompensa. In tutto c’è la ragione divina. Così nessuno è in diritto di cancellare a proprio stolto arbitrio l’esistenza di un feto che dovrà nascere malformato o malato, o quella di un infermo vicino al tramonto, per evitare di tediare l’esistenza di chi, stando bene, dovrà poi prendersene cura. O saremmo forse in diritto di eliminare tutti coloro che soffrono e che disturbano la nostra vita? E se Dio desse a costoro la forza di vivere serenamente e con coraggio, e a noi che ne abbiamo cura motivo di espiazione delle colpe, prova di coraggio, e vivida testimonianza di fede? E se mediante quella sofferenza Dio volesse rivolgere un monito, attestare un esempio, o infondere un barlume di luce in altri che, pur stando bene, vivono nel buio e nell’angoscia? La Sua logica non è la nostra logica. La Sua ragione non è la nostra ragione. La Sue vie non sono le nostre vie. Il vero motivo della sofferenza è la rimozione del male, tanto di quello psicofisico, inteso come malattia, che di quello spirituale, inteso come peccato o allontanamento da Dio. Se tutti gli uomini fossero secondo Dio, il male non esisterebbe, e la sofferenza non avrebbe motivo di esistere. Non vi può e non vi potrà mai essere soluzione radicale ai mali del corpo, se prima non vi sarà totale subordinazione del corpo allo spirito, e ferma obbedienza alla legge morale, che è legge di Dio. L’incontinenza, gli eccessi, i vizi, le aberrazioni, ed ogni trasgressione alla legge divina, tutte si traducono anche in un male del corpo, oltre che in un indebolimento dello spirito; che anzi, dalle colpe dei genitori, spesso ne resta contaminata ed offesa anche la carne dei figli; e questo perché tutti comprendano che la trasgressione della legge divina non solo si rivela deleteria per il diretto trasgressore, ma lascia uno strascico che nemmeno il tempo riesce a portar via. La sofferenza serve inoltre a purificare l’uomo dall’orgoglio ed a preservarlo da colpe maggiori. Il dolore rientra così nei misteriosi disegni di Dio e aderisce all’uomo quasi per la sua stessa condizione di creatura; si deve dunque accettarlo, e bisogna amarlo*. A tutti coloro versanti in uno stato di persistente o irrimediabile decadimento psicofisico, contrassegnato finanche dalla perdita delle basilari facoltà cognitive e relazionali, è da Dio assegnata una straordinaria ed importantissima missione: quella di attestare inequivocabilmente e con la massima efficacia dinanzi all’umanità intera, l’assoluta sacralità ed inviolabilità della vita umana, in ogni sua pur estrema o finanche irrimediabile condizione, perchè dono sublime, unico ed irripetibile di Dio, non solo per l’appariscente e quanto mai effimera conformazione corporea, quanto soprattutto per l’altissimo, incomparabile ed inestimabile privilegio di detenere in sé un’anima spirituale, il bene più prezioso, unico ed irripetibile che Dio avesse mai potuto concedere alle Sue creature. Ed è tale altissima missione centomila volte più importante e decisiva di altre pur valevoli o significative attestazioni umane, in quanto definisce a chiare lettere che la vita umana non può in alcun modo e per nessuna ragione al mondo essere oltraggiata, offesa, interrotta, cancellata o affossata, finanche si vedesse un giorno decaduta nella più estrema e labile delle condizioni cui in terra si possa mai pervenire. E se agli occhi di Dio risultano sacri ed inviolabili tutti coloro versanti in condizioni di estremo decadimento, identica importanza e sacralità detengono dinanzi a Lui tutti coloro versanti in condizioni di estremo degrado e abbandono, nella miseria più cupa, in contesti di assoluta noncuranza da parte della comunità che li circonda, in condizioni di vile sfruttamento o di perduranti e miserevoli abusi. Tale fondamentale messaggio nessuno può attestarlo con tanta efficacia all’infuori di chi, pur senza disporre della parola per affermarlo, della gestualità per trasmetterne compiutamente il senso, della funzione visiva per ricalcarne compiutamente l’importanza, delle facoltà relazionali per trasmetterne efficacemente i termini, conserva però un’ultima preziosissima capacità, che è quella del cuore, un cuore che continua a pulsare ancora per sussurrare sommessamente a tutti: “Sono ancora vivo, sono presente fra voi, e sono assolutamente prezioso e sacro agli occhi del Dio che mi ha creato, e che sin dal primo istante della mia vita mi ama immensamente!”. * Bisogna saper soffrire in silenzio, senza disperarsi, trovando nella certezza della fede ogni ragione di conforto. La sofferenza non è la negazione, ma l’esaltazione dell’umana dignità: solo chi sa soffrire in silenzio, annientando il proprio io nella più contrita umiltà, e serbando viva fiducia nell’immancabile sostegno di Dio, è un vero uomo, assolutamente degno di entrare un giorno, attraverso la porta strettissima della sofferenza, nella vera vita. Una paralitica operata più volte, ma sempre felice e sorridente Pur riuscendo a muovere solo leggermente i piedi, ed a stento le braccia, Maria, una ragazza paralitica operata più volte al bacino e agli arti, per una grave infermità, si dimostra capace di guidare un’auto appositamente predisposta per lei, e con questa va a trovare e ad incoraggiare gente sola e sofferente che vede bisognosa di un sorriso o di una parola di conforto. E cerca di fare tutto da sé senza infastidire o importunare nessuno, mostrandosi sempre sorridente e serena con tutti, nonostante abbia già subìto sette complessi interventi chirurgici. “Se sto bene – dice – è perché mia madre, da quando sono nata, e nonostante la mia grave malattia, non mi ha mai viziata e coccolata, ma ad ogni inizio di giornata mi ha sempre ripetuto: “La vita è sacrificio; alzati, cammina, lavora, e cerca comunque di renderti utile”. Dal diario di un ammalato Signore, Ti ringrazio per la mia malattia: mi ha fatto toccare con mano la fragilità e la precarietà della vita; mi ha liberato da tante illusioni. Ora guardo tutto con occhi diversi: quello che ho e che sono non mi appartiene, è un Tuo dono. Ho scoperto che cosa vuol dire “dipendere”, aver bisogno di tutto e di tutti, non poter far nulla da solo. Ho provato la solitudine, l’angoscia, la disperazione, ma anche l’affetto, l’amore, l’amicizia di tante persone. Signore, anche se mi è difficile, ti dico: sia fatta la Tua volontà!* * Il messaggio di Papa Giovanni XXIII: “Caro fratello che soffri, rasserenati, Dio è con te. Egli ti è vicino, fidati di Lui come ti fideresti di tuo padre. Se ha permesso che tu soffra è perché ne scorge un bene che tu oggi non conosci ancora. La tua serenità è nel fidarti di Dio che non è capace di deludere, mai!”. IL DOVEROSO ED INELUDIBILE SOSTEGNO ALLE PERSONE VERSANTI IN STATO VEGETATIVO * * L’impostazione del presente capitolo tiene primariamente conto dell’analisi e delle considerazioni fornite sull’argomento dal Comitato Nazionale per la Bioetica, costituitosi sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il quale ha redatto un documento ufficiale dal titolo: “L’Alimentazione e l’idratazione di pazienti in stato vegetativo persistente”, approvato nella seduta plenaria del 30 settembre 2005 con l’adesione di 21 membri, 8 contrari e 1 astenuto. Il nostro Dio non è un Dio che gode o si compiace delle pene o delle sofferenze delle Sue creature, ed ogni qualvolta si vede costretto a non interferire, per i motivi più svariati, sul loro decorso, ne risente alla stessa stregua di un padre infinitamente buono che vede soffrire i propri figli; e tuttavia non permette giammai ad alcuno di portare un peso che risulti superiore alle sue forze. Sicchè ogni grande o pur piccola cosa riversa sulle nostre spalle è correlata, in ogni singolo caso, ad una finalità, ad una prerogativa o ad un parametro imperscrutabile di giustizia, spesso ignorati o misconosciuti da chi non sa o non vuole vagliare a fondo le prerogative, i fini o le vere motivazioni alla base delle tristi o gioiose vicissitudini della nostra vita. Orbene, chi intende sottrarsi, a mezzo di più o meno abili espedienti, alle prove, ai sacrifici o alle asperità intervenute nella sua vita, è assolutamente libero di farlo, ma in tal modo non fa che allungare e rendere più tortuoso, aspro e difficile il suo percorso, tanto in una prospettiva immanente, quanto soprattutto trascendente. Tutto ed ogni cosa, nella nostra pur breve esistenza terrena, è finalizzato e precipuamente correlato a quella eterna. Chi non vuole o fa finta di non comprenderlo, si rivela alquanto imprevidente e poco accorto, rendendosi artefice, per tale suo stolto ed irresponsabile comportamento, tanto del male presente, quanto soprattutto di quello futuro. Lo stato vegetativo persistente, anche definito coma vigile, è determinato da una grave compromissione neurologica ed è caratterizzato da un apparente stato di vigilanza privo di coscienza. Il paziente si presenta con occhi aperti, frequenti movimenti afinalistici di masticazione, attività motoria degli arti limitata a riflessi di retrazione agli stimoli nocicettivi senza movimenti finalistici. I pazienti in SVP talora sorridono senza apparente motivo; gli occhi ed il capo possono ruotare verso suoni e oggetti in movimento, senza fissazione dello sguardo. La vocalizzazione, se presente, consiste in suoni incomprensibili; sono presenti spasticità, contratture, incontinenza urinaria e fecale. Le funzioni cardiocircolatorie e respiratorie sono conservate ed il paziente non necessita di sostegni strumentali. La funzione gastro-intestinale è conservata, anche se il paziente è incapace di nutrirsi per bocca a causa di gravi disfunzioni a carico della masticazione e della deglutizione. Alcuni malati terminali possono presentare un quadro di SVP, ma molti pazienti in SVP non si dimostrano affatto malati terminali, potendo sopravvivere per anni se opportunamente assistiti, ed anche risvegliarsi e riacquisire capacità cognitive e relazionali, finanche a distanza di molti anni, come è avvenuto in svariati casi. Sicchè il giudizio prognostico non può esprimersi in termini di assoluta irreversibilità, ma solo in termini presuntivi di scarsa incidenza di recuperabilità; sono infatti descritti molteplici casi che hanno riacquisito le facoltà cognitive e relazionali anche a distanza di 10 o 20 anni dall’inizio dello SVP. La condizione dello SVP non è associabile al coma: lo stato comatoso è privo di veglia, mentre i pazienti in SVP, pur senza offrire chiari segni esteriori di coscienza, alternano fasi di sonno e fasi di veglia. C’è molta gente che, risvegliatasi dal coma, ha riferito di aver ascoltato ciò di cui si parlava in loro presenza; molti si rendevano ovvero conto di ciò che avveniva attorno a loro, pur nell’assoluta impossibilità di interagire e rendersi presenti agli astanti. Pertanto, la persona in SVP non è affatto una former person, ma è una persona in senso pieno, la cui dignità deve essere tutelata garantendo, senza discriminazione, il rispetto della sua integrità. A tal proposito, la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea sottolinea come “la persona in SVP, come qualsiasi altra persona, ha diritto alla vita, e di conseguenza alla sua integrità fisica e mentale” (art. II-62, art. II-63). Sotto il profilo deontologico, “il medico non può abbandonare il malato ritenuto inguaribile, ma deve continuare ad assisterlo anche al solo fine di lenirne la sofferenza fisica e psichica” (Codice Deont. medica, art. 20). Dal punto di vista scientifico, vi è da puntualizzare che l’aria, l’acqua ed il cibo sono elementi basilari che sostengono le funzioni vitali delle cellule e quindi dell’intero organismo; un farmaco è invece somministrato per far variare le funzioni alterate o patologiche dell’organismo, al fine di riportarle alla normalità. Dal momento che l’idratazione e la nutrizione rappresentano un sostentamento vitale di base per l’organismo, il sospendere la loro somministrazione rappresenta una forma di eutanasia, poiché il paziente non muore per le conseguenze dirette della patologia da cui è affetto, come accade in caso di interruzione di una cura medica, ma per l’omissione di una forma di sostegno vitale. Lo stato di sofferenza e l’agonia causati dalla sospensione di acqua e cibo sono infatti strettamente correlati e dipendenti dalla mancata somministrazione di tali elementi basilari di sostegno, non dalla grave compromissione neurologica da cui il soggetto è affetto. Il problema bioetico centrale è rappresentato dalla condizione di assoluta dipendenza dagli altri; il paziente in SVP necessita, per sopravvivere, di quanto ha bisogno ogni altro essere umano: acqua, cibo, riscaldamento, pulizia e movimento, ma non è in grado di provvedervi autonomamente, avendo bisogno di sostegno ed accudimento da parte di altri; e non necessita di tecnologie sofisticate, costose e di difficile accesso. Tali pazienti hanno unicamente bisogno, per vivere, di un sostegno e di un accudimento del tutto ordinari, necessitando, più di ogni altra cosa, di un’assistenza ad alto o altissimo contenuto umano, sebbene a modestissimo contenuto tecnologico, come invece richiesto da altre condizioni patologiche ben più gravi, impegnative e difficili da trattare e accudire rispetto allo SVP. E’ da sottolineare che la tragicità, per quanto estrema, di uno stato patologico, quale può essere lo SVP, non altera minimamente la dignità delle persone che ne sono affette, e la pienezza dei loro diritti: non è quindi possibile giustificare non solo la negazione, ma nemmeno un affievolimento del diritto all’accudimento ed al sostentamento di cui tali pazienti godono al pari di ogni altro essere umano; non sono infatti né la qualità della patologia, né la probabilità della guarigione a giustificare il sostegno vitale ad un essere umano, che trova la sua ragione sufficiente esclusivamente nel bisogno che il malato ha, come soggetto debole, di essere accudito e sostenuto, senza essere abbandonato a sé stesso. Quanto maggiore si dimostra la debolezza di un individuo, tanto maggiore è il dovere etico e giuridico di prendersi cura di lui che grava sui familiari e sulla comunità che lo annovera. Nella grande maggioranza, i pazienti in SVP sono gestibili e sorvegliabili dagli stessi familiari, non essendo indispensabile l’ospedalizzazione: è sufficiente che vengano rispettate condizioni minime di assistenza come la detersione ed il controllo della postura. Quando la famiglia si rende disponibile ad assistere in ambito domiciliare un paziente, è dovere delle istituzioni supportarne gli oneri economici ed assistenziali. Ciò che prima di tutto va garantito è il sostentamento di base: nutrizione e idratazione, sia che siano fornite per le vie naturali che per tramiti artificiali. Nutrizione e idratazione vanno considerate atti dovuti eticamente, deontologicamente e giuridicamente, in quanto indispensabili per garantire le condizioni di base per vivere, annullare i sintomi della fame e della sete, ridurre i rischi di infezioni causate da deficit nutrizionali e dalla immobilità. La mancata somministrazione di acqua e cibo determina, in pochi giorni, una lunga serie di gravi deficit organici: 1) Una lenta e progressiva disidratazione delle cellule e dei tessuti con conseguente insufficienza renale acuta, diminuzione drastica del volume urinario, emissione di urina scura, anuria; 2) Un progressivo scompenso cardio-circolatorio con palpitazioni, marcata ipotensione, drastico aumento del ritmo cardiaco e respiratorio, rapido innalzamento della temperatura corporea a causa del ridotto sudore, spasticità muscolare, crampi, delirio; 3) Una marcata insufficienza epatica, a causa della drastica diminuzione dell’apporto idrico, vitaminico, proteico e di sali minerali; 4) Una significativa alterazione della crasi ematica con sintomi da anemia acuta; 5) Gravi sintomi respiratori e neurologici: delirio, senso di estremo disagio e forte oppressione, astenia, ansia, vertigini, irritabilità, emicrania, confusione mentale, insonnia, apatia, nausea, letargia; 6) Altissimo rischio di infezioni a carico degli organi più esposti. Tale situazione determina una lenta e progressiva agonia che può durare svariati giorni o anche settimane, sino all’exitus. Il giudizio addotto da soggetti terzi in merito alla qualità della vita di tali pazienti risulta molto spesso arbitrario, soggettivo e pregiudizievole, e non dovrebbe pertanto detenere alcuna incidenza, dal punto di vista etico, sul dovere deontologico che incombe su qualsiasi medico di tutelare senza eccezioni o discrimanzioni la vita di un essere umano, qualunque possa essere lo stato emotivo, affettivo, psicologico o comportamentale dei suoi familiari. E’ da rimarcare che la somministrazione di acqua e cibo non è assolutamente configurabile o assimilabile ad un trattamento medico o farmacologico, anche se la somministrazione di tali elementi avviene per vie non naturali come la fleboclisi, il sondino nasogastrico o l’enterogastrostomia percutanea, in quanto ciò che definisce l’intervento di sostegno ad un soggetto debole e in difficoltà è l’essenza dell’atto in sé, correlato alla sua precipua finalizzazione, non le metodiche od i mezzi utilizzati per portarlo a compimento: se si incontra per strada un ferito che chiede acqua ed assistenza, e trattasi di un soggetto non in grado di acquisire autonomamente quanto richiesto, l’impegno del soccorritore è semplicemente quello di aiutarlo a bere, anche mediante ausili meccanici o tecnologici, quali possono essere un imbuto, una cannuccia o qualsivoglia altro strumento o modalità; si rivela essenziale ovvero ciò che si offre, non la modalità dell’offerta. Se si intende offrire del denaro ad un bisognoso, è quanto si offre che conta, non il mezzo di trasferimento (contanti, assegni o bonifici); e poco conta se le soluzioni da somministrare richiedano perizia, competenze mediche o acquisizioni scientifiche, poiché anche ad una mamma che vuol preparare per il proprio figliolo una pizza farcita, un frullato o un passato di verdure, sono richieste competenze e nozioni specifiche, prima che possa somministrare al bambino il prodotto finito: finanche il biberon è un mezzo non fisiologico di trasmissione del latte ad un neonato. Addurre a tal proposito argomentazioni strumentali o pretestuose non rende onore ad uomini di scienza che presumono di trasmettere sapere e rigore scientifico, aggrappandosi a qualsiasi appiglio, pur di sostenere la propria posizione ideologica sull’umana esistenza, ritenuta meritevole di essere vissuta solo se condotta in modo piacevole, comodo o tranquillo. I MOLTEPLICI CASI DI RISVEGLIO DAL COMA Si registrano in letteratura numerosi casi di ripresa o di pieno recupero alla vita autonoma e di relazione di pazienti rimasti per lungo tempo in coma vigile o stato vegetativo persistente. Una recente ricerca ha inoltre evidenziato la presenza di funzioni neurologiche cognitive anche in pazienti versanti in SVP.* Uno studio del 1996 su 40 pazienti nel Regno Unito, ha posto in evidenza come il 43% di quelle diagnosi di SVP fossero errate; un altro 33% di questi pazienti riuscì a riprendersi mentre lo studio era in corso.** Gli errori diagnostici, nei casi di coma vigile, sono molto frequenti: in Italia sono state rilevate, nell’ultimo decennio, diagnosi errate comprese fra il 60 ed il 70% dei casi.*** Alcuni casi di pazienti risvegliatisi dopo lungo tempo dallo stato di coma hanno conseguito risonanza mondiale: * New England Journal of Medicine: Willful modulation of brain activity in disorders of consciousness, Feb. 18, 2010. ** Keith Andrews, Lesley Murphy et al. “Misdiagnosis of the vegetative state: retrospective study in a rehabilitation unit” (BMJ, n. 313, June 1996, pp. 13-16). *** Stato vegetativo e stato di minima coscienza: quando la scienza toglie la morte…(Lorenzo Ascione, Fainotizia, 11/2012). Gary Dockery, poliziotto statunitense, nel 1996 si riprese improvvisamente dopo 8 anni di permanenza in coma vigile, seguito da uno stato vegetativo persistente. Appena risvegliatosi dal coma, cominciò a parlare con visibile entusiasmo, riconoscendo familiari ed amici e ricordando svariati episodi occorsi in passato. Ricordò anche il nome di tutti i suoi cavalli, descrivendo alcuni viaggi e le vacanze trascorse in campeggio negli anni precedenti. Morì a distanza di un anno dal risveglio a causa di un’embolia polmonare. Terry Wallis, meccanico statunitense, nel 2003 si risvegliò dopo 19 anni di permanenza in coma vigile, seguito da uno stato vegetativo persistente. I medici avevano più volte ripetuto che non avrebbe mai potuto riprendersi. Terry si risvegliò l’11 giugno del 2003, cominciando subito a parlare. Come prima cosa mormorò: “Mamma!”, chiamando colei che si era ostinatamente opposta a qualsiasi tentativo di agevolare una sua silenziosa uscita dalla vita. Poi esclamò: “Pam”, il nome dell’infermiera che per più di 10 anni si era presa cura di lui. La trattografia (una risonanza magnetica con tecniche molto avanzate) e gli altri esami clinici dimostrarono che le fibre cerebrali si erano riorganizzate riacquistando la loro funzione senza alcun intervento farmacologico. Quando riprese conoscenza, Terry era convinto di essere ancora nel 1984 e che fossero trascorse non più di 48 ore dall’incidente occorsogli tra i monti dell’Arkansas. Terry presentò visibili miglioramenti dopo un lungo e paziente percorso di cure logo e fisioterapiche. Salvatore Crisafulli, nel 2003, a seguito di un incidente stradale, finì in coma profondo o stato vegetativo permanente. Si risvegliò dopo 2 anni, nel 2005. Dal momento dell’incidente, la sua vita e quella dei suoi familiari fu contraddistinta da una lunga battaglia legale e mediatica con le autorità, intesa ad ottenere un’adeguata assistenza sanitaria in ambito domiciliare. Addirittura, nel 2009, gli venne sospesa la pensione perché dichiarato “falso invalido”. Promosse una causa legale per essere curato con le cellule staminali. Molte associazioni si sono schierate dalla sua parte, in difesa della vita e della dignità umana. E’ deceduto nel 2013 nella sua casa di Catania, all’età di 47 anni. Massimiliano Tresoldi, ex-calciatore, si risvegliò nel 2000, dopo 9 anni di permanenza in stato vegetativo persistente. Raccontò la mamma: “Quella sera non ce la facevo più. L’ho messo a letto e non avevo neppure la forza di sollevargli la mano per il segno della croce, come facevo sempre. “Massimiliano, gli ho detto, la mamma è tanto stanca. Se vuoi, prega da solo”. L’ho visto alzare la mano e segnarsi. Subito dopo mi ha abbracciato”. Era la sera di Natale del 2000. Nella sua casa di Carugate, Massimiliano Tresoldi si risvegliò dopo 9 anni trascorsi in uno stato vegetativo persistente conseguito ad uno spaventoso incidente stradale. “Eluana Englaro e Massimiliano – racconta la mamma Lucrezia – erano suppergiù coetanei, le loro storie sono andate in parallelo: mio figlio ha avuto l’incidente il giorno di ferragosto del ’91, Eluana nel gennaio del ’92”. Nell’agosto del ’91 con gli amici Max decise di trascorrere le vacanze in Puglia, nella zona di Vieste, il suo primo lungo viaggio in automobile. Dopo qualche giorno, il 15 agosto, si rimise in auto diretto a casa. A casa squillò il telefono: “Massimiliano ha avuto un incidente, è in ospedale a Melegnano”. La diagnosi agghiacciante: cervelletto tranciato. “E’ un tronco morto!”, dicono i medici ai genitori. Ma lui resiste, vive, è un tronco, ma vive. E’ la madre a prendere la decisione: “Massimiliano tornerà a casa!”. In tanti tentano di dissuaderla, di convincerla che suo figlio è un malato ingestibile. Lucrezia resiste. E’ la sua prima vittoria. Fino a quel Natale straordinario, quando Max riemerge da nove anni di buio. La mamma lo spiega così: “Credo che quella sera mio figlio abbia sentito che non ce la facevo più, che stavo crollando, che ero disperata. E mi ha risposto”. E’ un’altra vittoria. Ma Lucrezia sa che non deve stancarsi di combattere. “In questi anni, dal risveglio di Massimiliano in avanti, ho continuato a lottare. Mi chiedevo perché mio figlio non doveva parlare visto che le corde vocali non erano danneggiate. In un centro specializzato di Milano mi hanno confermato che tutto dipendeva dalla lesione al cervelletto. Non mi sono arresa. Nel 2008 ho trovato una logopedista, una ragazza brasiliana. Aveva lavorato in un ospedale italiano, aveva seguito un malato di SLA, mai pazienti come Massimiliano. Mi ha spiegato cosa poteva fare. “Forse ci siamo”, ho pensato. Nel febbraio 2009, mentre Eluana Englaro moriva (per la sospensione dei liquidi e dell’alimentazione), Max ha incominciato a pronunciare le vocali”. Max segue, capisce, vive il dramma della donna di Lecco. Quando Eluana se ne va scrive a stampatello su un foglio bianco, senza omettere la punteggiatura: “Io vivo felice, povera Eluana!”. La mamma insiste per risentire la voce di suo figlio. “Un pomeriggio gli ho detto: “Se vuoi bere il caffè, me lo devi chiedere!”. Allora ha tirato fuori un “Io oglio il afè”. “L’altra lotta è per rimetterlo in piedi. Dopo l’incidente la parte sinistra era paralizzata. Adesso gli diciamo: “Calcia il pallone e non usare il piede destro”. Allora, da seduto, tira su con fatica il sinistro e calcia. Ce la faremo”. Sarà un’altra vittoria per Massimiliano e Lucrezia. “Massimiliano mi dice: “Ompi”, e fa segno con la mano. E’ vero, gli rispondo, sono una mamma rompi. Se non lo fossi stata non ti avrei recuperato”. (Articolo de “Il Giorno - Milano Martesana” del 17 settembre 2012, di Gabriele Moroni). Jan Grzebsky, ferroviere polacco, si risvegliò dal coma, a distanza di 19 anni, nel 2007. Era stato giudicato in coma irreversibile ed inguaribile dai medici, i quali, non lasciando alcuna speranza ai familiari, avevano decretato che l’uomo avrebbe potuto vivere in stato di coma non più di altri 2 o 3 anni. Poi la morte. Nonostante ciò, la moglie Gertruda ha sempre creduto al suo risveglio. “E’ stata lei a salvarmi, non lo dimenticherò mai”, ha detto lo sconcertato ma felice Jan all’emittente Tvn24. Il medico dell’uomo, Boguslaw Poniatowsky, ha raccontato che “per 19 anni la moglie di Jan ha svolto, da sola, il lavoro di un esperto team di infermieri, cambiando la posizione del paziente in coma ogni ora per evitare il formarsi di piaghe da decubito e prendendosi cura di lui amorevolmente”. Ma ciò che ha davvero lasciato senza fiato il ferroviere Grzebsky, quando il 12 aprile del 2007 si è finalmente svegliato, è stato non trovare più la Polonia del generale Woiciech Iaruzelsky, di Papa Giovanni Paolo II, di Solidarnosc e di Lech Walesa, degli scioperi di Danzica e del Patto di Varsavia. “Quando sono entrato in coma – ha raccontato l’uomo – negli scaffali dei negozi di Varsavia si potevano trovare solo tè e aceto, la carne era razionata e ovunque si snodavano code per la benzina”: la descrizione di un paese al collasso, in piena ed irreversibile crisi politica. “Ora, vedo per strada persone con il cellulare, e l’abbondanza di merce che trovo nei negozi mi fa girare la testa”. In 19 anni Grzebsky ha attraversato un tunnel durato il tempo di una rivoluzione incruenta, durante il quale i suoi 4 figli si sono sposati e sono nati ben 11 nipotini. E lui ha sempre avuto accanto i suoi familiari: ha detto che, nella nebbia del coma, si è ricordato che moglie e figli erano spesso riuniti al suo capezzale nel tentativo di comunicare con lui. “Durante questi anni ho sentito ciò che gli altri mi dicevano, ma non ero in grado di rispondere, è stato terribile!”. Ora è vivo, e può raccontarla: la storia dell’uomo che è passato, dormendo, dal regime di Jaruzelsky all’ossessione della decomunistizzazzione dei gemelli Kaczynsky (www.repubblica.it, 02.06. 2007). Donald Herbert, vigile del fuoco statunitense, si risvegliò nel 2005, dopo 10 anni di coma, in condizioni sorprendentemente buone. Rimase privo di coscienza per non aver respirato per 12 minuti durante un incendio. Al momento dell’evento, i medici dissero “Non sappiamo cosa possa essere successo, è un caso raro”. Il suo primo pensiero, quel sabato mattina, 3 maggio 2005, quando riaprì gli occhi, fu per la moglie Linda: “Voglio parlare con mia moglie”. E il personale medico del centro sanitario Father Baker Manor di Buffalo, che in quel momento gli stava cambiando la medicazione, non fece altro che passare al telefono la signora Herbert, che così tornò a parlare, dopo 10 anni, con suo marito. Una delle prime cose che l’uomo chiese alla moglie fu: “Quanto tempo sono stato via?”. La risposta: “10 anni!”. “Pensava solo 3 mesi”, riferì in seguito la moglie. Al capezzale del marito arrivarono anche i suoi 4 figli, adolescenti al momento dell’incidente del padre. “E’ una cosa abbastanza inedita che il risveglio dal coma sia avvenuto dopo 10 anni, – disse la Dr.ssa Rose Lynn Sherr, del Medical Center New York University – ma qualche volta succedono certe cose e le persone migliorano in maniera improvvisa. Noi non capiamo perché”. “Una volta ripreso conoscenza, Herbert – riferì la moglie – riconosceva diversi membri della sua famiglia e li chiamava per nome. Le sue condizioni, una volta risvegliato, vennero giudicate molto buone”. “Risponde, dice sì o no, muove tutte le estremità del corpo e dà la mano alle persone”, riferì il Dr. Jamil Ahmed, dell’Università di Buffalo, che aveva in cura Herbert. In particolare, verso la moglie Linda l’uomo si dimostrava particolarmente premuroso: “Come stai? Cosa stai facendo?” erano le sue continue domande. “Dietro al risveglio dell’uomo – ebbe a dire lo stesso Dr. Ahmed – ci può essere stato l’effetto di alcune medicine come i neurotrasmettitori noradrenalina, dopamina e serotonina, usati per interagire sul cervello nei soggetti con problemi di attenzione, disagi cognitivi e morbo di Parkinson” (Articolo di Lorenzo Fazzini, Bastabugie n. 53, 24 ottobre 2008). Giorgio Grena, un giovane di 27 anni della provincia di Bergamo, si è risvegliato dallo stato di coma vegetativo dopo 5 anni (Fig. xx). “Non c’è più niente da fare!”, avevano detto i medici dopo il grave incidente stradale occorsogli la notte del 15 maggio 2010 sulla A4; invece il 31 marzo 2015, al risveglio dal coma, le prime parole di Giorgio sono state: “Ringrazio tutti gli angeli che mi hanno aiutato”. Dopo qualche mese dal grave incidente, i genitori Rosa e Gianluigi riportarono Giorgio a casa e lo hanno assistito quotidianamente, con grande amore, per 5 lunghi anni: un periodo infinito per una mamma ed un papà che non hanno potuto non sentire nel cuore l’immenso dolore provocato dal vedere quel figlio giovane e bello ridotto a poco più di un vegetale. E non si sono mai lasciati abbattere dalla rassegnazione, continuando a lottare e ad assistere il loro figlio con costante premura, serenità ed amore. Mamma Rosa, papà Gianluigi ed il fratello Germano hanno seguito con cura Giorgio prima a Bergamo, nel periodo della rianimazione, poi a Pavia, durante il recupero, a Castellanza mentre si trovava in neurochirurgia, ed infine a San Pellegrino, dove è stato ricoverato per la riabilitazione. Ma quando ormai anche la speranza sembrava smarrita, ecco l’impensabile raggio di sole: Giorgio si è risvegliato. All’inizio un lieve battere di palpebre, quasi un fremito, ma col passare dei giorni vi è stato un progressivo coinvolgimento con l’ambiente circostante. La voce è subito apparsa flebile, indebolita dal lunghissimo coma, ma, seppure a fatica, Giorgio riusciva a rispondere a qualche domanda. Occorreranno tempo e fatica, ma i medici sono ottimisti sul progressivo recupero. Su Giorgio non sono stati usati farmaci per indurre il risveglio. Ciò che è accaduto, secondo mamma Rosa, “è un vero e proprio miracolo, ma i miracoli avvengono perché ci sono la fede e l’amore”. E di questo miracolo gli artefici potrebbero essere proprio lei e la sua famiglia, che ha continuato a tenere Giorgio accanto a sé, trattandolo come se fosse presente a se stesso, cercando di coinvolgerlo in tutti quei piccoli fatti quotidiani che ognuno di noi vive, circondandolo ad ogni momento di profondo affetto, raccontandogli episodi trascorsi nell’infanzia e nell’adolescenza, e facendogli anche ascoltare melodie a cui lui teneva tanto. “Le persone in stato vegetativo – dice mamma Rosa – non andrebbero mai lasciate sole, perché hanno il continuo bisogno di essere stimolate. Parlare con loro anche se sembra che non ascoltino, è assolutamente vitale! …Grazie alla fede ho potuto affrontare scelte e decisioni molto difficili. Prego sempre per Giorgio e per tutti quelli come lui. Sono molto vicina alle famiglie che ogni giorno devono combattere sfide come la nostra. E prego e ringrazio il Signore per quei medici, infermieri e assistenti che si fanno immagine della Sua Provvidenza nei confronti di questi pazienti”. Poi continua: “A tutti quelli come Giorgio non si può togliere la speranza dopo 6 mesi, perché scadono le coperture di legge! C’è stato un momento in cui ci è stato proposto di portare Giorgio in un istituto, ma noi l’abbiamo portato a casa e coinvolto comunque nella nostra vita, nei nostri discorsi. Ci ha unito un invisibile, indistruttibile legame che ha dato un senso alla perseveranza dei medici e di quanti con noi non hanno mai smesso di sperare, mettendoci amore e non semplice compassione”. Il Dr. Giovanbattista Guizzetti, primario del Centro specializzato Don Orione di Bergamo, alla domanda: “Se dovesse azzardare un’ipotesi nel caso di Giorgio?”, ha risposto: “Forse la causa del suo recupero è una relazione, perché in questi casi non c’è una terapia medica. Ma questo ragazzo viveva in casa con la famiglia, in un ambiente confortevole con relazioni affettive forti. Questo è sicuramente stato determinante: anche i risvegli che abbiamo avuto nel nostro centro sono legati al modo con cui trattiamo queste persone”. Domanda: “Come può una persona in stato vegetativo accorgersi di chi ha intorno se non è cosciente?”. Risposta: “Chi ha detto che non è cosciente? Questo lo presupponiamo noi perché queste persone non comunicano con i canali soliti, quello gestuale e verbale, ma non sappiamo se davvero non capiscono. Però è chiaro che è diverso se una persona è da sola o se è circondata, come nel nostro centro, da operatori che si relazionano bene”. Domanda: “Come lavorate nel vostro centro?”. Risposta: “Noi consideriamo sempre le persone come se capissero. I nostri operatori, quindi, prima di entrare in camera bussano, chiedono permesso, salutano, spiegano quello che stanno per fare, parlano, accarezzano i nostri ospiti. Insomma, li trattano come esseri umani, non come tronchi. Qui il 95% del lavoro viene fatto dagli operatori, non certo da me”. Domanda: “Perché ci sono medici che nel caso di Giorgio hanno detto alla madre: “Suo figlio è gravissimo. Non c’è più niente da fare”?. Risposta: “La stragrande maggioranza dei medici la pensa così. Ma chi vive accanto a queste persone sa che c’è sempre qualcosa da fare. Poi spesso i recuperi sono micro-miglioramenti, ma è sbagliato dire che non succederà mai niente. Occorre pertanto considerare tali individui persone umane a pieno titolo: non è che perché sono senza coscienza, allora sono meno uomini o meno degni di cura. Grazie a questa concezione, tra l’altro, abbiamo di gran lunga migliorato la nostra assistenza: noi dobbiamo offrire il maggior confort possibile. Riguardo a Giorgio, ritengo che la gran parte del merito sia ascrivibile alla famiglia: trattare queste persone come esseri umani e non come tronchi è fondamentale!”. Fig. 218: Giorgio Grena dopo alcuni giorni dal risveglio dallo stato di coma vegetativo. LE GIUSTE OSSERVAZIONI Nel discutere di argomenti tanto scottanti e delicati, non è tanto importante ricollegarsi al parere degli esperti o degli specialisti del settore, quanto soprattutto ascoltare le vive testimonianze di chi tali situazioni le vive o le ha vissute in prima persona, sperimentandole ogni giorno sulla propria pelle, in un continuo prodigarsi per la persona amata, che non si vorrebbe, per qualsiasi ragione al mondo, perdere. La gran parte di coloro che accudiscono familiari in stato vegetativo, sono alquanto concordi nell’affermare che “per chi si prende costantemente cura di un proprio caro gravemente ammalato, tutto ha comunque un senso, un senso quanto mai intimo e profondo, che mai si affievolisce, finanche nei momenti più bui e difficili, e che produce quel senso di intima pace e serenità, il cui autentico significato non è traducibile a parole”. Ci sono persone che assistono la propria madre, il proprio padre, il proprio figliolo o il proprio fratello o sorella, adagiati in un letto da svariati anni, e che comunque sono alquanto lieti e desiderosi di farlo, costantemente pronti a cambiarne di tanto in tanto la posizione, assolvere con cura alle pratiche di detersione, immettere a tempo debito i liquidi e le miscele nutritive nell’apposito sondino per sostenerli e tenerli in vita. Si crea in tal modo un legame talmente intimo e profondo fra chi non può più provvedere a sé stesso e chi se ne prende costantemente cura, che nessuna ragione al mondo potrebbe scollegare: un filo intercomunicante reso sempre più saldo ed inscindibile dalla forza straordinaria dell’amore. “Il vero problema del padre di Eluana Englaro – ha affermato una mamma che accudisce la propria figliola in stato vegetativo da 6 anni - è che il vero tramite affettivo, il forte legame interpersonale che si instaura fra l’ammalato e chi se ne prende costantemente cura, si era creato fra le suore che la assistevano e che erano continuamente accanto a lei, ed Eluana. Il padre la vedeva molto di rado, sia perchè riteneva penoso vederla in quello stato, sia perchè, non vivendole accanto, non vedeva affiorare quel filo intercomunicante e quella pacata serenità che si creano solo fra chi necessita di totale sostegno e chi tale sostegno costantemente lo fornisce!.... L’amara verità è che quando non si crede nel soprannaturale e non si ha alcun riferimento ideale che trascenda la pura materialità, ci si ubriaca la mente e ci si lascia andare in elucubrazioni senza fondamento e senza senso! Questo perché non si ha o non si vuol avere coscienza, e quindi non si comprende, il senso vero dell’umana esistenza!”. Ma anche in tali casi, Dio non impone a nessuno di vivere contro voglia! Tutti sono pienamente liberi di decidere nel proprio ambito, in totale autonomia, della propria esistenza, o anche di trasmettere, sempre nel proprio ambito, indicazioni in tal senso! Ma tali individui devono sapere con chiarezza che dinanzi a Dio e agli uomini, chi sospende deliberatamente la somministrazione di liquidi ed alimenti ad una persona in conclamato stato di bisogno, sta compiendo un omicidio. Chi non intende sottostare alle leggi, alle condizioni o ai dettami che il Signore ha ritenuto giusti ed incontrovertibili per la Sua creazione, può liberamente agire in tal senso nel proprio personale ambito, ma non può pretendere che un omicidio o un suicidio vengano formalmente legalizzati mediante un pubblico provvedimento che permetta che tali orrendi misfatti siano messi in atto da chi è invece nell’assoluto dovere di salvaguardare la vita, non di annientarla. Non vi può essere una legge che autorizzi dei pubblici presidi o dei pubblici sanitari, i quali hanno prestato solenne giuramento di “non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente”, a compiere un tale orrendo misfatto! La triste verità è che la delega della morte a taluni appare conveniente conferirla ad altri e non assumerla in prima persona, per motivi di rigetto, di attutimento del senso di rimorso, di inadeguatezza, o per viltà. O forse perché, ed è il motivo più ricorrente, il ricorso all’eutanasia passiva, indotta mediante la sospensione di liquidi e nutrienti, è molto più conciliabile con la pace e la tranquillità della propria coscienza di quanto possa esserlo la somministrazione di sostanze che inducono drasticamente la morte; ma costoro non possono far finta di ignorare che in termini di sofferenza e di drastico sconvolgimento psico-organico arrecato al paziente, risulterebbe molto meno sconvolgente o penalizzante per lo stesso l’eutanasia attiva di quella passiva. LE VARIE FORME DI EUTANASIA Sono descritte in letteratura varie forme di eutanasia: L’eutanasia attiva diretta, quando il decesso è provocato mediante la somministrazione di farmaci o sostanze tossiche che inducono la morte; L’eutanasia attiva indiretta, quando i farmaci somministrati per alleviare lo stato di sofferenza del paziente, come avviene in caso di somministrazione di oppiacei, concorrono a ridurre, per gli effetti tossici dagli stessi determinati, i tempi di vita; L’eutanasia passiva od omissiva, quando si attua l’interruzione o l’omissione di un trattamento medico specifico, indispensabile per garantire la sopravvivenza di un paziente, o l’omissione nella somministrazione di liquidi e/o sostanze nutritive indispensabili per tenere in vita qualsiasi essere umano. L’eutanasia può essere volontaria, se attuata col consenso del paziente, o non-volontaria, quando è messa in atto senza il consenso del soggetto interessato. Si parla di suicidio assistito quando la procedura di induzione del decesso è attuata col concorso o l’aiuto di sanitari, senza la somministrazione di sostanze letali. L’eutanasia attiva può attuarsi mediante la somministrazione di sostanze che determinano, favoriscono o accellerano la morte, e può annoverare, fra tante cause, anche l’avvelenamento, la trasmissione infettiva o la somministrazione di elementi contrari o incompatibili con la vita. L’eutanasia passiva è invece posta in essere mediante la drastica sospensione o la mancata somministrazione di farmaci, sostanze chimiche o biologiche, o elementi naturali indispensabili per tenere in vita un determinato soggetto. Si ricollega a questa l’eutanasia omissiva, determinata dalla omessa somministrazione degli elementi basilari indispensabili ad ogni essere umano per vivere: aria, acqua e nutrienti. Le varie forme di eutanasia, ad eccezione di quella attiva indiretta e dei casi risultanti dal contenimento dell’accanimento terapeutico, sono messe deliberatamente in atto per determinare la morte di un essere umano, ove anche si trattasse di pazienti in stato terminale o in condizioni di estremo decadimento psicofisico: la morte ovvero non interviene per le conseguenze della patologia specifica da cui il soggetto è affetto, ma per un atto posto deliberatamente in essere per procurargli il decesso, equivalente, sotto ogni profilo, ad un atto omicidiario o suicidiario. Sotto il profilo prettamente religioso, è importante segnalare come un atto suicidiario, se intervenuto in condizioni di estrema fragilità, instabilità o estremo decadimento mentale o psicofisico, è un incidente compreso dalla divina misericordia, la quale giustifica, in merito al fatto specifico, quell’anima, ove non compromessa da precedenti gravi colpe. Tale anima può pertanto ritenersi pienamente amata da Dio e beneficiaria della Sua grazia, per cui, ove attestata nella piena assolvenza e sintonia con i parametri e le giuste regole stabilite da Dio, può ambire ad essere compartecipe della redenzione e della salvezza eterna operate da Cristo. Se invece l’atto suicidiario interviene deliberatamente, nel pieno esercizio delle proprie facoltà di intendere e di volere, in piena lucidità di mente, e con una ferma determinazione di coscienza e di volontà, rappresenta un atto di grave ribellione a Dio e di totale rifiuto della divina misericordia: costituisce quindi un gravissimo peccato mortale, non esente da pesanti influenze e conseguenze malefiche. Chi lo mette in atto non può più ritenersi in grazia di Dio, avendo deliberatamente optato per la via della ribellione e del male, divenendone definitivamente compartecipe. LE VITE NON DEGNE DI ESSERE VISSUTE A parere di alcuni, secondo i quali nulla e nessuno sovrintendono agli eventi o agli accadimenti del nostro piccolo mondo, e nulla consegue quindi alla pur breve ed effimera esistenza terrena, una volta esauritasi la sua temporalità, sussistono condizioni, storie, vicissitudini, eventi tragici o drammatici che non meritano affatto di essere vissuti; per cui chi se ne trova coinvolto, farebbe meglio ad esalare l’ultimo respiro. Ove non vi riuscisse da solo, è compito inderogabile della comunità aiutarlo in tal senso! Tali saggi e rigorosi sostenitori della vita gaia in ogni senso, e della indifferibilità della dolce morte nel caso la vita non fosse più gaia come vorrebbero, si mostrano però palesemente discordi in più punti: Chi consegnare alla dolce morte? Tutti coloro nati o divenuti incapaci di intendere e di volere? Coloro i quali, pur conservando capacità di intendere e di volere, agiscono o si comportano scriteriatamente contro i canoni basilari per una giusta e sana convivenza civile? Coloro versanti in stato vegetativo persistente o permanente? I malati terminali angustiati da una varietà di patologie: neoplasie, gravi sindromi degenerative, profonde alterazioni neurologiche o psichiatriche? I bambini affetti da gravissime malformazioni, gravemente disabili o irrecuperabili ad una vita autonoma o di accettabile relazione sociale? Coloro i quali, per patologie come il morbo di Alzheimer, la sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, la demenza senile, il morbo di Parkinson, malattie mentali, sindromi neoplastiche o degenerative, lesioni post-traumatiche, hanno totalmente smarrito le funzioni proprie di un essere sano e totalmente in grado di intendere e di volere? Consegnare alla dolce morte alcune di tali patologie, le più gravi, o tutte? Quale protocollo interventivo predisporre a fronte di tali evenienze? Quale rimedio utilizzare per conferire la dolce morte a tali incolpevoli vittime: un’iniezione letale, una procedura asfittica, lo shock elettrico, un’overdose farmacologica, una brusca o graduale sospensione di acqua e nutrienti, o altre opzioni? Come motivare tali drastiche risoluzioni dinanzi alla società civile? Come indurre i governanti dei vari paesi a legiferare compiutamente in tal senso? Come motivare in modo convincente tali drastiche risoluzioni ai familiari delle incolpevoli vittime, o a tutti coloro che con le stesse hanno forti legami affettivi, amicali o sentimentali? Come attutire, annullare o contrastare le vive rimostranze, i motivati attacchi o le accese proteste delle componenti religiose, delle opposizioni politiche, dei consessi scientifici, delle associazioni culturali o di attivo volontariato sociale? Come organizzare e promuovere tali crociate umanitarie, mosse da sentimenti di esclusiva pietas, con i mass media, gli organi di stampa ed i più popolari canali di comunicazione, per raccordarsi e rimediare un’accettabile intesa con la pubblica opinione? Chi dovrà decidere infine che una vita non sia più degna di essere vissuta: i medici, i giudici, i parenti, gli amministratori di sostegno dei pazienti medesimi? In merito a tali quesiti vi è la più ampia e variegata discordanza! Perché tali nobili individui, mossi esclusivamente da sentimenti umanitari e di profonda pietà per chiunque versi nella sofferenza, hanno da tempo escogitato la formula dell’elisir per una vita gaia, ma non sanno quale opzione privilegiare, nel caso si interrompesse tale meravigliosa prospettiva, per annullarla d’emblèe, e contestualmente motivare tale illuminata risoluzione dinanzi al mondo intero! Come prima cosa, dovrebbero fornire una motivata risposta al seguente formulario, indicando quali, fra queste vite, siano, a loro parere, degne o meno di essere vissute: Una vita contrassegnata da un gravissimo handicap (es.: tetraplegia spastica); Chi è affetto da una tossicodipendenza associata a sieropositività HIV o a gravi patologie infettive; Una vita contrassegnata dall’accattonaggio o dal vagabondaggio, come avviene nel caso dei clochards o dei cosiddetti barboni; Un malato di cuore affetto da grave scompenso cardiaco congestizio; Un eremita gravemente debilitato, vivente da anni nel deserto; Una suora di clausura che ha rinunciato definitivamente al mondo ed alle sue suadenti attrattive; Chi è affetto da un tumore maligno in stadio terminale; Chi è sottoposto a trattamento dialitico da oltre 3 anni, mostrandosi gravemente debilitato; Un malato di sclerosi multipla con gravi disturbi neurologici di tipo motorio e spastico a carico di vari apparati; Un malato di SLA; Un grave malato di mente; Chi è affetto da una grave ed insanabile depressione; Chi è affetto da demenza senile o dal morbo di Alzheimer, ed ha definitamente smarrito il necessario autocontrollo o la più basilare autonomia; Chi versa in stato vegetativo persistente o permanente; Chi ha subìto gravissime lesioni cerebrali o midollari, e versa in uno stato di totale dipendenza dagli altri; Chi, per gravissimi deficit psichici, arreca continuo ed intollerabile disturbo alla propria famiglia ed all’intera comunità; Chi non mostra all’apparenza alcun motivo per vivere. Senza alcun dubbio la gravità, il peso e/o l’incombenza sui familiari e sull’intera comunità di talune patologie sono equiparabili a quelli di altre, per cui la sofferenza incombente su di un padre che ha visto per 17 anni la propria figliola versare in uno stato vegetativo persistente, può essere equiparata a quella un altro padre che ha visto per 50 anni il proprio figliolo versare in una condizione di tetraplegia spastica, di una sposa che ha visto per 60 anni il proprio marito affetto da SLA o postumi di ictus, o anche di un bambino che ha visto per svariati anni la propria madre affetta da neoplasia cerebrale o da uno stato depressivo grave ed insanabile. Ma tutte le tipologie di pazienti sin qui elencate hanno certamente 3 cose in comune: 1) Sono persone umane; 2) Sono persone che soffrono; 3) Non sono di alcuna utilità, anzi pesano totalmente sulla propria famiglia e sull’intera società. Secondo la logica eutanasica del quieto ed indisturbato vivere, e dell’auspicabile fine dell’esistenza in caso di patologia grave, irreversibile o non più recuperabile, a tali persone andrebbero sospesi l’acqua e gli alimenti per favorire il loro exitus! Ma chi decide per loro? Chi giudica indegno il loro vivere? Chi decreta il loro destino? Chi statuisce che per loro è bene vivere o morire? Degli uomini? Dei saggi? Dei giudici insindacabili? Chi ha conferito loro questo potere? E’ forse più semplice, facile o comoda la vita per un malato affetto da tetraplegia spastica rispetto ad un altro versante in stato comatoso? E’ forse più semplice, facile o comoda la vita per un tossicodipendente affetto da sieropositività HIV o da gravi patologie infettive, rispetto ad un paziente versante in stato vegetativo persistente, ad un barbone, o ad un emodializzato? Cos’è che porta a decidere che una persona vada eliminata o aiutata a morire ed un altra no? O desideriamo forse che il Paradiso sia qui sulla terra, e che chi sta male o versi nel bisogno vada bruscamente eliminato per far star tranquilli e comodi tutti gli altri? E’ forse qui il giardino dell’Eden di cui parla la Bibbia? O meritano forse di vivere solo i forti, i sani, gli efficienti ed i socialmente utili, come ipotizzava qualche tempo fa un certo Hitler? Per quindi procedere a cancellare tutti gli altri? E’ questa l’ideologia che sottende in modo velato o sfumato alla difesa ad oltranza della soluzione eutanasica, per la quale avrebbero pieno senso solo le vite vissute nella gioia, nelle comodità e/o nel pieno delle proprie facoltà intellettive o psicofisiche. Ma la realtà non è affatto questa! Occorre che si comprenda a fondo che la vita umana, in tutte le sue forme, anche le più penose o miserevoli, è assolutamente sacra, inviolabile e mille volte degna di essere vissuta! E’ questo il messaggio più valevole, grande ed importante che un essere umano possa mai trasmettere a tutti i suoi simili. L’ACCANIMENTO TERAPEUTICO E’ doveroso sospendere un atto medico quando costituisca accanimento: persegua ovvero l’intento di prolungare a tutti i costi la vita di una persona oltre i limiti del possibile. Si parla di accanimento terapeutico quando, nonostante l’evidente stato agonico o pre-agonico di un paziente, una sua conclamata fase terminale determinata da un estremo ed irrecuperabile decadimento psicofisico, o in presenza di chiari segni respiratori e/o cardiocircolatori di pre-morte, ci si ostina nella somministrazione di farmaci o nell’attuazione di metodiche strumentali o chirurgiche con l’intento di far tornare in vita il paziente o prolungarne per brevissimo tempo l’esistenza. In tali casi, sottoporre il paziente a metodiche strumentali invasive, procedimenti chirurgici cruenti, terapie farmacologiche drastiche o sproporzionate in relazione alla loro efficacia, è certamente fuori di luogo. Anche in tali casi tuttavia, la nutrizione e l’idratazione artificiale costituiscono una forma di sostegno ed assistenza di base che un presidio sanitario pubblico non può e non deve in alcun caso interrompere. La sospensione nella somministrazione degli elementi vitali di sostegno concorrerebbe infatti ad aggravare in modo drastico le condizioni del paziente, accelerandone sì la morte, ma lasciandolo morire per inedia, con un drastico aggravamento della sofferenza correlata alle fasi pre-agoniche e agoniche. A tal proposito va rimarcato che rientrano a pieno titolo nel sostegno vitale tutti gli elementi (acqua e nutrienti) normalmente acquisiti con l’alimentazione, pur se le modalità di somministrazione degli stessi, a causa dell’inabilità del paziente, si avvalgono di ausili artificiali o tecnologici; rientrano invece nell’ambito dei trattamenti terapeutici le somministrazioni farmacologiche e tutte le metodiche strumentali o chirurgiche eseguite a scopo terapeutico. Sicchè la sospensione dei liquidi e dei nutrienti non si configura affatto come la doverosa interruzione di un accanimento terapeutico, ma come una forma particolarmente crudele di “abbandono” del malato. A riprova di ciò si pone l’istintiva attitudine di alcuni familiari di richiedere, in alcuni casi, la soppressione eutanasica attiva dei propri congiunti versanti in SVP, nei cui confronti si sia decisa l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione, per evitare che un decorso agonico protratto possa ingenerare un exitus particolarmente drammatico. E si impone qui un’importante considerazione: è lecito condannare un essere umano a morire di fame e di sete, causandogli uno stato agonico particolarmente opprimente, quando nessuno si rifiuterebbe di porgere dell’acqua o del cibo ad un cane o ad un gatto ritrovati in condizioni penose per strada? Se è doveroso porgere acqua e cibo alle persone che non sono in grado di procurarseli autonomamente (bambini, malati, anziani), allo stesso modo è doveroso fornire alimenti e liquidi ai pazienti che versano in condizioni estreme di non-autosufficienza, accudendoli amorevolmente ed accompagnandoli con cura nel loro stato di estrema fragilità. Tale atteggiamento assume un forte significato umano, oltre che culturale e sociale, perché la decisione di sostenere ed assistere un malato in SVP non può cinicamente o egoisticamente fondarsi sul mero calcolo della qualità della vita che si riproduce sul malato e su chi l’assiste, ma dovrebbe unicamente scaturire dall’alto senso di solidarietà e di fattiva responsabilità che tutti siamo in dovere di assumere, in ogni frangente della nostra esistenza, nei confronti degli altri. LA VOLONTA’ DEL PAZIENTE E’ ragionevole pensare che una persona possa fornire indicazioni specifiche o esprimere la propria preferenza sul trattamento sanitario cui eventualmente potrebbe essere sottoposto, solo se nel momento in cui tale trattamento è indicato, risulti nella piena capacità di valutare a fondo le proprie condizioni psicofisiche ed esprimere una posizione fondata e ragionata nel merito. Ove tale capacità risulti scemata o inesistente, è compito esclusivo del medico valutare in modo compiuto le precipue condizioni di un paziente e trattarlo come la sua preparazione, capacità ed esperienza richiedono. Il medico è ovvero l’unico soggetto che possa valutare scientemente le esatte condizioni cliniche di un determinato paziente, e solo sulla base attenta e scrupolosa di tale valutazione, definire la terapia o il trattamento più idoneo per alleviargli la sofferenza, lenirgli lo stato di prostrazione o indurne l’auspicato miglioramento. Nessuno infatti, all’infuori di un medico, potrebbe decidere in merito all’appropriatezza, all’opportunità o all’utilità di un determinato trattamento sanitario, in stretto riferimento alle condizioni precipue di un determinato soggetto. Né potrebbe qualcuno prevedere con esattezza, in largo anticipo, tutte le evenienze che potrebbe riservargli il futuro, quali potrebbero essere le sue esatte condizioni al momento dell’acquisizione di una determinata patologia, o quali potrebbero essere, in quel medesimo momento, i trattamenti, le metodiche o gli interventi più idonei per rimediare al suo stato, richiedenti pur sempre una specifica preparazione. Non c’è modo inoltre per prevedere se un soggetto che in un momento di benessere mostri di optare per una scelta, possa poi mutare radicalmente orientamento quando versante in condizioni di estrema criticità. “Se si distribuiscono i moduli per indicare il trattamento desiderato nelle fasi terminali della vita, in un contesto colmo di giovani, il 95% dichiarerà di optare per il decesso qualora venisse a trovarsi in condizioni di estremo ed irrecuperabile decadimento; ma se si distribuisse lo stesso formulario in un reparto ospedaliero pieno di malati, il responso risulterebbe assai differente se non diametralmente opposto!”, ha affermato nel 1981 il Dr. Norman K. Brown, internista del New Jersey Medical Center. “Più del 55% di coloro che in gioventù ha optato per il decesso assistito ove versante un giorno in condizioni di estremo decadimento, – ha fatto osservare il Dr. Brown - risulta cambiare totalmente idea qualora se ne trovi realmente coinvolto”. E’ pertanto il team medico chiamato ad assistere un determinato paziente che ha il compito di decidere, in quel determinato momento, sul trattamento sanitario più opportuno per lo stesso e sulle misure più idonee per accompagnarlo con cura nel tragitto decisivo della sua vita; optando in ogni caso per la linea morbida, quella ovvero più tollerabile e massimamente confortevole per il malato, e quasi mai per i metodi sproporzionati, drastici o cruenti, configuranti l’accanimento terapeutico. Il medico infine farà di tutto per alleviare in primis il dolore e lo stato di sofferenza psicofisica del paziente, non esitando, nei casi più estremi, a ricorrere finanche all’utilizzo di farmaci più impegnativi o meno maneggevoli, pur di alleviare condizioni estreme di sofferenza. Quando un medico, in piena scienza e coscienza, avrà valutato con attenzione i complessi risvolti di una situazione che appare estremamente grave, confrontandosi, se necessario, con un team di specialisti; quando avrà valutato tutte le possibili opzioni terapeutiche, pesandone con impegno e scrupolo i correlati rischi e benefici; quando, dopo aver considerato ogni pur minimo risvolto delle condizioni del paziente, avrà ritenuto di prediligere un’opzione piuttosto che un’altra, ricorrendo finanche a trattamenti estremi, pur di ottenere il sollievo dal dolore e dallo stato di sofferenza del suo assistito, nessuno oserà sollevare eccezioni sul suo operato, sempre che lo stesso non si sia spinto a decretare scientemente la morte del suo assistito per l’omissione o la sospensione del sostegno vitale di base, di assoluta necessità per lo stesso. Pur sulla base di tali considerazioni, a nessuno è posto il divieto di esprimere liberamente le proprie volontà in merito al trattamento desiderato nelle fasi cruciali della propria esistenza, dal momento che “Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tener conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso” (Cod. deontol. medica, art. 34). A tale statuizione se ne collegano altre, come di seguito riportate: “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro…di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;…di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente” * (Giuramento mod. di Ippocrate). “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizioni di legge” (Costituz. Ital., art. 32). “I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione” (Convenz. per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti della applicazione della biologia e della medicina, art. 9; Legge 28 marzo 2001, n. 145). Ogni singola persona può pertanto liberamente esprimere, ove in piena capacità di intendere e di volere, le proprie volontà in merito alle disposizioni a cui attenersi in caso di decadimento in una condizione di inabilità che non le consentirebbe di esprimere il proprio orientamento. * Giuramento solenne al quale si sottopongono i laureati in medicina prima di intraprendere l’esercizio della professione medica. DISEGNO LEGISLATIVO NORME A TUTELA DEL DIRITTO DI CIASCUNA PERSONA DI ESPRIMERE AUTONOMAMENTE E LIBERAMENTE IL TRATTAMENTO MEDICO DESIDERATO IN CASO DI GRAVE DECADIMENTO PSICO-FISICO ASSOCIATO AD INCAPACITA’ DI ESPRIMERE LA PROPRIA VOLONTA’. MISURE PENALI A CARICO DEI RESPONSABILI DI PROCEDURE EUTANASICHE SU PERSONE CAPACI O INCAPACI DI INTENDERE E DI VOLERE. PREAMBOLO La vita umana detiene in sé un valore intrinseco inequivocabile ed assolutamente indisponibile, che non può essere correlato o subordinato, per qualsiasi ragione, al giudizio arbitrario, alle considerazioni soggettive, alle convinzioni religiose o ideologiche, o alla volontà di chi, nei casi specifici, se ne possa sentire, per motivi affettivi, parentali, sanitari, istituzionali o sociali, intimamente partecipe o direttamente coinvolto, anche se si tratta di soggetti rivestenti un ruolo istituzionale di pubblica magistratura, di autorità politica, di responsabile in ambito sanitario, o di guida in ambito religioso. Il valore intrinseco della vita umana e la precipua dignità che la stessa detiene sono totalmente disgiunti e indipendenti dal livello di salute, di percezione della qualità della vita, di autonomia, o di capacità di intendere e di volere che una persona, nelle più svariate condizioni di vita, può presentare. Qualsiasi distinzione fra vite degne e non degne di essere vissute è da considerarsi assolutamente arbitraria, soggettiva, pregiudizievole o fondata su fuorvianti posizioni ideologiche, in quanto la dignità di un essere umano, quale valore assoluto ed incontrovertibile, non può in alcun caso essere attribuita, subordinata o correlata, in modo variabile, alle condizioni fortuite, relative e contingenti dell’esistenza. L’annullamento della vita umana, sotto qualsiasi pretesto, motivazione, forma o modalità, è un atto omicidiario. L’idratazione e la nutrizione, per qualsiasi via o modalità, dei pazienti abbisognevoli delle stesse per vivere, rappresentano, a tutti gli effetti, un sostegno vitale di base, assolutamente dovuto e non negabile o sospendibile da parte di chi è in dovere di promuoverne o effettuarne la somministrazione. L’acqua ed il cibo non si possono discriminatamente vietare o sottrarre ad un essere umano che ne risulti privo o abbisognevole, rappresentando in termini assoluti il primo e fondamentale diritto di ogni uomo, prima ancora di ogni altro pur valevole o fondamentale diritto umano, trattandosi di una precondizione indispensabile ed ineludibile alla vita stessa. NORME A TUTELA DEL DIRITTO DI OGNI PERSONA DI ESPRIMERE LIBERAMENTE IL TRATTAMENTO MEDICO DESIDERATO Chiunque, in età di almeno 14 anni, può sottoscrivere, in qualsiasi momento, un documento riportante le volontà a cui attenersi in caso di grave decadimento psicofisico associato ad incapacità di esprimere la propria volontà. Nella dichiarazione di volontà devono essere specificate le condizioni precipue per le quali è espressamente richiesta l’attuazione, l’omissione o la sospensione di un determinato trattamento medico o chirurgico, ovvero la preferenza per un determinato trattamento piuttosto che un’altro. Le disposizioni inerenti il trattamento medico desiderato, di cui al presente articolo, devono essere riportate su materiale cartaceo, con caratteri di scrittura ben leggibili, o anche mediante la compilazione di un modello prestampato, predisposto dal Ministero della Salute e trasmesso ai presìdi sanitari pubblici. La dichiarazione circa il trattamento medico desiderato in caso di grave decadimento psicofisico associato ad incapacità di esprimere la propria volontà, può essere ottemperata secondo il seguente prospetto: In data odierna,__________________________________________________io sottoscritto_____________________________________________________, nato a_________________________, e residente in__________________________, via________________________, nel pieno possesso delle mie facoltà di intendere e di volere, esprimo il desiderio di non essere sottoposto ad una prolungata agonia, mediante metodiche strumentali invasive, interventi chirurgici cruenti, terapie farmacologiche drastiche o sproporzionate in relazione alla loro efficacia, nelle circostanze di seguito specificate. A tal fine dichiaro quanto segue: 1) Se in un qualsiasi momento della mia vita dovessi contrarre una patologia incurabile o una lesione traumatica che possa rappresentare, secondo la valutazione dei sanitari, una condizione terminale; e qualora i medici ritengano che i trattamenti farmacologici e/o le procedure strumentali o chirurgiche da utilizzare quale forma di sostegno alla mia vita avrebbero il solo scopo di prolungare artificialmente la mia agonia o le fasi del decesso, talchè la mia morte interverrebbe ugualmente, sia in caso di attuazione che di sospensione delle procedure medesime, dispongo che tali procedure siano omesse o sospese, in modo da non interferire in modo sproporzionato, drastico o cruento sul decorso naturale della mia vita. 2) In tali evenienze desidererei soltanto che mi venissero praticate terapie farmacologiche o procedure mediche ritenute necessarie per lenirmi la sofferenza o rendere quanto più confortevole possibile il tragitto terminale della mia vita. 3) In mancanza della mia capacità a fornire istruzioni in tal senso, è mia intenzione che questa dichiarazione venga onorata dalla mia famiglia e dai sanitari che avranno il compito di assistermi, quale espressione finale del mio diritto di rifiutare trattamenti medici o chirurgici, ed accettare, contestualmente, le conseguenze di tale rifiuto. 4) Comprendo pienamente i termini di tale dichiarazione, essendo nel pieno possesso delle facoltà di intendere e di volere. Firma____________________________________ Città, Regione e Stato di residenza_________________________ Il dichiarante è da me personalmente conosciuto. Ho sufficienti motivi per ritenere che sia totalmente sano di mente e nella piena capacità di intendere e di volere. Testimone_________________________________________ Generalità, indirizzo e recapito telefonico Testimone_________________________________________ Generalità, indirizzo e recapito telefonico N.B. 1) Qualora, in un prossimo o lontano futuro, il dichiarante mutasse opinione o volontà d’intenti nel merito di tale dichiarazione, ha la facoltà di annullarla e/o riproporre un nuova dichiarazione. 2) Le disposizioni inerenti l’omissione o la sospensione della respirazione artificiale (ove nella impossibilità di una respirazione autonoma), dell’idratazione e/o della nutrizione artificiale, in qualsivoglia caso clinico, anche di estrema gravità, equivalgono alla richiesta di un’eutanasia omissiva, illecita sotto ogni profilo: etico, giuridico o deontologico, in quanto equivalente ad una procedura omicidiaria. Per acquisire validità, la dichiarazione inerente il trattamento medico desiderato in caso di grave decadimento psicofisico associato ad incapacità di esprimere la propria volontà, deve essere controfirmata da 2 testimoni alla presenza dei competenti funzionari comunali o sanitari, i quali ne appongono la propria firma ed il timbro dell’istituzione che rappresentano. La stessa deve essere depositata personalmente dal dichiarante, in duplice copia, ai competenti uffici del Comune di residenza e del Distretto sanitario territoriale, i quali ne rilasciano apposita ricevuta datata, timbrata e firmata. Ove nell’accertata impossibilità, per gravi motivi di salute, di raggiungere personalmente gli uffici preposti, il dichiarante può richiedere la presenza dei competenti funzionari comunali o sanitari presso il proprio domicilio o presso il centro clinico presso il quale è ricoverato. All’occorrenza, i competenti Uffici comunali e/o sanitari trasmettono, su richiesta scritta, datata e firmata, dei familiari del dichiarante, dei responsabili legali dello stesso, o dei presìdi sanitari presso i quali è ricoverato, una copia autenticata della dichiarazione ai responsabili del trattamento sanitario sull’autore della stessa, i quali sono tenuti ad osservarne senza eccezioni o discriminanti le disposizioni. NORME PENALI Chiunque metta in atto deliberatamente, nella piena consapevolezza del fine che intende perseguire, pratiche finalizzate a determinare o ad accelerare il decesso di una persona, attraverso la somministrazione alla stessa di farmaci, sostanze tossiche o agenti infettivi, mediante qualsiasi metodica o modalità, anche in assenza dell’esito letale delle stesse, è punito con la reclusione da 10 a 30 anni. La pena è aumentata della metà se il reato è commesso da un soggetto operante in qualità di sanitario. La pena è aumentata di 1/3 se il reato è commesso da un soggetto operante in qualità di parasanitario. La pena è ridotta di 1/3 se la persona deceduta o rimasta danneggiata in conseguenza della somministrazione di farmaci, agenti infettivi o sostanze tossiche, versava in uno stato terminale o era affetta da una patologia grave ed incurabile. I termini della pena restano invariati ove anche il responsabile del reato disponesse del consenso o della esplicita richiesta della persona deceduta all’attuazione della procedura eutanasica, ovvero delle esplicite disposizioni in tal senso o dell’assenso dei familiari della stessa. Chiunque, in qualità di sanitario o di parasanitario, presti aiuto, assistenza o collaborazione, al fine di soddisfarne o accellerarne l’intento suicidiario, ad una persona che sta mettendo in atto su sé stessa una procedura eutanasica o suicidiaria, è punito con la reclusione da 7 a 15 anni. La pena è ridotta di 1/3 se la persona deceduta in conseguenza dell’atto eutanasico o suicidiario risultava versare in condizioni terminali o era affetta da una patologia grave ed incurabile. La pena è altresì ridotta di 1/3 se il responsabile del reato di cui al presente articolo non era in possesso, al momento dell’espletamento del reato, di titoli di studio ufficiali o di competenze sanitarie certificate. Chiunque, operante in un presidio sanitario pubblico o privato, si rende responsabile della omissione o della sospensione dell’idratazione e/o della nutrizione artificiale nei confronti di soggetti versanti in stato comatoso, vegetativo, o in condizioni di estrema debilitazione o decadimento psicofisico, determinandone o accelerandone di conseguenza la morte, è punito con la reclusione da 7 a 15 anni. La pena è ridotta di 1/3 nei casi in cui la persona deceduta versava in stato agonico o pre-agonico conclamato. Alla pena detentiva si associano l’immediato licenziamento dal ruolo di cui il responsabile del reato deteneva la titolarità, e la contestuale radiazione dall’Albo professionale al quale lo stesso risultava iscritto. La stessa pena è comminata a chiunque, operante in un presidio sanitario pubblico o privato, si renda responsabile dell’omissione o della sospensione della fornitura di ossigeno nei confronti di soggetti non in grado di respirare in maniera autonoma. I familiari od i responsabili legali del soggetto deceduto a seguito di uno dei reati di cui alla presente legge, i quali hanno trasmesso ai sanitari od ai parasanitari operanti in un presidio sanitario pubblico o privato, l’ordine di sospensione od omissione del sostegno vitale di base, rappresentato dai liquidi e dai nutrienti, al proprio congiunto o assistito, ovvero di eseguire sullo stesso una qualsiasi procedura eutanasica, sono puniti con la reclusione da 4 a 7 anni e con il pagamento di una penale di 12.000 euro. Chiunque si renda responsabile della sospensione del sostegno vitale rappresentato dai liquidi e dai nutrienti, ad un persona debilitata o in conclamato stato di bisogno, già in trattamento sanitario, contro la volontà dichiaratamente espressa dalla stessa, è punito con la reclusione da 10 a 30 anni e con il pagamento di una penale di 15.000 euro. 15. LA PROCREAZIONE Se una coppia di sposi vuole rientrare nei canoni e negli ordinamenti prefissati da Dio, non può e non deve in alcun modo sottoporsi a scambio di gameti, prestito di uteri o di secreti seminali a scopo procreativo, a manipolazioni genetiche che non siano finalizzate unicamente alla prevenzione di patologie congenite. La famiglia, così come l’ha voluta e conformata Dio, non prevede ingerenze o interventi di alcun genere che non siano l’amore coniugale e la semplice ed armoniosa unione degli animi prima e poi dei corpi, finalizzata a trasmettere nei figli il proprio modo di essere, il proprio genoma, le proprie prerogative, le proprie ataviche ed autentiche convinzioni e, su tutto e prima di tutto, la propria fede. Il matrimonio non è soltanto unione di corpi, ma anche e soprattutto unione di fedi, di orientamenti, di modi di essere, di acquisizioni, di meriti e di patrimoni atavici, tanto di tipo culturale che spirituale. Sicché un figlio non è uno strumento contingente di realizzazione, un giocattolo, un passatempo, o qualcosa su cui riversare le proprie ansie o le proprie frustrazioni. Un figlio è qualcosa di ben più grande: è il frutto di un amore vero e intenso, di una compartecipazione incondizionata di tutto ciò che la vita comporta, di un’unione completa ed assoluta tanto del genoma fisico, quanto di quello intellettivo e spirituale dei coniugi, che solo a tali imprescindibili condizioni possono ambire all’unione sacramentale, che è l’unico ed il solo presupposto per poter ricevere la grazia, la benedizione ed il sostegno divino. Un figlio è pertanto qualcosa di ben più grande, di più straordinario e di più valevole di una semplice creatura fisica, così come molti coniugi insoddisfatti o delusi per mancanza di prole, l’intendono. Ed è per tali imprescindibili motivi che si dimostra assolutamente nefando e deleterio lo sfruttamento commerciale e/o industriale dei gameti, che declassa l’essere umano, da magnifica creatura munita di anima e di corpo, a semplice merce di scambio o di compravendita, quando non proprio ad un bene di consumo che si può acquistare, vendere, costruire o annullare a proprio esclusivo ed arbitrario piacimento, un essere per il quale non debbano avere più alcun valore o significato i meriti, la saggezza, le acquisizioni, le conquiste, la fede e le opere dei propri progenitori, ma soltanto la contingenza e l’utilità relativa e materiale del momento nel quale due individui delusi o insoddisfatti vogliono a tutti i costi soddisfare un loro capriccio o una loro pretesa. Deve così poter risultare chiaro a tutti che il ruolo genetico, il ruolo gestazionale e quello sociale non possono essere scissi da chicchessia. Essi sono dei ruoli sacri, inscindibili e indispensabili nella loro essenza assolutamente unitaria, per creare la vita umana così come l’ha voluta e progettata Dio, e così come Egli stesso l’ha conformata, per elevarla ad un rango non acquisibile da nessuna altra specie vivente. I PUNTI FERMI SUL TEMA DELLA “PROCREAZIONE ASSISTITA” I riferimenti prioritari ed assolutamente inequivocabili sul tema della “Procreazione assistita”, sempre partendo dal chiaro e fermo presupposto che l’organismo embrionale rappresenta all’origine “una vita umana già determinata, assolutamente vitale, unica ed ineguagliabile”, sono i seguenti: 1. La “Procreazione assistita” può rappresentare un trattamento alternativo moralmente e giuridicamente accettabile, solo in caso di sterilità o infertilità documentata e non risolvibile terapeuticamente. 2. Assoluto divieto della fecondazione eterologa. 3. Assoluto divieto alla crioconservazione o alla soppressione degli embrioni, che costituisce un gravissimo ed incolmabile delitto, da sottoporre alla specifica normativa penale. 4. Assolutamente non ammessi i “single”, le coppie anomale e le mamme-nonne. 5. La “Procreazione assistita” può essere praticata solo in ospedali pubblici o in centri clinici specializzati, formalmente riconosciuti dallo Stato. 6. Da vietare con la massima fermezza e con estrema durezza sia la sperimentazione sugli embrioni che, fra le aberrazioni più insane e abominevoli, la clonazione umana. 7. Esclusivo utilizzo, ai fini fecondativi, del liquido seminale del legittimo marito della donna con difficoltà al concepimento e degli ovuli della stessa. 8. Pene e sanzioni molto severe. DISEGNO LEGISLATIVO DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROCREAZIONE ASSISTITA. NORME A TUTELA DELLA VITA UMANA, DELLA SUA ESCLUSIVA DIGNITA’ E DELLE SUE INALIENABILI PREROGATIVE. Le tecniche scientificamente testate per la procreazione assistita, formalmente approvate ed autorizzate dal Ministero della Salute, possono trovare applicazione quale ultimo presidio induttivo della procreazione esclusivamente su coppie di sesso diverso formalmente unite in matrimonio civile e/o religioso, in età massima di 45 anni per la donna e 62 anni per l’uomo, per le quali è stata scientificamente accertata la sterilità o l’infertilità da almeno 2 anni, e per le quali sia risultato non indicato, controindicato o assolutamente inefficace il trattamento medico, chirurgico e/o farmacologico. Per sottoporsi alle pratiche di induzione della procreazione si rende obbligatoria, per entrambi i coniugi, la sottoscrizione del Modulo del consenso informato, la cui validità, dall’apposizione delle firme, è di 7 giorni. Al fine di promuovere una maggior consapevolezza da parte delle coppie che desiderano unirsi in matrimonio, in specifico riferimento alla potenziale fecondità di entrambi i partners, lo Stato dimezza il costo dei tickets di accesso agli esami ematici, dello sperma, ed alle prove necessarie per accertare lo stato di fertilità di entrambi i partners. A tal fine, unitamente alla richiesta medica degli esami diagnostici, occorre presentare agli uffici di riscossione dei tickets sanitari un’autocertificazione attestante lo stato pre-matrimoniale della coppia, sottoscritta da entrambi i partners. Tali agevolazioni hanno lo scopo di facilitare e rendere più consapevoli, libere e ben ponderate le scelte inerenti le unioni coniugali, che si auspicano e presuppongono stabili e definitive.* * Nel caso in cui un uomo o una donna scelgano di unirsi in matrimonio ad un partner infertile, è insita in tale decisione la maturata volontà di rinunciare a generare una prole. Ai fini della metodica induttiva della procreazione, possono essere utilizzati esclusivamente i gameti propri di ciascun componente della coppia da sottoporre al trattamento, entrambi viventi, ed in nessun caso possono essere utilizzati gameti di altri soggetti. Ai fini dell’impianto diretto nell’utero materno, è consentita la produzione di un unico embrione. In caso di insuccesso, la produzione di un nuovo embrione e l’impianto nell’utero materno possono essere ripetuti una sola volta. Previo consenso informato e scritto, è consentita la crioconservazione dei gameti maschili e femminili della coppia risultata idonea al trattamento induttivo. Le metodiche induttive della procreazione possono essere eseguite solo in ospedali pubblici o in centri clinici specializzati formalmente autorizzati dalle Regioni. Tali presidi devono risultare iscritti nel Registro nazionale dei Centri clinici autorizzati per le procedure di induzione alla procreazione, istituito con apposito decreto dal Ministro della Salute, il quale emana anche le linee guida inerenti le procedure e le tecniche da adottare ai fini della procreazione assistita. Le linee guida emanate dal Ministero della Salute sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate. Prima di sottoporre la coppia alle metodiche induttive della procreazione, i sanitari preposti hanno l’obbligo di informare entrambi i coniugi sulle possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento. A tal fine deve essere loro consegnato un foglio informativo, emanato dal Ministero della Famiglia, contenente tutte le informazioni in merito alle pratiche di adozione o di affidamento, con gli indirizzi ed i recapiti telefonici delle strutture pubbliche preposte. Al foglio informativo è allegata una ricevuta di avvenuta consegna, da sottoporre alla firma di entrambi i coniugi. DIVIETI ASSOLUTI Lo Stato sancisce assoluto divieto alla pratica della clonazione umana, in ogni sua forma o metodica esecutiva, ed a tutte le forme di indebita ingerenza o manomissione del genoma umano, non intese ovvero alla salvaguardia della salute del nascituro o alla prevenzione ed alla cura delle malattie genetiche dello stesso. L’assoluto divieto alla pratica della clonazione umana è anche esteso ai casi in cui la clonazione è finalizzata al trasferimento degli organi o dei tessuti per suo tramite riprodotti, in soggetti affetti da patologie irreversibili. La scienza è autorizzata a sperimentare ed a proporre nuovi rimedi scientifici per la prevenzione e la cura delle patologie umane solo attraverso l’adozione di farmaci e di metodiche lecite, non attraverso la riproduzione di vite umane destinate ad essere distrutte per soddisfare esigenze di altri esseri umani o per salvaguardarne a tutti i costi la salute fisica. Chi osa offendere o scompaginare i sacri codici e le sacre prerogative della vita umana, osando clonare in laboratorio una vita che è per sua precipua definizione, sacra, unica, esclusiva ed irrepetibile, si pone contro ogni regola naturale e morale, e commette un gravissimo ed insanabile oltraggio contro Dio e contro l’uomo. E’ posto assoluto divieto alla pratica dei seguenti atti: Qualsiasi tipo di sperimentazione tecnica e/o scientifica sull’embrione umano. Sull’embrione umano sono consentite unicamente le metodiche diagnostiche e/o terapeutiche, già sperimentate e saggiate su embrioni non umani, e comunque finalizzate esclusivamente alla tutela della salute e del corretto sviluppo dell’embrione stesso. E’ assolutamente vietato utilizzare embrioni umani quali presidi terapeutici, scorte organiche o substrati riproduttivi di organi e/o strutture biologiche, anche a fini ricostitutivi o riabilitativi di altri organismi umani. Il principio inderogabile è che non si possono distruggere per determinazione scientifica una o più vite umane, da annientare per di più su scala seriale, sospinti inopinatamente dall’idea di volerne curare o salvare delle altre. La produzione in vivo o in vitro di embrioni umani ai fini dello studio, della ricerca o della sperimentazione sugli stessi, o per finalità diverse da quelle consentite dalla presente legge. Ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti, ovvero interventi di manipolazione finalizzati a modificarne il patrimonio genetico o a predeterminarne caratteristiche genetiche. Interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo, di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi che di ricerca. La fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o chimere. La crioconservazione e la soppressione degli embrioni. SANZIONI PENALI Chiunque utilizza ai fini della induzione della procreazione, gameti non appartenenti alla legittima coppia che si sottopone alla metodica o gameti di soggetti non viventi, in violazione dell’articolo 2 della presente legge, sia che trattasi del soggetto su cui viene eseguita la metodica, che del sanitario o di altro soggetto che la mette in opera, è punito con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 500.000 a 1 milione di euro. La stessa pena è applicata per chiunque utilizzi più di un embrione ai fini dell’impianto diretto nell’utero materno o, in caso di insuccesso, ripeta la metodica più di una volta. Chiunque mette in atto metodiche di induzione alla procreazione su coppie non legittimamente unite in matrimonio civile e/o religioso o su soggetti non coniugati (nubili, vedove, donne separate o divorziate), in violazione dell’articolo 1 della presente legge o di una delle disposizioni del medesimo articolo, è punito con la reclusione da 6 mesi a 1 anno e con la multa da 300.000 a 500.000 euro. La pena è raddoppiata sia per gli esecutori della metodica che per i fruitori della stessa, nel caso in cui la metodica di induzione alla procreazione sia eseguita su coppie dello stesso sesso o su soggetti non coniugati che presentano devianze, disturbi e/o vizi di carattere sessuale, ovvero che hanno subìto condanne penali per reati di carattere sessuale o agli stessi connessi. I cittadini di nazionalità italiana che si sottopongono alle metodiche o agli atti sanzionati dalla presente legge, in Paesi nei quali non è prevista per gli stessi alcuna sanzione, sono puniti, entro il termine di 5 anni dall’avvenuta trasgressione, con le sanzioni previste per i medesimi reati aumentate di ¼. Chiunque pratica le metodiche di induzione alla procreazione di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge, in ambienti o strutture non autorizzati, e comunque non iscritti nel Registro nazionale dei Centri clinici autorizzati per le procedure di induzione alla procreazione, è punito con la reclusione da 6 mesi ad 1 anno e con la multa da 200.000 a 400.000 euro. Chiunque, a vario titolo, pratica la commercializzazione di gameti o di embrioni umani, è punito con la reclusione da 3 a 7 anni e con la multa da 700.000 a 2 milioni di euro. Chiunque sperimenta o mette in atto, da solo o in concorso con altri, metodiche finalizzate alla riproduzione di un organismo umano a partire da un’unica cellula o dal corredo nucleare della stessa, per conseguire in tal modo la clonazione, ovvero la duplicazione di un essere umano o la realizzazione di un organismo umano identico in tutto e per tutto a quello della cellula di partenza, anche in violazione dei divieti di cui alla lettera d) dell’art. 6 della presente legge, è punito con la reclusione da 25 a 40 anni, e con la multa da 1 milione a 5 milioni di euro. Chiunque pratica metodiche di sperimentazione tecnica, scientifica o di ricerca sugli embrioni umani, anche finalizzate all’utilizzo degli stessi quali presidi terapeutici, scorte organiche o substrati riproduttivi di organi e/o strutture biologiche, ovvero per fini ricostitutivi o riabilitativi di altri organismi umani, in violazione dei divieti di cui alla lettera a) dell’art. 6 della presente legge, è punito con la reclusione da 10 a 20 anni e con la multa da 600.000 a 2 milioni di euro. La pena è aumentata di 1/3 in caso di violazione dei divieti di cui alle lettere b) e c) dell’art. 6 della presente legge. La pena è aumentata della metà in caso di violazione dei divieti di cui alle lettere e) ed f) dell’art. 6 della presente legge. La condanna per uno degli illeciti di cui alla presente legge comporta la sospensione per 3 anni dai pubblici uffici e, per i centri clinici autorizzati alla pratica delle metodiche induttive della procreazione, la revoca per 2 anni dell’autorizzazione alla pratica di tali metodiche. I reati sanzionati dalla presente legge non sono soggetti a prescrizione. 16. LE FECONDAZIONI ETEROLOGHE In merito alle metodiche fecondative che utilizzano gameti di tipo eterologo, il problema vero non è quello della mera affidabilità o della basilare sicurezza delle metodiche di fecondazione, al fine di salvaguardare unicamente il benessere fisico della donna e del nascituro. Il vero problema è invece legato alla totale salvaguardia dell’assoluto diritto del bambino di conoscere con esattezza, senza restrizioni o limitazioni, il corredo genetico personale, famigliare e sociale da cui ha avuto origine la propria vita, con le molteplici implicazioni allo stesso connesse, che sono e restano irrevocabili e definitive. Se dei rischi devono prodursi per il bambino, devono intendersi acquisiti o rivenienti dalla insita, connaturale ed indubitabile attestazione della propria specifica, certa ed ineguagliabile identità, perché figlio di quei due genitori e non di altri! Laddove nel processo generativo interviene un fattore essenzialmente inquinante, che si attesta per di più come irrevocabile e definitivo, qual è il seme di una persona sconosciuta, i rischi, le implicazioni e le inevitabili conseguenze di ordine fisico, psichico, morale e sociale ricadenti sul bambino e sulla sua intera esistenza, si riproducono a dismisura, sino ad alterare od a sovvertire definitivamente, senza possibilità di remissione, due fattori assolutamente sacri ed inviolabili: 1) L’identità personale del bambino; 2) La giusta e ben definita collocazione genetica e genitoriale dello stesso all’interno della propria famiglia e dell’intera società che lo annovera. Risultano pertanto frantumate, sovvertite e non più ricomponibili le basi costitutive ed i princìpi fondanti di tipo morale, etico e giuridico su cui la famiglia stessa e la società nel suo insieme hanno da sempre riposto il loro primario, stabile ed indelebile fondamento: 1) L’istituto famigliare, come attestatosi in lunghi millenni di storia e di consolidate consuetudini etiche, giuridiche e morali, per il quale vi è un solo padre, una sola madre, e dei figli concepiti sulla base dell’unione responsabile, di un sano e lungimirante progetto di vita, di una stabile ed amorevole intesa degli stessi, non esente da sacrifici, prove o asperità. 2) Le basi fondanti della società, come attestate da millenni e di già impresse nel genoma, nella vita e nei consolidati costumi di molteplici generazioni di uomini, secondo cui risultano moralmente ed eticamente inconcepibili, o francamente detestabili, ai fini di una sana, giusta e stabile conformazione sociale, tutte le forme di promiscuità sessuale, i tradimenti o le infedeltà coniugali, le molteplici forme di abusi o violenze nei riguardi delle donne e dei bambini, la conduzione irregolare, irresponsabile o scellerata della propria esistenza. 3) Il concetto universalmente accettato di maternità e paternità, come risultante da una millenaria ed irrevocabile prassi, secondo cui è padre naturale legittimo di un figlio colui che, unitosi alla propria donna, genera con lei, a mezzo del proprio seme, la propria prole; ed è madre naturale legittima di un figlio colei che, unitasi al proprio uomo, concepisce, col seme dello stesso, la propria prole. Il concepimento mediante seme od ovuli eterologhi si definisce invece, dal punto di vista familiare e sociale, come assolutamente innaturale, e dal punto di vista etico e giuridico, come assolutamente illegittimo! 4) L’assoluto, inviolabile e insindacabile diritto del bambino di conoscere senza nascondimenti o infingimenti chi è il proprio padre e chi la propria madre, che tipo di vita gli stessi conducono ed hanno condotto, di che patologie soffrono od hanno sofferto, che orientamenti di vita hanno od hanno avuto, che tipo di professione esercitano, a quale fede religiosa aderiscono, se fanno od hanno fatto parte di organizzazioni criminali o di gruppi terroristici, se sono o meno affiliati a sette pseudoreligiose di tipo occulto, satanico, esoterico o massonico, od a formazioni pseudopolitiche le cui finalità contrastano apertamente con gli ideali, i valori ed i princìpi fondanti di una società sana, virtuosa, solidarmente responsabile. Una persona cosciente del proprio ruolo sociale, pienamente responsabile, e di fondati princìpi, non potrebbe giammai accettare o giustificare il fatto che la propria madre od il proprio padre lo abbiano generato con una persona totalmente sconosciuta, come se si fossero ritrovati casualmente in una bisca clandestina a giocare d’azzardo, a puntare su di un’imprevedibile lotteria, o ad esporsi all’esito fortuito di una roulette russa, solo per soddisfare proprie egoistiche ed ingiustificabili pretese! L’acquisizione di tale assurdo ed incomprensibile comportamento da parte dei propri genitori potrebbe scatenare traumi e conseguenze irrimediabili nel contesto esistenziale di una persona giunta a maturità, allorquando l’esigenza di acquisire piena consapevolezza delle proprie origini, della propria identità, e del trascorso dei propri genitori, diviene incomprimibile. Orbene, viviamo in un’era che sta letteralmente sovvertendo, in modo folle e scriteriato, talvolta in modo irreparabile, i canoni etici, morali e comportamentali saldamente legati, da millenni, all’istituto famigliare e ad una sana, stabile e connaturale conformazione della società, come il concetto stesso di famiglia, di sessualità, di assoluto diritto di acquisire una prole, di genitorialità, di figliolanza legittima, di liceità delle adozioni da parte di singoli o di coppie anomale. Ma tale drastico, assurdo e quanto mai lacerante sovvertimento ha già da tempo ingenerato un’incontenibile nausea ed il più acceso ribrezzo agli occhi di Dio!* Se l’umanità non invertirà presto e radicalmente la propria rotta, ora che vi è ancora tempo per farlo, un’inevitabile e quanto mai terribile devastazione l’attende al varco! Quando questa si sarà attestata, per tutte quelle nazioni che si saranno ostinate sulla via della stoltezza, della perversione e della sfrontata ribellione a Dio, non potranno esservi che estremo decadimento e totale rovina! * Dio punirà con veemenza tutte le nazioni le quali, al fine di legittimare i perversi ed abominevoli interessi di una sparuta minoranza di popolazione, osano sovvertire in modo sfrontato, stolto ed estremamente irresponsabile, le basi della famiglia, così come da Dio fondamentalmente costituita, calpestando senza ritegno il fondamentale e sacrosanto diritto dei piccoli ad avere un unico padre (uomo) ed un’unica madre (donna), ed a conoscere, senza limitazioni, astuti espedienti od incolmabili soprusi, l’autentico patrimonio genetico, psico-comportamentale, biologico e morale, da cui ha avuto origine la propria vita, che si presuppone amorevolmente predisposta e responsabilmente accolta dall’unione esclusiva e pienamente condivisa dei suoi genitori, senza alcuna ingerenza esterna da parte di sconosciuti. Si tratta di un diritto sacrosanto, assoluto ed esclusivo che ogni nascituro, neonato o bambino già formato, detiene in modo incontrovertibile, tanto per ciò che concerne la propria salute psicofisica, quanto per ciò che attiene la propria sfera esistenziale, la propria aspettativa di vita ed i rischi patologici alla stessa connessi. Ne discendono anche l’acquisita consapevolezza di stabilità e di sicurezza affettiva di cui ogni bambino è in pieno diritto di godere, per una conformazione personale non contaminata o messa a serio rischio da ingerenze esterne che si dimostrano anomale, altamente rischiose e mal conciliabili con il dono unico, esclusivo ed irrepetibile della vita umana, così come Dio, che ne è il Creatore, l’ha voluta, predisposta ed amorevolmente sostenuta! Alla stessa maniera Dio punirà con estremo vigore tutti i legislatori ed i falsi e malevoli interpreti delle norme su cui è fondata una nazione, i quali, al fine di legittimare perversi interessi di parte, osano sovvertire in modo sfrontato il significato di alcune norme costituzionali per adeguarle senza ritegno ai propri fini. Su tutti costoro si abbatterà, senza riguardo per alcuno, tutto lo sdegno e l’incontenibile ira di Dio! LA PRECIPUA IDENTITA’ DI OGNI SINGOLO ESSERE UMANO L’elemento costitutivo fondamentale della precipua ed ineguagliabile identità di ogni singolo essere umano risulta dal compendio sostanziale di 10 corredi basilari, come di seguito specificati: Genetico, come attestatosi biologicamente dalla frammistione dei corredi genetici dei genitori, e determinante i caratteri fisici e psichici fondamentali di ogni singolo individuo. Morale, risultante dall’insieme delle acquisizioni comportamentali, etiche e morali acquisite e trasmesse ai discendenti da parte degli avi, e che, a seconda della prevalenza di determinate qualità rispetto ad altre, possono determinare caratteristiche diverse in soggetti appartenenti ad un medesimo ceppo familiare. In una stessa famiglia possono pertanto ingenerarsi comportamenti contrapposti od anche di segno opposto, a seconda della prevalenza in alcuni individui di un determinato tipo di geni, ed in altri di caratteristiche genetiche diverse. Spirituale, rappresentato dal consolidato legame e/o dalla ferma corresponsione instauratisi nel tempo, da parte di molteplici generazioni, ad una determinata fede o credenza religiosa, la quale, contrassegnando, col protrarsi del tempo, ben distinti ceppi famigliari, è poi attestata e trasmessa integralmente ai propri discendenti. Famigliare, risultante dalla frammistione del sangue e dei corredi genetici di molteplici generazioni di uomini e donne, fra loro congiunte da legami di sangue o da unioni coniugali, e che apporta, in ogni linea di discendenza, ben distinte caratteristiche psicofisiche o fisionomiche. Sociale, in relazione agli ambienti di vita in cui si sono sviluppate le vicissitudini esistenziali di molteplici generazioni di uomini, alle precipue esperienze dalle stesse vissute, ai contesti specifici in cui hanno avuto luogo le precipue storie di ognuno, tutti fattori in grado di trasmettere, a distanza di tempo, segni indelebili nella vita e nel corredo genetico delle successive generazioni. Psico-intellettivo, derivante dalla frammistione e dalla specifica prevalenza, in ogni singolo individuo, delle precipue qualità o attitudini mentali, delle doti psico-intellettive o delle specifiche alterazioni legate alle stesse, di già acquisite nel patrimonio genetico di precedenti generazioni, ed in grado pertanto di essere trasmesse, in modo latente o manifesto, ai discendenti, anche se talvolta non se ne evidenziano, all’apparenza, segni ben sceverabili o distinguibili. Emotivo o affettivo, rappresentato dalla complessità dei legami affettivi e dalla vastità dei coinvolgimenti emotivi che hanno contrassegnato l’esistenza dei nostri progenitori, e che hanno lasciato segni indelebili, evidenti o latenti, in una buona parte dei discendenti. Valoriale, rappresentato dall’insieme dei valori e dei princìpi fondamentali ai quali le precedenti generazioni si sono costantemente ispirate o conformate, per i quali hanno ovvero intensamente vissuto o lottato per l’intera esistenza, e che con ferma determinazione hanno inteso trasmettere alle successive generazioni. Patogenetico, rappresentato dalla varietà delle alterazioni psico-fisiche o delle manifestazioni patologiche, evidenti o latenti, da cui i nostri progenitori sono risultati affetti, alcune contrassegnanti l’esistenza di più generazioni (come nel caso di patologie come la gotta, l’epilessia, varie cardiopatie congenite, alcune forme tumorali, diverse malformazioni), perpetuantesi nel patrimonio genetico trasmesso ai discendenti, in linea diretta o indiretta, in forma dominante o recessiva. Di stampo finalistico, forse la componente più importante, rappresentata dalla molteplicità dei caratteri distintivi specifici che conferiscono ad ogni singolo individuo una ben determinata personalità, attestantesi come unica, specifica, ineguagliabile, irripetibile: le precipue caratteristiche che la definiscono non possono ovvero essere riscontrate in un altro soggetto, pur se caratterialmente o nei comportamenti assai simile. Le componenti di stampo finalistico imprimono ad ogni singolo individuo un ben determinato carattere, che è alla base dell’impostazione di fondo che lo stesso darà alla propria esistenza, dei fini, degli intenti o dei traguardi verso i quali si sentirà fortemente incline, degli interessi o degli orientamenti che vorrà tenacemente perseguire, dei precipui comportamenti che andrà ad assumere nelle più svariate circostanze della propria esistenza, pur se più o meno condizionato dai contesti ambientali o sociali nei quali si ritroverà a vivere. Tali specificità sono tutte derivanti dalle componenti di stampo finalistico che nell’evolversi del tempo il ceppo familiare del medesimo individuo o vari membri dello stesso gli avranno trasmesso, ovvero dai fini fondamentali ai quali gli stessi avranno costantemente aspirato o per i quali avranno tenacemente lottato. Ognuna di tali componenti ereditarie è parte fondamentale del corredo genetico dell’uomo e della donna che fra loro si congiungono per dar vita ad una nuova creatura. E’ dalla mirabile frammistione di tali ricchissimi, unici ed irrepetibili corredi, che la nuova vita viene a generarsi, racchiudendo in sé, in modo mirabile, tutto quanto trasmesso, nel bene e nel male, dal proprio padre e dalla propria madre. E’ questa la ragione fondamentale per la quale rivestono un’importanza estrema, ai fini della generazione di una nuova vita, tanto i soggetti precipui coinvolti nel concepimento, quanto le loro famiglie, a partire da molteplici generazioni addietro, quanto la precipua comunità dalla quale ogni singolo individuo ha origine. Orbene, chi si dispone a generare, a mezzo dei propri gameti, una nuova vita, deve ritenersi sotto ogni aspetto responsabile della nuova creatura che sta per nascere, e pienamente consapevole quindi dell’impegno inalienabile che va ad assumersi dinanzi a Dio, alla propria famiglia ed all’intera comunità che lo annovera, per il prosieguo della propria esistenza, di sostenere con ogni mezzo lecito la propria creatura, e di proteggerla, educarla e rafforzarla sempre più dal punto di vista umano, morale e spirituale. E ciò soprattutto al fine di fortificarla e renderla potenzialmente in grado di affrontare con saggezza, determinazione e coraggio, i tanti mali sociali, morali e spirituali da cui si vedrà inevitabilmente coinvolta, il cui fine precipuo è fondamentalmente quello di sconvolgerla, abbatterla e trarla per sempre in rovina. Il primo e fondamentale diritto di un figlio è pertanto quello di vedersi riconoscere, in primis, un’identità personale conforme in tutto e per tutto alle basi genetiche fornite dai propri genitori, i quali si saranno in precedenza scelti, conosciuti ed amati non soltanto per una mera gratificazione personale, ma soprattutto ed essenzialmente per formare una famiglia, che è l’istituzione più importante, sacra ed inviolabile a cui un uomo e una donna possano umanamente ambire, da costituire non soltanto sulla base di un mero codice biologico, ma anche e soprattutto sulla base dell’inestimabile patrimonio morale e spirituale faticosamente trasmesso da molteplici generazioni, e verso le quali il primo debito ed il prioritario riconoscimento sono quelli di compiutamente riconoscerlo, per far sì, con ogni possibile sforzo, che non vada disperso. Orbene, lo sconosciuto donatore di gameti cui si vorrebbe momentaneamente affidare il sacro compito di procreare una nuova creatura, in sostituzione del proprio coniuge, potrebbe presentare l’esatto opposto del patrimonio genetico, morale, valoriale e spirituale del legittimo coniuge che una persona si è scelto, senza considerare la molteplicità delle alterazioni psicofisiche in alta probabilità di essere dallo stesso trasmesse. E’ questa la ragione primaria per la quale né i legittimi genitori del nascituro si vedrebbero compiutamente tutelati in merito all’insorgenza di eventuali effetti indesiderati, con tutte le serie implicazioni incidenti sul proprio figliolo, né il bambino si vedrebbe riconosciuta, come nel suo pieno diritto, un’identità specchiata o segnatamente provata, che soltanto i veri genitori, e non altri, potrebbero trasmettergli. Il bambino si vedrebbe ovvero investito di un’identità anomala, viziata, contaminata da uno o più virus non necessariamente biologici, trasmessigli da un soggetto che nemmeno conosce, e di cui ignora tutto, tanto in merito alla sua vita presente, quanto ai suoi trascorsi od al vissuto delle precedenti generazioni: se hanno ovvero annoverato nel loro ambito soggetti malavitosi, malati di mente, drogati, alcoolizzati, HIV positivi o con gravissime tare ereditarie, che potrebbero compromettere seriamente non solo l’esistenza presente del bambino, ma quella di tutte le generazioni future. Non ci si unisce in matrimonio per gioco o per diletto, e non si mette al mondo una nuova creatura per mera gratificazione personale o per trastullo! Il matrimonio e la procreazione, ai fini immanenti e trascendenti, sono la cosa più seria, sacra ed importante che due esseri umani possano mai compiere! Un bambino non può assolutamente ridursi a rappresentare il risultato atipico, mostruoso o beffardo di una reazione mal riuscita o di un esperimento alchemico di cui non si conoscono in alcun modo i reagenti, la loro costituzione, la loro struttura di fondo, le loro precipue provenienze! Una coppia veramente cristiana, nell’impossibilità di avere figli propri, non si sottopone a pratiche fecondative innaturali, irrispettose del sacro ordine creato da Dio, ma si induce ad adottare bambini meno fortunati e di già privati del calore e della gioia di un focolare domestico. E su questi riversano tutto l’affetto, l’amore e la gioia che Dio vorrebbe riversati a piene mani su ogni bambino della terra. LE LICENZE E GLI INTERVENTI ARBITRARI DEI PRESUNTI TUTORI DEI DIRITTI COSTITUZIONALI La Corte Costituzionale è l’istituzione chiamata a svolgere il ruolo di massimo organo di garanzia costituzionale di uno Stato. Dovrebbe pertanto dimostrarsi rigorosamente superpartes, ovvero separata, al disopra e fondamentalmente equidistante da ogni altro potere dello Stato, al fine di corrispondere in modo totale ed esclusivo, e nella massima fedeltà, alle assolute prerogative di somma equità, indubitabile obiettività di giudizio ed assoluta imparzialità. Invece, già partendo dai parametri di selezione dei suoi membri, dalle procedure elettive degli stessi, e dal potere percentuale attribuito ai soggetti istituzionali che ne propongono e definiscono la composizione, tali prerogative appaiono ampiamente falsate e disattese! Già nella fase costituente, allorquando si tracciarono le fondamenta costitutive della Repubblica Italiana, il segretario dell’allora PCI Palmiro Togliatti definì la Corte Costituzionale “una bizzarrìa” grazie alla quale “degli illustri cittadini verrebbero ad essere collocati al di sopra di tutte le Assemblee e di tutto il sistema del Parlamento e della democrazia, per esserne i giudici”. Alcuni costituenti, fra i quali Vittorio Emanuele Orlando, Francesco Saverio Nitti e Luigi Einaudi mostrarono manifesta riluttanza a riconoscere un organo in grado di stabilire la legittimità o l’illegittimità della volontà del Parlamento, fermamente convinti dell’intangibilità della decisione sovrana, prerogativa esclusiva del popolo. Negli anni seguenti, alcune sentenze della Corte costituzionale non smentirono tali più che fondate perplessità: nel 1966, ad esempio, la Corte costituzionale emanò una sentenza con la quale si autorizzavano il Governo ed il Parlamento ad effettuare una spesa pubblica di gran lunga superiore rispetto alle entrate dichiarate dal bilancio, determinando così un aumento sconsiderato del debito pubblico! L’art. 81 della Costituzione recita invece: “Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”. Si autorizzò così lo scavalcamento del dettato costituzionale, consentendo al Governo di spendere risorse ingenti, anche in previsione di entrate future, dando di fatto il via all’esplosione del debito pubblico! Tale evidente paradosso sollevò la denuncia di incostituzionalità da parte della Corte dei Conti, che rimase però inascoltata. A distanza di qualche decennio, la legge costituzionale 20/04/2012 ha introdotto nella Costituzione il principio dell’equilibrio delle entrate e delle spese, il cosiddetto “pareggio di bilancio”, che di fatto smentisce e sostituisce quanto disposto dalla sentenza del 1966. In data 10.06.2014, la Corte Costituzionale emanò una sentenza con la quale dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge 19.02.2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita)*, nella parte in cui stabilisce per la coppia di cui all’art. 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili. Orbene, non vi è un solo cenno nella Costituzione Italiana che dichiari l’assoluto ed inalienabile diritto di una coppia di generare a tutti i costi una prole, con qualsiasi mezzo e con qualsivoglia espediente, finanche con l’intervento di sconosciuti! In quale articolo comparirebbe tale assoluto, inalienabile ed incontrovertibile diritto? ** Orbene, se ciò fosse vero, anche le donne con patologie o malformazioni uterine non dovrebbero subire discriminazioni! Si rivelerebbe pertanto lecito anche per loro ricorrere a pratiche di maternità surrogata! Ma proseguendo su tali binari, quale mondo e quale umanità ci attendono? Quali prospettive si intravedono all’orizzonte per i nostri figli? Se tutto ed il contrario di tutto può ritenersi lecito, valevole o percorribile da parte di un’umanità che dispone di tutto ed anche del superfluo o dell’impensabile per soddisfare le proprie assurde pretese, che umanità si staglia dinanzi agli occhi del Dio che l’ha pensata, voluta e creata, per destinarla a tutt’altri fini? * La Costituzione Italiana non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli, come è anche confermato dalle Sentenze della Corte Costituzionale n. 189/1991 e 123/1990. Non è possibile inoltre asserire, come invece asserisce la Sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 10.06.2014, che gli articoli 2, 3, 13, 29, 30, 31 e 32 della Costituzione italiana ammettono la fecondazione di tipo eterologo, in caso di sterilità o infertilità assoluta di uno dei partners, dal momento che i medesimi articoli della Costituzione recitano testualmente: 1) Art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità…” (neanche il minimo cenno all’infertilità ed alle metodiche di fecondazione!); 2) Art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge…E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. (neanche il minimo cenno all’infertilità ed alle metodiche di fecondazione!). 3) Art. 13: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge….”. E’ chiarissimo e fuori di dubbio il riferimento di tale articolo alla salvaguardia della libertà personale intesa come massima prevenzione e tutela da ogni forma di indebita detenzione, ispezione o perquisizione personale, fuori dai vincoli di legge. Neanche il minimo riferimento all’infertilità ed alle metodiche di fecondazione! 4) Art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (neanche il minimo cenno all’infertilità, all’assoluto diritto di qualsiasi coppia di generare una prole, finanche con l’intervento di sconosciuti, ed alle metodiche di fecondazione!); 5) Art. 30: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio…” (nessun cenno all’infertilità ed alle metodiche di fecondazione); 6) Art. 31: “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.” (neanche il minimo cenno all’infertilità ed alle metodiche di fecondazione!). 7) Art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Neanche un lontanissimo riferimento all’infertilità, all’assoluto diritto di qualsiasi coppia di generare una prole, finanche con l’intervento di sconosciuti, ed alle metodiche di fecondazione!! Ciò nonostante, la Corte Costituzionale ha sentenziato che i succitati articoli della Costituzione ammettono inequivocabilmente, in caso di infertilità, la fecondazione di tipo eterologo! Dire che si tratta di un’inaudito abuso legislativo, oltrechè di un gravissimo sopruso, da parte del massimo organo di garanzia costituzionale, è il minimo di quanto si possa pensare! ** Alcuni hanno asserito che la sentenza della Corte Costituzionale n. 162/2014 si ricollega alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 03.11.2011, emessa in risposta al ricorso che due coppie di austriaci affetti da sterilità avevano intentato avverso la legge austriaca che vieta la fecondazione di tipo eterologo. Ebbene, è proprio tale sentenza che molto chiaramente nega che vi sia stata, da parte della legislazione austriaca, alcuna violazione degli articoli 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione Europea, a cui i ricorrenti si erano tenacemente appellati. La Corte Europea riconosce infatti agli Stati membri la libertà di decidere autonomamente in materia di diritto famigliare e sulle problematiche inerenti la vita umana, concedendo agli stessi un ampio margine discrezionale e respingendo con forza l’idea che esista un diritto assoluto da parte delle coppie di generare ad ogni costo una prole, sino a poter finanche utilizzare gameti di individui sconosciuti. In particolare, l’art. 8 prevede esplicitamente l’ingerenza dell’autorità pubblica nella vita privata e famigliare delle persone, se si rivela necessaria alla protezione della salute, della morale o dei diritti altrui, che nella fattispecie sono quelli del nascituro. La Corte Europea enfatizza il legittimo ed inviolabile diritto del bambino ad essere esaurientemente informato sulla sua vera discendenza che, con ovuli e sperma donati, è praticamente impossibile. Un principio etico e giuridico ineludibile riguarda infatti la tutela della persona e dei diritti del nascituro, che è fondamentale, prevalente ed assolutamente prioritaria rispetto alla mera esigenza di procreazione della coppia. Ogni bambino detiene infatti l’assoluto, inviolabile ed inalienabile diritto di conoscere, senza impedimento alcuno, la propria origine genetica! Unitamente alla piena libertà ed all’inviolabile diritto di optare, una volta pervenuto a maturità, per il riconoscimento del genitore genetico, piuttosto che per quello anagrafico! Tale legittimo riconoscimento comporterebbe un ulteriore aggravio di rischi e di pesanti ripercussioni correlate alla palese anomalia identitaria! La Corte Europea pone pertanto l’accento sui grossi traumi che ne riverrebbero al bambino che volesse instaurare rapporti familiari, relazionali o affettivi col genitore genetico. Fa inoltre notare come l’utilizzo di ovuli non omologhi si ponga in aperto contrasto con il principio consolidato dell’inequivocabilità della maternità, che rappresenta un valore sociale fondamentale ed assolutamente insostituibile. L’ambiguità dell’identità della madre potrebbe infatti compromettere lo sviluppo della personalità del bambino, creando problemi notevoli per quanto attiene alla sua identità, e ciò si rivela altamente contrario al benessere psicofisico del bambino e ad una sua armoniosa collocazione nella società. Un altro grave pericolo sta nel fatto che la madre biologica, consapevole del bagaglio genetico fornito da altra donna, potrebbe ritenerla responsabile delle malattie, dei difetti o delle malformazioni del bambino, e quindi rifiutarlo. Studi recenti hanno inoltre dimostrato che esiste un collegamento fra le fecondazioni in vitro e l’alta incidenza di nascite premature. Accettare infine che la filiazione materna possa essere dissociata, rimetterebbe in causa il ruolo familiare e sociale della mamma, facendo di conseguenza vacillare drasticamente le fondamenta della società. La Corte fa notare che le coppie sterili potrebbero esaudire il loro “desiderio” di avere figli attraverso l’adozione, che è una forma di figliolanza non biologica eticamente e socialmente benefica, e pertanto vivamente auspicabile. L’istituto dell’adozione è infatti totalmente diverso da quello della figliolanza eterologa: il bambino adottato è di già in possesso di un’identità inequivoca e specchiata, che è quella derivante dal corredo genetico dei suoi genitori; pertanto la sua identità, già essenzialmente costituita, risulta pienamente attestabile e quindi inconfondibile! Nel caso del concepimento eterologo invece, si costituirebbe un ibrido di cui non si conoscerebbero né la provenienza genetica né la natura costitutiva di fondo! E non vi sarebbe modo per attestarne un’identità certa, inequivoca e specchiata! L’adozione non solo si rivela pertanto un atto pienamente legittimo, ma anche altamente proficuo e benefico, poiché dà ai bambini adottati la possibilità di avere una famiglia, ed essere quindi circondati da affetto, attenzioni e calore umano, che è quanto di più prezioso, salutare e gratificante ad un bambino si possa dare! Per quanto concerne infine il diritto all’autodeterminazione della coppia, tale diritto potrebbe sussistere unicamente nei riguardi della propria esistenza e dei propri comportamenti, senza incidere pesantemente sull’esistenza, sul benessere psicofisico e sui diritti inviolabili di soggetti terzi, quali sono i nascituri, i quali, per la minore età o perché non ancora nati, si dimostrano assolutamente impossibilitati a reagire od a difendersi dai rischi e dai traumi sugli stessi incombenti. Una coppia può essere ovvero libera di decidere autonomamente e liberamente del proprio stato psicofisico, della propria collocazione sociale o delle scelte esistenziali riguardanti esclusivamente le proprie persone, ma non è autorizzata a pregiudicare definitivamente, in maniera irreversibile, il destino dei nascituri, la cui dignità ed i cui diritti sono e restano inviolabili. Inoltre, nel concetto di vita privata di una coppia non è assolutamente compresa l’ingerenza di uno sconosciuto, che andrebbe ad incidere pesantemente sui diritti fondamentali, sullo stato di salute e sull’intera conformazione del nascituro. D’altro canto, la legittimazione delle fecondazioni eterologhe finirebbe col conferire piena legittimità all’adulterio sostanziale o gametico, alla bigamia fattuale ed alla promiscuità sessuale di tipo generativo, legittimando in pratica, da parte della donna, il rapporto a 3: con un partner perché si tratta del coniuge, col secondo perché è fecondo! Che differenza vi sarebbe infatti fra una donna che giace con due uomini, ed un’altra che giace con uno, ma prende il seme da un altro, per di più sconosciuto?! Infine, il divieto all’utilizzo di gameti eterologhi non è affatto un rifiuto ad un trattamento sanitario disponibile al fine di tutelare la salute, come taluni vogliono far credere, ma il rifiuto all’immissione, ai fini procreativi, di un corredo totalmente estraneo alla coppia, potenzialmente e definitivamente pregiudicante per il nascituro, che è cosa ben diversa! La Corte Europea specifica quindi che né il divieto della donazione di ovuli, né il divieto della donazione di sperma, ai fini fecondativi, hanno scavalcato il margine discrezionale di valutazione di cui l’Austria disponeva. Il Giudice De Gaetano infine, fra i più impegnati nel motivare la sentenza, ha tenuto a precisare che “né l’art. 8, né l’art. 14 possono essere interpretati come il diritto a concepire un bambino a qualunque costo: il “desiderio” di un bambino non può divenire un obiettivo assoluto che possa prevalere sulla dignità della vita umana. L’atto del concepimento, che si realizza tra un uomo ed una donna, non può essere ridotto ad una tecnica medica o di laboratorio, che tralascia o mette in disparte la dignità umana rispetto ai progressi della scienza medica. Quali che siano i progressi della medicina e delle altre scienze, il riconoscimento dei valori e della dignità di ciascun individuo potrebbe richiedere il divieto di alcuni atti in nome dei valori inalienabili e della dignità intrinseca di tutti gli esseri umani. Il divieto alla fecondazione eterologa, come i divieti contro il razzismo, le discriminazioni o l’emarginazione di malati e disabili, non è la negazione dei diritti umani fondamentali, ma un riconoscimento positivo ed un progresso degli stessi”. La sentenza della Corte Europea così conclude: “1) La Corte dichiara, con 13 voti contro 4, che non vi è stata alcuna violazione dell’art. 8 della Convenzione. 2) Dichiara, all’unanimità, che non è necessario esaminare il ricorso anche ai sensi dell’art. 14 della Convenzione in combinato disposto con l’art. 8 della Convenzione”. Pertanto, vietare la fecondazione di tipo eterologo non costituisce in alcun modo una violazione dei diritti dell’uomo. Ciò nonostante, la Corte Costituzionale Italiana, in perfetto accordo con l’esigua minoranza che ha votato avverso tale sentenza (4 membri su 13), ha fatto intendere, nelle motivazioni alla sentenza n. 162/2014, di essersi riferita proprio ad alcuni passaggi della citata sentenza della Corte Europea. Nulla di più fuorviante, assurdo e paradossale! I Giudici della Corte Costituzionale sono in numero di 15, dei quali 1/3 nominato dal Presidente della Repubblica, 1/3 dal Parlamento ed 1/3 dalle Istituzioni apicali della magistratura. Tale composizione qualitativa e numerica non corrisponde però ai prerequisiti di assoluta indipendenza, autonomia ed equidistanza dagli altri poteri dello Stato, da parte della Corte Costituzionale, dal momento che se il Presidente della Repubblica, la maggioranza del Parlamento e le più alte cariche della magistratura presentano lo stesso colore politico od i medesimi orientamenti, la Corte Costituzionale appare di già viziata da eccessivo potere di parte, non risultando nelle condizioni ottimali per esprimere un’obiettività di giudizio e non potendo svolgere quindi con una sufficiente affidabilità le funzioni di garanzia in merito alla legittimità, alla conformità o all’appropriatezza costituzionale delle leggi ordinarie, o la funzione arbitrale per ciò che concerne i conflitti di attribuzione o di legittimità istituzionale. E si configura qui la situazione attuale: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano proviene dalle fila del PCI; la maggioranza del Parlamento risulta subordinata al PD, di cui più della metà di provenienza ex-PCI; la granparte delle più alte cariche della magistratura non mostra affatto la necessaria equidistanza dalle posizioni assunte dalla medesima parte politica. Di conseguenza appare indubitabile la parzialità di composizione di un organo istituzionale che per definizione dovrebbe invece essere assolutamente superpartes! Al fine di corrispondere più coerentemente alle ineludibili prerogative di massima equità ed imparzialità, i membri della Corte Costituzionale dovrebbero invece essere eletti esclusivamente dal Parlamento, l’unica assemblea istituzionale che rappresenta in toto la volontà popolare (il Presidente della Repubblica, pur ritenuto formalmente superpartes, è comunque di parte politica!), dopo essere stati indicati per 1/3 dalla compagine di destra, per 1/3 dalla compagine di centro, per 1/3 dalla compagine di sinistra. A tal fine, al momento dell’insediamento degli organismi parlamentari, dopo l’elezione dei capigruppo, è compito ineludibile degli stessi dichiarare la collocazione del proprio gruppo in seno alla compagine di riferimento, subordinando tale decisione a quanto stabilito dagli statuti e dagli organi di garanzia delle tre compagini politiche. I gruppi che non aderiscono o che non presentano i requisiti o le credenziali per far parte di una delle tre compagini politiche, non dovrebbero detenere il diritto di indicare candidati di proprio gradimento ai fini della elezione dei Giudici della Corte Costituzionale. DISEGNO LEGISLATIVO NORME INERENTI LE PROCEDURE SELETTIVE E DI DESIGNAZIONE DEI GIUDICI DELLA CORTE COSTITUZIONALE. NORME PRELIMINARI Le procedure di designazione dei Giudici della Corte Costituzionale si compongono di tre passaggi fondamentali: 1) Presentazione delle candidature da parte degli aspiranti che ne posseggono i requisiti, provenienti dagli organismi del CSM, della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti, della magistratura ordinaria, del corpo docente d’ambito universitario in ruolo nelle materie specifiche, dell’Avvocatura dello Stato. Le candidature sono presentate, secondo i criteri e le procedure stabilite dalla specifica normativa, ai Presidenti della Camera e del Senato, per essere quindi ratificate dal Parlamento. 2) Nelle sedi parlamentari proprie, ed in totale autonomia, le singole compagini politiche di centro, di destra e di sinistra, procedono alle votazioni per la selezione dei candidati di proprio gradimento, attinti dalla lista generale approvata dal Parlamento; i dieci candidati più votati da ciascuna compagine sono proposti al Parlamento per le votazioni finali. 3) Al Parlamento vengono proposti 30 nominativi, raggruppati in 3 liste da 10 candidati ciascuna, come presentate dalle tre compagini politiche. Il Parlamento, riunito in seduta congiunta, procede a votare cinque nominativi per ogni singola lista. Nel caso in cui uno stesso nominativo compaia in più liste, il Parlamento può votarlo una sola volta in riferimento ad un’unica lista. I cinque nominativi di ogni lista che ottengono più voti, sono nominati Giudici della Corte Costituzionale. Gli stessi restano in carica 5 anni, rinnovabili una sola volta. La nomina degli eletti è ratificata, oltre che dal Parlamento, anche dalle firme del Presidente della Repubblica e dei Presidenti della Camera e del Senato. A parità di voti, è eletto il candidato più anziano di età. Ai fini della eleggibilità dei candidati, di cui all’art. 1 della presente legge, nei primi due scrutini occorre la maggioranza dei 3/5 dei Parlamentari in carica; dal terzo scrutinio in poi è sufficiente la maggioranza del 50% dei Parlamentari in carica più uno. La Corte Costituzionale, per l’esercizio delle sue funzioni, necessita in ogni singola seduta di almeno 11 Giudici. Il ruolo specifico è incompatibile con altri mandati politici e/o istituzionali, o con altre attività lavorative di tipo autonomo o dipendente. I Giudici Costituzionali, nell’esercizio esclusivo delle loro funzioni, godono dell’immunità politica e penale. Il Presidente della Corte Costituzionale resta in carica 30 mesi; è rieleggibile, ma non detiene posizioni di preminenza rispetto agli altri membri della Corte; il voto dello stesso vale sempre un’unità. Il compito del Presidente della Corte Costituzionale è quello di fissare la data delle sedute e la convocazione delle stesse, definire gli argomenti all’ordine del giorno, presiedere le sedute medesime. Per l’approvazione delle sentenze o delle deliberazioni della Corte Costituzionale occorre la maggioranza semplice dei votanti. Il voto è espresso a scrutinio palese. A parità di voti non è possibile approvare alcuna deliberazione; in tal caso la seduta è aggiornata a nuova data, e per l’espletamento della stessa si richiede la presenza obbligatoria di almeno 13 membri effettivi. DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE PREMESSA Tutte le forme di potere, sia di tipo politico, che amministrativo o istituzionale, devono essere sottoposte ad un attento e rigoroso controllo da parte dei competenti Organi istituzionali, in modo che si disponga di un sistema di effettiva garanzia in merito alla salvaguardia dei diritti costituzionali di ogni singolo cittadino. Anche gli atti, le deliberazioni e/o le sentenze della Corte Costituzionale, come quelli di ogni altra Istituzione dello Stato, devono essere sottoposti al controllo e/o alla verifica di legittimità da parte di un’Autorità di massima garanzia, la quale, per esser tale, deve disporre della legittimazione conferitale dal Parlamento. E’ solo un’Autorità di garanzia investita della piena legittimazione del Parlamento, e rappresentata dai massimi vertici istituzionali dello Stato, che può esprimere l’ultima parola, ove direttamente chiamata in causa, anche sulle questioni inerenti il dettato costituzionale. L’Autorità di massima garanzia, di cui all’art. 2 della presente legge, è rappresentata dal “Comitato supremo di garanzia per la tutela dei diritti costituzionali”, ed è costituita dalle tre massime Autorità giuridiche, istituzionali e politiche dello Stato: 1) Presidente della Repubblica; 2) Presidente della Camera; 3) Presidente del Senato. Ciascun membro decade dal ruolo assunto nel Comitato supremo di garanzia al termine del mandato istituzionale esercitato in qualità di Presidente della Repubblica, Presidente della Camera o Presidente del Senato. NUOVA NORMATIVA Al fine di non legittimare interpretazioni della Corte Costituzionale o della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che possano risultare falsate, ambigue, illogiche o strumentali, si statuisce che in materia di etica, di temi morali, di procreazione assistita, di diritto famigliare, di argomenti inerenti la vita o la morte delle persone, le norme costituzionali o gli articoli di cui si compongono le Convenzioni a tutela dei diritti dell’uomo, assunte a riferimento normativo al fine di salvaguardare eventuali diritti individuali o sociali che si ritengono lesi o violati da una o più leggi dello Stato, devono essere, in merito ai singoli quesiti, chiare, esplicite, specifiche, inequivocabili, per ogni singola materia di riferimento (es.: il ricorso inerente il presunto diritto di una coppia ad avvalersi di metodiche di fecondazione eterologa, in caso di infertilità o sterilità assoluta di uno dei partners, deve ricollegarsi ad una norma specifica della Costituzione o della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che reciti testualmente: “Una coppia di coniugi o di conviventi, nel caso in cui risulti impossibilitata a generare prole, per acclarata infertilità assoluta di uno dei partners, può avvalersi di metodiche di fecondazione assistita, anche di tipo eterologo….”. Le norme costituzionali o gli articoli delle Convenzioni a tutela dei diritti dell’uomo non conformi ai requisiti di cui all’art. 4 della presente legge, non possono essere assunte a riferimento normativo, ai fini del giudizio promosso da uno o più ricorsi. Un ricorso fondato su norme costituzionali o su articoli di convenzioni privi dei requisiti di cui all’art. 4 della presente legge, è giudicato inammissibile. Un qualsiasi ricorso alla Corte Costituzionale di uno Stato membro dell’Unione Europea, o alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, al fine di salvaguardare eventuali diritti individuali o sociali che si ritengono lesi o violati da una o più leggi di uno Stato membro dell’Unione Europea, è giudicato inammissibile nel caso in cui l’intento o la volontà di salvaguardia dei diritti di alcuni soggetti si oppone, contrasta o giunge a ledere apertamente i diritti di altri soggetti. Nelle decisioni riguardanti i ricorsi o le controversie adite dinanzi alla Corte Costituzionale di uno Stato membro dell’Unione Europea, o alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, in merito alla tutela di eventuali diritti individuali o sociali che si ritengono lesi o violati da una o più leggi di uno Stato membro dell’Unione Europea, assume preminenza assoluta la tutela del diritto del minore rispetto al diritto del maggiore di età. Le sentenze della Corte Costituzionale emesse a far data dal 01.01.2001, sulla base di norme costituzionali prive dei requisiti di cui all’art. 4 della presente legge, sono invalidate. La Corte Costituzionale ha l’obbligo, entro e non oltre 6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, di riesaminare le sentenze emesse dal 01.01.2001, al fine di invalidare quelle non conformi alla presente normativa. Le leggi ordinarie abrogate sulla base di sentenze della Corte Costituzionale invalidate, possono essere riapprovate, senza limiti di tempo, dal Parlamento. Ove, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, la Corte Costituzionale non abbia provveduto ad invalidare tutte le sentenze non conformi alla presente normativa, emesse a far data dal 01.01.2001, è dichiarata decaduta mediante un Decreto del Presidente della Repubblica. I Giudici Costituzionali dichiarati decaduti per inottemperanza degli obblighi di cui alla presente normativa, non sono rieleggibili. La Corte Costituzionale eletta in sostituzione di quella decaduta, dispone di 6 mesi per ottemperare, senza proroghe, agli obblighi di cui alla presente normativa. In caso di inadempienza, il Presidente della Repubblica emette a carico della stessa il provvedimento di decadenza. Le sentenze della Corte Costituzionale emesse dopo l’entrata in vigore della presente legge, possono essere impugnate, entro e non oltre 6 mesi dalla data di emissione delle stesse, dinanzi al Comitato supremo di garanzia per la tutela dei diritti costituzionali, il quale, nell’esprimersi sul merito dei singoli ricorsi, può avvalersi della consulenza tecnica dei seguenti soggetti istituzionali: 1) Primo Presidente e Presidente aggiunto della Corte suprema di Cassazione; 2) Vicepresidente del CSM; 3) Presidente e Presidente aggiunto del Consiglio di Stato. Tali soggetti istituzionali, ove consultati dal Comitato supremo di garanzia, esprimono, nel merito dei singoli ricorsi, un parere scritto, non vincolante. Il Comitato supremo di garanzia motiva per iscritto, in modo circostanziato, le ragioni del proprio giudizio. Le sentenze della Corte Costituzionale emesse a far data dal 01.01.2001, prima dell’entrata in vigore della presente legge, possono essere impugnate dinanzi al Comitato supremo di garanzia entro e non oltre un anno dall’entrata in vigore della presente legge. Perché una sentenza della Corte Costituzionale possa essere oggetto di impugnazione dinanzi al Comitato supremo di garanzia, devono sussistere le seguenti imprescindibili condizioni: 1) Le norme costituzionali cui la Corte Costituzionale ha fatto riferimento nel motivare la propria decisione, non si dimostrano chiare, esplicite, specifiche, inequivocabili in merito ai singoli quesiti alla base della contestata decisione; 2) Erronea, infondata od arbitraria interpretazione di una o più norme costituzionali; 3) Decisione della Corte Costituzionale intervenuta a tutela del diritto di alcuni soggetti, in contrasto od in palese danno del diritto di altri soggetti, specialmente se di minore età. Il giudizio emesso dal Comitato supremo di garanzia è inappellabile ad altra Autorità dello Stato. Ove ne sussistano le condizioni, il giudizio del Comitato supremo di garanzia può essere appellabile dinanzi al Comitato di garanzia successivo, nel quale almeno 2 membri risultino diversi dai precedenti, o dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ai fini della rinnovazione del ricorso, devono sussistere le condizioni di cui all’art. 10 della presente legge. Possono presentare ricorso al Comitato supremo di garanzia, al fine di impugnare una decisione assunta dalla Corte Costituzionale, i seguenti soggetti giuridici: 1) Il Presidente della Corte dei Conti; 2) I Capigruppo in carica delle Assemblee parlamentari; 3) I Segretari nazionali dei Partiti politici rappresentati, alla data di presentazione del ricorso, da almeno 7 Parlamentari; 4) I Presidenti delle Associazioni di volontariato senza fini di lucro, diffuse sull’intero territorio nazionale, ed iscritte da almeno 3 anni negli Albi nazionali o regionali delle Associazioni di volontariato. Ai fini dell’ammissibilità del ricorso, devono comparire sullo stesso le firme di almeno 3 Presidenti di diverse Associazioni; 5) I responsabili legali delle Istituzioni religiose di livello nazionale, come di seguito specificati: A) I Presidenti delle Conferenze episcopali nazionali; B) I Responsabili nazionali delle Confessioni religiose rappresentate da almeno 50.000 aderenti su scala nazionale (le stime in merito alla composizione numerica delle varie Confessioni religiose sono fornite dal Ministero dell’Interno, il quale stila, a cadenza annuale, un elenco delle varie Confessioni religiose riconosciute dallo Stato, specificandone la stima numerica degli aderenti su scala nazionale). Non possono presentare il ricorso di cui all’art. 9 della presente legge: A) I singoli cittadini; B) I gruppi di cittadini non formalmente riconosciuti in Associazioni; C) Le Associazioni aventi fini di lucro; D) I Responsabili delle Confessioni religiose i cui aderenti risultino di numero inferiore alle 50.000 unità su scala nazionale. Il Comitato supremo di garanzia emette il proprio giudizio nel merito dei ricorsi avverso le sentenze della Corte Costituzionale entro e non oltre 6 mesi dalla data di presentazione dei ricorsi medesimi. Il ricorso presentato al Comitato supremo di garanzia sospende l’esecutività della sentenza avverso la quale il ricorso è stato presentato. Al fine di sospendere, in linea cautelativa, l’esecutività della sentenza impugnata, prima che il ricorso venga presentato, i soggetti abilitati alla presentazione dello stesso possono inviare al Comitato di garanzia, mediante lettera raccomandata, una dichiarazione di attivazione del ricorso, mediante la quale l’esecutività della sentenza impugnata viene sospesa d’ufficio. In caso di annullamento di una sentenza della Corte Costituzionale da parte del Comitato supremo di garanzia o della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, i Giudici che hanno concorso, mediante il proprio voto favorevole, all’approvazione della sentenza invalidata, sono dichiarati decaduti mediante un Decreto del Presidente della Repubblica. I Giudici dichiarati decaduti non sono rieleggibili. In materia di etica, di temi morali, di procreazione assistita, di diritto famigliare, di argomenti inerenti la vita o la morte delle persone, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo concede un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri, permettendo agli stessi di adottare provvedimenti legislativi sulla base delle specifiche esigenze sociali, delle precipue tradizioni culturali, dei contesti socio-politici e/o delle diverse contingenze storiche caratterizzanti le singole comunità, nonché, in primis, della volontà espressa dalla maggioranza della popolazione. Nelle citate materie, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo non interviene ad esercitare veti, giurisdizioni o pareri vincolanti sui provvedimenti legislativi di uno Stato membro dell’Unione Europea, se non in casi eccezionali, allorquando ovvero è chiamata a dirimere importanti questioni di fondamentale e/o ineludibile interesse comunitario. I cittadini italiani che si sono recati all’estero per eludere o aggirare un divieto sancito dalla legislazione italiana, o anche per usufruire di una procedura o di un trattamento sanitario non permesso in Italia, pagano, al loro rientro, entro il termine di 5 anni dalla avvenuta trasgressione, una penale di 75.000 euro al primo riscontro, e di 220.000 euro al secondo ed ai successivi riscontri. Per gli stessi è disposto il divieto di espatrio per 3 anni, a far data dal giorno di acquisizione della notifica del provvedimento restrittivo. Alla stessa pena pecuniaria soggiace chi mette in atto o si sottopone, sul territorio italiano, a procedure od a trattamenti sanitari vietati dalla legislazione italiana. 17. LA TUTELA DEI MINORI I FANCIULLI DEVONO ESSERE COSTANTEMENTE ALL’APICE DELL’ATTENZIONE, DELL’IMPEGNO E DELLA RESPONSABILITA’ DEGLI ADULTI Ciò a cui primariamente Dio guarda ai fini della piena realizzazione dei Suoi disegni, sono i piccoli. Su di loro Egli esprime le Sue compiacenze, su di loro pone il Suo attento sguardo, su di loro progetta, su di loro opera incessantemente per prepararli adeguatamente al grande momento: quello in cui dovranno assumere una parte attiva, insostituibile, da grandi protagonisti, sulla strada tortuosa ed accidentata che porta alla piena realizzazione del Suo piano salvifico per l’umanità. Da loro si aspetta pertanto tutto il possibile e tutto il meglio che essi potranno compiere perché il Suo grande ed esclusivo progetto possa giungere a pieno compimento. Ed è sui bambini che Egli riversa le Sue grazie più esclusive e straordinarie! La Sua risorsa più importante sono pertanto i piccoli. Ma è proprio sui piccoli che incombono oggi le insidie, i tranelli ed i rischi più gravi, deleteri ed aberranti. Sicché la colpa più grave del nostro tempo è la noncuranza nei riguardi dei bambini, creature innocenti costrette a subire l’indifferenza, l’irresponsabilità, i cattivi discorsi, le liti, le contraddizioni e le scelleratezze degli adulti, pur non avendo nessuna arma per contrastarli o controbatterli. Un bambino è una creatura indifesa costretta ad immagazzinare ed a far suo tutto ciò che vede, che sente o che prova, ed infine a tradurlo nella propria vita, nel proprio carattere, nelle proprie azioni e reazioni, nel proprio operato. Una delle più grandi responsabilità degli adulti, e della quale si dovrà rendere dettagliatamente conto, è il cattivo o il mancato esempio verso i piccoli. Gli scandali propinati ai minori sono abominevoli agli occhi di Dio, sia che si tratti di violenze fisiche, psichiche o morali. Il mancato affetto, del quale ogni genitore è in obbligo morale, la noncuranza, la cattiva educazione, l’omissione del buon consiglio, il cattivo esempio, l’esenzione da basilari responsabilità educative, l’istigazione al male, la violenza fisica e psichica sono i grandi peccati degli adulti nei confronti dei piccoli. Il bambino tutto recepisce, tutto accumula, tutto trasforma, sia nel bene che nel male. La sua cattiva condotta, il male che egli attuerà, e gli scandali di cui egli si renderà responsabile, in piccola parte saranno addebitati a lui, ma per la massima parte agli adulti che ne saranno stati, direttamente o indirettamente, gli ispiratori. Se ogni adulto si rendesse realmente conto delle responsabilità che gli competono in tal senso, difficilmente si lascerebbe sviare, esentandosi dai suoi precisi doveri. La giustizia divina perdona chi cade, anzi l’aiuta a rialzarsi, ma è implacabile con chi si ostina nell’attuare il male, perché sbagliando si può anche imparare, ma il perseverare nell’errore implica una volontà perversa, non degna di alcuna clemenza. Il vero fine dell’unione matrimoniale non è la gratificazione personale o la soddisfazione sensoriale correlata all’attività sessuale (piccoli dolcificanti posti da Dio a contorno ed a supporto del gravoso impegno e della piena assunzione di responsabilità che i 2 coniugi vanno ad assumersi dinanzi a Dio ed all’intera società), bensì l’educazione, la buona formazione, la giusta collocazione della prole nella società secondo gli ordinamenti, le prerogative ed i fini di Dio. Dio vuole che l’uomo cresca e si moltiplichi, non per se stesso, ma per contribuire attivamente alla realizzazione del Suo eccelso disegno. Chi trasforma il disegno divino in un disegno fatto a propria misura per soddisfare i propri futili comodi è rigettato da Dio, ed in nulla è esaudito. Il servo che trasforma la vigna del suo padrone in proprietà di suo esclusivo uso e consumo, non è più degno del padrone e sarà da questi rigettato, perché prima o poi il suo operato si renderà manifesto. I disagi sociali, le frustrazioni e le devianze dei nostri giorni, non sono che il risultato accumulato in lunghi anni di squilibrio ed insensato management familiare: mamme lavoratrici, corsa alla carriera, al successo, ai piaceri, alle mode, agli hobbies, ai viaggi, alla vita mondana, al soddisfacimento fisico, senza considerare minimamente l’unico vero motivo per il quale il matrimonio è stato istituito: l’educazione dei figli. Non educare i propri figli significa non educare la società. Lasciare i propri figli al loro destino significa lasciare abbandonata a se stessa la società. E una società lasciata a se stessa inevitabilmente degrada, e la degradazione diviene fatale se non si adottano rimedi tempestivi. IL RUOLO FONDAMENTALE DEI GENITORI Una condotta immorale, irresponsabile, disordinata o deviata di uno o entrambi i genitori giustifica pienamente l’affidamento dei loro figli minori a famiglie o coppie sposate di riconosciuta integrità, o ad istituti civili o religiosi formalmente riconosciuti dallo Stato. Il vincolo di sangue non assume alcun valore dinanzi a Dio, se ad esso non è strettamente associata, e fortemente attestata dal vivo esempio, la trasmissione dei sani valori, dei principi morali e delle leggi divine che devono, prima di tutto e su tutto, regolare e guidare ogni basilare aspetto dell’umana esistenza. Subito dopo il diritto alla vita, vi sono diritti fondamentali e inalienabili dei quali nessun uomo può essere privato, e tra questi il primo è il diritto ad una sana educazione, il secondo quello di poter conformarsi ad un’armoniosa, ordinata e sana condotta di vita, senza preclusioni, condizionamenti o impedimenti creati e/o imposti da genitori incoscienti o irresponsabili che molte volte, con la vita fisica, trasmettono ai loro figli la morte morale e spirituale. Il merito di concorrere alla procreazione della vita fisica passa in subordine e non riveste alcuna importanza, se non funge solo da base sulla quale attestare i veri valori connessi alla vita stessa, e che ogni creatura è in pieno diritto di acquisire fin dal suo primo insorgere nel grembo materno. L’educazione, la piena opportunità di poter condurre una fruttuosa e serena esistenza, e l’acquisizione dei veri valori, sono ben più importanti della vita fisica stessa, in riferimento al fine vero al quale ogni uomo è chiamato. LO SFRUTTAMENTO MINORILE Il più grave peccato in assoluto che possa commettere un datore di lavoro, e finanche a volte taluni genitori miseramente degenerati, che non potrà giammai trovare giustificazione dinanzi a Dio, è lo sfruttamento lavorativo o, mille volte peggio, sessuale, dei piccoli: si tratta, assieme alla pedofilia, di peccati estremi che gridano accesa vendetta al cospetto di Dio. Non si deve giammai sottoporre un bambino a sforzi fisici e/o intellettivi superiori alle sue possibilità, e giammai affidargli mansioni lavorative proprie degli adulti. Adoperare i bambini in lavori inadatti al loro ruolo od in mansioni lavorative che si addicono a persone adulte significa sfruttarli in maniera miserevole, e tale sfruttamento assume i connotati di colpa gravissima ed imperdonabile se, oltre ad utilizzare i minori in mansioni improprie, li si costringe in modo assolutamente selvaggio e disumano a turni lavorativi massacranti per intensità, durata, o per condizioni ambientali tali da risultare controindicate finanche alle bestie! Tutti coloro che si rendono responsabili di sfruttamento minorile devono essere sottoposti a severissime sanzioni, e la severità delle sanzioni deve essere tale da risultare esemplare e di costante monito per tutti coloro che volessero rimarcarne le orme! LA PEDOFILIA “Se uno dà scandalo ad uno di questi piccoli, è meglio per lui che gli sia appesa al collo una macina da mulino e sia precipitato in fondo al mare!” “E’ inevitabile che avvengano scandali! Ma guai a colui per il quale lo scandalo avviene!…Se il tuo occhio ti è di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te avere un solo occhio, che essere gettato con due occhi nella geenna!” (Mt 18, 6-9). La pratica della pedofilia è lo scandalo più grave ed il peccato più abominevole che un adulto possa commettere nei confronti di vittime innocenti ed indifese, quali sono i bambini. Se messa in atto da religiosi, ministri di Dio o persone legate a Dio da vincolo di consacrazione, l’effetto e la colpa sono decuplicati, ed altro istigatore tale estrema degenerazione non può avere che Satana in persona, il quale prova estremo compiacimento nel creare scandali di tale natura, soprattutto volti ad affossare la Chiesa di Cristo, e nel guadagnare a sé, con minimo sforzo, anime di già vocate a Dio. La pratica della pedofilia, quale degenerazione aberrante, è assolutamente inconciliabile col sacro ministero sacerdotale, con la vita consacrata e con ruoli educativi o di supporto amministrativo/organizzativo in ambito ecclesiale, sia che si tratti di eventi saltuari, che protratti o reiterati nel tempo. Ma col condannare i colpevoli, occorre salvaguardare fino in fondo gli innocenti! Tutti coloro che detengono l’altissima ed inalienabile responsabilità del giudizio, non possono pertanto esimersi dall’interrogarsi con grande tatto, umanità e coscienza, se il verdetto che stanno per emettere onora e rende merito alla giustizia, che è per sua definizione saggia, chiara ed imparziale, o concorre invece a rimpinguare il marciume dilagante dell’ingiustizia e della malizia più abbietta e cinica.* Le cautele, le misure e le giuste metodiche da porre in essere in ogni singolo caso non richiedono accorgimenti o sforzi gravosi ed insormontabili: 1) Occorre sottoporre sempre i testimoni alle giuste e consolidate metodiche di interrogatorio al fine di appurare se dicano realmente la verità; 2) Profondere ogni possibile sforzo nel vagliare a fondo l’attendibilità e/o la certezza delle prove testimoniali, anche avvalendosi dei rimedi tecnologici più avanzati e sofisticati; 3) Predisporre, al fine di dirimere eventuali dubbi, tutte le necessarie intercettazioni ambientali; 4) Avvantaggiarsi del contributo di psicologi ed operatori esperti nel settore per rendersi conto se i testi espongano la verità o risultino invece manipolati da gente cinica, astuta e senza scrupoli; 5) Scandagliare a fondo, nel contesto di vita dell’imputato, le opinioni e le impressioni di tutti coloro che lo conoscono bene; 6) Non fidarsi di primo acchito delle malelingue, dei pettegolezzi o delle insinuazioni nate da foghe di protagonismo, perché tendono spesso a sviare, dissimulare o depistare gli inquirenti su false vie; 7) Valutare sempre l’ingente profitto che eventuali manipolatori possono trarre dall’intera vicenda; 8) Sceverare a fondo l’humus in cui cova e poi esplode la denuncia, tenendo in conto eventuali dissidi, inimicizie, gelosie o rancori covati da lungo tempo attorno all’accusato; 9) Sforzarsi di capire se la personalità ed il vissuto dell’accusato siano compatibili con il genere di accuse di cui è fatto oggetto, o se invece trattasi di montature tendenti a screditare e ad abbattere definitivamente una persona scomoda, divenuta ora intollerabile; 10) Utilizzare ogni benché minimo od insignificante indizio per venire a capo dell’intero costrutto. Nel dubbio o in mancanza di prove certe, è mille volte meglio assolvere un colpevole che condannare ingiustamente un innocente! * Emerge su tutti l’esempio di un bravo e scrupoloso parroco di paese, che accanto al quotidiano servizio a Dio ed ai fratelli, mostrava una coraggiosa e non affatto comune verve polemica, dai toni infuocati ed accesi, a salvaguardia della giustizia, a difesa dei deboli e contro la dilagante corruzione che inquinava da tempo la vita cittadina. I suoi nemici non persero tempo per fargliela pagare, e gli sollevarono contro le proteste e le rivendicazioni dei loro più biechi e servili accoliti, sicché vennero montate ad arte gravissime calunnie al fine di screditare ed abbattere definitivamente quel solitario combattente! Un giudice onesto, serio e coscienzioso non può prestarsi a tale sporco gioco! Sono una miriade gli esempi di gente perbene e unanimemente stimata, fatta oggetto di pesanti calunnie, derisa e messa spavaldamente alla gogna. Le calunnie e le insinuazioni più vili e aberranti hanno inondato i percorsi di vita dei santi, sostenute dall’alito fetido e nauseabondo di Satana, il grande menzognero, per il quale le calunnie più squallide ed ignominiose rappresentano il pane quotidiano! Egli non dispone di altro mezzo tanto dirompente ed efficace per screditare ed abbattere in un sol colpo un nemico divenuto intollerabile! Che ne sarebbe per il caso appena menzionato, se tale onesto e bravo parroco fosse stato colpito da un verdetto avverso? Avrebbe certamente finito i suoi giorni in galera, da innocente, dopo essersi dissanguato economicamente per risarcire i falsi accusatori! All’atroce sventura si sarebbe così assommata la beffa più squallida e perversa! Nessun giudice può affrontare con superficialità un giudizio di tale delicatezza, importanza e complessità! DISEGNO LEGISLATIVO DISPOSIZIONI FINALIZZATE ALLA TUTELA DEI MINORI ED ALLA PREVENZIONE DEGLI ABUSI SUI MINORI. IL REGOLAMENTO DELL’ATTIVITA’ GIUDIZIARIA 1. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministero della Giustizia redige il Regolamento per l’espletamento dell’attività giudiziaria nei confronti dei minori, e lo porta all’approvazione del Consiglio dei Ministri. Il Regolamento deve indicare le linee guida sulle quali orientare l’attività giudiziaria in riferimento ai minori. 2. Nei riguardi dei minori che hanno commesso reati, l’Autorità giudiziaria deve procedere con gradualità, adottando con prudenza e discernimento le metodiche correttive più indicate in ogni singolo caso, e tendenti, oltre che alla correzione, anche alla riabilitazione ed al pieno reinserimento del minore nella vita sociale. Più specificatamente, le misure correttive e riabilitative devono potersi realizzare attraverso i seguenti graduali passaggi: Al primo riscontro di reato, occorre procedere alla formulazione di una pena non eccessivamente severa ed all’inserimento del minore in un percorso formativo guidato da educatori esperti, assistenti sociali e psicologi. In caso di recidiva, occorre procedere alla formulazione di una pena moderatamente severa, e conformata ai seguenti parametri: 1. Incisività dell’azione deterrente e/o preventiva al crimine. 2. Estrema brevità nella durata della stessa. 3. Apertura di un adeguato spazio di riflessione e di motivata correzione per il minore in recidività di reato. Al 3° riscontro di reato, come nel caso di ostinata pervicacia al crimine, si deve necessariamente procedere alla formulazione di una pena commisurata alla gravità del reato commesso, e di forte impatto repressivo, senza soppesare attenuanti o concause giustificanti. Solo dopo aver scontato interamente la pena, il trasgressore può essere inserito in un percorso riabilitativo. IL RUOLO DEI MASS-MEDIA 3. Tutte le reti televisive pubbliche e private devono riservare quotidianamente la fascia oraria compresa fra le ore 16.00 e le 18.30 a programmi destinati ai minori. 4. Tutti i programmi destinati ai minori devono obbligatoriamente conformarsi ai seguenti parametri: Presentare un contenuto prettamente formativo. Trasmettere messaggi semplici e facili da recepire. Promuovere sani valori, come la disponibilità al sacrificio ed alla rinuncia, enfatizzando l’inutilità e la nocività di miti come il successo, il lusso, il vizio, la ricchezza smodata. Proporre esempi concreti da seguire. Promuovere lo sport e la competizione leale, la musica, le arti. Trasmettere con grande incisività il senso del rispetto per i genitori, per gli educatori, per gli anziani, per l’autorità costituita. Promuovere compiutamente i valori religiosi, con particolare riferimento alla pratica dei sacramenti ed alle valevoli testimonianze dei Santi. Semplificare e tradurre in immagini, anche attraverso cartoni animati o serie televisive a puntate le storie evangeliche, bibliche o correlate alla vita dei Santi. Presentare come altamente degradanti e deleteri i vizi, le trasgressioni, le devianze e le dipendenze dall’alcool e dalla droga. Mostrare con chiarezza il triste destino riservato a tutti coloro che si lasciano intrappolare nelle maglie della delinquenza o della criminalità organizzata. Additare esempi concreti in riferimento ai valori dell’unità e dell’armonia familiare. Mostrare esempi e/o testimonianze tangibili al fine di incentivare i valori della solidarietà, del volontariato, della pronta disponibilità ad aiutare tutti coloro versanti in stato di necessità o di pressante bisogno. Promuovere i valori universali dell’amore reciproco, dell’amore prioritario ed esclusivo per Dio, dell’assoluto rispetto per il creato. Investire saggezza, intelligenza e sani principi anche nella produzione di programmi di varietà e/o di intrattenimento leggero. 5. Le reti televisive che trasmettono, nella fascia oraria riservata ai minori, programmi non conformi alle presenti disposizioni, sono sanzionate con ammende comprese fra 2.000 e 20.000 euro e/o con l’oscuramento della rete da 1 a 3 mesi. INTERNET 6. Entro 90 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, il Governo si fa promotore, nelle sedi competenti, della istituzione del Comitato Internazionale per la Disciplina e la Regolamentazione della Comunicazione via Internet. Il Comitato redige ed approva il Regolamento che disciplina, in particolare, il contenuto dei siti trasmessi via Internet i quali, a tutela dei minori e dei soggetti immaturi o psicolabili, non devono contenere immagini, filmati o messaggi erotici, di brutale o insensata violenza, o potenzialmente nocivi per i minori, ovvero in pericolo di favorire o promuovere situazioni di instabilità, di squilibrio o di disgregazione individuale, familiare e/o sociale. Il Comitato Internazionale è anche preposto alla vigilanza, al controllo, all’azione preventiva e repressiva contro gli abusi via Internet. 7. I siti Internet non possono assolutamente contenere le immagini, i filmati od i messaggi vietati di cui all’art. 6 della presente legge. I trasgressori sono puniti con l’oscuramento immediato del sito, con l’ammenda da 50.000 a 300.000 euro, e con la pena detentiva da 6 mesi a 3 anni di reclusione. 8. I soggetti gestori dei siti trasmessi via Internet che presentano immagini, filmati o messaggi erotici di chiara matrice pedofila, o palesemente allusivi in senso pedofilo, ovvero promuovono scambi di informazioni, di indirizzi e/o di numeri telefonici, allo scopo di promuovere contatti e/o relazioni in senso pedofilo, sono puniti con l’oscuramento immediato del sito, con l’ammenda da 50.000 a 500.000 euro, e con la pena detentiva da 5 a 12 anni di reclusione. 9. I pubblici fruitori del servizio Internet, i quali fruiscono di un abbonamento, di una sottoscrizione o di un contratto per l’accesso a siti di chiara matrice pedofila o palesemente allusivi in senso pedofilo, ovvero promuoventi scambi di informazioni, di indirizzi e/o di numeri telefonici, allo scopo di promuovere contatti e/o relazioni in senso pedofilo, sono puniti con la pena detentiva da 3 a 12 anni di reclusione e con l’ammenda da 30.000 a 200.000 euro. REQUISITI INDISPENSABILI PER L’ACCESSO ALLE PRATICHE DI AFFIDAMENTO O DI ADOZIONE, A TUTELA DELLA INTEGRITA’ MORALE E PSICOFISICA DEI MINORI Per poter avviare una pratica richiedente l’affidamento o l’adozione di uno o più minori, occorre documentare, in via preliminare, il possesso dei seguenti indispensabili requisiti: a) Matrimonio civile e/o religioso fra uomo e donna in atto da almeno 3 anni e coniugi entrambi viventi; b) Fedina penale pulita e totale assenza di carichi pendenti; c) Totale mancanza di dipendenza da qualsiasi tipo di sostanze stupefacenti, alcoliche o psico-farmacologiche; d) Stile di vita personale, familiare e sociale sano ed esemplare, senza alcun tipo di trascorso trasgressivo e/o illecito; e) Assenza di precedenti separazioni coniugali o divorzi; f) Trascorsi affettivi e relazionali decorosi e totale assenza di attitudini od orientamenti trasgressivi, omosessuali o pedofili; g) Totale assenza di trascorsi aggressivi o violenti; h) Totale assenza di disturbi, sintomi, prodromi o pregressi, riconducibili a patologie ansiose, depressive, fobiche, bipolari, dissociative, paranoiche o psichiatriche in genere; i) Totale assenza di malattie infettive o comunque trasmissibili; l) Non appartenenza a gruppi di dichiarata o camuffata matrice integralista, razzista, xenofoba e/o violenta; m) Non appartenenza a sette, associazioni segrete e/o gruppi di palese o camuffata matrice satanica; n) Non appartenenza ad associazioni o gruppi di tendenza omosessuale; o) Stile di vita sano e corretto riguardo agli orari di vita e di lavoro, agli usi ed ai costumi di ciascun componente il nucleo familiare. A tal fine, i coniugi che intendono avviare una pratica di affidamento o di adozione di minori, devono presentare, in via preliminare, agli Uffici competenti, la seguente documentazione, rilasciata non prima di un mese dalla data di presentazione della domanda: 1. Certificato di matrimonio civile e/o religioso fra uomo e donna (sessualmente e morfologicamente corrispondenti in tutto e per tutto al proprio genoma) in atto da almeno 3 anni; 2. Certificato del casellario giudiziario attestante la nullità o la sussistenza di condanne penali o carichi pendenti; 3. Certificati rilasciati dal medico curante e dai competenti Uffici dell’Azienda sanitaria territoriale circa la totale mancanza di dipendenza da qualsiasi tipo di sostanze stupefacenti, alcoliche o psicofarmacologiche; 4. Certificato rilasciato dal Comune di residenza attestante la sussistenza o la mancanza di precedenti separazioni coniugali o divorzi; 5. Certificato del medico curante e Certificato specialistico rilasciato dal Centro di Igiene mentale del Comune di residenza della coppia o da una struttura sanitaria pubblica equipollente, attestante la totale assenza di patologie psichiatriche in atto in entrambi i coniugi; 6. Certificato del medico curante attestante la totale assenza di malattie infettive o comunque trasmissibili; 7. Certificato rilasciato dalla Questura competente per territorio attestante la sussistenza o la mancanza di pregressi trasgressivi, violenti, settari, razzisti e/o xenofobi; 8. Relazione autoredatta dalla coppia circa lo stile di vita, le attitudini ed i costumi di ciascun componente del nucleo familiare. Laddove emersi, anche in tempi successivi all’avvenuto affidamento o adozione, uno o più degli impedimenti di cui all’art. 10 della presente legge, l’atto affidatario o di adozione è revocato, ed i minori dati in affidamento o in adozione alla coppia non idonea vengono dati in affidamento o in adozione ad altre coppie o alle strutture preposte. Nel caso in cui, a distanza di tempo dall’avvenuta adozione minorile, si verifichi il decesso di uno dei genitori adottivi, il minore adottato resta a carico e sotto tutela del genitore adottivo vivente solo se ha conseguito, nel frattempo, la maggiore età. In caso contrario il minore è affidato alle strutture preposte, detenendo piena ed autonoma facoltà di decidere, in pieno accordo con l’ordinamento della struttura ospitante, in merito al tipo di rapporto da porre in essere con il genitore adottivo vivente (giorni ed orari di visita, ecc.), ed alla conferma o meno dei diritti e dei doveri inerenti la precedente adozione. L’Autorità giudiziaria prende atto della volontà del minore, emettendo un’Ordinanza conforme alle decisioni assunte, valevole sino al conseguimento della maggiore età del minore. Conseguita la maggiore età, il soggetto adottato può presentare istanza di conferma o di revisione di tali decisioni al competente giudice, il quale le potrà confermare, revocare o modificare, in via definitiva, con l’emissione di una nuova Ordinanza. In caso di decesso del padre adottivo, non avendo ancora il minore adottato conseguito la maggiore età, la madre adottiva può presentare alla competente Autorità giudiziaria, entro 7 giorni dal decesso del coniuge, domanda di conferma dell’adozione, cui vanno allegati, entro il termine di 20 giorni dalla data di presentazione della domanda, tutti i documenti di cui all’art. 10 della presente legge, rilasciati non prima di un mese dalla data di presentazione dell’istanza, e di tutte le evidenze o prove documentali da cui risulti la libera volontà del minore di voler restare senza riserve con la madre adottiva. In presenza di tale volontà ed in assenza di impedimenti di carattere morale, sanitario, psicofisico o penale, il giudice può emettere un’Ordinanza di conferma dell’adozione alla madre adottiva. In nessun caso un minore può essere affidato ad un genitore adottivo che presenta tendenze omosessuali o che risulta convivere con un partner dello stesso sesso. In tali casi, il Giudice emette un’Ordinanza con la quale si dispone la revoca immediata dell’Ordinanza di adozione del minore al genitore adottivo con tendenze o comportamenti omosessuali e l’affidamento in adozione dello stesso ad altre coppie idonee o alle strutture preposte. I genitori adottivi con tendenze o comportamenti omosessuali i quali trasgrediscono l’assoluto divieto di adozione di minori, sono condannati alla detenzione domiciliare da uno a quattro anni e al pagamento di una penale di 4.000 euro per ogni mese di trattenimento del minore sotto la propria tutela. In nessun caso il componente di una coppia dello stesso sesso, formalmente convivente, può adottare la prole del partner. Le coppie dello stesso sesso residenti in uno dei paesi europei, legittimate civilmente sulla base di precedenti normative, decadono, con l’entrata in vigore della presente legge, dal godimento dei diritti civili precedentemente acquisiti in ragione della loro unione. I paesi dell’Unione Europea, rappresentati in maggioranza da popolazioni credenti e rispettose di Dio e delle Sue leggi, non ammettono le unioni civili fra coppie dello stesso sesso. In tutti i casi di avvenuta adozione di minori, qualora intervenga il decesso di uno dei genitori adottivi, il genitore adottivo vivente ha l’obbligo, entro 5 giorni dal decesso del coniuge, di informarne per iscritto, con timbro di avvenuta consegna, la competente Autorità giudiziaria, al fine di promuovere ogni provvedimento utile in merito alla nuova destinazione del minore adottato, qualora lo stesso non abbia ancora conseguito la maggiore età. Il genitore adottivo inadempiente o ritardatario in merito all’obbligo di cui al presente articolo, è punito con la detenzione domiciliare da 3 mesi a 1 anno e con l’ammenda da 3.000 a 30.000 euro. Contestualmente all’informativa di avvenuto decesso del coniuge, la madre adottiva del minore può presentare istanza di conferma dell’adozione. L’Autorità giudiziaria emette un’Ordinanza con l’indicazione della nuova destinazione del minore e con le eventuali disposizioni correlate alla volontà dello stesso, entro e non oltre 7 giorni dalla data di ricezione dell’informativa inerente l’avvenuto decesso del genitore adottivo, riservandosi, in caso di deposito dell’istanza di conferma dell’adozione, di decidere nel merito entro 30 giorni dalla data di presentazione della stessa. Le norme di cui agli articoli 12, 13 e 14 della presente legge, inerenti l’adozione di minori, sono estese integralmente anche ai casi di affidamento di minori. SANZIONI PENALI Chiunque contravviene alle norme di cui all’art. 10 della presente legge, ovvero produce atti e/o certificazioni mendaci o contraffatte in merito ai requisiti richiesti, è punito con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro; nel contempo l’atto di adozione o di affidamento è dichiarato nullo. Alla stessa pena soggiace chiunque ricorra a sotterfugi, trucchi o inganni, al fine di ottenere l’affidamento o l’adozione di uno o più minori. La pena è raddoppiata nei casi in cui risultino non posseduti o falsati i requisiti di cui alle lettere f), i), m), n), dell’art. 10 della presente legge. Chiunque, al fine di aggirare le norme di cui alla presente legge, si reca in paesi nei quali non è prevista per i medesimi reati alcuna sanzione, ivi ottenendo l’affidamento o l’adozione di uno o più minori, contravvenendo alle norme della presente legge, è punito con la reclusione da 2 a 6 anni e con l’ammenda da 20.000 a 80.000 euro. L’atto di adozione o di affidamento è dichiarato nullo ed i minori adottati sono dati in affidamento o in adozione ad altre coppie o alle strutture preposte. La pena è raddoppiata nei casi in cui risultino non posseduti o falsati i requisiti di cui alle lettere f), i), m), n), dell’art. 10 della presente legge. I reati sanzionati dalla presente normativa non sono soggetti a prescrizione. Chiunque svolga, a vario titolo, opera di mediazione nelle pratiche di affidamento o di adozione di minori, contravvenendo alle norme ed alle procedure di cui alla presente legge, è punito con la reclusione da 1 a 3 anni e con l’ammenda da 10.000 a 50.000 euro. Chiunque sottrae in modo illegittimo un minore di anni 14, con o senza il consenso del medesimo, a chi ne detiene in modo legittimo la tutela o la patria potestà, ovvero ne sia legittimo genitore, tutore, custode, affidatario o genitore adottivo, è punito con la reclusione da 5 a 15 anni e con la multa da 30.000 a 200.000 euro. Alla medesima pena soggiace il genitore legittimo, il genitore adottivo o l’affidatario che lo sottrae in modo illegittimo al coniuge o all’ex-coniuge per ridursi, in virtù di un atto di forza o di prepotenza, ad unico tutore del minore. La pena è aumentata di 1/3 se all’indebita sottrazione del minore si associa l’espatrio assieme al minore, l’affidamento dello stesso a persone che lo conducono all’estero, o la consegna a terzi pur di ostacolarne il ritrovamento. La pena è raddoppiata se l’indebita sottrazione del minore è stata attuata ai fini dell’abuso sessuale sul medesimo. La pena è ridotta fino ai 2/3 se, entro 15 giorni dalla data dell’indebita sottrazione, l’autore della stessa riconsegna il minore al suo legittimo tutore, ovvero si costituisce all’Autorità giudiziaria per facilitare il ritrovamento del minore e/o per sottoporsi ai provvedimenti di legge. Nel caso in cui la sottrazione del minore avvenga ai danni del legittimo coniuge, il reato è punibile a querela della persona offesa. Per il reato di sottrazione di minore con età pari o superiore a 14 anni si applica la normativa vigente in materia. In caso di fuga volontaria, ai fini del matrimonio, di un minore di anni 16, e comunque di età non inferiore agli anni 14, assieme alla persona cui è legato/a da vincolo sentimentale, di età non superiore agli anni 22, non vi è punibilità se la coppia rientra nei rispettivi ambiti legittimi entro e non oltre 48 ore dalla fuga. In caso contrario, se entrambi minorenni, sono affidati, mediante Ordinanza della Autorità giudiziaria, in 2 diversi Istituti di educazione e correzione preposti, per il periodo stabilito dal Giudice; se uno dei due è invece maggiorenne, di età pari o inferiore agli anni 22, e vi è prova della consensualità del minore, il maggiorenne è punito con le sanzioni previste per il reato di sottrazione di minore di anni 14 ridotte della metà; il minore è invece affidato agli istituti preposti per il periodo stabilito dal Giudice. Nel caso invece il minore abbia un’età inferiore ai 14 anni, che sia o meno consenziente, ed il maggiorenne un’età inferiore o pari ai 22 anni, si applicano per il maggiorenne le sanzioni previste per il reato di sottrazione di minore di anni 14, senza riduzioni; il minore è riconsegnato ai genitori. Se invece il minore ha un’età inferiore ai 14 anni ed il maggiorenne un’età superiore ai 22 anni si applicano per il maggiorenne le sanzioni previste per il reato di indebita sottrazione di minore ai fini dell’abuso sessuale sul medesimo, di cui all’art. 18 della presente legge; il minore è riconsegnato ai genitori. COMMITTENZA ILLEGITTIMA DI GRAVIDANZA AI FINI DELL’ADOZIONE O DELL’ACQUISIZIONE IN PATERNITA’ O MATERNITA’ DEL NASCITURO Chiunque stipula accordi verbali e/o scritti, taciti e/o formalmente sottoscritti, con una donna, al fine di utilizzarla a scopo gestazionale, in surrogazione di maternità, fuori dai vincoli legittimi previsti dalla legge, e ne preordina una gravidanza ai fini dell’adozione o dell’acquisizione in paternità o maternità del nascituro, con o senza pattuizione di denaro o di beni di altra natura, è punito con la reclusione da 3 a 6 anni e con la multa da 150.000 a 400.000 euro. La pena è aumentata della metà nel caso in cui la committenza illegittima sia posta in essere su donna minorenne, disabile o affetta da disturbi psicofisici. La pena è aumentata di 2/3 se la committenza illegittima è posta in essere da coppie dello stesso sesso, ovvero da soggetti che convivono con partner dello stesso sesso o che presentano o hanno presentato devianze, disturbi e/o vizi di carattere sessuale, o che hanno subìto condanne penali definitive per reati di carattere sessuale o agli stessi connessi. La pena è altresì aumentata di ¼ nei casi in cui cittadini di nazionalità italiana attuino la committenza illegittima di gravidanza in paesi nei quali non è prevista per tale reato alcuna sanzione. I neonati, i bambini e/o i ragazzi di età inferiore ai 16 anni, nati a seguito di committenza illegittima di gravidanza sono affidati alla madre che li ha generati o, in caso di non accettazione da parte della stessa, dati in adozione a coppie che ne detengono i requisiti o alle strutture pubbliche preposte. In tali casi è posto divieto assoluto di contatti o di approcci relazionali con i minori da parte dei singoli o delle coppie responsabili della committenza illegittima. I trasgressori sono puniti con la detenzione da 6 mesi a 2 anni e con l’ammenda da 2.000 a 18.000 euro. La presente legge ha valore retroattivo solo nei casi in cui l’adozione di minori conseguita a committenza illegittima di gravidanza è stata attuata da soggetti singoli, vedovi/e, separati/e, divorziati/e o da coppie dello stesso sesso, ovvero nei casi in cui è previsto l’aumento della pena dalla metà ai 2/3. I reati sanzionati dalla presente legge non sono soggetti a prescrizione. La donna che si sottopone a gravidanza su committenza illegittima, è punita con la reclusione da 6 mesi a 2 anni e con la multa da 30.000 a 70.000 euro. La pena è aumentata fino alla metà se la donna che si è sottoposta alla gravidanza su committenza illegittima risulta coniugata, con prole, o titolare di un impiego lavorativo retribuito. La pena detentiva è ridotta sino alla metà e la multa annullata se la donna sottoposta a gravidanza su committenza illegittima mostra di collaborare attivamente con l’Autorità giudiziaria, riferendo le generalità dei committenti, e dimostra di assolvere con cura a tutti i doveri materni nei confronti del bambino che ha messo o è in procinto di mettere al mondo. Chiunque, a vario titolo, svolge opera di mediazione o procaccia donne per il conseguimento delle illegittime finalità di cui alla presente legge, è punito con la reclusione da 2 a 5 anni e con la multa da 70.000 a 250.000 euro. Chiunque è residente o torna a risiedere in Italia, dopo aver acquisito in altra nazione uno status incompatibile con l’ordinamento giuridico italiano: matrimoni o unioni civili fra coppie dello stesso sesso, adozioni illegittime, committenze illegittime di gravidanza, ecc., è sottoposto alle sanzioni previste per tale status illegittimo e all’immediato annullamento dello stesso. I soggetti stranieri detenenti uno status incompatibile con l’ordinamento giuridico italiano possono usufruire di un visto turistico o di un permesso di soggiorno in Italia non superiore ai 15 giorni nell’arco di 3 anni. Gli stessi non possono ottenere la cittadinanza italiana senza aver dapprima dimostrato la totale conformità del loro status all’ordinamento giuridico italiano. VIOLENZA SUI MINORI 26. Entro 90 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, il Governo istituisce la Commissione governativa di vigilanza per la tutela dei minori. Nella riunione successiva alla seduta di insediamento, la Commissione approva a maggioranza assoluta dei suoi membri lo Statuto ed il Regolamento che disciplinano le attività della stessa, il ruolo e le mansioni dei singoli membri, le scadenze e le modalità operative dei singoli ambiti di competenza. La Commissione è preposta allo svolgimento delle seguenti funzioni: Costante vigilanza sui mezzi di comunicazione sociale, sulla stampa e sui pubblici intrattenimenti destinati ai minori, al fine di prevenirne le devianze, gli abusi e le disfunzioni. Promozione ed organizzazione di campagne informative, preventive e di lotta al consumo delle sostanze stupefacenti e dell’alcool, ed agli abusi sui minori. Distribuzione nelle scuole e nelle famiglie di materiale informativo a scopo preventivo, ovvero di testi specifici per un’adeguata formazione delle famiglie ed una sana educazione giovanile. Apertura, d’intesa con le Regioni ed i Comuni, di Sportelli informativi di facile accesso, posti all’esclusivo servizio dei minori per eventuali denunce, comunicazioni e/o richiesta di informazioni. Pianificazione di Programmi educativi di medio-lungo termine che prevedano l’attiva partecipazione delle Associazioni di Volontariato, degli Enti locali, delle Scuole, delle Chiese locali e delle Parrocchie. Promozione di iniziative socio-culturali intese a sostenere, salvaguardare e rafforzare compiutamente il ruolo paterno e quello materno. Proposizione di misure concrete finalizzate all’annullamento o ad un massivo ridimensionamento di amare realtà come i ghetti, i quartieri ombra, i degradati agglomerati di periferia. Promozione di incentivi e facilitazioni per un più facile accesso dei giovani alle attività sportive, culturali ed artistiche. Creazione, d’intesa con le Associazioni di volontariato, con le Scuole e con le Parrocchie, di ambienti sani ed incontaminati, dove i giovani possano incontrarsi, rilassarsi, divertirsi, ed anche formarsi sulla base di sani e saldi principi, lontano da ambienti potenzialmente nocivi, come le discoteche prive di ogni controllo e le aggregazioni fondate su basi anomale, fuorvianti o trasgressive. 27. Entro 90 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, il Ministero della Pubblica Istruzione istituisce i Corsi di Formazione annuali per la prevenzione della violenza e degli abusi sui minori, finalizzati alla formazione specifica del corpo docente delle Scuole medie inferiori e superiori. Ai Corsi di formazione è strettamente collegata l’istituzione di una materia specifica di insegnamento sulla Tutela dei minori, in ogni Scuola media inferiore e superiore. 28. Le Regioni destinano un capitolo di spesa del loro bilancio annuale ad investimenti mirati per la tutela dei minori e per la prevenzione degli abusi sugli stessi, in particolare per la promozione o l’incentivazione sul territorio regionale delle iniziative legate al “Telefono azzurro”, ovvero per promuovere iniziative specifiche di volontariato per l’assistenza ed il sostegno costante alle famiglie angustiate da problemi minorili, anche con l’ausilio di personale specializzato. 29. Entro 90 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, il Ministero della Giustizia predispone un Piano di intervento per il riadeguamento e la riqualificazione degli Istituti di detenzione e/o correzione per minori, al fine di predisporli ad una funzione prettamente riabilitativa e ad un giusto percorso di reinserimento sociale dei minori ivi ospitati, ridimensionando l’utilizzo prettamente penale o repressivo degli stessi. NORME PENALI 30. Chiunque si rende responsabile di atti di cruda ed insensata violenza sui minori, procurando agli stessi traumi fisici, psichici e/o morali, la cui prognosi di guarigione è valutata superiore ai 7 giorni, è punito con la pena detentiva da 1 a 7 anni di reclusione. Alla pena detentiva è associato un trattamento psicoterapeutico obbligatorio. Nei casi con prognosi inferiore ai 7 giorni, si applica la normativa vigente in materia di maltrattamenti sui fanciulli. 31. Chiunque si rende responsabile di abuso e/o violenza sessuale sui minori di anni 16, compiendo sugli stessi atti e/o comportamenti volti al soddisfacimento di un impulso sessuale, con approcci manuali, gesti e/o azioni a sfondo tipicamente sessuale, è punito con la pena detentiva da 5 a 15 anni di reclusione. E’ inoltre condannato al risarcimento del danno psicofisico e morale arrecato al minore, in misura pari al risarcimento previsto per le gravi lesioni invalidanti permanenti, comprese, sulla base della gravità del reato, fra il 35% ed il 100% della percentuale invalidante. La pena detentiva è aumentata di 1/3 se il minore che ha subito l’abuso ha un’età inferiore a 12 anni e/o se il responsabile dell’abuso è il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore o la persona a cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi. Se il responsabile del reato è minorenne o se il responsabile del reato e la persona offesa risultano o sono risultati fra loro legati da vincolo sentimentale, il reato è punito a querela, irrevocabile, della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di 6 mesi. Non sono punibili le effusioni affettive messe in atto da una coppia di minori di anni 16 fra loro legati da vincolo sentimentale, o anche nel caso uno dei due abbia un’età inferiore a 20 anni, purché non venga compiuto il grave abuso di un rapporto sessuale completo con il partner minorenne. In tal caso, il responsabile dell’abuso è punito con la reclusione da 1 a 4 anni e con l’ammenda da 5.000 a 30.000 euro; la pena è raddoppiata se il responsabile dell’abuso ha un’età pari o superiore a 20 anni. In caso di accertata simulazione di reato, il responsabile della simulazione e gli eventuali complici o falsi testimoni sono puniti con la reclusione da 3 a 5 anni e con la multa da 30.000 a 100.000 euro; la pena è raddoppiata se la simulazione di reato è perpetrata ai danni di una persona avente funzioni educative e/o socio-assistenziali in ambito pubblico o ministeriali in ambito religioso. Se il responsabile della simulazione è minorenne, la pena è scontata in regime di correzione o in affido presso comunità aventi finalità educative; la multa è comminata ai genitori o messa a debito e riscossa alla maggiore età. 32. Se la violenza sessuale sul minore è risultata protratta o reiterata nel tempo, 1/3 della pena detentiva è scontata in regime di carcere duro, ed il condannato è sottoposto a trattamento medico e psicoterapeutico obbligatorio. 33. Se la violenza sessuale sul minore è preceduta o accompagnata dalla somministrazione allo stesso di sostanze alcoliche, farmacologiche e/o narcotiche, al fine di alterarne lo stato di coscienza, di vigilanza e/o l’equilibrio psicofisico, la pena detentiva è aumentata di 1/3. 34. Chiunque si rende responsabile di sfruttamento minorile in ambito lavorativo, adoperando i minori di anni 16 in mansioni lavorative improprie, stressanti e/o loro controindicate per intensità, durata e/o per condizioni ambientali di evidente asprezza o durezza, è punito con la pena detentiva da 3 a 15 anni di reclusione. E’ inoltre condannato al risarcimento del danno psicofisico e morale arrecato al minore, in misura pari al risarcimento previsto per le gravi lesioni invalidanti permanenti, comprese, sulla base della gravità del reato, fra il 35% ed il 100% della percentuale invalidante. La pena detentiva è aumentata di 1/3 se il minore che ha subito lo sfruttamento ha un’età pari o inferiore a 12 anni e/o se lo sfruttamento lavorativo è avvenuto in condizioni ambientali di evidente asprezza o durezza. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi. Se lo sfruttamento minorile è risultato protratto o reiterato nel tempo, e/o in condizioni ambientali di evidente asprezza o durezza, 1/3 della pena detentiva è scontata in regime di carcere duro. 35. Chiunque si rende responsabile dello sfruttamento sessuale di minori di anni 16, in proprio o cedendo i minori a terzi ai fini dell’abuso sugli stessi, favorendo e/o sfruttando la prostituzione minorile, o utilizzando minori per la produzione, il commercio e/o la diffusione di immagini, audio o filmati di natura pedopornografica, per qualsivoglia via o modalità di trasmissione, è punito con la pena detentiva da 7 a 30 anni di reclusione, e con la multa da 50.000 a 500.000 euro. E’ inoltre condannato al risarcimento del danno psicofisico e morale arrecato al minore in misura pari al doppio del risarcimento previsto per le gravi lesioni invalidanti permanenti, comprese, sulla base della gravità del reato, fra il 35% ed il 100% della percentuale invalidante. La pena detentiva è aumentata di 1/3 se il minore che ha subito lo sfruttamento ha un’età pari o inferiore a 12 anni. Se l’utilizzo e/o la cessione dei minori ai fini dello sfruttamento sessuale sono risultati protratti o reiterati nel tempo, 1/3 della pena detentiva è scontata in regime di carcere duro. 36. Chiunque detiene, utilizza o cede a terzi, per qualsivoglia via o modalità di trasmissione, immagini, audio o filmati di natura pedopornografica, è punito con la reclusione da 3 a 5 anni, e con la multa da 30.000 a 100.000 euro. E’ associata la confisca del materiale pedopornografico. Gli esercizi commerciali e le emittenti radiotelevisive trovati in possesso di materiale pedopornografico, utilizzato in proprio o trasmesso a terzi, sono sottoposti alla immediata chiusura ed alla revoca della licenza o della concessione all’esercizio. I siti internet a contenuto pedopornografico sono immediatamente oscurati e sottoposti alle sanzioni previste dagli articoli 7), 8) e 9) della presente legge. 37. La condanna per alcuno dei delitti previsti dalla presente legge, comporta la perdita della potestà del genitore, l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela, la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa. Nei casi non specificatamente contemplati dalla presente legge, si applica la normativa vigente in materia. 18. LA DEVIANZA MINORILE Oggi la devianza e la delinquenza minorile trovano le loro principali motivazioni negli ambienti sociali negativi e nei falsi modelli di vita che si propongono o impongono ai minori, e dai quali essi restano definitivamente e completamente contagiati. ELIMINARE GLI AMBIENTI NEGATIVI ED I FALSI MODELLI DI VITA Non bisogna abbandonare i ragazzi a se stessi, per la strada o in ambienti degradati. E’ importantissimo istituire Centri per attività culturali, ricreative e/o sportive, che possano richiamare i ragazzi di ogni ordine e grado, nessuno escluso; perché la strada è la prima officina di devianza, di violenza, di degradazione, oltre che un rischioso richiamo al proibito ed alla trasgressione. Occorre creare ambienti sociali formativi, puliti e sani, che possano rinsaldare le premesse per una società sana, e ridurre drasticamente gli incentivi alla devianza ed al crimine. Il crimine non può essere combattuto soltanto con metodi repressivi, perché potrebbe riemergere come e più di prima, ma va ostacolato con adeguate strutture e misure preventive: un ragazzo abbandonato a se stesso avrebbe tutti i motivi per deviare rispetto a chi è assistito ed opportunamente educato. Una società non educata e non preparata ad un’armoniosa, solidale e pacifica convivenza, ritiene in sé tutte le premesse per dar vita a frange o propaggini di devianza e di disgregazione. Prioritariamente occorrerebbe ridimensionare o cancellare completamente i ghetti, i quartieri-ombra, l’emarginazione legittimata di periferia. Ogni città dovrebbe prevedere servizi e strutture decentrate, così che ogni quartiere possa risultare parte viva, utile ed integrata dell’intera comunità e poter disporre di adeguate infrastrutture oltre che di complessi sportivi, ricreativi, di aggregazione comunitaria. Soltanto così i ragazzi potrebbero sentirsi parte viva, gradita ed utile all’intera comunità, e ben disporsi a lasciarsi guidare ed assistere, per il sano e produttivo sviluppo di una comunità sentitamente fiera di formarli e sostenerli. Si concorre ad eliminare gli ambienti sociali negativi ed i falsi modelli di vita, garantendo condizioni di vita dignitose per tutti, specialmente laddove appaiono maggiormente concentrate la miseria e l’emarginazione. L’IMPEGNO DELLO STATO Consapevole di tale realtà, lo Stato deve proporsi, con grande determinazione, di prevenire e combattere le cause di devianza e di criminalità, attivandosi principalmente su tre fronti: Una seria lotta alla miseria, all’emarginazione, alla disoccupazione. Promuovendo seri e ben articolati Programmi formativi che possano impegnare attivamente e proficuamente i ragazzi in età scolare. Chiudendo o rimuovendo gli spazi liberi a rischio di devianza, per riempirli con attività formative, che possano trasmettere ai ragazzi i veri e fondamentali valori dell’esistenza, ai quali ognuno dovrebbe conformarsi per poter vivere in maniera sana, armoniosa e lodevolmente fruttuosa. E’ quindi compito primario delle istituzioni e dei genitori adoperarsi con grande impegno e responsabilità per alimentare la giusta direzione del vento, e promuovere una cultura dominante che sia sana, saggia e totalmente in linea con le divine prerogative. DISEGNO LEGISLATIVO DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PREVENZIONE DELLA DEVIANZA MINORILE E DI EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’. PIANI FORMATIVI ANNUALI In tutte le scuole medie inferiori sono attuati, a cadenza annuale, i Piani formativi di base e di Educazione alla legalità, destinati a tutti gli alunni. I Presidi, coadiuvati dai Consigli di istituto, redigono annualmente, entro il 30 settembre, il Piano formativo per l’anno scolastico in corso, e lo comunicano, mediante apposita circolare, ai docenti ed agli alunni. I Piani formativi sono obbligatori e rientrano, a tutti gli effetti, nel programma scolastico annuale destinato agli alunni delle scuole medie inferiori. Il Piano formativo è attuato secondo il seguente prospetto: 2 ore settimanali da destinare, in orario didattico, alla proiezione di documentari, films, servizi o reportages a carattere formativo, sul tema della prevenzione della devianza minorile. Ogni proiezione è accompagnata dalla relativa discussione, intesa a stimolare l’attivo coinvolgimento degli alunni. La programmazione, per l’intero mese di marzo, di una Campagna preventiva alla devianza minorile, attuata mediante l’allestimento di mostre, concorsi fotografici o di pittura, concorsi letterari a tema, conferenze e dibattiti, intesi a focalizzare l’attenzione degli alunni sulle problematiche connesse alla devianza minorile e sulla definizione delle possibili soluzioni. Tali iniziative sono realizzate in orario didattico ed extradidattico. La partecipazione è obbligatoria per tutti gli alunni. La responsabilità in merito alla programmazione ed all’attuazione del Piano formativo è a carico dei Presidi e del corpo docente delle scuole medie inferiori. Al completamento delle iniziative previste dal Piano, i Presidi inviano al Provveditorato Provinciale agli Studi una relazione dettagliata delle attività svolte e del grado di partecipazione dimostrato dagli alunni. I Presidi, d’intesa col corpo docente, al fine di ben organizzare il Piano formativo, affidano ai singoli docenti incarichi e responsabilità specifiche, sia dal punto di vista organizzativo, che attuativo e didattico. Ai fini di un migliore e più proficuo svolgimento del Piano, i Presidi possono avvalersi del supporto tecnico e didattico di professionisti di comprovata esperienza nel settore, acquisibili anche in ambito extrascolastico. I docenti prestanti servizio di ruolo negli Istituti scolastici impegnati nel Piano, sono retribuiti, per il servizio svolto nello svolgimento del Piano medesimo, con le spettanze previste per il lavoro straordinario, se l’attività didattica è svolta in orario extradidattico. I professionisti e/o gli esperti invitati dai Presidi sono retribuiti con un gettone didattico orario, pari a 48 euro netti. L’occorrente tecnico e di supporto ai fini della compiuta e proficua attuazione del Piano è fornito dagli Istituti scolastici promotori del Piano medesimo. Laddove sprovvisti, i Presidi richiedono il materiale e/o la strumentazione occorrente al Provveditorato Provinciale agli Studi, entro il 30 luglio precedente l’anno scolastico di riferimento. I Presidi, entro il 15 ottobre di ogni anno, inviano al Provveditorato Provinciale agli Studi, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, una relazione dettagliata del Piano formativo approvato dal Consiglio di Istituto per l’anno scolastico in corso, dalla quale risultino i seguenti dati: Totale di ore da destinare all’attuazione del Piano. Distribuzione dell’orario in riferimento all’ambito didattico e/o extradidattico. I temi specifici da trattare, con l’indicazione delle date e dei docenti incaricati della trattazione. Il materiale letterario, espositivo o cinematografico selezionato ai fini attuativi del Piano medesimo. Le generalità dei docenti o dei professionisti impegnati nell’attuazione del Piano. Il numero delle classi e del totale degli alunni coinvolti nel Piano. Al termine dei lavori, e non oltre il 15 maggio dell’anno in corso, i Presidi inviano al Provveditorato Provinciale agli Studi una relazione dettagliata delle attività svolte e del grado di partecipazione dimostrato dagli alunni. I Provveditorati, esaminate le singole relazioni, inviano al Ministero della Pubblica Istruzione, entro il 15 ottobre dello stesso anno, una relazione dettagliata in merito alle esperienze emerse nei diversi ambiti scolastici, e corredata delle osservazioni, delle proposte e delle note utili al miglioramento e ad una maggior efficacia dei Piani medesimi. 19. LA VERA PRIORITA’ “Finchè l’uomo non si convincerà a fondo che è nel servire e non nell’essere serviti la priorità assoluta, esclusiva ed essenziale dell’intera esistenza, egli vivrà vite vuote, vane ed illusorie che, ancor più se fondate sull’autoesaltazione, termineranno inesorabilmente nel degrado e nell’autodistruzione” LA BASE PRIMA DELLA POLITICA La base prima della politica è la moralità, ma non si ha moralità se non si ha coscienza, e non si ha coscienza se non si ha timor di Dio. In politica non si può scherzare. Chi scherza in politica scherza con i destini della gente, e scherzare con i destini della gente significa beffarsi di Dio che ha reso ogni vita umana sacra ed inviolabile. La politica è una disciplina molto seria e complessa: non sono sufficienti gli scroscianti applausi, né un mare di voti per qualificare un politico, ma è indispensabile la rettitudine della persona, la sua responsabilità, l’integrità morale, la sua capacità di saper onorare i diritti di tutti, la sua capacità di servire la giustizia. Non è sufficiente instaurare una forma democratica di governo per assicurare a tutti libertà, giustizia e benessere: la democrazia per sé non può cambiare o assicurare nulla se non sposa definitivamente e indissolubilmente la moralità, ritenendo in sé e facendo propria la forza dei veri valori. Soltanto quando sarà seriamente e dalle basi riformata la democrazia, si potrà veramente respirare e a pieni polmoni aria pura e salubre. Senza moralità e senza valori assoluti ogni forma di democrazia è destinata a corrompersi ed a soccombere, perché con la giustificazione di un’apparente libertà, crea mille forme di vincoli perversi e schiavitù, che riducono la vera essenza dell’uomo, la sua stessa dignità, le sue altissime prerogative, in motivi di arbitraria licenza, che alimentano e mantengono in vita null’altro che la sua parte peggiore, relativa, e quasi inutile. E’ ora che la corruzione, l’affarismo e l’interesse di parte in politica lascino totalmente il posto allo spirito di servizio, alla piena disponibilità ed al coraggioso slancio di uomini saggi ed onesti ad adoperarsi assieme per il bene e per la causa comune a tutti gli uomini, nessuno escluso. Si capisce così che non è per niente sufficiente cambiare le regole del gioco, se i giocatori non cambiano dapprima se stessi, ovvero non mutano radicalmente il loro cuore, il loro modo di pensare e di disporsi in campo, la loro completa visione di gioco. IL RINNOVAMENTO Il rinnovamento vero della politica può avvenire solo attraverso un profondo rinnovamento delle coscienze individuali. Inoltre non è affatto sufficiente essere onesti, ma bisogna anche avere il coraggio di denunciare prontamente le disonestà laddove si manifestino. Sottacere o tollerare degli atti immorali, significa farsi complici o tolleranti di tali atti, e quindi risultare ugualmente colpevoli. Occorrono non soltanto uomini nuovi, ma soprattutto uomini coraggiosi e ricchi di buona volontà, che sappiano riconfermare con grande pazienza e forza quei valori che in tanti anni di immoralità e di diffusa corruzione sono andati dispersi. Scriveva Tucidide nel V secolo a.C.: “Il male non è solo di chi lo fa: è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce”. UN OBBLIGO MORALE Un uomo politico ha l’obbligo morale e l’alta responsabilità di trasmettere agli altri l’immagine nitida e trasparente della sua condotta di vita, che non può non rivelarsi sana, esemplare e coerente in tutto con il messaggio umano e civile, prima che politico, che intende trasmettere. Chi amministra la cosa pubblica è costante punto di riferimento dell’intera collettività e di ciascun amministrato: il suo comportamento è il primo riferimento pratico al quale rapportare il comportamento degli altri. Così un politico corrotto e senza scrupoli non fa che moltiplicare nella società disonestà e corruzione, mentre suo compito primario dovrebbe essere invece quello di scongiurare, prevenire e combattere tali degenerazioni. Di conseguenza, la rettitudine è per un politico un obbligo, non una scelta, perché un comportamento contrario sarebbe totalmente incompatibile con l’onere da lui assunto. Un politico che impone una legge agli altri, e non rispetta la legge egli per primo tanto nei suoi rapporti con gli altri, quanto nel fare politica, è incoerente; e l’incoerenza è immoralità. PRINCIPIO DELLA SAPIENZA “Ogni virtù ha origine dalla sapienza, ma principio della sapienza è il timore del Signore. Saggio è colui che Gli è fedele” 20. L’ ONESTA’ DEI GOVERNANTI Se si conviene che la moralità dei governanti è il prerequisito fondamentale a che si attui uno Stato giusto e fondato sul diritto e sulla legge, non si può non convenire sull’immediata, definitiva ed inappellabile revoca dell’immunità parlamentare, che se in alcuni Paesi sussiste, lo è solo come sottile ed ultima armatura di protezione o cortina di privilegio per i corrotti e per tutti coloro che si servono della politica non per servire gli interessi della comunità, ma esclusivamente per tutelare i propri. Il giusto non teme la giustizia, né l’inganno, né la menzogna, e dispone di tutti i mezzi leciti per comprovare la sua onestà e la sua rettitudine, mentre il corrotto a null’altro può appellarsi se non ad un privilegio anacronistico e discriminatorio nei confronti della comunità civile, che nei propri parlamentari deve identificarsi a parità di diritti e di doveri, e non invece essere irrisa o beffeggiata da assurdi privilegi o cortine di protezione. Non si potrà mai detenere reale autorità e credibilità, o inculcare vero rispetto negli altri, se non si è moralmente integri. Inoltre è fondamentale nell’espletamento delle cariche pubbliche, una giusta limitazione dei mandati, a che gli stessi non si prolunghino ad oltranza, sia che si tratti di incarichi istituzionali, che amministrativi o governativi, così come si rivela assolutamente necessario non accollare un cumulo di cariche su di una medesima persona. L’eccessivo prolungamento di un mandato politico è il più grosso fattore di rischio nella patogenesi della corruzione, così come il cumulo di cariche lo è per l’asservimento al potere e la superficialità o l’incompetenza nel suo espletamento: non si possono assolutamente far bene più cose, ed il rischio di trascurare quelle più importanti o farle male è altissimo laddove una sola persona vuol governare o risolvere da sé ogni cosa. DISEGNO LEGISLATIVO NORME FINALIZZATE ALL’ABOLIZIONE DELLE DISTINZIONI E/O DEI PRIVILEGI POLITICI IN MATERIA DI OSSERVANZA DELLE LEGGI. PREAMBOLO Un rappresentante politico, democraticamente eletto dal popolo a ricoprire un ruolo politico, amministrativo e/o istituzionale, è assolutamente identico, in materia di osservanza delle leggi, ad ogni altro cittadino. Non sussistono motivi per i quali un rappresentante politico dovrebbe essere immune dall’osservanza delle leggi e/o dal dover rispondere alla giustizia, ovvero detenere privilegi che lo tutelino nei confronti della stessa. Il politico dovrebbe invece essere il primo a conformarsi totalmente al rispetto delle leggi, per onorare, sotto ogni punto di vista, le prerogative della giustizia, dal momento che detiene egli stesso la primaria responsabilità di formulare le leggi, e richiederne il rispetto da parte degli altri. La vera salvaguardia dell’alta dignità di un politico è rappresentata dalla prova di onestà che egli è tenuto a manifestare dinanzi a coloro che gli hanno espresso fiducia, conferendogli un’altissima responsabilità dinanzi a Dio ed agli uomini. E di tale altissima responsabilità egli renderà un giorno conto per esteso al supremo Giudice! Pertanto un politico, che sia anche il massimo rappresentante istituzionale di una nazione, dinanzi alla legge è assolutamente identico ad ogni altro cittadino, dal momento che “La legge è uguale per tutti”. Anzi, proprio chi concorre al governo di una comunità deve essere il primo tutore ed il più vivido esempio di moralità dinanzi a tutti, essendo costui il punto di riferimento apicale, ovvero il primo prototipo, e di più alta comparazione, per l’intera comunità. I corrotti non dovrebbero avere parte in politica. Se ne hanno, è primo compito della giustizia provvedere, nei modi e con i mezzi conformi, alla loro immediata e definitiva esclusione da un consesso per il quale il primo e più importante prerequisito è la più totale ed imprescindibile integrità. NORME GENERALI Un rappresentante politico, democraticamente eletto dal popolo per ricoprire un ruolo politico, amministrativo e/o istituzionale, è identico, in materia di osservanza delle leggi, ad ogni altro cittadino. Non assume validità, per lo stesso, alcun tipo di immunità, di privilegio o di parametro distintivo che possa differenziarlo dagli altri cittadini in merito alla subordinazione alla giustizia o al rispetto delle leggi. I procedimenti giudiziari a carico dei rappresentanti politici e/o istituzionali detengono la precedenza assoluta rispetto ad ogni altro procedimento. Gli stessi devono essere espletati e portati a termine, in via definitiva, entro un anno dalla acquisizione, da parte degli organi giudiziari, degli elementi probanti o indiziari, ovvero delle relative denunce. Sono ammesse proroghe soltanto per i procedimenti complessi per i quali sono ammessi a deporre più di 50 testi. In tali casi la proroga non può protrarsi oltre i 10 mesi. I rappresentanti politici e/o istituzionali che hanno subito una condanna penale definitiva decadono immediatamente dall’incarico politico, istituzionale o amministrativo ricoperto al momento della sentenza. Gli stessi sono esonerati a vita dal concorrere per altri incarichi politici, amministrativi e/o istituzionali. LA GIUSTA RIPARTIZIONE DELLE CARICHE “Una carica per ognuno è più che sufficiente, se vuole essere onorata e servita con impegno e responsabilità” DISEGNO LEGISLATIVO NORME A TUTELA DELLA GIUSTA RIPARTIZIONE E ALTERNANZA NEL CONFERIMENTO DEGLI INCARICHI ISTITUZIONALI, POLITICI E/O AMMINISTRATIVI. 1. Chiunque detenga contemporaneamente più di un incarico politico, istituzionale, amministrativo o dirigenziale presso Enti pubblici, è immediatamente destituito da tutte le cariche detenute. I soggetti destituiti non possono concorrere per altri incarichi politici, amministrativi, istituzionali e/o dirigenziali. 2. Il divieto di cui all’art. 1 della presente legge è esteso a tutte le cariche pubbliche, ivi comprese le più alte cariche dello Stato: Presidente della Repubblica, Capo del Governo, Presidente del Senato, Presidente della Camera, Ministro della Repubblica, Vice-Ministro o Sottosegretario di Stato. 3. La carica di Capo del Governo, Ministro della Repubblica, Vice-Ministro o Sottosegretario di Stato, non può essere assunta da chi già ricopre un incarico politico o dirigenziale in ambito partitico, governativo o istituzionale. 4. I Sindaci e i Presidenti delle Giunte regionali o provinciali non possono assumere, contemporaneamente al loro ruolo, una delega assessorile, neanche in forma temporanea. 5. I Ministri, i Vice-Ministri, i Sottosegretari di Stato, i Presidenti dei Gruppi parlamentari e i Presidenti dei Gruppi consiliari degli Enti locali, non possono espletare contemporaneamente al loro ruolo, l’incarico di Presidente o di Vicepresidente di una Commissione specifica o altro incarico equivalente. 21. LA CORRUZIONE POLITICA E AMMINISTRATIVA “Il denaro fa misura del mondo, e gli uomini e le istituzioni asservisce e dissolve nella loro funzione” La prevenzione primaria e il primo antidoto alla corruzione e/o alla degenerazione della politica, è il rapporto a termine dei politici che la amministrano, con la formulazione di garanzie e regole precise ed invalicabili sulle modalità di esercizio del potere, e l’irreversibilità della pena per chi le trasgredisce. Il corrotto, il colluso con la criminalità o il referente di settori economici deviati, deve sapere fin da principio a cosa va incontro e quali serie conseguenze l’attendono, se persiste con incoscienza nell’errore. E deve sapere che arrecherà un danno considerevole anche al suo partito, se lo stesso, per causa sua, oltre alla perdita di consenso, si vedrà comminare sanzioni severissime per ogni illecito compiuto dai suoi membri. Il politico corrotto reca un danno considerevole all’intera società, ed è la stessa società che lo deve penalizzare. In particolare, egli dovrebbe essere sottoposto alle seguenti sanzioni: 1. Restituzione dell’intero patrimonio accumulato in maniera illecita o immediato sequestro dei beni acquisiti illecitamente, ovvero restituzione di un corrispettivo da quantificare sulla base della gravità dell’illecito compiuto. 2. Assoluto divieto a beneficiare di un pubblico impiego. 3. Assoluto divieto ad assumere la parola in pubblico, a tenere pubblici comizi o a pubblicare alcunché in qualsivoglia veste o forma. 4. Sconto totale della pena senza attenuanti, né scusanti, né alcun tipo di immunità. 5. Il politico risultato corrotto ed i componenti di primo e secondo grado della sua famiglia sono interdetti per 30 anni dall’accesso a cariche pubbliche, a far data dal giorno della notifica della sentenza definitiva di condanna. 6. Le generalità del politico risultato corrotto, l’entità dell’illecito compiuto ed i termini della pena allo stesso comminata, sono registrati in un apposito schedario pubblico, a perenne ricordo e monito per quanti volessero ricalcarne le orme. Questo è ciò che giustizia vuole e ciò che Dio pretende. L’illecito del politico non è l’illecito di un comune cittadino. E’ un atto di estrema gravità che non lede solo la persona fisica, ma lede l’intero organismo sociale nella struttura e nelle fondamenta, nei valori e nei fini comuni di tantissima gente, sino a compromettere il comune destino dell’intera comunità. E’ un atto che confonde e indigna le coscienze di tanti onesti cittadini, sino ad influenzare negativamente i costumi e la cultura di un’intera società, specialmente se il politico in causa riveste un’alta carica istituzionale o detiene grande influenza su vasti strati della popolazione. Ed è per tali imprescindibili motivi che la sua corruzione supera per gravità ogni altro atto socialmente deleterio, e come tale, merita di essere giudicata e duramente sanzionata. Un politico corrotto non offende solo se stesso e la sua famiglia. Egli offende primariamente il suo paese, la sua gente, l’intera società che lo ha accolto in grembo e che lo ha poi elevato ad un’alta ed onorifica dignità. E con l’offendere gli uomini, egli sfida in maniera estrema e perversa Dio, il cui primo fine in terra è la giustizia, l’armonia e la pace per tutti gli uomini. L’indecorosa fine di tali uomini possa costituire un costante monito per quanti ancora stentano a ritenere la corruzione politica l’atto più deplorevole che si possa mai commettere nei confronti del corpo sociale. Non vi sarà mai in terra un uomo perfetto, né vi saranno mai alla guida di uno Stato o del governo di una nazione uomini come S. Antonio o S. Francesco, ma se vi sono regole chiare e precise, puntualmente convertite in leggi, e poi fatte rigorosamente rispettare, sarà veramente difficile poter ritrovare un incosciente alla guida di uno Stato, o vedere un irresponsabile elevarsi arbitrariamente a padrone e signore del destino di intere nazioni. Ogni uomo può sbagliare, e chi molte cose fa, molte volte può sbagliare, ma un conto è sbagliare senza colpa, inavvertitamente o per ignoranza, un altro conto è sbagliare volutamente, con convinzione o con inveterata perfidia. A questi uomini dice basta Dio, dice basta la gente onesta, dice basta l’intera comunità umana! DISEGNO LEGISLATIVO DISPOSIZIONI FINALIZZATE A PREVENIRE ED A CONTRASTARE LA CORRUZIONE POLITICA E/O AMMINISTRATIVA. Chiunque eserciti una funzione pubblica o svolga un ruolo politico e/o amministrativo nelle istituzioni dello Stato, negli enti pubblici o all’interno di partiti politici, non può percepire denaro o beni di altra natura da parte di alcuno, sotto qualsiasi forma o modalità, in cambio di favori, raccomandazioni o soddisfacimento di richieste di altro tipo, e sia che trattasi di contribuzioni volontarie, che di sostegno a campagne elettorali o ad iniziative di Partito. Chiunque eserciti una funzione pubblica o svolga un ruolo politico e/o amministrativo nelle Istituzioni dello Stato, negli Enti pubblici o all’interno di Partiti politici, non può utilizzare risorse o fondi pubblici per finalità personali, né può servirsi dell’esercizio politico e/o amministrativo per fini personali. Lo Stato e/o gli Enti pubblici non possono in alcun modo elargire finanziamenti, sotto qualsiasi forma o motivazione, in favore dei partiti politici, in quanto trattasi di libere formazioni o associazioni non precipuamente appartenenti alle pubbliche istituzioni, ma di organizzazioni il cui intento è quello di poter accedere o concorrere al governo delle pubbliche istituzioni. I partiti, in quanto libere associazioni con finalità politiche, nulla possono pretendere dallo Stato se non la piena libertà di esercitare senza preclusioni o impedimenti la propria attività, nel pieno rispetto delle leggi vigenti. L’attività politica è da intendersi come un servizio volontario, libero e gratuito in favore del proprio popolo o della propria comunità, e non quale strumento di ascesa o di rivalsa sociale, esercitata ovvero con l’intento di conseguire un ingiusto primato od una posizione di potere sugli altri, o per conseguire facili arricchimenti. E’ estremamente dannoso tanto alla politica quanto al suo popolo chi esercita l’attività politica per tali finalità o per asservirla cinicamente ai propri interessi. I cittadini non devono permettere, attraverso l’esercizio del voto, che tali individui possano contaminare il corretto, giusto e trasparente esercizio della politica da parte degli onesti. Il rappresentante politico o il pubblico amministratore condannato con sentenza definitiva per i reati di cui agli art. 1 e 2 della presente legge, o per altri reati connessi all’esercizio della funzione politica e/o amministrativa: corruzione, concussione, collusioni con la criminalità, truffa, molestie di carattere sessuale, interessi privati in atti d’ufficio, in aggiunta alle pene previste per i singoli reati, è sottoposto, con effetto immediato, alle seguenti misure: Immediata restituzione del denaro o dei beni acquisiti illecitamente, ovvero restituzione di un corrispettivo da quantificare sulla base della gravità dell’illecito commesso. Immediata espulsione dal Partito di appartenenza, ed esonero a vita dai pubblici uffici. Assoluto divieto di accesso alle cariche pubbliche. Il divieto è anche esteso ai familiari di primo e secondo grado del politico destinatario di condanna. Il divieto di accesso alle cariche pubbliche per i familiari del politico risultato corrotto ha durata trentennale, a far data dal giorno della notifica della sentenza definitiva di condanna. Assoluto divieto a beneficiare di un pubblico impiego. Assoluto divieto ad assumere la parola in pubblico, a tenere pubblici comizi o a pubblicare alcunché in qualsivoglia veste o forma. Le generalità del politico destinatario di condanna, l’entità dell’illecito compiuto, ed i termini della pena, sono registrati in un apposito schedario pubblico, redatto dalle Prefetture, e affisso alla pubblica visione per 60 giorni, a partire dalla data di deposizione della sentenza definitiva di condanna. Lo schedario resta nella piena disponibilità dei cittadini senza restrizioni temporali. Lo schedario non può essere archiviato o distrutto prima che siano trascorsi 90 anni dal termine della sua redazione. 5. I procedimenti giudiziari a carico dei rappresentanti politici e/o dei pubblici amministratori, per i reati di cui agli art. 1, 2 e 4 della presente legge, hanno assoluta priorità sugli altri processi. Gli stessi devono essere istruiti entro 60 giorni dall’acquisizione degli elementi probanti o indiziari, o delle formali denunce a carico, e conclusi con la sentenza definitiva entro un anno dalla data di inizio del processo medesimo. NORME PENALI 6. Il rappresentante politico, il titolare di una carica istituzionale, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, accondiscende ad intascare indebitamente denaro o altra utilità, prima, contestualmente o dopo aver reso, in cambio, un atto del suo ufficio o un atto contrario ai doveri d’ufficio, ovvero costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a terzi, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da 2 a 15 anni e con la multa da 700 a 200.000 euro. In aggiunta deve versare allo Stato il triplo di ciò che ha illecitamente intascato. E’ inoltre esonerato a vita dai pubblici uffici ed è interdetto per 12 anni dal partecipare a pubbliche gare di appalto o ad avere rapporti di lavoro o di fornitura con la pubblica amministrazione. Allo stesso sono decurtate di 1/5, per 3 anni, le spettanze pensionistiche. La stessa pena è applicata per chi ha promesso o corrisposto illecitamente ai pubblici funzionari o rappresentanti politici, denaro o altra utilità. Se la somma in denaro o altra utilità promessa, versata o intascata, è inferiore a 1.000 euro, la pena è ridotta di 2/3 in tutte le singole voci (reclusione, multa, versamento allo Stato, interdizione dalle gare di appalto e dai rapporti di lavoro o di fornitura con la P.A., decurtazione delle spettanze pensionistiche nel quantum e nella durata), ad eccezione dell’esonero dai pubblici uffici, da conferire ad vitam. Se la somma in denaro o altra utilità è stata promessa e non ancora versata o intascata, la pena è ridotta della metà in ogni singola voce, e il versamento da corrispondere allo Stato è annullato. Se la somma o altra utilità promessa non corrisponde a quella incassata, o la somma promessa risulta incassata solo parzialmente, la pena è percentualmente dimezzata in riferimento alla parte di quota promessa e non ancora versata o intascata, e applicata interamente per la quota versata o intascata. La stessa pena di cui al presente articolo è applicata per il rappresentante politico, il titolare di una carica istituzionale, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che si rende responsabile di peculato, o per qualsiasi soggetto responsabile di truffa ai danni dello Stato o di altro Ente pubblico, finalizzata all’illecito conseguimento di erogazioni pubbliche. In riferimento al reato di peculato, la pena è ridotta di 2/3 in tutte le singole voci, e il versamento da corrispondere allo Stato è annullato, se il beneficio o il vantaggio conseguito all’illecito appropriamento è temporaneo, e l’oggetto del reato è interamente restituito, entro 7 giorni dall’indebita appropriazione, all’Ente pubblico cui era stato indebitamente sottratto. In riferimento al reato di truffa ai danni dello Stato o di altro Ente pubblico, finalizzata all’illecito conseguimento di erogazioni pubbliche, la pena è ridotta di 2/3 in tutte le singole voci, e il versamento da corrispondere allo Stato è annullato, se la truffa è stata attuata ai fini del conseguimento di benefici pensionistici in favore di soggetti anziani di età pari o superiore a 65 anni e/o parzialmente disabili, e le somme illecitamente percepite sono interamente restituite all’Ente pubblico di riferimento entro e non oltre 15 giorni dalla data di ricevimento della notifica di apertura delle indagini a carico del presunto autore del reato. I reati di cui al presente articolo sono perseguibili d’ufficio e non sono soggetti a prescrizione. 7. La durata della pena detentiva e l’entità della multa, di cui al precedente art. 6, sono commisurati all’entità della somma o di altra utilità illecitamente promessa, percepita o sottratta, su 11 ordini di gravità, secondo il seguente prospetto: Somma o altra utilità illecitamente promessa, percepita o sottratta reclusione multa a) fino a 1.999 euro 2 - 5 anni 700 euro b) da 2.000 a 3.500 euro 6 anni 2.000 euro c) da 3.500 a 7.000 euro 7 anni 3.000 euro d) da 7.000 a 12.000 euro 8 anni 5.000 euro e) da 12.000 a 20.000 euro 9 anni 10.000 euro f) da 20.000 a 50.000 euro 10 anni 18.000 euro g) da 50.000 a 100.000 euro 11 anni 35.000 euro h) da 100.000 a 150.000 euro 12 anni 70.000 euro i) da 150.000 a 200.000 euro 13 anni 100.000 euro l) da 200.000 a 350.000 euro 14 anni 170.000 euro m) oltre 350.000 euro 15 anni 200.000 euro 8. Entro 6 mesi dalla entrata in vigore della presente legge, nei tribunali e nelle sedi comunali di ciascuna Regione deve essere affisso alla pubblica visione un elenco contenente le generalità, i motivi della condanna e l’entità della pena dei soggetti residenti nella Regione di riferimento, condannati in via definitiva per i reati di cui alla presente legge, ad eccezione del reato di truffa ai danni dello Stato o di altro Ente pubblico, finalizzata all’illecito conseguimento di erogazioni pubbliche. Le generalità dei condannati ed i motivi della condanna restano inseriti nell’elenco fino alla scadenza della pena detentiva stabilita per ognuno. L’elenco è aggiornato a cadenza annuale. 9. I Partiti politici sono ritenuti corresponsabili degli atti di corruzione o di disonestà dei propri rappresentanti politico-istituzionali, per le seguenti motivazioni: a) Perché non hanno saputo o voluto selezionare, educare e controllare con la doverosa attenzione e rigore i propri rappresentanti. b) Perché risultano molto spesso consenzienti o complici degli atti di corruttela dei propri rappresentanti, in quanto cobeneficiari delle somme o delle utilità illecitamente percepite. c) Quando in un organismo c’è un organo malato a risentirne, in definitiva, è tutto il corpo. A carico dei partiti politici i cui rappresentanti risultano destinatari di condanne definitive per i reati di cui alla presente legge, ad eccezione del reato di truffa ai danni dello Stato o di altro Ente pubblico, finalizzata all’illecito conseguimento di erogazioni pubbliche, si applicano le seguenti misure: 1. Decadenza immediata del Segretario cittadino, del Segretario provinciale e del Segretario regionale del Partito di appartenenza del politico attinto da condanna definitiva, dalla carica politica ricoperta al momento del verificarsi del reato, e incandidabilità degli stessi per 5 anni, a partire dalla data di emissione della sentenza definitiva di condanna, a qualsiasi carica politica, istituzionale e/o dirigenziale in seno a partiti politici. 2. Azzeramento per 3 anni, a decorrere dalla data di emissione del provvedimento definitivo di condanna, di tutti i rimborsi straordinari destinati, a livello regionale, ai rappresentanti istituzionali del Partito di appartenenza del politico destinatario di condanna, unicamente nella Regione in cui si è verificato il reato. 3. Pubblicazione delle generalità del politico destinatario di condanna definitiva, dei reati alla base della stessa e dell’entità della pena, a margine dei pubblici manifesti riportanti le liste elettorali del Partito di appartenenza dello stesso, in tutte le competizioni elettorali politiche e/o amministrative aventi luogo nella Regione in cui si è verificato il reato, per la durata di 3 anni, a decorrere dalla data di emissione della condanna definitiva. UN CONTROLLO ASSIDUO NELLE SEDI PARTITICHE Perché la correttezza e l’onestà politica risultino la regola e non soltanto un proposito formale, occorre che venga stabilita una seria e rigorosa regolamentazione che imponga assidui e severi controlli nelle sedi partitiche, al fine di verificare, con estremo rigore, tanto le entrate quanto le uscite, dalle più piccole alle più grandi, cosicché ogni contribuzione, ogni transazione ed ogni investimento messi in atto dalle tesorerie di ogni singolo partito politico, risultino sotto il rigoroso controllo degli organi competenti dello Stato. DISEGNO LEGISLATIVO DISPOSIZIONI A TUTELA DELLA LEGALITA’ E DELLA TRASPARENZA NELLA ACQUISIZIONE E NELLA GESTIONE DEI CONTRIBUTI ECONOMICI DESTINATI AI PARTITI. I Segretari politici, i Tesorieri o i responsabili amministrativi dei Partiti politici, formalmente legittimati nei loro rispettivi ruoli nelle sedi partitiche di loro appartenenza, a livello comunale, provinciale, regionale o nazionale, sono responsabili, ciascuno per la parte di sua competenza, delle modalità inerenti l’acquisizione e la gestione dei contributi economici destinati ai propri Partiti. I Tesorieri o i responsabili amministrativi dei Partiti politici, ciascuno nelle sedi di loro competenza, hanno l’obbligo di redigere e curare, in stretta e costante intesa con i Segretari politici dei Partiti medesimi, con la massima precisione e puntualità, due appositi Registri finanziari: uno relativo alle entrate, l’altro alle uscite, in merito ad ogni singola entrata acquisita dal Partito e ad ogni singola uscita effettuata dallo stesso. I Registri finanziari di ogni singola sede partitica, prima di essere istruiti, devono essere vidimati con data, timbro e firma, da parte del responsabile degli Uffici Finanziari di ogni singola Provincia. I due Registri finanziari devono riportare, ciascuno per la sua parte specifica, a caratteri ben visibili e compiutamente decifrabili, tutte le spese in uscita e tutti i contributi in entrata gestiti dal Partito, con le esatte generalità dei contribuenti o dei destinatari dei pagamenti, corredati per ogni singola voce della data di riferimento e della firma leggibile del tesoriere responsabile. Improrogabilmente all’ultimo giorno di ogni mese, il Tesoriere responsabile del Partito, deve riportare, al di sotto delle singole voci, la somma totale delle uscite e delle entrate relative al mese di riferimento, corredata della data, del timbro e delle firme leggibili del Tesoriere e del Segretario politico responsabili della sede. A cadenza trimestrale, gli Agenti della Guardia di Finanza hanno il compito inderogabile di controllare attentamente i Registri finanziari di tutte le sedi partitiche, nei territori di propria competenza, e di riportare sugli stessi il relativo giudizio di conformità o difformità dalle disposizioni contenute nella presente legge, corredato della data, del timbro e della firma degli Agenti che hanno compiuto il controllo. Una copia autenticata e conforme all’originale di tutte le pagine del Registro relative al trimestre di riferimento è prelevata dagli Agenti e conservata in un apposito Archivio nella Sede provinciale della Guardia di Finanza. Ogni dato risultato in difformità dalle disposizioni della presente legge, o alla base di dubbi e/o riserve da parte degli Agenti che hanno effettuato il controllo, deve essere immediatamente trasmesso al Prefetto e all’Autorità giudiziaria competenti per territorio. La comprovata acquisizione di contributi economici incamerati dal Partito senza una immediata registrazione degli stessi nell’apposito Registro finanziario, ovvero le spese effettuate dal Partito non immediatamente riportate sull’apposito Registro, impongono il pagamento dell’ammenda di 2.000 euro per la mancata registrazione di importi fino a 20.000 euro; l’ammenda di 5.000 euro per la mancata registrazione di somme da 20.000 a 50.000 euro; l’ammenda di 10.000 euro per la mancata registrazione di importi superiori a 50.000 euro. I Tesorieri ed i Segretari politici dei Partiti, insieme responsabili, nelle sedi di loro competenza, della mancata immediata registrazione sugli appositi Registri finanziari delle somme in entrata o in uscita, sono puniti con l’ammenda da 1.000 a 50.000 euro, con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, e con l’esonero a vita dai pubblici uffici. Le contribuzioni elargite per fini politici o per il sostegno a Partiti politici, possono essere corrisposte esclusivamente ai Partiti, e sono disciplinate dalla specifica normativa approvata dal Consiglio dei Ministri, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge. E’ assolutamente vietato offrire contributi economici, a titolo personale, a rappresentanti politici o dirigenti di Partito. Ogni contribuzione a Partiti politici deve essere formalmente riferita e consegnata ai diretti responsabili politici o amministrativi. 22. IL CORRETTO ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ POLITICO-ISTITUZIONALE Per il corretto esercizio della politica occorrono le idee, il coraggio di attestarle, il tempo per diffonderle ed il consenso di chi le condivide, non il denaro elargito a piene mani. La disponibilità di eccessivo denaro corrompe la politica perché corrompe gli uomini che dovrebbero esercitarla in modo onesto e corretto. Vi sono partiti politici risultati primi in pubbliche consultazioni, nonostante abbiano investito per la campagna elettorale cifre irrisorie.* Il finanziamento pubblico ai partiti politici, che per un ventennio ha sfiorato in Italia l’incredibile somma di 600 milioni di euro per singola consultazione elettorale, venne introdotto dopo l’esplosione di tangentopoli, la clamorosa inchiesta giudiziaria che nel 1993 portò nelle patrie galere svariati rappresentanti del mondo politico-istituzionale. Dal momento che in molti furono pescati a rubare dalle tasche di alcuni, oggigiorno, grazie ad una legge dello Stato, il denaro pubblico è prelevato a piene mani, non dalle tasche di alcuni, ma dalle tasche dell’intera comunità, nonostante nel 1993 un referendum popolare sancì l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Il fatto eclatante è che il finanziamento pubblico ai partiti politici è erogato ancor prima che le spese siano state effettuate e rendicontate; la quota di finanziamento è ovvero stabilita sulla base del numero dei voti ottenuti senza affatto valutare le spese effettivamente sostenute dai singoli partiti politici. Tra il 1994 e il 2008, nell’arco di 14 anni, i partiti politici nazionali hanno speso in totale 570 milioni di euro, ma i rimborsi ricevuti per le campagne elettorali sono stati 2,25 miliardi; alcuni partiti hanno ovvero ricevuto fino al 400% in più rispetto alle spese documentate. Ne discende che l’eccessivo finanziamento pubblico a partiti, congreghe, sottocongreghe, gruppuscoli e portaborse, sembra conseguire unicamente lo scopo di garantire una vita comoda, ultralussuosa e spesso viziosa a chi fa della politica non un servizio disinteressato e di costante impegno in favore della propria comunità, ma un’astuta opportunità per garantirsi privilegi, vantaggi e comodità a pubbliche spese, come emerge quotidianamente dai numerosi fatti di cronaca. Si rende opportuno far rilevare che in più di mezzo secolo, a partire dal secondo dopoguerra, i partiti politici nazionali si sono autofinanziati attraverso le quote di tesseramento dei propri iscritti, senza che siano mai emerse, per gli stessi, particolari impellenze o criticità di carattere economico; ma con l’esplosione di tangentopoli l’unica soluzione escogitata da autorevoli e valenti strateghi al fine di arginare la dilagante corruzione è stata quella di riempire con un’infinità di soldi le casse dei partiti, sicché a nessuno balenasse in mente l’idea di tornare a rubare. Come se all’indomani di una grossa rapina, anziché acciuffare i colpevoli per stanarli e introdurre validi deterrenti per prevenire nuovi colpi, si riempissero loro le tasche di soldi in modo da scoraggiarli bonariamente a commettere altre rapine. * Nelle consultazioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Sicilia dell’ottobre 2012, il partito risultato vincitore ha investito per l’intera campagna elettorale, come risulta dagli atti depositati, meno di 26.000 euro, evento ripetutosi nelle consultazioni politiche del febbraio 2013, allorquando lo stesso partito ha conseguito la vittoria in campo nazionale, sfiorando la percentuale del 26% alla Camera, nonostante le esigue risorse a disposizione e la totale mancanza di pubblici finanziamenti. E’ la chiara dimostrazione che per attirare il consenso occorrono le idee, i programmi e le buone capacità di chi li propone, non molti fondi a disposizione. DISEGNO LEGISLATIVO DISPOSIZIONI GENERALI INERENTI IL CORRETTO ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ POLITICO-ISTITUZIONALE DA PARTE DEI PUBBLICI RAPPRESENTANTI POLITICI E/O ISTITUZIONALI. NORME INERENTI LA GESTIONE DELLE PUBBLICHE RISORSE DESTINATE A RICOPRIRE LE SPESE CORRELATE ALL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ POLITICO-ISTITUZIONALE. PREAMBOLO A) L’attività politica deve essere esercitata per una scelta libera, volontaria, di servizio, assolutamente disinteressata, unicamente volta al bene comune e all’avanzamento civile, morale, economico e sociale della propria comunità. L’attività politica non può essere giammai esercitata a fini di lucro, di interesse personale o con l’intento di acquisire benefici, vantaggi, privilegi o comodità di qualsiasi genere. B) I partiti politici sono libere associazioni di persone che volontariamente si dispongono a rendere un servizio gratuito in favore della propria comunità, senza intenti di lucro, ma all’esclusivo fine del bene comune. C) Chi svolge attività politica ha il dovere di rappresentare in prima persona un esempio costante di impegno, di responsabilità, di sobrietà, di abnegazione, di rigorosa anteposizione dell’interesse pubblico al proprio, di ferma rinuncia al superfluo e di rigorosa astensione dalle cose futili, prerequisiti fondamentali e di valenza prioritaria per chi vuole dedicarsi con impegno, onestà e rettitudine all’attività politica. DISPOSIZIONI GENERALI 1. Ai partiti politici non è dovuto alcun tipo di finanziamento pubblico, né a titolo di rimborso elettorale, né al fine di garantire privilegi, vantaggi o comodità di qualsiasi tipo ai propri iscritti o dirigenti. 2. Un rappresentante politico democraticamente eletto, il quale si dedica in modo esclusivo all’attività politica, ha unicamente diritto a percepire le retribuzioni assegnate alla carica istituzionale che svolge, alle indennità per gli uffici specifici dallo stesso espletati e al rimborso delle spese sostenute per i medesimi uffici. 3. Per i ruoli assunti all’interno della carica istituzionale di cui il rappresentante politico è primariamente titolare, non possono essere attribuite remunerazioni aggiuntive al di fuori dello stipendio base e delle indennità per gli uffici specifici svolti. Tutti i ruoli assunti in relazione, in conseguenza o in concomitanza della carica elettiva di base sono esercitati volontariamente e a titolo gratuito. 4. Le remunerazioni e le indennità assegnate al titolare di una carica istituzionale sono comprensivi, nella quota relativa allo stipendio-base, dei contributi preventivi alle spese ordinarie per l’attività e gli uffici politici che il titolare del mandato sostiene. 5. Lo Stato e le Amministrazioni locali erogano, a cadenza semestrale, un contributo straordinario a titolo di rimborso delle spese straordinarie sostenute dai titolari di una carica istituzionale, rigorosamente subordinato alla presentazione del rendiconto di bilancio e delle ricevute legali di tutte le spese effettuate nello svolgimento del proprio ufficio. In nessun caso le somme concesse a titolo di rimborso delle spese straordinarie possono essere erogate prima della presentazione del rendiconto di bilancio semestrale e delle relative ricevute legali. 6. Le spese straordinarie effettuate dal titolare di una carica istituzionale, di cui si chiede il rimborso, devono essere accuratamente vagliate e selezionate dai funzionari preposti al rimborso delle stesse e dai Presidenti delle Assemblee parlamentari o consiliari di cui il titolare della carica istituzionale è membro. Non sono soggette a rimborso le seguenti voci di spesa: 1) Spese per i viaggi, il vitto e l’alloggio inerenti l’attività politica svolta dal titolare di una carica istituzionale a titolo personale o nell’interesse del proprio partito, e non per uffici precipuamente correlati al ruolo istituzionale di cui lo stesso è titolare. 2) Spese per la organizzazione e/o la realizzazione di manifestazioni, congressi, riunioni o iniziative non specificatamente correlate agli uffici specifici ed al ruolo istituzionale di cui il rappresentante politico è titolare. 3) Spese accessorie o di rappresentanza non strettamente necessarie ai fini dello svolgimento di attività correlate al ruolo istituzionale di cui il rappresentante politico è titolare: omaggi o addobbi floreali, stampa e affissione di manifesti di augurio, di cordoglio, di solidarietà, di informazione su eventi non precipuamente correlati al ruolo istituzionale di cui il rappresentante politico è titolare, invio di lettere o telegrammi di felicitazioni o di cordoglio, regalie in relazione ad anniversari o ricorrenze, cene e/o pranzi per collaboratori, parenti, amici o conoscenti. 7. Nelle sedi istituzionali non sono ammesse spese per arredi di ufficio non strettamente necessari; gli arredi medesimi devono essere improntati alla semplicità e alla sobrietà, non al lusso o allo sfarzo. Tutte le spese inerenti l’arredo dei locali adibiti ad ufficio nelle sedi istituzionali, devono essere accuratamente protocollate e inventariate. Tutti i presidi tecnici di supporto e gli arredi devono essere muniti di contrassegno al momento dell’acquisto, e sottoposti a controllo periodico da parte degli Uffici di Presidenza delle sedi istituzionali. In nessun caso tali beni possono essere utilizzati a titolo privato o essere indebitamente sottratti, a fine-mandato, dai rappresentanti istituzionali che ne sono stati i diretti acquirenti o beneficiari. Entro 60 giorni dal loro insediamento, ed a cadenza annuale, gli Uffici di Presidenza delle sedi istituzionali hanno l’obbligo di redigere un accurato inventario di tutti i beni e gli arredi già presenti o di nuova acquisizione dislocati negli uffici di propria competenza. In ogni momento l’inventario degli arredi e dei presidi tecnici e di supporto degli uffici istituzionali deve poter essere visionato dall’Autorità di controllo o di polizia preposta alla verifica. I responsabili degli Uffici di Presidenza delle sedi istituzionali risultanti ritardatari o inadempienti nell’assolvimento dell’obbligo di cui al presente articolo, pagano una penale di 5.000 euro e decadono immediatamente dalla funzione istituzionale ricoperta al momento della verifica. Alla Guardia di Finanza è demandato il compito di controllare e verificare, a cadenza annuale, l’inventario dei beni e degli arredi presenti nelle sedi istituzionali di propria competenza. 8. Nelle missioni o nei viaggi di servizio dei rappresentanti istituzionali, non sono rimborsabili le spese per alloggi in alberghi di categoria superiore alle 3 stelle. Nei casi in cui, per mancata disponibilità di alloggi di categoria media, sono utilizzate residenze di categoria superiore, il rimborso non può eccedere la quota di 120 euro per singolo pernottamento. Le residenze di categoria superiore sono riservate esclusivamente ai seguenti rappresentanti istituzionali: 1. Presidente della Repubblica; 2. Presidenti della Camera e del Senato; 3. Capo del Governo nazionale. 9. Le spese sostenute per i viaggi e le missioni all’estero o in zone distanti oltre 300 Km dal luogo in cui il titolare di una carica istituzionale svolge il suo ufficio, non sono rimborsate se la presenza del rappresentante istituzionale nel luogo di riferimento non è necessariamente richiesta da un obbligo o da un dovere istituzionale e/o le finalità del viaggio possono essere ottemperate per altre vie di comunicazione. 10. I titolari di cariche istituzionali di livello nazionale o regionale hanno diritto ad usufruire, nei giorni in cui sono previste le sedute istituzionali, di buoni-pasto a costo agevolato, utilizzabili nei punti di ristoro ubicati nella sede istituzionale o in luoghi di ristoro convenzionati. In nessun caso possono essere rimborsate le spese per pasti consumati in luoghi di ristoro non convenzionati con l’ente istituzionale di riferimento o in giorni in cui non sono previste sedute istituzionali. Il rimborso per i pasti consumati dai rappresentanti istituzionali nelle missioni o nei viaggi di servizio non può eccedere la quota di 40 euro per singolo pasto. 11. Ai titolari di cariche istituzionali non sono assegnati automezzi di rappresentanza, ad eccezione delle massime cariche dello Stato e delle Istituzioni locali. Ciascun rappresentante istituzionale è tenuto a provvedere autonomamente ai propri spostamenti, avendo diritto al rimborso delle spese per il carburante nei viaggi correlati agli uffici specifici svolti. Le automobili di rappresentanza ed il relativo personale di guida sono assegnati esclusivamente ai titolari delle seguenti cariche istituzionali: 1. Presidente della Repubblica; 2. Presidenti della Camera e del Senato; 3. Capo del Governo nazionale; 4) Ministri della Repubblica; 5. Presidenti delle Giunte regionali; 6. Sindaci dei Comuni con oltre 450.000 abitanti; 7. Prefetti o Commissari prefettizi. 12. Il rimborso-spese-carburante, nei viaggi correlati agli uffici specifici svolti dai rappresentanti istituzionali è erogato in relazione al percorso effettuato, secondo il seguente prospetto: - Percorsi complessivi fino a 70 Km: 28 euro; - Percorsi da 70 a 120 Km: 35 euro; - Percorsi da 120 a 170 Km: 42 euro; - Percorsi da 170 a 220 Km: 49 euro; - Percorsi da 220 a 300 Km: 56 euro; - Percorsi da 300 a 370 Km: 62 euro; - Percorsi da 370 a 420 Km: 69 euro. Per i tragitti superiori ai 420 Km, si sommano più percorsi sino a raggiungere la percorrenza effettuata con le relative quote di rimborso. Nelle missioni di ufficio o di rappresentanza, unitamente alle spese per il carburante sono anche rimborsabili, ove necessarie, le spese di vitto e alloggio, dietro presentazione delle relative ricevute legali. 13. I Presidenti della Camera e del Senato ed i Presidenti dei Consigli regionali firmano i mandati di pagamento dei rimborsi erogati ai componenti delle Assemblee istituzionali di propria competenza. Gli stessi sono preposti al controllo dei rendiconti di bilancio dei gruppi parlamentari o consiliari e della correttezza dei rimborsi effettuati ai componenti delle Assemblee istituzionali di propria competenza; rispondono inoltre personalmente dei pagamenti non dovuti o erogati in difformità dalle presenti disposizioni. 14. I rendiconti di bilancio dei Gruppi parlamentari o consiliari e dei singoli Parlamentari o Consiglieri regionali sono trasmessi a cadenza semestrale dai Presidenti delle Assemblee istituzionali alla Corte dei Conti, deputata al controllo dei rendiconti di bilancio dei rappresentanti istituzionali e ad applicare le sanzioni previste dalla legge nei casi non conformi alle presenti disposizioni. 15. In caso di rimborsi non dovuti o erogati in difformità dalle presenti disposizioni, il recupero delle relative somme è attuato attraverso l’applicazione di ritenute sulle spettanze dei beneficiari delle stesse o mediante recupero coatto. Il Presidente dell’Assemblea parlamentare o consiliare responsabile di pagamenti non dovuti a membri dell’Assemblea di propria competenza, paga una penale pari ad 1/3 della somma erroneamente erogata. I beneficiari di rimborsi non dovuti pagano una penale corrispondente alla metà della somma erogata in difformità dalle presenti disposizioni. 23. UN SISTEMA CHE GARANTISCA CONTINUITA’ E STABILITA’ Occorre elaborare un sistema che miri a salvaguardare, con una ragionevole aspettativa di successo, la tutela sistematica e rigorosa dei basilari valori, sorretti ed attestati a margine di ingenti e durevoli sforzi, se non si vuol rischiare di veder deperire o degradare in breve tempo un giardino la cui sistemazione ha richiesto ingenti risorse ed una cura costante e faticosa. Perché la piattaforma su cui reggono tali valori possa attestarsi stabile e solida, si rendono necessari alcuni importanti provvedimenti, meritevoli di un serio e responsabile impegno legislativo: Il controllo assiduo e sistematico sull’attività di enti e istituzioni, al fine di salvaguardarne la moralità, la funzionalità, la produttività. La previsione per ogni carica e per ogni pubblico mandato di un rapporto a termine che garantisca professionalità, impegno ed onestà. L’attuazione di potature drastiche in ogni caso di comprovata immoralità e/o improduttività. La costante prevenzione di deviazioni e squilibri negli enti e/o nelle pubbliche amministrazioni a mezzo di esami, controlli ed incentivi; attraverso la collocazione di uomini di provata integrità e capacità nei posti di più alta responsabilità; la formulazione di regole chiare ed inequivocabili che prevedano, in caso di necessità, interventi d’urto inoppugnabili. Una seria pianificazione di iniziative utili a ridestare ed a rafforzare la cultura e la coscienza dei basilari valori e la costante salvaguardia della dignità umana nella sua molteplicità di condizioni ed espressioni. L’istituzione di Enti morali di controllo e di prevenzione, aventi funzioni di ricerca, di competente proposta sugli organi legislativi, e di sensibilizzazione della pubblica opinione. La creazione di Istituti Statali per la salvaguardia dei diritti dell’infanzia, degli emarginati, degli anziani, dei poveri, degli ammalati. L’istituzione di un Presidio Internazionale di vigilanza a salvaguardia dei fondamentali diritti umani. La formulazione, nell’ambito del diritto internazionale, di leggi chiare ed inequivocabili che possano salvaguardare il diritto dell’uomo in quanto tale per sua esclusiva e peculiare dignità, e non per privilegi di casta, di ceto, di razza, ovvero per motivazioni politiche, economiche o religiose; leggi che permettano di poter intervenire con decisione in tutti i casi in cui tali diritti risultino negati, ignorati o vituperati. La creazione di Enti Internazionali di risanamento a sostegno delle aree particolarmente arretrate o sottosviluppate. Infine, a giusta conclusione di quanto esposto, vi è da rimarcare che il principio della non-interferenza negli affari interni di uno Stato può trovare validità solo se tali affari non offendano o contravvengano alle basilari norme del diritto internazionale circa i diritti umani fondamentali, perché laddove tali diritti fossero sistematicamente oltraggiati, è dovere primario della comunità internazionale intervenire con fermezza per salvaguardarli ed attestarli dinanzi all’intero consesso internazionale. DISEGNO LEGISLATIVO DISPOSIZIONI INTESE A PREDISPORRE MECCANISMI DI VIGILANZA E DI CONTROLLO SULLE ISTITUZIONI E SUGLI ENTI PUBBLICI. ISTITUZIONE DELL’ ENTE MORALE DI VIGILANZA, DEL PRESIDIO INTERNAZIONALE DI SALVAGUARDIA DEI DIRITTI UMANI, DELL’ ENTE INTERNAZIONALE DI RISANAMENTO. CAPO I ORGANISMI DI CONTROLLO Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell’Interno istituisce nelle singole Regioni, d’intesa con il Ministero della Giustizia, l’Organismo di controllo sull’attività amministrativa degli Enti locali, un organismo congiunto di magistratura speciale coadiuvato da un nucleo specializzato di ufficiali e agenti della Guardia di Finanza, deputato al controllo sistematico dell’attività amministrativa degli Enti locali: regioni, province, comuni, enti sub-istituzionali, aziende sanitarie, al fine specifico di prevenire e perseguire gli abusi e gli illeciti alla stessa connessi. L’Organismo è rappresentato da un pool di 4 magistrati specializzati nella materia specifica, di cui uno con funzioni di Presidente, uno di Vice-Presidente e 2 di Ispettori, coadiuvati da un nucleo specializzato di 13 agenti e/o ufficiali della Guardia di Finanza, in possesso del titolo specifico e/o di un’adeguata esperienza in merito ai compiti specifici loro assegnati. Il Ministero dell’Interno emana, d’intesa con il Ministero della Giustizia, il regolamento che disciplina le competenze, i compiti e le modalità di intervento dei singoli ruoli dell’Organismo, e definisce gli aspetti normativi e giuridici inerenti le cariche specifiche, le modalità operative, le scadenze contrattuali e le retribuzioni. La carica di Magistrato Ispettore in seno all’Organismo è conferita mediante apposito concorso riservato ai laureati in Giurisprudenza in possesso del titolo di specializzazione in Amministrazione degli Enti locali e reati alla stessa connessi. Tale titolo di specializzazione è temporaneamente sostituito da quello in Diritto amministrativo e/o penale sino alla costituzione a pieno regime del titolo specifico richiesto. La carica di Presidente in seno all’Organismo è conferita mediante specifico concorso riservato ai magistrati in carica da almeno 10 anni nel ruolo specifico, amministrativo o penale, ed in possesso della specifica specializzazione. La carica di Vice-Presidente è conferita, con scadenza annuale, a ciascuno degli Ispettori, anteponendo nell’avvicendamento i più anziani. La carica di ufficiali e/o agenti specializzati in seno all’Organismo è conferita sulla base di apposito concorso riservato agli ufficiali e/o agenti della Guardia di Finanza in possesso della specifica specializzazione o, sino alla costituzione a pieno regime del titolo specifico richiesto, di un’anzianità di servizio di almeno 7 anni. I Magistrati in seno all’Organismo devono essere nati, operanti e residenti in regioni diverse da quella in cui l’Organismo si insedia. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell’Università istituisce, nell’ambito della Facoltà di Giurisprudenza, la disciplina d’esame ed il Corso biennale di Specializzazione in Amministrazione degli Enti locali e reati alla stessa connessi. Il Corso di specializzazione in Amministrazione degli Enti locali e reati alla stessa connessi è anche istituito nell’ambito delle Scuole di formazione e di specializzazione destinate agli ufficiali e/o agenti della Guardia di Finanza. L’Organismo di controllo sull’attività amministrativa degli Enti locali ha il compito di esercitare un’azione di controllo assidua e sistematica sull’attività amministrativa degli Enti locali e di salvaguardare la moralità, la funzionalità e la produttività nell’esercizio dei pubblici uffici alla stessa connessi. Ha inoltre il compito precipuo di prevenire ogni tipo di abuso e/o illecito nell’attività degli Enti locali, ovvero di perseguire con tempestività i reati alla stessa connessi. L’Organismo di controllo sull’attività amministrativa degli Enti locali è rappresentato su base regionale nelle Regioni con una popolazione inferiore a 2 milioni di abitanti, ed ha sede nel Comune capoluogo di Regione. Nelle Regioni con una popolazione superiore a 2 milioni di abitanti, gli Organismi sono 2, con sedi nel Capoluogo di Regione e nel Capoluogo di Provincia da questo più distante. Le aree territoriali di competenza dei rispettivi Organismi sono regolamentate dal Ministero dell’Interno. L’Organismo di controllo sull’attività amministrativa degli Enti locali ha il compito di esaminare compiutamente le delibere, gli atti amministrativi interni ed esterni, i contratti ed i pubblici bilanci degli Enti di loro competenza. A tal fine convocano ed interrogano, all’occorrenza, i responsabili tecnici, politici e/o amministrativi degli atti sottoposti a controllo. Gli agenti della Guardia di Finanza possono accedere, per loro specifico compito, in qualsiasi momento e senza preavviso, in tutte le sedi amministrative degli Enti locali e prelevare tutto il materiale che riterranno opportuno; possono inoltre sentire, interrogare, perquisire, richiedere documentazione anche di tipo personale o bancario, a tutti gli amministratori, ai dirigenti ed al personale addetto degli uffici; possono inoltre convocare in qualsiasi momento, ai fini di controllo, tutti i responsabili e gli addetti agli Enti locali. Gli Enti locali hanno l’obbligo di inviare all’Organismo di Controllo tutti gli Ordini del giorno delle sedute ordinarie e straordinarie, le delibere e, su richiesta dell’ODC, gli atti delle discussioni e tutto il materiale che l’ODC riterrà utile per l’espletamento della propria attività. L’ODC può istruire pratiche in qualsiasi momento e può indagare, intercettare telefonicamente o a livello ambientale, perquisire chiunque, senza preavvisi e senza alcun obbligo di informare le parti, eccetto che nei casi di apertura di indagini di natura penale o per informare gli interessati in merito a procedimenti di natura giudiziaria, secondo quanto stabilito dalla normativa vigente. Nell’iter procedurale concernente la disamina delle singole pratiche da parte dell’ODC, per le quali, dall’apertura di un fascicolo alla sua chiusura, non deve intercorrere più di un anno, assumono precedenza le pratiche inerenti i reati di maggior gravità su quelli di minore valenza penale, secondo la seguente procedura: 1) Apertura di un fascicolo specifico di indagine; 2) Definizione del tipo e dell’entità del reato che l’ODC intende contestare; 3) Chiusura della pratica ed invio degli Avvisi di garanzia ai presunti responsabili di reato; 4) Offerta ai destinatari degli Avvisi di garanzia di due possibili alternative: a) Il giudizio immediato, concordato con l’ODC, che prevede sanzioni e pene minori; b) L’invio del fascicolo al giudice penale e rinvio a giudizio per le vie ordinarie. In caso di condanna penale definitiva per reati inerenti la pubblica amministrazione, sono adottate le seguenti sanzioni aggiuntive: 1) Esonero ad vitam dai pubblici uffici; 2) Pubblicazione delle generalità del condannato, dell’entità del reato e della relativa pena sull’Albo dei politici e dei pubblici amministratori sottoposti a sentenza penale, esposto alla pubblica visione nelle sedi prefettizie; 3) Carcere duro per 1/5 della pena in caso di condanna a 15 o più anni di reclusione. L’ODC, in qualsiasi momento del procedimento, può adottare le seguenti misure temporanee o definitive: 1) Scioglimento e commissariamento dell’Ente sottoposto a controllo; 2) Arresto immediato dei presunti responsabili di reato, in conformità a quanto previsto dal codice penale; 3) Sospensione temporanea o definitiva dalla carica politica e/o amministrativa ricoperta dal soggetto sottoposto ad indagine; 4) Misure di isolamento parziale o totale dei presunti responsabili di reato; 5) Ogni misura cautelare che risulterà più idonea al caso specifico. In alternativa al procedimento giudiziario, l’ODC può limitarsi, nei casi di minore entità, all’adozione delle seguenti misure preventive e/o sanzionatorie: 1) Diffide; 2) Sanzioni pecuniarie; 3) Ingiunzioni di servizio; 4) Note; 5) Sospensioni temporanee dal servizio; 6) Ingiunzioni di comparizione per richiesta chiarimenti; 7) Lettere informative; 8) Lettere di ammonimento. Ad ogni misura adottata dall’ODC deve essere conferita ampia pubblicità. Annualmente, entro il mese di giugno, l’Organismo di Controllo redige ed invia al Ministero dell’Interno una relazione dettagliata in merito al lavoro svolto nell’anno precedente, con le osservazioni in merito alla validità morale ed alla correttezza amministrativa e procedurale degli atti amministrativi approvati dagli Enti locali di loro competenza, unitamente all’elenco di tutte le misure cautelari, preventive, sanzionatorie e/o penali adottate nel periodo in oggetto. Alla relazione sono anche allegate le obiezioni, le dichiarazioni e le denunce eventualmente acquisite in merito agli atti amministrativi sottoposti a controllo. Il Ministero dell’Interno, entro tre mesi dall’acquisizione delle relazioni, ne dispone la pubblicazione sui Bollettini Ufficiali delle singole Regioni. CAPO II ENTE MORALE DI VIGILANZA La Presidenza della Repubblica istituisce, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, l’Ente Morale di Vigilanza, preposto alla vigilanza sull’attività amministrativa degli Enti locali e delle Istituzioni pubbliche, e alla prevenzione degli illeciti amministrativi. L’Ente morale si qualifica come Organo Superiore della Repubblica, ed è preposto allo svolgimento delle seguenti funzioni: A) Ricerca delle possibili soluzioni alle problematiche istituzionali ed amministrative di importanza prioritaria per la nazione. B) Formulazione di risoluzioni e proposte agli organi politici e legislativi. C) Divulgazione, d’intesa con il Ministero delle Finanze, dei contesti e delle circostanze inerenti gli illeciti amministrativi di maggior rilievo, al fine di prevenirne le recidive e scoraggiarne le emulazioni. D) Sensibilizzazione dell’opinione pubblica in merito alle problematiche amministrative di maggiore importanza per stimolarne un più attivo coinvolgimento da parte di tutte le componenti sociali. L’Ente morale di Vigilanza è rappresentato da dieci alte personalità alle quali il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato e il Presidente della Camera, di comune accordo, conferiscono il mandato istituzionale, sulla base dei seguenti parametri: 1. Alta e comprovata moralità. 2. Alto profilo culturale. 3. Elevato livello professionale. 4. Benemerenze nel campo socio-culturale. 5. Riconosciuto impegno morale nel campo politico-istituzionale. I 10 membri restano in carica 5 anni. La Presidenza della Repubblica regolamenta i ruoli e le competenze specifiche dei singoli membri, e definisce gli aspetti normativi e giuridici inerenti le cariche specifiche, le modalità operative, le scadenze contrattuali e le retribuzioni. Le candidature per accedere all’incarico istituzionale possono essere presentate dalle Università, dagli Istituti scolastici di livello superiore (licei e scuole equipollenti), dalle Accademie riconosciute, in ambito culturale, dallo Stato, dagli Ordini professionali, dalle Associazioni culturali non aventi fini di lucro. Gli incarichi sono conferiti dal Presidente della Repubblica d’intesa con i Presidenti della Camera e del Senato. CAPO III ISTITUTI STATALI Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell’Interno ed il Ministero della Salute procedono all’istituzione dei seguenti Istituti Statali: Istituto per la Tutela dell’Infanzia. Istituto per la Prevenzione e la lotta all’Emarginazione. Istituto per l’Assistenza agli Anziani. Istituto per la Lotta alla Povertà. Istituto per l’Assistenza civile agli Ammalati affetti da patologie invalidanti irreversibili. I primi 4 presidi sono istituiti con decreto del Ministro dell’Interno, e sono dipendenti dal Dicastero degli Interni. Il 5° presidio è istituito con decreto del Ministro della Salute ed è dipendente dal Dicastero della Salute. Gli Istituti si dotano di una sede centrale nei Capoluoghi di provincia o in un Comune situato al centro del territorio provinciale, al fine di corrispondere alle necessità di ogni singola provincia. Nelle province con un numero di abitanti superiore alle 600.000 unità, gli Istituti possono prevedere, unitamente alla sede centrale, una sede periferica, ubicata a distanza dalla prima. Nelle province con un numero di abitanti superiore al milione di unità, gli Istituti possono prevedere 3 sedi tra loro equidistanti. Nei singoli Istituti territoriali, il personale preposto all’assistenza dell’utenza specifica assolve ai seguenti compiti: A) Compilazione delle cartelle socio-assistenziali dei singoli utenti, con la registrazione dei dati anagrafici, delle caratteristiche dei casi specifici, delle necessità o delle richieste specifiche degli assistiti. B) Schedatura della documentazione esibita. C) Attività di mediazione con le Associazioni di Volontariato e con gli Enti pubblici preposti a fornire assistenza nei casi specifici. D) Pronta attivazione al fine di fornire un contributo risolutivo ai casi specifici, con l’ausilio delle strutture, del personale e dei mezzi disponibili sul territorio. 21. L’organigramma dei singoli Istituti, nelle rispettive sedi territoriali, si compone del seguente personale effettivo: un Dirigente specialista nel settore specifico; due Assistenti sociali o psicologi; un addetto alla segreteria. A tali figure sono affiancate unità di volontariato in numero variabile, da 4 a 12, sulla base delle esigenze specifiche rilevabili sul territorio. Le risorse per la copertura economica dell’intero settore sono attinte per il 20% dalle quote annuali di iscrizione dei singoli utenti e dalle quote previste per l’attivazione di ogni singola pratica; per il 25% da contributi statali e regionali; per il 30% dalla destinazione del 2 per mille nella dichiarazione annuale dei redditi dei singoli contribuenti, specificando l’istituto di destinazione, e per il restante 25% da libere contribuzioni di privati, enti o associazioni. Il personale effettivo svolge servizio dalle ore 9:00 alle 13:00 dei giorni feriali. Ai coadiuvanti volontari che svolgono un servizio di almeno 24 ore settimanali è corrisposto un contributo settimanale di 57 euro a titolo di rimborso-spese. Il personale volontario è assunto dai Dirigenti locali di ciascuna sede territoriale, previa presentazione di un curriculum e sulla base di un colloquio attitudinale. 22. La normativa specifica inerente l’organizzazione, le specifiche competenze e le modalità operative dei singoli Istituti è predisposta dai Ministeri competenti. CAPO IV PRESIDIO INTERNAZIONALE DI VIGILANZA 23. Con l’entrata in vigore della presente legge, il Governo Italiano si fa promotore, nelle sedi competenti, dell’istituzione del Presidio Internazionale di Vigilanza a salvaguardia dei Diritti umani. Il Presidio è rappresentato da 20 alte personalità confermate in carica 3 anni, e si qualifica come l’istituzione più autorevole e rappresentativa, a livello internazionale, per la difesa dei diritti umani. I 20 membri sono designati ciascuno dai rispettivi Governi nazionali, i quali sono invitati a far parte del Presidio seguendo l’ordine della graduatoria specifica, stilata sulla base del numero di abitanti di ogni singola nazione. Possono entrare a far parte del Presidio soltanto gli Stati nei quali non vige la pena di morte, non vige un regime dittatoriale, e vi risultino pienamente salvaguardati i diritti umani e la libertà politica, di culto e di espressione. Le nazioni che figurano ai primi 10 posti della graduatoria specifica, hanno diritto a detenere membri permanenti nel Presidio, designandoli ogni 3 anni. Alla scadenza dei 3 anni, le 10 nazioni che seguono nell’ordine, specificatamente dall’undicesimo al ventesimo posto, sostituiscono i propri membri con quelli delle nazioni a loro seguenti nella graduatoria. 24. L’esecutivo del Presidio si compone di 1 Presidente, 1 Vicepresidente, 1 Segretario, 1 Vice-segretario, 16 Consiglieri. 25. Il Presidio si riunisce mensilmente per esaminare le mozioni, gli OdG e/o le richieste pervenute da parte di Governi, Istituzioni, Enti o Associazioni umanitarie non aventi fini di lucro. 26. Nella riunione successiva alla seduta di insediamento, l’Esecutivo approva a maggioranza assoluta dei suoi membri lo Statuto ed il Regolamento del Presidio. 27. Il Presidio Internazionale di Vigilanza è preposto ai seguenti compiti: 1. Analisi e formulazione di risoluzioni e proposte in merito alle mozioni, agli OdG ed alle richieste formalmente pervenute. 2. Risoluzioni ufficiali nel merito dei singoli OdG, a maggioranza assoluta dei voti. 3. Divulgazione dei dati, dei contesti e delle circostanze inerenti le aperte violazioni ai diritti umani, di rilevanza internazionale, al fine di denunciarne i responsabili, prevenirne le recidive e scoraggiarne le emulazioni. 4. Sensibilizzazione dell’opinione pubblica in merito alle problematiche internazionali più gravi e pressanti, al fine di stimolarne un più attivo coinvolgimento da parte di tutte le componenti sociali. 5. Intervento diretto sui Governi, sulla Comunità internazionale o sugli Enti preposti (ONU, Presidi giuridici, Istituzioni religiose, Enti morali, ecc.), al fine di una compiuta prevenzione delle situazioni più a rischio e/o per l’immediata soluzione di violazioni o soprusi già in atto. I DIRITTI UMANI Ogni uomo, in quanto uomo, ha pieno diritto: A vivere in armonia con se stesso, con gli altri e con l’ambiente che lo circonda, senza che condizioni esterne ripetute e/o perduranti alterino o minaccino continuamente tale armonia. A vivere in una famiglia socialmente sana ed in un ambiente moralmente favorevole ad un sano sviluppo della propria personalità e delle proprie inclinazioni. A maturare la propria intelligenza nella libertà e nella costante acquisizione della verità. A contribuire col proprio lavoro al sostegno ed al benessere della comunità in cui vive. All’assoluta libertà religiosa, di culto, di espressione, nel pieno rispetto degli altri, dei diritti altrui, delle tradizioni della comunità in cui vive, delle leggi vigenti. Sulla base di tali fondamentali premesse, i diritti individuali inalienabili di ogni uomo sono: Il diritto alla salute ed al benessere psicofisico. Alla crescita in ambienti sani ed armoniosi, nella costante acquisizione di un’educazione sana e coerente con i basilari principi morali. Ad una formazione culturale pienamente rispettosa della dignità umana, e conciliabile con una giusta, libera e consapevole maturazione delle scelte particolari di ognuno, derivanti dalla consapevolezza della propria unica e specifica vocazione nel mondo, partendo dal presupposto che ogni persona è voluta, amata e pienamente considerata da Dio, ed è pertanto utile e necessaria, in quanto serve a Dio e all’intera società che la annovera. Di amare Dio, gli altri e l’intero creato come un tutt’uno armonico, buono e giusto. Di essere amati, rispettati ed aiutati dagli altri, non solo perché parte viva ed integrante del corpo sociale, ma perché, come uomini, in possesso di una dignità assolutamente sacra ed inviolabile. Ad un’occupazione lavorativa stabile, dignitosa e compatibile con una vita sana, armonica ed equilibrata, senza dover ricorrere a mezzi illeciti o immorali, o a compromessi irrispettosi della persona umana e della sua altissima dignità. Di poter offrire il proprio contributo alla società nella misura del possibile, senza eccedenze, sforzi estremi o stress nocivi, anche in rapporto ad un equilibrato sistema di vita personale, familiare e sociale. Alla libertà religiosa, di culto e di espressione, secondo i basilari canoni della civile convivenza e del reciproco rispetto. Di sentirsi parte integrante della società e uguale, per dignità, a qualsiasi altro essere umano, anche se di diversa condizione razziale, religiosa, culturale, psicofisica, economica o sociale. Di non subire abusi, soprusi, sfruttamenti e/o maltrattamenti, in famiglia, nell’ambiente di lavoro e nei vari contesti sociali. Di far valere i propri diritti in maniera legittima, secondo le leggi dello Stato, che devono essere fatte assolutamente rispettare dall’autorità costituita, senza che un diritto venga tramutato in merce di scambio, in favori interessati o in motivi di privilegio o di compromesso, e soprattutto senza che l’autorità costituita conformi le leggi al proprio arbitrio o tornaconto, usando due pesi e due misure, dimostrando ovvero rigore ed arroganza col debole, e permissività o tolleranza col forte. Tal genere di autorità offende profondamente l’umana dignità, e non dovrebbe avere parte nella gestione del corpo sociale. 28. I Diritti umani sono attestati in considerazione dell’esclusiva, sacra ed inviolabile dignità che ogni uomo detiene, e non per privilegi di casta, di ceto, di razza, o per motivazioni politiche, economiche o religiose. Nei casi in cui i diritti umani risultino negati, ignorati od oltraggiati, il Presidio Internazionale di Vigilanza è autorizzato ad intervenire con gli strumenti di cui dispone (art. 27), e/o mediante l’approvazione di Mozioni esecutive, che sono vincolanti per i Governi membri del Presidio, in quanto finalizzate ad esercitare una pressione politica (es.: interruzione dei rapporti diplomatici), economica (es.: sospensione degli scambi finanziari e/o commerciali), assistenziale (es.: embargo di merci), turistica (es.: divieto di sbarco), culturale (es.: sospensione degli scambi culturali), nei confronti del paese risultante inadempiente, sino alla completa soluzione della vertenza. CAPO V ENTE INTERNAZIONALE DI RISANAMENTO 29. Con l’entrata in vigore della presente legge, il Governo Italiano si fa promotore, nelle sedi competenti, dell’istituzione dell’Ente Internazionale di Risanamento, preposto alla disamina delle problematiche inerenti le aree particolarmente arretrate e/o svantaggiate del pianeta, e alla ricerca delle possibili soluzioni, col fattivo concorso della comunità internazionale. L’Ente è costituito da 20 Membri delegati in rappresentanza dei 4 Continenti: 5 per l’Europa, 5 per l’America, 5 per l’Asia, 5 per l’Africa. 30. I 20 membri si riuniscono mensilmente per analizzare gli OdG, le richieste e/o le segnalazioni pervenute da parte di Governi, Enti o Associazioni umanitarie non aventi fini di lucro. 31. L’Ente amministra le risorse e i fondi stanziati per le precipue finalità statutarie da parte dei Governi nazionali, o anche rivenienti da libere contribuzioni di privati, enti o associazioni, per interventi mirati a sostegno delle aree particolarmente svantaggiate del pianeta. L’Ente di Risanamento non può elargire finanziamenti o aiuti umanitari ad altri enti, a privati o a compagini governative, sotto qualsiasi forma e/o modalità. 32. Nella riunione successiva alla seduta di insediamento, l’Ente approva a maggioranza assoluta dei suoi membri lo Statuto ed il Regolamento che disciplinano le funzioni, i ruoli specifici e le modalità operative dell’Ente. 33. L’Ente Internazionale di Risanamento è preposto ai seguenti compiti: 1. Analisi e formulazione di risoluzioni e/o proposte in merito agli OdG, alle richieste e/o alle segnalazioni formalmente pervenute. 2. Risoluzioni ufficiali, nel merito dei singoli OdG, a maggioranza qualificata dei voti. 3. Stanziamento di fondi per interventi di risanamento mirati nelle aree particolarmente svantaggiate. 4. Sensibilizzazione dell’opinione pubblica (attraverso pubblicazioni e/o campagne informative), in merito alle problematiche internazionali più gravi e pressanti, al fine di stimolarne un più attivo coinvolgimento da parte di tutte le componenti sociali. 5. Intervento diretto sui Governi, sulla Comunità internazionale o sugli Enti preposti, al fine di una compiuta prevenzione delle situazioni particolarmente a rischio e/o per la soluzione delle problematiche di più grave emergenza. 24. LE PRIORITA’ DI GOVERNO Prima di occuparsi di altre questioni più o meno importanti o marginali, tutti coloro che detengono un importante ruolo politico in ambito nazionale o locale, dovrebbero prioritariamente adoperarsi per la soluzione dei seguenti basilari problemi: L’OCCUPAZIONE, da intendersi come un diritto di tutti, e per la quale lo Stato deve adoperarsi col massimo impegno per favorirne ed incentivarne le opportunità. LA LOTTA ALLA POVERTA’, che nel nostro tempo persiste sotto svariate forme ad immiserire larghe frange sociali; LA MORALITA’ DEI COSTUMI, specchio e fondamento di una società saldamente radicata sui sani valori, e quindi coesa, stabile ed armoniosa; LA TUTELA DELLA FAMIGLIA, cardine basilare e fulcro insostituibile della società; UNA SERIA LOTTA AL CRIMINE ORGANIZZATO, quale presupposto indispensabile per una società sana ed onesta; Un impegno costante al fine di promuovere UN’ECONOMIA STABILE E FORTE, soprattutto incentivando la libera imprenditoria e tutte le attività autopropulsive. Un buon politico deve quindi seguire passo passo e di persona ogni suo progetto, con cura, costante impegno, pazienza, senza mai scoraggiarsi, se desidera veramente che tale suo progetto pervenga a pieno compimento. Così come il contadino non semina e va via, aspettando automaticamente il raccolto, ma segue giorno per giorno il suo campo e lo cura, lo innaffia, rimuove l’erba cattiva, amputa il sovrappiù e corregge le pianticelle storte, seguendo tutto di persona, costantemente e con cura, per veder un giorno rigoglioso il sospirato raccolto, alla stessa maniera il buon politico deve dedicare ad ogni suo progetto tempo, coraggio e sufficiente energia, se vuole vederlo un giorno pienamente realizzato. Inoltre, al fine di prevenire pericolose devianze o intralci nocivi che possano frapporsi ad ostacolare o addirittura vanificare l’azione politica, a motivo del coinvolgimento del suo promotore in affari di varia natura, che per taluni potrebbero rappresentare la vera priorità dell’impegno politico, è indispensabile che tutti coloro aventi parte diretta o indiretta in affari di qualsiasi genere o natura, a qualsivoglia partito essi appartengano, siano automaticamente esclusi dalle funzioni o dagli incarichi di governo, finchè il coinvolgimento diretto o indiretto in affari perduri. UN GRANDE MERITO Un impegno politico onesto e realizzato con totale spirito di servizio in favore della propria comunità, è una fra le più alte espressioni di carità che un uomo possa indursi ad attuare sulla terra. DISEGNO LEGISLATIVO DEFINIZIONE DEI PARAMETRI DI INCOMPATIBILITA’ CON L’ ASSUNZIONE DI INCARICHI GOVERNATIVI DA PARTE DEI PUBBLICI RAPPRESENTANTI POLITICO-ISTITUZIONALI. Tutte le cariche politiche, istituzionali e/o amministrative, di ambito nazionale o locale, che prevedono un ruolo diretto del soggetto che le detiene nel governo o nell’amministrazione dei Comuni, delle Province, delle Regioni o dello Stato, sono incompatibili con qualsiasi compartecipazione diretta o indiretta dello stesso soggetto in affari di qualsiasi genere o natura, finchè tale coinvolgimento perduri. Le cariche politiche, istituzionali e/o amministrative, alle quali è riferita l’incompatibilità di cui all’art.1 della presente legge, sono le seguenti: Presidente della Repubblica. Presidente e Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. Presidente e Vicepresidente del Senato. Presidente e Vicepresidente della Camera. Ministro della Repubblica. Vice-Ministro o Sottosegretario di Stato. Presidente e Vicepresidente delle Commissioni Parlamentari. Presidente e Vicepresidente della Regione. Presidente e Vicepresidente del Consiglio regionale. Assessore regionale. Presidente e Vicepresidente delle Commissioni regionali. Presidente e Vicepresidente dell’Amministrazione provinciale. Presidente e Vicepresidente del Consiglio provinciale. Assessore provinciale. Presidente e Vicepresidente delle Commissioni provinciali. Sindaco e Vicesindaco. Presidente e Vicepresidente del Consiglio comunale. Assessore comunale. Presidente delle Commissioni comunali. Presidente e/o Direttore generale di ASL, Comunità montane, Parchi pubblici, Enti istituzionali e/o subistituzionali. Il coinvolgimento diretto o indiretto in affari, alla base delle incompatibilità di cui all’art. 1 della presente legge, è definito dalle seguenti specifiche condizioni, titolarità o ruoli professionali: Partecipazione diretta in attività finanziarie in qualità di membro del Consiglio di Amministrazione di banche, società finanziarie, società di assicurazioni, società di promozione pubblicitaria e/o turistica, società di investimenti, Istituti di credito, ovvero proprietà o comproprietà degli stessi Enti o Istituti. Proprietà o comproprietà di società deputate alla compravendita di immobili di qualsiasi genere o natura: terreni, fabbricati, impiantistica, beni infrastrutturali. Proprietà o comproprietà di aziende e/o società commerciali di qualsiasi genere o natura, ivi comprese le aziende agricole con estensione superiore ai 10.000 mq. Proprietà o comproprietà di industrie e/o stabilimenti industriali. Proprietà di ingenti capitali finanziari disponibili in denaro, azioni, titoli di stato o bancari, o beni di altra natura, il cui ammontare complessivo è superiore a 70 milioni di euro. Proprietà o comproprietà di reti televisive e/o radiofoniche, o di testate giornalistiche, di livello locale e/o nazionale. Proprietà o comproprietà di società o imprese di costruzione o di pubblici servizi. 4. Chiunque, pur rientrando in una delle situazioni di incompatibilità di cui agli art. 1 e 3 della presente legge, riveste una delle cariche governative di cui all’art. 2 della stessa, è punito con l’immediata revoca dell’incarico governativo, istituzionale e/o amministrativo illegittimamente assunto; con l’ammenda da 3.000 a 100.000 euro, e con la detenzione domiciliare da 6 mesi a 3 anni. 25. LA GIUSTA CONFORMAZIONE DELLE PUBBLICHE ISTITUZIONI DISEGNO LEGISLATIVO NORME INERENTI LA CONFORMAZIONE DEGLI ENTI PUBBLICI LOCALI E DELLE ISTITUZIONI GOVERNATIVE NAZIONALI ED EUROPEE. TRATTAMENTO ECONOMICO DEI PUBBLICI RAPPRESENTANTI POLITICO- ISTITUZIONALI. ISTITUZIONI COMUNALI NUMERO DEI CONSIGLIERI E DEGLI ASSESSORI COMUNALI Nelle Assemblee comunali il numero dei Consiglieri e degli Assessori è rapportato al numero degli abitanti di ogni singolo Comune, secondo il seguente prospetto: - Comuni con numero di abitanti fino a 3.000: 12 Consiglieri e 2 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 3.000 a 7.000: 14 Consiglieri e 3 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 7.000 a 20.000: 18 Consiglieri e 3 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 20.000 a 40.000: 22 Consiglieri e 4 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 40.000 a 70.000: 26 Consiglieri e 5 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 70.000 a 100.000: 30 Consiglieri e 6 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 100.000 a 200.000: 34 Consiglieri e 7 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 200.000 a 350.000: 38 Consiglieri e 8 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 350.000 a 500.000: 42 Consiglieri e 8 Assessori - Comuni con numero di abitanti da 500.000 a un milione: 44 Consiglieri e 9 Assessori - Comuni con numero di abitanti superiore ad un milione: 46 Consiglieri e 10 Assessori TRATTAMENTO ECONOMICO DEGLI AMMINISTRATORI COMUNALI CONSIGLIERI COMUNALI I Comuni erogano ai Consiglieri comunali un gettone di presenza onnicomprensivo per ogni presenza effettiva alle sedute consiliari o delle commissioni. Per aver diritto al gettone di presenza, i Consiglieri comunali devono presenziare ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno di ogni singola seduta. Nelle sedute monotematiche, per la validità della presenza, i Consiglieri devono presenziare alle operazioni di voto; nelle sedute con 2 argomenti all’ordine del giorno, per la validità della presenza, i Consiglieri devono presenziare ad almeno una operazione di voto. Il gettone di presenza non è corrisposto se il Consigliere comunale si assenta prima che si effettuino le votazioni, ove previste, in merito ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno. Il valore del gettone di presenza da assegnare ai Consiglieri comunali è rapportato al numero di abitanti di ogni singolo Comune, secondo il seguente prospetto: Gettone di presenza dei Consiglieri comunali (val.lordo) - Comuni con numero di abitanti fino a 10.000: 39 euro - Comuni con numero di abitanti da 10.000 a 30.000: 47 euro - Comuni con numero di abitanti da 30.000 a 50.000: 58 euro - Comuni con numero di abitanti da 50.000 a 80.000: 69 euro - Comuni con numero di abitanti da 80.000 a 120.000: 76 euro - Comuni con numero di abitanti da 120.000 a 170.000: 87 euro - Comuni con numero di abitanti da 170.000 a 250.000: 95 euro - Comuni con numero di abitanti da 250.000 a 400.000: 102 euro - Comuni con numero di abitanti da 400.000 a 1 milione: 113 euro - Comuni con numero di abitanti superiore a 1 milione: 127 euro PRESIDENTI DEI CONSIGLI COMUNALI Nei Comuni con numero di abitanti fino a 50.000, ai Presidenti dei Consigli comunali, per ogni seduta consiliare, è conferito un gettone di presenza il cui valore è raddoppiato rispetto a quello percepito dai Consiglieri dello stesso Comune. Nei Comuni con oltre 50.000 abitanti, ai Presidenti dei Consigli comunali, unitamente al gettone di presenza per ogni seduta consiliare, di valore pari a quello dei Consiglieri comunali, è attribuita una indennità di carica pari alla metà di quella percepita dal Sindaco dello stesso Comune. Nei Comuni con numero di abitanti fino a 170.000, l’indennità di carica dei Presidenti dei Consigli comunali è dimezzata se il titolare della carica è beneficiario di altri redditi da lavoro autonomo o dipendente. Nei Comuni con numero di abitanti fino a 170.000, i Presidenti dei Consigli comunali i quali, unitamente alla carica istituzionale, esercitano un lavoro dipendente in enti pubblici, hanno diritto ad usufruire della riduzione di 1/3 dell’orario settimanale previsto per il medesimo impiego, conservando integra la retribuzione corrisposta per lo stesso. Nei Comuni con oltre 170.000 abitanti, la carica di Presidente del Consiglio comunale è incompatibile con altri impieghi di tipo autonomo o dipendente; i titolari della carica istituzionale trovati a svolgere altri impieghi di tipo autonomo o dipendente decadono immediatamente dalla carica istituzionale e pagano una penale di 21.000 euro; gli stessi non possono ricoprire, per i 20 anni successivi, alcuna carica politica e/o amministrativa pubblica. SINDACI Il trattamento economico dei Sindaci prevede una indennità di carica, il cui valore è rapportato al numero di abitanti dei singoli Comuni, secondo il seguente prospetto: Indennità di carica lorda netta (appross.) - Comuni con numero di abitanti fino a 10.000: 2.370 euro 1.422 euro - Comuni con numero di abitanti da 10.000 a 30.000: 2.920 euro 1.752 euro - Comuni con numero di abitanti da 30.000 a 50.000: 3.410 euro 2.046 euro - Comuni con numero di abitanti da 50.000 a 80.000: 4.230 euro 2.538 euro - Comuni con numero di abitanti da 80.000 a 120.000: 5.180 euro 3.108 euro - Comuni con numero di abitanti da 120.000 a 170.000: 5.830 euro 3.498 euro - Comuni con numero di abitanti da 170.000 a 250.000: 6.520 euro 3.912 euro - Comuni con numero di abitanti da 250.000 a 400.000: 6.970 euro 4.182 euro - Comuni con numero di abitanti da 400.000 a 1 milione: 7.680 euro 4.608 euro - Comuni con numero di abitanti superiore ad 1 milione: 8.320 euro 4.992 euro. Nei Comuni con numero di abitanti fino a 30.000, ai Sindaci beneficiari di altri redditi da lavoro autonomo o dipendente l’indennità di carica è dimezzata. Nei Comuni con numero di abitanti da 30.000 a 50.000, ai Sindaci beneficiari di altri redditi da lavoro autonomo o dipendente, l’indennità di carica è ridotta di 2/3. Nei Comuni con oltre 50.000 abitanti, la carica di Sindaco è incompatibile con altri impieghi di tipo autonomo o dipendente. I Sindaci dei Comuni con oltre 50.000 abitanti, trovati a svolgere altri impieghi di tipo autonomo o dipendente, decadono immediatamente dalla carica di Sindaco e pagano una penale di 35.000 euro. Gli stessi non possono ricoprire, per i 20 anni successivi, alcuna carica politica e/o amministrativa pubblica. La carica di Sindaco è incompatibile con altre cariche politiche e/o amministrative pubbliche di livello locale o nazionale. Unitamente alla indennità di carica, ai Sindaci è assegnato un gettone di presenza per ogni seduta consiliare, il cui valore è pari a quello percepito dai Consiglieri dello stesso Comune. Il gettone di presenza è assegnato alle stesse condizioni previste per i Consiglieri comunali. PRESIDENTI DI COMMISSIONE E VICE-PRESIDENTI DEL CONSIGLIO Per i Presidenti delle Commissioni consiliari, nelle sedute delle commissioni, il valore del gettone di presenza è raddoppiato rispetto a quello percepito dai Consiglieri. Per i Vice-Presidenti del Consiglio comunale, il valore del gettone di presenza è raddoppiato nelle sedute consiliari in cui gli stessi assumono il ruolo di Presidente. COMPONENTI DELLE GIUNTE COMUNALI Agli Assessori comunali è attribuita una indennità di carica pari ai 3/5 di quella percepita dal Sindaco dello stesso Comune. Unitamente alla indennità di carica, agli Assessori comunali è attribuito un gettone di presenza per ogni seduta consiliare o di giunta, il cui valore è pari a quello percepito dai Consiglieri dello stesso Comune. Il gettone di presenza è assegnato alle stesse condizioni previste per i Consiglieri comunali. Agli Assessori comunali beneficiari di altri redditi da lavoro autonomo o dipendente l’indennità di carica è dimezzata. I componenti delle Giunte comunali i quali, unitamente alla carica amministrativa pubblica, esercitano un lavoro dipendente in enti pubblici, hanno diritto ad usufruire della riduzione di 1/3 dell’orario settimanale previsto per il medesimo impiego, conservando integra la retribuzione percepita per lo stesso. Nei Comuni con oltre 120.000 abitanti la carica assessorile è incompatibile con altri impieghi di tipo autonomo o dipendente. Gli Assessori dei Comuni con oltre 120.000 abitanti trovati a svolgere altri impieghi di tipo autonomo o dipendente, decadono immediatamente dalla carica assessorile e pagano una penale di 23.000 euro. Gli stessi non possono ricoprire, per i 20 anni successivi, alcuna carica politica e/o amministrativa pubblica. Il ruolo assessorile è incompatibile con la carica di Consigliere comunale; i Consiglieri comunali non possono assumere il ruolo di Componenti della Giunta comunale senza aver dapprima rassegnato le dimissioni dalla carica di Consigliere. ISTITUZIONI PROVINCIALI NUMERO DEI CONSIGLIERI E DEGLI ASSESSORI PROVINCIALI Nelle Assemblee provinciali il numero dei Consiglieri e degli Assessori è rapportato al numero degli abitanti di ogni singola Provincia, secondo il seguente prospetto: - Province con numero di abitanti fino a 500.000: 22 Consiglieri e 4 Assessori - Province con numero di abitanti da 500.000 a 1 milione: 26 Consiglieri e 5 Assess. - Province con numero di abitanti da 1 a 1.3 milioni: 28 Consiglieri e 6 Assessori - Province con numero di abitanti da 1.3 a 2 milioni: 32 Consiglieri e 7 Assessori - Province con numero di abitanti da 2 a 3 milioni: 36 Consiglieri e 7 Assessori - Province con numero di abitanti da 3 a 4 milioni: 40 Consiglieri e 8 Assessori - Province con numero di abitanti superiore a 4 milioni: 42 Consiglieri e 8 Assessori. TRATTAMENTO ECONOMICO DEGLI AMMINISTRATORI PROVINCIALI CONSIGLIERI PROVINCIALI Le Province erogano ai Consiglieri provinciali un gettone di presenza onnicomprensivo per ogni presenza effettiva alle sedute consiliari o di commissione. Per aver diritto al gettone di presenza, i Consiglieri provinciali devono presenziare ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno in ogni singola seduta. Nelle sedute monotematiche, per la validità della presenza, i Consiglieri devono presenziare alle operazioni di voto; nelle sedute con 2 argomenti all’ordine del giorno, per la validità della presenza, i Consiglieri devono presenziare ad almeno una operazione di voto. Il gettone di presenza non è corrisposto se il Consigliere provinciale si assenta prima che si effettuino le votazioni, ove previste, in merito ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno. Il valore del gettone di presenza da assegnare ai Consiglieri provinciali è rapportato al numero di abitanti di ogni singola Provincia, secondo il seguente prospetto: Gettone di presenza dei Consiglieri provinciali (val. lordo) - Province con numero di abitanti fino a 500.000: 76 euro - Province con numero di abitanti da 500.000 a 1.3 milioni: 87 euro - Province con numero di abitanti da 1.3 a 2 milioni: 95 euro - Province con numero di abitanti da 2 a 3 milioni: 102 euro - Province con numero di abitanti da 3 a 4 milioni: 113 euro - Province con numero di abitanti superiore a 4 milioni: 127 euro Ai Consiglieri provinciali che non risiedono nel luogo ove ha sede l’Ente provinciale di riferimento, è corrisposto un rimborso-spese per il carburante ad ogni accesso per le sedute consiliari o di commissione, secondo il seguente prospetto: - distanza dalla sede istituzionale fino a 50 km: 28 euro/accesso (val. lordo) - distanza dalla sede istituzionale da 50 a 80 km: 35 euro/accesso - distanza dalla sede istituzionale da 80 a 120 km: 42 euro/accesso - distanza dalla sede istituzionale da 120 a 160 km: 55 euro/accesso - distanza dalla sede istituzionale superiore a 160 km: 68 euro/accesso. Gli accessi per i quali si ha diritto al rimborso-carburante per i fuori-sede sono conteggiati in riferimento al numero effettivo delle presenze dei singoli Consiglieri provinciali alle sedute consiliari, di commissione o di giunta. Il rimborso-spese-carburante per i fuori-sede è corrisposto nel mese successivo a quello in cui sono registrate le presenze dei Consiglieri provinciali alle sedute. Le Amministrazioni provinciali attivano un servizio-mensa o punti di ristoro che forniscano consumazioni o pasti a prezzi agevolati per i Consiglieri e gli Assessori provinciali, nei giorni in cui sono previste le sedute istituzionali. PRESIDENTI DEI CONSIGLI PROVINCIALI Ai Presidenti dei Consigli provinciali, unitamente al gettone di presenza per ogni seduta consiliare, di valore pari a quello dei Consiglieri provinciali, è attribuita una indennità di carica pari alla metà di quella percepita dal Presidente della Giunta provinciale. L’indennità di carica dei Presidenti dei Consigli provinciali è dimezzata se il titolare della carica è beneficiario di altri redditi da lavoro autonomo o dipendente. I Presidenti dei Consigli provinciali i quali, unitamente alla carica istituzionale, esercitano un lavoro dipendente in enti pubblici, hanno diritto ad usufruire della riduzione di 1/3 dell’orario settimanale previsto per il medesimo impiego, conservando integra la retribuzione corrisposta per lo stesso. PRESIDENTI DELLE GIUNTE PROVINCIALI Il trattamento economico dei Presidenti delle Giunte provinciali prevede una indennità di carica, il cui valore è rapportato al numero di abitanti di ogni singola Provincia, secondo il seguente prospetto: Indennità di carica lorda netta (appross.) - Province con numero di abitanti fino a 500.000: 5.180 euro 3.108 euro - Province con n. abitanti da 500.000 a 1.3 milioni: 5.830 euro 3.498 euro - Province con numero di abitanti da 1.3 a 2 milioni: 6.520 euro 3.912 euro - Province con numero di abitanti da 2 a 3 milioni: 6.970 euro 4.182 euro - Province con numero di abitanti da 3 a 4 milioni: 7.680 euro 4.608 euro - Province con numero abitanti superiore a 4 milioni: 8.320 euro 4.992 euro La carica di Presidente della Giunta provinciale è incompatibile con altri impieghi di tipo autonomo o dipendente. I Presidenti delle Giunte provinciali trovati a svolgere altri impieghi di tipo autonomo o dipendente decadono immediatamente dalla carica istituzionale e pagano una penale di 35.000 euro. Gli stessi non possono ricoprire, per i 20 anni successivi, alcuna carica politica e/o amministrativa pubblica. La carica di Presidente della Giunta provinciale è incompatibile con altre cariche politiche e/o amministrative, sia nelle sedi istituzionali che all’interno di partiti politici. Unitamente alla indennità di carica, ai Presidenti delle Giunte provinciali è assegnato un gettone di presenza per ogni seduta consiliare, il cui valore è pari a quello percepito dai Consiglieri provinciali. Il gettone di presenza è assegnato alle stesse condizioni previste per i Consiglieri provinciali. PRESIDENTI DI COMMISSIONE E VICE-PRESIDENTI DEL CONSIGLIO Per i Presidenti delle Commissioni consiliari, nelle sedute di Commissione, il valore del gettone di presenza è raddoppiato rispetto a quello percepito dai Consiglieri. Per i Vice-Presidenti del Consiglio provinciale, il valore del gettone di presenza è raddoppiato nelle sedute consiliari in cui gli stessi assumono il ruolo di Presidente. COMPONENTI DELLE GIUNTE PROVINCIALI Agli Assessori provinciali è attribuita una indennità di carica pari ai 3/5 di quella percepita dal Presidente della Giunta provinciale. Unitamente alla indennità di carica, agli Assessori provinciali è attribuito un gettone di presenza per ogni seduta consiliare o di giunta, il cui valore è pari a quello percepito dai Consiglieri provinciali. Il gettone di presenza è assegnato alle stesse condizioni previste per i Consiglieri provinciali. Il ruolo di Assessore provinciale è incompatibile con altri impieghi di tipo autonomo o dipendente. Gli Assessori provinciali trovati a svolgere altri impieghi di tipo autonomo o dipendente, decadono immediatamente dalla carica assessorile e pagano una penale di 23.000 euro. Gli stessi non possono ricoprire, per i 20 anni successivi, alcuna carica politica e/o amministrativa pubblica. Il ruolo assessorile è incompatibile con la carica di Consigliere provinciale; i Consiglieri provinciali non possono assumere il ruolo di Componente della Giunta provinciale senza aver dapprima rassegnato le dimissioni dalla carica di Consigliere. ISTITUZIONI REGIONALI NUMERO DEI CONSIGLIERI E DEGLI ASSESSORI REGIONALI Nelle Assemblee legislative, deliberative ed esecutive di livello regionale, il numero dei Consiglieri e degli Assessori è rapportato al numero degli abitanti di ogni singola Regione, secondo il seguente prospetto: Regioni con numero di abitanti fino a 1 milione: 20 Consiglieri e 4 Assessori. Regioni con numero di abitanti da 1 a 2.5 milioni: 25 Consiglieri e 5 Assessori Regioni con numero di abitanti da 2.5 a 4 milioni: 30 Consiglieri e 6 Assessori Regioni con numero di abitanti da 4 a 6 milioni: 35 Consiglieri e 7 Assessori Regioni con numero di abitanti superiore a 6 milioni: 40 Consiglieri e 8 Assessori. Il numero dei Consiglieri regionali è comprensivo del seggio riservato al Presidente della Giunta regionale. TRATTAMENTO ECONOMICO DEI CONSIGLIERI REGIONALI Il trattamento economico dei Consiglieri regionali, dei componenti delle Giunte e dei Gruppi consiliari regionali prevede le seguenti remunerazioni mensili lorde, a cui sono da detrarre le quote relative alle ritenute fiscali ed ai contributi previdenziali previsti dalla normativa contrattuale vigente: 1. Indennità di carica: Le spettanze inerenti l’indennità di carica dei Consiglieri regionali variano in rapporto al numero di abitanti delle singole Regioni, secondo il seguente prospetto: Indennità di carica lorda netta (appross.) a) Regioni con numero di abitanti fino a 1 milione: 4.998 euro 3.002 euro b) Regioni con numero di abitanti da 1 a 2.5 milioni: 5.418 euro 3.252 euro c) Regioni con numero di abitanti da 2.5 a 4 milioni: 5.918 euro 3.552 euro d) Regioni con numero di abitanti da 4 a 6 milioni: 6.418 euro 3.852 euro e) Regioni con numero di abitanti superiore a 6 milioni: 6.718 euro 4.032 euro L’indennità di carica dei Consiglieri regionali non è cumulabile con altre indennità di carica politica e/o istituzionale di livello locale o nazionale. Per i Consiglieri regionali beneficiari di altri redditi da lavoro autonomo o dipendente, l’indennità di carica è dimezzata. La carica di Consigliere regionale è incompatibile con altre cariche politiche e/o amministrative di livello locale o nazionale. I Consiglieri regionali non possono assumere il ruolo di Componente della Giunta regionale senza aver dapprima rassegnato le dimissioni dalla carica di Consigliere. 2. Indennità di funzione: I titolari di ruoli specifici all’interno dei Consigli e delle Giunte regionali percepiscono le seguenti indennità mensili: Indennità di funzione lorda netta (appross.) - Presidente della Giunta e Presidente del Consiglio: 2.248 euro 1.349 euro - Vice-Presidenti della Giunta Vicepresidenti del Consiglio 1.535 euro 921 euro Componenti della Giunta: - Presidenti di Commissione Segretari del Consiglio 1.079 euro 648 euro Componenti Uff. Presidenza Cons. Presidenti dei Gruppi consiliari: - Vicepresidenti e Segretari di Commissione: 515 euro 309 euro Le indennità di funzione non sono cumulabili. Chi svolge contemporaneamente 2 o più incarichi percepisce una sola indennità di funzione, corrispondente a quella assegnata prima in ordine di tempo. Durante l’esercizio del mandato, i titolari di ruoli specifici all’interno dei Consigli e delle Giunte regionali non possono ricoprire altri incarichi politici e/o amministrativi nelle sedi istituzionali o all’interno di partiti politici. 3. Diaria e Rimborso-spese onnicomprensivo relativo alle sedute consiliari e/o di giunta: I Consiglieri ed i componenti delle Giunte regionali hanno diritto a percepire la seguente retribuzione lorda correlata alla partecipazione effettiva alle sedute consiliari, di commissioni o di giunta: 78 euro per singola seduta. I Segretari dei Consigli e delle Giunte regionali verificano e trasmettono agli organi contabili le presenze effettive dei singoli Consiglieri e Assessori regionali alle sedute consiliari, di commissione o di giunta. Per aver diritto alla diaria ed al rimborso-spese onnicomprensivo i Consiglieri ed i componenti delle Giunte regionali devono presenziare ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno in ogni singola seduta; nelle sedute monotematiche, per la validità della presenza, i rappresentanti istituzionali devono presenziare alle operazioni di voto. Le quote relative alla diaria ed al rimborso-spese non sono assegnate se il titolare della carica istituzionale si assenta prima che si effettuino le votazioni, ove previste, in merito ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno. In caso di assenze giustificate dalle sedute, i Consiglieri ed i componenti delle Giunte regionali non hanno diritto a percepire la quota relativa alla diaria ed al rimborso-spese. Le Regioni attivano un servizio-mensa o punti di ristoro che forniscono consumazioni o pasti a prezzi agevolati per i Consiglieri e gli Assessori regionali nei giorni in cui sono previste le sedute istituzionali. La diaria e il rimborso-spese onnicomprensivo è corrisposto nel mese successivo a quello in cui sono registrate le presenze dei Consiglieri regionali alle sedute. Rimborso-spese-carburante per i fuori-sede: I titolari di cariche istituzionali che non risiedono nel luogo ove ha sede l’ente istituzionale di riferimento, hanno diritto al rimborso-spese per il carburante ad ogni accesso per le sedute istituzionali, secondo il seguente prospetto: Rimborso-spese-carburante - distanza dalla sede istituzionale fino a 50 km: 28 euro/accesso - distanza dalla sede istituzionale da 50 a 80 km: 35 euro/accesso - distanza dalla sede istituzionale da 80 a 120 km: 42 euro/accesso - distanza dalla sede istituzionale da 120 a 160 km: 55 euro/accesso - distanza dalla sede istituzionale superiore a 160 km: 68 euro/accesso Gli accessi per i quali si ha diritto al rimborso-carburante per i fuori-sede sono conteggiati in riferimento al numero effettivo delle presenze dei singoli rappresentanti istituzionali alle sedute consiliari, di commissione o di giunta. Il rimborso-spese-carburante per i fuori-sede è corrisposto nel mese successivo a quello in cui sono registrate le presenze dei Consiglieri regionali alle sedute. 5. Contributo mensile ai Gruppi consiliari: I Gruppi consiliari regionali hanno diritto al rimborso per le spese organizzative, di rappresentanza, di funzionamento, e ad un contributo onnicomprensivo per le spese postali, di cancelleria e telefoniche. La quota onnicomprensiva del contributo mensile ai Gruppi consiliari è assegnata secondo il seguente prospetto: Contributo mensile - Gruppi consiliari costituiti da 1 a 3 Consiglieri: 1.810 euro - Gruppi consiliari costituiti da 4 a 6 Consiglieri: 2.780 euro - Gruppi consiliari costituiti da 7 Consiglieri: 3.620 euro - Gruppi consiliari costituiti da 8 o 9 Consiglieri: 4.850 euro - Gruppi consiliari costituiti da 10 a 12 Consiglieri: 5.750 euro - Gruppi consiliari costituiti da 13 o più Consiglieri: 6.850 euro. I Gruppi consiliari non possono utilizzare, neppure parzialmente, i contributi mensili corrisposti ai Gruppi medesimi per spese non direttamente connesse al funzionamento del proprio Gruppo o per finanziare, direttamente o indirettamente, attività o iniziative del proprio o di altri partiti, associazioni o movimenti politici. I Gruppi consiliari non possono corrispondere ai Consiglieri regionali compensi per prestazioni d’opera intellettuale o per qualsiasi altro tipo di collaborazioni. A cadenza semestrale, con scadenza al 30 giugno e al 30 dicembre, i Presidenti dei Gruppi consiliari hanno l’obbligo di redigere il rendiconto di bilancio relativo al semestre precedente. Il rendiconto, sottoposto all’approvazione del Gruppo di riferimento, deve essere depositato presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale. Per la verifica della regolarità dei rendiconti l’Ufficio di Presidenza può chiedere ai Presidenti dei Gruppi consiliari chiarimenti o documentazioni contabili integrative. Ove non risulta adempiuto l’obbligo di deposito del rendiconto ovvero emergano altre irregolarità, l’Ufficio di Presidenza dispone la immediata sospensione del contributo mensile al Gruppo interessato, indicando il termine di 15 giorni per la regolarizzazione. Nei casi in cui l’irregolarità non sia sanata, l’Ufficio di Presidenza trattiene dai contributi relativi al semestre successivo una somma pari agli importi non regolarmente spesi dal Gruppo. Unitamente alla presentazione del rendiconto di bilancio, i Presidenti dei Gruppi consiliari hanno l’obbligo di restituire all’Ufficio di Presidenza, a cadenza semestrale, le quote dei contributi mensili non spese o avanzate dalla rendicontazione. A cadenza semestrale, con scadenza al 28 luglio ed al 28 gennaio, il Presidente del Consiglio regionale ha l’obbligo di trasmettere alla Corte dei Conti i rendiconti di bilancio di tutti i Gruppi consiliari, relativi al semestre precedente. La Corte dei Conti analizza con rigore i rendiconti di bilancio dei Gruppi consiliari regionali, e determina le sanzioni previste dalla legge nei casi di accertata irregolarità. Entro 7 giorni dalla data di scadenza per il deposito del rendiconto di bilancio dei propri Gruppi presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, i Presidenti dei Gruppi consiliari hanno l’obbligo di rendere pubblici i rendiconti medesimi, mediante la pubblicazione integrale degli stessi, via internet, sul sito ufficiale del proprio Gruppo. I Presidenti dei Gruppi inadempienti o ritardatari pagano una penale di 1.700 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti rientra nei 15 giorni; la penale è di 3.100 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti è di oltre 15 giorni; la penale è di 4.700 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti supera i 30 giorni. In tutti i casi di inadempienza o ritardo nella pubblicazione dei rendiconti, l’erogazione dei contributi mensili ai Gruppi di riferimento è sospesa d’ufficio, per 2 mensilità, senza possibilità di rimborso delle relative quote. Gli Organi preposti della Guardia di Finanza controllano la regolarità nella pubblicazione dei rendiconti di bilancio da parte dei Gruppi consiliari regionali ed applicano le sanzioni previste dalla legge nei casi di accertata irregolarità. Nel caso in cui i contributi mensili erogati ai Gruppi consiliari regionali non risultino sufficienti a ricoprire tutte le spese sostenute dai Gruppi medesimi, è nella facoltà degli stessi rappresentanti istituzionali e/o dei partiti politici sovvenire, con risorse proprie, alle spese ordinarie e/o straordinarie dei propri Gruppi consiliari. 6. Unità di personale assegnate ai Gruppi consiliari: Le unità di personale assegnate ai singoli Gruppi consiliari sono attinte dal ruolo regionale, fra il i livelli IV e VIII. Le unità di personale assegnate ai Gruppi consiliari sono rapportate al numero dei Consiglieri costituenti ciascun Gruppo: 1 unità per i Gruppi costituiti da 1 a 3 Consiglieri; 2 unità per i Gruppi costituiti da 4 a 8 Consiglieri; 3 unità per i Gruppi costituiti da 9 o più Consiglieri. I Consiglieri confluenti nel Gruppo misto hanno diritto alla quota di contributo mensile e alle unità di personale assegnati ai Gruppi aventi identico numero di Consiglieri. Il numero e il ruolo delle unità di personale da assegnare alle Commissioni consiliari ed agli Uffici amministrativi e contabili degli Enti regionali sono stabiliti dagli Uffici di Presidenza delle singole Regioni. 7. Riduzione delle indennità di carica e di funzione: Ai titolari di cariche istituzionali che unitamente agli uffici politico-istituzionali svolgono altre attività remunerate di tipo autonomo o un lavoro dipendente in enti pubblici o privati, indipendentemente dagli orari e dal tipo di lavoro svolto, le quote relative alle indennità di carica e di funzione vengono dimezzate. Ai titolari di cariche istituzionali che unitamente agli uffici politico-istituzionali svolgono ruoli dirigenziali in enti pubblici o privati, in imprese o aziende private, o all’interno di partiti politici, anche a titolo gratuito, le quote relative alle indennità di carica e di funzione sono ridotte di 2/3. 8. Contributi per le spese legali: Lo Stato e le Regioni non erogano contributi o rimborsi preventivi per le spese legali sostenute dai propri rappresentanti istituzionali per procedimenti giudiziari connessi al ruolo istituzionale. Lo Stato e le Regioni contribuiscono alle spese legali dei propri rappresentanti istituzionali in processi penali connessi al ruolo istituzionale solo in caso di assoluzione degli stessi con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, e tuttavia il contributo alle spese legali non può eccedere la quota di 3.700 euro per singolo procedimento giudiziario. 9. Benefici di fine mandato: Non è dovuto ai Consiglieri regionali alcun assegno o beneficio di fine mandato. 10. Trattamento pensionistico: Il trattamento pensionistico dei Consiglieri regionali è identico a quello vigente per i dipendenti pubblici ed è valutato con il sistema di calcolo contributivo. I Consiglieri regionali cessati dal mandato non conseguono alcun diritto a percepire vitalizi o speciali trattamenti pensionistici. Gli anni di servizio prestati all’attività politico-istituzionale sono inseriti, con la formula della ricongiunzione, nel conteggio complessivo degli anni lavorativi svolti dai singoli Consiglieri regionali nella specifica attività imprenditoriale, artigianale o professionale di ognuno, pubblica o privata, e sono valutati col metodo di calcolo contributivo. E’ rigorosamente vietato, per tutti i cittadini dello Stato, il cumulo o l’acquisizione di più pensioni da parte di uno stesso soggetto, relative al pregresso svolgimento di diversi ruoli professionali o incarichi politico-istituzionali. Gli anni di servizio prestati in ruoli o incarichi diversi devono essere inseriti, con la formula della ricongiunzione, nel conteggio complessivo degli anni lavorativi svolti dai singoli professionisti o rappresentanti politici. L’attività lavorativa di riferimento, ai fini del calcolo pensionistico complessivo, è quella svolta continuativamente più a lungo in linea temporale, indipendentemente dal guadagno o dagli emolumenti percepiti nello svolgimento della stessa. Ove le ritenute previdenziali o pensionistiche versate dai rappresentanti istituzionali nell’esercizio del loro mandato, risultino maggiori o minori di quelle utili al conseguimento della pensione di loro spettanza, l’Ente previdenziale o pensionistico di riferimento provvede a restituire o a richiedere ai diretti interessati le relative quote. I Consiglieri regionali, come tutti i cittadini dello Stato, maturano il diritto alla pensione al compimento del 67° anno di età per gli uomini, e del 65° per le donne. Il pagamento della pensione è sospeso qualora il Consigliere regionale cessato dal mandato sia rieletto al Consiglio regionale, al Parlamento nazionale, al Parlamento Europeo, o acquisisca una nomina ad Assessore regionale, a Componente del Governo nazionale o ad una carica istituzionale per la quale è prevista l’incompatibilità con il mandato parlamentare o di Consigliere regionale. PARLAMENTO NAZIONALE NUMERO DEI PARLAMENTARI Nelle Assemblee parlamentari nazionali della Repubblica Italiana, il numero dei Rappresentanti della Camera dei Deputati è di 370 unità; il numero dei Rappresentanti del Senato della Repubblica è di 175 unità. TRATTAMENTO ECONOMICO DEI PARLAMENTARI Il trattamento economico relativo alle indennità dei Parlamentari è pari a quello dei Consiglieri delle Regioni con numero di abitanti superiore a 6 milioni, aumentato del 12%. I Deputati e i Senatori percepiscono le seguenti remunerazioni mensili lorde, a cui vanno detratte le quote relative alle ritenute fiscali ed ai contributi previdenziali previsti dalla normativa contrattuale vigente per i dipendenti statali: 1. Indennità parlamentare: lorda netta (appross.) 7.524 euro 4.514 euro L’indennità parlamentare non è cumulabile con altre indennità di carica politica e/o istituzionale di livello locale o nazionale. Per i Parlamentari beneficiari di altri redditi da lavoro autonomo o dipendente, l’indennità parlamentare è dimezzata. 2. Indennità di funzione: I titolari di ruoli specifici all’interno del Parlamento nazionale (Camera o Senato) percepiscono le seguenti indennità mensili: Indennità di funzione lorda netta (appross.) - Presidenti della Camera e del Senato 2.741 euro 1.645 euro - Vice-Presidenti della Camera e del Senato Ministri della Repubblica 1.871 euro 1.123 euro - Presidenti di Commissione parlamentare Segretari della Camera e del Senato Questori Vice-Ministri e Sottosegretari di Stato 1.315 euro 789 euro Presidenti dei Gruppi parlamentari Componenti Uff. Presidenza Camera e Senato - Vice-Presidenti e Segretari di Commissione 627 euro 377 euro parlamentare Le indennità di funzione non sono cumulabili. Chi svolge contemporaneamente 2 o più incarichi percepisce una sola indennità di funzione, corrispondente a quella assegnata prima in ordine di tempo. 3. Rimborso-spese onnicomprensivo relativo alle sedute parlamentari: Ai parlamentari residenti in sedi distanti più di 170 Km dalla capitale è riconosciuta una diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno nella capitale nei giorni in cui è documentata l’effettiva partecipazione alle sedute parlamentari, per un importo complessivo di 147,58 euro/seduta giornaliera. Ai Parlamentari residenti in sedi distanti fra 15 e 170 Km dalla capitale è corrisposto un rimborso-spese-carburante di 42 euro per ogni effettiva partecipazione alle sedute parlamentari. I Segretari della Camera e del Senato verificano e trasmettono agli organi contabili le presenze effettive dei singoli Parlamentari alle sedute istituzionali. Per aver diritto alla diaria ed al rimborso-spese carburante i Parlamentari devono presenziare ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno in ogni singola seduta; nelle sedute monotematiche, per la validità della presenza, i Parlamentari devono presenziare alle operazioni di voto; nelle sedute con 2 argomenti all’ordine del giorno, per la validità della presenza, i Parlamentari devono presenziare ad almeno una operazione di voto. Le quote relative alla diaria ed al rimborso-spese carburante non sono assegnate se il titolare della carica istituzionale si assenta prima che si effettuino le votazioni, ove previste, in merito ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno. In caso di assenza giustificata dalle sedute, i Parlamentari non hanno diritto a percepire la quota relativa alla diaria ed al rimborso-spese carburante. I Parlamentari hanno diritto ad usufruire, nei giorni in cui sono previste le sedute istituzionali, di buoni-pasto a costo agevolato, utilizzabili nei punti di ristoro ubicati nella sede istituzionale. In nessun caso possono essere rimborsate le spese per pasti consumati in altri luoghi di ristoro. I buoni-pasto non sono cedibili a terzi; sugli stessi deve essere apposta la firma del titolare del buono, unitamente alla data e all’orario di consumazione del pasto. La diaria ed il rimborso-spese carburante è corrisposto nel mese successivo a quello in cui sono registrate le presenze dei Parlamentari alle sedute. 4. Rimborso-spese di segreteria: I Parlamentari che per l’esercizio del mandato si avvalgono di collaboratori per gli uffici di segreteria, assunti con contratti regolari, hanno diritto al rimborso-spese di segreteria, dietro presentazione di una copia legale dei contratti stipulati con i collaboratori e delle ricevute di pagamento delle retribuzioni mensili corrisposte agli stessi, da presentare agli Uffici contabili della Camera e del Senato a cadenza quadrimestrale, entro il 30 aprile, 8 settembre e 30 dicembre. Il contributo relativo al rimborso-spese di segreteria concesso a ciascun Parlamentare non può oltrepassare la quota complessiva di 2.090 euro mensili. Non possono essere stipulati contratti lavorativi concernenti l’ufficio di collaboratore di segreteria con soggetti legati da vincolo di parentela di 1°, 2° o 3° grado con il parlamentare che li stipula. I collaboratori di segreteria non possono svolgere altri uffici di tipo politico o partitico oltre quello specifico loro assegnato all’interno della segreteria del parlamentare di riferimento. I collaboratori di segreteria assunti in difformità dalle presenti norme decadono immediatamente dall’incarico loro assegnato; gli stessi sono tenuti a rifondere alla tesoreria della Camera o del Senato le quote indebitamente percepite, oltre al pagamento di una penale di 28.000 euro. 5. Spese di viaggio: Ad ogni Parlamentare in carica è concessa una tessera per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti da e per gli aeroporti non è concesso alcun contributo. 6. Spese telefoniche: Ad ogni Parlamentare in carica è concesso un contributo-spese-telefoniche di 235 euro mensili. 7. Contributo mensile ai Gruppi parlamentari: I Gruppi parlamentari hanno diritto al rimborso per le spese organizzative, di rappresentanza, di funzionamento, e ad un contributo onnicomprensivo per le spese postali, di cancelleria e telefoniche. La quota onnicomprensiva del contributo mensile ai Gruppi parlamentari è assegnata secondo il seguente prospetto: - Gruppi costituiti da 2 a 5 componenti: 3.175 euro - Gruppi costituiti da 6 a 10 componenti: 5.870 euro - Gruppi costituiti da 11 a 15 componenti: 7.220 euro - Gruppi costituiti da 16 a 20 componenti: 9.170 euro - Gruppi costituiti da 21 a 25 componenti: 11.820 euro - Gruppi costituiti da 26 a 30 componenti: 12.180 euro - Gruppi costituiti da più di 30 componenti: 13.860 euro. I Gruppi parlamentari non possono utilizzare, neppure parzialmente, i contributi mensili per spese non direttamente connesse al funzionamento del proprio Gruppo, o per finanziare, direttamente o indirettamente, attività o iniziative del proprio o di altri partiti, associazioni o movimenti politici. I Gruppi parlamentari non possono corrispondere ai Parlamentari compensi per prestazioni d’opera intellettuale o per qualsiasi altro tipo di collaborazioni. A cadenza semestrale, con scadenza al 30 giugno e al 30 dicembre, i Presidenti dei Gruppi parlamentari hanno l’obbligo di redigere il rendiconto di bilancio relativo al semestre precedente. Il rendiconto, sottoposto all’approvazione del Gruppo di riferimento, deve essere depositato presso l’Ufficio di Presidenza della Camera o del Senato. Per la verifica della regolarità dei rendiconti l’Ufficio di Presidenza può chiedere ai Presidenti dei Gruppi parlamentari chiarimenti o documentazioni contabili integrative. Ove non risulta adempiuto l’obbligo di deposito del rendiconto, ovvero emergano altre irregolarità, l’Ufficio di Presidenza dispone la immediata sospensione del contributo mensile al Gruppo interessato, indicando il termine di 15 giorni per la regolarizzazione. Nei casi in cui l’irregolarità non sia sanata, l’Ufficio di Presidenza trattiene dai contributi relativi al semestre successivo una somma pari agli importi non regolarmente spesi dal Gruppo. Unitamente alla presentazione del rendiconto di bilancio, i Presidenti dei Gruppi parlamentari hanno l’obbligo di restituire all’Ufficio di Presidenza, a cadenza semestrale, le quote dei contributi mensili non spese o avanzate dalla rendicontazione. A cadenza semestrale, con scadenza al 28 luglio e al 28 gennaio, i Presidenti della Camera e del Senato hanno l’obbligo di trasmettere alla Corte dei Conti i rendiconti di bilancio di tutti i Gruppi parlamentari, relativi al semestre precedente. La Corte dei Conti analizza con rigore i rendiconti di bilancio dei Gruppi parlamentari e determina le sanzioni previste dalla legge nei casi di accertata irregolarità. Entro 7 giorni dalla data di scadenza per il deposito dei rendiconti di bilancio presso l’Ufficio di Presidenza della Camera o del Senato, i Presidenti dei Gruppi parlamentari hanno l’obbligo di rendere pubblici i rendiconti medesimi, mediante la pubblicazione integrale degli stessi, via internet, sul sito ufficiale del proprio Gruppo. I Presidenti dei Gruppi inadempienti o ritardatari pagano una penale di 3.500 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti rientra nei 15 giorni; la penale è di 5.700 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti è di oltre 15 giorni; la penale è di 8.700 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti supera i 30 giorni. In tutti i casi di ritardo o inadempienza nella pubblicazione dei rendiconti, l’erogazione dei contributi mensili ai Gruppi di riferimento è sospesa d’ufficio, per 2 mensilità, senza possibilità di rimborso delle relative quote. Gli Organi preposti della Guardia di Finanza controllano la regolarità nella pubblicazione dei rendiconti di bilancio da parte dei Gruppi parlamentari ed applicano le sanzioni previste dalla legge nei casi di accertata irregolarità. Nel caso in cui i contributi mensili erogati ai Gruppi parlamentari, non risultassero sufficienti a ricoprire tutte le spese sostenute dai Gruppi medesimi, è nella facoltà degli stessi rappresentanti istituzionali e/o dei partiti politici sovvenire, con risorse proprie, alle spese ordinarie e/o straordinarie dei propri Gruppi parlamentari. 8. Unità di personale assegnate ai Gruppi parlamentari: Le unità di personale assegnate ai singoli Gruppi parlamentari sono attinte dai ruoli della Camera o del Senato, fra i livelli IV e VIII. Le unità di personale assegnate ai Gruppi parlamentari sono rapportate al numero dei Parlamentari costituenti ciascun Gruppo: 1 unità per i Gruppi costituiti da 2 o 3 componenti; 2 unità per i Gruppi costituiti da 4 a 8 componenti; 3 unità per i Gruppi costituiti da 9 a 13 componenti; 4 unità per i Gruppi costituiti da 14 a 18 componenti; 5 unità per i Gruppi costituiti da 19 a 25 componenti; 6 unità per i Gruppi costituiti da più di 25 componenti. Non sono concessi contributi e unità di personale alle formazioni rappresentate da un solo componente, che per lo svolgimento del proprio mandato, possono confluire in un Gruppo misto. Ai Gruppi misti sono assegnati i contributi mensili e le unità di personale sulla base del numero di Parlamentari di cui si compongono. Il numero ed il ruolo delle unità di personale da assegnare alle Commissioni parlamentari ed agli Uffici amministrativi e contabili della Camera e del Senato sono stabiliti dagli Uffici di Presidenza delle rispettive Assemblee. 9. Riduzione della indennità parlamentare e di funzione: Ai Parlamentari che unitamente agli uffici politico-istituzionali svolgono altre attività remunerate di tipo autonomo o un lavoro dipendente in enti pubblici o privati, indipendentemente dagli orari e dal tipo di lavoro svolto, le quote relative alle indennità parlamentare e di funzione vengono dimezzate. Ai titolari di cariche istituzionali che unitamente agli uffici politico-istituzionali svolgono ruoli dirigenziali in enti pubblici o privati, in imprese o aziende private, o all’interno di partiti politici, anche a titolo gratuito, le quote relative alle indennità parlamentare e di funzione sono ridotte di 2/3. 10. Contributi per le spese legali: Lo Stato non eroga contributi o rimborsi preventivi per le spese legali sostenute dai propri rappresentanti istituzionali per processi giudiziari connessi al ruolo istituzionale. Lo Stato contribuisce alle spese legali dei propri rappresentanti istituzionali in processi penali connessi al ruolo istituzionale solo in caso di assoluzione degli stessi con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, e tuttavia il contributo alle spese legali non può eccedere la quota di 3.700 euro per singolo procedimento giudiziario. 11. Benefici di fine mandato: Non è dovuto ai Parlamentari alcun assegno di fine mandato. 12. Trattamento pensionistico: Il trattamento pensionistico dei Parlamentari è identico a quello vigente per i dipendenti pubblici ed è valutato con il sistema di calcolo contributivo. I Parlamentari cessati dal mandato non conseguono alcun diritto a percepire vitalizi o speciali trattamenti pensionistici. Gli anni di servizio prestati all’attività politico-istituzionale sono inseriti, con la formula della ricongiunzione, nel conteggio complessivo degli anni lavorativi svolti dai singoli Parlamentari nella specifica attività imprenditoriale, artigianale o professionale di ognuno, pubblica o privata, e sono valutati col metodo di calcolo contributivo. E’ rigorosamente vietato, per tutti i cittadini dello Stato, il cumulo o l’acquisizione di più pensioni da parte di uno stesso soggetto, relative al pregresso svolgimento di diversi ruoli professionali o incarichi politici. Gli anni di servizio prestati in ruoli o incarichi diversi devono essere inseriti, con la formula della ricongiunzione, nel conteggio complessivo degli anni lavorativi svolti dai singoli professionisti o rappresentanti politici. L’attività lavorativa di riferimento, ai fini del calcolo pensionistico complessivo, è quella svolta continuativamente più a lungo in linea temporale, indipendentemente dal guadagno o dagli emolumenti percepiti nello svolgimento della stessa. Ove le ritenute previdenziali o pensionistiche versate dai rappresentanti istituzionali nell’esercizio del loro mandato, risultino maggiori o minori di quelle utili al conseguimento della pensione di loro spettanza, l’Ente previdenziale o pensionistico di riferimento provvede a restituire o a richiedere ai diretti interessati le relative quote. I Parlamentari, come tutti gli altri cittadini dello Stato, maturano il diritto alla pensione al compimento del 67° anno di età per gli uomini, e del 65° anno di età per le donne, o anche alla maturazione contributiva di 42 anni e 8 mesi di lavoro per gli uomini, e 41 anni e 4 mesi di lavoro per le donne. Il pagamento della pensione è sospeso qualora il Parlamentare cessato dal mandato sia rieletto al Parlamento nazionale, al Parlamento Europeo, al Consiglio regionale, o acquisisce una nomina a Componente del Governo nazionale, ad Assessore regionale o ad una carica istituzionale per la quale è prevista l’incompatibilità con il mandato parlamentare. PARLAMENTO EUROPEO NUMERO DEI PARLAMENTARI EUROPEI Nell’Assemblea Parlamentare Europea, il numero totale dei Rappresentanti istituzionali eletti nelle Circoscrizioni dei singoli Paesi dell’Unione è, per il numero attuale dei Paesi membri, di 290 Parlamentari. Il numero dei Rappresentanti dei Paesi membri è stabilito in rapporto di uno ogni 2 milioni di abitanti, con l’assegnazione di un seggio aggiuntivo nei casi in cui il numero degli abitanti residuato al conteggio sia superiore al milione. A conteggio ultimato, ai Paesi con numero di abitanti superiore a 50 milioni sono assegnati 5 seggi aggiuntivi; ai Paesi con numero di abitanti superiore a 20 milioni sono assegnati 4 seggi aggiuntivi; ai Paesi con numero di abitanti superiore a 10 milioni sono assegnati 3 seggi aggiuntivi; ai Paesi con numero di abitanti superiore a 5 milioni sono assegnati 2 seggi aggiuntivi; ai Paesi con numero di abitanti superiore a 3 milioni è assegnato 1 seggio aggiuntivo. Ai Paesi con numero di abitanti compreso fra 1 e 3 milioni sono assegnati in totale 2 seggi. Ai Paesi con numero di abitanti inferiore al milione è assegnato 1 solo seggio. Con l’ingresso nell’Unione europea di nuovi Paesi, il numero dei seggi del Parlamento europeo è aumentato del corrispettivo di seggi da attribuire ai nuovi membri. Il numero dei seggi attribuiti ai singoli Paesi dell’Unione europea è definito dal seguente prospetto: N. seggi N. seggi N. seggi Germania 46 Grecia 8 Croazia 3 Francia 38 Portogallo 8 Irlanda 3 Italia 36 Ungheria 7 Lituania 3 Spagna 28 Svezia 7 Lettonia 2 Polonia 23 Austria 6 Slovenia 2 Romania 15 Bulgaria 6 Cipro 2 Paesi Bassi 12 Finlandia 5 Estonia 2 Belgio 8 Danimarca 5 Lussemburgo 1 Rep. Ceca 8 Slovacchia 5 Malta 1 TRATTAMENTO ECONOMICO DEI PARLAMENTARI EUROPEI Il trattamento economico relativo alle indennità dei Parlamentari europei, rientrante nello specifico capitolo di bilancio comunitario, è pari a quello dei Parlamentari della Repubblica Italiana aumentato del 10%. I Parlamentari europei percepiscono le seguenti remunerazioni mensili lorde, a cui vanno detratte le quote relative alle ritenute fiscali ed ai contributi previdenziali previsti dalla normativa contrattuale vigente in ambito comunitario: 1. Indennità parlamentare: Indennità parlamentare lorda netta (appross.) 8.276 euro 4.965 euro L’indennità parlamentare non è cumulabile con altre indennità di carica politica e/o istituzionale di livello locale, nazionale o comunitario. Per i Parlamentari beneficiari di altri redditi da lavoro autonomo o dipendente, l’indennità parlamentare è dimezzata. 2. Indennità di funzione: I titolari di ruoli specifici all’interno del Parlamento europeo percepiscono le seguenti indennità mensili: Indennità di funzione lorda netta (appross.) - Presidente del Parlamento europeo 3.015 euro 1.808 euro - Vice-Presidenti del Parlamento europ. 2.058 euro 1.235 euro - Componenti Uffici di Presidenza Segretari 1.446 euro 867 euro Questori Presidenti dei Gruppi parlamentari Le indennità di funzione non sono cumulabili. Chi svolge contemporaneamente 2 o più incarichi percepisce una sola indennità di funzione, corrispondente a quella assegnata prima in ordine di tempo. 3. Rimborso-spese onnicomprensivo relativo alle sedute parlamentari: Ai Parlamentari europei è riconosciuta una diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno nel luogo ove si svolgono le sedute parlamentari, nei giorni in cui è documentata l’effettiva partecipazione alle sedute medesime, per un importo complessivo di 162,33 euro giornaliere/seduta. I Segretari del Parlamento europeo verificano e trasmettono agli organi contabili le presenze effettive dei singoli Parlamentari alle sedute istituzionali. Per aver diritto alla diaria i Parlamentari devono presenziare ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno in ogni singola seduta; nelle sedute monotematiche, per la validità della presenza, i Parlamentari devono presenziare alle operazioni di voto; nelle sedute con 2 argomenti all’ordine del giorno, per la validità della presenza, i Parlamentari devono presenziare ad almeno una operazione di voto. La quota relativa alla diaria non è assegnata se il titolare della carica istituzionale si assenta prima che si effettuino le votazioni, ove previste, in merito ad almeno i 2/3 degli argomenti all’ordine del giorno. In caso di assenza giustificata dalle sedute, i Parlamentari non hanno diritto a percepire la quota relativa alla diaria. Nelle sedute per le quali non è prevista alcuna votazione, il Parlamentare ha diritto alla diaria solo se appone la propria firma sull’apposito registro delle presenze, dinanzi ad un Segretario dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo, il quale ha l’obbligo di controfirmare la presenza dei singoli Parlamentari alle sedute. Unitamente alla controfirma, il Segretario dell’Ufficio di Presidenza ha l’obbligo di registrare, accanto alla firma di ogni singolo Parlamentare, il numero e la data di scadenza del documento legale di riconoscimento dello stesso. In assenza della controfirma del Segretario dell’Ufficio di Presidenza, a conferma dell’effettiva presenza dei singoli rappresentanti istituzionali alle sedute, il Parlamentare non ha diritto a ricevere alcun rimborso relativo alla diaria o alle spese di viaggio. I Parlamentari hanno diritto ad usufruire, nei giorni in cui sono previste le sedute istituzionali, di buoni-pasto a costo agevolato, utilizzabili nei punti di ristoro ubicati nella sede istituzionale. In nessun caso possono essere rimborsate le spese per pasti consumati in altri luoghi di ristoro. I buoni-pasto non sono cedibili a terzi; sugli stessi deve essere apposta la firma del titolare del buono, unitamente alla data e all’orario di consumazione del pasto. La quota relativa alla diaria è corrisposta nel mese successivo a quello in cui sono registrate le presenze dei Parlamentari alle sedute. 4. Rimborso-spese di segreteria: I Parlamentari che per l’esercizio del mandato istituzionale si avvalgono di collaboratori per gli uffici di segreteria, assunti con contratti regolari, hanno diritto ad un contributo a titolo di rimborso delle spese di segreteria, dietro presentazione di una copia legale dei contratti stipulati con i collaboratori e delle ricevute di pagamento delle retribuzioni mensili corrisposte agli stessi, da presentare agli Uffici contabili del Parlamento europeo a cadenza quadrimestrale, entro il 30 aprile, l’8 settembre ed il 30 dicembre. Il contributo relativo al rimborso-spese di segreteria concesso a ciascun Parlamentare non può oltrepassare la quota complessiva di 2.420 euro mensili. Non possono essere stipulati contratti lavorativi concernenti l’ufficio di collaboratore di segreteria con soggetti legati da vincolo di parentela di 1°, 2° o 3° grado con il parlamentare che li stipula. I collaboratori di segreteria non possono svolgere altri uffici di tipo politico o partitico oltre quello specifico loro assegnato all’interno della segreteria del parlamentare di riferimento. I collaboratori di segreteria assunti in difformità dalle presenti norme decadono immediatamente dall’incarico loro assegnato; gli stessi sono a tenuti a rifondere alla tesoreria del Parlamento europeo le quote indebitamente percepite, oltre al pagamento di una penale di 32.000 euro. Avvalendosi i rappresentanti istituzionali di un numero idoneo di collaboratori, operanti nelle sedi istituzionali di ciascun Gruppo politico, non sono corrisposti ai Parlamentari europei contributi riferibili alla eventuale assunzione di assistenti parlamentari. 5. Spese di viaggio: Ai Parlamentari europei è rimborsato il costo dei ticket ferroviari, marittimi o aerei per il raggiungimento, in andata e ritorno, delle sedi parlamentari. Sono altresì rimborsate le spese relative ai tragitti effettuati in taxi da e per gli aeroporti, per il raggiungimento, in andata e ritorno, delle sedi parlamentari. Il rimborso delle spese di viaggio è corrisposto nel mese successivo a quello in cui sono registrate le presenze dei Parlamentari alle sedute, dietro presentazione dei ticket o delle ricevute attestanti i tragitti effettuati. Non è concesso alcun contributo relativo alle spese per il carburante-auto, per i taxi non connessi al servizio aeroportuale, o per i pedaggi autostradali. Ai Parlamentari europei sono rimborsate le spese per i viaggi effettuati in Paesi esteri, al di fuori del proprio Paese di residenza, solo ed esclusivamente se tali viaggi sono espletati per ragioni connesse all’esercizio del mandato istituzionale, ovvero al fine di partecipare a meetings internazionali, commissioni politiche o di inchiesta, summit, conferenze o incontri ufficiali preposti alla discussione, alla stesura o alla definizione di proposte legislative, regolamenti, progetti o accordi internazionali, adeguatamente comprovati dalle relative attestazioni documentali. In tali casi, unitamente al rimborso dei ticket aerei, marittimi o ferroviari, sono anche rimborsate le spese per il pernottamento per un importo massimo di 143 euro/notte, e le spese per i pasti per un importo massimo di 46 euro/pasto, dietro presentazione delle relative ricevute legali. Le spese per i viaggi all’estero, connessi all’espletamento del mandato, sono rimborsate esclusivamente ai Parlamentari, e non ad eventuali accompagnatori, assistenti o segretari. 6. Spese telefoniche e per l’utilizzo di strumenti informatici: Ad ogni Parlamentare europeo in carica è concesso un contributo-spese-telefoniche e per l’utilizzo di strumenti informatici di 382 euro mensili. 7. Contributo mensile ai Gruppi parlamentari: I Gruppi parlamentari costituiti da 2 o più componenti hanno diritto al rimborso per le spese organizzative, di rappresentanza, di funzionamento, e ad un contributo onnicomprensivo per le spese postali, di cancelleria e telefoniche. La quota onnicomprensiva del contributo mensile ai Gruppi parlamentari europei è assegnata secondo il seguente prospetto: - Gruppi costituiti da 2 a 7 componenti: 4.275 euro - Gruppi costituiti da 8 a 15 componenti: 6.420 euro - Gruppi costituiti da 16 a 30 componenti: 8.575 euro - Gruppi costituiti da 31 a 50 componenti: 10.830 euro - Gruppi costituiti da 51 a 70 componenti: 12.380 euro - Gruppi costituiti da 71 a 90 componenti: 14.470 euro - Gruppi costituiti da 91 a 110 componenti: 16.870 euro - Gruppi costituiti da più di 110 componenti: 18.485 euro. Non sono concessi contributi e unità di personale alle formazioni rappresentate da un solo componente, che per lo svolgimento del proprio mandato, possono confluire in un Gruppo misto. Ai Gruppi misti sono assegnati i contributi mensili e le unità di personale sulla base del numero di Parlamentari di cui dispongono. I Gruppi parlamentari non possono utilizzare, neppure parzialmente, i contributi mensili per spese non direttamente connesse al funzionamento del proprio Gruppo, o per finanziare, direttamente o indirettamente, attività o iniziative del proprio o di altri partiti, associazioni o movimenti politici. I Gruppi parlamentari non possono corrispondere ai Parlamentari compensi per prestazioni d’opera intellettuale o per qualsiasi altro tipo di collaborazioni. A cadenza semestrale, con scadenza al 30 giugno e al 30 dicembre, i Presidenti dei Gruppi parlamentari hanno l’obbligo di redigere il rendiconto di bilancio relativo al semestre precedente. Il rendiconto, sottoposto all’approvazione del Gruppo di riferimento, deve essere depositato presso l’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo. Per la verifica della regolarità dei rendiconti, l’Ufficio di Presidenza può chiedere ai Presidenti dei Gruppi parlamentari chiarimenti o documentazioni contabili integrative. Ove non risulta adempiuto l’obbligo di deposito del rendiconto, ovvero emergano altre irregolarità, l’ufficio di Presidenza dispone la immediata sospensione del contributo mensile al Gruppo interessato, indicando il termine di 15 giorni per la regolarizzazione. Nei casi in cui l’irregolarità non sia sanata, l’Ufficio di Presidenza trattiene dai contributi relativi al semestre successivo una somma pari agli importi non regolarmente spesi dal Gruppo. Unitamente alla presentazione del rendiconto di bilancio, i Presidenti dei Gruppi parlamentari hanno l’obbligo di restituire all’Ufficio di Presidenza, a cadenza semestrale, le quote dei contributi mensili non spese o avanzate dalla rendicontazione. A cadenza semestrale, con scadenza al 28 luglio ed al 28 gennaio, l’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo ha l’obbligo di trasmettere agli Organi contabili di controllo i rendiconti di bilancio di tutti i Gruppi parlamentari, relativi al semestre precedente. Gli Organi contabili di controllo analizzano con rigore i rendiconti di bilancio dei Gruppi parlamentari e determinano le sanzioni previste dalla legge nei casi di accertata irregolarità. Entro 7 giorni dalla data di scadenza per il deposito dei rendiconti di bilancio presso l’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo, i Presidenti dei Gruppi parlamentari hanno l’obbligo di rendere pubblici i rendiconti medesimi, mediante la pubblicazione integrale degli stessi, via internet, sul sito ufficiale del proprio Gruppo. I Presidenti dei Gruppi inadempienti o ritardatari pagano una penale di 3.500 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti rientra nei 15 giorni; la penale è di 5.700 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti è di oltre 15 giorni; la penale è di 8.700 euro se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti supera i 30 giorni. In tutti i casi di ritardo o inadempienza nella pubblicazione dei rendiconti, l’erogazione dei contributi mensili ai Gruppi di riferimento è sospesa d’ufficio, senza possibilità di rimborso delle relative quote. Gli Organi di Polizia preposti al controllo della regolarità delle spese e dei conti effettuati dai pubblici amministratori, controllano la regolarità nella pubblicazione dei rendiconti di bilancio da parte dei Gruppi parlamentari ed applicano le sanzioni previste dalla legge nei casi di accertata irregolarità. Nel caso in cui i contributi mensili erogati ai Gruppi parlamentari non risultassero sufficienti a ricoprire tutte le spese sostenute dai Gruppi medesimi, è nella facoltà degli stessi rappresentanti istituzionali sovvenire con risorse proprie alle spese ordinarie e/o straordinarie dei propri Gruppi parlamentari. 8. Unità di personale assegnate ai Gruppi parlamentari: Le unità di personale assegnate ai singoli Gruppi parlamentari sono attinte dai ruoli del Parlamento europeo, fra i livelli IV e VIII. Le unità di personale assegnate ai Gruppi parlamentari sono rapportate al numero dei Parlamentari costituenti ciascun Gruppo: - 1 unità per i Gruppi costituiti da 2 a 4 componenti; - 2 unità per i Gruppi costituiti da 5 a 10 componenti; - 3 unità per i Gruppi costituiti da 11 a 16 componenti; - 4 unità per i Gruppi costituiti da 17 a 25 componenti; - 5 unità per i Gruppi costituiti da 25 a 40 componenti; - 6 unità per i Gruppi costituiti da 40 a 60 componenti; - 7 unità per i Gruppi costituiti da 60 a 100 componenti; - 8 unità per i Gruppi costituiti da più di 100 componenti. Non sono concessi contributi e unità di personale ai Gruppi rappresentati da un solo componente, i quali per lo svolgimento del proprio mandato, confluiscono in una sede amministrativa unica. I Parlamentari confluiti nella sede amministrativa unica hanno diritto alla quota di contributi mensili ed alle unità di personale assegnate ai Gruppi aventi identico numero di componenti. Il numero ed il ruolo delle unità di personale da assegnare alle Commissioni parlamentari ed agli Uffici amministrativi e contabili del Parlamento europeo sono stabiliti dall’Ufficio di Presidenza del Parlamento europeo. 9. Riduzione della indennità parlamentare e di funzione: Ai Parlamentari europei che unitamente agli uffici politico-istituzionali svolgono altre attività remunerate di tipo autonomo o un lavoro dipendente in enti pubblici o privati, anche a titolo di consulenza, indipendentemente dagli orari e dal tipo di lavoro svolto, le quote relative alle indennità parlamentare e di funzione vengono dimezzate. Ai Parlamentari europei che unitamente agli uffici politico-istituzionali svolgono ruoli dirigenziali in enti pubblici o privati, in imprese o aziende private, o all’interno di partiti politici, anche a titolo gratuito, le quote relative alle indennità parlamentare e di funzione sono ridotte di 2/3. 10. Contributi per le spese legali: Il Parlamento europeo non eroga contributi o rimborsi preventivi per le spese legali sostenute dai propri rappresentanti istituzionali per processi giudiziari connessi al ruolo istituzionale. Il Parlamento europeo contribuisce alle spese legali dei propri rappresentanti istituzionali in processi penali connessi al ruolo istituzionale solo in caso di assoluzione degli stessi con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, e tuttavia il contributo alle spese legali non può eccedere la quota di 4.800 euro per singolo procedimento giudiziario. 11. Benefici di fine mandato: Non è dovuto ai Parlamentari europei alcun assegno o liquidazione di fine mandato. 12. Trattamento pensionistico: Il trattamento pensionistico dei Parlamentari europei è a carico dei Paesi di provenienza, dagli stessi rappresentati, ed è identico a quello vigente per i dipendenti pubblici, valutandosi con il sistema di calcolo contributivo. I Paesi membri dell’Unione europea hanno la facoltà di richiedere agli Uffici contabili del Parlamento europeo le quote relative alle ritenute previdenziali e pensionistiche dei propri rappresentanti istituzionali. I Parlamentari europei cessati dal mandato non conseguono alcun diritto a percepire vitalizi o speciali trattamenti pensionistici. Gli anni di servizio prestati all’attività politico-istituzionale sono inseriti, con la formula della ricongiunzione, nel conteggio complessivo degli anni lavorativi svolti dai singoli Parlamentari nella specifica attività imprenditoriale, artigianale o professionale di ognuno, pubblica o privata, e sono valutati col metodo di calcolo contributivo. E’ rigorosamente vietato il cumulo o l’acquisizione di più pensioni da parte di uno stesso soggetto, relative al pregresso svolgimento di diversi ruoli professionali o incarichi politico-istituzionali. Gli anni di servizio prestati in ruoli o incarichi diversi devono essere inseriti, con la formula della ricongiunzione, nel conteggio complessivo degli anni lavorativi svolti dai singoli professionisti o rappresentanti politici. L’attività lavorativa di riferimento, ai fini del calcolo pensionistico complessivo, è quella svolta continuativamente più a lungo in linea temporale, indipendentemente dal guadagno o dagli emolumenti percepiti nello svolgimento della stessa. Ove le ritenute previdenziali o pensionistiche versate dai rappresentanti istituzionali nell’esercizio del loro mandato, risultino maggiori o minori di quelle utili al conseguimento della pensione di loro spettanza, L’Ente previdenziale o pensionistico di riferimento provvede a restituire o a richiedere ai diretti interessati le relative quote. I Parlamentari europei, come gli altri cittadini, maturano il diritto alla pensione al compimento del 67° anno di età per gli uomini, e del 65° anno di età per le donne, o anche alla maturazione contributiva di 42 anni e 8 mesi di lavoro per gli uomini, e 41 anni e 4 mesi di lavoro per le donne. Il pagamento della pensione è sospeso qualora il Parlamentare cessato dal mandato sia rieletto al Parlamento europeo, al Parlamento nazionale, al Consiglio regionale, o acquisisce una nomina a Componente del Governo nazionale, ad Assessore regionale o ad una carica istituzionale per la quale è prevista l’incompatibilità con il mandato parlamentare europeo. ENTI PUBBLICI PARA-STATALI E/O SUB-REGIONALI NORME INERENTI IL TRATTAMENTO ECONOMICO DEGLI AMMINISTRATORI DEGLI ENTI PUBBLICI PARASTATALI O SUB-REGIONALI E DELLE AZIENDE A PARTECIPAZIONE STATALE. A. Agli Amministratori apicali, Ai Presidenti o ai Direttori generali degli Enti pubblici, delle Aziende o Agenzie subordinate agli Enti pubblici, o operanti in qualità di Enti sub-regionali o parastatali, non possono essere assegnate retribuzioni mensili di importo superiore a quelle percepite dai Vice-Presidenti della Giunta regionale per gli Enti pubblici di livello regionale, e dai Sottosegretari di Stato per gli Enti pubblici di livello nazionale. Agli stessi, al termine del mandato amministrativo, è assegnata una liquidazione pari all’equivalente dell’ultima retribuzione mensile netta percepita, moltiplicata per gli anni di mandato amministrativo specifico svolto, valutando come annualità il residuo temporale superiore a sei mesi. Agli Amministratori di Aziende a partecipazione statale o beneficiarie di contributi statali, alla liquidazione di spettanza degli stessi può essere associato un riconoscimento economico aggiuntivo solo in caso di conseguimento di significativi utili da parte dell’Azienda, rilevabili dai bilanci in positivo di almeno gli ultimi 3 anni. L’entità del premio, riferita dal Ministero del Tesoro a parametri standard, è rapportata all’entità degli utili conseguiti; in nessun caso il riconoscimento economico aggiuntivo può eccedere la somma complessiva di 175.000 euro. Ai dirigenti di livello apicale o intermedio di Enti istituzionali o amministrativi pubblici, il riconoscimento economico aggiuntivo riferito a parametri standard correlati alla produttività, all’innovazione o al risparmio di risorse pubbliche, compiutamente predefiniti dal Ministero del Tesoro, non può eccedere la somma complessiva netta di 8.000 euro/anno per i dirigenti di livello apicale, e di 5.700 euro/anno per i dirigenti di livello intermedio. B. Ai Rappresentanti istituzionali cessati dal mandato parlamentare, ministeriale, presidenziale o amministrativo presso Enti pubblici o Istituzioni locali o nazionali, così come ai Magistrati ed ai funzionari statali o regionali di livello apicale cessati dal ruolo, non possono essere attribuite pensioni annue eccedenti la somma complessiva netta di 175.000 euro, corrispondente al trattamento pensionistico massimo erogabile da parte dello Stato ad un singolo soggetto. Gli emolumenti pensionistici, in tutti i casi, sono ridotti di 1/3, se il titolare della pensione acquisisce un incarico retribuito presso Enti o Istituzioni pubbliche, per tutta la durata dello stesso. C. Gli Amministratori o i Dirigenti degli Enti pubblici, delle Istituzioni locali o nazionali, o delle Aziende operanti in qualità di Enti parastatali o sub-regionali, non possono richiedere, nello svolgimento dei propri uffici, consulenze esterne se l’Ente di riferimento dispone di funzionari o professionisti idonei o aventi titolo per lo svolgimento delle consulenze medesime. Quale corrispettivo per le consulenze effettuate da professionisti esterni all’Ente pubblico di riferimento, non possono essere erogate somme di importo superiore a quelle previste per le Consulenze tecniche di ufficio disposte dai Tribunali della Repubblica. La Corte dei Conti condanna gli Amministratori o i Dirigenti degli Enti pubblici a risarcire personalmente l’erario se trovati responsabili di sperpero di denaro pubblico. D. La Corte dei Conti è autorizzata ad esercitare un controllo di legittimità preventivo, contestuale o successivo, sugli atti normativi, programmatici e/o deliberativi disposti dagli Enti pubblici, locali o nazionali, laddove i medesimi atti risultino aver peso o incidenza sulla finanza pubblica. A tal fine i Magistrati contabili possono avvalersi della collaborazione dei competenti Organi della Guardia di Finanza e/o dei Servizi ispettivi della Ragioneria generale. DISPOSIZIONI GENERALI A TUTELA DELLA CORRETTEZZA E DELLA LEGITTIMITA’ DELLE PUBBLICHE ELARGIZIONI E DELLE PROCEDURE FINALIZZATE ALL’ASSUNZIONE DI PERSONALE NEGLI ENTI PUBBLICI. A. E’ vietato alle Istituzioni e agli Enti pubblici bandire o espletare Concorsi o Avvisi pubblici finalizzati all’assunzione di personale, a tempo determinato o indeterminato, all’interno degli stessi o presso Enti, Società o Aziende agli stessi subordinate o collegate, nei 3 mesi precedenti la data delle Elezioni politiche in tutto il territorio nazionale, e/o delle Elezioni amministrative nel territorio regionale di riferimento per le consultazioni locali (regionali, provinciali, comunali). I responsabili apicali degli Enti pubblici, dei Dipartimenti o dei Consigli di amministrazione di società o aziende agli stessi collegati o subordinati, che bandiscono o espletano concorsi o avvisi pubblici in periodi non conformi alle presenti disposizioni, pagano una penale di 25.000 euro e decadono immediatamente dalla carica istituzionale e/o amministrativa di cui detengono la titolarità. Gli stessi sono esonerati per 10 anni dal ricoprire una carica pubblica di livello amministrativo o istituzionale. B. Gli Enti pubblici presso i quali esercitano il proprio ruolo i titolari di una carica politica e/o istituzionale, non possono ammettere a concorso o assumere in servizio al proprio interno, a tempo determinato o indeterminato, soggetti aventi rapporto di parentela fino al 2° grado con i titolari della carica politica o istituzionale svolgenti il proprio ruolo nell’Ente pubblico o istituzionale di riferimento, sino ad 1 anno dalla scadenza o cessazione dello stesso. Il medesimo divieto e gli stessi limiti temporali sono estesi agli Enti pubblici, ai Ministeri, alle Scuole pubbliche, alle Università, alle Caserme, agli Ospedali, alle Aziende sanitarie, ai Centri di ricerca, i quali non possono ammettere a concorso o assumere in servizio al loro interno, a tempo determinato o indeterminato, persone aventi rapporto di parentela fino al 2° grado, riguardo agli Enti di riferimento, con i seguenti soggetti: a) Provveditori, Presidi, Vice-Presidi, Docenti di ruolo o non di ruolo delle Scuole pubbliche di ogni ordine e grado. b) Amministratori, Dirigenti a qualsiasi titolo e Docenti dei Centri di ricerca. c) Superiori gerarchici a qualsiasi livello, Ufficiali e Sotto-ufficiali delle Caserme e/o degli Enti pubblici presso i quali è previsto il servizio attivo dei medesimi soggetti. d) Ministri, Vice-Ministri, Sottosegretari, Dirigenti o Amministratori a qualsiasi titolo dei Ministeri e/o degli Enti pubblici dagli stessi amministrati o ai quali risultano, per ragioni di ufficio, direttamente sottoposti o collegati, e tutti i soggetti che rivestono o abbiano rivestito un ruolo politico dirigenziale all’interno dello stesso partito politico dei Ministri, dei Vice-Ministri e/o dei Sottosegretari, o che siano o siano stati Amministratori di Enti pubblici per conto dello stesso partito. e) Amministratori e Dirigenti a qualsiasi titolo degli Enti pubblici. f) Direttori generali, Direttori sanitari, Amministratori o Dirigenti a qualsiasi titolo, Direttori di reparto degli Ospedali e/o delle Aziende sanitarie a cui gli ospedali fanno riferimento, da ritenersi con gli ospedali un Ente unico. Il personale assunto in difformità dalle presenti disposizioni è punito con l’immediato licenziamento, e con il pagamento di una penale di 15.000 euro. I soggetti svolgenti un ruolo istituzionale, amministrativo, dirigenziale o didattico negli Enti pubblici di riferimento, aventi rapporto di parentela fino al 2° grado con il personale assunto in difformità dalla presente legge, sono puniti con la decadenza immediata dal ruolo di cui detengono la titolarità, con l’immediato licenziamento, e con il pagamento di una penale di 35.000 euro. Nei casi in cui vi sia stata illegittima ammissione concorsuale di soggetti non ammissibili, non seguita dall’assunzione in servizio degli stessi, il soggetto ammesso illegittima-mente a concorso paga una penale di 3.500 euro, ed è invalidato per lo stesso l’esito del concorso. I soggetti svolgenti un ruolo istituzionale, amministrativo, dirigenziale o didattico nell’Ente pubblico che ha bandito il concorso, ed avente rapporto di parentela fino al 2° grado con il soggetto ammesso illegittimamente a concorso, senza che sia seguita l’assunzione in servizio dello stesso, pagano una penale di 7.000 euro e decadono immediatamente dal ruolo di cui detengono la titolarità, senza che si proceda al licenziamento. I reati di cui alla presente legge sono perseguibili d’ufficio e non sono soggetti a prescrizione. NORME A TUTELA DELLA LEGITTIMITA’ E DELLA TRASPARENZA DELLE EROGAZIONI PUBBLICHE, DEI CONTI PUBBLICI E DEI PARAMETRI INERENTI LA DETERMINAZIONE DEI PUBBLICI EMOLUMENTI. 1. Nella legge annuale di stabilità o finanziaria, lo Stato definisce, sulla base del numero di abitanti di ogni singola Regione, un tetto di spesa annuale per le stesse, oltre il quale non è possibile eccedere. Le spese eccedenti le cifre prefissate dallo Stato per le singole Regioni, sono decurtate dai finanziamenti statali alle stesse per l’anno seguente. 2. Tutte le Sezioni centrali e periferiche dei Partiti politici, i Gruppi parlamentari, i Gruppi consiliari regionali, le massime cariche dello Stato: Presidente della Repubblica, Capo del Governo, Presidenti della Camera e del Senato; i Parlamentari, i Ministri, i Vice-Ministri, i Sottosegretari, i Consiglieri e gli Assessori regionali, gli Amministratori degli Enti pubblici parastatali e/o sub-regionali, e tutti i titolari di cariche istituzionali, hanno l’obbligo di attivare al proprio recapito un sito web ufficiale, sul quale pubblicare, entro il 7 gennaio di ogni anno, e conservare in visione per almeno 1 anno: A) I rendiconti di bilancio dell’anno precedente per i Partiti politici ed i Gruppi parlamentari o consiliari regionali; B) Le dichiarazioni annuali dei redditi e tutti i dati inerenti il patrimonio personale per i singoli rappresentanti istituzionali. I Gruppi parlamentari ed i Gruppi consiliari regionali hanno l’obbligo di depositare i propri rendiconti di bilancio, presso gli Uffici di Presidenza delle rispettive Assemblee, a cadenza semestrale, e di pubblicarli contestualmente sul proprio sito internet. Alle Sezioni partitiche ed ai singoli rappresentanti istituzionali ritardatari o inadempienti riguardo all’obbligo di pubblicazione dei dati di cui al presente articolo, è inflitta una sanzione di 1.250 euro per ogni settimana di ritardo nella pubblicazione dei dati; la sanzione è di 1.700 euro/settimana se il ritardo nella pubblicazione dei dati supera i 30 giorni. I Gruppi parlamentari o consiliari regionali ritardatari o inadempienti riguardo all’obbligo di pubblicazione dei rendiconti di bilancio, pagano una penale di 3.500 euro per i Gruppi parlamentari o di 1.700 euro per i Gruppi consiliari regionali, se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti rientra nei 15 giorni; la penale è di 5.700 euro per i Gruppi parlamentari e di 3.100 euro per i Gruppi consiliari regionali se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti è di oltre 15 giorni; la penale è di 8.700 euro per i Gruppi parlamentari e di 4.700 euro per i Gruppi consiliari regionali se il ritardo nella pubblicazione dei rendiconti supera i 30 giorni. In tutti i casi di ritardo o inadempienza nella pubblicazione dei rendiconti, l’erogazione dei contributi mensili ai Gruppi parlamentari o consiliari regionali di riferimento è sospesa d’ufficio, per 2 mensilità, senza possibilità di rimborso delle relative quote. Nei casi in cui la pubblicazione dei dati non risulti completa, ovvero emergano altre irregolarità, la Guardia di Finanza indica agli interessati il termine di 15 giorni per la regolarizzazione. Trascorso tale termine, ove l’irregolarità non risulti sanata, si applica a carico dei Segretari sezionali di Partito, dei Presidenti dei Gruppi parlamentari o consiliari regionali, o dei rappresentanti istituzionali inadempienti, una sanzione di 3.700 euro e l’immediata sospensione dalla carica politica o istituzionale di cui gli stessi detengono la titolarità, sino alla effettiva regolarizzazione. I competenti Organi della Guardia di Finanza controllano la regolarità nella pubblicazione dei rendiconti di bilancio e delle dichiarazioni annuali dei redditi da parte di tutti i soggetti interessati, ed applicano le sanzioni previste dalla legge nei casi di accertata irregolarità. 3. Ai Parlamentari, ai Consiglieri regionali ed ai titolari di cariche istituzionali, è vietato il cumulo di indennità o emolumenti stipendiali o pensionistici, derivanti dalla titolarità attuale o pregressa di cariche politiche e/o istituzionali diverse. Ogni carica politica e/o istituzionale è incompatibile con altre cariche politiche e/o istituzionali. I soggetti che hanno svolto ruoli professionali, politici, istituzionali o amministrativi pubblici diversi, hanno diritto ad acquisire un unico trattamento pensionistico, derivante dal conteggio delle contribuzioni versate in ogni singolo ruolo, attraverso il metodo della ricongiunzione. La procedura di calcolo, da effettuarsi su base contributiva, è identica a quella impiegata nel conteggio delle spettanze pensionistiche dei soggetti che hanno svolto ruoli professionali diversi. L’entità del trattamento pensionistico deve essere riferito agli emolumenti stipendiali ed ai contributi versati nell’espletamento del ruolo professionale, amministrativo e/o istituzionale risultato più duraturo rispetto agli altri. I contributi versati in difetto o in eccesso, nello svolgimento di ruoli per i quali era prevista una minore o maggiore retribuzione, sono richiesti o restituiti, con l’accesso al pensionamento, al soggetto interessato. 4. I pubblici Amministratori che hanno contribuito con dolo o colpa grave ad un dissesto finanziario o allo sperpero eccessivo di denaro pubblico, in misura superiore al milione di euro, decadono immediatamente dal ruolo amministrativo di cui detengono la titolarità e pagano, in aggiunta alle sanzioni previste dalla normativa vigente, una penale compresa fra 30.000 e 800.000 euro. Gli stessi sono esonerati a vita dal ricoprire cariche pubbliche o dal rappresentare gli Enti pubblici presso altri enti o istituzioni. 5. Gli Amministratori pubblici di livello apicale, ovvero i massimi responsabili istituzionali e/o legali degli Enti pubblici, hanno l’obbligo di rispettare, ad ogni consuntivo annuale, il pareggio di bilancio degli Enti di riferimento, disponendo l’azzeramento del deficit relativo all’anno precedente. Gli Amministratori di livello apicale degli Enti pubblici, in carica da almeno 18 mesi, i quali, alla scadenza finanziaria di una singola annualità, non avranno provveduto all’azzeramento del deficit relativo all’anno precedente, decadono immediatamente dalla carica politica, amministrativa e/o istituzionale di cui detengono la titolarità, e pagano una penale compresa fra 7.000 e 130.000 euro. Gli stessi sono esonerati a vita dal ricoprire cariche pubbliche o dal rappresentare gli Enti pubblici presso altri enti o istituzioni. 6. Ai partiti politici è permesso provvedere al proprio finanziamento attraverso i seguenti canali di entrata: 1) Quote annuali di tesseramento degli iscritti; i partiti politici hanno facoltà di fissare una quota annuale di contribuzione da parte dei propri iscritti, relativa alle seguenti specifiche attribuzioni: Promotore, Contributore, Tesserato attivista, Tesserato dirigente, Parlamentare, Ministro della Repubblica, Vice-Ministro, Sottosegretario, Presidente del Consiglio o della Giunta regionale, Presidente di Ente sub-regionale, Consigliere regionale, Assessore regionale, Sindaco, Vice-Sindaco, Consigliere comunale, Assessore comunale. 2) Autotassazioni degli iscritti; 3) Quote di stipendio dei propri rappresentanti istituzionali; 4) Donazioni o lasciti di beni mobili o immobili da parte di soggetti iscritti da almeno un anno al partito medesimo. Le donazioni e/o i lasciti non possono essere effettuati in denaro o in titoli di qualsiasi tipo rimborsabili in denaro. 5) Libere contribuzioni da parte di singoli, società, imprese o aziende i cui titolari o responsabili legali risultino iscritti da almeno un anno al partito medesimo. La quota delle libere contribuzioni deve essere compresa fra 20 e 2.000 euro mensili per ogni singolo soggetto, e non può superare, in ogni caso, i 24.000 euro all’anno. Sono vietate le libere contribuzioni, anche in forma di donazioni o lasciti a partiti politici, da parte di singoli soggetti, società, aziende o imprese che intendono concorrere, entro 3 anni dalla data della effettiva contribuzione, all’acquisizione di pubblici appalti o di commesse di qualsiasi genere da parte della pubblica amministrazione. La Guardia di Finanza ha il compito di effettuare, a scadenze prefissate, un rigoroso controllo sui registri delle entrate dei partiti politici, e sulle delibere esecutive emesse dalla pubblica amministrazione, al fine di verificare se fra i soggetti o le imprese che acquisiscono commesse o appalti da parte della pubblica amministrazione vi siano soggetti che hanno versato contributi a partiti politici nei 3 anni precedenti l’acquisizione degli appalti medesimi. L’erogazione di contribuzioni a partiti politici da parte di soggetti che acquisiscono, nei 3 anni seguenti il versamento delle contribuzioni medesime, appalti o commesse da parte della pubblica amministrazione, configura il reato di corruzione di cui all’art. 16 della presente legge. 6) Introiti derivanti dalla realizzazione di lotterie, feste o iniziative promozionali, che devono essere obbligatoriamente registrate e rendicontate sugli appositi registri, sotto la data in cui le stesse hanno termine. Tutte le contribuzioni devono essere obbligatoriamente registrate, sotto la data dell’effettivo versamento, unitamente alle generalità complete del contribuente ed ai recapiti domiciliari e telefonici dello stesso, sul registro delle entrate, di cui ogni Sezione di partito è nell’obbligo di disporre. Tutti i fondi non registrati sono considerati illeciti, ed ai responsabili sono comminate le sanzioni di cui all’art. 16 della presente legge. 7. Ogni Sezione di partito deve obbligatoriamente disporre di 4 registri, datati, timbrati e firmati, nella prima e nell’ultima pagina, dal Prefetto della provincia di riferimento, dal Segretario della sezione partitica, e dal Tesoriere della stessa. Dei quattro registri due sono predisposti alla registrazione delle entrate, il terzo alla registrazione delle uscite, il quarto alla registrazione dei rendiconti di bilancio mensili e annuali. I 2 registri per le entrate sono destinati il primo alla registrazione delle entrate ordinarie, il secondo alla registrazione delle entrate straordinarie. Il registro delle entrate ordinarie si compone di 3 sezioni: una destinata alla registrazione delle quote di tesseramento annuali degli iscritti; un’altra alle libere contribuzioni; la terza alla registrazione delle quote stipendiali versate dai rappresentanti istituzionali. Il registro delle entrate straordinarie si compone di 3 sezioni: una destinata alla registrazione delle donazioni o dei lasciti; un’altra alle autotassazioni degli iscritti, la terza alle lotterie, alle feste o alle iniziative promozionali. In riferimento alle lotterie, alle feste o alle iniziative promozionali, è obbligatorio allegare, al momento della loro registrazione sul registro delle entrate, una relazione dettagliata datata, timbrata e firmata dai responsabili di partito, contenente tutti i dati in merito al tipo di manifestazione posta in essere, alle quote richieste per i singoli ticket, al numero dei ticket venduti, al numero dei partecipanti alla manifestazione ed al totale degli introiti conseguiti. Sul registro delle uscite, in merito ad ogni singola voce registrata, è obbligatorio apporre l’esatta causale della voce di spesa, unitamente alle esatte generalità del destinatario della spesa ed ai recapiti domiciliari e telefonici dello stesso. Il registro dei rendiconti di bilancio deve prevedere 2 sezioni: una destinata ai rendiconti mensili, l’altra ai rendiconti annuali. Ogni rendiconto deve riportare per esteso tutte le voci relative alle entrate ed alle uscite, con il totale delle rispettive quote. A completamento di ogni singolo rendiconto mensile o annuale devono essere obbligatoriamente apposte le firme del Segretario e del Tesoriere della sezione partitica di riferimento, unitamente al timbro del partito. La parte di pagina rimasta inutilizzata, dopo il completamento dei rendiconti e l’apposizione delle firme e del timbro richiesti, deve essere compiutamente sbarrata, al fine di impedire l’apposizione di scritture aggiuntive. Ogni singola voce registrata, relativa ad entrate o uscite, deve essere obbligatoriamente corredata della data, delle generalità complete del tesserato, del donatore o del ricevente, e dei recapiti domiciliari e telefonici dello stesso. Ogni singola registrazione deve essere obbligatoriamente supportata dall’allegata ricevuta di contribuzione o di spesa, su cui deve essere apposta la firma del contribuente o del ricevente, unitamente a quella del Segretario o del Tesoriere di sezione, e al timbro del partito. Ai registri delle entrate e delle uscite devono essere obbligatoriamente allegate, in apposita custodia, costituente corpo unico con i registri medesimi, tutte le ricevute legali e/o le attestazioni firmate di pagamento da parte di ogni singolo contribuente, o delle singole voci di spesa effettuate dai rappresentanti del partito di riferimento. La Guardia di Finanza ha la facoltà di procedere, in qualsiasi momento, alla verifica delle entrate e delle uscite di ogni singola Sezione partitica. Ogni omissione, inadempienza o irregolarità relativa ai conti medesimi, è ascrivibile al Segretario e al Tesoriere della Sezione partitica di riferimento. I 4 registri in dotazione delle singole sezioni partitiche, devono essere conservati, al completamento degli stessi, negli archivi sezionali del partito per almeno 5 anni, unitamente all’allegata documentazione. I 4 registri in dotazione delle singole sezioni partitiche devono essere obbligatoriamente presentati, fra il 20 e il 30 dicembre di ogni anno, ai competenti organi della Guardia di finanza, i quali procedono, entro il termine di 20 giorni, a fotocopiarli e a depositarli nel proprio archivio per 5 anni, restituendone gli originali ai rispettivi titolari. I Segretari e i Tesorieri delle sezioni partitiche risultati inadempienti in merito all’obbligo di presentazione dei registri e della relativa documentazione nei termini prefissati, pagano in solido una penale di 12.000 euro, decadono immediatamente dalla carica politica di cui risultano titolari, e sono esonerati a vita dal ricoprire cariche pubbliche di livello politico, amministrativo e/o istituzionale. Gli stessi sono anche condannati da 1 a 4 anni di reclusione se i registri di cui erano responsabili, e/o la relativa documentazione, risultano dispersi, alterati o non decifrabili in toto o in parte. In caso di dismissione o di chiusura definitiva delle sezioni partitiche di riferimento, tutti i registri delle entrate, delle uscite e della rendicontazione devono essere obbligatoriamente consegnati, con la relativa documentazione, entro 30 giorni dalla chiusura definitiva delle sezioni medesime, ai competenti organi territoriali della Guardia di finanza, i quali provvedono a depositarli ed a conservarli nel proprio archivio per 5 anni. I Segretari e i Tesorieri delle sezioni partitiche risultati inadempienti in merito all’obbligo di deposito dei registri e della relativa documentazione nei termini prefissati, pagano in solido una penale di 26.000 euro e sono esonerati a vita dal ricoprire cariche pubbliche di livello politico, amministrativo e/o istituzionale. Gli stessi sono anche condannati da 1 a 4 anni di reclusione, se i registri di cui erano responsabili, e/o la relativa documentazione risultano dispersi, alterati o non decifrabili in toto o in parte. 8. A) E’ vietata per qualsiasi soggetto l’adesione a più partiti politici. B) E’ vietato per uno stesso soggetto il finanziamento a più partiti politici. C) La quota massima di finanziamento eseguibile da un singolo soggetto a beneficio di un partito politico è di 24.000 euro all’anno. D) Qualsiasi somma derivante da autotassazioni, donazioni, lasciti, quote di tesseramento, libere contribuzioni, deve essere immediatamente riportata dai responsabili del partito, unitamente all’esatta intestazione dei soggetti offerenti, sul relativo registro delle entrate predisposto nei termini di legge dal partito medesimo, da rendere disponibile, in qualsiasi momento, ai controlli degli ufficiali preposti. I trasgressori dei divieti di cui alle lettere A), B) E C) del presente articolo pagano una penale di 15.000 euro. In caso di recidiva la penale è raddoppiata. I trasgressori degli obblighi di cui alla lettera D) del presente articolo pagano una penale di 30.000 euro e sono esonerati a vita, con decorrenza immediata, dal ricoprire cariche politiche e/o istituzionali, o ruoli dirigenziali in seno a partiti politici. 9. I Partiti politici provvedono autonomamente al proprio finanziamento per tutte le spese inerenti la gestione delle sedi provinciali e/o sezionali del Partito, per i Congressi sezionali, cittadini e provinciali, per i Congressi tematici, e per tutte le iniziative che intendono promuovere sul territorio in cui esercitano la propria attività. Lo Stato fornisce ai Partiti politici, dietro documentata rendicontazione annuale, un contributo annuale per le seguenti specifiche voci di spesa: 1) Congressi nazionali per non più di uno all’anno; 2) Congressi regionali per non più di uno all’anno; 3) Pagamento delle quote di affitto delle sedi nazionali e regionali (ove non di proprietà o nella disponibilità gratuita del Partito), in misura non superiore a 1.000 euro mensili per ogni singola sede; 4) Rimborso delle spese sostenute dal Segretario nazionale del Partito per la partecipazione ufficiale ad incontri promossi dal Presidente della Repubblica, da membri del Governo nazionale o Europeo, dai Segretari nazionali dei Partiti politici e/o dei Sindacati accreditati in sede governativa; 5) Rimborso delle spese relative al pagamento degli emolumenti destinati al personale addetto alla Segreteria nazionale del Partito, in misura non superiore alle due unità, e per un totale di spesa complessivo non eccedente i 5.800 euro mensili al lordo delle ritenute; 6) Rimborso delle spese di cancelleria e telefoniche sostenute dalla Segreteria nazionale del Partito, in misura non superiore a 2.350 euro mensili. Tutte le spese rimborsabili da parte dello Stato devono essere documentate da fatture o ricevute legali, compiutamente rendicontate, ed inviate, entro il 31 dicembre di ogni anno, al Ministro del Tesoro. Il Ministro del Tesoro, dopo un’attenta e compiuta valutazione di ogni singola richiesta di rimborso, emette il mandato di pagamento intestato ai Segretari od ai Tesorieri delle sezioni partitiche di riferimento, entro 60 giorni dal ricevimento delle richieste. Il Ministro del Tesoro ha facoltà di chiedere ai richiedenti, in qualsiasi momento, chiarimenti e/o ulteriore documentazione a supporto delle richieste dagli stessi inoltrate. Contestualmente alla emissione dei mandati di pagamento, il Ministro del Tesoro trasmette alla Corte dei Conti l’intera documentazione concernente le richieste contributive di tutte le Sezioni partitiche cui è stato trasmesso il mandato di pagamento. Il rimborso è corrisposto dietro rigoroso controllo del rendiconto annuale di bilancio del Partito di riferimento. In riferimento ai Congressi nazionali e regionali, il rimborso statale può essere richiesto solo per le spese inerenti il pagamento della sala congressuale, dei dispositivi audio e video necessari allo svolgimento dei lavori, e del personale di sala. Non sono rimborsabili le spese inerenti i kit congressuali, il viaggio, il vitto e l’alloggio dei congressisti. In riferimento alle sedi partitiche nazionali e regionali, non sono rimborsabili le spese per la stampa, i giornali, i supporti video radio-televisivi o cinematografici, il vitto, l’alloggio, i viaggi e/o gli spostamenti dei dirigenti politici o del personale di servizio. Le spese per le campagne elettorali, di livello locale o nazionale, sono a carico dei singoli Partiti politici. Lo Stato non può assolutamente fornire contributi economici a singoli soggetti politici per la promozione e/o la diffusione di idee, proposte, progetti o ideologie politiche di qualsiasi genere. Possono accedere ai contributi statali solo i Partiti o i Movimenti politici che abbiano ottenuto, nell’ultima consultazione politica nazionale, un suffragio elettorale di almeno il 3.7% del totale dei votanti, e che dispongano di almeno 3 Parlamentari nazionali. 10. I processi penali disposti a carico di politici e/o pubblici amministratori per reati di corruzione, concussione, peculato, falso in bilancio, associazione a delinquere, associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, concorso doloso o colposo grave in dissesto finanziario e/o sperpero di denaro pubblico in misura superiore al milione di euro, e/o reati affini, hanno precedenza assoluta sugli altri processi. Le indagini preliminari per gli stessi reati e le relative procedure per il rinvio a giudizio devono essere ottemperate entro e non oltre 4 mesi dalla data di acquisizione della notizia di reato. Gli stessi processi devono prevedere una procedura ed una forma abbreviata, con un tempo massimo di 8 mesi per ogni singolo grado di giudizio, e con l’emissione della sentenza definitiva entro e non oltre 2 anni dall’inizio del processo. Per i reati di cui al presente articolo non si applica la prescrizione. I magistrati non rispettosi dei limiti temporali di cui alla presente normativa pagano una penale di 1.250 euro per ogni 20 giorni di ritardo sulle scadenze prefissate per i singoli processi. Le quote relative alle penali sono decurtate dagli emolumenti stipendiali dei magistrati inadempienti. I Presidenti dei Tribunali sono responsabili dei controlli rigorosi sulla tempestività dei processi di cui alla presente normativa, e del conferimento delle relative sanzioni a carico dei magistrati inadempienti. I Presidenti dei Tribunali che mancano di applicare le sanzioni previste per i magistrati inadempienti, pagano una penale di 3.000 euro per ogni 45 giorni di ritardo nel conferimento delle stesse, a partire dalla data di scadenza dei singoli gradi di giudizio, e decadono definitivamente dal ruolo presidenziale nel caso in cui l’omessa determinazione a carico dei magistrati inadempienti superi i 6 mesi di ritardo. I politici e/o i pubblici amministratori condannati in via definitiva per i reati di cui al presente articolo, decadono immediatamente dalla carica politica, istituzionale e/o amministrativa pubblica di cui detengono la titolarità, e sono dichiarati inammissibili in perpetuum a candidarsi in pubbliche consultazioni elettorali od a svolgere pubblici uffici. I politici o i pubblici amministratori già condannati per i reati di cui al presente articolo nel primo o nel secondo grado di giudizio, e candidati in pubbliche consultazioni elettorali, hanno l’obbligo di porre un asterisco, a margine delle liste elettorali e di tutto il materiale elettorale messo a stampa (volantini, manifesti, depliants, bigliettini, opuscoli, libri, ecc.) con l’esatta indicazione, ben leggibile, del reato per il quale è stata emessa la condanna non definitiva a loro carico e della relativa pena (es.: * Il candidato XY ha subito una condanna di 2° grado a 6 anni e 4 mesi di reclusione per peculato e concussione). I candidati già destinatari di condanna penale di primo o di secondo grado, i quali omettono l’esatta indicazione del reato per il quale è stata emessa la condanna a loro carico e della relativa pena su tutto il materiale elettorale stampato, pagano una penale di 22.000 euro, sono esclusi dalle pubbliche consultazioni elettorali, e non beneficiano, in caso di vittoria, dell’esito delle stesse. La stessa penale, dimezzata, è posta a carico dei pubblici ufficiali che omettono la nota indicante il reato per il quale è stata emessa la condanna e la pena conseguita dal candidato di riferimento, a margine delle liste elettorali affisse alla pubblica visione. I politici e/o i pubblici amministratori sottoposti a provvedimento di arresto o a misure restrittive e/o interdittive per qualsiasi ipotesi di reato, prima, nel contempo o dopo l’emissione del provvedimento di rinvio a giudizio a loro carico, decadono immediatamente dalla carica politica, istituzionale e/o amministrativa pubblica di cui detengono la titolarità, e non possono ricoprire ruoli politici o candidarsi in pubbliche consultazioni elettorali, sino all’esito definitivo del processo penale pendente a loro carico. Una condanna penale definitiva per qualsiasi tipo di reato, comminante una pena pari o superiore a 2 anni di reclusione, determina la decadenza immediata da ogni carica istituzionale, politica e/o amministrativa pubblica e l’inammissibilità perpetua a ricoprire cariche governative o amministrative pubbliche. Una condanna definitiva per reati di corruzione, concussione, peculato, falso in bilancio, associazione a delinquere, associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, concorso doloso o colposo grave in dissesto finanziario e/o sperpero di denaro pubblico in misura superiore al milione di euro, e/o reati affini, determina l’assoluto divieto all’acquisizione di appalti o alla fornitura di beni e/o servizi a beneficio o per conto della pubblica amministrazione; i trasgressori sono puniti con l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro, e con la decadenza immediata dalla titolarità dell’appalto o della commessa illecitamente acquisita. I condannati per i reati di cui al presente articolo o per reati contro la pubblica amministrazione, anche con sentenza non definitiva, non possono far parte di commissioni giudicatrici, non possono svolgere uffici che prevedano la gestione di finanze, e non possono assumere ruoli nella selezione o nella scelta dei contraenti dei pubblici appalti. In tutti i reati contro la pubblica amministrazione non è applicabile la prescrizione. 11. I Parlamentari ed i Consiglieri regionali possono ricoprire la carica istituzionale di cui sono titolari per non più di due mandati pieni, con regolare scadenza temporale. Se le legislature hanno durata inferiore a quella prevista dalla legge, i rappresentanti istituzionali possono ricoprire la stessa carica sino ad espletamento del totale degli anni previsti per due mandati pieni. Alla regolare scadenza del periodo corrispondente ai due mandati, il titolare della carica istituzionale è dichiarato formalmente decaduto dalla titolarità della carica, ed è surrogato dal primo dei non eletti o dall’avente diritto della propria lista elettorale. Sono esclusi dal conteggio temporale di cui al presente articolo i periodi spesi nell’espletamento di incarichi di Governo nazionale per i Parlamentari, fino ad un periodo massimo di 2 anni, o di Giunta per i Consiglieri regionali, fino ad un periodo massimo di 16 mesi. I periodi spesi negli incarichi di governo sono riferibili al solo livello, nazionale o regionale, per il quale sono stati impiegati, e non costituiscono motivo di abbuono per un livello istituzionale diverso da quello nel quale l’incarico governativo è stato espletato. I periodi espletati in incarichi governativi, eccedenti i 2 anni per gli incarichi di livello nazionale, ed i 16 mesi per gli incarichi di livello regionale, rientrano a tutti gli effetti nel conteggio degli anni previsti per la copertura dei due mandati pieni. 12. Possono essere candidati alle pubbliche consultazioni elettorali solo gli iscritti da almeno un anno al Partito politico per conto del quale intendono presentare la propria candidatura. 13. La Corte dei conti ha la facoltà di esercitare un controllo pieno, preventivo, contestuale o posteriore, sui finanziamenti pubblici percepiti dai singoli Gruppi politici parlamentari o consiliari, e dai singoli Partiti politici, nonché su tutte le spese dagli stessi effettuate. La facoltà di controllo della Corte dei conti è anche estesa ai rendiconti di bilancio ed a tutte le spese effettuate dagli amministratori degli Enti pubblici di livello locale o nazionale, e/o degli Enti sub-regionali o parastatali. 14. I Parlamentari e/o gli Amministratori degli Enti pubblici, di livello nazionale o locale, non possono in alcun caso proporre o deliberare autonomamente un aumento delle quote stipendiali e/o delle indennità di carica per sé stessi, per i propri colleghi o per il personale dipendente. Tale ufficio è di esclusiva pertinenza del Governo nazionale. Gli aumenti delle quote stipendiali e/o delle specifiche indennità dei Parlamentari e degli Amministratori pubblici da parte del Governo nazionale possono essere unicamente finalizzate a compensare le riduzioni di valore della moneta corrente, senza prevedere alcun incentivo, privilegio o motivo premiante per la classe politica o amministrativa di riferimento; né possono essere inseriti fra gli emolumenti da corrispondere ai Parlamentari, ai Consiglieri regionali ed ai pubblici amministratori, voci aggiuntive di rimborso o di spesa oltre quelle già specificatamente previste dalla presente normativa. 15. Ai Gruppi politici ed alle Commissioni parlamentari o consiliari di livello regionale, provinciale o comunale, così come ai componenti degli Uffici di Presidenza delle Assemblee parlamentari o consiliari, non è assegnato alcun automezzo di rappresentanza. In aggiunta ai contributi erogati a titolo di rimborso-spese ai singoli Gruppi parlamentari e/o consiliari, già compiutamente predefiniti dalla presente normativa, non è previsto alcun capitolo di spesa riferibile a contributi particolari, ordinari o straordinari, da erogare alle Assemblee parlamentari o consiliari. Gli Uffici di presidenza delle Assemblee parlamentari o consiliari hanno il compito di vagliare compiutamente tutte le spese sostenute dai singoli Gruppi parlamentari o consiliari di propria competenza, e non erogano alcun contributo a titolo di rimborso-spese senza aver dapprima vagliato con estremo rigore la correttezza, la validità e la legittimità di ogni singola spesa di cui si richiede il rimborso. 16. A cadenza annuale, entro e non oltre il 20 febbraio di ogni anno, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri della Repubblica hanno l’obbligo di pubblicare, sul sito web ufficiale dell’Ente ministeriale di riferimento: A) Il rendiconto di bilancio ministeriale relativo all’anno precedente, unitamente all’elenco completo di tutte le unità immobiliari di proprietà o nella disponibilità dell’Ente ministeriale con le relative destinazioni d’uso. B) L’elenco completo degli incarichi e/o degli appalti affidati nell’anno precedente dall’Ente ministeriale a professionisti esterni, aziende o imprese, specificando le scadenze, i costi ed i rapporti di convenzione o di consulenza intrapresi con gli stessi. C) I motivi del ritardo o del mancato rispetto delle scadenze prefissate, ove presenti, nella esecuzione delle opere o nella fornitura dei servizi predisposti dall’Ente ministeriale, e tutte le misure poste in essere per ovviare a tali ritardi. D) L’elenco completo degli Enti e delle Società partecipate, controllate e/o dipendenti economicamente dall’Ente ministeriale di riferimento, con le relative specifiche attribuzioni e competenze, e con le generalità complete ed i recapiti telefonici degli amministratori degli stessi. E) I dati anagrafici, i riferimenti politici ed i recapiti telefonici del Ministro, del Vice-Ministro e dei Sottosegretari, nonché i dati anagrafici ed i recapiti telefonici di tutti i Dirigenti di livello apicale dell’Ente ministeriale di riferimento, unitamente al modello completo dell’ultima denuncia dei redditi dagli stessi effettuata. I Ministri inadempienti riguardo agli obblighi di cui al presente articolo, pagano una penale di 1.750 euro per ogni settimana di ritardo nella pubblicazione dei dati di cui alla presente normativa, anche se l’inadempienza risulta parziale. Ove il ritardo nella pubblicazione di tutti i dati di cui al presente articolo superi i due mesi, al pagamento della penale si associa la decadenza immediata dalla carica ministeriale. 17. A cadenza annuale, entro e non oltre il 20 febbraio di ogni anno, i Presidenti dei Consigli regionali hanno l’obbligo di pubblicare, sul sito web ufficiale della Regione di riferimento: A) Il rendiconto di bilancio regionale relativo all’anno precedente, unitamente all’elenco completo di tutte le unità immobiliari di proprietà o nella disponibilità della Regione con le relative destinazioni d’uso. B) L’elenco completo degli incarichi e/o degli appalti affidati nell’anno precedente dall’Ente regionale a professionisti esterni, aziende o imprese, specificando le scadenze, i costi ed i rapporti di convenzione o di consulenza intrapresi con gli stessi. C) I motivi del ritardo o del mancato rispetto delle scadenze prefissate, ove presenti, nella esecuzione delle opere o nella fornitura dei servizi predisposti dall’Ente regionale, e tutte le misure poste in essere per ovviare a tali ritardi. D) L’elenco completo degli Enti sub-regionali con le loro specifiche attribuzioni e competenze, unitamente alle generalità ed ai i recapiti telefonici degli amministratori degli stessi. E) L’elenco completo di tutte le Società partecipate, controllate e/o dipendenti economicamente dall’Ente regionale, con le relative specifiche attribuzioni e competenze. F) I dati anagrafici, i riferimenti politici ed i recapiti telefonici dei singoli eletti al Consiglio regionale e dei componenti della Giunta regionale, unitamente al modello completo dell’ultima denuncia dei redditi dagli stessi effettuata. I Presidenti dei Consigli regionali inadempienti riguardo agli obblighi di cui al presente articolo, pagano una penale di 1.250 euro per ogni settimana di ritardo nella pubblicazione dei dati di cui alla presente normativa, anche se l’inadempienza risulta parziale. Ove il ritardo nella pubblicazione di tutti i dati di cui al presente articolo superi i due mesi, al pagamento della penale si associa la decadenza immediata dalla carica di Presidente del Consiglio regionale. 18. A cadenza annuale, entro e non oltre il 20 febbraio di ogni anno, i Presidenti degli Enti sub-regionali hanno l’obbligo di pubblicare, sul sito web ufficiale dell’Ente di riferimento: A) Il rendiconto di bilancio dell’Ente relativo all’anno precedente, unitamente all’elenco completo di tutte le unità immobiliari di proprietà o nella disponibilità dell’Ente con le relative destinazioni d’uso. B) L’elenco completo degli incarichi e/o degli appalti affidati nell’anno precedente dall’Ente di riferimento a professionisti esterni, aziende o imprese, specificando le scadenze, i costi ed i rapporti di convenzione o di consulenza intrapresi con gli stessi. C) I motivi del ritardo o del mancato rispetto delle scadenze prefissate, ove presenti, nella esecuzione delle opere o nella fornitura dei servizi predisposti dall’Ente sub-regionale, e le misure poste in essere per ovviare a tali ritardi. D) I dati anagrafici, i riferimenti politici ed i recapiti telefonici di tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione dell’Ente, unitamente al modello completo dell’ultima denuncia dei redditi dagli stessi effettuata. I Presidenti degli Enti sub-regionali inadempienti riguardo agli obblighi di cui al presente articolo, pagano una penale di 1.250 euro per ogni settimana di ritardo nella pubblicazione dei dati di cui alla presente normativa, anche se l’inadempienza risulta parziale. Ove il ritardo nella pubblicazione di tutti i dati di cui al presente articolo superi i due mesi, al pagamento della penale si associa la decadenza immediata dalla carica di Presidente dell’Ente sub-regionale di riferimento. 19. A cadenza annuale, entro e non oltre il 20 febbraio di ogni anno, i Sindaci di tutti i Comuni hanno l’obbligo di pubblicare, sul sito web ufficiale del Comune di riferimento: A) Il rendiconto di bilancio comunale relativo all’anno precedente, unitamente all’elenco completo di tutte le unità immobiliari di proprietà o nella disponibilità dell’Ente comunale con la relativa destinazione d’uso. B) L’elenco completo degli incarichi e/o degli appalti affidati nell’anno precedente dall’Ente comunale a professionisti esterni, aziende o imprese, specificando le scadenze, i costi ed i rapporti di convenzione o di consulenza intrapresi con gli stessi. C) I motivi del ritardo o del mancato rispetto delle scadenze prefissate, ove presenti, nella esecuzione delle opere o nella fornitura dei servizi predisposti dall’Ente comunale, e le misure poste in essere per ovviare a tali ritardi. D) I dati anagrafici, i riferimenti politici ed i recapiti telefonici del Sindaco, dei Consiglieri comunali e dei componenti della Giunta comunale, unitamente al modello completo dell’ultima denuncia dei redditi dagli stessi effettuata. I Sindaci inadempienti riguardo agli obblighi di cui al presente articolo, pagano una penale di 750 euro per ogni settimana di ritardo nella pubblicazione dei dati di cui alla presente normativa, anche se l’inadempienza risulta parziale. Ove il ritardo nella pubblicazione di tutti i dati di cui al presente articolo superi i due mesi, al pagamento della penale si associa la decadenza immediata dalla carica di Sindaco. 20. Tutte le delibere approvate dagli Enti amministrativi pubblici, devono essere integralmente pubblicate, entro 30 giorni dalla data di approvazione delle stesse, sui siti web ufficiali dell’Ente di riferimento. I responsabili della pubblicazione delle delibere sono i massimi rappresentanti istituzionali e/o legali dell’Ente amministrativo di riferimento. I responsabili degli Enti pubblici inadempienti riguardo all’obbligo di cui al presente articolo sono puniti con l’ammenda di 750 euro per ogni settimana di ritardo nella pubblicazione delle delibere. Ove il ritardo nella pubblicazione delle stesse superi i 3 mesi dalla data della loro approvazione, al pagamento dell’ammenda si associa la decadenza immediata dalla carica istituzionale di cui il soggetto inadempiente è titolare. 21. Chi ha svolto ruoli politici, istituzionali, amministrativi e/o dirigenziali nella pubblica amministrazione, non può svolgere, nei 3 anni seguenti la cessazione del medesimo ruolo, mansioni o incarichi, anche in forma di semplice collaborazione, consulenza o supervisione, in favore o per conto di soggetti privati, aziende o imprese titolari di appalti o commesse di qualsiasi genere per conto della pubblica amministrazione. I trasgressori sono puniti con l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro e con l’interdizione per 3 anni dai pubblici uffici. 22. In tutte le Scuole medie, con specifico riferimento agli studenti che frequentano l’ultimo anno delle stesse, e nelle Scuole superiori, con specifico riferimento agli studenti che frequentano l’ultimo biennio delle stesse, devono essere programmati, a cadenza annuale, dei Corsi di formazione specifica, inerenti Il sano e corretto esercizio dell’attività politico-amministrativa pubblica. I Corsi, finalizzati a trasmettere agli studenti i Presupposti etici fondamentali da porre alla base dell’esercizio dell’attività politico-amministrativa, da spendersi volontariamente al servizio esclusivo della propria comunità, hanno durata bimestrale e sono da tenersi nelle ore pomeridiane, per due giorni a settimana, con un impiego complessivo di 42 ore annuali. Entro 6 mesi dalla entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell’Istruzione predispone il materiale didattico, i video informativi ed i testi ufficiali per l’insegnamento della materia, e provvede, nel contempo, alla formazione e all’adeguamento del personale docente. I Corsi destinati agli studenti dell’ultimo biennio delle Scuole superiori devono prevedere programmi annuali diversificati in relazione al diverso anno di corso. Al termine dei Corsi è prevista per gli studenti una duplice prova di esame, scritta e orale, che assegni agli stessi un punteggio da inserire, a tutti gli effetti, nella votazione finale del diploma. Per ogni singola prova di esame è acquisibile un punteggio massimo di 15 punti. Il punteggio finale è positivo se compreso fra 15 e 30 trentesimi. Coloro che acquisiscono un punteggio insufficiente, inferiore ai 15 trentesimi, sono penalizzati di 1 punto nella votazione finale del diploma. Coloro che acquisiscono invece un punteggio compreso fra 18 e 30 trentesimi conseguono una maggiorazione da 1 a 3 punti nella votazione finale del diploma, o l’attribuzione della lode in caso di acquisizione della massima votazione. Per gli studenti dell’ultimo biennio delle Scuole superiori, ai fini dell’attribuzione del voto, è valida la media risultante dai punteggi conseguiti nei due diversi anni di corso, con una maggiorazione di mezzo punto in caso di risultanze numeriche non intere. 26. CLIENTELISMO E RACCOMANDAZIONI Il clientelismo, le raccomandazioni, i privilegi precostituiti, non sono che retaggi di un sistema e di una sottocultura profondamente deviati e distorti che privilegiano il potere per sé ed i suoi accoliti, anziché il merito, la giustizia e le sue sacre prerogative. Tali deplorevoli meccanismi si dimostrano, pertanto, irriguardosi del corpo sociale nel suo insieme, oltre che della sacra dignità di ogni singola persona umana, che fondata sulla giustizia e sull’inviolabilità della legge divina, soltanto in esse trova vero riconoscimento e piena attestazione. In particolare, chi è chiamato a giudicare ed a valutare i concorrenti dei pubblici concorsi, è moralmente e giuridicamente obbligato a tener conto del merito innanzitutto, e poi di ogni altro eventuale fattore complementare, ed è un obbligo morale e giuridico da ottemperare dinanzi a Dio ed agli uomini, perché finchè dureranno il clientelismo, le raccomandazioni ed i privilegi precostituiti, si premieranno e si faranno emergere non le qualità, le professionalità e le competenze specifiche, di cui ha pieno bisogno il corpo sociale, ma doti di carattere diverso, sì da penalizzare pesantemente la società, e perpetuare l’abuso e la sopraffazione del più forte sul più debole. Tutto ciò non può che accrescere il malessere e gli squilibri sociali, oltre che l’inefficienza e l’improduttività dei pubblici servizi, con il paradosso di veder legittimate persone di non acclarata competenza o professionalità in ruoli-chiave di non loro spettanza, a sicuro decremento degli standard produttivi e qualitativi delle nostre comunità, ed a palese beffa della giustizia e delle sue alte prerogative. DISEGNO LEGISLATIVO CRITERI DI RIPARTIZIONE DEL PUNTEGGIO DA ASSEGNARE AI TITOLI ED ALLE PROVE D’ ESAME DEI CANDIDATI NEI CONCORSI PUBBLICI. Nei concorsi pubblici, il punteggio conferibile ai titoli ed alle prove d’esame dei candidati ammessi alla pubblica selezione, è così ripartito: il 70% del punteggio è assegnato ai titoli, il restante 30% è assegnato alle prove d’esame. Il 70% del punteggio attribuibile ai titoli è così ripartito: Il 15% del punteggio è assegnato ai titoli di studio e/o accademici. Il 10% è assegnato alle votazioni finali conseguite nell’acquisizione dei titoli di studio o accademici. Il 7% è assegnato al periodo di tempo impiegato per il conseguimento dei titoli di studio o accademici. Il 24% è assegnato all’anzianità professionale e/o lavorativa nel settore specifico o nel settore allo stesso equiparato. Il 7% è assegnato al praticantato nel settore specifico: corsi, seminari, congressi, tirocini, masters. Il 7% è assegnato alle pubblicazioni. Il 30% del punteggio attribuibile alle prove d’esame è così ripartito: 15% alla prova scritta o ai test di qualificazione, 15% alla prova pratica e/o orale. Ai padri di famiglia con moglie e prole a carico, i quali, alla data di scadenza per la presentazione delle domande di ammissione al concorso risultano disoccupati da almeno 6 mesi, è assegnato un punteggio aggiuntivo di 6 centesimi del massimo punteggio assegnabile ai soli titoli, addizionato di 1 centesimo per ogni figlio a carico, escluso il primo. I punteggi aggiuntivi sono assegnati anche in caso di vedovanza. In caso di separazione o di divorzio dal coniuge, sono assegnati soltanto i punteggi riferibili ai figli a carico, escluso il primo. A pag. 801, in riferim. all’asterisco al penultimo rigo (Capit. Eur. d. cultura): * Il 17 ottobre 2014 la Città di Matera è stata proclamata “Capitale Europea della Cultura 2019”. A pag. 801, dopo “Paradiso” continua così: Infine, nell’ottobre 2015, nell’ambito delle celebrazioni per il 750° anniversario dalla nascita di Dante, i Sassi di Matera hanno rappresentato lo scenario evocativo naturale di un evento straordinario, mai rappresentato sinora al mondo: la lettura completa della Divina Commedia, nell’arco di soli 3 giorni, mediante la partecipazione corale di ben 370 lettori. L’iniziativa, dal titolo “Matera InCanta Dante”, è stata promossa congiuntamente dal Club Unesco di Matera, dal Circolo culturale “La Scaletta” e dalla Società Italiana Dante Alighieri, che da subito ha ravvisato nell’iniziativa una “perla” fra tutte le celebrazioni dantesche del 2015. Fra i lettori, di ogni professione ed estrazione sociale (Fig. 246C), sono comparsi nomi molto conosciuti nel panorama culturale italiano, come lo studioso d’arte Vittorio Sgarbi, Enrique Irazoqui (il protagonista del Vangelo secondo Matteo di Pasolini), il poeta e scrittore Davide Rondoni, il pittore fiorentino Marco Rindori, l’attore Ulderico Pesce, il regista Franco Palmieri, la campionessa pallavolista europea Consuelo Mangifesta, oltre a nomi famosi del mondo televisivo e cinematografico italiano. In concomitanza con l’evento, sono andati esauriti nelle librerie materane tutti i volumi della Divina Commedia, la cui lettura ha contagiato tutti: ragazzi di ogni età, adulti ed anziani. Un articolo di stampa ha ben fatto rilevare: “Non può essere che Matera il luogo della rinascita di Dante: per i suoi luoghi, le voragini e i picchi, l’orrido e il meraviglioso. E’ una storia che in sessant’anni l’ha condotta dall’Inferno della “vergogna nazionale”, come venne definita, al Paradiso di simbolo della Cultura europea, quasi il vessillo di una realtà del Sud che dimostra che l’opportunità di riscatto del Mezzogiorno è possibile se c’è consapevolezza della propria storia, determinazione a continuare, a essere fucina di arti, di ideali, di futuro. Un autentico capitale di cultura” (Fig. 246B). ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6. D.L. NORME FINALIZZATE AL CONTRASTO E ALLA PREVENZIONE DEGLI ATTI DI VIOLENZA SULLE DONNE E DEL FEMMINICIDIO. PREAMBOLO La presente legge assume validità nei casi in cui il presunto autore del reato di stalking, minaccia plurima o aggravata, atti di violenza o percosse ripetute o continuative, tentato omicidio, violenza verbale e/o psicologica plurima o continuativa nei confronti di soggetti di sesso femminile, è sottoposto a indagini preliminari o a procedimento giudiziario, e non è stato ancora attinto da condanna definitiva per i medesimi reati. Con l’emissione della sentenza di condanna in via definitiva, unitamente alle pene previste dalla stessa, è possibile l’adozione delle misure stabilite dalla presente normativa, ove espressamente stabilito dalla sentenza definitiva di condanna, limitatamente ai casi in cui si rendano necessarie ulteriori misure preventive, sussistendo sufficienti motivi di rischio di reiterazione del reato. DISPOSIZIONI GENERALI Chi è risultato autore, sulla base di prove testimoniali e/o documentali, di azioni di stalking, minaccia plurima o aggravata, atti di violenza o percosse ripetute o continuative, tentato omicidio, violenza verbale e/o psicologica plurima o continuativa nei confronti di soggetti di sesso femminile, è sottoposto a immediato stato di fermo e alle misure cautelari disposte dalla presente legge. La presente normativa non inficia o preclude quanto previsto, in merito ai medesimi reati, dalle vigenti norme del codice penale. In presenza di una o più delle situazioni di cui all’art. 1 della presente legge, la vittima, un congiunto della stessa o un testimone dell’evento di cui la donna di riferimento è risultata vittima, possono contattare le Forze dell’Ordine al recapito specifico dalle stesse indicato, e richiedere l’intervento e/o l’assistenza della Squadra speciale per il Contrasto e la Prevenzione degli atti di violenza sulle donne. A seguito della segnalazione, uno o più agenti in incognito raggiungono la vittima sul luogo indicato, e formalizzano, sulla base delle dichiarazioni della stessa, un Verbale di primo sopralluogo, da redigersi in forma strettamente anonima e secretata. Entro 7 ore dalla redazione del verbale di primo sopralluogo, se dallo stesso emergono elementi sufficienti ad avvalorare una o più ipotesi di reato a carico del presunto colpevole, l’Autorità giudiziaria dispone l’immediata messa sotto controllo delle utenze telefoniche nella disponibilità della vittima e del presunto autore del reato, disponendo nel contempo le opportune misure intercettive ambientali. Tale procedura dà avvio al Piano immediato di protezione della vittima, programmato, inizialmente, per lo spazio temporale stabilito dal Giudice, il quale ha la facoltà di variare, in qualsiasi momento, la durata e il tipo delle misure previste dal Piano medesimo. Il Piano può anche prevedere, unitamente alle intercettazioni telefoniche e ambientali, il pedinamento a distanza della vittima e/o lo stazionamento presso il domicilio della stessa, al fine di proteggerla da eventuali aggressioni o acquisire, ove mancanti, le prove del reato. Nel contempo l’Autorità giudiziaria predispone un’adeguata Assistenza psicologica per la vittima e, in caso di necessità, la dotazione alla stessa di un dispositivo di allarme collegato, per tutta la durata del Piano, ai competenti organi di polizia. Ai fini dell’accertamento delle dinamiche e degli autori del reato, assumono valenza probatoria decisiva le testimonianze rese da persone residenti nel contesto domiciliare della vittima, da parenti e/o conoscenti della stessa, o da testimoni occasionali. Identica valenza probatoria assumono le denunce formalizzate dalla vittima per eventi violenti o traumatici subiti in precedenza dei fatti in esame, o i referti rilasciati da strutture sanitarie pubbliche attestanti lesioni o traumi inferti alla vittima da parte del medesimo aggressore. Unitamente alle prove documentali e/o testimoniali, assumono prevalente valenza probatoria gli esiti delle intercettazioni telefoniche o ambientali, ed i riscontri forniti dagli agenti incaricati del pedinamento o dello stazionamento nel contesto domiciliare della vittima. Con l’acquisizione della prova di reato, l’Autorità giudiziaria dispone il Fermo immediato del presunto autore del reato, il quale è tradotto in Questura e sottoposto ad interrogatorio. Il presunto autore del reato è quindi sottoposto a trattamento psico-sanitario obbligatorio presso una struttura sanitaria pubblica, sotto regime di degenza nei casi più gravi, o mediante gestione ambulatoriale. Il trattamento psico-sanitario deve proseguire, sulla base della valutazione dei sanitari, sino al completo ristabilimento psicofisico del soggetto sottoposto a fermo. Il soggetto in stato di fermo, già in trattamento psico-sanitario obbligatorio, è sottoposto, sulla base delle risultanze investigative e della specifica valutazione dell’Autorità giudiziaria, ad una delle seguenti misure cautelari: Arresti domiciliari della durata non inferiore ai 2 mesi, con aspettativa lavorativa non retribuita. Allontanamento temporaneo dal luogo di residenza della vittima, per il periodo stabilito dall’Autorità giudiziaria, e sistemazione temporanea presso una struttura specifica di accoglienza, munita di dispositivi idonei ad ostacolare o a prevenire tentativi di fuga da parte dei soggetti sottoposti a fermo. Divieto di dimora nel contesto di residenza della vittima, della durata non inferiore ai 3 mesi, con obbligo giornaliero di firma presso una locale stazione di polizia. Obbligo di dimora a più di 300 km di distanza dal luogo di residenza della vittima, della durata non inferiore ai 6 mesi, con obbligo giornaliero di firma presso una locale stazione di polizia. Confino a non meno di 1.000 km di distanza dal luogo di residenza della vittima, della durata non inferiore ai 2 anni, con obbligo serale di firma ogni 2 giorni. Le misure cautelari di cui al presente articolo prevedono, per i soggetti non sottoposti agli arresti domiciliari, il diritto all’esercizio dell’attività lavorativa o, nei casi di impedimento all’esercizio della stessa, il diritto alla conservazione del posto di lavoro mediante aspettativa non retribuita. Il soggetto sottoposto a cambio di residenza o ospitato presso strutture di accoglienza può usufruire di mezzi di trasporto gratuiti per il collegamento con il posto di lavoro. Se il posto di lavoro del soggetto sottoposto a fermo è ubicato nel contesto domiciliare della vittima o nel contesto lavorativo della stessa, ovvero a meno di 1 Km di distanza dai medesimi siti, il soggetto sottoposto a fermo è obbligatoriamente esentato dall’esercizio dell’attività lavorativa in tale sede, per tutta la durata del fermo, con il beneficio dell’aspettativa lavorativa non retribuita; lo stesso può svolgere identico o diverso lavoro in una sede differente. Nei casi di cui ai commi 4) e 5) del presente articolo, il soggetto sottoposto a fermo, ove impossibilitato ad esercitare l’attività lavorativa di cui risulta titolare, può beneficiare di un’aspettativa lavorativa non retribuita, di un nuovo impiego lavorativo autonomamente assunto nel nuovo contesto di residenza, o di un impiego retribuito in lavori socialmente utili, sulla base delle specifiche valutazioni dell’Autorità giudiziaria. Se il soggetto sottoposto a fermo dispone di una rendita o di beni patrimoniali sufficienti al proprio sostentamento, le spese di permanenza nel nuovo luogo di residenza sono a carico dello stesso. Se il soggetto sottoposto a fermo non dispone di sufficienti mezzi economici, le spese di permanenza nel nuovo luogo di residenza sono a carico dello Stato. I trasgressori delle disposizioni e/o dei divieti di cui al presente articolo sono puniti con la detenzione carceraria da 1 a 3 anni e con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Trascorsi 2 mesi dall’avvio della misura cautelare o interdittiva, i sanitari incaricati del trattamento psico-sanitario obbligatorio sul soggetto di riferimento, redigono una Relazione tecnica riportante un’approfondita e circostanziata valutazione sulle capacità relazionali e sullo stato di equilibrio psicofisico dello stesso. Sulla base della relazione tecnica redatta dai sanitari, l’Autorità giudiziaria può disporre, in continuazione o in alternativa a quanto già stabilito per il soggetto sottoposto a fermo, una o più delle seguenti misure: a) Ritorno alla vita normale con obbligo di firma serale presso una locale stazione di polizia, per un periodo non inferiore ai 2 mesi; b) Assoluto divieto, in perpetuo, di transito o di stazionamento nel contesto domiciliare della vittima; c) Assoluto divieto, in perpetuo, di approcciarsi per via telefonica o mediante internet con la vittima; d) Assoluto divieto, in perpetuo, di portare armi o strumenti di offesa. Nel caso in cui il soggetto già sottoposto a fermo risulti essere un congiunto e/o convivente della vittima, non può far rientro nell’abitazione della stessa, ma deve far riferimento, sino a diversa disposizione dell’Autorità giudiziaria, ad un alloggio diverso. L’Autorità giudiziaria può disporre, su istanza della vittima, un provvedimento di separazione coniugale temporanea o definitiva, assegnando la prole, ove ve ne siano i requisiti, sotto la potestà genitoriale della vittima. I conseguenti provvedimenti sono assunti in conformità a quanto previsto dalla normativa che disciplina la separazione legale fra coniugi. Ove l’Autorità giudiziaria disponga che il soggetto sottoposto a fermo possa incontrare, in un prossimo o lontano futuro, la vittima, quale suo legittimo coniuge, gli incontri possono avvenire solo se la vittima è consenziente, e sotto stretta vigilanza e controllo dei competenti organi di polizia, i quali hanno facoltà di imporre al soggetto di riferimento l’obbligo della firma sia prima che dopo gli incontri con il coniuge. Dimora a più di 150 km dal luogo di residenza della vittima; collegamento gratuito con il luogo di lavoro; obbligo di firma serale presso una stazione di polizia, assoluto divieto di transito o di stazionamento sul luogo di residenza della vittima; divieto assoluto di portare armi o strumenti di offesa. Dimora a più di 600 km dal luogo di residenza della vittima, della durata non inferiore ai 3 anni; riduzione della durata della misura cautelare in caso di buona condotta e/o di positiva valutazione dei sanitari. Cambio definitivo di residenza, da fissarsi a distanza non inferiore ai 600 km dal luogo di residenza della vittima, con obbligo serale di firma ogni 2 giorni. Confino permanente a distanza non inferiore ai 1.000 km dal luogo di residenza della vittima, con obbligo serale di firma ogni due giorni. Detenzione carceraria di durata non inferiore ai 2 anni per i casi più gravi o per i recidivi. Nei casi di cui ai commi 3), 4) e 5) del presente articolo, il soggetto di riferimento, ove impossibilitato ad esercitare l’attività lavorativa di cui risulta titolare, può beneficiare di un’aspettativa lavorativa non retribuita, di un nuovo impiego lavorativo autonomamente assunto nel nuovo contesto di residenza, o di un impiego retribuito in lavori socialmente utili, sulla base delle specifiche valutazioni dell’Autorità giudiziaria. I trasgressori delle disposizioni e/o dei divieti di cui ai commi 1), 2), 3), 4) e 5) del presente articolo, sono puniti con la detenzione carceraria da 2 a 5 anni e con l’ammenda da 1.000 a 20.000 euro. In caso di effettiva buona condotta, per un periodo non inferiore ai 3 mesi, e di una positiva valutazione da parte dei sanitari, l’Autorità giudiziaria può autorizzare un avvicinamento graduale al luogo originario di residenza del soggetto di riferimento, o anche procedere a misure alternative, stabilendo che lo stesso possa gradatamente alleggerire il proprio percorso, sperimentando le singole misure previste dall’art. 8 della presente legge, in ordine inverso, fino al ristabilimento della normalità. Ogni singola decisione dell’Autorità giudiziaria deve essere strettamente subordinata al parere dei sanitari che hanno in trattamento il soggetto di riferimento. In caso di recidiva o di aggravamento del comportamento aggressivo del soggetto di riferimento, in aggiunta alle sanzioni penali previste dall’art. 8 della presente legge, l’Autorità giudiziaria può disporre, dopo lo sconto della pena da parte del medesimo soggetto, il passaggio alla misura precauzionale o interdittiva successiva rispetto a quella disposta prima dell’aggravamento del comportamento aggressivo, secondo l’ordine numerico prefissato dall’art. 8 della presente legge, senza sconti riguardo alla durata della nuova misura precauzionale o interdittiva adottata. 7. D.L. NORME CHE DEFINISCONO LA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI IN ORDINE ALLA ATTUAZIONE DI REATI DOLOSI O COLPOSI DA PARTE DEGLI STESSI NELL’ESERCIZIO DELLE LORO SPECIFICHE FUNZIONI. PREAMBOLO La più alta responsabilità pubblica, tanto di ordine civile che morale, che un uomo possa detenere sulla terra, unitamente a quella politica, è quella del pubblico giudizio. Per entrambe occorrono cinque doti imprescindibili: 1. Massima onestà; 2. Massima imparzialità; 3. Sommo equilibrio; 4. Assoluta serenità di giudizio; 5. Disposizione incondizionata a porsi al servizio esclusivo della propria comunità, al fine di promuoverne costantemente il bene e prevenirla con tutte le forze dal male. DISPOSIZIONI GENERALI Il pubblico magistrato, il quale nell’esercizio delle sue specifiche funzioni, volte ad emettere un giudizio, un parere, un’ordinanza o una sentenza, in una qualsiasi fase di un procedimento giudiziario di ordine civile, amministrativo o penale: Non tiene conto delle prove e/o degli elementi cardini o decisivi ai fini del giudizio; Non ammette una prova e/o una testimonianza che possono dimostrarsi determinanti o decisive ai fini del giudizio; Nega l’evidenza emersa o rilevabile dagli atti testimoniali, documentali e/o dibattimentali formalmente assunti nel processo; Non valuta con rigore e con la dovuta attenzione la credibilità, l’attendibilità e/o la veridicità dei testimoni-chiave o decisivi ai fini del giudizio; Non conduce le fasi dibattimentali e/o l’interrogatorio ai testi o agli imputati in maniera corretta, trasparente ed assolutamente imparziale; Emette un giudizio e/o infligge una pena assolutamente inadeguati, incoerenti, contrastanti o sproporzionati rispetto all’entità o alla gravità dei reati commessi, o per quanto attiene al merito o all’oggetto del giudizio; può essere oggetto di denuncia da parte dei soggetti che si ritengono penalizzati, offesi o non giudicati in modo appropriato in un pubblico processo. La denuncia, riferita esclusivamente ai motivi di cui ai commi a), b), c), d), e), f) del presente articolo, può essere formalizzata alla competente magistratura entro e non oltre 60 giorni dal deposito delle motivazioni alla sentenza emessa dal magistrato di riferimento. La medesima denuncia non inficia o preclude, sino all’esito definitivo del relativo giudizio, gli effetti e/o i termini procedurali della sentenza oggetto di contestazione. La denuncia volta ad accertare la Responsabilità dolosa o colposa di un magistrato nella formulazione di un giudizio ritenuto presumibilmente ingiusto, inadeguato o inappropriato, di cui all’art. 1 della presente legge, può essere formalizzata dai seguenti soggetti: a) Dal soggetto destinatario del giudizio, ovvero dall’imputato o dalla parte attrice; b) Dai soggetti implicati o aventi interesse, per qualsiasi motivo, nel giudizio medesimo, ovvero dalle parti civili o concorrenti, formalmente costituitesi in giudizio; c) Dal Pubblico ministero o dal Procuratore generale investito di tale specifico ruolo nel procedimento giudiziario di riferimento. Perché un magistrato possa essere rinviato a giudizio, in ordine ai reati di cui alla presente legge, occorrono tre presupposti imprescindibili: Che l’errore, l’omissione, la condotta inappropriata o l’inadeguato giudizio oggetto di contestazione, posti verosimilmente in essere dal magistrato oggetto di denuncia, risultino con la massima evidenza; Che gli esatti termini dell’errore, dell’omissione, della condotta e/o del giudizio oggetto di contestazione siano stati formalmente esplicitati al magistrato di riferimento nel corso delle fasi dibattimentali, o mediante lettera raccomandata inviata congiuntamente allo stesso e al Presidente del Tribunale ove il medesimo giudizio è stato emesso, entro e non oltre 30 giorni dal deposito delle motivazioni alla sentenza oggetto di contestazione. Che nonostante i rilievi formalmente mossi, il magistrato oggetto di denuncia non abbia posto in essere alcuna iniziativa, al fine di esaminare compiutamente il giudizio o la condotta oggetto di contestazione e porvi, se dovute, le necessarie correzioni. Il magistrato oggetto di denuncia ha la facoltà di ritirare, per intervenute esigenze revisionali, precedenti risoluzioni, e disporre, sulla base di nuove o meglio definite acquisizioni, un nuovo giudizio, secondo quanto previsto dall’art. 6 della presente legge. Ogni atto riferito, conseguente o in risposta alle denunce di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge, deve essere datato, firmato, protocollato, inserito nel fascicolo processuale di riferimento, ed inviato, entro 7 giorni dalla data del relativo protocollo, mediante lettera raccomandata, all’autore dell’esposto. Entro 15 giorni dal ricevimento degli atti emessi in risposta al merito della contestazione, il denunciante ha l’obbligo di comunicare mediante lettera raccomandata, al Presidente del Tribunale presso il quale la denuncia è stata inoltrata, se intende ritirare o confermare la denuncia già formalizzata; in mancanza di tale comunicazione o di invio tardivo della stessa, la denuncia di riferimento è definitivamente annullata, senza possibilità di riformulazione. Il competente GIP valuta le diverse posizioni e decide se rinviare a giudizio il magistrato oggetto di denuncia o archiviare la relativa pratica, assumendo la decisione nel merito entro e non oltre 45 giorni dalla data nella quale la denuncia di cui all’art. 1 e 2 della presente legge è stata formalizzata. 4. La denuncia di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge può essere formalizzata presso una qualunque sede della Procura della Repubblica, ubicata in una regione limitrofa a quella nella quale ha avuto luogo il procedimento giudiziario oggetto di contestazione. Se il giudizio oggetto di contestazione non è stato emesso da un singolo giudice, ma da un collegio giudicante, la denuncia deve specificare se riferita unicamente al presidente del collegio giudicante, al presidente e al giudice relatore, o all’intero collegio giudicante. Il magistrato oggetto della denuncia è sottoposto a indagini da parte del competente GIP e, se rinviato a giudizio, è sottoposto a processo, nel 1° e nel 2° grado di giudizio, presso Tribunali della stessa regione ove è stata formalizzata la denuncia. Il magistrato sottoposto a processo è giudicato, nel 1° e nel 2° grado di giudizio, da un collegio giudicante composto da 3 giudici togati e da 7 giurati popolari, estratti a sorte fra gli iscritti ai seguenti Ordini professionali: Psicologi, Commercialisti, Architetti, Biologi, Medici, Ingegneri, Geometri, tutti residenti nella città nella quale il giudizio è predisposto. I 7 giurati popolari sono investiti dello stesso potere decisionale dei 3 giudici togati. L’estrazione a sorte è predisposta al fine di eleggere un solo membro per ciascun Ordine professionale, escluso i Presidenti, ed ha luogo pubblicamente, da 30 a 20 giorni prima dell’inizio del processo di riferimento. Le operazioni di estrazione a sorte dei giurati, da espletarsi attraverso metodiche trasparenti e praticamente testabili, su formale richiesta, da parte dei soggetti aventi interesse nel processo di riferimento, avvengono alla presenza del Presidente del Tribunale ove il processo avrà luogo, del Prefetto competente per territorio, di un Notaio e di 3 rappresentanti delle Forze dell’Ordine, i quali tutti devono controfirmare il verbale relativo allo svolgimento e all’esito delle operazioni di estrazione, redatto da un cancelliere del Tribunale. I giurati estratti a sorte sono investiti dell’obbligo giuridico di presenziare a tutte le fasi del procedimento giudiziario al quale sono destinati, e non possono astenersi dal ruolo specifico loro assegnato se non per motivi estremamente gravi ed insolvibili, compiutamente certificati. Nel caso di motivata astensione da parte di uno o più giurati, si procede a nominare, con la medesima procedura, i relativi sostituti, estratti a sorte fra gli iscritti del medesimo Ordine professionale. Il giudizio finale, nel procedimento giudiziario di riferimento, è emesso mediante voto palese espresso dai 7 giurati popolari e dai 3 giudici togati. La validità del giudizio è determinata dalla maggioranza dei voti espressi, ovvero dal sostegno favorevole di almeno 6 voti su 10. In caso di parità dei voti favorevoli e di quelli contrari, il voto del presidente del collegio giudicante assume valore doppio e diviene determinante ai fini dell’esito del giudizio. Il procedimento giudiziario è sottoposto per ogni conseguente o successiva azione o iniziativa alle norme del Codice di Procedura penale. 5. Il 3° grado di giudizio, in ordine ai reati di cui alla presente legge, è definitivo e senza rinvio; la suprema Corte non può ovvero rinviare il fascicolo giudiziario di riferimento ad altra Corte per un nuovo giudizio. La Corte di Cassazione può cassare la sentenza di 2° grado e riformarla in senso assolutorio o di condanna, ove ne ricorrano i presupposti, e nei limiti imposti dalla specifica normativa attinente al 3° grado di giudizio, solo ed esclusivamente se le sentenze di 1° e di 2° grado si rivelano di segno opposto, risultando una assolutoria e l’altra di condanna; viceversa, la suprema Corte può solo intervenire per disporre, per i soggetti destinatari di condanna, misure alternative alla detenzione carceraria. I Giudici non possono, nel 3° grado di giudizio, modificare l’entità, i termini e/o gli effetti della sentenza di 2° grado, se la pena detentiva stabilita dalla stessa riduce o aumenta di meno della metà quella stabilita dalla sentenza di 1° grado. In ordine ai reati di cui alla presente legge, la Corte di Cassazione può disporre, per i soggetti condannati alla detenzione carceraria, misure alternative alla stessa, decidendo per la detenzione agli arresti domiciliari o l’impiego in lavori socialmente utili, sotto il controllo e la tutela di Associazioni di volontariato o di Istituzioni civili predisposte allo scopo. Le sentenze provvisorie o definitive in merito ai reati di cui alla presente legge non possono essere oggetto di contestazione o di denuncia da parte di chi si ritiene penalizzato, offeso o non giudicato in modo appropriato. I reati di cui alla presente legge non sono soggetti a prescrizione. 6. Il magistrato oggetto di denuncia in ordine ai reati di cui alla presente legge, ha la facoltà di rinnovare il giudizio oggetto di contestazione, dallo stesso emesso, al fine di riformularne o riformarne la sentenza, disponendo la riapertura del processo entro e non oltre 35 giorni dalla data di deposito della denuncia a proprio carico. Contestualmente alla riapertura del processo oggetto di contestazione, il medesimo magistrato è tenuto a rifondere la parte lesa di 1/3 delle spese legali sostenute dalla stessa per il medesimo processo. La riformulata sentenza deve essere emessa entro e non oltre 60 giorni dalla data di riapertura del processo. La rinnovazione del giudizio da parte del magistrato oggetto di denuncia, annulla i termini della denuncia a carico dello stesso, ma non può precludere o escludere la conferma o la riformulazione di una nuova denuncia a seguito dell’emissione della riformulata sentenza. La denuncia formalizzata a carico del magistrato oggetto di contestazione riacquista validità e comporta l’immediato rinvio a giudizio a carico dello stesso, nel caso in cui la riformulata sentenza non venga emessa entro i termini di cui al presente articolo. NORME PENALI 7. La responsabilità civile dei magistrati in ordine ai reati di cui alla presente legge, è personale, e non può in alcun caso essere posta a carico parziale o totale della pubblica istituzione presso la quale gli stessi svolgono i propri uffici. Il magistrato destinatario di condanna è tenuto a scontare interamente la pena stabilita a suo carico, ed a risarcire personalmente la parte lesa, senza beneficiare di alcun contributo o sostegno da parte delle pubbliche istituzioni. 8. Nei procedimenti giudiziari di ordine civile o amministrativo, il magistrato risultato colpevole in ordine ai reati di cui all’art. 1 della presente legge, è punito con le seguenti sanzioni: 1) Risarcimento del danno complessivo subìto dalla parte lesa, secondo quanto stabilito dalle competenti C.T.U., le quali effettuano le operazioni di calcolo tenendo conto che gli effetti della sentenza oggetto di contestazione saranno totalmente annullati. L’incarico volto a definire il quantum di spettanza della parte lesa, è conferito al C.T.U. contestualmente alla emissione della sentenza parziale di condanna a carico dell’imputato. 2) Detenzione carceraria, sospensione temporanea o interdizione dai pubblici uffici, da stabilirsi sulla base dell’entità del reato commesso e/o del danno complessivo arrecato alla parte lesa; 3) Pagamento delle spese di giudizio e delle spese legali sostenute dalla parte lesa. In tutti i casi di condanna definitiva in merito ai reati di cui alla presente legge, la sentenza di ordine civile o amministrativo emessa dal magistrato destinatario di condanna, già oggetto di denuncia a carico dello stesso, è annullata. Entro 30 giorni dall’annullamento della stessa, il Tribunale ove il processo civile o amministrativo oggetto di contestazione ha originariamente avuto luogo, dispone, nella propria sede, un nuovo processo dello stesso grado di giudizio. 9. L’entità del risarcimento da corrispondere alla parte lesa, la durata della pena detentiva, e il tempo di sospensione dai pubblici uffici, di cui all’art. 8 della presente legge, sono commisurati alla gravità del danno morale, del risentimento psicofisico, e del danno economico, patrimoniale, lavorativo o professionale arrecati alla parte lesa, in conseguenza dell’emissione dell’ingiusta sentenza, pur privata dei suoi effetti, del tempo impiegato per la formulazione della stessa, e di quello occorrente per lo svolgimento di un nuovo processo, su 10 ordini di gravità, secondo il seguente prospetto: Stima del danno complessivo Reclusione Sospensione dai arrecato alla parte lesa pubblici uffici fino a 15.000 euro da 2 a 4 mesi da 2 a 4 mesi da 15.000 a 30.000 euro da 4 a 6 mesi da 4 a 6 mesi da 30.000 a 70.000 euro da 6 a 10 mesi da 6 a 10 mesi da 70.000 a 100.000 euro da 10 a 12 mesi da 10 a 12 mesi da 100.000 a 200.000 euro da 12 mesi a 16 mesi da 12 mesi a 16 mesi da 200.000 a 400.000 euro 18 mesi 18 mesi da 400.000 a 700.000 euro 2 anni 2 anni da 700.000 a 1.000.000 di euro 2,5 anni 2,5 anni da 1.000.000 a 2.000.000 di euro 3 anni 3 anni oltre 2.000.000 di euro 4 anni 4 anni 10. Nei procedimenti giudiziari di ordine penale, il magistrato risultato colpevole in ordine ai reati di cui all’art. 1 della presente legge, è punito con le seguenti sanzioni: 1) Risarcimento del danno complessivo subìto dalla parte lesa, secondo quanto stabilito dalle competenti C.T.U., le quali effettuano le operazioni di calcolo tenendo conto che gli effetti della sentenza oggetto di contestazione saranno totalmente annullati. L’incarico volto a definire il quantum di spettanza della parte lesa, è conferito al C.T.U. contestualmente alla emissione della sentenza parziale di condanna a carico dell’imputato; 2) Detenzione carceraria, sospensione temporanea o interdizione dai pubblici uffici, da stabilirsi sulla base dell’entità del reato commesso, del danno complessivo arrecato alla parte lesa, e dei termini della sentenza oggetto di contestazione da parte del denunciante; 3) Pagamento delle spese di giudizio e delle spese legali sostenute dalla parte lesa. In ordine ai reati di cui alla presente legge, il Giudice destinatario di condanna con sentenza di 2° grado, è immediatamente sospeso dal servizio e posto in aspettativa non retribuita sino alla emissione della sentenza definitiva del medesimo processo. In caso di sentenza assolutoria nel 3° grado di giudizio, il magistrato beneficiario della stessa non ha diritto al recupero delle quote stipendiali riferite al periodo di aspettativa attribuitogli dalla sentenza di 2° grado. In tutti i casi di condanna definitiva in merito ai reati di cui alla presente legge, la sentenza di ordine penale emessa dal magistrato destinatario di condanna, già oggetto di denuncia a carico dello stesso, è annullata. Il Collegio giudicante che emette la sentenza di condanna a carico del magistrato risultato colpevole, ha la facoltà di riformare totalmente o parzialmente la sentenza dallo stesso emessa, già oggetto di contestazione da parte del denunciante, conferendo l’assoluzione o la condanna dell’imputato o degli imputati giudicati in precedenza in modo non appropriato, in stretta conformità a quanto stabilito dalle norme del Codice di Procedura penale. La medesima sentenza è da ritenersi, a tutti gli effetti, dello stesso grado di giudizio di quella annullata. Nei casi in cui la riforma totale o parziale della sentenza oggetto di contestazione non si rende possibile, per mancanza di elementi chiari o sufficienti alla formulazione di un giudizio, il Tribunale ove il processo penale oggetto di contestazione ha originariamente avuto luogo, dispone, entro 30 giorni dall’annullamento della sentenza contestata, un nuovo processo dello stesso grado di giudizio, da espletarsi presso la propria sede. 11. L’entità del risarcimento da corrispondere alla parte lesa, la durata della pena detentiva e il tempo di sospensione dai pubblici uffici, di cui all’art. 10 della presente legge, sono commisurati alla gravità del danno morale, del risentimento psicofisico, e del danno economico, patrimoniale, lavorativo o professionale arrecati alla parte lesa, in conseguenza dell’emissione dell’ingiusta sentenza, pur privata dei suoi effetti, del tempo impiegato per la formulazione della stessa, e di quello occorrente per lo svolgimento di un nuovo processo. L’entità della pena è sensibilmente aumentata nei casi in cui concorrono fattori aggravanti correlati ai termini della sentenza oggetto di contestazione, per l’emissione di un giudizio di condanna a carico di una persona innocente, di un giudizio di assoluzione a beneficio di una persona colpevole, o di un giudizio assolutamente inadeguato o sproporzionato rispetto all’entità o alla gravità dei reati commessi. Nei casi non contaminati da fattori aggravanti, l’entità della pena è identica a quella prevista per i procedimenti civili o amministrativi, definita su 10 ordini di gravità, secondo il prospetto di cui all’art. 9 della presente legge. Nei casi in cui emerga un giudizio assolutamente inadeguato o sproporzionato rispetto all’entità o alla gravità dei reati commessi, la durata della pena detentiva e il tempo di sospensione dai pubblici uffici sono aumentati di 1/3. Nei casi in cui emerga un giudizio di condanna a carico di una persona innocente, o un giudizio di assoluzione a beneficio di una persona colpevole, alle pene risultanti dal prospetto di cui all’art. 9 della presente legge, si sommano la reclusione da 3 a 5 anni e la sospensione per 5 anni dai pubblici uffici. Se dall’esame degli atti processuali emergono elementi sufficienti a comprovare il reato di Corruzione in atti giudiziari a carico dell’imputato, alle pene inflitte per i reati di cui alla presente legge, si sommano la reclusione da 7 a 12 anni e la interdizione perpetua dai pubblici uffici. I magistrati condannati per il reato di Corruzione in atti giudiziari non possono scontare pene alternative alla detenzione carceraria, né possono beneficiare di sconti di pena, grazie, sanatorie o atti di clemenza di alcun genere. Il reato di Corruzione in atti giudiziari non è soggetto a prescrizione. 12. In ordine ai reati di cui alla presente legge, nel caso in cui il giudice oggetto di denuncia venga prosciolto o assolto in via definitiva dalle accuse a lui mosse, l’autore della denuncia è condannato alle seguenti sanzioni: 1)Pagamento delle spese di giudizio e delle spese legali sostenute dal magistrato oggetto di denuncia; 2) Pagamento di una quota risarcitoria compresa fra 5.000 e 12.000 euro a beneficio del magistrato assolto o prosciolto. 16. Pag. 601 NORME ANTIUSURA. MISURE DI SOSTEGNO E DI ASSISTENZA PER LE VITTIME DELL’USURA. MISURE SPECIFICHE DI PREVENZIONE E DI PROTEZIONE DAGLI EVENTI USURARI. CAPO I NORME ANTIUSURA Chiunque esiga, per il denaro erogato in prestito a soggetti versanti in stato di bisogno o di ristrettezza economica, interessi usurari, corrisposti in denaro o in beni equivalenti, è punito con la reclusione da 6 a 20 anni, con l’immediata confisca del denaro o dei beni rivenienti dall’attività usuraria, con l’esonero a vita dai pubblici uffici, e con la multa da 30.000 a 500.000 euro; è inoltre interdetto ad vitam dal partecipare a pubbliche gare d’appalto o eseguire lavori per conto di pubbliche amministrazioni. Alla stessa pena soggiace chi presta opera di mediazione al fine di indurre, favorire o promuovere un’attività usuraria, o chi interviene per il recupero del credito usurario. La pena detentiva è ridotta fino alla metà, l’esonero dai pubblici uffici limitato ad 1 anno e la multa ridotta fino ad 1/3, se l’interesse usurario non è stato ancora riscosso per intero e gli autori del reato mostrano di collaborare con l’Autorità giudiziaria. La pena è aumentata di 1/3 se la richiesta usuraria è attuata a mezzo di intimidazioni, minacce, ricatti, violenze o soprusi nei confronti della vittima o di altri soggetti incolpevoli, o se è attuata nell’esercizio di un’attività bancaria o di intermediazione finanziaria. La pena è raddoppiata se la richiesta usuraria è attuata mediante distruzione, incendio o danneggiamento a beni mobili o immobili, se causa la morte della vittima o di altri soggetti incolpevoli, o è messa in atto da soggetti appartenenti o correlati, a vario titolo, ad associazioni criminali o mafiose. Nei casi di cui all’ultimo capoverso del presente articolo, 1/3 della pena detentiva è scontato in regime di carcere duro. La durata della pena detentiva e l’entità della multa, di cui al precedente art. 1, sono commisurati al livello dei tassi usurari praticati, su 8 ordini di gravità, secondo il seguente prospetto: a) Soglia T.U. aumentato fino al 20% reclusione 6 anni multa 30.000 euro b) Soglia T.U. aumentato dal 20% al 60% 8 anni 70.000 euro c) Soglia T.U. aumentato dal 60% al 100% 10 anni 90.000 euro d) Soglia T.U. aumentato dal 100% al 200% 12 anni 120.000 euro e) Soglia T.U. aumentato dal 200% al 400% 14 anni 160.000 euro f) Soglia T.U. aumentato dal 400% al 600% 16 anni 250.000 euro g) Soglia T.U. aumentato dal 600% all’800% 18 anni 350.000 euro h) Soglia T.U. aumentato di oltre l’800% 20 anni 500.000 euro Il reato di usura è perseguibile d’ufficio e non è soggetto a prescrizione. Ai fini dell’accertamento del reato di usura e della diagnosi di colpevolezza a carico degli autori del reato, non assume alcun valore probatorio, discolpante, attenuante o aggravante, la conoscenza o l’effettiva consapevolezza da parte dell’autore del reato in merito allo stato di bisogno o di ristrettezza economica della vittima. Ai fini della diagnosi di colpevolezza a carico dell’autore del reato, è sufficiente il riscontro della situazione oggettiva alla base del disperato tentativo della vittima di reperire aiuti economici, anche se gravati da interessi elevati, pur di scongiurare la paralisi o il fallimento della propria attività, o la riduzione in miseria del proprio nucleo familiare. In riferimento alle varie categorie di operazioni creditizie, di seguito specificate, sono definiti usurari (T.U.) i tassi di interesse annuo pari o superiori alle percentuali riportate a lato di ciascuna categoria. Nel T.U. è anche compreso il costo per le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per le imposte o le tasse collegate alla erogazione del credito: - Apertura di credito in conto corrente fino a 5.000 euro: soglia T.U. 24,140 % Apertura di credito in conto corrente di oltre 5.000 euro 19,485 % Anticipi, sconti commerciali e altri finanziamenti alle 19,120 % imprese effettuati dalle banche, fino a 5.000 euro Anticipi, sconti commerciali e altri finanziamenti alle 16.145 % imprese effettuati dalle banche, di oltre 5.000 euro - Factoring fino a 50.000 euro 20,120 % - Factoring di oltre 50.000 euro 17,265 % - Crediti personali e altri finanziamenti alle famiglie 24,005 % effettuati dalle banche Anticipi, sconti commerciali, crediti personali e altri 42,125 % finanziamenti effettuati dagli intermediari non bancari fino a 5.000 euro Anticipi, sconti commerciali, crediti personali e altri 36,345 % finanziamenti effettuati dagli intermediari non bancari di oltre 5.000 euro Prestiti contro cessione del quinto dello stipendio 31,620 % fino a 5.000 euro Prestiti contro cessione del quinto dello stipendio di 27,280 % oltre 5.000 euro - Leasing da 5.000 a 25.000 euro 29,285 % - Leasing da 25.000 a 50.000 euro 24,125 % - Leasing di oltre 50.000 euro 19,032 % - Credito finalizzato all’acquisto rateale fino a 1.500 euro 47,735 % - Credito finalizzato all’acquisto rateale da 1.500 a 5.000 euro 34,850 % - Credito finalizzato all’acquisto rateale di oltre 5.000 euro 26,270 % - Mutui 15,300 % Per ciascuna categoria di operazioni creditizie, i tassi di interesse praticati dalle banche e dagli istituti di credito non devono oltrepassare la soglia del tasso usurario ridotta del 35%. Per ogni singola operazione creditizia, la commissione di massimo scoperto non può oltrepassare il limite di 0,42 punti percentuali. Le percentuali di interesse comprese fra il limite dei tassi praticabili dalle banche e dagli istituti di credito ed i tassi usurari sono definiti tassi pre-usurari. Le banche e gli istituti di credito che praticano tassi di interesse pre-usurari (T.I.P.), sono sanzionati con l’ammenda da 7.000 a 25.000 euro per ogni singola operazione illecita praticata, con l’annullamento degli interessi posti sui crediti concessi in difformità dalla presente norma, e con la immediata restituzione al cliente degli interessi già incassati. In tutte le operazioni creditizie con pattuizione di interessi usurari, l’accordo è nullo ed il beneficiario del credito è esentato dal pagamento degli interessi. Le percentuali globali di interesse praticabili dalle banche e dagli istituti di credito ad ogni singolo cliente, in merito ad operazioni creditizie multiple riguardanti aperture di credito, anticipi, sconti commerciali e altri finanziamenti, aperte su uno o più conti correnti, incluse le commissioni di massimo scoperto, non possono oltrepassare il limite massimo del 39,76 % annuo. Le percentuali globali di interesse comprese tra il 39,77 % ed il 44,81 % sono considerate tassi di interesse pre-usurari (T.I.P.), mentre le percentuali di interesse pari o superiori al 44,82 % sono considerate tassi usurari (T.U.). Le banche e gli istituti di credito che praticano tassi di interesse considerati pre-usurari o usurari sono sanzionati con le pene previste per gli stessi reati, di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge. I tassi di interesse praticati dagli istituti di credito e dalle banche per le aperture di credito alla clientela ordinaria devono essere ridotti di 2,2 punti percentuali se il richiedente risulta beneficiario di un reddito annuo netto inferiore a 13.410 euro. In tali casi devono essere ridotti di 2,2 punti percentuali anche le penali previste per decadenza dal beneficio del termine e gli interessi di mora. A tal fine, i soggetti interessati devono fornire all’ente erogatore del credito una copia dell’ultima denuncia dei redditi propri o del proprio nucleo familiare, redatta nell’anno corrente o immediatamente precedente. Nei casi di cui al presente articolo i tassi di interesse usurari e pre-usurari, di cui agli articoli 4 e 5 della presente legge, sono ridotti di 2,2 punti percentuali. Chiunque si rende responsabile, a vario titolo, della simulazione del reato di usura con l’intento di conseguirne un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da 5 a 15 anni e con l’ammenda da 30.000 a 200.000 euro. Chiunque, nell’esercizio di un’attività bancaria, di intermediazione finanziaria o di mediazione creditizia, indirizza una persona, per operazioni bancarie o finanziarie, ad un soggetto non abilitato all’esercizio dell’attività bancaria o finanziaria, è punito con l’arresto fino a 3 anni e con l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’Interno dispone la redazione dell’Albo nazionale del Racket e dell’Usura riportante, in ordine alfabetico, i nominativi, le generalità e le condanne penali riportate dai trasgressori della presente legge, disponendone rigorosamente l’esposizione al pubblico nelle sedi municipali e nei tribunali dell’intero territorio nazionale. L’Albo nazionale del racket e dell’usura è aggiornato a cadenza annuale. CAPO II MISURE DI PREVENZIONE DELL’INDEBITAMENTO A CARICO DI DITTE O IMPRESE A RISCHIO DI COINVOLGIMENTO USURARIO Le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di assolvere al pagamento delle spettanze dovute alle ditte fornitrici o alle imprese che hanno eseguito lavori per conto delle amministrazioni medesime, entro e non oltre 18 giorni lavorativi dalla fornitura dei materiali richiesti o dal termine dell’esecuzione dei lavori. Tale limite temporale non ammette eccezioni o proroghe. Trascorso il limite temporale dei 18 giorni, le ditte o le imprese creditrici possono avanzare formale richiesta di pagamento delle insolvenze della P.A. al Prefetto competente per territorio, corredata di tutta la documentazione atta a dimostrare lo stato di insolvenza della P.A. Entro 7 giorni dalla presentazione dell’istanza di pagamento dell’insolvenza, il Prefetto, appurata la fondatezza dell’istanza, emette un mandato di pagamento delle spettanze richieste, da effettuarsi presso un’istituto bancario convenzionato. Nel caso di contenzioso fra le parti in merito alla qualità e/o quantità dei materiali forniti dalle ditte creditrici, o in merito alla regolarità dei lavori eseguiti dalle imprese creditrici, il Prefetto trasmette con immediatezza l’istanza di pagamento dell’insolvenza al Giudice ordinario al quale compete il giudizio nel merito. Il G.O. emette un’ordinanza nel merito entro e non oltre 45 giorni lavorativi dalla data di trasmissione dell’istanza di pagamento dell’insolvenza da parte del Prefetto. Nel caso in cui l’ordinanza del G.O. condanni la P.A. al pagamento immediato della insolvenza, confermando integralmente le somme richieste dalle ditte o imprese creditrici, l’ingiunzione di pagamento deve prevedere anche le penali e le sanzioni previste dall’art. 13 della presente legge, unitamente alle spese di giudizio e alle spese legali effettuate dalla controparte. Le amministrazioni insolventi o ritardatarie nel pagamento delle spettanze dovute alle ditte o alle imprese creditrici, entro 3 mesi dalla scadenza del limite temporale dei 18 giorni di cui al precedente art. 12, sono condannate, mediante ordinanza prefettizia, al pagamento di una penale pari al 4% del totale delle spettanze non corrisposte alle ditte creditrici, da destinare al Fondo antiusura; devono inoltre versare alla banca anticipataria delle somme richieste il corrispettivo di quanto dalla stessa versato con un’interesse annuo del 12,50%; devono infine versare alla tesoreria della Prefettura una tassa di 2.000 euro per le spese amministrative. Trascorso il limite temporale dei 3 mesi, la P.A. risultante ancora inadempiente deve versare alla tesoreria della Prefettura una multa di 3.200 euro, da destinare al Fondo antiusura. Contestualmente il Prefetto versa alla banca anticipataria delle somme richieste il corrispettivo di quanto dalla stessa versato con un interesse annuo del 9,50%, attingendolo dal Fondo speciale per il pagamento delle insolvenze della P.A., amministrato dal Ministero dell’Interno. Procede infine al recupero coatto delle insolvenze della P.A. mediante pignoramento di beni mobili e immobili di proprietà della stessa. Entro 3 mesi dalla entrata in vigore della presente legge, il Governo nazionale istituisce il Fondo speciale per il pagamento delle insolvenze della P.A., da destinare al pagamento delle spettanze richieste dalle ditte o dalle imprese creditrici delle P.A. insolventi o ritardatarie nella corresponsione delle stesse. Il Fondo è amministrato dal Ministero dell’Interno, il quale dispone il pagamento delle somme richieste dalle competenti Prefetture. Il Fondo è inizialmente costituito da un contributo anticipatario dello Stato. Le banche e gli istituti di credito devono predisporre procedure snelle e tempi certi per la concessione dei prestiti alle ditte o alle imprese richiedenti. A tal fine devono rilasciare ai richiedenti un questionario standard con l’esatta indicazione delle certificazioni e degli adempimenti necessari per l’ottenimento del prestito. Le banche devono erogare il prestito ai richiedenti in regola con gli adempimenti richiesti entro e non oltre 7 giorni dalla data di presentazione del questionario e delle certificazioni di rito da parte degli stessi. Entro 3 giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestito alle banche, le ditte o le imprese richiedenti hanno l’obbligo di notificare per iscritto alla competente Prefettura l’entità della somma richiesta ed il nome dell’istituto di credito al quale la richiesta è stata formulata. Contestualmente la Prefettura rilascia ai richiedenti un’autorizzazione al prelievo del prestito, subordinata alla regolarità degli adempimenti richiesti, da trasmettere alla banca prima di incassare la somma richiesta. Le banche possono erogare il prestito solo previa presentazione dell’autorizzazione prefettizia. Entro 3 giorni dalla data di erogazione del prestito, le ditte o le imprese beneficiarie dello stesso devono notificare al Prefetto la data di concessione e l’entità del prestito di cui sono beneficiarie. In mancanza di tale notifica obbligatoria, il beneficiario del prestito è tenuto a versare alla tesoreria della Prefettura una multa di 380 euro, da destinare al Fondo antiusura. Le banche e gli istituti di credito ritardatari nell’erogazione dei prestiti, sono tenuti a pagare, su disposizione prefettizia, una penale di 35 euro per ogni giorno di ritardo nell’erogazione dei prestiti, una tassa di 430 euro per le spese amministrative, ed una multa di 380 euro, da destinare al Fondo antiusura. CAPO III MISURE SPECIFICHE DI PROTEZIONE, DI SOSTEGNO E DI ASSISTENZA PER LE VITTIME DELL’USURA E’ istituito presso il Ministero dell’Interno il Fondo di sostegno e di assistenza per le vittime dell’usura, amministrato dal Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure preventive e di contrasto alle attività usurarie. Il Fondo provvede alla erogazione di mutui senza interessi, di durata non superiore al quinquennio, in favore di imprenditori ed operatori economici risultati vittima di reati usurari, ai fini esclusivi del ripristino o dell’effettiva ripresa dell’attività imprenditoriale, artigianale, commerciale o professionale risultata danneggiata in conseguenza e per effetto del reato di usura. In ogni singola Provincia sono istituiti, presso le sedi prefettizie, gli Uffici governativi per la tutela e l’assistenza agli imprenditori ed agli operatori economici ad elevato rischio finanziario, diretti e coordinati dal Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure preventive e di contrasto alle attività usurarie. I Ministri dell’Interno e del Tesoro definiscono, con proprio decreto, l’organico, le mansioni e le competenze specifiche da attribuire al Commissario straordinario del Governo e agli Uffici prefettizi, unitamente al regolamento per la gestione del Fondo; emettono inoltre le linee guida ed i criteri per l’erogazione dei finanziamenti agli aventi diritto. Il mutuo è concesso alle seguenti condizioni: Il danno complessivo subìto dalla vittima (patrimoniale e da mancato guadagno) risulti correlato all’avvenuta corresponsione di interessi usurari in favore dell’ente o del soggetto erogatore del prestito; Le persone, le aziende o le imprese risultate vittima di reati usurari abbiano cessato di corrispondere, in modo deciso e definitivo, al pagamento degli interessi usurari; I soggetti richiedenti il mutuo risultino esenti da condanne penali passate in giudicato; Sia stata presentata, da parte dei soggetti richiedenti il mutuo, formale e circostanziata denuncia all’Autorità giudiziaria in merito al presunto reato usurario di cui si dichiarano vittima, corredata di tutte le informazioni utili alle indagini di cui si abbia conoscenza. La denuncia all’Autorità giudiziaria può essere sporta nell’anonimato; in tal caso le generalità del denunciante devono essere tenute in assoluta segretezza sino alla celebrazione del processo penale. La denuncia per reati usurari è fatta propria dallo Stato, dal Comune e dalla Provincia di residenza del denunciante, che si costituiscono parte civile. I soggetti richiedenti il mutuo si dichiarino parti offese nel procedimento penale a carico dei presunti colpevoli. I soggetti richiedenti il mutuo forniscano piena ed attiva collaborazione all’Autorità giudiziaria e alle Forze dell’Ordine in merito all’acquisizione della prova di reato ed al riscontro dell’effettivo tasso usurario praticato dai presunti colpevoli. L’importo del mutuo, esente da oneri fiscali, è commisurato al danno complessivo (patrimoniale e da mancato guadagno) subìto dalla vittima in conseguenza del reato di usura, ed alla compromissione che ha subìto, per gli stessi motivi, l’attività lavorativa della stessa. Il mutuo è concesso ai fini esclusivi del ripristino o dell’effettiva ripresa dell’attività imprenditoriale, artigianale, commerciale o professionale esercitata dalla vittima del reato usurario; in nessun caso le somme erogate a titolo di mutuo possono essere utilizzate per pagamenti a titolo di interessi o di rimborso del capitale o a qualsiasi altro titolo in favore dell’autore del reato. La domanda per l’ottenimento del mutuo deve essere presentata al competente Ufficio prefettizio entro 60 giorni dalla data di deposizione della denuncia in merito al presunto reato usurario di cui si è vittima. Essa deve essere corredata da una documentata evidenza dell’ammontare dei danni subìti in conseguenza e per effetto del reato di usura, unitamente ad un piano di investimento e utilizzo delle somme richieste, rispondente alle finalità della presente legge. Il mutuo è versato in rate bimestrali, il cui numero è stabilito sulla base dell’importo del mutuo e del piano di investimento e utilizzo presentato dal richiedente. La prima rata del mutuo è versata entro 10 giorni dalla data di emissione della Ordinanza di concessione da parte del GIP, e le restanti rate previa dimostrazione documentale del ripristino o dell’effettiva ripresa dell’attività imprenditoriale, artigianale, commerciale o professionale risultata compromessa. In mancanza delle prove documentali richieste, il mutuo è sospeso o revocato, e le rate già erogate sottoposte ad immediato recupero. I Ministri dell’Interno e del Tesoro dispongono misure di controllo nei confronti dei beneficiari dei mutui, ordinando la revoca delle concessioni e il recupero delle somme già erogate, se le stesse non sono utilizzate in conformità al piano di investimento e utilizzo predisposto dal richiedente. L’erogazione del mutuo è deliberata dal Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure preventive e di contrasto alle attività usurarie, sulla base della istruttoria operata dal competente Ufficio prefettizio e della Ordinanza di concessione del Giudice delle indagini preliminari, emessa dopo l’acquisizione di prove idonee a stabilire la ricorrenza del reato usurario ed il rapporto di causalità dello stesso con il danno complessivo subìto dalla vittima. L’Ordinanza di concessione del mutuo deve esplicitare la natura del reato di usura, il rapporto di causalità dello stesso con il danno complessivo subìto dalla vittima, i presupposti positivi e negativi stabiliti dalla presente legge, e l’esatto ammontare del danno complessivo, documentato da apposita C.T.U. L’Ordinanza del GIP deve essere contestuale o immediatamente successiva alla richiesta di rinvio a giudizio a carico dei presunti autori del reato, e ne è totalmente vincolata; il mutuo non può essere elargito senza il fondamentale presupposto della individuazione dei presunti colpevoli. L’Ordinanza del GIP deve essere emessa entro e non oltre 3 mesi dalla data di acquisizione della notizia di reato. Nei casi di accertata urgenza, nei quali emerge l’evidenza del rapporto di causalità fra il reato di usura e il danno subìto dalla vittima, il GIP può deliberare la concessione della prima rata del mutuo fino a 2 mesi prima della richiesta di rinvio a giudizio a carico dei presunti colpevoli. Nei processi per reati di usura, la sentenza definitiva a carico degli imputati deve prevedere la conferma della concessione del mutuo a favore delle parti lese o la revoca della stessa, in base all’esito della sentenza. In caso di proscioglimento o di assoluzione degli imputati, il Giudice, sentite le parti lese, può disporre il recupero delle somme erogate a titolo di mutuo o fissare un tasso di interesse per le stesse, se le parti lese intendono ancora avvalersi del beneficio del prestito. Il Fondo di sostegno e di assistenza per le vittime dell’usura è alimentato dalle seguenti quote: 1) Uno stanziamento annuale dello Stato pari a 70 milioni di euro; 2) Una quota pari a 1/4 degli introiti rivenienti, nel precedente anno, dall’incasso delle multe per i reati di natura penale, dalle vendite o dai fitti dei beni mobili e immobili confiscati alle associazioni criminali e/o mafiose; 3) Tutte le somme rivenienti dalla riscossione delle multe e dalla vendita dei beni mobili e immobili confiscati ai condannati per reati usurari; 3) Una quota pari al 5% degli introiti annuali rivenienti dalle lotterie e dai giochi autorizzati dallo Stato; 4) Donazioni e lasciti da chiunque effettuati; 5) Specifiche destinazioni effettuate nella dichiarazione dei redditi. Le quote di cui ai punti 2) e 4) possono essere aumentate mediante decreto del Ministro del Tesoro in caso di maggior fabbisogno economico. Le somme del Fondo non utilizzate per l’anno di riferimento sono poste a bilancio per l’anno seguente; in tal caso ciascuna quota è ridotta in proporzione alla percentuale della stessa. CAPO IV MISURE SPECIFICHE DI PREVENZIONE E DI PROTEZIONE DAGLI EVENTI USURARI E’ istituito presso il Ministero del Tesoro il Fondo per la prevenzione e/o l’attutimento delle situazioni di incombenza economica a rischio di usura, di importo pari a 270 milioni di euro, da rifondere a cadenza triennale. Il Fondo è predisposto quanto al 70% per l’erogazione di contributi a favore di appositi fondi speciali costituiti da consorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi denominati Confidi, istituiti dalle associazioni di categoria imprenditoriali e dagli ordini professionali, e quanto al 30% a favore delle associazioni e fondazioni antiusura iscritte in apposito elenco del Ministero del Tesoro. Il Ministro del Tesoro determina i requisiti di onorabilità e di professionalità degli esponenti dei Confidi, delle associazioni e delle fondazioni antiusura. I contributi concessi dal Fondo sono erogati nei limiti dello stanziamento triennale e sono cumulabili con altri contributi concessi da enti o associazioni. I Confidi costituiscono speciali fondi antiusura destinati a garantire fino all’80% le banche e gli istituti di credito che concedono finanziamenti a medio termine e all’incremento di linee di credito a breve termine a favore delle piccole e medie imprese a elevato rischio finanziario, intendendosi per tali le imprese cui sia stata rifiutata una domanda di finanziamento assistita da una garanzia pari ad almeno il 50% dell’importo del finanziamento stesso, pur in presenza della disponibilità del Confidi al rilascio della garanzia. Le associazioni e le fondazioni antiusura prestano garanzie alle banche e agli intermediari finanziari al fine di favorire l’erogazione di finanziamenti a soggetti che, pur essendo meritevoli in base ai criteri fissati nei relativi statuti, incontrano difficoltà di accesso al credito. Il Fondo per la prevenzione e/o l’attutimento delle situazioni di incombenza economica a rischio di usura è amministrato dal Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle misure preventive e di contrasto alle attività usurarie, di cui all’art. 16 della presente legge, il quale coordina, a livello regionale, i Commissari regionali antiusura. I Commissari regionali, nominati dalle Giunte regionali su proposta dei Presidenti di Giunta, presiedono i Coordinamenti regionali antiusura, costituiti ciascuno da 3 componenti nominati dalle Giunte regionali in rappresentanza dei Dipartimenti Attività produttive, Sicurezza e solidarietà sociale, Presidenza della Giunta, unitamente ad un rappresentante di ciascun consorzio Confidi e di ciascuna associazione e/o fondazione antiusura operanti sul territorio regionale. I Coordinamenti regionali antiusura si dotano di un regolamento di gestione. Tutti gli uffici all’interno dei Coordinamenti regionali antiusura sono prestati gratuitamente, ad eccezione del rimborso spese per l’espletamento delle varie mansioni. Il Commissario straordinario del Governo ripartisce le quote del Fondo alle singole Regioni. I Commissari regionali, sulla base dei criteri approvati dai rispettivi Coordinamenti regionali, stabiliscono le quote da assegnare, su base annuale, ai Confidi, alle Associazioni ed alle Fondazioni antiusura delle regioni di propria competenza. Annualmente, entro il 30 marzo, i Commissari regionali, i Confidi, le Associazioni e le Fondazioni antiusura devono far pervenire al Commissario straordinario del Governo una dettagliata relazione in merito all’operato svolto nel precedente anno, unitamente al resoconto analitico delle somme amministrate dai rispettivi fondi con la relativa documentazione. Il Commissario straordinario, entro il 30 giugno, fa pervenire ai Ministri dell’Interno e del Tesoro dettagliata relazione in merito all’utilizzo del Fondo antiusura, allegandovi la documentazione prodotta dalle singole regioni. COORDINAMENTO REGIONALE PER LA PROTEZIONE E L’ASSISTENZA ALLE VITTIME DELL’USURA Entro 3 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, le Regioni istituiscono al loro interno il Coordinamento regionale per la Protezione e l’Assistenza alle Vittime dell’Usura (PAVU), sotto la guida di un Coordinatore regionale delle attività di protezione e di assistenza per le vittime dell’usura. Il Coordinatore regionale è nominato dalla Giunta regionale sulla base di criteri, requisiti e norme stabiliti ed approvati dalla Giunta medesima. Il PAVU assiste e coordina le Associazioni delle vittime dell’usura presenti sul territorio regionale. Le Associazioni delle vittime dell’usura offrono ai propri associati i seguenti servizi: 1) Centri di ascolto gestiti da personale altamente specializzato; 2) Consulenza ed assistenza legale gratuita; 3) Una costante assistenza psicologica; 4) Un rapporto di costante intesa e collaborazione con le Associazioni e le Fondazioni antiusura presenti sul territorio regionale; 4) Un costante collegamento con le Forze dell’ordine. Le Associazioni delle vittime dell’usura garantiscono ai propri associati: 1) Assoluto anonimato; 2) Iniziative finalizzate a stimolare relazioni confidenziali e di reciproca fiducia fra gli associati, anche al fine di incentivare scambi di esperienze ed opinioni fra gli stessi; 4) Attività sociali e ricreative al fine di promuovere rapporti di costante collaborazione e solidale disponibilità fra gli associati; 5) Attivazione di misure di protezione delle vittime dell’usura attraverso una stretta collaborazione con i Coordinamenti regionali antiusura e don le Forze dell’ordine. INIZIATIVE MIRATE DI MICROCREDITO Le Regioni ed i Comuni con più di 50.000 abitanti stanziano una somma del proprio bilancio annuale per l’attuazione di iniziative di microcredito a favore delle famiglie e delle piccole e medie imprese residenti sul proprio territorio, versanti in situazioni di grave difficoltà economica. Tali somme sono destinate alle seguenti finalità: 1) Finanziamenti integrativi ed accessori a quelli concessi dai fondi statali; 2) Contributi per l’assistenza legale nelle costituzioni di parte civile nei processi per reati di usura, fino ad un massimo di 7.000 euro; 3) Contributi in sostegno delle associazioni e delle fondazioni antiusura; 4) Concessione di piccoli finanziamenti senza interessi; 5) Contributi straordinari a fondo perduto dell’importo massimo di 3.000 euro. Le Regioni e i Comuni si dotano di un regolamento gestionale per tali fondi e ne definiscono la percentuale di ripartizione nei singoli capitoli di destinazione; stabiliscono inoltre i criteri di assegnazione dei contributi ai soggetti richiedenti. I finanziamenti a tasso agevolato per le famiglie devono prevedere un tasso annuo di interessi non superiore al 3%, mentre per i finanziamenti alle imprese il tasso annuo di interessi non deve superare il 7%. Il rimborso delle somme erogate a titolo di finanziamento agevolato, da corrispondere in rate mensili, bimestrali o trimestrali, deve avvenire nell’arco di un quinquennio; i versamenti rateali hanno inizio dopo 12 mesi dalla concessione del finanziamento. PROGRAMMI FORMATIVI PER LE SCUOLE Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Pubblica Istruzione dispone l’insegnamento, in tutte le scuole medie e superiori, della materia attinente la Formazione responsabile alla vita sociale e di relazione, comprendente i seguenti capitoli tematici: 1) Origini, struttura e funzionamento della società; 2) Finalità, prerogative e bisogni primari della società; 3) La famiglia: cellula primaria, cardine e pilastro fondante della società; 4) Le devianze e i mali dell’odierna società; 5) La gestione responsabile del denaro; 6) Il gioco d’azzardo: rischi e pericoli incombenti; 7) Stili e tenori di vita coerenti con il proprio stato sociale; 8) Il valore primario della solidarietà; 9) Alcoolismo e tossicodipendenze: diagnosi, cura, prevenzione, riabilitazione; 10) Patologie di derivazione sociale e malattie sierotrasmissibili; 11) Il sano stile di vita: alimentazione, attività fisica, sport; 12) Prevenzione e lotta alle devianze ed ai vizi sociali più diffusi: vagabondaggio, bullismo, prostituzione, pedofilia, alcoolismo, tossicodipendenze, dipendenza dal gioco d’azzardo, piccola e grande criminalità; 13) Il valore insostituibile dell’amore, della comprensione reciproca e del mutuo sostegno per creare una società sana, forte ed armoniosa, e per debellare in profondità i mali che la stravolgono. 17. NORME ANTIESTORSIONI. MISURE DI SOSTEGNO E DI ASSISTENZA PER LE VITTIME DELLE ESTORSIONI. MISURE SPECIFICHE DI PREVENZIONE E DI PROTEZIONE DAGLI EVENTI ESTORSIVI. CAPO I NORME ANTIESTORSIONI Chiunque estorca denaro o beni di altra natura a terzi, a mezzo di intimidazioni, minacce, violenze o inganni, ovvero minacciando ritorsioni violente o che apportino un danno fisico, psichico, morale e/o patrimoniale alle persone fatte oggetto del ricatto estorsivo, è punito con la reclusione da 6 a 20 anni, con l’immediata confisca del denaro o dei beni estorti o di beni equivalenti, e con una multa equivalente al quintuplo dell’ammontare del denaro o dei beni estorti. La pena è ridotta fino alla metà e la multa annullata se la richiesta estorsiva non ha conseguito profitto e gli autori della stessa mostrano di collaborare con l’Autorità giudiziaria. La pena è aumentata di 1/3 se il fatto estorsivo è attuato con l’uso di armi od oggetti contundenti, o causa lesioni personali alla vittima o ad altri soggetti incolpevoli. La pena è raddoppiata se il fatto estorsivo è attuato mediante distruzione, incendio o danneggiamento a beni mobili o immobili, se causa la morte della vittima o di altri soggetti incolpevoli, o è attuato da soggetti appartenenti o correlati, a vario titolo, ad associazioni criminali o mafiose; nei casi di cui all’ultimo capoverso del presente articolo, 1/3 della pena detentiva è scontato in regime di carcere duro. Il reato estorsivo è perseguibile d’ufficio e non è soggetto a prescrizione. Il reato estorsivo commesso ai danni di un congiunto convivente è punibile a querela non revocabile della persona offesa. Alla notizia di un fatto estorsivo, l’Autorità giudiziaria dispone con immediatezza, nella massima riservatezza, le seguenti misure preliminari: 1. Messa sotto controllo di tutte le utenze telefoniche nella disponibilità della vittima, dei familiari conviventi della stessa, e degli amministratori delle imprese o delle aziende facenti capo alla stessa; 2. Controllo sistematico delle telefonate, della corrispondenza e dei messaggi indirizzati alla vittima; 3. Predisposizione di agenti in incognito e di telecamere nascoste nei luoghi di lavoro e di dimora della vittima; 4. Intercettazioni e messa sotto controllo dei sospetti e di tutti coloro già implicati in vicende estorsive nel circondario della vittima e nei territori limitrofi; 4. Utilizzo di una Banca dati, predisposta in collaborazione con tutte le Procure nazionali, per la elaborazione dei dati ed un più proficuo coordinamento fra gli istituti ed i soggetti inquirenti. Le denunce per fatti estorsivi restano anonime e secretate fino alla emissione della Ordinanza del Giudice delle indagini preliminari in merito alla stessa e/o al rinvio a giudizio dei presunti colpevoli. CAPO II MISURE DI SOSTEGNO E DI ASSISTENZA PER LE VITTIME DELLE ESTORSIONI Entro 3 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’Interno istituisce, con proprio decreto, il Fondo di sostegno e di assistenza per le vittime delle estorsioni, da devolvere in favore delle vittime delle estorsioni, a titolo di contributo per il danno patrimoniale, da lesioni personali e da mancato guadagno subìto in conseguenza di fatti estorsivi. Il Ministro dell’Interno emana le disposizioni ed i criteri per l’elargizione del contributo agli aventi diritto. Il contributo è concesso, a titolo gratuito, alle seguenti condizioni: Il danno patrimoniale, le lesioni personali e il mancato guadagno subìti dalla vittima risultino correlati alla richiesta estorsiva o alle azioni ritorsive collegate alla stessa, e non risultino coperti da polizza assicurativa. Le persone, le aziende, le imprese, gli istituti finanziari o le associazioni di volontariato impegnate nella lotta alle estorsioni, risultati vittima di fatti estorsivi o delle azioni ritorsive agli stessi correlati, non abbiano corrisposto o abbiano cessato di corrispondere, in modo deciso e definitivo, alle richieste estorsive. I soggetti richiedenti il contributo risultino esenti da condanne penali passate in giudicato e non risultino implicati, in alcun modo, nell’attuazione dell’evento criminoso dagli stessi denunciato; Sia stata presentata, da parte dei soggetti richiedenti il contributo, formale e circostanziata denuncia all’Autorità giudiziaria in merito al fatto estorsivo subìto, corredata di tutti i nomi, delle precise circostanze e di ogni elemento utile alle indagini di cui si abbia conoscenza. I soggetti richiedenti il contributo forniscano piena ed attiva collaborazione all’Autorità giudiziaria e alle Forze dell’Ordine in merito all’acquisizione della prova di reato e all’individuazione degli autori del reato. Il contributo, esente dal pagamento delle imposte sul reddito, è elargito in misura del 70% del danno complessivo (patrimoniale, da lesioni personali, da mancato guadagno) subìto dalla vittima o da chi ne è colpito in maniera accidentale, e comunque non superiore a 1.5 milioni di euro nell’arco di 2 anni. La richiesta di contributi per eventuali altri danni non rientranti in quelli già denunciati, subìti dallo stesso soggetto in tempi successivi, può essere avanzata alla scadenza del biennio, che ha inizio alla data di fine-riscossione del primo contributo. La quota di contributo relativa al danno dell’attività imprenditoriale e/o commerciale subìto dalla vittima è subordinata al ripristino dell’attività imprenditoriale o commerciale risultata danneggiata. In caso di morte della vittima, conseguita ai delitti di cui alla presente legge, il contributo può essere elargito al coniuge ed ai figli legittimi della stessa o, in mancanza, ai genitori ed ai fratelli/sorelle legittimi, secondo le leggi sulla legittima successione. Ai fini esclusivi del ripristino dell’attività imprenditoriale e/o commerciale danneggiata, nei casi in cui l’ammontare del danno riferito alla stessa superi i 2.5 milioni di euro, il contributo gratuito può essere abbinato, su richiesta condizionata dall’inizio dei lavori di ricostruzione, ad un mutuo fino a 2 milioni di euro, da restituire in rate semestrali, nell’arco di 10 anni, con un interesse annuo del 4,5%, a partire da un anno dopo la riscossione dell’ultima rata del mutuo. Il mutuo è versato in 4 rate trimestrali, previa dimostrazione documentale dell’inizio e della regolare prosecuzione dei lavori di ripristino dell’attività imprenditoriale e/o commerciale risultata danneggiata. In mancanza delle prove documentali richieste, il mutuo è sospeso o revocato, e le rate già pagate sottoposte ad immediato recupero. Il contributo è concesso a domanda della vittima, di un suo legale rappresentante o dell’Associazione avente finalità di tutela per le vittime delle estorsioni, formalmente riconosciuta dallo Stato. In caso di decesso della vittima, la domanda di contributo può essere avanzata dal coniuge, dal figlio/a legittimi o, in mancanza, da un genitore o da un fratello/sorella legittimi. La domanda di contributo può essere presentata entro il termine di 6 mesi dall’evento lesivo. Il contributo per le vittime delle estorsioni è disposto mediante Ordinanza del Giudice delle indagini preliminari, dopo l’acquisizione di prove idonee a stabilire la stretta correlazione fra l’evento lesivo e il fatto estorsivo. Prima condizione per ottenere il contributo, è la denuncia circostanziata in merito al fatto estorsivo, riportante tutti i dati e le prove documentali inerenti l’entità della somma richiesta a titolo di contributo, unitamente alle prove dell’avvenuta richiesta estorsiva. L’Ordinanza del GIP finalizzata alla concessione del contributo deve esplicitare la natura del fatto estorsivo, il rapporto di causalità dello stesso con il danno patrimoniale, da lesioni personali o da mancato guadagno subìto dalla vittima, i singoli presupposti positivi e negativi stabiliti dalla presente legge, e l’esatto ammontare del danno complessivo, dettagliatamente documentato. Nel caso in cui l’azienda o l’impresa danneggiata risultino coperti da polizza assicurativa, se l’importo del danno complessivo supera la somma liquidata o che può essere liquidata dalla società assicuratrice, il contributo è concesso per la sola quota eccedente. Il contributo relativo al danno dell’attività imprenditoriale e/o commerciale subìto dalla vittima del reato estorsivo è strettamente vincolato al ripristino dei beni lavorativi distrutti o danneggiati: in mancanza delle prove documentali inerenti il ripristino di tali beni, la concessione della quota contributiva è sospesa o revocata e le rate già erogate sottoposte ad immediato recupero. L’Ordinanza del GIP finalizzata alla concessione del contributo deve essere contestuale o immediatamente successiva alla richiesta di rinvio a giudizio per i presunti colpevoli del fatto estorsivo, e ne è totalmente vincolata; il contributo ovvero non può essere elargito senza il fondamentale presupposto della individuazione dei presunti colpevoli. Il Fondo di sostegno e di assistenza per le vittime delle estorsioni è amministrato dalla Banca d’Italia; le relative operazioni sono in carico all’ufficio specifico preposto. Con decreto congiunto dei Ministri del Tesoro e dell’Interno sono disciplinate, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, le modalità per la gestione del Fondo e per la concessione delle elargizioni, secondo criteri idonei ad assicurare la speditezza del procedimento e la tutela della riservatezza dei soggetti interessati. La domanda volta ad ottenere un contributo da parte del Fondo deve essere presentata al Prefetto competente per territorio, il quale ne invia immediatamente copia al Ministro dell’Interno. Alla domanda deve essere obbligatoriamente allegata una copia della denuncia inerente il fatto estorsivo, presentata alle Forze dell’Ordine e/o all’Autorità giudiziaria. Entro 15 giorni dalla ricezione della stessa, il Prefetto trasmette l’istanza al competente GIP, il quale, al termine delle indagini preliminari, ove ve ne siano i presupposti, emette un’Ordinanza di concessione del contributo, unitamente alla Richiesta di rinvio a giudizio a carico dei presunti responsabili del reato estorsivo. Nei casi di accertata urgenza, nei quali emerge l’evidenza del rapporto di causalità fra il reato estorsivo e il danno subìto dalla vittima, il GIP può deliberare la concessione della prima rata del contributo fino a 3 mesi prima della richiesta di rinvio a giudizio a carico dei presunti colpevoli. L’Ordinanza del GIP è trasmessa al competente Ufficio della Banca d’Italia che provvede, entro 7 giorni dal ricevimento della stessa, alla liquidazione del contributo agli aventi diritto, in 4 rate trimestrali. Identico iter procedurale è previsto in merito alla richiesta del Mutuo per la ricostruzione e/o ricostituzione delle strutture mobili ed immobili danneggiate dall’evento estorsivo, che deve essere corredata di tutte le prove e le certificazioni inerenti l’entità del danno subìto. Il Fondo di sostegno e di assistenza per le vittime delle estorsioni è alimentato dalle seguenti quote: 1) Un contributo annuale dello Stato pari a 30 milioni di euro; 2) Una quota pari a 1/4 degli introiti rivenienti, nel precedente anno, dall’incasso delle multe per i reati di natura penale e dalle vendite o dai fitti dei beni mobili e immobili confiscati alle associazioni criminali o mafiose; 3) Tutte le somme rivenienti dalla riscossione delle multe e dalla vendita dei beni mobili e immobili confiscati ai condannati per reati estorsivi; 4) Una quota pari al 5% degli introiti annuali rivenienti dalle lotterie e dai giochi autorizzati dallo Stato; 5) Donazioni e lasciti da chiunque effettuati; 6) Specifiche destinazioni effettuate nella dichiarazione dei redditi. Le quote di cui ai punti 2) e 4) possono essere aumentate, mediante specifico decreto del Ministro del Tesoro, in caso di maggior fabbisogno economico. Le quote non utilizzate sono poste a bilancio per l’anno seguente; in tal caso ciascuna quota è ridotta in proporzione alla percentuale della stessa. Chiunque si renda responsabile, a vario titolo, della simulazione del reato di estorsione, con l’intento di conseguirne un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da 5 a 15 anni e con l’ammenda da 30.000 a 200.000 euro. CAPO III MISURE SPECIFICHE DI PREVENZIONE E DI PROTEZIONE DAGLI EVENTI ESTORSIVI Le vittime di reati estorsivi ed i familiari conviventi delle stesse possono ottenere un contributo del 50%, a titolo gratuito, per l’acquisto o l’affitto dei seguenti ausili di prevenzione e di protezione: 1) Telecamere da predisporre su beni mobili ed immobili; 2) Vetri antiproiettile per le autovetture di proprietà o nella disponibilità della vittima e/o dei familiari conviventi della stessa; 3) Contributi nella misura del 30% della spesa occorrente per l’assunzione temporanea di guardie o agenti di scorta, per un periodo massimo di 2 anni. A tal fine, i soggetti richiedenti uno o più ausili di prevenzione e di protezione, o la dotazione di guardie o agenti di scorta, possono presentare specifica istanza al Prefetto competente per territorio, cui va obbligatoriamente allegata la denuncia presentata alle Forze dell’ordine e/o all’Autorità giudiziaria in merito al fatto estorsivo di cui si è vittima. Il Prefetto, d’intesa con l’Autorità giudiziaria, che ne dispone l’autorizzazione, emette l’Ordinanza di concessione del contributo, trasmessa, entro 20 giorni dal ricevimento dell’istanza, al Ministro dell’Interno, il quale trasmette l’ordine di pagamento alla Banca d’Italia. Le quote occorrenti per contribuire all’acquisto degli ausili di prevenzione e di protezione, o per la dotazione di guardie o agenti di scorta, sono prelevate dal Fondo di sostegno e di assistenza per le vittime delle estorsioni. Entro 3 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’Interno stila, con proprio decreto, un Elenco degli ausili di prevenzione e di protezione per le vittime delle estorsioni, corredato del marchio di fabbrica degli stessi e dei relativi costi, che non devono oltrepassare i limiti stabiliti dal Ministero. I soggetti richiedenti gli ausili hanno facoltà di scegliere, da tale elenco, gli ausili che ritengono più idonei. L’elenco degli ausili è aggiornato a cadenza annuale. 19. Nel Capitolo sulla famiglia Chi abbandona il proprio coniuge ed i propri figli per un’altra donna o per un altro uomo, manca del più basilare senso di responsabilità, di rispetto e di considerazione nei confronti del proprio coniuge e dei propri figli, e non può pretendere che questi mostrino poi maggior rispetto e considerazione per lui (o per lei)! Commette inoltre un gravissimo ed incolmabile peccato dinanzi a Dio, il quale ha sentenziato con grande forza e determinazione contro gli adulteri e le scellerate rifuggite dai sacrosanti doveri familiari! Tali stolti individui vedranno un giorno Dio ripagarli, a stretto giro di posta, con la loro stessa moneta! Matera, 08 dicembre 2015 Beatissimo Santo Padre Francesco, Le porgo, a nome della Santissima Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra, il volume da me scritto “Il Vento dello Spirito”, nel quale troverà tutte le indicazioni che la Beatissima Vergine in persona intende rivolgerLe. A questo punto la mia missione è terminata. Ora comincia quella impegnativa e quanto mai gravosa della Santa Chiesa, alla quale il Signore chiede 5 cose estremamente importanti: Una sollecita e molto profonda riflessione nel merito di tutte le tematiche trattate nel volume, nessuna esclusa. Una convinta determinazione nell’intraprendere, con doverosa sollecitudine, tutte le decisioni che il Signore vorrà siano tempestivamente assunte. Estrema fermezza ed inflessibilità nelle decisioni assunte. Una scrupolosa, attenta e totale conformazione alle indicazioni che il Signore ha tracciato. Fede certa, totale e convinta nell’immancabile e costante aiuto che lo Spirito Santo non farà mai mancare a tutti coloro che il Signore avrà investito dell’assai arduo e gravoso compito del discernimento, di una sempre attenta e ponderata riflessione, e di una tempestiva, chiara e ben motivata trasposizione in leggi, ordinamenti e/o decreti di tutto quanto da Lui richiesto, con l’impegno, la dedizione e la responsabilità che l’importanza delle problematiche e delle gravi emergenze del nostro tempo richiede. di Sua Santità devotissimo figlio in Cristo, Brevi cenni biografici sull’Autore Il Dr. Nicola Pio Olivieri è nato a Matera il 19 febbraio 1957 da una famiglia profondamente religiosa, contrassegnata da una devozione particolarissima per la Madonna. Dopo una prima infanzia spesa nel servizio costante ed assiduo presso la chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista, all’età di 9 anni e mezzo decise di entrare in Seminario, spinto dal fermo proposito di diventare sacerdote, fermandosi pertanto presso il Pontificio Seminario Regionale di Potenza per 5 anni, sino al giugno 1971. Fu quindi inviato a Roma dall’allora Arcivescovo di Matera, Mons. Giacomo Palombella, per continuare gli studi presso il Seminario Vaticano, ove rimase 2 anni. Nel 1973, a seguito di profonde e molto attente riflessioni, intese al reale e compiuto discernimento della “giusta strada che, con indubitabile certezza, il Signore gli indicava da percorrere”, decise di tornare nella sua città per continuare gli studi presso il Liceo classico E. Duni di Matera. Nel giugno 1981, conseguita a pieni voti e con la concessione della lode la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bari, partì per gli Stati Uniti per frequentare un Corso di alta specializzazione chirurgica presso l’Università di California, Los Angeles, ove si trattenne sino al novembre dello stesso anno. Nel gennaio 1984 superò a Parigi l’esame internazionale ECFMG (Educational Commission for Foreign Medical Graduates), che gli permise di tornare negli Stati Uniti per seguire un Corso di alta Specializzazione in Chirurgia pediatrica ricostruttiva, tenutosi presso il Children’s Hospital di Philadelphia, Università di Pennsylvania. Al rientro in Italia si iscrisse alla Scuola di specializzazione in Chirurgia Pediatrica presso l’Università di Bari, che unitamente alla Specializzazione in Urologia, già acquisita nel 1984, gli avrebbe conferito pieno titolo in prospettiva dell’apertura, presso il Policlinico di Bari, di una Sezione Universitaria di Urologia pediatrica, già presente in varie sedi universitarie del nord-Italia, ma ancora mancanti nel centro e nel sud Italia. Contestualmente pubblicò molteplici pubblicazioni scientifiche fra cui due monografie chirurgiche illustranti le metodiche ricostruttive più avanzate, fra le quali una da lui stesso ideata (Ed. Masson, 1990). Nello stesso periodo veniva eletto membro del Consiglio direttivo della Società di Urologia dell’Italia Centro-Meridionale e delle Isole, prestigioso consesso scientifico ai cui Congressi aveva più volte partecipato in qualità di relatore. Sul finire del 1990, alcune strane e molto conturbanti vicissitudini lo portarono a riflettere a fondo e molto seriamente sul senso vero dell’esistenza e sul giusto valore da conferire alla stessa. Ne scaturì un profondo ripensamento sul percorso di vita sino ad allora affannosamente seguito, ed una drastica inversione di rotta rispetto ai fugaci fini che si era con determinazione prefisso. Decise quindi di cambiare radicalmente strada e porsi incondizionatamente e senza indugi al pieno servizio di Dio, al fine di corrispondere prontamente e con la massima fedeltà a tutto ciò che il Signore gli richiedeva. Si volse quindi alla stesura di molteplici scritti, scaturiti da un’attenta e profonda riflessione sui temi esistenziali, politici, religiosi e sociali di più scottante attualità. Tali riflessioni furono raccolte, a 7 anni di distanza, in un corposo volume dal titolo “La suprema ragione”. Contestualmente fondò un Movimento giovanile di volontariato, il DEV (dalle iniziali di Devozione a Maria), col precipuo intento di voler trasmettere ai giovani più attivi e volenterosi le valevoli riflessioni ed i pregevoli valori ben delineati nel volume. Nell’aprile del 1994, a seguito di molteplici e molto pressanti richieste pervenutegli dalla locale sezione del Partito Popolare Italiano, assai desideroso di corrispondere, con vivo entusiasmo, ai continui e pressanti richiami di S.S. Giovanni Paolo II, il quale esortava con forza tutti i credenti a spendersi in prima persona e con grande impegno nell’attività sociale e politica, al fine di concorrere fattivamente alla riscoperta ed alla salvaguardia degli autentici ed intramontabili valori trasmessi da Cristo, accettò di candidarsi, nelle file del PPI, alle consultazioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Matera, in seno al quale ha rivestito più volte il ruolo di Capogruppo, sino ad essere chiamato a svolgere il ruolo di Consigliere e Capogruppo in seno al Consiglio regionale di Basilicata. Il presente volume propone ora, con chiarezza e semplicità, a tutti coloro aventi responsabilità di guida o di governo nel proprio Paese, i quali, credenti o non credenti, detengano un alto senso di responsabilità, un chiaro discernimento dell’alta missione da compiere ai fini del bene supremo del proprio popolo, e soprattutto una coscienza integra e non contaminata da pregiudizi o forzature partitiche, avendo a cuore soltanto ed unicamente le sorti presenti e future del proprio popolo, alcune proposte legislative, scaturenti, come lo stesso Autore ha inteso sottolineare, “dall’idea di voler contribuire, con grande pazienza e buona volontà, a ricostruire ciò che appare visibilmente decaduto ed a richiamare, negli ambiti devastati da un incontrastato dominio malefico, una reale prospettiva di bontà, di giustizia e di autentico bene, tanto dal punto di vista materiale che spirituale”. Nulla di più tali proposte vogliono pertanto rappresentare che un seme, un piccolo seme, che se innaffiato dall’acqua limpida ed incontaminata dei buoni e saggi governanti, e soprattutto dalla grande fede e buona volontà di coloro che saranno contestualmente chiamati a praticarle, potrebbe un giorno germogliare in ogni dove per contribuire a trasformare questo nostro mondo, di già imputridito da aria malsana ed irrespirabile, in un giardino radioso, verde e rigoglioso, ricolmo di autentica pace, di fraterno amore, di più attestata giustizia, di ritrovata felicità. L’Editore A pag. 61, inserisci nota con asterisco riferita al punto 5, “situazioni di vita”: * La donna e/o l’uomo che intraprendono una relazione sentimentale, con o senza la consumazione di rapporti carnali, con una persona già congiunta in matrimonio con altra, determinando, di conseguenza, gravi squilibri o turbative della serenità famigliare all’interno della famiglia del nuovo partner, che sfocino o meno in divisioni, separazioni coniugali o divorzi all’interno della stessa, privando ovvero di un marito o di una moglie il legittimo coniuge, e di un padre o di una madre i loro legittimi figli, non possono più ritenersi parte integrante della Chiesa di Cristo, ponendosi di fatto, volontariamente, al di fuori del consesso ecclesiale. Gli stessi non sono più in grazia di Dio e non possono più fruire, pertanto, dei Suoi doni e delle Sue elargizioni, fino a totale cancellazione del gravissimo stato di peccato ed alla sua totale riparazione. Al verificarsi, infine, di gravissime, permanenti ed insanabili conseguenze di ordine morale, sociale, economico od esistenziale a carico della famiglia drasticamente danneggiata da tale gravissimo attacco, la pena nei confronti di chi ha causato tale gravissima situazione diviene insanabile, sino a tradursi, per molti, nel supplizio eterno dell’inferno. La medesima condizione è riservata al coniuge od al genitore che abbandona la propria famiglia, ovvero il proprio coniuge e/o i propri figli, al fine di intraprendere una nuova relazione sentimentale. A pag. 67, dopo il punto 18), inserisci il seguente paragrafo, al numero 19), con le relative note: Sottoporsi a cambio di sesso o alterare i propri caratteri sessuali per mostrare un sesso diverso da quello assunto alla nascita costituisce una situazione di peccato gravissimo dinanzi a Dio.* E’ quindi un peccato gravissimo ed insanabile instaurare rapporti di concupiscenza con partners già sottoposti a cambio di sesso o che hanno assunto caratteristiche di tipo transessuale, così come è un peccato gravissimo ed insanabile instaurare relazioni di concupiscenza con partners dello stesso sesso.** Gli individui che si sono sottoposti a cambio di sesso devono ritenersi a tutti gli effetti, spirituali e sacramentali, al di fuori della Chiesa di Cristo. Essi possono rientrarvi soltanto ricostituendo integralmente la situazione morfo-funzionale originaria o, nella impossibilità di farlo, astenersi totalmente da ogni relazione o atto proibito, secondo quanto espressamente richiesto da Dio.*** * Nel caso di soggetti presentanti caratteristiche non definite di un dato sesso o con caratteri estetico-morfologici di entrambi i sessi, non costituisce peccato ricostituire le caratteristiche sessuali preponderanti sia di tipo primario che secondario. Non costituisce inoltre peccato modificare o ritoccare lievemente gli aspetti morfologici di alcune parti del proprio corpo o anche i caratteri sessuali secondari, laddove gli stessi rappresentino motivo di grave disagio psicologico, comportamentale o relazionale, ma gli interventi estetico-ricostruttivi devono essere attuati nell’assoluto rispetto del contegno, del giusto equilibrio e della conformazione armonica di base del proprio organismo, senza affatto eccedere in modo spropositato negli aspetti morfologico-volumetrici, che devono rispettare le caratteristiche fisiche di base. E’ pertanto un grave peccato eccedere o stravolgere gli aspetti morfologico-volumetrici o la conformazione di base del proprio corpo a scopo meramente voluttuario, dimostrativo o esibizionistico, per mostrarsi ovvero particolarmente appariscenti o stimolare negli altri desideri insani. ** Coloro che mostrano pulsioni sentimentali o attrazione fisica nei confronti di soggetti dello stesso sesso non presentano alcunché di gravemente distorto o anomalo, se non una piccola diversione comportamentale, il più delle volte innescata da semplici procedimenti ormonali, neurovegetativi, psicologici e/o sociali. Tali individui non possono quindi e non devono in alcun modo essere additati o discriminati rispetto ad altri, come è invece avvenuto in un recente e lontano passato, trattandosi di soggetti generalmente e fondamentalmente sani oltre che particolarmente sensibili, e detenenti la stessissima dignità di ogni altro essere umano. Per tali ragioni essi risultano amati, sostenuti e vivamente considerati da Dio, come lo sono tutti coloro che mostrano vivo timore e costante fiducia in Lui. Pur tuttavia, tali individui devono comprendere bene che Dio ha creato in origine l’uomo e la donna nella loro fisiognomica ed assai precipua struttura morfo-funzionale con ben precise, immutabili, inderogabili e quanto mai sacre finalità, le quali, tanto a livello personale, quanto familiare, che sociale, non possono in alcun modo essere scavalcate, fraintese, raggirate o annullate, pena la degenerazione, lo sconvolgimento ed un generalizzato degrado, che già si scorgono tanto sul versante individuale, quanto su quello familiare e sociale, con ripercussioni gravissime ed estremamente deleterie quindi per l’intero corpo sociale! E’ per questo che Dio ha dettato agli uomini le Sue leggi, con il solo ed unico scopo di salvaguardare a fondo il loro precipuo ed esclusivo bene, tanto a livello immanente, quanto soprattutto trascendente! Orbene, tutti coloro che vogliono conservarsi nella Sua grazia ed entrare a far parte un giorno del Suo Regno, non devono assolutamente rinnegare i Suoi precetti per immettersi ciecamente in situazioni di grave peccato! Se i rapporti di taluni con soggetti dello stesso sesso si limitano ad una pura e semplice relazione amicale, senza affatto sconfinare nella concupiscenza, i loro sentimenti sono ben considerati da Dio, ma se travalicano in situazioni conclamate di peccato, essi si pongono sfrontatamente contro Dio, sfidandolo e dichiarandogli guerra! Alcune situazioni sono simili a quelle di tanti soggetti che, pur mostrando un lievissimo impedimento psico-fisico, morale o esistenziale, affrontano la loro esistenza con grande umiltà, viva fiducia e costante timore nel Signore, rendendoGli viva lode per il grandioso miracolo della vita loro donata e per la miriade di benefici alla stessa correlati; e mai rinfacciando a Dio eventuali benefici o diritti che essi ritengono di assoluta loro spettanza, perché in tal modo non farebbero altro che sollevarsi contro Dio, sfidarlo e dichiarargli insensatamente guerra! Così è per coloro che, non mostrando impulsi attrattivi per l’altro sesso, ritengono normale ed assolutamente lecito, se non proprio un acclarato diritto, rivolgersi senza remore o inibizioni a partners dello stesso sesso! Per tali soggetti, presentare come alibi una lieve anomalia di tipo psico-sociale, neurovegetativo od ormonale, a giustificazione del proprio peccato, significa in pratica rinnegare Dio e la Sua legge, allontanarsi da Lui e disporsi, in modo quanto mai cieco e sfrontato, al completo servizio di Satana! *** Peccato è contravvenire alla legge di Dio. E’ quindi un’aperta ribellione all’ordinamento predisposto da Dio per il creato e le Sue creature. Di conseguenza è una libera scelta di autoesclusione dal prender parte al Regno di Dio. Ove si tratti di una caduta saltuaria o accidentale, e quindi momentanea, Dio concede il perdono e la riconferma dello stato di grazia se intravede nel peccatore un sincero pentimento e viva fede in Lui. Ma se un peccato è assunto a regola di vita, l’autoesclusione dal partecipare al Regno di Dio diviene, in mancanza di una tempestiva conversione, definitiva e irrevocabile. Tali soggetti quindi, già da questo mondo, si predispongono ad appartenere a Satana, il quale li accoglie con viva soddisfazione e compiacimento. Orbene, ogni qualvolta si commette un peccato si concorre a far vincere il male nel mondo, disponendosi a combattere al fianco di Satana! Combattendo invece con grande forza, umiltà e viva fede nel Signore, il peccato, si concorre a far vincere il bene, disponendosi a combattere attivamente per Dio! Più si concorre a far vincere la causa di Dio, più si diventa santi e meritevoli al Suo cospetto. Più si concorre a far vincere il male, più ci si allontana da Dio per divenire facile preda del demonio. Orbene, per non commettere peccati, occorrono in definitiva tre cose: viva umiltà, costante timor di Dio, totale fiducia in Lui. Per commetterli invece basta poco: un po’ di orgoglio, un po’ di presunzione, marcata carenza di fede e timore nel Signore! Sono in pratica questi i prerequisiti essenziali per essere assunti dal demonio a suo servizio! Chi non serba umiltà, fede e costante timor di Dio, non può entrare a far parte del Suo Regno, autoescludendosi volontariamente dal partecipare ai benefici ed alle straordinarie gratificazioni allo stesso correlate. A pag. 81, prima de “ Il NS. DESTINO ULTRATERRENO” inserisci questo paragrafo: LA PERSEVERANZA La più alta, la più importante e la più nobile di tutte le virtù, quella più gradita a Dio, e che porta un’anima a conformarsi pienamente al Suo volere, per accedere un giorno il più vicino possibile a Lui, nel Suo regno di eterna gloria, è la virtù della perseveranza. La fedeltà a Dio si misura in un solo modo: con la perseveranza. Chi non è perseverante, si allontana gradatamente da Lui, e tale allontanamento può risultare temporaneo, se seguito da tempestiva conversione, o definitivo. La virtù della perseveranza ha 3 direttrici inscindibili: la prima orientata verso Dio, la seconda verso la propria famiglia, la terza verso se stessi. Si è perseveranti verso Dio, mantenendo fede a tutti gli impegni assunti verso di Lui, attraverso la costante frequenza e la fedele subordinazione ai S. Sacramenti; esercitando al meglio e con costante impegno la propria professione e/o le proprie mansioni quotidiane; mantenendo fede, con fermezza e costante spirito di sacrificio, ai propri propositi di vita. Si è perseveranti verso la propria famiglia, serbando il massimo rispetto e la più totale fedeltà verso il proprio coniuge; manifestando costante attaccamento, massima disponibilità ed una profonda dedizione verso i propri figli; serbando il massimo rispetto per i propri genitori ed una piena ed incondizionata disponibilità nel servirli. Si è perseveranti verso se stessi, coltivando in ogni momento la virtù e scacciando immediatamente, con tutte le forze, ogni forma di vizio; non deragliando mai dalla giusta strada che, con l’aiuto di Dio, ci si è prefissati di percorrere; astenendosi immediatamente, alla prima insorgenza, dagli accessi di ira e dagli accessi passionali, conservando in ogni evenienza la calma e la costante fiducia in Dio; mantenendosi pacifici e disponibili con tutti, attivandosi prontamente per aiutare chi, nel bisogno, richiede umilmente il nostro aiuto. Chi è fedele a Dio, alla propria famiglia ed ai propri propositi a fasi alterne, ovvero un giorno sì e quattro no, non è perseverante, e così facendo si allontana gradualmente da Dio per avvicinarsi sempre più al maligno, per farsi di questi cieco servitore o finanche schiavo. E’ indispensabile pertanto, qualunque possa essere il contesto nel quale Dio ci ha chiamati a vivere, darsi una regola fissa, una dirittura di vita, una linearità di comportamento, e sforzarsi ogni giorno di rispettarle, attraverso una ferma disciplina, un pieno autocontrollo, una forte determinazione di perseverare nella strada intrapresa, fino in fondo, costi quel che costi, succeda quel che deve succedere! Solo in tal modo ci si dimostra veri amici e fedeli servitori di Dio. Chi invece barcolla, ondeggia o va e viene come una foglia al vento, non percorre affatto la via di Dio, ma procede secondo la direzione del vento, e col vento si vedranno disperse le possibilità di riuscita o di piena realizzazione dei suoi propositi e delle aspettative di Dio nei suoi confronti. Subito dopo “La Perseveranza” inserisci il seguente paragrafo: I PECCATI CHE PIU’ TRAFIGGONO IL CUORE IMMACOLATO DI MARIA I peccati che più trafiggono il Cuore Immacolato di Maria, rendendo assai amaro e grave il Suo pianto, sono quelli che stanno portando il mondo letteralmente alla rovina, ricacciandolo, senza che nessuno ne prenda o voglia prenderne compiutamente coscienza, nel baratro più oscuro e profondo. Le gravi situazioni di peccato che si traducono in una serie di micidiali ordigni lanciati a getto continuo contro Dio, vanificandone in pratica i progetti, e rendendo quanto mai arduo il già duro combattimento contro Satana, sono le stesse che stanno rigettando una miriade incalcolabile di famiglie nel più totale degrado morale e spirituale, mettendo a serio rischio la salvezza eterna delle loro anime. Al primo posto della lunga serie di tali gravissime situazioni di peccato figura il numero incalcolabile di separazioni coniugali e divorzi, che hanno ridotto praticamente in frantumi il sacro vincolo sacramentale del matrimonio, che Dio ha sancito inviolabile ed assolutamente indivisibile. Le disastrose conseguenze per la società si rivelano incalcolabili: 1) Una miriade di fanciulli e di giovani abbandonati a se stessi, i quali smarriscono, forse definitivamente, il senso autentico dell’unità, dell’armonia, degli affetti e del calore familiare, che rappresenta ciò che di più vero e prezioso possa esservi al mondo per l’animo umano. 2) Le sostanze stupefacenti assunte, in tanti contesti, col mero intento di riempire il vuoto affettivo, morale ed esistenziale prodotto talvolta dall’egoismo, dalla vanità e dalla stoltezza di tanti genitori che non si rendono conto dell’estremo male arrecante a se stessi, ai propri figli e all’intera società. 3) La disgregazione e la palese instabilità affettiva e comportamentale di una miriade di ragazzi che, a seguito delle cruente lacerazioni familiari, smarriscono il senso più vero della speranza e di una viva aspettativa nel futuro, nonostante trattasi di giovani assai dotati e più che promettenti. 4) La deriva della virtù e l’esasperazione del vizio e delle sregolatezze in tanti giovani visibilmente delusi da situazioni familiari ritenute fallimentari, e pertanto assai inclini a comportamenti dettati dall’apatia e dalla rassegnazione. 5) Il disconoscimento dell’autorità di Dio sul mondo ed il mancato rispetto delle Sue leggi, talvolta indotti dall’indifferenza, dall’apatia e dal palese relativismo che i genitori per primi trasmettono, col proprio comportamento, ai propri figli. E’ questo il grave degrado morale e spirituale che le divisioni coniugali scatenano in primis nelle famiglie e, come immediata conseguenza, nella società, portando il mondo alla rovina. Ad accrescere a dismisura tale palese degrado, si somma un’altra gravissima situazione di peccato, rappresentata dall’aborto dei nascituri da parte di tantissime mamme che, col rinnegare apertamente lo straordinario miracolo della vita, affiorante mirabilmente nel proprio grembo, si inducono, più o meno consapevolmente, a porre fine all’esistenza delle loro creature! Tale misfatto assume gravità estrema al cospetto di Dio, in quanto l’omicidio non solo è perpetrato nei confronti di una creatura innocente, assolutamente indifesa, ma è messo in atto proprio da colei che è chiamata in primis a salvaguardarla, in tutto e per tutto; da colei ovvero detenente l’altissimo, inalienabile ed incontrovertibile compito di amare con tutto se stessa, proteggere ed assistere con ogni mezzo la creatura da lei stessa chiamata alla vita! Altre gravissime situazioni di peccato, che rattristano e sconvolgono enormemente il Cuore Immacolato di Maria, sono rappresentate dalle convivenze non benedette dal sacro vincolo sacramentale: le coppie che convivono senza essersi preventivamente sottoposte al sacramento del matrimonio, mancano in pratica dell’unzione e della benedizione di Dio, soltanto acquisibili attraverso l’unione sacramentale. Le stesse possono anche richiamare, dal punto di vista prettamente umano, qualche sentimento di comprensione, ma dal punto di vista di Dio, esse oppongono, in pratica, un netto rifiuto alla benedizione, alla protezione ed al governo di Dio sulla propria unione e sulla vita della propria famiglia, rifiutando, di conseguenza, di sottoporre la propria condotta di vita e la conduzione della propria famiglia ai dettami ed ai comandamenti di Dio. Non sono in tal modo sceverabili, da parte di Dio, né i sentimenti di fede verso di Lui, né quelli di sottomissione o di piena conformità al Suo volere, da parte di chi non ritiene affatto necessario o prioritario sottoporsi, nei passaggi fondamentali della propria esistenza, ai santi sacramenti. Tali individui non si dimostrano pertanto amici di Dio, pronti a farsi in ogni occasione Suoi servitori, ma si dimostrano disposti a servire ed a gratificare, in tutto il corso della propria esistenza, unicamente se stessi. Né tali coppie quindi, né i frutti del loro amore, possono ambire a ricevere la benedizione di Dio e le grazie che la stessa può apportare nel corso delle vicissitudini della vita. Chi omette di sottoporsi pertanto, quando richiesto, ai santi sacramenti, non può più ritenersi parte integrante della Chiesa di Cristo, ponendosi di fatto, volontariamente, al di fuori del consesso ecclesiale. Gli stessi non sono più in grazia di Dio e non possono più fruire, pertanto, dei Suoi doni e delle Sue elargizioni, fino a totale riconversione della propria condotta di vita, per adeguarla totalmente ai parametri, alle leggi ed alle prerogative di Cristo. Un’altra situazione di grave peccato, che rattrista e sconvolge terribilmente il Cuore Immacolato di Maria, e per la quale la Madonna profonde di continuo lacrime amare e particolarmente laceranti, è rappresentata dalla dedizione all’uso delle sostanze stupefacenti da parte di tanta gente, in maggioranza giovani e giovanissimi, i quali disgregano, sconvolgono ed affossano miserevolmente la propria esistenza e le mirabili potenzialità alla stessa connaturate, per una scialba ed insulsa dipendenza da sostanze che assolutamente nulla apportano di produttivo, remunerante e benefico, se non farsi causa esse stesse di ulteriore insoddisfazione, profondo deterioramento psico-intellettivo, grave sconvolgimento delle facoltà più belle e straordinarie che Dio ha dato all’uomo, insite appunto nella coscienza, nell’intelletto, nella meravigliosa capacità di vivere appieno ed apprezzare fino in fondo il grandioso e stupefacente miracolo della vita. Tale incredibile miracolo è invece azzerato e totalmente sconvolto da un terrificante buio, dal più totale degrado, da una lenta agonia foriera di morte. Parimenti, provocano nella Madonna un pianto dirotto, assai doloroso e pungente, i gravissimi peccati correlati alla pedofilia, alla diffusa corruzione politica ed amministrativa, alle gravi depravazioni e perversioni di tanta gente adagiatasi nell’ozio, nell’eccessivo benessere, nella corsa sfrenata verso piaceri e derive voluttuarie che hanno letteralmente soppiantato, oggigiorno, il più basilare senso del sacrificio, dell’impegno, di una ferma assunzione di responsabilità, ciascuno nel proprio ambito ed in ragione del proprio specifico ruolo. La stessa sofferenza, unitamente ad una profonda amarezza, pervadono il cuore della Madonna nello sceverare, nei più svariati ambiti sociali, la più totale mancanza di attenzione per i fanciulli e per i giovani, tradotta nella non-educazione o nella diseducazione della prole, come avviene in una miriade di famiglie, in tanti ambiti scolastici e nei più svariati contesti sociali. Un misfatto gravissimo dinanzi a Dio, è inoltre costituito dalla putrida piaga dello sfruttamento minorile in tantissimi contesti sociali, nell’assoluto silenzio, nella più totale indifferenza e nella tremenda noncuranza delle competenti istituzioni, le quali hanno invece l’inderogabile dovere di vigilare, stabilire ed attuare i giusti rimedi che possano risollevare dal grave degrado morale, spirituale e sociale le nostre comunità. Tali terribili aberrazioni rattristano e sconvolgono enormemente il sensibilissimo Cuore Immacolato di Maria, sicché tutto il Cielo si vede oggi attivato all’unisono all’unico fine di combatterle a fondo e porvi il giusto rimedio. Orbene, occorre qui rimarcare ancora una volta, e con grande enfasi, che il cristiano che si separa o divorzia dal proprio legittimo coniuge; che pratica l’aborto del proprio nascituro; che convive con il proprio partner pur mancando del vincolo sacramentale; che ha relazioni di concupiscenza con partners dello stesso sesso; che non provvede ad una costante ed appropriata educazione della prole secondo i dettami di Dio, fornendo alla stessa l’esempio costante della propria condotta di vita; che ruba o si fa corrompere nel ruolo di pubblico amministratore o responsabile politico; che sfrutta gli altri ed in particolar modo i piccoli; che pratica devianze e depravazioni come la pedofilia, non è affatto un cristiano, ma è da ritenersi, fino a totale riconversione della propria condotta di vita, al di fuori della Chiesa di Cristo! Di contro, i responsabili ecclesiali che tacciono, non prendono posizione chiara contro tali gravissime situazioni di peccato, e non si attivano con ogni mezzo per combatterle, con grande forza e determinazione, non sono veri pastori del gregge di Dio, non mostrando di essere ricolmi del Suo spirito. Dio non approva affatto il loro operato, ma ne prova ribrezzo e disgusto! Il gregge loro affidato gli sarà tolto, per essere affidato a pastori che sappiano riconoscere con chiarezza le vie del Signore ed il giusto modo di farle percorrere dal Suo popolo!*. Le anime dei pastori infedeli non potranno ambire un giorno a prender parte del Regno dei Cieli! *Guai ai pastori che van pascendo se stessi, anziché pascere il gregge che ho loro affidato!... Le mie pecore sono disperse e non c’è chi le cerchi e se ne curi… Così parla il Signore Iddio: “Ecco, io stesso sono contro i pastori infedeli, e richiedo il mio gregge dalle loro mani. Non affiderò più a loro un gregge da pascere…Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura…le trarrò in salvo da tutti i luoghi dove si erano disperse e le condurrò in ottimi pascoli…Le mie pecore abiteranno sicure nella loro terra e conosceranno che sono io il Signore…Così parla il Signore: “Voi, mie pecore, siete il gregge del mio pascolo, ed io sono il vostro Dio” (Ezech. 34, 2-31). Segue il seguente paragrafo: L’OPERA SCONVOLGITRICE DI SATANA NEL NOSTRO TEMPO* I fronti aperti, dove Satana ha convogliato il grosso delle sue milizie ed ha sfondato, deragliando l’esercito di Dio, annullando ogni resistenza e vincendo a tutto spiano, sono oggigiorno i seguenti: * “Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro persone fatte di carne e di sangue, ma contro i Principati e le Potenze demoniache, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti…Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del maligno!” (S. Paolo agli Efesini 6, 10-16). 1) IL FRONTE GIOVANI: La droga ormai capillarmente diffusa sull’intero pianeta, finanche fra le frange giovanili più fragili ed immature come quelle adolescenziali, sconquassandone a fondo i procedimenti psichici, lo stato di coscienza, la fase di riconoscimento del senso da conferire alla propria esistenza, i rapporti familiari ed interpersonali, i meccanismi di discernimento degli autentici valori da perseguire e realizzare, i rapporti affettivi ed amicali, è il vero segno e la misura più evidente di ciò che sta veramente succedendo oggi al nostro mondo, risultante quanto mai disgregato, degradato e sconvolto! E’ essenzialmente in tal modo che Satana governa oggi, a proprio esclusivo arbitrio e piacimento, la gran parte dei nostri giovani, proiettandoli con estrema facilità, e nel modo a lui più congeniale, sulla sua strada. Orbene, ricostruire e riportare ad una soddisfacente, equilibrata ed armonica condizione psico-fisica tali giovani, nella loro interezza di anima e di mente, di coscienza e di volontà, di corpo e di spirito, è cosa quanto mai ardua! Prima conseguenza di tale sfacelo è l’evidente sconquasso famigliare: nelle famiglie dove è entrata e si è accasata la droga non regna più la pace, la serenità, l’armonia, la concordia, l’unità e il benessere di tipo affettivo, psicofisico e spirituale. In alcuni contesti familiari sono all’ordine del giorno le liti, il malessere esistenziale, le sopraffazioni, i gravi problemi correlati alle crisi di astinenza, i lunghi silenzi stracolmi di vuoto e di angoscia, il perdurante disordine, la totale perdita di autocontrollo. Ed in tale sconquasso Satana regna più che soddisfatto, gestendo ogni cosa secondo i propri comodi e le proprie perverse finalità. Occorre far comprendere bene ai giovani che la droga, oltre a rappresentare un veleno mortale per l’anima, per il corpo e per la mente, predispone e rigetta la persona in una condizione di grave peccato mortale, in quanto l’assunzione di sostanze stupefacenti annebbia, affossa e contamina, fino a distruggerli, ed in modo drastico, l’armonia e l’equilibrio che Dio ha originariamente conferito al nostro essere, e quindi contamina, altera e fa deragliare drasticamente le mirabili attitudini e le straordinarie potenzialità che una persona libera da contaminazioni o condizionamenti psico-chimici detiene nell’agire, nella forza di volontà e nello stato di coscienza, finanche privandola della capacità di introspezione, della padronanza di tutto il proprio essere e della libertà, che sono i doni più grandi conferiti da Dio all’uomo. Orbene, chi non combatte la buona battaglia per redimersi in tempo e cambiar vita, sperimenterà una condizione di progressivo annebbiamento, di profonda confusione e di totale dipendenza psicofisica dalle sostanze che assume, creando così una porta di accesso di enormi dimensioni all’immissione del maligno, il quale non tarda a sospingere i malcapitati in un baratro assai cupo e profondo, in totale subordinazione al suo volere. 2) IL FRONTE FAMILIARE: Il fronte preferenziale sul quale Satana concentra oggigiorno il grosso delle sue milizie, caparbiamente e brutalmente ostinato a disgregare, sconquassare e portare decisamente alla rovina l’intera umanità, per allontanarla drasticamente da Dio e vincere definitivamente la sua guerra, è quello familiare. La sua testata strategia d’attacco e di mantenimento, su tale fronte, si dimostra ai suoi occhi decisamente infallibile, perché ha prodotto in pochissimi decenni i risultati più sensazionali ed eclatanti. Tale infallibile strategia è la divisione! Creando improvvisi e cruenti contrasti, talora innescati da semplici incomprensioni, oppure fomentando con inaudita facilità relazioni adulterine, totalmente illecite ed assolutamente nefande agli occhi di Dio, divide e mena in frantumi una miriade incalcolabile di famiglie, ammorbando quindi, corrompendo e disgregando, senza particolari sforzi, l’intera società, di cui la famiglia è la prima, fondamentale e più fragile cellula. Le divisioni familiari sono in questo momento all’ordine del giorno, perfino in paesi dove, fino a qualche decennio fa, era del tutto impensabile o inconcepibile che una famiglia, saldamente fondata su di un ordine sacro, assolutamente indissolubile, potesse disgregarsi! Orbene, Satana è finanche riuscito ad annullare, nella coscienza di molti, il concetto stesso di sacralità per quanto attiene l’istituzione familiare. Difatti, unitamente alla miriade incalcolabile di separazioni e divorzi, si assomma oggigiorno l’istituto delle unioni civili, una nuova forma di famiglia sancita come formalmente legittima dalle compagini governative di svariate nazioni, le quali, legittimando totalmente, in ambito sociale, le unioni omosessuali, conferiscono finanche alle stesse la piena facoltà di adottare bambini, il più delle volte fatti nascere per surrogazione di maternità, ovvero da donne sottoposte, dietro compenso, allo stato di gravidanza. Cose assolutamente nefande ed abominevoli che hanno una sola ed unica matrice: Satana! Orbene, egli riesce a far sì che in molte famiglie, al primo intoppo, alla prima incomprensione, al primo attrito tutto si rompa, venendo a cancellarsi in un istante rapporti di una vita intera, per intraprenderne dei nuovi, nel volger di un batter di ciglia, senza porsi tante domande o tanti perché, e senza alcuna remora, totalmente indifferenti di ciò che ne sarà del prosieguo di vita del coniuge e dei propri figli, ai quali si aveva in precedenza giurato fedeltà eterna ed unione indissolubile, tanto nella buona quanto nella cattiva sorte! Satana vede così realizzato il suo traguardo più grande ed ambito: quello di vedere in un sol colpo frantumata e distrutta l’istituzione familiare e, con questa, l’intera società. Ma lo sfacelo non finisce qui: in tantissime famiglie manca del tutto un piano o un’assunzione di impegno educativo riguardo ai propri figli. In alcune non esiste alcuna forma di educazione in riferimento ai fanciulli od ai giovani i quali, abbandonati a se stessi, si introducono su falsi percorsi nei quali si perdono o giungono finanche ad annientarsi. In altri contesti familiari vi è totale assenza dei valori che portano a Dio: i fanciulli si vedono pertanto privati del mezzo primario assolutamente indispensabile per conseguire un’autentica realizzazione ed il pieno soddisfacimento dei propri obiettivi di vita, tanto sul versante immanente quanto soprattutto su quello trascendente! Essi non crescono più nel compiuto e costante orientamento verso i valori e i doveri religiosi, che soli danno senso vero alla vita, e rappresentano anzi il fine precipuo della stessa! In loro assenza, i più si dimostrano confusi, sbandati e senza rotta, per cui presto giungono a perdersi! E Satana ne approfitta per soggiogarli e trascinarli, con estrema facilità, sulla sua strada. Occorre far comprendere bene ai coniugi che basta veramente poco per posizionarsi sulla scia del maligno e assecondarne totalmente i fini: un’infatuazione occasionale per rivivere forse emozioni di gioventù, la fregola di lasciarsi andare in nuove e più gratificanti esperienze, una leggera predisposizione alla supremazia o allo scontro, una malcelata volontà di primeggiare e di sottomettere l’altro sempre e comunque al proprio volere, una scarsa capacità di saper ascoltare, comprendere o anche tollerare i piccoli difetti e le debolezze dell’altro. Tutto concorre ad innescare o ad alimentare situazioni di disagio o di conflitto che col tempo, con la crescente intolleranza o con l’insopprimibile intento di rifarsi una vita a propria esclusiva misura, che si riveli ovvero totalmente appagante o del tutto conforme alle proprie aspirazioni o aspettative, portano a soddisfare appieno l’intento primigenio del maligno, che è quello di portare allo sfascio e alla distruzione famiglie costruite invece con tanti sforzi nel corso di molteplici anni vissuti con amore, costante impegno e vive aspettative di vederla un giorno crescere ed attestarsi per il bene primario e la salute piena dei propri figli. Dio chiede pertanto a ciascun coniuge che non venga mai a mancare in loro l’umiltà, la capacità di ascolto, la costante tolleranza per i piccoli difetti o le debolezze dell’altro, la piena astensione dalle stravaganze o dai colpi di testa con finalità voluttuarie, per concentrare tutto se stessi e l’intera esistenza sul bene vero del proprio coniuge e dei propri figli. Tutti, per piacere veramente a Dio, dovrebbero apporre sul proprio comodino o sulla parete ad esso prospiciente, una scritta marcata a caratteri d’oro: “Il nostro matrimonio è sacro, ed è per sempre”. Occorre infine che i genitori comprendano bene che prima di qualsivoglia aspirazione o intento auto-gratificante viene la sana formazione dei propri figli. Allo stesso modo occorre far comprendere bene agli insegnanti che non esistono, ai fini di un’autentica formazione umana dei propri discenti, solo le nozioni o le acquisizioni letterarie, scientifiche o tecniche, ma a tutto e prima di ogni altra cosa occorre anteporre la formazione di una sana coscienza umana, che non potrà giammai attestarsi in mancanza di valori assoluti, i quali solo precedono, guidano e sorreggono pienamente, sul versante immanente come su quello trascendente, l’umana esistenza, conferendole l’unico e solo senso che possa detenere: quello di conoscere, amare e servire con tutto se stessi Dio, che è l’unico, vero ed eterno Signore dell’universo! 3) LA CORRUZIONE POLITICA ED AMMINISTRATIVA: Su tale fronte Satana risulta, più che altrove, assoluto vincitore, in quanto non deve sfondare alcuna porta per accedere al suo terreno di conquista, trovandole già aperte, anzi completa-mente spalancate! Molti dei suoi potenziali e ghiotti bersagli si dimostrano infatti già predisposti e visibilmente ben pronti a soddisfare ogni suo desiderio o pur minima pretesa! Il dio di costoro infatti non è il vero Dio, ma unicamente il dio denaro, al quale prontamente sottomettono e dedicano la loro intera esistenza! Anche perché tale dio non viaggia quasi mai da solo, essendo in genere accompagnato da altri 2 dei: il potere ed il successo, che sono le vere prerogative alle quali molti politici anelano e che prontamente Satana loro promette! Orbene, tal genere di politici corrotti non fanno altro che contribuire in prima persona, posti come sono al servizio di Satana, ad acuire e fomentare nella società tutte quelle discrasie, disuguaglianze, ingiustizie e aberrazioni che Satana vuole vengano disseminate a piene mani nel corpo sociale, fomentando così ed accrescendo a dismisura, in ogni ambito, malessere sociale, discriminazioni, gravi situazioni di peccato e di accesa rivolta al giusto e saggio ordine predisposto da Dio, tutte prerogative fortemente sorrette, amplificate e massicciamente fomentate dal maligno, il quale, servendosi precipuamente di tali politici, governa, gestisce e fa girare il mondo a proprio piacimento. Orbene, è su questi fronti che bisogna concentrare il grosso delle truppe disposte al servizio del bene, per opporre una strenua resistenza, respingere in modo vigoroso e massiccio il nemico, e conseguire quindi vittoria piena. E’ quindi su questi 3 fronti, in primis, che coloro posti alla guida della Chiesa devono convogliare le loro forze migliori, col fermo e inderogabile intento di sferrare una massiccia, salda e poderosa controf-fensiva che possa schiacciare Satana nelle sue postazioni più congeniali, e ricacciarlo lì da dove ha preso originariamente corpo la sua marcia! Non si rende quindi affatto proficuo per i responsabili ecclesiali disperdere il proprio tempo e le proprie attività in questioni secondarie e poco attinenti al cruento combattimento che bisogna invece sferrare contro un nemico accanito, ferocissimo e mai domo! Essi devono anche attivarsi con forza al fine di indicare con chiarezza al popolo tutto quali sono le palesi situazioni di peccato dalle quali bisogna stare decisamente lontano, ricordandole in continuazione a tutti, fino all’esasperazione, senza alcun timore di apparire ripetitivi o pedanti, di modo che nessuno possa indursi a cadere od a trasgredire, per mera ignoranza o disinformazione, i comandamenti di Dio! La profusione di un impegno forte e quanto mai deciso in tale lotta è contestualmente richiesto ai responsabili politici ed all’intera comunità dei credenti: 1) Ai responsabili politici è richiesto un impegno assai fattivo e determinato che porti all’immediata abrogazione di tutte quelle leggi che tollerano, favoriscono o promuovono palesi situazioni di peccato, risultanti pertanto nettamente antitetiche alle leggi di Dio, per sostituirle nell’immediato con leggi conformi o per lo meno non antitetiche a quelle di Dio! Devono inoltre promuovere con estrema sollecitudine provvedimenti legislativi atti a prevenire e ad ostacolare con ogni mezzo l’assunzione di sostanze stupefacenti da parte dei giovani, nonché leggi atte a prevenire con grande efficacia i divorzi e le separazioni coniugali. 2) I fedeli devono infine porre attento e costante ascolto alle indicazioni della Chiesa e non indursi minimamente a peccare! Nessuno deve assolutamente indursi a peccare! Se con decisione ed all’unisono si lavorerà in tal senso, Dio ne risulterà totalmente vittorioso e la Sua gloria si dimostrerà piena! Viceversa l’umanità sprofonderà ancor di più in un baratro quanto mai tetro, squallido e profondo, dal quale nessuno potrà trarla in salvo, per annientarsi infine con le proprie stesse mani! Segue il seguente paragrafo: LE RAGIONI PROFONDE DI TALE SFACELO Le reali motivazioni alla base dell’attuale sfacelo morale, sociale, politico e religioso, che sta drasticamente sconquassando e scaraventando in un profondo baratro la gran parte dell’umanità, sono essenzialmente riconducibili a tre ordini di fattori riguardanti la Chiesa, la società, la politica. 1) LA CHIESA. Alcuni responsabili ecclesiali sembrano sottovalutare o non tenere nella giusta considerazione le vere priorità che devono illuminare, sorreggere e guidare l’intero loro operato. In tal modo, essi oppongono scarsa resistenza alla massiccia e poderosa avanzata del male, che sta letteralmente sconquassando dalle basi le fondamenta della società, a cominciare dalla famiglia, dai rapporti fra i coniugi, e finendo alla gran massa dei giovani, letteralmente frastornati da una miriade di falsi valori trasmessi a tutto spiano dai mass media, dalle pseudoculture dominanti, da un terrificante vuoto morale ed esistenziale. Alcuni uomini di chiesa poi, come se già non bastassero i mille artifizi satanici su di una miriade di famiglie e sulla gran moltitudine dei giovani, seminano ignominiosi scandali che giungono ad affossare, senza attenuanti, la credibilità e la forza attrattiva della sacra istituzione. Fare bene il proprio dovere, per un responsabile ecclesiale, significa in primis intervenire prontamente per combattere, con forza e coraggio, le gravissime situazioni di peccato largamente diffuse nei più svariati ambiti sociali. Si vince ovvero sul demonio e si servono i fini di Dio in un solo modo: non peccando! E sospingendo con fermezza il popolo ed i singoli individui a non peccare! Occorre pertanto rimarcare, fino all’esasperazione, che chi pecca si pone al servizio di Satana, e quindi dichiaratamente contro gli interessi di Dio! Soltanto chi non si immette in una situazione di peccato, può ambire a servire fedelmente il Signore. E’ quindi un dovere primario e ineludibile di tutti i responsabili ecclesiali quello di mettere in guardia costantemente i fedeli, senza cedimenti di sorta, da quelle che sono le reali situazioni di peccato da cui bisogna assolutamente stare lontano, cercando nel contempo, con grande forza e determinazione, di aiutare fattivamente chi vi è caduto, a rialzarsi od a venirne fuori al più presto! Molti responsabili ecclesiali, invece, non parlano più di infedeltà coniugale, di adulterio, delle gravissime situazioni di peccato inerenti separazioni e divorzi, di delitti abortivi, di emergenza educativa per i piccoli, dell’assoluto e indispensabile presupposto dell’onestà in ogni ambito sociale, di una lotta dura ed energica contro le droghe di ogni genere e grado. Si può ovvero sferrare un massiccio e capillare attacco alla supremazia satanica sul mondo, solo e soltanto in un modo: combattendo con vigore, costante tenacia e forte determinazione il peccato. Avendolo ben compreso, la gran parte dei responsabili ecclesiali, un tempo, tuonava con inusitato vigore dai pulpiti, dalle cattedre, dalle piazze di ogni città, per “aprire gli occhi ai ciechi, dare una possibilità di riscatto ai prigionieri, liberare dalle tenebre chi versava nel buio più pesto” (Isaia 42,7); riportare in altre parole il popolo tutto a servire il vero Dio, e non a svendersi, per pochi spiccioli, a Satana! Oggi invece, ad accrescere a dismisura tale miserevole sfacelo, interviene l’assordante silenzio-assenso di tanti responsabili ecclesiali che non si oppongono più, nemmeno a parole, alle molto deleterie ed aberranti leggi promulgate, nelle nostre evolute ed emancipate nazioni occidentali, da parte di governi senza scrupoli, mancanti del più basilare ritegno e del pur minimo timor di Dio. Detti governi, legittimando alcune fra le più gravi ed aberranti situazioni di peccato, hanno sfidato con inusitata insolenza la pazienza di Dio, producendo un danno incalcolabile ad una miriade di coscienze individuali e collettive, rimaste assai frastornate nel veder legittimate situazioni che soltanto pochi anni fa avrebbero scatenato orribili scandali, o fatto raccapricciare la pelle ad una miriade di individui che si chiedono oggi esterrefatti dove sia più il confine reale fra il lecito e l’illecito, cosa sia ovvero peccato e cosa non lo sia, visto che tutto, finanche l’inimmaginabile o l’inammissibile, è divenuto, in tante nazioni assai civilizzate, totalmente lecito! In molti sono quindi portati a cedere essi stessi al male, dal momento che ciò che era male non lo è più, e finanche la più totale aberrazione, ora legittimata da chiarissime leggi dello stato, è divenuta socialmente ammissibile!* Alcuni autorevoli personaggi poi, a presunta giustificazione di tale inqualificabile silenzio, dinanzi al terremoto morale che tali squallide leggi stanno producendo nei più svariati ambiti sociali, hanno candidamente abbozzato timidi fraseggi: “Non mi immischio in tal genere di situazioni!”, ovvero: “Non intervengo nelle beghe politiche di una nazione!”, così trascinando la Chiesa, il popolo di Dio e l’intera società nel baratro più tetro e profondo, da cui uscirne potrebbe risultare assai arduo se non impossibile! Laddove ed ogni qualvolta si preannuncino provvedimenti legislativi miranti a legittimare, dinanzi all’intero consesso sociale, gravi e palesi situazioni di peccato, così come definite dai comandamenti di Dio, dalla dottrina cristiana e dal correlato magistero, l’Autorità ecclesiastica non ha l’opzione, ma ha l’obbligo inderogabile, dinanzi a Dio ed agli uomini, di intervenire con tempestività e determinazione per proclamare in modo forte e deciso, dinanzi all’intero consesso sociale, che quanto alcune forze politiche intendono legittimare costituisce una gravissima situazione di peccato che non può essere assolutamente accettata o tollerata da chi serba un minimo di rispetto per la legge di Dio. Il peccato più grave che possano commettere, dinanzi a Dio ed agli uomini, i responsabili ecclesiali, è in primis quello di tacere o di esimersi dall’intervenire, in modo chiaro e deciso, in tali gravi e terribili situazioni, altamente ed irrimediabilmente lesive del corpo sociale, della gran moltitudine dei giovani, di una miriade di famiglie, e di ignari e spesso inconsapevoli cittadini, tratti formalmente in inganno e fuorviati su percorsi alternativi e senza uscita, dal primo e più forte stimolo ed incentivo che può esservi ad intraprenderli, quale è una legge dello Stato. Un responsabile ecclesiale non può dire: “Non mi immischio in tali beghe politiche!”, perché egli non è un cittadino qualsiasi, ma un ministro di Dio, un pastore, una guida che il Signore vuole forte, coraggiosa e decisa, essendogli stato affidato, in primis, il compito di attestare il suo popolo sul retto cammino, e di salvaguardarlo, in ogni momento, dalle astute e mai dome insidie del male. Rientrano pertanto nella sua esclusiva responsabilità la chiarezza e l’efficacia del messaggio da trasmettere al popolo, la premura di proclamare senza cedimenti o titubanze il sacro magistero, definendo con estrema chiarezza ciò che è peccato e ciò che non lo è, di reggere ovvero senza tentennamenti il bastone che indica al popolo la giusta via da seguire. A nessuno è permesso di giudicare un peccatore, che è prerogativa esclusiva di Dio, ma la esatta cognizione, la chiara definizione e un’adeguata comprensione delle specifiche situazioni di peccato devono essere attestate e proclamate con la massima decisione e chiarezza da parte di chi detiene l’altissima responsabilità della guida, una responsabilità inderogabile ed assolutamente inalienabile per un ministro di Dio! Chi tace per non esporsi, quando invece è suo inderogabile dovere parlare, è come quel pastore che mentre il gregge viene attaccato dai lupi, depredato e disperso, preferisce voltarsi dall’altra parte e starsene tranquillo, lontano dai fragori e dalla mischia, nonostante molte pecore vengano ferite, e moltissime abbattute o depredate. E’ da dire infine che la gran parte dei responsabili ecclesiali, fra cui moltissimi parroci, preferisce starsene in pace e tirare a campare all’interno delle quattro mura del tempio, piuttosto che uscire allo scoperto per andare incontro ai dubbiosi, ai presunti increduli, a tanta gente sobillata da gravi problemi, ai delusi dalla vita, ai disperati, a chi, pur essendo alla ricerca assidua della verità, non l’ha ancora trovata. Chi non travalica le quattro mura del tempio per andare incontro alla pecorella smarrita, ma si arrocca nel proprio comodo guscio, limitandosi talvolta a dir messa, a presenziare a funerali e sacre processioni, o ad attendere in pace i parrocchiani più assidui, è un funzionario che amministra più o meno bene l’ordinario, ma che non produce alcun significativo avanzamento alla causa di Cristo! Taluni si adagiano poi negli agi e nelle comodità, quasi scambiando il sacro ministero per un impiego pubblico di grande riguardo, quasi onorifico, scordando di contro il senso vero dello stesso, che è strettamente legato al sacrificio ed alla croce, le uniche opzioni che apportano rigoglioso frutto e danno vittoria certa a Dio. E’ solo attraverso il sacrificio e la croce infatti che la missione sacerdotale diviene altamente proficua e mirabilmente feconda ai fini di Dio. Ciò di cui Cristo ha veramente bisogno per portare a compimento il Suo mirabile piano di salvezza, non è di uomini che indossino un abito talare per svolgere comunque un pubblico impiego, ma di santi sacerdoti che, attraverso una costante ed infaticabile disponibilità al servizio di tutti i parrocchiani, non soltanto di quelli che frequentano la chiesa, giungano a santificare in toto la loro comunità, combattendo strenuamente ogni giorno, al fianco degli Angeli e dei Santi, al fine di rendere a Cristo la vittoria che gli è dovuta sul nemico infernale. E’ più utile a Cristo, ai fini della vittoria definitiva sulle schiere sataniche, un sacerdote santo, che cento suoi rappresentanti in abito talare, non pienamente rappresi nell’alta missione che sono chiamati a svolgere, intesa verosimilmente alla stregua di un impiego come tanti. Ciò che serve realmente ad una comunità, per poter ottemperare in pienezza ai fini di Dio, è la santità autentica dei suoi sacerdoti! * Chi vuol porsi in una grave situazione di peccato, è liberissimo di farlo! Ne risponderà personalmente a Dio. Non vi è quindi alcuna impellenza o necessità che possa indurre uno Stato a legittimare con delle leggi tali abominevoli situazioni! Uno Stato che si spingesse quindi a farlo, mostrando totale mancanza del pur minimo timor di Dio, ed anzi con un senso di viva sfida nei Suoi confronti, si porrebbe in una gravissima ed incolmabile situazione di peccato! Tale governo sarà pertanto da Dio severamente punito e tutti i suoi membri si vedranno definitivamente esclusi dall’accedere al Suo Regno! Sicchè chi intende convivere con un partner dello stesso sesso, lo faccia pure! Chi intende rompere il sacro vincolo matrimoniale, che proceda pure a farlo! Chi intende macchiarsi dell’omicidio di un embrione o di un feto, che lo faccia! Chi intende sottoporsi a pratiche di fecondazione eterologa, lo faccia pure! Dio giudicherà ciascuno di loro! Ma guai, dico guai a quei governi che, sfidando stoltamente Dio e la Sua legge, si saranno attivati per legalizzare tali gravissime ed aberranti situazioni di peccato! Meglio per loro non essere mai nati! Tutti i loro membri e tutti i parlamentari che avranno espresso il loro voto in favore di tali leggi si vedranno destinati decisamente all’inferno, al servizio esclusivo di Satana, come hanno mostrato di esserlo durante l’espletamento del loro mandato politico! A questo punto neanche mille Santi o mille abluzioni sacrificali potranno mai salvarli! La S. Chiesa ha pertanto il dovere di procedere con immediatezza alla loro scomunica, cui deve essere conferito il massimo risalto mediatico! Al medesimo provvedimento devono ritenersi associati tutti coloro che, nonostante il decisivo provvedimento di allontanamento dalla comunione ecclesiale, voteranno ugualmente per i membri di tale governo, che non potranno mai più ambire a sperimentare la misericordia di Dio! 2) LA SOCIETA’. Chi dovrebbe guidare, fecondare e conformare sulla via del bene l’intera collettività, in stretta assonanza, sintonia e complementarietà con i responsabili ecclesiali, dovrebbe essere il popolo dei credenti, i quali, proprio perché credenti, e quindi presumibilmente fedeli al messaggio evangelico, dovrebbero ispirare ed attirare tutti gli altri sulla via del bene, attraverso l’ineccepibile condotta di vita, la forte testimonianza, il fermo attaccamento ai sacri valori, ma soprattutto la decisa e più totale ripugnanza per il peccato e la più ferma astensione dallo stesso. Ed invece le cose, nella cruda realtà, non stanno affatto così: una miriade di cosiddetti credenti non solo non pratica affatto i valori ed i comandamenti in cui dice di credere, non rendendo alcuna testimonianza agli stessi, ma testimonia, di contro, l’esatto contrario, rendendo in tal modo un danno incalcolabile ed inimmaginabile alla causa di Cristo! Molti difatti sanno che è un peccato gravissimo separarsi o divorziare dal proprio coniuge, ma lo fanno ugualmente, con grande disinvoltura e la più totale indifferenza alle prerogative della fede! Sanno che è un peccato gravissimo praticare l’aborto di un nascituro, ma lo fanno ugualmente, con grande scioltezza e indifferenza ai comandamenti di Dio! Sanno che è un peccato gravissimo produrre calunnie, diffamazioni od oltraggi di vario genere nei riguardi del prossimo, ma lo fanno ugualmente, con la più totale indifferenza ai comandamenti di Dio! Sanno che è un peccato gravissimo rubare e privare indebitamente l’altro del proprio, ma lo fanno ugualmente, con grande scioltezza e indifferenza ai comandamenti di Dio! Sanno che è un peccato gravissimo rendere falsa testimonianza o accusare ingiustamente un innocente, ma lo fanno ugualmente, infischiandosene di Dio e delle Sue leggi! Sanno che è un peccato gravissimo dare cattivo esempio ai piccoli e non educarli nella maniera più conforme ai comandamenti di Dio, ma lo fanno ugualmente! Sanno che è un peccato gravissimo anteporre ai propri doveri genitoriali i propri futili comodi, ma lo fanno ugualmente, infischiandosene di Dio e delle Sue leggi! Orbene, tali miserevoli individui non solo promuovono e diffondono apertamente, attraverso la propria deprecanda condotta, il peccato, ma lo diffondono pur dichiarandosi, a priori, credenti. Agli occhi degli scettici e dei dubbiosi pertanto, il danno dagli stessi prodotto è elevato all’ennesima potenza, in quanto chi è lontano dalla fede non solo acquisisce la grande facilità e la palese ordinarietà di una determinata condotta, da cui ne può erroneamente dedurre l’ammissibilità o la liceità sociale, ma lo acquisisce in primis da chi si dichiara credente, scaturendone quindi un danno alla fede, ai buoni propositi ed allo sceveramento del bene da parte di chi acquisisce tale stato di cose, assolutamente incalcolabile! Sicchè, paradossalmente, il danno più evidente e più consistente alla causa di Cristo non è oggi apportato dai miscredenti, dagli atei o dai senza Dio, ma principalmente dai cosiddetti credenti, i quali, anziché militare e combattere strenuamente al fianco di Cristo, come pur si erano proposti di fare, sono passati con grande disinvoltura fra le schiere avverse, portandosi ad attaccare con inusitato vigore Cristo e le schiere a Lui fedeli, determinandone così la disfatta certa, anziché l’auspicata vittoria! Sicchè Cristo non perde oggi le Sue battaglie per la forza dirompente ed incontenibile dei Suoi nemici, un tempo rappresentata dalle schiere sataniche, dai miscredenti e dai tenaci oppositori della fede, ma perde inspiegabilmente e paradossalmente per la forza massiccia e dirompente delle stesse schiere un tempo amiche, oggi trasbordate invece, senza remore, nello schieramento avverso. Come se ciò non bastasse, molti credenti si sono indotti a fornire, consapevolmente o inconsapevolmente, il proprio incondizionato sostegno a formazioni politiche il cui prioritario impegno si è tradotto nella formulazione di leggi giunte a legittimare, in seno alla società, gravissime situazioni di peccato, sferrando così un violentissimo ed insanabile attacco alle fondamenta costitutive della Chiesa ed ai bimillenari valori sui quali la stessa è da sempre saldamente fondata! Orbene, i cristiani che sostengono fattivamente, attraverso l’espressione del proprio voto, tali medesime forze politiche, hanno dichiarato essi stessi guerra aperta a Cristo ed alla Sua Chiesa, per cui si sono posti, di fatto, al di fuori del consesso ecclesiale, e quivi rimarranno fino a totale riconversione del proprio orientamento culturale e sociale, da rendere pienamente conforme ai dettami, alle prerogative e alla dottrina di Cristo. 3) LA POLITICA. L’andamento globale della società, la sua conformazione di base, la sua corrispondenza alle basilari prerogative per una pacifica ed armonica convivenza civile, la sua piena o carente conformità ai basilari valori e principi morali, e la fondata aspettativa di stabilità in riferimento ai canoni per una giusta, pacifica ed armonica convivenza, dipendono massimamente e fondamentalmente dalla politica, la quale predispone e determina, nel grande e nel piccolo, così come nel bene e nel male, l’intero assetto sociale. Pertanto, se soltanto lo vuole, la politica può incidere fortemente e durevolmente sulle prerogative, sui caratteri e sui valori civili, morali e culturali che conformano il corpo sociale ad un determinato modello, conferendogli la sua specifica identità o precipua conformazione. E’ quindi precipuamente la volontà politica che conferisce all’intera società un assetto, un indirizzo od una conformazione piuttosto che un’ altra. Orbene, se l’intento principale di una determinata classe politica è il mero raggiungimento o accrescimento del proprio potere, indipendentemente da ogni considerazione di tipo morale o etico, la stessa impiegherà qualsiasi mezzo pur di riscuotere un forte consenso elettorale, al di là o contro ogni prerogativa morale. Metterà quindi in atto ogni provvedimento utile a tal fine, piuttosto che orientato alla salvaguardia dei sani principi morali o ad attestare la società sui sani valori. Saranno di conseguenza sacrificati al conseguimento del potere tanto la morale, quanto l’assetto culturale generale, la tutela dell’istituto familiare, la salvaguardia dei sacrosanti diritti dei piccoli, creature che non votano e quindi ininfluenti ai fini del consenso elettorale! La stessa classe politica si renderà di conseguenza disponibile a concedere tutto a tutti, anche e soprattutto accondiscen-dendo alle richieste delle più svariate lobby o associazioni, disponibilissime a concedere il proprio voto in cambio del pubblico riconoscimento di presunti diritti, anche se questi colludono o si dimostrano del tutto incompatibili con i sani principi morali e/o la tutela comunitaria dei sani valori! Ne consegue che la razza peggiore e più esecrabile dei politici al governo di una nazione, è quella che mira unicamente a conservare o ad accrescere il proprio potere, a prescindere o indipendentemente da ogni considerazione e/o intento di ordine morale o etico. E tal genere di politici porta inevitabilmente la società allo sfascio, se non prontamente smascherati e contrastati da una forte e decisa opposizione politica, da una pubblica opinione attenta ed apertamente intollerante dei soprusi, degli abusi di potere e delle forti prevaricazioni, da associazioni culturali e/o religiose profondamente sensibili alla tutela dei basilari valori morali, ma soprattutto, da un tempestivo, forte e deciso intervento dell’Autorità ecclesiastica, la quale, di fronte al disastro morale, familiare e sociale apportato da tale politica altamente corrotta e degenerata, non può esimersi dall’intervenire in modo tempestivo, forte e deciso, al fine di riposizionare l’argine morale della società nei limiti del consentito, in piena conformità alle giuste prerogative ed agli imprescindibili principi morali. Il primo antidoto alla politica degenerata è quindi rappresentato da un’opposizione politica capace, coraggiosa e decisa, che non arretra dinanzi alla prepotenza dei corrotti, né teme di perdere il consenso dei pavidi e degli empi, sapendo di avere costantemente al suo fianco la parte buona e sana della società. Orbene, tali forze di opposizione si presume debbano annoverare al loro interno l’intera compagine dei politici di fede cristiana, i quali, proprio perché fondamentalmente credenti, e quindi rispettosi di Dio e delle Sue leggi, non dovrebbero mostrare riserve o indecisioni nell’affrontare a viso aperto tutti coloro che seminano degrado morale e spirituale in seno alla società. Nei fatti invece le cose non stanno così, perché anche costoro, prima di muoversi o affrontare battaglie assai ardue ed estenuanti, fanno i conti col proprio potenziale elettorale, mostrandosi anch’essi molto sensibili al peso elettorale delle più svariate lobby o associazioni avanzanti talvolta assurde pretese. Venendo quindi meno, nelle battaglie politiche determinanti ai fini della salvaguardia dei basilari principi morali, forze assai decisive per la vittoria, vengono meno anche le possibilità di porre un deciso argine al grave degrado morale che sta letteralmente sconquassando dalle basi la nostra società. Ecco perché le leggi che riconoscono diritti incompatibili con i più basilari princìpi morali, si sono moltiplicate a dismisura nelle più svariate nazioni, determinando quello sfacelo morale, spirituale ed esistenziale, dal quale uscirne potrebbe rivelarsi assai arduo! Le forze politiche che legittimano, attraverso insani provvedimenti legislativi, gravi ed aberranti situazioni di peccato, sferrano un gravissimo ed insanabile attacco alla Chiesa di Cristo, alla dottrina cristiana ed al correlato magistero, per sconquassarne in pratica le fondamenta costitutive, i plurimillenari valori e le immutabili prerogative dinanzi all’intero corpo sociale, che Dio vuole invece costantemente protetto e fortemente salvaguardato dalle astute e mai dome potenze del male, il cui primo e più ostinato intento è invece quello di vedere i propri aberranti decreti diventare legge dello Stato in ogni nazione della terra, in astuta e spavalda beffa alle leggi di Dio. I responsabili politici di tale orribile scempio non possono non richiamare duri e tempestivi provvedimenti da parte dei responsabili ecclesiali. Orbene, i Cristiani che sostengono fattivamente, attraverso l’espressione del proprio voto, tali forze politiche, non possono più ritenersi parte integrante della Chiesa di Cristo, ponendosi di fatto, volontariamente, al di fuori del consesso ecclesiale. Gli stessi non sono più in grazia di Dio e non possono più fruire, pertanto, dei Suoi doni e delle Sue elargizioni, fino a totale riconversione del proprio orientamento culturale e sociale, per adeguarlo totalmente ai parametri, alle leggi ed alle prerogative di Cristo. Ai drastici e tempestivi provvedimenti emessi da parte dei responsabili ecclesiali nei confronti dei responsabili politici, deve essere conferito un forte risalto mediatico, di modo che il popolo di Dio possa discernere a fondo le chiare motivazioni alla base della loro formulazione, riferite indubbiamente ai gravi ed insanabili attacchi alla dottrina di Cristo. I provvedimenti di scomunica sono da emettere anche nei confronti di quei politici che non si professano credenti o aderenti alla fede cristiana.* Orbene, i politici cristiani che non ottemperano al proprio dovere, attivandosi prontamente, e con forza, per salvare la società dall’oscuro baratro nel quale si vede sospinta, non possono più ritenersi parte integrante della Chiesa di Cristo. Unitamente ai capi di partito, alle compagini di governo ed ai parlamentari che promuovono ed approvano tali miserevoli leggi, essi sono maledetti da Dio, e mancando di provvedere, con celerità, alla riconversione di tali leggi secondo i più basilari principi di moralità, vedranno la loro anima persa per sempre nell’inferno! Occorre, a tal proposito, rimarcare con estrema chiarezza che i politici di fede cristiana, per servire con fedeltà ai fini di Dio, hanno l’inderogabile dovere di corrispondere, in primis, alle seguenti inalienabili prerogative: 1) Vigilare costantemente, senza mai abbassare la guardia, sull’attività legislativa dei parlamenti nazionali, al fine di attivarsi prontamente ed intervenire con forza e decisione nel caso in cui vengano prospettati disegni di legge palesemente antitetici o assolutamente incompatibili con i fondanti valori morali che dagli albori del cristianesimo guidano la nostra società,** mantenendola salda, protetta e più che sicura sui pilastri fondanti della fede, dell’imprescindibile timor di Dio e della piena conformità alle Sue leggi. 2) Attivarsi prontamente, con grande forza e determinazione, nel caso in cui insane proposte legislative divengano leggi dello Stato, al fine di promuoverne l’immediata abrogazione od un compiuto riadeguamento ai capisaldi fondanti della moralità. Si rendono più che necessarie, a tal fine, anche alleanze o intese con coloro i quali, pur non professandosi credenti, mostrano tuttavia di condividere l’impostazione morale e/o i sani presupposti culturali da conferire al corpo sociale. 3) Battersi costantemente e con grande determinazione per la salvaguardia dell’istituzione familiare, l’unica, vera e sola istituzione voluta primariamente da Dio, a saldissimo ed insostituibile fondamento della società e, per quanto tale, da riguardare sempre alla stregua di un’istituzione sacra, di incomparabile pregio, assolutamente inscindibile ed insostituibile nella sua compiuta identità ed imprescindibile conformazione. 4) Porre sempre al primo posto, in ogni grande o piccola impresa da affrontare, il prioritario e fondamentale rispetto per Dio e per le Sue leggi, da cui solo può derivare il discernimento dei giusti passi da compiere e la preliminare saggezza nel valutare le scelte o le opzioni più confacenti agli scopi preposti. Chi non corrisponde con fedeltà ed impegno a tali primarie prerogative, non è un politico cristiano, perché non dà alcuna significativa risposta al pressante invito di Cristo, il quale lo ha investito di responsabilità politica non perché possa crogiolarsi negli onori, negli agi e nelle comodità, ma perché possa assumere un ben preciso impegno al servizio di Dio in primis, e della propria comunità nel contempo. Orbene, i politici di fede cristiana che non oppongono alcun significativo contrasto alle leggi che sotterrano i capisaldi ed i pilastri fondanti della dottrina che professano, addirittura alleandosi, per meri fini di potere, con formazioni politiche dichiaratamente contro tali valori, sono maledetti da Dio, e la loro anima difficilmente potrà salvarsi! Allo stesso modo risultano maledetti da Dio i capi di partito, le compagini di governo e tutti i parlamentari che votano in favore di tali miserande leggi!*** Da queste conseguono infatti, a gravissimo ed incolmabile danno del corpo sociale: 1) L’affossamento sostanziale della morale cristiana, dei suoi dogmi e dei suoi valori. 2) Il progressivo sgretolamento e la subdola dispersione del gregge di Cristo, a motivo dell’estrema confusione e del drastico oscuramento dei pilastri fondanti della fede e dei basilari parametri costituenti da sempre le linee guida per un retto percorso individuale, familiare e sociale. 3) La sostanziale dissoluzione della società cristiana in favore di una società sostanzialmente relativista, di stampo pagano, che può fare ben a meno di Dio e delle Sue leggi, e per la quale hanno soltanto valore le pulsioni individuali ed i forti egoismi individuali e collettivi, senza alcun riferimento morale che possa detenere valore assoluto. Le risultanze pratiche sono indubbiamente la vittoria incontrastata e lo strapotere mondiale di Satana, la netta sconfitta e lo sgretolamento sostanziale della precipua identità conferita da Cristo alla Sua Chiesa.**** Perché tale stato di cose possa essere ribaltato in modo forte, sostanziale e deciso, si rende indispensabile intervenire con decisione su 3 fronti: 1) Ricostruire e rifondare la Chiesa. 2) Ricostruire e rifondare la società. 3) Ricostruire e rifondare la politica, non sugli stolti parametri e sulle vane aspettative degli uomini, ma sulle sagge prerogative e sugli incontrovertibili dettami di Dio. * Nel momento in cui si sarà formalmente costituita l’Unione politica delle nazioni europee, Dio vuole che sia il Papa in persona ad assumere l’iniziativa della scomunica nei confronti dei politici che osano introdurre provvedimenti contrari e/o nettamente antitetici alla dottrina di Cristo, assai deleteri per la tenuta del retto percorso da parte del popolo di Dio. Tale determinazione è da adottarsi sia per quanto concerne i singoli articoli della Costituzione Europea, sia in riferimento alle leggi che saranno di volta in volta promosse, le quali non devono affatto risultare contrarie o di ostacolo ai fini, alle leggi e alle prerogative di Dio. Nelle singole nazioni, la formulazione dei provvedimenti di scomunica nei confronti delle compagini governative o dei responsabili politici, è promossa dai Presidenti delle Conferenze episcopali nazionali, i quali assumono il compito dell’iniziativa su mandato del Papa. ** Non bisogna parlare dopo che una legge è stata già approvata, ma molto, molto prima! *** Le nazioni che non cancelleranno e/o non convertiranno con immediatezza tutte le leggi che legittimano gravi situazioni di peccato, saranno maledette da Dio e conosceranno presto cosa significhi l’ira di Dio! **** Non si potrà in alcun modo riacquistare la certezza dell’appartenenza se non si saprà ricostruire fedelmente ed in modo compiuto lo stile di vita trasmessoci dai primi cristiani. Soltanto se ci riapproprieremo compiutamente delle nostre radici, potremo riacquistare e riassaporare veramente la certezza dell’appartenenza! E’ difatti solo attraverso l’impianto solido della tradizione trasmessaci dai nostri padri che il mondo che ci ha preceduto continua a parlarci, in modo da non farci smarrire ed attestarci nella sola identità che possa tenerci saldamente legati a Cristo. Dovremmo ascoltare a fondo quella “voce” per ritrovarvi la forza di resistere e non essere travolti invece come foglie al vento. Segue il seguente paragrafo: LE PIETRE DI CONFINE Nel conferire al Suo popolo la legge, il Signore Iddio pose un limite, un confine netto e invalicabile che nessuno avrebbe potuto impunemente raggirare o scavalcare, pena molto tristi conseguenze fino alla condanna eterna! A delimitare tale linea di confine Dio pose dei vistosi segni, alla stessa stregua delle pietre di confine che i nostri avi usavano porre, anticamente, per demarcare i confini fra paesi o fra terreni di diversa proprietà, come ancora se ne vedono oggi a Matera in svariate zone. Orbene, tali pietre di confine erano ritenute, da molte generazioni, assolutamente sacre; guai a chi osava manometterle o spostarle a proprio arbitrio o piacimento! Esse esprimevano ovvero una sintonia con l’ordine cosmico e non potevano quindi essere rimosse; la loro importanza era tremenda! Cancellare od occultare questi segni poteva avere effetti drammatici: sin dall’antichità le pene risultavano infatti severissime (Fig. 23A). Orbene, da qualche tempo le pietre di confine che Dio ha posto a segnare il limite invalicabile oltre il quale non è assolutamente possibile inoltrarsi, sono state abbondantemente travalicate o rimosse mediante l’approvazione di leggi totalmente contrarie, assolutamente incompatibili e nettamente antitetiche ai sacri decreti stabiliti da Dio! Tali leggi sono le stesse che hanno sfaldato, annullato e disgregato l’unità della famiglia e l’indissolubilità del matrimonio, dissolto la stabilità, l’equilibrio e la tenuta morale e spirituale della società, declassato o reso evanescente il percorso formativo dei piccoli, abbattuto i capisaldi ed i valori morali sui quali per millenni la comunità umana si è retta, stabilizzata e fortemente rinsaldata, disperso od offuscato i veri fini per i quali l’uomo è stato precipuamente creato! Orbene, se tali pietre di confine non saranno immediatamente riposizionate e rinsaldate laddove Dio le aveva originariamente poste, tutte le nazioni che avranno osato a proprio esclusivo arbitrio manometterle, spostarle o rimuoverle, conosceranno molto presto cosa significhi provocare l’ira, la nausea e l’acceso ribrezzo di Dio! Fig. 23A: Tabella esplicativa posta in prossimità della pietra di confine ancora presente presso l’antica Fontana Cilivestri, località Torre Spagnola, in agro di Matera, dove il Gruppo Italcementi ha allestito Il Giardino delle Conoscenze idriche di Fontana Cilivestri. Matera, 10 agosto 2016. Segue il paragrafo: GLI APPELLATIVI, I CARISMI E LE ETERNE PREROGATIVE DI DIO Si dimostra assai rassicurante, salutare e quanto mai rasserenante per le creature umane concepire l’essenza divina come una fonte inesauribile di smisurato amore e di infinita misericordia, tanto che le guide apicali di diverse fedi religiose Lo indicano ora con l’appellativo di Amore, ora di Misericordia, ora di Dio Onnipotente e Misericordioso, proiettando tali accezioni nel comune sentire del popolo. Ma si richiede particolare cautela e discernimento nel definire l’essenza divina con un unico e semplice appellativo, dal momento che la complessità di giudizio, la varietà delle prerogative e le molteplici forme espressive del sommo Creatore e Signore dell’universo nei confronti delle Sue creature non possono essere affatto compresse, circoscritte o limitate ad un unica e mera prerogativa che, seppur di primissimo piano, non definisce nella sua globalità la vera essenza del nostro Dio!* Ciò che a Dio interessa maggiormente non è tanto la percezione che il popolo potrebbe avere delle Sue qualità più intrinseche o dei Suoi supremi carismi, quanto soprattutto e prima di ogni altra cosa l’inconfondibile, chiara e netta percezione di tutto ciò che lo stesso deve fare, in stretta conformità al Suo volere, perché i Suoi progetti ed i Suoi supremi fini possano pervenire a totale e definitivo compimento!** Perché si addivenga a ciò è indispensabile che il popolo comprenda bene innanzitutto di quali progetti si tratti, quali sono i mezzi precipui da utilizzare, e quali le opere concrete da realizzare perché l’intento di Dio possa addivenire a definitivo compimento! Orbene, l’intento primo di Dio è quello di irradiare del Suo essere ogni essenza ed ogni creatura, essere tutto in tutti, realizzare una perfetta simbiosi ed una totale sintonia di intenti e di voleri fra il Creatore e le Sue creature, conseguibile solo ed unicamente attraverso un amore reciproco intenso, totale e definitivo, vissuto con ardore immenso da ambo le parti. Solo così verrebbe ad attestarsi la Sua netta, totale e definitiva potestà sull’universo e su tutte le essenze che lo vivificano e, da qui, la Sua infinita ed incommensurabile gloria, foriera del più totale appagamento, cui saranno chiamati a partecipare tutti coloro rimasti a Lui fedeli, tutti “coloro ovvero che avranno partecipato al duro, estenuante e micidiale combattimento, vincendolo, contro il nemico infernale”. Tutto ciò potrà decisamente realizzarsi solo quando l’umanità avrà sconfitto, in maniera netta e definitiva, Satana e tutti gli spiriti ribelli, come hanno già fatto, a suo tempo, “le schiere angeliche rimaste fedeli a Dio”. Difatti il micidiale contrasto fra i fautori del bene e quelli del male non ha affatto avuto termine con la sconfitta di Lucifero da parte di Michele e delle schiere celesti, ma permane tuttora, in modo assai cruento, ripercuotendosi sull’opera vivente di Dio rappresentata dalle Sue creature, le quali, proprio perché dotate di un corpo fisico, di un intelletto e di un’anima spirituale, totalmente libera di schierarsi con chi crede o anche di astenersi dal combattimento, diviene il decisivo ago della bilancia ed il vero punto di riferimento dell’intero conflitto. E’ quindi precipuamente tramite l’agire degli uomini che Satana vuol dimostrare la sua superiorità nei confronti di Dio, ed è tramite il medesimo agire che vuole attestare dinanzi all’universo intero che il dio supremo è in definitiva lui! Se difatti l’umanità esegue con prontezza i suoi scellerati comandi, emana ed attua le sue abominevoli leggi, e si dispone a servire i suoi scellerati fini, non è il Dio creatore che governa le sorti del mondo e dell’umanità, ma, all’esatto opposto, il Suo acerrimo oppositore, che di fatto assume il governo del mondo! Ecco perché, nel concreto, l’umanità intera si erge a giudice, forza contendente principale e supremo arbitro nell’accreditare quale Signore dell’universo uno dei due contendenti a totale discapito dell’altro! Ma un giorno tale micidiale contesa avrà fine e la vittoria definitiva arriderà solo ad una delle due superpotenze attualmente in conflitto: le schiere soccombenti si vedranno quindi definitivamente sconfitte e ridotte, senza possibilità alcuna di riscatto, al nulla. Di loro si perderà ogni traccia e finanche il ricordo! A questo punto il Dio vincitore risulterà sommamente e definitivamente glorificato, senza che permanga più alcuno a contendergli, su qualsivoglia versante, lo scettro! In tale frangente, tutti coloro che avranno combattuto strenuamente spendendosi, a costo di sacrifici enormi (fisici, psichici e spirituali), per la vittoria, saranno resi totalmente partecipi delle ineffabili meraviglie dell’universo, del governo del mondo, del più totale appagamento e dell’imperitura gloria! I perdenti si vedranno invece ridotti al nulla! Coloro infine che avranno speso la propria esistenza nella tiepidezza, nell’apatia o nell’indifferenza, astenendosi dal combattimento o non fornendo alcun significativo contributo alla causa del bene, saranno spazzati via dal mondo dei viventi, come non fossero mai esistiti! Orbene, i mezzi precipui da utilizzare, perché il mirabile progetto di Dio addivenga a definitivo compimento, sono forniti essenzialmente dai Santi Sacramenti, che rappresentano “le precondizioni essenziali perché il duro combattimento contro le schiere sataniche possa essere efficacemente intrapreso e portato vittoriosamente a compimento”. Le opere concrete da attuare, infine, perché il progetto di Dio possa decisamente realizzarsi, si riducono essenzialmente a due: 1) La messa al bando, con grande impegno, determinazione e coraggio, di tutte le situazioni di peccato, dalle più piccole alle più grandi, le quali concorrono in alcuni contesti al contenimento, in altri all’arretramento, in altri ancora alla netta sconfitta dell’esercito di Dio; 2) Il rinnegare totalmente, attraverso la quotidianità della vita, Satana, i suoi artifici, le sue interferenze, tutte le sue opere, a cominciare da quelle che incidono pesantemente sull’esistenza dell’intero corpo sociale, ovvero le leggi dallo stesso ispirate! Sono infatti unicamente i peccati commessi dagli uomini, ed in specialmodo le perduranti situazioni di peccato, che forniscono a Satana la materia prima ed il mezzo più potente, diffuso ed efficace per portare avanti la sua terribile sfida, avanzare d’impeto e di potenza, e sferrare l’attacco finale finalizzato alla vittoria! Orbene, tutti gli uomini che lo ascoltano, ponendosi in una qualsivoglia situazione di peccato, si dispongono in pratica a combattere in prima linea al fianco di Satana e delle sue schiere, determinando in concreto ora il contenimento, ora l’arretramento, ora la netta sconfitta delle schiere fedeli a Dio! Finché tutto ciò persisterà, l’intento primario di Dio non potrà giammai realizzarsi, ma tutto nel nostro mondo resterà avvolto dall’oscurità, da un profondo squallore, da un’ingravescente disarmonia, da un imperante squilibrio. Diviene quindi un imperativo categorico fondamentale, di primissima e vitale importanza per tutti, il più rilevante e decisivo ai fini immanenti e trascendenti, quello di astenersi dal commettere peccati! E se qualcuno vi è accidentalmente caduto, l’imperativo più urgente è quello di uscirne e rialzarsi, con estrema forza, determinazione e coraggio, al più presto! Per tornare a combattere valorosamente e vittoriosamente per Dio! * Se ad un bambino si dice che la propria mamma è semplicemente amore ed il proprio papà massimamente incline al perdono, perché fondamentalmente buono e misericordioso, il bambino non acquisirà giammai la percezione, né la coscienza di ciò che i propri genitori rappresentano veramente per lui, né avrà minimamente sentore dell’autorità e del potere che essi pur detengono di punirlo, anche duramente, nel caso commetta cattiverie o spropositi! Di conseguenza, il bambino non dimostrerà mai vero timore o sentimenti di vera riverenza o sottomissione nei confronti degli stessi, ma la sua condotta si dimostrerà costantemente improntata al soddisfacimento dei propri comodi fino a risultare assai dissennata o altamente trasgressiva! Allo stesso modo, ogni uomo deve sapere che Dio sì lo ama ed è predisposto a perdonarlo se si pente veramente del male commesso prefiggendosi di non più ripeterlo, ma che il Signore, per il suo stesso bene, si vede talvolta costretto a punirlo ed a limitarlo drasticamente nei comportamenti, all’unico fine di redimerlo e riposizionarlo sul retto percorso! Dio vuole in pratica che ognuno comprenda bene che, allontanandosi dalle Sue vie, gli uomini finiscono per cadere inevitabilmente nella rete del maligno, da cui uscire potrebbe rivelarsi estremamente difficile, se non impossibile! L’approdo inevitabile sarebbe a questo punto l’inferno, ovvero il regno di Satana, verso il quale chi si ostina nel peccato ha deciso di convergere. ** Due sono i sentimenti cardini che devono connotare, guidare e predisporre tutto l’agire umano: 1) Il costante timor di Dio; 2) La totale fiducia in Lui. Solo partendo da tali presupposti la vita umana può risultare massimamente feconda, primariamente predisposta al bene, sommamente gratificante, estremamente proficua. Mancando il timor di Dio e la costante fiducia in Lui, si diviene in un batter d’occhio facile preda dell’eterno nemico, il quale in brevissimo tempo giunge ad intrappolare gli incauti sprovveduti nella sua rete. A questo punto diviene estremamente difficile venirne fuori sani e salvi, poiché il Signore veramente poco può fare per sbrigliare i lacci dell’intricata rete satanica, quando questi hanno totalmente ravvolto ed avvinghiato chi se ne è lasciato incautamente imbrigliare! Il Creatore e supremo Signore dell’universo ha forgiato e dato vita al genere umano non semplicemente col mero intento di amarlo e dimostrargli misericordia, ma soprattutto perché, in stretta, costante e totale sintonia con la Sua volontà, potesse cooperare in ogni momento con Lui per il compimento ultimo del Suo progetto e per l’annullamento definitivo dei piani e degli intendimenti di Satana! Orbene, è questo il fine supremo al quale è chiamata a partecipare attivamente l’umanità, non ad altro! Se invece la stessa si dispone a cooperare attivamente con Satana, portando a compimento i suoi piani e sotterrando in tal modo quelli di Dio, che misericordia potrebbe mai serbare Dio per gli uomini, un Dio divenuto alquanto ridimensionato, se non proprio alienato e perdente? Solo profonda amarezza e vivo ribrezzo potrebbe serbare un tal Dio nei confronti dell’opera vivente delle Sue mani, sulla quale aveva invece riposto speranze ed aspettative di tutt’altro genere! Si è oggi smarrito, nei più disparati contesti, il senso più basilare e la viva coscienza del peccato! I comportamenti, le mode e le leggi contro Dio ed i Suoi comandamenti sono all’ordine del giorno! Si pone una qualche attenzione ai rituali, alle formalità ed all’apparenza delle cose attinenti al sacro, mentre si è smarrita la vera essenza del messaggio cristiano! L’umanità è sprofondata in un buio e profondo baratro, e nessuno si impegna più di tanto per trarla fuori dalle macerie che le si sono riversate addosso per portarla in salvo!* Orbene, Dio non è semplicisticamente una fonte inesauribile di bontà, di amore e di misericordia: Egli è, prima di qualsivoglia altra cosa, la massima autorità dell’universo; è il padrone e Signore supremo del mondo, di tutte le cose visibili e invisibili, e di tutte le creature viventi, sia nell’ordine fisico che spirituale! E’ ovvero Colui al quale tutti devono prestare pronta, totale ed incontestabile obbedienza!** Tutti devono ovvero prestargli ascolto e mettere prontamente in pratica ogni Sua volontà, ogni Suo comandamento, ogni Suo precetto! Dio è quindi Re, un Re che pretende prima di ogni altra cosa di essere ascoltato, ubbidito e servito con tutto se stessi! Un Re al quale non piace, nel modo più assoluto, che le Sue leggi vengano ignorate, vilipese, raggirate, affossate. Allo stesso modo col quale si dimostra amorevole, misericordioso ed oltremodo magnanimo con chi Lo ascolta e mette in pratica la Sua parola, così diviene adirato, furibondo e determinato con coloro che osteggiano la Sua parola, attuano leggi totalmente opposte alle Sue, apportano scompiglio, degrado e degenerazione nel mirabile mondo da Lui creato, portando l’umanità decisamente alla rovina! Contro costoro egli diviene furibondo, spingendosi a redarguire duramente finanche coloro che, pur definendosi Suoi ministri o pastori fidati del Suo gregge, si adagiano in sonni tranquilli, tralasciando il proprio dovere ed a tutto pensando tranne che al modo più efficace col quale invogliare il popolo a mettere in pratica i Suoi comandamenti! Se si vuol risollevare l’umanità dall’immane e terribile baratro nel quale si vede miseramente sprofondata, la Chiesa gerarchica è chiamata ad un grosso, cruciale e finora mai sperimentato impegno: quello di rieducare, condurre passo passo e guidare, con estrema forza, determinazione e pazienza, l’esercito cristiano sul tracciato indicato da Dio, all’unico fine di portarlo decisamente alla vittoria! Tutti coloro chiamati a guidare la Chiesa devono realizzare ovvero che Cristo non è affatto sceso in terra per procacciarsi facili ed unanimi consensi, o una subitanea e cieca sottomissione al Suo volere da parte di un’umanità pur rimasta fortemente abbagliata e scossa dal repentino attestarsi di antiche profezie e di prodigi straordinari! Gesù Cristo non è ovvero sceso in terra col mero intento di richiamare facili ed unanimi riconoscimenti, un sostegno clamoroso o scroscianti applausi, da cui taluni oggigiorno pensano possa derivare la popolarità, la credibilità e la forza attrattiva della santa Chiesa cattolica con il correlato compimento dei suoi fini!*** Gesù Cristo infatti ben sapeva che la Sua non sarebbe stata affatto una tranquilla, comoda e serena passeggiata verso la vittoria, ben sapendo che ad attenderlo, oltre ad un’umanità assai speranzosa, vi era pur sempre lui: Satana, già predisposto con la totalità delle sue schiere sul sentiero di guerra! Cristo ben sapeva quindi che la Sua non sarebbe stata affatto una pacifica e tranquilla missione di pace, ma una missione di guerra, di durissima, aspra e terribile guerra, che avrebbe costato distruzione, morte, un numero incalcolabile di vittime, di feriti, di gravissime perdite. Una guerra che per essere vinta doveva essere combattuta con asprezza, con estrema durezza, con ferma determinazione, con impavido coraggio e senza esclusione di colpi, se si voleva un giorno conseguire la vittoria, quella vera, quella decisiva! Invece molti esponenti gerarchici chiamati, nel corso dei secoli, a guidare l’esercito cristiano alla vittoria, non hanno fatto altro che sollazzarsi negli agi e nelle comodità, in scialbe profusioni di discorsi insignificanti e senza senso, che anziché spronare col dovuto vigore i soldati al combattimento, al sacrificio, al fattivo impegno in battaglia, null’altro hanno apportato che diffusa rilassatezza, apatia, una massiva rifuggita dall’impegno attivo, dall’azione, dalla ferma determinazione di affrontare il nemico per sconfiggerlo. In molti poi, più che porsi il problema del soprannaturale o del combattimento contro il nemico infernale, hanno orientato i propri interessi su questioni più immanenti, come il fomentare guerre per il dominio territoriale o per la salvaguardia dei propri territori. Altri infine hanno promosso sì delle guerre a carattere religioso, ma non nei confronti del nemico infernale, bensì contro milizie terrene di diversa fede religiosa, non intese a promuovere ovvero l’avanzamento del Regno di Dio, ma solo la riconquista o la salvaguardia di territori resi un tempo santi dalla presenza fisica di Cristo. Solo per un mero intento di riconquista o di salvaguardia territoriale, seppure di nobilissima motivazione, alcuni papi hanno pertanto indetto le cosiddette crociate, mentre Dio vuole che si combatta sì la guerra, una guerra dura e senza esclusione di colpi, ma non quella contro eserciti umani, bensì quella contro il nemico infernale! E’ questa e solo questa la guerra che conta, quella che dà senso profondo, vero significato ed imperituro merito all’umana esistenza, l’unica che ha il potere di trasformare la vita umana in vita eterna! Ma per far questo occorre che chi ha il potere, l’opportunità ed il modo di farlo, giunga a parlare al cuore degli uomini, non con parole aleatorie, di circostanza e prive di senso pratico, che predispongono al rilassamento, all’intorpidimento e non al combat-timento, bensì con parole forti, toccanti, che rimbombino continuamente nelle orecchie e nel cuore degli uomini, con l’intento di istruirli in primis sul concetto di peccato e sul modo concreto di come evitarlo, con fermezza, coraggio, ferma determinazione, perché ‘è solo stando lontano dal peccato che ognuno vincerà la propria guerra col nemico infernale, ed è solo stando tutti assieme lontano dal peccato che l’esercito cristiano marcerà indomito ed a ranghi coesi verso la vittoria definitiva!’ Chi è chiamato a guidare la Chiesa, deve comprendere bene che sulla terra Cristo non ha affatto portato la pace, la serenità e la tranquillità, ma il fuoco e la guerra, l’impeto e la spada: “Non sono venuto a portare la pace, ma la spada” (Mt 10, 34); “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra! E come vorrei che fosse già acceso!..Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione..” (Lc 12, 49-53). Non si è posto su di un piedistallo con l’intento di procacciarsi facili e scroscianti applausi o il clamoroso ed entusiastico favore delle masse! Non è stato buonista e populista, ma, all’esatto opposto, un uomo decisamente fermo e deciso nell’attestare con estrema chiarezza i capisaldi ed i princìpi fondanti della fede. Non si è nascosto dietro un dito o una maschera bonaria, temendo di esporsi o di chiamare col loro esatto nome i peccati e le mancanze dei Suoi contemporanei. Non è stato un rasserenatore od un rilassatore di coscienze e di cuori, ma un infuocato reazionario, un sobillatore delle coscienze dormienti, un uomo decisamente controcorrente, un radicale sovvertitore del quieto vivere, dell’apatia, dell’indifferenza, del pressapochismo, dell’ipocrisia! Non si è seduto ad aspettare che altri portassero a termine la Sua missione, ma è stato un instancabile animatore, un maestro impetuoso, un imperterrito riformatore, un costante sobillatore di coscienze e di cuori! E’ questo il magistero che Dio richiede ai pastori del Suo gregge! Che vengano ovvero impartite con fermezza a tutto il popolo la Sua esatta dottrina e la Sua vera volontà! ‘Con forza, con determinazione, con fermezza, senza sdolcinature o infingimenti!’ Che vengano ovvero impartiti a tutto il popolo i veri valori della fede, le sue intramontabili verità, le Sue inappuntabili leggi; ‘che venga a tutti rimarcato esplicitamente e senza infingimenti cosa è peccato e cosa non lo è, cosa è bene fare e ciò che è male, ciò che porta alla salvezza e ciò che porta invece alla rovina!’ Questo devono fare i veri pastori, per scuotere dalle basi le coscienze rarefatte ed i cuori dormienti, e portarli a vera e profonda conversione, evitando con cura di dondolarsi o crogiolarsi in tante sdolcinature o attestazioni di false prospettive che portano l’umanità, senza che nessuno se ne renda praticamente conto, sulla falsa via! * La Bibbia ci tramanda che allorquando l’ignominia, la perversione e l’insolenza umana raggiunsero punte inusitate, assolutamente intollerabili ai Suoi occhi, Dio ne provò viva nausea ed acceso ribrezzo. Egli si pentì di aver creato l’uomo per così come si era ridotto, risultando più che sprofondato in un baratro quanto mai buio e profondo, da cui quasi nulle apparivano le possibilità di recupero! Decise quindi di procedere alla distruzione del genere umano attraverso il Diluvio universale, da cui si salvò solo Noè con la sua famiglia. A distanza di 4 secoli da tale immane sciagura, la perversione e l’ignominia di nuove comunità di uomini produssero ancora una volta nausea ai Suoi occhi. Dopo ripetute ammonizioni, Egli esperì un ultimo tentativo per cercare di trarre in salvo il salvabile, inviando dei profeti, ma questi furono derisi, aggrediti ed uccisi da gruppi di uomini dediti alle orge, alle gozzoviglie e alla sodomia! Sicché non rimase a Dio altra opzione che la loro distruzione. Furono pertanto distrutte tutte d’un colpo Sodoma e Gomorra, non rimanendovi traccia alcuna. A distanza di 4 millenni, nonostante la discesa in terra di Cristo, dispensatore della parola di salvezza, la gran parte dell’umanità non ha mostrato segni di conversione e di rinascita, anzi la situazione attuale si dimostra addirittura peggiore di quella del pre-diluvio, risultando abominevoli situazioni di peccato non solo all’ordine del giorno, ma sono addirittura divenute, in molte nazioni, legge dello stato! Tale terrificante ed aberrante stato di cose si sta verificando nell’indifferenza più totale ed in un silenzio quanto mai assordante delle alte gerarchie ecclesiastiche, dei governi di svariate nazioni e di gran parte del popolo dei credenti. Dio concederà anche in questo momento all’umanità del tempo per rinsavire, ravvedersi ed invertire totalmente il suo percorso. Se ciò non sarà la sua fine è segnata! Questa volta non si vedrà soltanto distrutta lentamente ed in modo silente come avvenne col diluvio, ma qualcosa di ben più grave e terrificante la colpirà all’improvviso, avendone già l’umanità, con la sua cieca scienza, e quindi con le proprie stesse mani, posto le fondate premesse! E non resterà pietra su pietra che possa trasmettere ai posteri tale immane disastro, né insorgerà all’orizzonte un altro arcobaleno che possa segnare, come una volta, una nuova alleanza fra Dio e l’uomo! ** Ogni uomo deve serbare per Dio amore e timore. Tutta la Bibbia, tanto il Vecchio quanto il Nuovo Testamento, mettono in risalto nei più svariati passaggi tale inderogabile assunto. Ogni figlio dovrebbe quindi essere spinto a serbare per il proprio padre non solo amore, ma anche timore. Mancando il timore, ben sapendo che il proprio padre è buono, docile e totalmente accondiscendente, un figlio agirà in ogni evenienza come gli pare, ben sapendo che tutto sarà tollerato e nulla mai gli sarà rinfacciato. Un padre prudente e saggio invece, proprio per l’amore incondizionato che serba per i figli, si prende in carico ad ogni momento la responsabilità del giudizio, rendendosi giusto giudice riguardo alle singole azioni dei propri figli, procedendo anche a castigarli se ciò sarà necessario. Egli si adirerà pertanto quando sarà il momento di adirarsi, e li punirà finanche severamente quando si renderà necessario punirli. Per il bene esclusivo dei figli, non per il loro male! Un padre che si rende invece oltremodo amorevole, accondiscendente e misericordioso, segnerà la rovina certa dei propri figli! *** “La Chiesa deve promuovere l’irresistibile comunicazione di un’esperienza di pienezza che contagia la società, più che l’affannosa ricerca del consenso. In una parola: testimonianza più che militanza” (Card. A. Scola, Arcivescovo di Milano; Lettera pastorale del 08/09/12). Prima di dedicarsi ad altre priorità, bisogna innanzitutto ricostituire e rifondare, al fine di rimetterlo saldamente in piedi ed in marcia, l’esercito regolare, che langue e appare confuso, disperso, sbandato, senza direttive certe, senza regole chiare! Chi detiene l’alta responsabilità della guida, non deve mai eludere i veri problemi o sviarli, ma deve responsabilmente affrontarli e risolverli come un vero pastore ed una forte e saggia guida dovrebbe sempre fare, senza affatto sviare, addormentare o fuorviare il popolo su falsi percorsi tematici o magisteriali. Satana vince, sottomette con facilità intere masse di uomini, e governa in ogni nazione e situazione del mondo, non perché sia particolarmente forte e potente, ma perché non trova dinanzi a sé una resistenza adeguata, in grado di sbarrargli o impedirgli la marcia! Chi è che dovrebbe opporla questa resistenza? La risposta è semplice: l’esercito di Dio! Ma l’esercito di Dio, per combattere e soprattutto per vincere ha bisogno di un capo, di una guida forte ed energica, di un duce estremamente deciso e determinato a vincere, costantemente pronto a spronare con forza i suoi soldati per incitarli, infiammarli e portarli decisamente alla vittoria! Un capo che abbia primariamente ben chiara la strategia da porre in essere perché il suo esercito possa pervenire a vittoria certa! Orbene, l’esercito di Cristo è in terra la Chiesa intera: il suo capo è il Papa, i suoi generali i Cardinali, i colonnelli i Vescovi, gli ufficiali i singoli presbiteri, i combattenti sono infine tutti i fedeli. In quanto capo supremo in terra dell’esercito di Cristo, il Papa dovrebbe in primis predisporre, attivare, spronare ed infiammare l’esercito di Cristo con parole, discorsi ed atti concreti, al solo ed unico fine di spronarlo e portarlo decisamente alla vittoria. Si rivelerebbe pertanto alquanto inutile e controproducente per lo stesso mettere in campo iniziative, discorsi o atti strategici tendenti a rasserenare, addormentare, intorpidire o irretire l’esercito tutto, il quale avrebbe invece decisamente bisogno di essere continuamente spronato ed invogliato allo scontro, al duro combattimento, all’ardua battaglia! Si può portare in pratica l’esercito di Cristo alla vittoria certa in un solo modo: attuando strategie di guerra che alienino, distruggano ed annullino totalmente la capacità dilaniante e massicciamente distruttiva dell’unico e solo strumento di vittoria del demonio sull’esercito di Cristo: il peccato! Satana si può ovvero sconfiggere, dilaniare e ricacciare decisamente dal trono che indebitamente occupa, togliendogli di mano in modo drastico il governo del mondo in un solo ed unico modo: non peccando! L’umanità e le nuove generazioni si possono alfine salvare in modo certo e definitivo in un solo modo: non peccando! Si potrà in definitiva far vincere nettamente Cristo sulla totalità delle forze malefiche in un solo modo: non peccando! In tutti gli ambiti, in ogni singolo contesto di vita, negli incontri pubblici e privati, nella profusione di omelie, nei confessionali, nelle assemblee, nel corso dei rituali personali e comunitari ed in ogni singolo risvolto di vita, i sacerdoti, i vescovi e tutti gli operatori pastorali devono unitariamente esortare e spronare i fedeli, con costante forza e determinazione, a non esporsi giammai a situazioni di peccato, od a venirne fuori con coraggio al più presto, a non abbandonare mai il proprio coniuge ed i propri figli, a non abortire, a non drogarsi, a non rubare, a non emettere falsa testimonianza, a non corrompere gli altri e a non lasciarsi corrompere, a non lasciarsi cadere in situazioni di estremo degrado umano e spirituale come le perversioni voluttuarie, la violenza, la pedofilia, gli abusi di vario genere, perché questo è il loro compito prioritario, fondamentale, indispensabile più che necessario! Questo è ovvero il loro dovere primario! Solo lavorando con forza in tal senso si potrà sconfiggere Satana, salvare l’umanità e liberarla dalle forze del male, convogliandola speditamente sulla via della salvezza! ‘Chi non commette peccati combatte in prima linea, da prode, contro Satana e le sue scellerate milizie, risultando sempre vittorioso e conferendo una sonora batosta all’insanabile perversione ed allo smisurato orgoglio del nemico infernale!’ Chi commette invece peccati o persiste miseramente in una situazione di peccato, non solo non combatte affatto per Cristo, al fine di contribuire attivamente alla Sua vittoria, ma addirittura, persistendo nello stato di peccato, si dispone a combattere attivamente in favore di Satana, contro l’esercito di Cristo, contro la Sua Chiesa, contro le prerogative del bene, per farsi, con i miliziani di Satana, agguerrito fautore del male, del grave sovvertimento famigliare e sociale, dello sprofondamento dell’umanità in un baratro buio e profondo, della decisa vittoria di Satana! ‘Solo chi non commette peccati è fedele a Cristo e combatte con coraggio per Lui! Chi si ostina nel peccato combatte invece per Satana, e unitamente agli altri peccatori si rende artefice della conclamata vittoria del demonio!’ Segue il seguente capitolo: IL PAPA La gente comune giudica di sovente un Papa sulla base del volto che ha, se presenta ovvero un volto buono o burbero, delle parole dolci e suadenti che pronuncia, o anche del modo di come le pronuncia. Dio invece giudica un Papa essenzialmente dalle azioni concrete che mette in atto per condurre il popolo alla salvezza e, nel contempo, per come guidi il popolo alla vittoria decisiva sul nemico infernale. Orbene, il popolo può conseguire la vittoria piena sul nemico infernale solo e soltanto astenendosi fermamente dal peccato e confermandosi unitariamente nella grazia di Dio. Se una guida spirituale pone quindi in essere strategie adeguate ed azioni concrete al fine di tenere il popolo saldamente lontano dal peccato, questa stessa si dimostra assai saggia ed accorta, e certamente condurrà il popolo sulla via della salvezza, risultando quindi in piena sintonia con la volontà di Dio. Pertanto se in una determinata società, in un ben preciso arco di tempo, il maligno si dimostra vincente, governando il mondo a suo esclusivo arbitrio e piacimento, ed imponendo con estrema astuzia il suo volere e le sue leggi, non si potrà certamente dire che le guide spirituali di quel determinato frangente stiano svolgendo con efficacia il loro mandato, né che il loro operato risulti in piena sintonia con la volontà di Dio. Se invece una data società mostra di osservare fedelmente e con visibile impegno i dettami ed i comandamenti di Dio, astenendosi fermamente dal peccato e ponendosi unitariamente alla sequela di Cristo, le guide spirituali di quel momento avranno mostrato di svolgere con efficacia il loro mandato e Dio si compiacerà veramente di loro. Orbene, ciò che accade oggigiorno è sotto gli occhi di tutti: il demonio ha partita vinta in molti settori della vita sociale, a cominciare da quello prettamente legislativo e finendo alla gestione dei nuclei familiari, della gran massa dei giovani, del corpo sociale in generale. Non si può dire quindi che Dio ne resti glorificato, dal momento che si rende vera e piena gloria a Dio solo quando Satana risulta sconfitto! In questo momento Dio non vince, vince Satana: 1) Una gran parte delle leggi fondamentalmente ispirate da Satana, che legittimano alcune fra le più gravi ed aberranti situazioni di peccato, come quelle in tema di fecondazione, di promozioni o facilitazioni abortive, di manomissioni embrionali e/o genetiche, di unioni di fatto, di piena legittimazione delle coppie omosessuali, di adozioni, di separazioni coniugali e divorzi, ecc., sono approvate senza remore dalle compagini governative di svariate nazioni, trovando quindi piena legittimazione a livello sociale; 2) Peccati gravissimi ed aberranti, come le convivenze anomale, una miriade di separazioni coniugali e divorzi, il numero incalcolabile di aborti, il consumo diffuso di sostanze stupefacenti, le unioni civili di coppie omosessuali cui è concessa, in aggiunta, piena facoltà di adottare minori, il totale disimpegno di una miriade di genitori e di molteplici istituzioni pubbliche nell’educazione fattiva dei minori, la diffusa corruzione politica ed amministrativa, le perversioni voluttuarie finanche attuate da responsabili ecclesiali, ecc., sono peccati gravissimi commessi senza remore dalla gran parte del corpo sociale, senza che nessuno intervenga con decisa forza e determinazione per ostacolarli, arginarli o porvi il giusto rimedio; 3) Il profondo letargo e/o la conclamata indifferenza o presa di distanza di autorevoli istituzioni religiose, che ritengono non di loro competenza un motivato e deciso intervento su questioni di estrema e fondamentale importanza per la comunità intera, solo perché ritenute di esclusiva pertinenza politica, e quindi da non intralciare o metterci il naso, finendo così per consegnare pacificamente il mondo, la gran massa dei giovani, una miriade incalcolabile di famiglie e la società intera all’esclusivo arbitrio e dominio di Satana! Sicché l’umanità si vede oggi sprofondata in un baratro quanto mai cupo e profondo, forse mai sperimentato sino ad ora in termini così palesemente degradanti ed estesi! Come si fa quindi a ridare vittoria piena a Cristo? Lo si può fare solo attivandosi con forza e determinazione su più fronti: 1) Reimmettendo nel popolo la cognizione esatta innanzitutto, e quindi la piena coscienza del peccato; 2) Circostanziando e definendo bene ed in modo assai chiaro le singole condizioni di peccato e la acclarata gravità di ognuna; 3) Stimolando continuamente il popolo a non peccare, mettendolo costantemente in guardia dai rischi sempre presenti di lasciarsi influenzare da Satana, e prospettandogli in modo costante le conseguenze inevitabili del peccato; 4) Attivandosi con grande forza e determinazione per la definitiva abrogazione di tutte le leggi che legittimano, favoriscono o promuovono una qualsiasi situazione di peccato. E’ prettamente questo a cui deve dedicarsi, in linea assolutamente prioritaria, il capo supremo, ovvero la guida spirituale della Chiesa di Cristo, al fine di ridare il primato, vittoria piena e vera gloria a Dio! Il Papa rappresenta la più alta figura morale dell’intero pianeta, in quanto sommo vicario di Cristo al cospetto dell’intera umanità, e quindi rappresentante, in tutto e per tutto, di Dio, dinanzi alla molteplicità e varietà di popoli e nazioni. E’ cioè la persona a cui Dio guarda per far conoscere e comprendere a tutti i popoli la Sua volontà e chiedere agli stessi di attuarla, senza se e senza ma. Il Papa è quindi la persona che detiene la responsabilità più alta, più impegnativa e più ardua che possa esservi al mondo. Di conseguenza, a differenza degli altri uomini, non può assolutamente permettersi di mostrare superficialità, impropriatezza di termini o di linguaggio, o poca chiarezza in merito agli argomenti o alle tematiche attinenti al sacro od ai comportamenti precipui che l’umanità deve attuare per corrispondere in pienezza alla volontà di Dio! Ogni sua parola potrebbe infatti essere pesata e soppesata non da milioni, ma da miliardi di individui, che sulla base di quello che dice o non dice il Papa potrebbero optare per un comportamento, per una linea o per una filosofia di vita piuttosto che un’altra! Un Papa deve pertanto concretizzare o attuare non la propria, ma esclusivamente, scrupolosamente, e senza indugi, tentennamenti o rallentamenti, la volontà del Signore, con il fine ultimo ed assolutamente inderogabile di governare il popolo di Dio, stabilendo, indicando e comunicando costantemente a tutti: 1) Ciò che si deve e ciò che non si deve assolutamente fare; 2) Istruire l’esercito di Cristo, allenarlo e predisporlo al combattimento, al fine di portarlo a conseguire la vittoria piena, ovvero il trionfo sul nemico infernale, rendendo in tal modo piena gloria a Dio; 3) Attivarsi con ogni mezzo per far sì che il popolo di Dio possa risultare maggioranza assoluta nella società, di modo che tutte le leggi siano conformi e non antitetiche alle leggi di Dio, e facendo anche sì che i promotori del bene risultino nettamente maggioritari rispetto ai fautori del male; 3) Attivarsi con ogni mezzo per rispondere con ferma determinazione a tutti gli attacchi e le imboscate del maligno, prevenendo e contrastando con estrema forza, coraggio e decisione le sue aberranti leggi, i suoi scellerati decreti e le deleterie mode dallo stesso ispirate e promosse, al fine di confermare il popolo nella fedeltà e nel servizio totale a Dio. 4) Nominare i responsabili ecclesiali ed i componenti delle alte gerarchie sulla base del fattivo impegno dagli stessi mostrato nella dura lotta contro il maligno, ovvero sulla base delle azioni concrete da questi svolte ai fini della vittoria finale sull’esercito satanico, e non in base alle parole che dicono, ai libri che scrivono o alle prediche che pronunciano; 5) Mettere in campo azioni concrete ed iniziative forti per arginare e combattere i gravi sconvolgimenti familiari e sociali causati dal maligno, e non soltanto belle parole o buoni propositi; 6) Non permettere mai che il popolo possa adagiarsi, addormentarsi o intiepidirsi sulla base di parole aleatorie, di circostanza, assolutamente prive di senso pratico e di riferimenti concreti alle situazioni odierne; 7) Proporre riferimenti concreti e continui moniti o incitamenti che possano tradursi in forti scossoni che portino il popolo tutto ad operare solo e soltanto il bene ed a contrastare decisamente il peccato, che deve essere evitato e scacciato, al primissimo sentore, come fosse un escremento puzzolente ed altamente pestifero, così da conseguire la vittoria piena sul nemico infernale e rendere vera gloria a Dio! Soprattutto il Papa deve possedere una dote indispensabile ed assolutamente prioritaria rispetto a tutte le altre, se veramente vuol portare a compimento nel migliore dei modi la sua missione. Questa dote è il coraggio, che non si può in alcun modo inventare o costruire dal nulla in chi non lo possiede. Il coraggio si ha o non si ha! Il coraggio ovvero di saper parlare, ed a voce alta e decisa, quando tutti tacciono, e di saper tacere, quando invece tutti parlano! Parlare soprattutto in 2 evenienze: 1) Quando gravi situazioni di peccato assurgono a costume diffuso, aperto e consolidato in ambito sociale; 2) Quando gravi situazioni di peccato vengono diffusamente legittimate in ambito sociale da leggi dello stato. Entrambi tali evenienze concorrono a segnare il lento e progressivo declino, e quindi la graduale decadenza della Chiesa di Cristo e, contestualmente, l’appannamento e la progressiva dissoluzione della dottrina, del progetto e del fine ultimo di Cristo per l’umanità! Chi manca di coraggio difficilmente riuscirà a tener testa ed a resistere strenuamente ai poderosi attacchi del nemico infernale, e quindi difficilmente riuscirà a portare a termine l’alto mandato conferitogli da Cristo! Alcune guide spirituali detenenti un forte ascendente sul popolo ritengono di concentrare su questioni più prettamente umanitarie e quindi immanenti, le linee guida predominanti del loro ministero, talvolta finanche in modo assai apprezzabile ed encomiabile, come quando si tratta di convogliare gli sforzi maggiori del popolo in senso prettamente caritativo o di più viva attenzione per i bisognosi, largamente rappresentati, in questo particolare frangente, dal numero cospicuo di migranti affluenti nei nostri paesi, o come quando si tratta di scongiurare azioni militari di vasta portata su nazioni già dilaniate dalla guerra, come sta accadendo in questo momento in Siria. Un impegno più marginale e sfumato si attesta invece in riferimento alle azioni di contrasto alla massiccia e spavalda avanzata del male nei più disparati ambiti sociali, con ripercussioni gravissime soprattutto derivanti da provvedimenti legislativi assai deleteri per la salute morale e spirituale delle nostre popolazioni: un’avanzata dirompente, sconquassante e alla stregua di un sisma di fortissima intensità, se si considerano le conseguenze terrificanti sugli equilibri e sugli assetti sociali, morali e spirituali dell’intera umanità. Trattasi quindi di una guerra ben più deleteria, di più vasta scala, e di gran lunga più micidiale di quella abbattutasi di recente sul popolo siriano. Orbene, dinanzi a Dio sussistono prerogative assolute che precedono di gran lunga, in ordine di importanza, gli assilli e gli intenti prettamente umanitari, volti ovvero a salvaguardare unicamente la salute e/o la vita fisica delle persone, e che pospongono a questa o finanche tralasciano in balìa del nemico quella spirituale, che è quella che veramente conta, in senso assoluto, al cospetto di Dio! Vi sono ovvero dei fini primari ai quali ogni uomo deve rivolgere innanzitutto e prima di ogni altra cosa il suo tempo, le sue risorse, le sue forze e tutto ciò di cui dispone. Solo dopo aver ricercato e soddisfatto tali fini, un uomo può volgere ad altro i suoi interessi, ovvero soddisfare sue particolari, collaterali o superflue esigenze. In ordine di preminenza tali fini sono: 1) Dio; 2) La giustizia, la pace e l’armonia universale; 3) L’armonia ed il benessere di ogni singolo stato; 4) La famiglia; 5) La responsabilità professionale di ogni singolo individuo. Orbene, l’unico, il solo, assolutamente primario, ineffabile ed incomparabile fine al quale ogni uomo deve tendere, ed al quale tutti, tanto in Cielo quanto in terra, devono essere totalmente e perennemente sottomessi, è Dio. Non vi è, né vi può essere altro fine al quale un uomo può tendere per se stesso all’infuori di Lui. E se Dio è il fine supremo di ogni creatura umana, ogni altro fine, seppur di rilevante importanza, o enormemente vitale ed essenziale, deve essere totalmente e indiscutibilmente a Lui subordinato. Dire che Dio è superiore ad ogni altro fine, significa che li annulla tutti per essenza, qualità e assolutezza; cosicché dovere primario e indifferibile di ogni uomo è ricercare, onorare e servire Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutta la sua mente; ogni altro dovere particolare è strettamente derivante e totalmente dipendente da questo che è fondamentale. Subito dopo Dio, il secondo fine al quale ogni uomo deve volgere particolare e costante cura è il prossimo, inteso quale umanità in toto, corpo unitario del quale noi stessi siamo parte, ovvero la totalità delle creature con la nostra stessa e identica essenza, dignità e natura, ognuna come noi stessi chiamata da Dio ad amarLo ed a ServirLo, ognuna come noi stessi chiamata ad unirsi definitivamente a Lui dopo la prova. L’armonia e il benessere di ogni singolo stato, quale fine perseguibile da ogni singolo popolo o nazione, trova pieno consenso e favore da parte di Dio soltanto se un popolo persegue dapprima l’armonia e il benessere per l’intera umanità, mostrando costante attenzione e cura per i gravosi problemi dell’uomo in quanto tale, e solo secondariamente e in stretta subordinazione a questi, persegue l’interesse particolare del proprio popolo. Si tratta chiaramente di un fine inferiore ai primi due e, come tale è ad essi totalmente subordinato e da essi, se necessario, finanche annullato: ogni uomo deve guardare prima a Dio, poi al bene di ogni altro uomo, e poi al benessere particolare della propria nazione. Difatti, laddove è in pericolo o in serio rischio l’armonia e il benessere dell’intera umanità, l’interesse di un singolo stato deve nettamente subordinarsi a quello primario dell’umanità in toto, che sovrasta nettamente quello di una parte degli uomini. Solo dopo aver contribuito attivamente all’armonia e al benessere dell’intera umanità, solo allora si potrà salvaguardare in totale autonomia gli interessi particolari e contingenti di un singolo stato, con la totale certezza del sostegno e del favore divino. Tale fine, in quanto al terzo posto per ordine d’importanza per ogni uomo, si dimostra inferiore ai primi due, ma nettamente superiore agli altri che lo seguono, potendoli finanche annullare se le circostanze lo necessitano. Quarto fine in senso assoluto da perseguire per ogni uomo è l’unità, la pace e l’armonia della famiglia alla quale ognuno appartiene ed alla quale Dio ci ha saldamente legati con indissolubili vincoli di sangue, di terra, di cultura, di tradizione, di religione, di saldo vincolo morale e sacramentale. Dio ha previsto e creato la famiglia nello stesso istante in cui ha creato l’uomo, cosicché, mentre l’uomo rappresenta l’organulo individualmente predisposto dell’umanità in toto in quanto società di persone fisiche e spirituali, la famiglia ne costituisce la prima e indispensabile cellula. Una volta sfaldata, scomposta o disgregata la famiglia, comincia già gravemente a sfaldarsi, disgregarsi e scomporsi l’intero tessuto sociale che Dio ha sempre voluto e fermamente auspicato vitale, sano ed armonico. Non si persegue alcun fine superiore, né si onorano Dio, il prossimo e l’intera creazione, se non si onora e non si cura dapprima e su ogni altra cosa la propria famiglia a cominciare dai genitori sino all’ultimo dei suoi componenti. Dio vuole ed esige che ogni famiglia sia su tutto e prima di tutto unita, sana ed operante in costante pace e solidale armonia. Onorare Dio e il Suo disegno significa perciò per i coniugi attivarsi con estremo sforzo e viva responsabilità a che la famiglia che con l’aiuto di Dio si è creata, si conservi unita e sana; e per far questo è assolutamente necessario prevenire con estremo rigore tutte le occasioni di rischio per un’eventuale disgregazione o disfacimento familiare, allontanando e contrastando prontamente con ogni mezzo e con estrema determinazione tutte le situazioni insorte a scatenare o fomentare divisioni, contrasti o vani motivi di dissidio. L’unità prima di tutto e poi tutto il resto. Infine ogni uomo, in quanto predisposto da Dio a servirLo ed a servire, per Lui, gli altri uomini, ha un ruolo ed una responsabilità ben specifica, unica e irripetibile nell’ambito sociale. Attraverso la propria professione o attività lavorativa ogni uomo realizza se stesso in quanto persona, si procura il guadagno necessario per sostenere se stesso e la propria famiglia, onora Dio che vuole che ogni uomo viva e si realizzi mediante il lavoro, e onora il suo prossimo se lo serve e lo assiste con costante impegno ed ineccepibile onestà. E così ognuno contribuisce nel suo piccolo alla stabilità, al benessere, alla crescita ed all’armonia dell’intera umanità. Orbene, in ogni pur minimo risvolto dell’agire umano, occorre vi sia il rigoroso rispetto di tali priorità: al primo posto in assoluto vi è Dio! Non è assolutamente possibile anteporVi l’uomo, sia pure l’intera umanità. Così chi si erige a paladino e difensore dell’umanità e dei diritti dell’uomo, rinnegando, offendendo o ignorando Dio e le Sue leggi, ricade in una grave colpa ed in un assurdo pregiudizio, per il quale a nulla varrebbero tutti gli sforzi o le buone intenzioni profuse o intentate per fini umanitari. Ma questo molti uomini, molti popoli e molte aggregazioni politiche o religiose che siano, a tutt’oggi faticano a comprenderlo. Onorare e servire l’umanità non giova assolutamente a nulla se prima non si onora e non si serve con tutto se stessi il Signore Iddio, dal quale tutti ed ogni cosa provengono, ed al cui giudizio incontestabile tutti ed ogni cosa soggiacciono. Chi dice di essere in pace con la propria coscienza soltanto perché si sforza di far del bene al prossimo, ignorando nello stesso tempo il Creatore e Signore di tutte le cose, negandogli il dovuto onore e il rigoroso rispetto delle Sue leggi, potrà anche essere un benefattore per gli uomini, ma agli occhi di Dio è un ingrato e blasfemo perché, col rinnegare il proprio Fattore, antepone la creatura al Creatore, il finito all’infinito, il relativo all’assoluto. Chi pone pertanto gli impegni caritativi ed umanitari al primo posto, subordinando a questi il rigoroso rispetto di Dio e delle Sue leggi, non mostra di compiere affatto il proprio dovere, perché prima di ogni cosa vi è Dio e la totale conformazione al Suo volere, poi tutto il resto, compreso le opere di carità, che assumono effettiva importanza e vero senso agli occhi di Dio solo se si onora dapprima la Sua volontà, astenendosi fermamente dal peccato! Coloro che permangono o si ostinano quindi in una situazione di peccato e, contestualmente, si impegnano attivamente in opere caritative, non rendono alcun beneficio alla causa di Dio, ma ne ostacolano apertamente l’esito, pur apparendo agli occhi di tutti dei grandi benefattori! La loro opera umanitaria non assume pertanto valenza agli occhi di Dio, finendo per essere anch’essa rigettata unitamente alla loro condizione di peccato! E’ quindi fondamentale sottolineare che chi si spinge ad anteporre il fine inferiore al superiore, commette una grave colpa che, pur se giudicata unicamente da Dio, diviene automaticamente insanabile, se risultata ostinata, deliberatamente voluta o perversamente finalizzata a sconvolgere i piani di Dio, anziché assecondarli. Il fine superiore ha netta precedenza sul fine inferiore e, se necessario, lo annulla. Pertanto, se l’interesse primario dello stato lo richiederà, l’individuo sacrificherà se stesso e il proprio lavoro per servirlo; e se la giustizia e la pace universale lo esigeranno, l’individuo sacrificherà perfino gli interessi del proprio stato per corrispondere al fine superiore; e se la giustizia od il supremo volere divino lo richiederà, si dovrà persino rinunciare alla pace universale, perché su tutti ed ogni cosa vi è Dio e la Sua volontà, e null’altro è al di sopra di Lui. Questa è la suprema legge alla quale ogni uomo deve sottostare, e questo è tutto ciò che ogni uomo deve fare.* * Capitolo estrapolato dal volume “La Suprema Ragione” (N. Olivieri, Ed. Dera, 1998), pagg. 91-101. Il Papa, seppur ritenuto scelto direttamente dallo Spirito Santo, resta pur sempre un uomo, con i suoi pregi, i suoi difetti e le sue debolezze, che anche negli uomini più forti, qualificati e temprati possono apparire marcati! Anche il primo Papa fu scelto direttamente da Cristo, pur restando l’uomo che era sempre stato, con i suoi svariati difetti e le sue evidenti debolezze: in un momento decisamente cruciale per la missione di Cristo, Lo rinnegò per ben 3 volte; si dimostrò alquanto impulsivo ed aggressivo quando si avventò sul centurione che stava per arrestare il suo maestro, deciso a staccargli l’orecchio; scosso sulla barca, nel pieno di una tempesta, dubitò di Cristo e non credette alla Sua onnipotenza, allorquando questi gli tese la mano per trarlo in salvo. Orbene, per annullare, arginare o superare i difetti insiti nell’umana condizione, un Papa deve fissare il suo sguardo su 3 riferimenti cardini, che devono rappresentare le direttrici ferme, salde e invalicabili di tutto il suo operato. Esse sono: 1) La dottrina; 2) L’esatta, profonda ed immutabile cognizione di ciò che è e di ciò che non è peccato; 3) La ferma consapevolezza e la profonda determinazione di guidare il popolo tutto sul retto percorso, saldamente segnato dalla dottrina e da tutte le forme di lotta dura e serrata al peccato. Occorre, a tal proposito, definire con estrema chiarezza il concetto di dottrina, di peccato e di peccatore. La dottrina è la corretta interpretazione, il compendio e la sintesi della rivelazione trasmessa da Dio ai Patriarchi ed ai Profeti del Vecchio Testamento, ampiamente confermata e compiutamente perfezionata dal Messaggio evangelico di Gesù Cristo, il quale è vero Dio fattosi uomo per la nostra salvezza. La medesima dottrina, per una chiara predizione di Cristo, è in procinto di essere compiutamente compresa e sceverata, nella più totale interezza e profondità, attraverso l’irruzione diretta dello Spirito Santo sul proscenio della storia umana. La dottrina cristiana è tradotta ed esemplificata, a beneficio di tutti, dal Magistero che la Chiesa cattolica trasmette ai credenti ed a tutti gli uomini di buona volontà. Orbene, la dottrina, in quanto statuizione suprema, diretta e inconfutabile di Dio, è, per sua stessa natura, immodificabile e inalterabile, non suscettibile ovvero di modifiche, variazioni o cancellazioni arbitrarie da parte dell’uomo, né può essere, nella maniera più assoluta, adeguabile o conformabile ai tempi, alle mode od ai costumi espressi, nelle varie epoche e nei vari contesti, dall’umanità o da parte di essa. Essa è pertanto immutabile ed eterna, non affatto correggibile o deformabile sulla base di sentimenti, congetture, supposizioni o convincimenti prettamente umani, quandanche espressi da papi, cardinali, vescovi, liberi pensatori o insigni filosofi. Dalle statuizioni, dalle similitudini, dagli accadimenti storici e dai molteplici concetti espressi nella dottrina, che rivelano con assoluta chiarezza e senza fraintendimenti il modo di essere, di pensare e di agire di Dio, unitamente alle chiarissime leggi che Egli ha dettato al Suo popolo, discendono le compiute e indubitabili definizioni di azioni buone e azioni cattive, di quelle ovvero palesemente contrarie o antitetiche al volere, ai supremi progetti ed alle alte prerogative di Dio. Il peccato è pertanto un’azione umana dichiaratamente contro Dio, la quale contribuisce fattivamente, in primis, all’avanzata del male nel mondo, ed a rafforzare, di conseguenza, il potere effettivo di Satana sull’umanità. Chi lo commette ostacola pertanto decisamente l’attestazione del bene, ponendosi, di fatto, al servizio esclusivo del male. Anche chi è inconsapevole o ha scarsa coscienza di ciò che sta commettendo, deve sapere che attraverso la sua deleteria azione pone, di fatto, un fermo ostacolo alla realizzazione dei progetti di Dio, contribuendo, in molti contesti, alla netta supremazia del maligno. Ecco perché Dio tiene molto di più alla conversione autentica di un peccatore che all’operato di mille giusti! Un peccatore pentito rende infatti più beneficio e gloria a Dio di tantissime anime già in grazia di Dio. Un peccatore deve pertanto sapere che Dio è prontissimo ad accoglierlo in qualsiasi momento, con infinita misericordia, laddove, con sincero pentimento, assumerà la decisione di convertirsi. Pertanto la compiuta definizione di ogni singola situazione di peccato si dimostra assolutamente fondamentale e decisiva ai fini del chiaro discernimento di ciò che si deve o non si deve compiere per porsi al servizio esclusivo di Dio, combattere decisamente Satana, e concorrere fattivamente alla piena attestazione del disegno salvifico che Dio ha predisposto per l’intera umanità. Orbene, la compiuta definizione delle varie situazioni di peccato, in quanto attinta esclusivamente dalla dottrina è, come la dottrina stessa, immutabile ed eterna, non suscettibile ovvero di modifiche, variazioni o cancellazioni arbitrarie da parte dell’uomo, né può essere, nella maniera più assoluta, adeguabile o conformabile ai tempi, alle mode od ai costumi espressi, nelle varie epoche e nei vari contesti, dall’umanità o da parte di essa. Essa non può essere pertanto arbitrariamente corretta o deformata sulla base di sentimenti, congetture, supposizioni o convincimenti prettamente umani, quandanche espressi da autorevoli membri delle alte gerarchie ecclesiastiche. I peccatori sono infine tutti coloro che amano il peccato o sono avvezzi, rotti, ostinati od a loro agio nel perseverare in una o più situazioni di peccato, divenute per loro assai consuete, abituali, permanenti o addirittura connaturali al loro essere. Orbene la dottrina, si ripete, in quanto attinta direttamente dalla parola di Dio e dal modus agendi di Dio, come riportato nelle Sacre Scritture, non può essere affatto mutata, stravolta o adeguata ai tempi, agli usi o alle mode correnti di una data popolazione. Ne deriva, in primis, che anche la definizione delle varie situazioni di peccato, in quanto attinta direttamente dalla dottrina, si dimostra immutabile ed assolutamente inalterabile. I peccatori invece, finanche coloro che versano in condizioni di peccato che possono apparire, agli occhi di chi ne intravede le apparenze, identiche o sovrapponibili a quelle di tanti altri, non possono essere affatto omologabili o definibili tutti allo stesso modo. Nessun uomo può ovvero permettersi di giudicare un altro uomo e chiamare uno buono e l’altro cattivo, uno quasi santo e l’altro peccatore! Solo Dio può infatti giudicare un uomo, perché soltanto Dio può guardare nelle menti, negli animi e nel più profondo dei cuori, ciò che nessun uomo al mondo può fare! Dio quindi può assolvere o giustificare appieno un uomo che agli occhi di tutti poteva apparire il più grande peccatore, così come può rigettare e condannare al supplizio eterno un uomo che agli occhi di tutti poteva apparire come il più grande santo! Egli infatti vede, scorge, legge e sonda ciò che nessun uomo al mondo può vedere, scorgere, leggere o sondare. E può pertanto elargire la Sua grazia a chi lo ritiene degno, dove e quando vuole, senza doverne rendere il minimo conto ad alcuno! Così come si rende necessaria, all’interno di uno stato, la Corte costituzionale, istituita per la salvaguardia dei capisaldi costitutivi assunti a fondamento invalicabile di una nazione, allo stesso modo si rende indispensabile, in ambito ecclesiastico, un organo collegiale da istituire per la piena salvaguardia della dottrina e dei capisaldi fondativi della fede, che non si possono assolutamente intaccare, modificare o stravolgere, in quanto statuiti e trasmessi direttamente da Dio, all’unico scopo di spianare e rendere altamente proficuo il percorso tracciato per il Suo popolo. Di tale organo dovrebbero far parte almeno 12 Cardinali, eletti mediante specifico scrutinio dell’intero Collegio cardinalizio. Tale organo verrebbe quindi investito della suprema autorità di intervenire, in caso di necessità, per modificare, annullare o rinviare per i dovuti approfondimenti, le bozze degli atti, delle pubblicazioni o delle deliberazioni predisposte da qualsivoglia Autorità ecclesiastica, nel caso in cui: 1) Si mettano in dubbio o si scavalchino i capisaldi fondativi della dottrina cattolica; 2) Si modifichino arbitrariamente i decreti, le definizioni o le verità dottrinali, consolidatesi nel corso dei secoli attraverso il magistero cattolico; 3) Si faccia prevalere il pensiero o l’opinione personale dell’autore del testo sulla dottrina; 4) Si scavalchino, modifichino o stravolgano uno o più comandamenti, ovvero l’esatta definizione o interpretazione degli stessi; 5) Si prediliga il successo personale o il consenso virtuale al reale benessere spirituale del popolo di Dio. 6) Si intorpidiscano, intiepidiscano o addormentino i lettori con teorie farraginose o con parole aleatorie, di circostanza, prive di senso pratico o di riferimenti concreti alle situazioni odierne, finanche deviandoli su percorsi non idonei e non predisponendoli al meglio al duro combattimento contro Satana. 7) Si evidenzino passaggi poco chiari, nebulosi, travisabili o non correttamente interpretabili, denotanti una qualche forma di logorìo o decadimento psicofisico da parte dell’autore; 8) Si taccia o si sorvoli su importanti questioni dottrinali strettamente attinenti l’argomento trattato, ovvero non ci si esprima a riguardo con estrema chiarezza e incisività; 9) Alcuni passaggi del testo non si mostrino pienamente in linea con i canoni dottrinali o pastorali definiti nel corso dei secoli dal magistero della Chiesa cattolica. L’Organo collegiale si riunisce su richiesta firmata di 3 o più Cardinali, ovvero di 7 o più Vescovi, i quali possono proporre l’esame di uno o più atti scritti o pronunce verbali* di una qualsiasi Autorità ecclesiastica. Le deliberazioni dell’Organo collegiale sono predisposte con voto segreto espresso dalla metà più 1 della totalità dei membri. La dottrina, che è immutabile ed eterna, ha preminenza assoluta ed è totalmente vincolante in riferimento al pensiero, alle opinioni, alle scelte o agli orientamenti personali degli autori dei testi di derivazione ecclesiastica. I testi che non si attengono scrupolosamente e con estrema chiarezza a quanto sancito dalla dottrina, mutandone arbitrariamente il senso o l’efficacia, non possono essere diffusi o proposti alla pubblica fruizione. I testi che alterano, modificano o annullano consolidati principi dottrinali, finanche deformando o stravolgendo i concetti o le definizioni di palesi situazioni di peccato, si rendono assolutamente incompatibili col sacro ministero pastorale o sacerdotale. * E’ quanto mai opportuno che chi è investito del sacro mandato di guidare dallo scranno più alto il popolo di Dio, non si induca a rilasciare fugaci interviste o dichiarazioni volanti alla stampa, come fosse un comune politico o una star dello spettacolo, perché allorquando un Papa si dispone a parlare in pubblico, si presume parli sempre, soltanto e comunque nel nome di Dio! E’ conveniente quindi che, nella sua veste, possano essere soppesate a fondo le parole da pronunciare, per non alimentare dubbi, fraintendimenti o errate interpretazioni in un uditorio quanto mai variegato, composto da tipologie diverse di altrettanto diversa estrazione socio-culturale. Nessuno può far questo se si dispone a parlare a braccio o risponde d’istinto o d’impulso alle domande che gli vengono rivolte. Nelle conferenze-stampa non adeguatamente preparate, a domande impegnative che richiederebbero risposte ponderate ed assai precise nei termini, potrebbero invece seguire risposte approssimative e talvolta confuse, tipiche di una conversazione colloquiale. I giornali ne risulterebbero assai gratificati per i titoli ad effetto da sbandierare il giorno dopo, ma i destinatari del messaggio potrebbero risultarne alquanto disorientati e confusi! E’ quindi opportuno che le domande da sottoporre al Pontefice vengano formulate in largo anticipo sui tempi dell’intervista, di modo che le risposte vengano predisposte in piena ed assoluta conformità ai dettami dottrinali, senza fretta o sollecitazioni di alcun tipo. E’ questo che Dio richiede a chi deve guidare con costante chiarezza, autorevolezza e saggezza il Suo popolo! Apertura al mondo non può significare apertura al peccato, per dargli pieno lasciapassare o totale legittimità in ambito sociale! E’ precipuamente questo che vuole Satana, mostrandosi capace, a tal fine, finanche di manipolare o coartare un Pontefice, facendogli credere di operare bene e di essere pienamente conforme alla volontà di Dio attraverso l’apertura al mondo ed al suo pensiero secolarizzato,* intravedendone la concreta possibilità di acquisire consenso anche da parte di chi ha sempre mostrato avversione ai precetti o ai dettami dottrinali della Chiesa di Cristo.** Così facendo una guida spirituale non farebbe altro che porre in essere l’intento primigenio del maligno, che è quello di sgretolare dalle fondamenta la Chiesa di Cristo, per rigettare nel baratro l’intera umanità! Se il Vangelo fosse in grado di attirare facili, molto entusiastici ed unanimi consensi, come taluni si illudono di ottenere con le loro bonarie e molto concilianti esternazioni, Gesù Cristo non sarebbe stato messo in croce! La via che porta al Regno dei Cieli è invece quanto mai difficoltosa, stretta e tortuosa, e non affatto comoda, larga o facilmente percorribile per mancanza di asperità o terribili contrarietà messe continuamente in atto da un nemico impetuoso, cinico e perverso, che nulla lascia di intentato pur di vincere la sua guerra!*** Orbene, le verità dottrinali non possono essere riadeguate alle mode, ai costumi od ai moti culturali di un data era! Devono invece permeare, rischiarare e fecondare le evoluzioni culturali di un determinato momento storico per distoglierle con estrema chiarezza, fermezza ed autorevolezza dal relativo, dal contingente e dal particolare, e richiamarle con forza all’assoluto ed al valevole per sempre! Né possono le verità dottrinali essere sottoposte al voto, al giudizio o all’arbitrio di un organo collegiale, seppur rappresentativo della Chiesa, come possono apparire i Sinodi,**** i Concili o le Conferenze episcopali.***** Occorre che la Chiesa venga costantemente salvaguardata e tenuta a distanza dalla forte tentazione di lasciarsi influenzare e coinvolgere dai venti del modernismo, totalmente intriso di relativismo, che finirebbe per condurla nel baratro del laicismo e di un radicale relativismo! * “Nel tentare di accomodare i bisogni dell’epoca, come voci autorevoli suggeriscono, la Chiesa rischia il pericolo di perdere la propria voce coraggiosa ‘controculturale’ e profetica, una voce che il mondo ha bisogno di sentire!” (Mons. T. Tobin, 2013). ** “Se un Papa riceve soltanto consensi, dovrebbe chiedersi se sta veramente annunciando tutto il Vangelo!” (Card. R. L. Burke, 2014). *** “Ci troviamo oggi di fronte al più grande combattimento che l’umanità abbia mai visto. Non penso che la comunità cristiana l’abbia compreso totalmente. Siamo oggi davanti alla lotta finale fra la Chiesa e l’Anti-Chiesa, tra il Vangelo e l’Anti-Vangelo” (Papa Giovanni Paolo II, 2001). **** Si dimostra inopportuno e privo di qualsiasi utilità un Sinodo dei Vescovi che venga convocato per mettere in discussione i capisaldi della dottrina cristiana, esprimersi sull’attualità o meno delle norme che definiscono le varie situazioni di peccato, o l’atteggiamento che la Chiesa deve assumere nei confronti delle stesse. Sicchè le deliberazioni assunte in tal senso si dimostrano del tutto prive di qualsiasi senso, utilità o efficacia, in quanto la dottrina cristiana, così come desunta dai testi sacri, non può essere affatto ritoccata, riformata o invalidata nei passaggi ritenuti poco o non in linea con i tempi e con le mode della nuova umanità! Dio non ha legiferato solo per una parte di popolo o per una determinata stagione! Dio ha legiferato per l’intera umanità e per la totalità del tempo concessole da vivere sulla terra! Le Sue leggi ovvero valgono per tutti, comunque e sempre, indipendentemente dalle stagioni che le varie generazioni si ritrovano a vivere o dalle opinioni personali di chi le scevera o le scandaglia, si trattasse anche dei vertici supremi della Chiesa! La dottrina cristiana è ovvero, senza ombra alcuna di dubbio, immutabile ed eterna! ***** Le singole Conferenze Episcopali non hanno l’autorità di introdurre novità dottrinali, anche se tali modifiche sono richieste dalla maggioranza dei cattolici di una particolare nazione! La Chiesa infatti deve esprimere il sensus fidelium, che non riflette la maggioranza sociologica dei fedeli, ma la consonanza della fede vissuta con il Magistero perenne della Chiesa!” (Card. S. Gadecki, Presidente Conferenza Episcopale Polacca, 2015). “L’idea di una Chiesa nazionale sarebbe totalmente eretica. Una autonomia nella fede è impossibile!” (Card. G. L. Muller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, 2015). Segue il seguente capitolo: L’APPARTENENZA ALLA CHIESA Il Regno dei Cieli, comunemente chiamato Paradiso, è rappresentato nell’aldilà dalla comunione degli Angeli e dei Santi i quali, con a capo Cristo, la Madonna e gli Apostoli, sono disposti costantemente e perennemente al servizio di Dio, unitamente all’incalcolabile schiera di anime che, per i meriti straordinari esibiti sulla terra, hanno ottenuto la salvezza. Orbene, il Regno dei Cieli è rappresentato in terra, ai fini esclusivi della salvezza del genere umano, da un’unica e sola istituzione: la Santa Chiesa Cattolica, la quale è stata personalmente fondata ed è costantemente sorretta e guidata da Cristo.* Egli ha infatti conferito a Pietro, il primo Papa, ed ai suoi successori, l’esclusivo e inderogabile mandato di legare o di sciogliere ogni umana adesione, realtà o istituzione, conferendogli in via ufficiale e definitiva le chiavi del Regno dei Cieli.** Orbene, chi vuol entrare a far parte di tale Regno, deve primariamente, innanzitutto e prima di qualsivoglia altra cosa far parte integrante, nel corso del suo tragitto terreno, della Santa Chiesa Cattolica. Ma per entrare e continuare a far parte, fino all’ultimo istante di vita, della Santa Chiesa Cattolica, occorrono 4 cose fondamentali ed assolutamente imprescindibili: 1) L’assunzione e la stretta adesione ai Santi Sacramenti; 2) La costante, attiva e sentita compartecipazione al sacrificio supremo di Cristo, mangiando della Sua carne o anche bevendo del Suo sangue; 3) La diligente, attiva e costante predisposizione alle opere di misericordia corporale e spirituale; 4) L’assoluta rinuncia a Satana ed a tutte le sue opere, attraverso la ferma e totale astensione dal peccato. In mancanza di tali imprescindibili premesse e fondamentali acquisizioni, non si fa parte della Chiesa di Cristo, e di conseguenza non si può ambire a far parte un giorno del Regno dei Cieli! * Mentre il Regno dei Cieli è totalmente esente dall’ombra del male, che non vi può accedere in alcun modo, essendo stati Satana e le sue schiere ricacciati definitivamente dai suoi confini, la Chiesa di Cristo, in quanto istituzione terrena, è purtroppo soggetta all’influenza del male, a tutti i livelli, dai semplici fedeli fino alle più alte gerarchie. Per far sì che il male non possa stravolgerne le basi, la conformazione e le altissime finalità, la Chiesa deve porre al suo interno dei paletti assolutamente fermi e invalicabili, che il male, pur con la sua pervicacia, brutalità e potenza, non potrà giammai sradicare o rimuovere! Tali paletti sono: 1) La dottrina, che è immutabile ed eterna; 2) Una lotta serrata, incessante e ben pianificata a tutte le situazioni di peccato, che non abbandoni a se stesso chi vi si ostina: Dio non ama infatti che il peccatore muoia nel suo peccato, ma che si converta e viva! “Io non godo della morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Ez. 33, 11). 3) Una stretta ed attenta vigilanza in ogni ambito; 4) Un deciso intervento sanzionatorio in tutti i casi apportatori di scandali, che rappresentano quanto di più grave e penalizzante possa esservi per la Chiesa di Cristo! Il male può penetrare nella Chiesa, come altrove, solo attraverso 3 porte: 1) La porta del denaro; 2) La porta dell’orgoglio; 3) La porta del senso. Non ha altre porte il demonio per giungere a contaminare la Chiesa di Cristo! Orbene, ognuno è libero di comportarsi come crede, di ascoltare ovvero e seguire il demonio, o di ascoltare e seguire Cristo! Nei casi in cui inavvertitamente e senza piena coscienza, si cada nelle reti del maligno, Dio desidera innanzitutto: 1) Che si prenda coscienza del proprio stato; 2) Che si sappia bene a cosa si va incontro, persistendo in una situazione di peccato; 3) Che si decida infine autonomamente. Si rende a tal fine necessario che alla sera, prima di andare a letto, chi versa in una condizione permanente di peccato, pronunci, dinanzi a Dio, l’atto di autodefinizione spirituale: “Signore, mi pongo dinanzi a Te, conscio della mia condizione di estrema limitatezza e fragilità. La mia anima non si può nascondere ed è nuda dinanzi a Te, che in questo momento la scruti e la giudichi. So che ostinandomi nel peccato (convivenza fuori del matrimonio sacramentale; procedure abortive; relazioni adulterine; atti di corruttela; relazioni di concupiscenza; comportamenti usurari; atti di pedofilia; astensione dai sacramenti, ecc.), dò pieno alloggio nella mia anima al demonio. Se non lo ricaccerò con grande forza e coraggio, e col Tuo indispensabile aiuto, convertendomi ad una vita conforme al Tuo volere, so di non appartenere più alla Tua Chiesa, ritenendomi a tutti gli effetti al di fuori di essa, anche se continuerò a frequentare i sacri luoghi o ad accostarmi sacrilegalmente ai Sacramenti. So che la scomunica che mi sono autoinferto, ostinandomi nella situazione di peccato, non mi permetterà in alcun modo di accostarmi al Tuo Regno, e che potrò rimuoverla solo con un’autentica conversione. Anche se la mia condizione di peccato la conosciamo solo Tu ed io, ed è celata agli altri, lo stato di scomunica su di me permarrà finchè non mi sarò convertito. Essendo ancora in vita, sono ancora nella piena possibilità di farlo, così da riacquistare la Tua grazia, Signore. Fa che non ne rimanga mai privo”. ** Ed Io ti dico: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16, 18-19). 1) I SANTI SACRAMENTI* rappresentano le basi fondanti, il fulcro imprescindibile e la vera essenza dell’appartenenza ecclesiale, poiché essi e solo essi hanno il mirabile potere di attestare, nel corso dell’umana esistenza, le autentiche prerogative divine, confermare senza cedimenti un’anima nella fede, guidarla e predisporla con forza sulla via della salvezza, conferirle gli autentici crismi o sigilli dell’appartenenza vera a Cristo. Solo attraverso i Sacramenti lo Spirito di Dio interviene per apporre sul capo di ognuno la Sua specialissima unzione ai fini del duro combattimento da predisporre contro il nemico infernale, donare la Sua benedizione in vista dello scontro, inondarci della Sua grazia. L’unzione, la benedizione e la grazia di Dio vengono elargite a piene mani solo attraverso i Sacramenti; in loro mancanza tali elargizioni preziosissime difettano o vengono totalmente disperse. Sicché ‘la prima cosa che Satana mette in atto, per allontanare un’anima da Dio, è quella di allontanarla dai Sacramenti!’ Una persona che non si accosta quindi con regolarità alla S. Eucaristia, che non si confessa, che non partecipa alla S. Messa domenicale o che non si sottopone al Sacramento del matrimonio prima di disporsi a convivere col proprio coniuge, si allontana gradualmente da Dio per avvicinarsi, in modo silente o subdolo, a Satana, che l’invita a seguirne le orme e ad accondiscendere ai suoi consigli! Pertanto chi non partecipa con regolarità alla S. Messa domenicale, chi, avendo commesso peccati, non si confessa prima di accostarsi alla S. Comunione, chi non si nutre con costanza del corpo di Cristo, chi non si sottopone al sacramento del matrimonio prima di disporsi a convivere col proprio coniuge, non dimostra di essere affatto partecipe e quindi di far parte della Chiesa di Cristo!** Non potrà pertanto minimamente ambire, in mancanza di un drastico cambiamento, ad entrare un giorno nel Suo Regno! Coloro che dicono quindi di essere credenti, ma non praticanti, non mostrano di appartenere ad alcuna istituzione ecclesiale, ritenendo in pratica di non aderire o sottoporsi ad alcun impegno o dovere sacro che li predisponga a far parte un giorno del Regno di Dio! Né potranno in alcun modo, dopo la morte, recriminare al riguardo alcun diritto! * I Santi Sacramenti sono 7: Battesimo, Cresima, Santa Eucaristia, Penitenza, Estrema Unzione, Sacri Ordini, Matrimonio. ** Chi decide di rinunziare ai Santi Sacramenti, decide anche, nel contempo, di porsi al di fuori della Chiesa di Cristo! Pertanto chi accetta di andare a convivere col proprio partner senza prima essersi sottoposto al Sacramento del Matrimonio, decide di porsi autonomamente e volontariamente al di fuori della Chiesa di Cristo. Coloro che non sono in grazia di Dio, perché versanti in una situazione di peccato, non possono assolutamente accostarsi alla S. Comunione.* Tale condizione però, in quanto fatto privato, necessita di essere gestita in modo esclusivamente privato: nessun celebrante può ovvero inibire, precludere o proibire ad alcuno il libero accesso alla S. Eucarestia! Anche perché una persona potrebbe accedere alla S. Eucaristia in un contesto dove non è conosciuta! Ma chi assume il Corpo Santo di Cristo, pur versando in una situazione di grave peccato, trasforma l’auspicata grazia che affannosamente ricerca, in disgrazia, perché profanando il Corpo Santo di Cristo giunge a commettere un atto sacrilego!** Sicché l’assunzione del corpo del Signore, anziché apportargli grazie e benefici spirituali, giunge a determinare in pratica malefici e disgrazie, dal momento che l’affronto più grande che si possa arrecare a Dio è quello di ricevere il Suo Santo Corpo in stato di grave peccato, ovvero in stato di totale subordinazione e accondiscendenza a Satana!*** L’unica cosa che si possa fare in tale stato è quindi quella di rinunciare in modo drastico al peccato, convertirsi, confessarsi e riacquistare in tal modo lo stato di grazia!**** * L’ammissione ai sacramenti di chi versa in situazioni di peccato, come i divorziati risposati, per un atto di misericordia, è un argomento molto debole e quasi irrilevante in materia teologico-sacramentaria, perché tutto l’ordine sacramentale è esattamente opera della misericordia divina e non può essere revocato richiamandosi allo stesso principio che lo sostiene. Attraverso quello che oggettivamente suona come un falso richiamo alla misericordia si incorre nel rischio della banalizzazione dell’immagine stessa di Dio, secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare. Al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia! Se si nascondono questi attributi di Dio e non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la Sua misericordia. Gesù ha incontrato la donna adultera con grande compassione, ma le ha anche detto: “Va e non peccare più” (Giovanni 8, 11). La misericordia di Dio non è una dispensa dai comandamenti di Dio e dalle istruzioni della Chiesa; anzi, essa concede la forza della grazia per la loro piena realizzazione, per il rialzarsi dopo la caduta e per una vita di perfezione a immagine del Padre Celeste. Con il loro impegno a comprendere la prassi ecclesiale e a non accostarsi alla S. Comunione, anche i divorziati risposati si pongono a loro modo quali testimoni della indissolubilità del matrimonio! ** “Coloro che fanno una comunione sacrilega, ricevono Satana e Gesù Cristo nei loro cuori: Satana cui essi lasciano il potere, e Gesù Cristo, da offrire a Satana come vittima sacrificale” (San Cirillo, can. 1367). *** “Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (S. Paolo, I Corinzi 11, 27-29). **** La norma assolutamente fondamentale, prioritaria e invalicabile è che per ricevere in modo degno e non sacrilego il Cuore del nostro Dio, nella Sacra Comunione, è indispensabile essere in grazia, ossia non versare in una situazione di peccato mortale. Alla S. Comunione pertanto non possono accedere tutti coloro versanti in una situazione permanente di peccato mortale, come i separati o divorziati di propria iniziativa, i divorziati risposati,* le coppie conviventi senza il sacramento del matrimonio, le coppie conviventi dello stesso sesso, i politici e gli amministratori disonesti o corrotti, le donne che si sottopongono a pratiche abortive senza giusta causa, le donne che praticano inseminazioni eterologhe, gli individui sposati che commettono adulterio, i singoli che instaurano relazioni sentimentali con persone sposate, coloro che praticano atti di concupiscenza o di pedofilia, i ladri, i politici che approvano provvedimenti legittimanti situazioni di peccato, coloro che non accordano il perdono al loro prossimo, i bestemmiatori, i giudici corrotti o che emettono scientemente sentenze ingiuste, i professionisti che rilasciano certificazioni false o non rispondenti a verità, coloro che, pur non avendone diritto, percepiscono indennità ottenute mediante la frode, coloro che non pagano le tasse dovute allo Stato, ecc.** Tutti costoro non possono assolutamente accostarsi alla S. Comunione, e se lo fanno commettono un gravissimo sacrilegio, scaturito dalla profanazione del corpo di nostro Signore! In tal modo agiscono nettamente contro i propri interessi immanenti e trascendenti, rendendosi pronti a subirne quindi conseguenze assai negative o nefaste tanto in questa quanto soprattutto nell’altra vita! L’unica cosa che essi possono fare in tali condizioni, è prettamente quella di ritirarsi immediatamente dalla situazione in cui versano, affrettarsi a confessare al primo sacerdote disponibile tutta la loro colpa, riparare con grande impegno a tutto il male commesso secondo le direttive del confessore, accostarsi prontamente ai Santi Sacramenti, riacquisire così la grazia del Signore per tornare felici fra le Sue braccia misericordiose e riambire ad entrare un giorno, definitivamente, nel Suo Regno. * L’esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II del 22.11.81, al n. 84 (I divorziati risposati) afferma espressamente: “Se si ammettessero queste persone all’eucarestia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio…Per motivi teologico-sacramentali, al clero è espressamente fatto divieto, fintanto che sussiste la validità del primo matrimonio, di porre in atto cerimonie di qualsiasi genere a favore dei divorziati che si risposano civilmente”. La lettera della Congregazione per la dottrina della fede del 14.09.94 ha confermato che “La prassi della Chiesa su questo tema non può essere modificata in base alle differenti situazioni…In caso di dubbi circa la validità di un matrimonio fallito, questi devono essere verificati dagli organi giudiziari competenti in materia matrimoniale”. Una verifica della validità del matrimonio è importante e può portare a una soluzione dei problemi. Benedetto XVI ha ribadito “La prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (Marco 10, 2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati. Le benedizioni di legami irregolari sono da evitare in ogni caso, perché tra i fedeli non sorgano confusioni circa il valore del matrimonio. L’indissolubilità del matrimonio sottrae i coniugi dall’arbitrio e dalla tirannia dei sentimenti e degli stati d’animo; li aiuta ad affrontare le difficoltà personali ed a superare le esperienze dolorose; protegge soprattutto i figli, che patiscono la maggior sofferenza dalla rottura dei matrimoni. L’amore è qualcosa più del sentimento e dell’istinto; nella sua essenza è dedizione. Nell’amore coniugale due persone si dicono l’un l’altro consapevolmente e volontariamente: “solo te – e te per sempre. Voglio amarti e onorarti finchè vivo, fino a quando la morte non ci separi”. Il sacerdote benedice il patto che i coniugi hanno stipulato tra loro davanti a Dio. Sicchè non sono più due, ma una sola carne (Matteo 19, 4-6). Il carattere sacramentale del matrimonio rappresenta quindi una realtà soprannaturale! Chi pensa secondo ‘lo spirito del mondo’ (1 Corinzi, 2-12) non può comprendere la sacramentalità del matrimonio. Solo avendo fiducia nello ‘Spirito di Dio’ si può conoscere ciò che Dio ci ha donato (1 Corinzi, 2-12). Sicchè il Vangelo della santità del matrimonio va annunciato con audacia e grande determinazione profetica. ** Tutti costoro possono fare la Comunione spirituale, ricevendo Gesù spiritualmente nel loro cuore, ma non devono commettere il sacrilegio di ricevere la Sacra Comunione! La Comunione spirituale si ottiene inginocchiandosi e/o disponendosi in un profondo raccoglimento, entrando in vivo contatto spirituale con Gesù ed esprimendo la piena volontà di accoglierlo nel proprio cuore con queste parole: “Gesù mio, io credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a te; non permettere che mi abbia mai a separare da te. Eterno Padre, io ti offro il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo in sconto dei miei peccati, in suffragio delle anime del purgatorio e per i bisogni della Santa Chiesa”. Esprimendo tale sentita invocazione, Gesù entra immediatamente nel nostro cuore e vi dimora per aiutarci e sollecitarci con più forza ad un’autentica conversione, al fine di riacquisire pienamente lo stato di grazia. 2) LA COMPARTECIPAZIONE AL SACRIFICIO DI CRISTO: Attraverso la celebrazione della S. Messa, il nostro unico salvatore Gesù Cristo giunge a rinnovare in modo mirabile ogni giorno, dinanzi ai nostri occhi, il mistero imperscrutabile più importante e decisivo si sia mai potuto verificare al mondo: il Sacrificio della Croce, che è l’atto supremo, assolutamente decisivo e quanto mai definitivo, dal quale solo è scaturita la nostra salvezza. Nel contempo avviene qualcosa di meravigliosamente unico, straordinario ed assolutamente inesplicabile in termini umani: Dio in persona diviene per noi Pane vivo da mangiare, concretandosi in tal modo una totale e strettissima comunione con Lui, sì da predisporre una piena sintonia di intenti e di voleri, che fanno sì che Lui si renda vivo, alloggi visibilmente ed operi efficacemente in noi, già predisposti, su tale percorso, a raggiungerlo per sempre in Paradiso. La S. Messa deve pertanto rappresentare il centro della vita di ogni cristiano, che soltanto partecipandovi con viva fede e grande raccoglimento può trarne incomparabili benefici, non affatto acquisibili in altro modo. Partecipare con viva devozione alla S. Messa è pertanto l’azione più grande, benefica e meritoria che un uomo possa compiere sulla terra. Attraverso di essa si può infatti ridurre la pena temporanea dovuta ai nostri peccati, ottenere la benedizione di Dio sulle nostre famiglie, procurare alle anime del Purgatorio il miglior suffragio, rendere il massimo culto alla maestà di Dio. E’ da serbare pertanto, per il celebrante, la più viva considerazione ed il massimo rispetto, dal momento che egli diviene il tramite visibile, in quel momento, fra Dio e l’uomo, ed attraverso la consacrazione dell’ostia, operata col precipuo intermezzo delle sue mani consacrate, media e rende attuabile la transustanziazione del corpo di Cristo in pane vivo da mangiare per la nostra salvezza. Orbene, per tale unicissimo ed incomparabile ministero, che è da definirsi il più alto ed importante che si possa mai conseguire sulla terra, si rendono prerequisiti indispensabili ed assolutamente vincolanti il celibato e l’appartenenza al sesso maschile, prerequisiti richiesti sia in ordine alla complessità umana, spirituale e sociale connessa al sacro ministero,* che ancor più per prevenire e scongiurare rischi sempre presenti in merito all’espletamento sociale dello stesso, a causa della costante avversità satanica in tutte le espressioni e sfaccettature correlate al sacro ministero. Alle donne sono riservate, in ambito ecclesiastico, altre mansioni complementari, ugualmente sacre, più che necessarie e di indubbia rilevanza. E’ da dire infine che chi non partecipa alla S. Messa almeno alla domenica, non accostandosi alla S. Comunione, non può ritenere di far parte integrante della S. Chiesa di Cristo, mostrandosi solo un simpatizzante della stessa. Non risultando pertanto parte viva ed integrante della Chiesa, non può ambire a divenire un giorno, a pieno titolo, parte viva ed integrante del Regno dei Cieli, che alla S. Chiesa cattolica è saldamente e indissolubilmente legato. Orbene, chi non ama incontrarsi con Dio, nella Sua santa casa, almeno alla domenica, per unirsi saldamente a Lui nella santa comunione, non si mostra degno dell’amore e della misericordia di Dio!** * Le chiare motivazioni sottese al requisito fondamentale del celibato per i presbiteri, costituiscono oggetto di approfondita trattazione nel capitolo “Multi sunt vocati, pauci vero electi” del volume La Suprema Ragione (N. Olivieri, ed. Dera, pagg. 695-708, 1998). ** Per coloro impossibilitati a raggiungere fisicamente il luogo della celebrazione, o in mancanza di un celebrante che offici la S. Messa in un determinato luogo, la S. Messa partecipata per via radio-televisiva consegue gli stessi effetti ed apporta i medesimi benefici spirituali di quella partecipata in chiesa. In Italia varie emittenti televisive trasmettono la S. Messa ed il S. Rosario quotidianamente nei giorni feriali, come Tele Padre Pio, TV 2000, Tele Dehon, Tele Maria; a queste si aggiungono nei giorni festivi le emittenti nazionali Rai 1 e Rete 4, di modo che mai possa mancare ai malati, agli anziani, ai disabili ed a tutti coloro che risiedono in zone disagiate, il conforto e gli incomparabili benefici spirituali della S. Messa. 3) L’ATTIVA PREDISPOSIZIONE ALLE OPERE DI MISERICORDIA: Per far parte integrante della S. Chiesa di Cristo, si dimostra precondizione essenziale attivarsi con impegno per venire incontro, nei limiti delle proprie possibilità e dei propri specifici ruoli, alle necessità materiali e spirituali dei nostri fratelli, che non sono soltanto coloro che ci vivono accanto, bensì la comunità umana nel suo insieme, rappresentata da razze, tipologie e popoli assai diversi fra loro. Dio non ci chiede di essere benefattori e solidali soltanto con chi si dimostra a noi amico, simpatico, utile o gradito. Dio ci chiede invece di essere solidali, tolleranti e vicini, come possono esserlo i fratelli di sangue, a tutti, in modo particolare a coloro che, pur detenendo i nostri stessi diritti, in quanto venuti alla luce nel nostro stesso mondo, versano in condizioni assai difficili, degradanti o particolarmente penose, come possono esserlo i perseguitati dalle guerre, le vittime delle catastrofi, i malati, i poveri, i diseredati, i senza tetto, i migranti, gli emarginati da un mondo perversamente incentrato sui miti del benessere a tutti i livelli, della piena efficienza fisica, della bellezza, dell’opulenza, sullo sfoggio ovvero di doti assolutamente vane, futili e quanto mai inutili per quanto concerne il traguardo ultimo, essenziale e definitivo di ogni uomo. Le opere di misericordia che Dio richiede a tutti noi sono in pratica di due tipi: corporali e spirituali. La Chiesa ci insegna che le Opere di misericordia corporale sono: 1) Dar da mangiare agli affamati; 2) Dar da bere agli assetati; 3) Vestire gli ignudi; 4) Alloggiare i pellegrini; 5) Visitare gli infermi; 6) Visitare i carcerati; 7) Seppellire i morti. Le Opere di misericordia spirituali sono: 1) Consigliare i dubbiosi; 2) Insegnare a chi non sa; 3) Ammonire i peccatori; 4) Consolare gli afflitti; 5) Perdonare le offese; 6) Sopportare pazientemente le persone moleste; 7) Pregare Dio per i vivi e per i morti. Orbene, in Cielo non si può giammai entrare a mani vuote! Per entrarvi ognuno deve necessariamente portare con sé qualcosa. Più pesante è il fardello delle opere di misericordia che avremo elargito ai nostri fratelli, più avremo diritto ad un posto di riguardo; più vuoto risulterà tale fardello, più spoglio ed angusto si rivelerà il posto a noi riservato! Vi sono infatti due tipologie di cristiani: 1) Quelli che si impegnano quel tanto che basta per poter ambire alla salvezza per se stessi; 2) Quelli che si attivano invece con grande impegno ed energia per far conseguire la salvezza anche agli altri, incidendo in misura determinante sul loro percorso di conversione ed ispirandoli costantemente al bene. Tali diverse tipologie saranno verosimilmente ammesse entrambe nel Regno dei Cieli, ma coloro che si saranno impegnati unicamente per se stessi, si vedranno posti a distanza stratosferica dalla luce e dalla visione beatifica di Dio, potendolo scorgere solo in lontananza ed in maniera assai offuscata o sfumata. Chi invece si sarà attivamente adoperato per la salvezza degli altri, si vedrà posto a stretto contatto di Dio, per godere in eterno della Sua gloria, in stretta comunione con tutte le anime sante adoperatesi, nel corso della loro esistenza terrena, per la salvezza altrui. Infine bisogna sempre tenere ben a mente che, come dice Lucia all’Innominato nei Promessi Sposi, Dio può perdonare tanti nostri peccati per un’opera di carità. 4) L’ASSOLUTA RINUNCIA A SATANA ED A TUTTE LE SUE OPERE: La precondizione indispensabile, strettamente vincolante ed assolutamente prioritaria, ai fini dell’appartenenza alla S. Chiesa di Cristo, è la ferma, totale ed assoluta rinuncia a Satana ed a tutte le sue opere! Non si può assolutamente appartenere alla S. Chiesa di Cristo se ci si dispone a servire Satana in contemporanea col servizio che si crede di voler rendere a Dio! E si accondiscende a servire Satana in un solo modo: peccando! Non si serve in altro modo Satana al di fuori del peccato! Pertanto chi versa in una condizione permanente di peccato si è già posto al servizio esclusivo di Satana, non di Dio! Di conseguenza non può affatto ritenere di far parte della S. Chiesa di Cristo, essendosene posto autonomamente e volontariamente al di fuori! Occorre quindi tenere bene a mente che non si può affatto tenere il piede in due scarpe o servire contemporaneamente due padroni: coloro che servono contempo-raneamente due padroni sono al servizio di Satana, ponendosi di fatto contro Dio. Ma non si può non cadere nel peccato se non si è saldamente legati ai Santi Sacramenti, se non ci si nutre con costanza del Corpo vivo di Cristo, se non ci si accosta alla S. Confessione almeno mensilmente, se non si rivolge l’animo a Dio con la preghiera o con almeno un Segno della croce nei momenti salienti della giornata come al primo risveglio, prima di sedersi a tavola per i pasti, ed al termine della giornata, prima di addormentarsi. Chi non si autodetermina con forza di astenersi dal peccato, per ritenersi fermamente nel rispetto di Dio e delle Sue leggi, prima o poi deraglia dal retto percorso per ricadere in un oscuro dirupo o finire imbrigliato, a volte senza scampo, nelle reti del maligno! Orbene, per coloro che versano in una condizione permanente di peccato, mostrando di accondiscendere coscientemente alla volontà del maligno, si dimostra del tutto inutile o addirittura sacrilego, ai fini della remissione della colpa, prender parte ugualmente ai sacri rituali, perché la partecipazione agli stessi non li assolve dal grave stato di colpa, anzi, sulla base di tale comportamento, la loro colpa risulta certamente accresciuta in quanto, pur disponendosi ipocritamente all’osservanza dei rituali esteriori, interiormente presentano un’anima altamente contaminata, non intendendo rinunciare, in piena coscienza, allo stato di peccato! Quindi per tutte le coppie che convivono al di fuori del sacramento del matrimonio, per i coniugi che hanno relazioni adulterine o extraconiugali, per coloro che hanno relazioni di concupiscenza con partners dello stesso sesso o che praticano atti di pedofilia, che promuovono atti di corruttela, che si sottopongono a pratiche abortive, che rubano, che utilizzano metodiche proibite ai fini della procreazione, che si sottraggono all’educazione dei propri figli o rendono agli stessi cattivo esempio, che assumono sostanze stupefacenti, che promuovono o emettono leggi contrarie ai comandamenti di Dio, che non concedono il perdono ai propri fratelli, ecc., si rende del tutto inutile presenziare alla S. Messa domenicale o sottoporsi ai sacri rituali. Alcuni coniugi fedifraghi, separati o divorziati potranno anche addurre, a parziale o totale giustificazione del proprio comportamento peccaminoso, tutta una serie di scusanti o di motivazioni contingenti, come gli squilibri mentali del coniuge, i comportamenti aggressivi o violenti dello stesso, le sue incompatibilità caratteriali, ecc.; altri ancora potranno addurre motivazioni diverse per giustificare altri tipi di situazioni peccaminose, ma dinanzi a Dio, occorre definirlo con estrema chiarezza, non esistono situazioni di peccato contingenti e relative, che in contesti o situazioni diverse cessano di essere peccato! Dinanzi a Dio ogni condizione di peccato è tale in quanto, come atto essenzialmente contrario alle Sue leggi, è totalmente nefando per sé, indipendentemente dai contesti e dalle situazioni contingenti che la potrebbero aver innescata, promossa o fomentata! Il matrimonio risulta essere, per esempio, un atto assolutamente sacro e indissolubile! Esso diviene sacro e indissolubile per statuizione divina, indipendentemente dai comportamenti relativi o contingenti dei coniugi o dalle situazioni contingenti che potrebbero intervenire ad alterarne o deformarne i contorni! Marito e moglie da due diventano una sola carne, in tutto e per tutto! Non sono più due corpi, ma un unico corpo, così come stabilito da Dio!* Orbene, se una parte vitale e quanto mai essenziale del proprio corpo si ammala, non funziona bene o produce qualche fastidio la si stacca e la si getta via? O si provvede piuttosto a curarla, a fasciarla e ad averne cura più degli altri organi, ed in via del tutto prioritaria? La stessissima cosa va ottemperata riguardo al coniuge divenuto sofferente, scostante o in qualche modo fastidioso! La promessa essenziale che lega per sempre due coniugi è infatti quella di “amarsi, assistersi e sostenersi sempre, tanto nella buona quanto nella cattiva sorte”! Il coniuge diviene in pratica un familiare ancora più stretto del proprio padre, della propria madre o dei propri fratelli, perché, mentre riguardo a questi ultimi sussiste un semplice vincolo di sangue, il coniuge è divenuto invece la propria stessa carne! Orbene, se una madre, un padre, una sorella o un fratello divengono improvvisamente malati, arrecano fastidio o diventano quasi intollerabili, li si abbandona a se stessi o ci si attiva piuttosto con grande cura per assisterli, alleviare il loro disagio e portarli ad uno stato di accettabile convivibilità? A maggior ragione occorre attivarsi con cura, in tali frangenti, per se stessi, perché il proprio coniuge è praticamente parte viva ed integrante di se stessi! E’ naturale che possono insorgere situazioni di palese impedimento alla convivenza, come nel caso di comportamenti ripetitivi pericolosamente aggressivi o violenti, malattie mentali alla base di comportamenti assai pericolosi per la propria incolumità, comportamenti gravemente malavitosi, dipendenza cronica da alcool o sostanze stupefacenti.** In tali casi, pur rendendosi impraticabile o totalmente sconsigliabile la convivenza sotto uno stesso tetto, un coniuge non cessa affatto di essere il legittimo coniuge e la sacralità del matrimonio non viene affatto invalidata!*** Il coniuge palesemente alterato o compromesso a livello psicofisico o nella capacità morale resta pur sempre carne della propria carne, che non può essere affatto rigettata, abbandonata o rimossa! Resta pertanto assolutamente doverosa e prioritaria la cura che se ne deve avere in termini materiali, morali e sanitari, come si trattasse in pratica di se stessi, perché di fatto lo è! Se poi si assume una difficile o spiacevole situazione contingente come mero pretesto per scrollarsi di dosso ogni responsabilità, cancellare tutto e rifarsi una vita, abbandonando coniuge e figli, oppure ci si imbatte in comportamenti fedifraghi o palesemente adulterini, si ricade in una situazione di gravissimo peccato mortale che non potrà giammai, in assenza di una totale conversione, essere da Dio perdonata! D’altro canto, il coniuge abbandonato non può fare altro che sopportare tale evento con grande forza, pazienza e fiducia in Dio, come se si fosse abbattuta sul suo capo una qualsiasi sventura, un inaspettato incidente o un improvviso malanno, per riversare il proprio amore con più cura, dedizione ed impegno ai propri figli. Se invece intraprendesse anch’esso nuove relazioni sentimentali, finanche spingendosi alla convivenza con un nuovo partner, si immetterebbe nell’identica situazione del coniuge fedifrago, non essendo il sacro vincolo matrimoniale affatto invalidato. Anche quest’ultimo si immetterebbe quindi, dinanzi a Dio, in una situazione di grave peccato mortale che lo esporrebbe, in caso di morte, allo stesso trattamento del coniuge! Non possono sussistere quindi motivazioni o scusanti relative o contingenti che possano in qualche modo alleggerire o annullare lo stato di colpa in merito ad una situazione di peccato, qualunque essa sia! Satana deve essere pertanto scacciato immediatamente, al primo sentore di intromissione nella nostra coscienza, se ci si vuol ritenere con prudenza e intelligenza nella grazia di Dio! Incedere a discorrere od a trattare con la tentazione è già l’inizio di una cocente sconfitta, ed in meno che ci si aspetti il demonio giunge a piegarci, in maniera subdola e quasi inavvertita, al suo volere! La prima cosa che egli cerca infatti, il suo intento più ambito, è la cancellazione della cognizione, del senso e della coscienza del peccato dal cuore dell’uomo! E se le guide spirituali, attraverso le parole dette o non dette, e/o con atti concreti, gli porgono una mano in tal senso, sono da lui vivamente benvolute, corteggiate e protette! * Il matrimonio è un sacramento che si fonda sul legame indissolubile tra i due coniugi: i coniugi si danno ovvero la parola ferma, dinanzi a Dio, di vivere insieme integralmente, nel corpo, nel sesso, nell’anima, nella fede, nella grazia di Dio. Dio ha sancito l’indissolubilità del matrimonio per bocca di Gesù in persona: “Egli disse loro: “Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se la moglie ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio” (Marco 10, 11-12). “Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi! Perciò io vi dico: “Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Matteo 19, 3-9). Orbene, se il matrimonio è indissolubile, non può essere assolutamente sciolto! A tal riguardo non vi è possibilità alcuna di mediazione o di venire in qualche modo incontro alle diverse esigenze per prospettare una soluzione di comodo! Il dogma della Chiesa non è una semplice teoria prospettata da alcuni teologi, ma è la dottrina della Chiesa, niente altro che la parola di Gesù Cristo, che è chiarissima e non lascia dubbi! L’indissolubilità del matrimonio sacramentale è una norma di diritto divino, che non è dunque nella disponibilità autoritativa della Chiesa. Nessuno, nemmeno il Papa, può cambiare la dottrina della Chiesa! Nel Decalogo è compreso il comandamento “Non commettere adulterio” (Esodo 20,14), “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola..dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Marco 10, 5-9; Matteo 19, 4-9; Luca 16, 18). Il patto che unisce intimamente e reciprocamente i due coniugi è istituito da Dio stesso. Si tratta quindi di una realtà che viene da Dio e non è più nella disponibilità degli uomini! S. Paolo tiene a sottolineare che il divieto di divorzio è un’espressa volontà di Cristo: “Agli sposati ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito – e qualora si separi rimanga senza sposarsi o si riconcili col marito – e il marito non ripudi la moglie” ( 1 Corinzi 7, 10-11). ** Nei casi previsti è possibile chiedere una Dichiarazione di nullità del matrimonio dinanzi ad un tribunale ecclesiastico (Sacra Rota), il quale può procedere all’annullamento del matrimonio per uno o più dei seguenti motivi: 1) Mancato consenso di uno dei due coniugi. 2) Esclusione di una delle finalità essenziali del matrimonio religioso: procreazione, fedeltà e indissolubilità. 3) Errore sulla persona, riguardante sia l’identità che l’ignoranza di alcune sue qualità. 4) Età: minimo 16 anni per l’uomo e 14 anni per la donna. 5) Vincolo ancora sussistente di un precedente matrimonio valido. 6) Violenza fisica o timore grave per subite intimidazioni. 7) Impotenza assoluta e perpetua. 8) Sterilità nascosta al coniuge. 9) Non consumazione del matrimonio (in questo caso è possibile ottenere una Dispensa Papale seguendo un procedimento diverso da quello tradizionale per l’annullamento del matrimonio). 10) Incapacità per insufficiente uso di ragione, anche a causa di farmaci, alcool o sostanze stupefacenti. 11) Incapacità per cause di natura psichica: malattie mentali o psicosi permanenti o anche anomalie che intacchino la capacità di intendere e di volere (es.: narcisismo, transessualismo, lesbismo, ninfomania, voyerismo, sadismo, masochismo, assoluta noncuranza o negligenza, satirismo, alcoolismo cronico, tossicodipendenza). 12) Incapacità per difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente. 13) Ratto, crimine, dolo per raggiro o estorsione del consenso (il raggiro può riguardare una qualità dell’altro coniuge che, per sua natura, può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale. 14) Ignoranza: i contraenti non devono ignorare che il matrimonio è la comunità permanente tra l’uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale. 15) Simulazione totale, nel caso in cui si neghi la coniugalità del proprio consenso, da cui non si vuol far derivare alcun obbligo, bensì solo eventualmente qualche vantaggio estrinseco di natura sociale o patrimoniale, o anche parziale (es.: sì al matrimonio, ma non alla prole, all’indissolubilità, alla fedeltà, al sostentamento reciproco o al rispetto del coniuge). 16) Condizione: a patto di un vincolo futuro (es.: far abitare in casa la propria madre). 17) Difetto di forma canonica (es.: il celebrante che non abbia i requisiti formali di delega per assistere al matrimonio). 18) Disparità di culto per differenti fedi religiose o mancanza di battesimo di uno dei due contraenti. 19) Legame di consanguineità in linea retta, di affinità in linea retta o di parentela legale. *** Nei casi in cui la convivenza matrimoniale diviene praticamente impossibile a causa di gravi motivi, come in caso di violenza fisica o psichica, la Chiesa ha sempre permesso che i coniugi si potessero separare e non vivessero più insieme, sebbene il vincolo coniugale rimane stabile davanti a Dio e le singole parti non sono libere di contrarre un nuovo matrimonio finché l’altro coniuge è in vita. A pag. 304, subito dopo la Fig. 198H: Per ovvi motivi di contenimento della trattazione, si ritiene opportuno limitare la descrizione delle attività del Movimento DEV alla scadenza del X° anniversario. Molteplici e variegate sono state le iniziative che i nostri giovani hanno intrapreso negli anni a seguire (Fig. 198L-P), sempre tenendo fede ai due capisaldi costitutivi: l’impegno di preghiera al sabato e le missioni domiciliari infrasettimanali. Da alcuni anni, a motivo dei lavori di ristrutturazione concernenti la sede storica di via Lavista, le nostre riunioni si sono tenute presso la Chiesetta Materdomini, ubicata nella piazza centrale di Matera, come già avveniva nei primi anni di attività (Fig. 198Q). Il 6 dicembre 2015 è stata finalmente inaugurata la nuova sede sociale del Movimento DEV, ubicata in via Gramsci, a pochi passi dalla sede storica del DEV. Il 13 marzo 2016, dopo vari incontri di riflessione incentrati sul percorso da noi seguito nel corso dei primi due decenni di attività, abbiamo festeggiato, nella nuova sede di via Gramsci, il XX° Anniversario dalla fondazione del Movimento Giovanile DEV, una festosa cerimonia a cui hanno partecipato molti giovani unitamente alle loro famiglie. Per il biennio 2016/18 il Direttivo DEV risulta così composto: Presidente: Nicola Pio Olivieri; Vice-Presidente: Tommaso Ruggeri; Segretaria: Mària Colasuonno; Consiglieri: Francesco Festa, Pia Villa, Natale Bolognese, Salvatore Intoccia, Brunella Di Marzio; Delegati per le attività socio-assistenziali: Vito Calia, Imma Iacovone; Coordinatori delle missioni domiciliari infrasettimanali: Pia Villa, Daniele Fragasso; Responsabili dei pellegrinaggi: Mària Colasuonno, Salvatore Intoccia. Al 30 giugno 2017, a conclusione dell’anno sociale, il numero degli iscritti al DEV risultava essere di 767 giovani, di cui 474 residenti a Matera e 293 nei paesi della provincia o in centri limitrofi come Laterza, Santeramo, Altamura, Gravina, Ginosa. Del totale degli iscritti, 84 risultano uniti in matrimonio, 294 frequentano gli studi universitari (96 in sede e 198 fuori sede), 283 frequentano le scuole superiori, 144 sono occupati, 46 disoccupati. Fig. 198L: Articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 23 gennaio 2015. La nostra proposta venne accolta con grande favore ed entusiasmo dalla popolazione materana; molteplici risultarono le adesioni da parte di giovani desiderosi di prendere parte alla festa di Maria SS.ma della Bruna come figuranti in costume d’epoca (Fig. 198P). Fig. 198M: Festa di Maria SS.ma della Bruna. Partenza antimeridiana dei Cavalieri di Maria SS.ma della Bruna dal Castello Tramontano. Matera, 2 luglio 1982. Fig. 198N: Vigilia della festa di Maria SS.ma della Bruna. I Cavalieri di Maria SS.ma della Bruna si sottopongono alle prove della sfilata da tenersi il 2 luglio dinanzi al Castello Tramontano. Matera, 1° luglio 1976. Fig. 198P: Ragazze in costume d’epoca, pronte per sfilare nel giorno della festa di Maria SS.ma della Bruna. La prima, Arianna Cosentino, è stata la prima a presentare la propria iscrizione ed a confezionare il proprio vestito, nel febbraio 2015, per partecipare al corteo storico presso il Castello Tramontano; le altre due, Brunella e Francesca Barbaro, partecipano sin da bambine alla tradizionale Cavalcata in onore di Maria SS.ma della Bruna. Matera, 2 luglio 2015. Fig. 198Q: Assemblea trimestrale DEV. Una foto di gruppo dei nostri iscritti dinanzi all’ingresso della Chiesetta Materdomini dopo l’incontro di sabato 7 marzo 2015. In attesa che la sede di via Lavista venga ristrutturata da parte della Sovrintendenza ai beni artistici e storici della Basilicata, gli incontri del sabato si tengono da alcuni anni presso la chiesetta Materdomini, già sede del nostro Movimento nei primi anni di attività. Matera, 7 marzo 2015. Fig. 198R: Festa della Madonna di Fatima. Recita del S. Rosario nel giardino dedicato alla Vergine di Fatima, ai piedi del monumento eretto in Suo onore. Matera, 13 maggio 2015. Fig. 198S: Una due-giorni dedicata a Maria in compagnia del Prof. Emanuele Calculli (relatore sul tema “Il culto alla Madonna della Bruna nella Città di Matera, dal medioevo ad oggi”) e di Mons. Michelangelo Tiribilli, Abate generale emerito dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore (relatore sul tema “La soluzione delle attuali problematiche giovanili alla luce del Vangelo, sotto la costante e premurosa guida della Madonna”). Matera, Chiesetta Materdomini, 29 e 30 maggio 2015. Fig. 198T: Festività dei Santi Pietro e Paolo. Recita del S. Rosario nel giardino dedicato alla Madonna di Fatima, al termine dell’anno associativo 2014-2015. Matera, 29 giugno 2015. Fig. 198U: Festività della Natività di Maria. A) Tradizionale pellegrinaggio al Santuario di S. Maria della Palomba e foto di gruppo dinanzi al sagrato della chiesa; B) Il pranzo all’interno del chiostro; C) I balli di fine serata. Matera, 8 settembre 2015. Fig. 198V: Festa dell’Immacolata. A) Riunione conviviale e brindisi augurale in onore della Madonna. B) Canti e balli di fine serata. Matera, nuova sede DEV di via Gramsci, 8 dicembre 2015. Fig. 198W: Vigilia del S. Natale. A) Atto di adorazione a Gesù bambino. B) Messaggio di augurio e di affidamento dei nostri giovani a Gesù bambino. C) Canto corale “Tu scendi dalle stelle”. Matera, nuova sede DEV di via Gramsci, 24 dicembre 2015. Fig. 198Z: XX° Anniversario del Movimento Giovanile DEV. Alcuni momenti dell’incontro svoltosi presso la Sala degli Stemmi della Sede Arcivescovile, alla presenza dell’Arcivescovo di Matera, Mons. Salvatore Ligorio. Fig. 198AB: L’incontro con il nuovo Arcivescovo. Una delegazione del DEV porge il saluto di benvenuto al nuovo Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina, S.E. Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo. Matera, Sede episcopale, Sala degli Stemmi, 6 maggio 2016. Fig. 198AC: Il messaggio rivolto al nuovo Arcivescovo di Matera in occasione dell’incontro del 6 maggio 2016. Fig. 198AD: 50° Anniversario dell’incoronazione della Beata Vergine di Picciano. A) Il nostro arrivo dinanzi al Santuario (a lato, il manifesto dell’incontro); B) Una foto-ricordo dei nostri giovani con S. Em.za il Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario del Sinodo dei Vescovi; C) La sacra Concelebrazione Eucaristica presieduta da S. Em.za il Card. Baldisseri. Matera, Santuario della Madonna di Picciano, 9 ottobre 2016. Fig. 198 AE: Festa della Natività di Maria. Il tradizionale pellegrinaggio al Santuario della Palomba (o dello Spirito Santo) per il ritiro spirituale, la S. Confessione, la recita del S. Rosario e la S. Messa officiata dal Rettore del Santuario, Don Angelo Tataranni. A) Foto-ricordo dinanzi al sagrato; B) Il festoso convivio; C) Una foto in giardino, dinanzi alle arcate rinascimentali. Matera, Santuario della Palomba, 8 settembre 2016. Fig. 198 AF: La nuova sede per gli incontri di preghiera. Una foto di gruppo dei nostri giovani dinanzi alla Chiesetta dell’Annunziatella, la nostra nuova sede per gli incontri di preghiera del sabato pomeriggio, a seguito della nuova destinazione d’uso conferita alla Chiesetta Materdomini. La Chiesetta dell’Annunziatella venne eretta nel 1690 in località Torre di Russo, a quel tempo fuori dell’abitato di Matera, dal proprietario terriero don Giovanni Maria Magliani, devotissimo della Madonna Annunziata di Picciano. Matera, 26.11.2016. Fig, 198 AG: In preparazione al S. Natale. Mons. Vito Andrisani, Padre spirituale del Movimento DEV, impartisce ai nostri giovani la catechesi di preparazione al S. Natale. Matera, 22 dicembre 2016. Fig. 198 AH: Vigilia del S. Natale. A) Atto di adorazione a Gesù bambino; B) Messaggio di augurio e di affidamento dei nostri giovani a Gesù bambino; C) Canto corale “Tu scendi dalle stelle”. Matera, Chiesetta dell’Annunziatella, 24 dicembre 2016. Fig. 198 AI: Natale al Circo. Una foto-ricordo con l’artista Ivan Orfei, cavaliere ed equilibrista del Circo Amedeo Orfei, in tornèe a Matera nelle festività di fine anno. Matera, 30 dicembre 2016. Fig. 198 AL: La tombola della befana. Per le festività natalizie il tradizionale gioco della tombola. Matera, Hotel S. Domenico al Piano, 06 gennaio 2017. A pag. 440, subito dopo il titolo, inserisci il seguente paragrafo: Dopo 20 anni quasi dall’inizio del procedimento penale a mio carico, in data 14 gennaio 2016, la Corte di Appello di Salerno emise la sentenza definitiva. Nelle due udienze precedenti erano stati ascoltati i testi Carmine Sinno, Maria Vincenza Modugno, Bruno Buono e Ilaria Di Desidero. Erano state anche acquisite la Perizia tecnico-grafica dei Prof. Romeo e Ilaria Di Desidero, unitamente alla Sentenza civile del Tribunale di Matera del 22 giugno 2010, che condannava la ASL di Matera ed i componenti della Commissione concorsuale del giugno 88 al ‘risarcimento del danno patito dal Dr. Olivieri in conseguenza delle gravi illegittimità’ emerse nel concorso. Dalle nuove testimonianze emerse con chiarezza tutta la verità in merito ai capi di imputazione formulati a mio carico. Il Collegio giudicante apprese dal Dr. Buono che “quando entrambi i pazienti, De Ninno e De Lucia, giunsero nel reparto chirurgia, lui era già presente in loco; quindi li visitò, e non riscontrando alcun segno di urgenza, procedette alla terapia, senza minimamente pensare di chiamare, per entrambi i pazienti, il chirurgo reperibile”. Chiarì inoltre che era lui, come medico di guardia, ‘l’unico soggetto autorizzato a valutare l’opportunità di convocare o meno il chirurgo reperibile, e nell’occasione non ritenne affatto necessario convocarlo’. Precisò infine che ‘l’infermiera in nessun caso avrebbe potuto decidere di contattare autonomamente il medico reperibile senza essersi previamente consultata con il medico di guardia, e che quella notte assolutamente nulla gli fu comunicato nel merito da parte dell’infermiera Ruggieri’. Si assodò quindi che era impossibile che la Ruggieri, che quella notte assunse servizio in concomitanza con il Dr. Buono, alle ore 22:00, abbia potuto chiamare il chirurgo reperibile prima delle 22:00. ‘Inoltre - fece notare il Dr. Buono - se si chiama il 1° reperibile e questi non è presente, in automatico si chiama il 2° reperibile’, quindi se la Ruggeri non era riuscita a rintracciare il Dr. Olivieri, sarebbe stata nell’ineludibile obbligo di chiamare immediatamente il 2° reperibile, che era il Prof. Palasciano; il che non avvenne! ‘E’ questa l’autentica ed ennesima riprova che quella notte non vi fu nel modo più assoluto alcuna chiamata al Dr. Olivieri’. Sarebbe d’altro canto bastata l’acquisizione dei tabulati telefonici come più volte richiesta, e con forza, dalla difesa, ma sempre respinta in sede di merito, per avere la certezza inconfutabile dell’assoluta mancanza di qualsiasi telefonata partita dal reparto chirurgia quella notte! La Dr.ssa Modugno intervenne infine a chiarire ogni residuo dubbio in merito al capo B, affermando che ‘il Dr. Olivieri rispose subito al telefono rendendosi immediatamente disponibile ad intervenire in caso di bisogno’; ...l’infermiera Ruggieri mi disse che aveva parlato col primario, il quale aveva dato disposizioni nel merito, anzi mi disse anche, siccome io avevo tentato di ridurre l’ernia al paziente, di non strapazzare molto il paziente perché era una persona anziana e cardiopatica, per cui di astenermi dal fare altre manovre e che bisognava seguire le disposizioni del primario che avrebbe provveduto lui, insomma aveva dato disposizioni in merito, ...infine mi ripetè più volte che tutto era a posto e che di null’altro abbisognava in riferimento al paziente Ambrosecchia’. Una definitiva ed irrefutabile riprova dell’assoluta inaffidabilità della Ruggieri fu fornita ai Giudici dalla Consulenza tecnico-grafica dei Prof. Romeo e Ilaria Di Desidero, da cui emerse la ‘grave manomissione postuma del registro infermieristico’ al fine di accusare artatamente il Dr. Olivieri su di una circostanza assolutamente mai verificatasi. Emerse infatti che il registro infermieristico venne manomesso in epoca successiva in modo da inserirvi il ‘Nota bene’, come risulta dalle conclusioni della consulenza Di Desidero. La Sentenza civile del Tribunale di Matera del 22.06.10 dimostrò infine il non casuale nesso esistente fra la data di citazione in giudizio della ASL di Matera da parte del Dr. Olivieri, 27.05.1997, in merito alle illegittimità concorsuali emerse nell’88, e l’inizio delle vessazioni primariali (novembre 1997) con il conseguente rinvio a giudizio del Dr. Olivieri (gennaio 1998), evidentemente ‘reo’ di aver osato trarre a giudizio la ASL. Orbene, l’ordinanza del GIP Onorati del luglio 2000 certificava con estrema chiarezza la presumibile totale innocenza del Dr. Olivieri nel merito delle false accuse mossegli dal primario, fornendo, ove ve ne fosse stato bisogno, il quadro esatto della situazione. Se si fosse presa in debita considerazione tale importante attestazione, tutto si sarebbe chiarito in breve tempo, anziché aspettare 20 lunghi anni per giungere alla verità! Lasso di tempo che mi ha comportato risentimenti gravissimi dal punto di vista psicofisico, oltre che un enorme dispendio economico! All’ultima udienza del 14 gennaio 2016, sollevò grande meraviglia nei presenti il fatto che il Procuratore generale, Dr. Ersilio Capone, anziché sostenere, come nel suo ruolo, l’impianto accusatorio, e richiedere pertanto a viva voce la mia condanna, si mostrò all’inverso fortemente meravigliato dalle risultanze processuali, esternando profonde considerazioni e fondate perplessità in merito alla conduzione del processo, agli elementi probanti la palese inaffidabilità dell’unica teste d’accusa, e soprattutto in riferimento alle reali motivazioni che avrebbero ispirato l’intero impianto accusatorio, che non sembravano affatto quelle di tutelare il pubblico benessere, bensì soltanto quelle di “demolire e distruggere totalmente e definitivamente un professionista, forse ‘reo’ di aver ingenuamente osato trarre in giudizio l’amministrazione da cui dipendeva”. Egli profuse pertanto una lunghissima arringa non contro, ma in netta difesa della mia posizione, demolendo punto per punto le false accuse della Ruggieri e richiamando più volte il “durissimo ed interminabile calvario” cui ero stato sottoposto, essendo stato “abbattuto e tramortito da qualcosa di veramente grande, come se fosse scoppiata all’improvviso una bomba atomica sulla testa di un onesto professionista, non dandogli né il tempo, né i mezzi, né la forza di reagire con razionalità e tempestività….alla stessa stregua di un maremoto o di uno tsunami abbattutosi all’improvviso su di un tranquillo natante.…Una situazione veramente assurda, per cui chi andava vivamente elogiato ed eventualmente premiato, si è visto invece ignobilmente denigrato, osteggiato e sotterrato!”. Le parole pronunciate dal Procuratore generale, che mi assolvevano senza dubbio alcuno da ogni accusa, ed anzi propendevano ad elogiarmi oltremisura, rese del tutto superflua l’arringa del mio difensore, che pur impiegò due ore per ribadire quanto già fortemente sostenuto dal Procuratore. I Giudici non potevano far altro che scuotere di continuo il capo come per riflettere la totale assurdità di quanto sotto i loro occhi si veniva delineando, e la sentenza fu di piena assoluzione. Continua, dopo uno spazio vuoto, con “La sentenza definitiva (Fig. 206H) sopraggiungeva…. Fig. 206H: La sentenza emessa in via definitiva dalla Corte di Appello di Salerno in data 14 gennaio 2016. A pag. 802, al punto 3) L’età dello Spirito Santo, cancella “l’ultimo testamento”, e scrivi “la presente attestazione”.