COLLECTANEA FRANCISCANA
ISSN 0010-0749
© Proprietas litteraria
Edizioni Collegio San Lorenzo da Brindisi
Istituto Storico dei Cappuccini
Circonvallazione Occidentale 6850 (C.P. 18382) I-00163 ROMA
tel. (+39) 06.66.05.21 – fax (+39) 06.66.05.25.32
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Administratio – e-mail: libri.cappuccini@libero.it
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C O L L E C TA N E A
FR ANCISCANA
PERIODICUM CURA INSTITUTI HISTORICI
ORDINIS FRATRUM MINORUM CAPUCCINORUM EDITUM
ANNUS 88
2018
fasc. 1-2
Directio et Administratio:
ISTITUTO STORICO DEI CAPPUCCINI
Circonvallazione Occidentale 6850 (C.P. 18382) I-00163 ROMA
Collectanea Franciscana
Rivista internazionale di storia, dottrina, spiritualità e arte francescana
pubblicata dall’Istituto Storico dei Cappuccini
riconosciuta dall’ANVUR come rivista scientifica
nell’Area “11-Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche”
e dall’European Reference Index for the Humanities and Social Sciences (ERIH-Plus)
nel settore “Religious Studies and Theology”
International Peer-Reviewed Journal
© Proprietas litteraria – Copyright by Istituto Storico dei Cappuccini
ISSN 0010-0749
Direttore / Editor publishing: Aleksander Horowski
Comitato di redazione / Editorial Board: Felice Accrocca, Giuseppe Avarucci, Daniel Kowalewski,
Leonhard Lehmann, Benedict Vadakkekara
Comitato Scientiico / Scientiic Board: Maria Pia Alberzoni (Università Cattolica del Sacro Cuore –
Milano); Henryk Anzulewicz (Albertus-Magnus-Institut – Bonn); Alessandra Bartolomei Romagnoli
(PUG – Roma); Luciano Bertazzo (Facoltà Teologica del Triveneto – Padova); Wiesław Block (PUA –
Roma); Sophie Delmas (Université de Lyon II); José Ángel Echeverría (Facultad de Teología del Norte
de España – Vitoria); Bogdan Fajdek (Collegio S. Isidoro – Roma); Emil Kumka (Pontiicia Facoltà Teologica S. Bonaventura – Roma); Niklaus Kuster (Universität Luzern); Mary Melone (PUA – Roma);
Mikołaj Olszewski (Polska Akademia Nauk – Warszawa); Miguel Anxo Pena González (Universidad
Pontiicia de Salamanca).
Referaggio / Scientiic Reviwers: Marco Bartoli (LUMSA – Roma); Carla Benocci (Sovrintendenza
del Comune di Roma); Rosa Marisa Borraccini (Università di Macerata); Stefano Brufani (Università
degli Studi di Perugia); Roberto Cobianchi (Università di Messina); Fabrizio Congiu (Pontiicia Facoltà Teologica della Sardegna – Cagliari); Vincenzo Criscuolo (Congregazione delle Cause dei Santi
– Città del Vaticano); Federica Dallasta (Università di Parma); Andrzej Derdziuk (KUL – Lublin);
Maria Teresa Dolso (Università di Padova); Marco Guida (PUA – Roma); Romuald H. Kośla (UPJP
II – Kraków); Roberto Lambertini (Università di Macerata); Vinni Lucherini (Università degli Studi
di Napoli Federico II); Alfonso Marini (Sapienza Università di Roma); Lydia Salviucci Insolera (PUG
– Roma); Filippo Sedda (PUA, Roma); Mario Tosti (Università degli Studi di Perugia).
Alla valutazione di questo fascicolo ha collaborato anche: Giuseppe Quaranta (Facoltà Teologica del Triveneto – Padova)
Responsabile / Legal Representative: Luciano Pastorello
Autorizzazione del Tribunale di Roma del 3.2.1949, n. 686 del Registro.
Tipografia Giammarioli, Via Enrico Fermi 8-10, I-00044 Frascati (RM)
RECENSIONES
Alves, Herculano, A Bíblia em Portugal, II: A Bíblia na Idade Média, apresentação
Luís Carlos Amaral, [Campo Grande, Apartado 52199; P 1721-501] Lisboa, Esfera
do Caos Editores, 2017. 23 cm, 848 p. (€ 26,90) ISBN 978-989-680-214-1
A Bíblia em Portugal è un grande progetto culturale, che si propone di ripercorrere
l’intera storia della presenza del testo biblico nella cultura e nella società lusitana. Il progetto prevede l’edizione di volumi. Il primo è dedicato alle traduzioni della Bibbia lungo
i secoli, a partire dal testo originale in ebraico, all’aramaico, al greco, senza dimenticare
le traduzioni copte, armene, georgiane, arabe, slave, passando per la traduzione greca dei
Settanta della Bibbia cristiana, la Vetus Latina, la Vulgata, con un ultimo capitolo intitolato “Dalla Vulgata alla Neo-Vulgata” con il quale si giunge alla revisione della traduzione
latina fatta dopo il Concilio Vaticano II.
È nel secondo volume però che il progetto sviluppa tutte le sue particolarità, mettendo a fuoco l’impatto che la Bibbia ha avuto nei secoli sulla società lusitana. L’autore,
il padre Herculano Alves ha concluso un lavoro di grande impegno, che gli ha permesso
di presentare l’impatto che il testo biblico ha avuto sotto molteplici aspetti sulla cultura
e la società portoghese (ed europea) nel Medioevo.
A chi non conosca da vicino la storia religiosa del Portogallo, bisogna forse ricordare che la prima traduzione quasi completa in portoghese della Bibbia fu quella di João
Ferreira d’Almeida nel XVII secolo. Prima di questa data la Bibbia era conosciuta nel suo
insieme soltanto in lingua latina. Le ragioni di questa ritardata traduzione sono da ricercare nella più volte reiterata proibizione di tradurre la Bibbia nelle lingue vernacolari,
fatta da concili locali sin dal XIII secolo (Tolosa, Tarragona) e ripresa dal decreto regio
di Giacomo I d’Aragona nel 1233/34. Questo decreto, pubblicato nel Supplemento 5 di
questo volume, stabiliva tra l’altro che: “Item statuimus ne aliquis libros Veteris vel Novi
Testamenti in Romancio habeat; et si aliquis habeat, infra octo dies post pubblicationem
huiusmodi constitutionis a tempore scientiae, tradat eos loci Episcopo comburendos.
Quod nisi fecerit, sive clericurs fuit sive laicus, tanquam suspectus de haeresi, quousque
se purgaverit, habeatur” (p. 723). Il possesso di una Bibbia o di parti di Bibbia tradotte
in lingue volgari era dunque sufficiente per esporre al sospetto di eresia. Queste prescriCollectanea Franciscana 88 (2018) 397-453
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zioni di fatto interruppero il processo di traduzioni avviato in Castiglia con La Fazienda
de Ultra Mar, Bibbia romanzata e itinerario biblico in prosa castigliana del XII secolo,
anche se, ancora nel XIII secolo, attorno ad Alfonso il Saggio fiorirono in Castiglia traduzioni direttamente dall’ebraico al castigliano. Non così per l’area lusofona, che restò
sostanzialmente estranea a questo movimento culturale.
Eppure, anche se in latino e quindi riservata ai chierici, cioè agli specialisti della
parola scritta, la Bibbia ha ampiamente influenzato la cultura e la società del Portogallo medievale. Come fa notare l’Autore, “le prime Bibbie che arrivarono nella parte più
occidentale dell’Europa, cioè in Portogallo, erano già delle traduzioni, dato che erano
in latino, lingua parlata, ufficialmente, in questa parte dell’Impero Romano” (p. 27). Il
volume si compone di due parti: 1. La Bibbia nel contesto portoghese ed europeo; 2.
Figure ed ambiti della cultura biblica medievale portoghese. Nella prima parte si esaminano gli autori iberici del Tardo-Antico, da Paolo Orosio a Potamio di Lisbona, Avito di
Braga, Idacio di Chaves, fino a san Fruttuoso e al monachesimo iberico. Nella seconda
parte, dopo una breve introduzione sulla Rinascita del XII secolo e sugli Ordini Mendicanti nel XIII, si passano in rassegna le diverse “letture” (monastiche e scolastiche) della
Bibbia, con i principali esegeti, le diverse interpretazioni, le differenti istituzioni che influenzarono lo studio della Bibbia in Portogallo (in particolare i monasteri di Coimbra
e Alcobaça). Nella seconda parte si tocca l’influenza della Bibbia nella predicazione, la
letteratura, la liturgia e poi si esaminano i Commentari al Padre Nostro, i libri apocrifi, il
teatro religioso, i testi agiografici, la mistica ed infine i catechismi.
Come si vede, si tratta di un vasto panorama, sostenuto, in ogni parte, da una bibliografia particolarmente accurata, che fa di questo volume un aiuto prezioso per ulteriori future ricerche. Di particolare interesse il terzo capitolo della seconda parte, dedicato alla Bibbia nella predicazione. In esso infatti l’Autore esamina la più antica raccolta
di Sermoni medievali prodotta da un portoghese: i Sermones di Antonio da Lisbona (o,
come si preferisce in Italia, di Padova). Nelle trenta pagine dedicate alla predicazione del
santo minoritico, l’Autore introduce in maniera esauriente all’uso, continuo e meditato,
della Bibbia da parte di Antonio.
Impreziosiscono il volume ben 26 Supplementi, dedicati a: I codici biblici a Santa
Cruz di Coimbra; la Bibliografia sullo stesso monastero; Ugo e Riccardo di San Vittore;
Le Opere di sant’Antonio da Lisbona; le Costituzioni di Giacomo di Navarra (1233);
sul Leal Conselheiro; la Vita Christi di Alcobaça; Evangeli ed Epsitole e commenti in
lingua romanza; La prima edizione degli Atti degli Apostoli; L’Apocalisse di Lorvão; La
Bibbia della Casa de Alba; Il Pentateuco di Faro; Una visione sinottica della letteratura
di Alcobaça; I libri del tempo di sant’Antonio a San Vincente e Santa Cruz di Coimbra; Una Biblia pauperum in Portogallo; Il libro Horas de Nossa Senhora; Lista dei libri
della biblioteca del re Duarte; Inventari della Biblioteca del convento di S. Clemente
das Penhas; Opere su temi penitenziali; La Bibbia chiamata Mazarina o di Gutenberg;
i Libri delle Ore nelle biblioteche portoghesi; la Vita Christi; la Corte Imperial; storia
della letteratura polemica giudaica anti cristiana; le principali Bibbie latine, manoscritte
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o incunaboli, conservate in Portogallo; inventari dei libri dei monasteri cisterciensi nel
Medioevo.
La collana continuerà con la pubblicazione di un terzo volume dedicato ai secoli
XVI-XVII; un quarto alla Bibbia di João Ferreira Annes d’Almeida; un quinto ai secoli
XVIII-XIX ed un sesto per i secoli XX e XXI. In ognuno di questi volumi l’Autore metterà a fuoco l’ambiente culturale e religioso europeo, le istituzioni culturali e religiose
portoghesi che promossero la diffusione e la traduzione della Bibbia, gli autori di traduzioni in portoghese e un’ampia bibliografia su tutti questi temi.
Marco Bartoli
Università LUMSA − Roma
Universitas Jagellonica – Bibliotheca Jagellonica – Academia Scientiarum Polona – Institutum Philosophiae et Sociologiae, Catalogus codicum manuscriptorum
medii aevi latinorum qui in Bibliotheca Jagellonica Cracoviae asservantur, volumen
XI numeros continens inde a 1501 usque ad 1575, composuerunt: Anna Kozłowska – Lucina Nowak – Anna Sobańska – Adalbertus Świeboda – Richardus Tatarzyński – Wladimirus Zega [Al. Mickiewicza 22; PL-30-059] Kraków, Biblioteka Jagiellońska, Księgarnia Akademicka, 2016. 24 cm, XXXVII+508 p. – ISBN
978-83-7638-807-6
Tra il 1877 e il 1881 apparve, in due volumi il primo catalogo dei manoscritti della
Biblioteca Jagellonica di Cracovia (Władysław Wisłocki, Katalog rękopisów Biblioteki
Universytetu Jagiellońskiego, I-II, Kraków 1877-1881) che abbracciava allora ben 4176
unità. Tra questi si trovavano 1734 codici medievali e 417 codici del XVI secolo. A partire dal 1980 escono, a vari intervalli, i volumi del nuovo catalogo dei manoscritti medievali latini, descritti in modo più dettagliato e sfruttando gli strumenti catalografici
che permettono una precisa identificazione dei testi e − a differenza del primo, scritto in
polacco − usa esclusivamente la lingua latina.
Il volume XI di questa serie, apparso nel 2016, offre agli studiosi la descrizione di 74
codici, conservati con le segnature 1501-1566 e 1568-1575. Si tratta soprattutto di testi
teologici che, in gran parte, costituivano la base delle lezioni impartite all’Università di
Cracovia: le Sententiae di Pietro Lombardo e i commenti a questo libro scritti dai professori della Facoltà Teologica del luogo o di altri centri di studio. Non mancano però i
commenti biblici, sermoni e altre opere di teologia, diritto e filosofia.
Notevole è la presenza dei Commenti alle Sentenze redatti da Pietro da Tarentaise (Innocenzo V), tra i quali due serie integrali che abbracciano tutti e quattro i libri
(BJ 1542, BJ 1543, BJ 1544, BJ 1546, appartenuti a Pietro da Dzwonowo; BJ 1523,
BJ 1540; BJ 1541, BJ 1573 ex libris di Stanislao Bylica da Olkusz), tre codici di Ioannes da Dąbrówka (BJ 1545, BJ 1548, BJ 1549) e un codice risalente al XIII secolo (BJ
1539). Degni di nota sono anche i due commenti provenienti dall’Università di Praga:
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l’uno, chiamato Communis lectura Pragensis (BJ 1520, BJ 1524, BJ 1528 e BJ 1529) e
l’altro, denominato Utrum Deus gloriosus (BJ 1518, BJ 1519, BJ 1526, BJ 1531, BJ 1534
e BJ 1538). Tra i professori dell’Università di Cracovia che scrissero i loro Commenti
alle Sentenze del Lombardo, nel volume IX del Catalogus troviamo: Nicola Wigandi da
Cracovia, con il Commento al libro II (BJ 1537) e al libro IV (BJ 1536); Sigismondo
da Pyzdry con il Commento al libro I (BJ 1533); Paolo da Pyskowice con l’Expositio al
libro IV (BJ 1534); Benedetto Hesse, con l’ampissimo commento ai libri I-III (BJ 1518,
BJ 1519, BJ 1531). Di altri teologi di Cracovia si sono conservati invece diversi Principia
alla lettura delle Sentenze.
Per quanto riguarda i commenti alla Sacra Scrittura, notiamo le Postillae super Epistulas Pauli apostoli (recensio secunda, Gal-Hebr.) di Pietro da Tarentaise nel codice BJ
1557, p. 1-454 (ca. an. 1400) e la Lectura super Epistulam Pauli ad Hebraeos di san Tommaso d’Aquino (BJ 1561, f. 1r-80v).
Segnalo ancora le opere di alcuni frati minori. Ampi estratti dei Sermones super epistolas quadragesimales del cardinale Bertrando de la Tour si trovano nel ms. BJ 1562, f.
222r-287v. San Bonaventura da Bagnoregio è rappresentato con il suo Itinerarium mentis in Deum, privo del Prologo, conservato nel codice BJ 1570, f. 150r-157v. Un’adespota
Postilla in Ecclesiasticum, attribuita nei repertori o ad Alessandro Bonini da Alessandria
o a Guglielmo da Melitona (con l’incipit: “Multorum nobis − Operi principali duo proemia sive prologi preordinantur…”) si trova nel codice BJ 1559 (f. 1r-336v), vergato circa
il 1415.
Merita di essere menzionato un altro frate minore Petrus dictus Manducator de Cracovia, autore della Summa super Decretalibus, trasmessa da vari codici della Jagellonica:
BJ 1510, f. 1r-243v; BJ 1511, f. 5v-226r (cf. BJ 382, BJ 383, BJ 385, BJ 386, BJ 387, BJ
389).
Il volume si chiude con gli indici: Index initiorum (p. 405-478), Index personarum
et operum (p. 479-502), Index manuscriptorum citatorum (p. 503-505), Index chronologicus codicum descriptorum (p. 506) e le Concordantiae antiquarum topographicarum et
recentiorum numeris expressarum signaturarum (p. 507).
Questo prezioso strumento catalografico, fatto con tanta cura e maestria, contribuirà senz’altro al progresso di studi medievali e filologici.
Aleksander Horowski
Istituto Storico dei Cappuccini − Roma
Polska bibliografia franciszkańska 2004 z uzupełnieniami za lata poprzednie, zebrał i opracował Roland Prejs (Biblioteka Studiów Franciszkańskich, 19) [ul. Garbary 22; PL 61-867] Poznań, Franciszkanie, 2016. 20,5 cm, 198 p. – ISSN 1505-8352
Roland Prejs, frate cappuccino della Provincia di Varsavia e professore di storia
all’Università Cattolica di Lublino, ha pubblicato nella collana “Biblioteka Studiów
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Franciszkańskich” l’altro volume della Bibliografia francescana di Polonia, comprendendo il materiale bibliografico del 2004 e le aggiunte per gli anni precedenti. È una
continuazione dei volumi sinora pubblicati, che copre gli anni 1989-2003, sviluppata secondo gli stessi principi. La Bibliografia si compone di nove sezioni, che presentano una
molteplicità di argomenti del tema francescano: 1. Questioni generali, 2. San Francesco
d’Assisi, 3. Pensiero francescano, 4. Santi e beati, 5. Storia del Primo Ordine, 6. Storia del
Secondo Ordine, 7. Storia del Terzo Ordine Regolare, 8. Storia dell’ Ordine Francescano
Secolare, 9. Confraternite e sodalizi. Nel libro troveremo 1627 schede bibliografiche che
segnalano diverse opere, stampati, libri, opuscoli, articoli, recensioni di carattere francescano. Il pregio di questo volume è, senza ombra di dubbio, quello di costituire uno
strumento utile per la ricerca, che ci permette di aggiungere informazioni importanti e
spesso difficili da cogliere nelle bibliografie generali.
Daniel Kowalewski
Istituto Storico dei Cappuccini −Roma
Leksykon duchowości franciszkańskiej. Drugie wydanie polskie poszerzone. Przekłady i opracowania zbiorowe. Zespół redakcyjny: Emil Kumka – Wacław Marian
Michalczyk – Zenon Marian Styś – Kazimierz Synowczyk [ul. Kanonicza 11; PL
31-002] Kraków, Wydawnictwo M – Warszawa, Franciszkańskie Centrum dla Europy Wschodniej i Azji Północnej, 2016. 24 cm, XXXIII p. + 2234 col. – ISBN
978-83-8043-174-4
La prima edizione italiana del Dizionario francescano − Spiritualità, coordinato da
Ernesto Caroli, uscì nel 1983 con i tipi delle Edizioni Messaggero di Padova. Nel 1995
ne uscì una seconda edizione, aggiornata e ampliata. Essa servì come base per la prima
edizione polacca di questo dizionario, realizzata da un comitato redazionale formato
dai rappresentati di varie famiglie religiose francescane (Leksykon duchowości franciszkańskiej, Kraków − Warszawa 2006). Allora alle 119 voci tradotte dall’originale italiano
furono aggiunte altre 24 scritte ex novo dagli autori polacchi; inoltre due membri del comitato redazionale (Kazimierz Synowczyk e Grzegorz Filipiuk) aggiornarono la bibliografia di tutte le voci, aggiungendovi anche i riferimenti agli studi pubblicati in polacco;
d’altro canto, i curatori rinunciarono agli indici tematici presenti nell’originale italiano.
A distanza di dieci anni esce ora la seconda edizione polacca del Dizionario, ulteriormente aggiornata e ampliata con aggiunta di 20 voci, mentre altre tre sono state profondamente rielaborate (Ekumenizm [ecumenismo]; Ekologia [ecologia]; Franciszkański
Zakon Świeckich [Ordine Francescano Secolare]). Il nuovo Leksykon conta quindi ora
ben 163 voci, 44 delle quali sono state scritte dagli autori polacchi. Inoltre, per tutte le
voci già esistenti, è stata aggiornata e a volte ampliata la bibliografia. Tali aggiunte sono
state evidenziate graficamente come una sezione separata.
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Elenco quindi i nomi degli autori e i titoli delle voci aggiunte nella prima e nella
seconda edizione polacca, segnalandole, rispettivamente, con un asterisco singolo o doppio:
Andrzej Baran, Gnuśność* [Ozio], col. 497-500; Hipokryzja* [Ipocrisia], col. 619622; Sakramenty − szczegółowo* [Sacramenti − in particolare], col. 1719-1732;
Ryszard Wróbel [n. 1-4] − Piotr Bielenin [n. 5], Franciszkański Zakon Świeckich*
[Ordine Francescano Secolare], col. 473-488;
Wiesław Block, Mieszkanie, miejsce pobytu* [Abitazione, dimora], col. 951-962;
Serafickość, seraficki Franciszek, duchowość seraficka** [Seraficità, Francesco serafico, spiritualità serafica], col. 1773-1784;
Salezy Bogdan Brzuszek, Medytacja** [Meditazione], col. 929-938; Sakramenty −
ogólnie* [Sacramenti − in generale], col. 1713-1718; Zbawienie* [Salvezza], col. 22012214;
Andrzej Derdziuk, Przebaczenie i pojednanie* [Perdono e riconciliazione], col.
1527-1534; Roztropność* [Prudenza], col. 1683-1692; Smutek* [Tristezza], col. 18511856; Wada** [Vizio], col. 2089-2092; Zgorszenie** [Scandalo], col. 2215-2218; Życzliwość* [Benevolenza], col. 2229-2234;
Grzegorz Filipiuk, Ewangelia, sposób życia* [Il Vangelo, modo di vita], col. 421-430;
Stanisław Jaromi, Środowisko, ekologia** [Ambiente, ecologia − n. 5: Alla luce
dell’enciclica «Laudato si’»], col. 1913-1918;
Andrzej Kiejza, Eschatologia* [Escatologia], col. 379-394;
Daniel Kowalewski, Zwierciadło** [Specchio], col. 2219-2228;
Agnieszka Kruszyńska, Adoracja** [Adorazione], col. 1-8; Herold Wielkiego Króla* [Araldo del Grande Re], col. 611-618; Król, królestwo* [Re, regno], col. 787-792;
Kwestie społeczne według św. Franciszka** [Questioni sociali secondo s. Francesco], col.
803-812; Piękno* [Bellezza], col. 1273-1280;
Emil Kumka, Hagiografia franciszkańska** [Agiografia francescana], col. 567-578;
Bogusz Stanisław Matuła, Antropologia, godność człowieka według św. Franciszka z
Asyżu** [Antropologia, dignità dell’uomo secondo s. Francesco], col. 29-42;
Wacław Michalczyk, Nowość** [Novità], col. 1171-1180;
Elżbieta Niewęgłowska − Mirosława Grunt, Gościnność* [Ospitalità], col. 517-526;
Teresa Paszkowska, Serce** [Cuore], col. 1785-1792; Zadośćuczynienie** [Soddisfazione], col. 2187-2192;
Tomasz Płonka, Habit, tunika** [Abito, tonaca], col. 555-566;
Roland Prejs, Reguła Trzeciego Zakonu Regularnego** [Regola del Terz’Ordine Regolare], col. 1657-1660;
Juliusz Pyrek, Kara, karanie** [Pena, correzione], col. 699-721; Mistrz* [Maestro],
col. 1053-1072;
Rafaela Rapacz, Reguła św. Klary** [La Regola di s. Chiara], col. 1643-1656;
Tadeusz Słotwiński, Wierność** [Fedeltà], col. 2125-2132;
Joanna Stępczyńska, Herezja* [Eresia], col. 595-610;
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Zenon Styś, Ekumenizm*, n. 6 [Ecumenismo, n. 6] col. 341-348;
Kazimierz Synowczyk, Apostolat* [Apostolato], col. 43-56; Bycie mniejszym, minoritas** [Minorità], col. 123-130; Duchowość franciszkańska** [Spiritualità francescana],
col. 279-288; Władza* [Potere], col. 2133-2142;
Andrzej Zając, Harmonia* [Armonia], col. 579-594; Idiota** [Idiota], col. 627-636.
I lettori di lingua polacca hanno ricevuto quindi un ulteriore strumento per avvicinarsi alla spiritualità francescana, letta non solo in chiave storica, ma vista come un’eredità attuale e feconda che offre sempre nuovi stimoli per vivere il vangelo oggi.
Sarebbe senz’altro bello se lo sforzo di completare il Dizionario francescano, intrapreso dalla famiglia francescana in Polonia potesse confluire anche nelle nuove edizioni
di quest’opera in italiano e in altre lingue.
Aleksander Horowski
Istituto Storico dei Cappuccini − Roma
Pisma duchowe i mistyczne księdza Piotra Semenenki. Wybór, wydanie i wprowadzenie Anna Gąsior – ks. Janusz Królikowski (Źródła do Dziejów Kultury Duchowej w Polsce, 1) [ul. Bobrzyńskiego 10; PL-30-348] Kraków, Uniwersytet Papieski
Jana Pawła II w Krakowie – Wydawnictwo Naukowe, 2016. 24 p. 288 p. – ISBN
978-83-7438-494-0
Questo libro, pubblicato dalla Pontificia Università Giovanni Paolo II di Cracovia,
rappresenta il primo numero di una specifica serie di volumi, dedicata alle fonti della
storia culturale-spirituale in Polonia.
Il testo presenta 32 scritti spirituali del servo di Dio Piotr Semenenko [† 1886],
cofondatore e superiore generale della Congregazione della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo e primo rettore del Pontificio Collegio Polacco di Roma. Stimato
pastore e ricercato confessore, egli è stato direttore spirituale di molte persone tra cui la
beata Francesca Siedliska, terziara francescana e fondatrice della Congregazione delle
Suore della Sacra Famiglia di Nazareth, e la beata Maria Angela Truszkowska, fondatrice
della Congregazione delle Suore di San Felice da Cantalice (Feliciane). Semenenko ha
co-fondato o aiutato a costituire numerose congregazioni femminili ed ha avuto un forte impatto su molte persone della Chiesa cattolica in Polonia del Novecento, come per
esempio il beato Edmund Bojanowski, o il beato frate cappuccino Onorato Koźmiński
da Biała Podlaska.
Guardando alle opere di Semenenko, sia quelle scritte che quelle espresse nella sua
attività pastorale, ci si rende conto della grandezza spirituale ed ecclesiale che ha rappresentato. La presente raccolta ci consente di conoscere, con una certa specificità, la sua
personalità, così come la sua evoluzione spirituale. Tra gli scritti mistici di Semenenko,
merita particolare attenzione il suo Diario, che raccoglie circa 35 anni della sua esperienza pastorale (1851-1886). Dal Diario si comprende una chiara maturazione mistica,
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testimoniata, tra l’altro, da una certa sensibilità introspettiva alle sue esperienze spirituali
e a quelle degli altri e dal desiderio di sistemarle entro un quadro teologico-sistematico.
Indubbiamente, sia per il numero che per la grande varietà stilistica dei suoi scritti, Semenenko si colloca in prima linea tra gli autori mistici della Polonia.
In definitiva, il libro ci offre numerosi spunti di riflessione e ci aiuta a conoscere
meglio il pensiero del servo di Dio.
Daniel Kowalewski
Istituto Storico dei Cappuccini −Roma
Dal Santo, Stefano, Il clero nella diocesi di Padova attraverso le visite pastorali post-tridentine (1563-1594), I-II (Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana, 39) [Via del Seminario, 29; I-35122] Padova, Istituto per la Storia Ecclesiastica Padovana, 2016. 24 cm, XXXIV+1147 p. [+CD-ROM] (€ 75,00) ISBN
978-88-97835-00-4
Inizio partendo dalla Conclusione dell’autore dell’opera, che sottolinea l’importanza
delle informazioni che i documenti esaminati e utilizzati offrono sugli ecclesiastici della
diocesi di Padova nel secondo Cinquecento. L’autore dichiara anche alcuni limiti circa la
conoscenza dei protagonisti, circa l’attività degli attori, siano essi i vescovi, o i visitatori,
o altri ecclesiastici e non; ma ribadisce che attraverso le carte esaminate “giunge fino a
noi una serie d’informazioni che, per lo stato dei documenti rimastici sugli ecclesiastici
nella diocesi di Padova del secondo Cinquecento, invano cercheremmo altrove”. L’opera
è in due tomi. Il primo contiene la ricostruzione storica della diocesi di Padova della seconda metà del Cinquecento; il secondo è formato di tre Appendici: la prima consiste in
una Nota archivistica delle Visite (p. 677-685); la Seconda presenta I Documenti (p. 687881); la terza contiene le Tabelle (p. 883-1054). Seguono la Bibliografia (p. 1055-1101)
e gli Indici (p. 1103-1147).
Il risultato dell’indagine compiuta sulla vasta documentazione esaminata viene presentato in otto capitoli: I: La diocesi di Padova, i suoi vescovi, i visitatori e i Sinodi tra il
1563 e il 1594. II: Le visite pastorali e la loro documentazione. III: La provenienza del clero
e le nomine agli uffici ecclesiastici. IV: La residenza del clero. V: La preparazione pastorale e
culturale del clero. VI: L’attività pastorale del clero. VII: La condotta morale del clero. VIII:
Il clero regolare e gli ex religiosi.
Per ogni capitolo vengono trattati vari argomenti. Nel primo si presenta la posizione territoriale della diocesi e la sua strutturazione pastorale a cominciare dal capitolo
della cattedrale, al sistema plebanale e parrocchiale e alle chiese collegiate. Nel secondo
si prendono in considerazione i vescovi del Quattrocento e del primo Cinquecento, dei
visitatori e dei sinodi diocesani del secondo Cinquecento. Il terzo capitolo viene dedicato alle visite e ai diversi visitatori. Nel quarto si tratta della residenza del clero in considerazione anche delle diverse mansioni affidate e alle diverse situazioni dei luoghi. Nel
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quinto capitolo l’autore si sofferma sulla preparazione culturale e pastorale del clero; sui
libri e le biblioteche, sugli inventari su gli ecclesiastici insegnanti, sulla congregazione dei
casi, sugli esami di concorso, sul Seminario diocesano, sulla preparazione dei chierici e
sul loro servizio presso la cattedrale e le collegiate, sulle relazioni scritte, sugli inventari
e sullo stato delle anime. Il sesto capitolo è dedicato all’attività pastorale del clero e ad
alcuni aspetti particolari del ministero pastorale come la predicazione, l’insegnamento
della dottrina cristiana ai fanciulli, il controllo dell’osservanza del precetto pasquale, la
vigilanza circa l’ortodossia, la cura dei registri parrocchiali. Nel settimo capitolo si tratta
della condotta morale del clero. Il problema del concubinato, dei comportamenti immorali o irregolari degli ecclesiastici, i processi. L’ottavo capitolo è dedicato al clero regolare
e al trattamento degli ex religiosi e alla legislazione relativa ai regolari “extra clausura”.
Gli attori più noti, sui quali la documentazione che proviene dalle visite aggiunge
notizie nuove e interessanti, sono i vescovi e i visitatori, dei quali riferiamo i nomi: Pietro
Barozzi (1487-1507), Francesco e Alvise Pisani, zio e nipote (1524-1570), Girolamo
Vielmi, vescovo suffraganeo (1563-1570), Niccolò Ormanetto (1570-1577), Federico
Corner (1577-1590, cardinale), Alvise Corner (1590-1594). I visitatori furono Anselmo Canuti, Bartolomeo Santacroce, Giulio Urbani e Niccolò Galiero. Gli elementi che
si possono ricavare da questo volume, anche solo da una lettura corsiva, consentono di
affermare che l’autore mostra di saper gestire con grande padronanza il materiale documentario delle visite, sapientemente utilizzato insieme ai documenti della cancelleria vescovile. Merito dell’autore è pure quello di avere rilevato la mole di lavoro impiegato per
le visite, i frutti che ne sono seguiti, e pure alcuni limiti degli attori, e nello stesso tempo
di aver messo in luce l’azione compiuta attraverso le visite, in un vastissimo territorio
come è quello della diocesi padovana.
Giuseppe Avarucci
− Università di Macerata
“Boże, ku wspomożeniu memu wejźrzyj”. Godzinki staropolskie. Wydanie i
wprowadzenie Anna Gąsior – ks. Janusz Królikowski (Źródła do Dziejów Kultury Duchowej w Polsce, 2), [ul. Bobrzyńskiego 10; PL-30-348], Kraków, Uniwersytet Papieski Jana Pawła II – Wydawnictwo Naukowe, 2017. 24 cm, 462 p. – ISBN
978-83-7438-567-1
Il secondo volume della collana “Fonti per la storia della cultura spirituale in Polonia” (Źródła do Dziejów Kultury Duchowej w Polsce) è dedicato agli uffici devozionali
ossia alle “ore canoniche” (godzinki) dell’epoca moderna sino alla fine del XVIII secolo.
Tale forma di preghiera era ampiamente diffusa tra i laici, in particolare terziari e membri di varie confraternite e ancora oggi è viva la tradizione di cantare l’Ufficio dell’Immacolata Concezione della Vergine, mentre sono andate in disuso le “Ore” dedicate ai
santi. Gli uffici devozionali in polacco sono composizioni poetiche, rimate, suddivise in
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sette ore (dal mattutino alla compieta) e si concludono con un offertorio o dedicazione
(Ofiarowanie godzinek). Ogni ora include: l’invitatorio, l’inno, il versetto, il responsorio
e l’orazione.
La presente antologia, preceduta da altre due ad opera degli stessi curatori (“Ku
ratunkowi memu pokwap się”. Godzinki i inne modlitwy do świętych w polskiej pobożności
XVIII wieku, Tarnów 2009; „Przez zasługi ich skuteczne”. Godzinki staropolskie, Tarnów
2011) propone 44 uffici raccolti in diverse edizioni settecentesche, spesso difficili da
reperire. I testi sono stati ordinati mettendo prima gli uffici dedicati alla Santissima Trinità (cap. 1), alla Divina Providenza (cap. 2), a Gesù Cristo e ai suoi misteri (cap. 3-10)
che spaziano dal Nome di Gesù, al Sacro Cuore, alle Cinque Piaghe e alla Santa Croce.
Seguono poi gli uffici in onore dello Spirito Santo (cap. 11), del Santissimo Sacramento
(cap. 12-13), dell’Angelo Custode (cap. 14-16) e della Vergine Addolorata (cap. 17-18). I
capitoli successivi (cap. 19-42) contengono gli uffici in onore dei santi (raccolti in ordine
alfabetico), mentre alla fine (cap. 43-44) troviamo due uffici dei defunti.
Ci soffermiamo qui sugli uffici dedicati ai santi francescani. Sono due quelli dedicati a sant’Antonio di Padova (cap. 20-21). Il primo, intitolato “Ufficio oppure le ore su
sant’Antonio di Padova” (Officium albo godzinki o Świętym Antonim z Padwy) proviene da un libro di preghiere quotidiane (Officium codzienne) pubblicato dalla tipografia
dei gesuiti a Kalisz nel 1738, e inizia con le parole: “Portugalski narodzie i skąd światu
śliczny | Kwiat, Antoni, wyniknął, czyńcie głos rozliczny | Na cześć i chwałę Bożą z patrona takiego…” (O popolo portoghese, dal quale è apparso al mondo il bellissimo fiore,
Antonio, alza la voce in onore di Dio…). Il secondo, ossia le “Ore raccolte dal breviario
dell’Ordine di San Francesco” (Godzinki [o Świętym Antonim] z brewiarza Zakonu Świętego Franciszka zebrane), è stato attinto dall’edizione Heroina chrześcijańska, świątobliwemi Aktami y wdzięczną rozmaitością modlitew nayprzednieyszych uzbroiona […] pubblicato dalla tipografia di Jasna Góra in Częstochowa nel 1740. Il primo inno comincia
con le parole: “Nowa gwiazdza rozświeciła, | Ciemne cienie rozpędziła…” (Il nuovo astro
rifulse | disperse le ombre tenebrose…).
Un solo ufficio è dedicato a san Francesco (cap. 29 − Godzinki o świętym ojcu Franciszku) è stato reperito in un libro dedicato ai terziari di san Francesco Życie Serafickie
Braci i Sióstr nazwanych pokutujących Od Serafickiego Oyca Franciszka S. w Trzeciej Regule opisane… [s.l.] y do Druku podane R. 1749. Nell’incipit dell’inno per il Mattutino:
“Patryjarcho ubogich, cnego pokolenia, | Franciszku, trąbo głośna boskiego Imienia…”
(O Patriarca dei poveri, di nobile stirpe, Francesco, tuba sonora del Nome divino…),
come pure nell’intero testo riecheggiano i testi dell’Officium rhythmicum di san Francesco, composto da Giuliano da Spira.
Della stessa edizione proviene anche l’ufficio in onore di san Giovanni da Dukla
(1414-1484; beatificato nel 1739, canonizzato nel 1997), ristampato nel cap. 34 (Godzinki o Błogosławionym Janie Duklanie) che inizia con le parole: “Witaj, jutrzenko z
Zagór nadobnie wschodząca…” (Ave, o astro mattutino d’oltre le montagne, che sorgi
con bellezza…).
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L’edizione è di grande utilità per lo studio della devozione popolare e della poesia
religiosa del Seicento e Settecento. Peccato, però, che l’apparato delle note si limiti a pochi chiarimenti di parole andate in disuso, specialmente quelle ambigue, ma non indica
le fonti liturgiche e agiografiche dei testi.
Aleksander Horowski
Istituto Storico dei Cappuccini − Roma
Accrocca, Felice, Francesco e la Santa Chiesa Romana: La scelta del Vangelo e
la codificazione difficile di un ideale (Convivium Assisiense. Itinera franciscana, 9)
[www.cittadellaeditrice.com] Assisi, Cittadella Editrice, 2015. 21 cm, 169 p.
(€ 14,00) ISBN 978-88-308-1443-1
Non ha bisogno di essere presentato in questa sede mons. Felice Accrocca, noto studioso della storia del cristianesimo medievale e in specie quella francescana, il quale nel
lontano aprile del 2015 pubblicò nella Collana del biennio di licenza in Teologia e studi
francescani dell’Istituto Teologico d’Assisi, Itinera Franciscana, 9, un lavoro dedicato a
frate Francesco e al suo rapporto con la santa Chiesa di Roma. Accrocca per descrivere
questa relazione propone alcuni passaggi che per il Santo d’Assisi sono diventati esistenziali nel suo progressivo inserimento nella vita della Chiesa. L’autore parte dai rapporti
intercorsi dal giovane penitente con il vescovo di Assisi Guido I (p. 15-34), per passare
poi alla seconda tappa dell’itinerario di Francesco. Si tratta del passaggio dalla vita solitaria dei primordi al costituirsi di un gruppo, cioè il passaggio che aveva portato Francesco
e i suoi primi frati all’incontro col papa Innocenzo III (p. 38-83). Nel capitolo terzo,
Accrocca riflette sul codificazione dell’ideale iniziale di Francesco. Mostra come non fu
facile e molto lungo il passaggio dalla approvazione orale data dal papa alla Regola non
bollata, e poi ancora a quella bollata e approvata da papa Onorio III. Però, il percorso del
Assisiate non finiva con la firma del pontefice lasciata il 29 novembre 1223, ma è stato
prolungato agli ultimi giorni della sua vita, perché il Santo voleva che la Regola del 1223
fosse osservata cattolicamente e per questo motivo nel ultimo passaggio di codificazione
del suo ideale dettò ancora il Testamento (p. 85-130). Nel ultimo capitolo Felice Accrocca presenta la variata reazione e non omogeneo comportamento della Chiesa (papi da
Gregorio IX a Niccolò III) e dei seguaci di Francesco (Comunità e Spirituali, Osservanza, Cappuccini) di fronte alla Regola (p. 131-151).
L’interessante e ben documentato lavoro di Accrocca termina con l’indice, che aiuta
tanto nella lettura del testo.
Senza dubbio il volume offre agli studi francescani un testo significativo, ricostruito e corretto, un lavoro fatto da professionista, e a noi non resta altro che ringraziare e
congratularci per questo libro.
Wiesław Block
Pontificia Università Antonianum − Roma
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Dalarun, Jacques, Das neuentdecte Franziskusleben des Thomas von Celano,
̈bersetzt und herausgegeben von Leonhard Lehmann und Johannes Schneider im
Auftrag der Fachstelle Franziskanische Forschung und der Werkstatt Franziskanische Forschung (Theologie der Spiritualität. Quellen und Studien, 9) [www.eosverlag.de; Erzabtei St. Ottilien, D-86941] Sankt Ottilien, EOS Verlag, 2016. 21 cm,
132 p. ill. (€ 19,95) ISBN 978-3-8306-7820-5
La felice scoperta del piccolo codice manoscritto (ms. NAL 3245 della BnF di
Parigi) fatta nel settembre 2014 da Jacques Dalarun, nel quale si trova la Vita brevior
(=VB) o Vita ritrovata di Tommaso da Celano sta all’origine delle traduzioni apparse in
varie lingue, ora in quella tedesca.
La presente traduzione della Vita brevior in lingua tedesca fa parte della collana
Theologie der Spiritualität Quellen und Studien, 9 di EOS-Verlags, nella quale sono già
stati pubblicati vari volumi dedicati in maggior parte dei casi alla divulgazione delle
opere spirituali dei diversi autori (Filippo Neri, Niels Stensen, Teresa d’Avilla, Heinrich
Kahlefeld, Maria Magdalena Postel).
L’attuale volume curato da Leonhard Lehmann e Johannes Schneider offre alla
letteratura tedesca, specie quella rivolta alla storia medievale, la traduzione di uno dei più
antichi testi agiografici composti attorno alla figura di Francesco d’Assisi. Vita brevior
sconosciuta fino a pochi anni fa, risulta a essere il secondo testo composto da Tommaso
da Celano per raccontare la vicenda di frate Francesco, questa volta in risposta alla diretta
richiesta fatta dal primo suo successore e in questo tempo ministro generale, fra Elia da
Cortona.
La parte introduttiva alla traduzione viene gestita da frate cappuccino tedesco, Leonhard Lehmann, il quale offrendo la sua inserzione alla VB prende in considerazione
vari studi e incontri accademici, che nell’arco dei due anni precedenti alla traduzione
della VB in tedesco si sono svolti. Lehmann, attinge e fa riassunto delle opinioni espresse
da Jacques Dalarun, Aleksander Horowski, Marco Bartoli, Paul Bösch, Filippo Sedda
oppure prende in considerazione gli Atti del Convegno internazionale del 29 gennaio
2016 attuato presso la Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura di Roma, Tommaso
da Celano agiografo di san Francesco curati da Emil Kumka. Tale modalità della composizione della introduzione ha fatto sì, che l’inserzione proposta da Lehmann si presenta
come un testo davvero maturo e complesso, capace di introdurre il lettore di lingua tedesca a tutti i problemi connessi con la datazione, l’autore e contenuto della VB.
Invece la traduzione del testo latino della VB in tedesco è stata preparata da frate
minore austriaco Johannes Schneider. Essa si presenta scorrevole, arricchita dall’apparato
critico che – ugualmente all’introduzione – prende in considerazione tutte le indicazioni fatte in precedenza da coloro che hanno tradotto la VB in altre lingue europee.
Senza dubbio l’edizione tedesca della VB curata da Lehmann e Schneider offre agli
studi francescani, e non solo a quelli di lingua tedesca, un testo significativo, ricostruito
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e corretto, un lavoro fatto da professionisti, e a noi non resta altro che ringraziare e
congratularci per questo volume.
Wiesław Block
Pontificia Università Antonianum − Roma
Uribe Escobar, Fernando, Núcleos del carisma de san Francisco de Asís: La identidad franciscana (Colección Hermano Francisco, 65) [Castillo de Villamonte, 2-4;
E-010075 Vitoria-Gasteiz] Oñati, Ediciones Franciscanas Arantzazu, 2017. 21 cm,
411 p. – ISBN 978-84-7240-291-1
Fernando Uribe Escobar († 2015), frate minore colombiano, conosciuto e apprezzato studioso del francescanesimo, per lunghi anni professore dell’Istituto Francescano
di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum a Roma, aveva preparato per la
pubblicazione una riflessione dedicata alla descrizione dei punti caratteristici del carisma
di Francesco d’Assisi. Purtroppo, la morte, accaduta nel giorno della memoria liturgica
del Dottore Serafico, san Bonaventura, cioè il 17 luglio 2015, non aveva permesso all’autore di vedere il frutto del suo ultimo lavoro. Il testo è stato organizzato per la stampa post
mortem dal suo confratello, frate minore Joxe Mari Arregi Guridi, noto francescanologo
della lingua spagnola e attualmente Direttore delle Ediciones Franciscanas Arantzazu, e
anche guardiano del santuario di Arantzazu. Il lavoro di padre Uribe – come lo accenna
Arregi – in realtà è già stato pubblicato prima, nella primavera del 2010 in Colombia
sotto il titolo Ejes del franciscanismo, però al’ttuale redazione è stata allargata e migliorata
rispetto alla precedente. Lo studio senza dubbio ha arricchito la collana Colección Hermano Francisco, 65 nella quale è stato inserito.
Fernando Uribe mette in evidenza vari passaggi che secondo la sua paziente e duratura lettura e riflessione dedicata agli Scritti di frate Francesco, esprimono meglio i nuclei
caratterizzanti la spiritualità e il carisma del Santo d’Assisi. In particolare, sono stati segnalati dodici temi. Il primo è la figura del Padre santo, il Re del cielo e della terra (Rnb
23, 1). L’autore, diversamente da coloro che partendo dalla preghiera di Francesco fatta a
San Damiano, vorrebbero dare una speciale importanza alla persona di Gesù crocifisso e
risorto per il cammino della conversione di frate Francesco, da una giusta valenza al ruolo del Padre celeste sia nella conversione del giovane Assisiate, come anche nella futura
formazione della fraternità minoritica. Solo quando il Dio Padre – in conformità con gli
Scritti – viene visto come il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre degli uomini
e alla fine, il Padre dei fratelli, si riesce a dare un adeguato fondamento alla spiritualità di
san Francesco (p. 37-58). Poi, Uribe sottolinea il ruolo dello Spirito Santo, l’unica realtà
che il frate minore dovrebbe possedere realmente (p. 59-80), perché solo lo Spirito del
Signore permette una orazione profonda (p. 83-103) e trinitaria che conduce l’uomo alla
libertà evangelica dei Figlio di Dio (p. 109-127). Il cammino di pace (p. 159-180) percorso e proposto da Francesco, secondo Uribe, può essere ripetuto oggi solo quando si
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colloca all’interno dell’invito all’osservazione del santo Vangelo, una vera forma di vita di
ogni frate e sorella minore (p. 185-207). L’ambito privilegiato per l’osservanza del Vangelo è la santa madre Chiesa (p. 209-229), all’interno della quale è possibile una vera sequela Christi (p. 233-262), cioè una vita di penitenza evangelica (p. 265-285). Gli ultimi
tre capitoli sono stati dedicati al tema di fraternità (p. 289-323), minorità (p. 327-373)
e evangelizzazione (p. 377-401). Si deve aggiungere che padre Uribe nella sua riflessione
non si è fermato solamente all’aspetto storico, cioè presentando semplicemente il vissuto
di fede di frate Francesco, ma ha terminato ogni capitolo dando validi suggerimenti per
la vita presente dei seguaci di san Francesco.
Senza dubbio, questo libro postumo di Fernando Uribe, similmente a tanti altri
scritti pubblicati in precedenza, mostra i cenni tipici dell’autore, vale a dire: un’eccellente
conoscenza degli Scritti di Francesco d’Assisi; una rigorosa e profonda analisi del testo,
basata sulla metodologia ben definita; una maturata esperienza di scrivere e la volontà
di trasmettere attraverso un linguaggio semplice, la spiritualità di frate Francesco e, alla
fine, un affascinante entusiasmo e un enorme amore verso tutto quello che aveva a che
fare con il Serafico Padre e la Sua eredità.
Wiesław Block
Pontificia Università Antonianum − Roma
Frugoni, Chiara, Le conseguenze di una citazione fuori posto: “Udienza di Innocenzo III”, “Estasi”, “Predica di fronte ad Onorio III” nel ciclo francescano della basilica
superiore di Assisi (Con gli occhi dello Spirito, 8), [Piazza Sant’Angelo, 2; I-20121]
Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2018. 23 cm, VI+129 p. ill. (€ 18,00)
ISBN 978-88-7962-286-8
Il corso dell’indagine storiografica proposto da Chiara Frugoni nel testo sopra indicato può essere descritto con le parole espresse dal famoso scrittore, regista e produttore cinematografico statunitense Paul Aster. Egli durante un’intervista introducendo
alla presentazione della storia della sua vita disse che “la verità sulla storia di ogni uomo
si trova nei dettagli”. Questa espressione coincide perfettamente con un altra detta 100
anni prima da Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930), considerato uno dei fondatori di
due generi letterari, del giallo e del fantastico, il quale diceva che il suo metodo di lavoro
si basa sull’osservazione dei dettagli. La chiave di procedimento e di lettura del libro di
Chiara Frugoni è proprio questa: attenzione al dettaglio. E non è la prima volta che la
studiosa della storia e dell’arte medievale ha mostrato un tale atteggiamento. Si pensi, per
esempio, a Quale Francesco? Il messaggio nascosto negli affreschi della Basilica superiore di
Assisi (Giulio Enaudi Editore, Torino 2015), il volume che nel nostro libro viene citato
spesso.
In particolare, nello studio sono messi in evidenza due dettagli. Nel ciclo francescano della basilica superiore di Assisi, nella scena dell’Approvazione della Protoregola o
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dell’Udienza di frate Francesco davanti a Innocenzo III nel 1209, un cartiglio testimonia
con una minuscola e molto fine scrittura (ecco il primo dettaglio!) le parole iniziali del
testo definitivamente approvato da Onorio III nel 1223 (si veda anche Quale Francesco?,
p. 267-269). A scoprire il significato di questa citazione è dedicata la prima parte del volume, intitolata “L’incontro di Francesco con Innocenzo III e la tredicesima costituzione
del Concilio Lateranense IV” (p. 1-49).
Il secondo dettaglio invece, è connesso con altro affresco del ciclo di Giotto, quello
dodicesimo che presenta Estasi di san Francesco (anche in: Quale Francesco?, p. 305-306),
il quale però – secondo la Frugoni – deve essere letto in connessione con un altro, cioè
quello della Predica di Francesco davanti a papa Onorio III (seconda parte del volume,
p. 51-121). Sotto l’affresco Estasi si trova la citazione descrittiva del tema dell’immagine: Qual[iter cum aliquan]do beatus [Franciscus] ferve[nte]r oraret visus e[st] a fratribus
to[to] cor[po]re suble[vatu]s a terra [manibus protensis, et nube]cula quaeda(m) lucidissima c[ircum]fulsit [eum] (ecco il secondo dettaglio!) (cito: Quale Francesco?, p. 306).
Questa descrizione allude al cap. X, v. 4 della Legenda maggiore di san Bonaventura:
“Mentre pregava di notte, fu visto dai frati con le mani stese a mo’ di croce, sollevato
da terra con tutto il corpo e circondato da una nuvoletta luminosa”. Frugoni ritiene che
la citazione descrittiva di questa scena è fuori posto, perché la scena meditata – come
del resto, già un secolo prima ha fatto Paul Sabatier – non presenta solamente l’estasi di
Francesco, ma rappresenta anche il momento in cui il Cristo detta a Francesco, ritiratosi
a Fonte Colombo, la Regola confermata poi da Onorio III (p. 54). Secondo il Sabatier
la scena dell’Estasi poteva essere interpretata in favore dei frati rigoristi e l’ultima parola
spettava a Francesco, perché a Fonte Colombo la Regola gli era stata dettata da Cristo (p.
121). La opinione di Chiara Frugoni, basata sulla minuziosa indagine delle varie fonti
letterarie e artistiche, – e qui di nuovo! – con una enorme attenzione a tutti i particolari
e a tutti i dettagli possibili, conduce a conclusione totalmente diversa. Se si prende in
considerazione anche l’affresco della Predica situato puntualmente al lato opposto della
basilica, la Frugoni sottolinea che: “il soggetto ufficiale della scena di Francesco davanti a
Onorio III è quello di una imprecisata predica di Francesco, ma il soggetto reale riguarda invece le discussioni in corso sull’assetto dell’Ordine, il che comprendeva anche la
formalizzazione della Regola” (p. 113). In conclusione la Frugoni sostiene che non solo
la scena dell’Udienza con Innocenzo III, ma anche la raffigurazione dell’Estasi sia un’allusione al famoso episodio di Fonte Colombo narrato da molte fonti di tradizione non
ufficiale, quando Cristo stesso, dopo l’opposizione mostrata dai ministri, avrebbe dettato
a Francesco la Regola da osservare, mentre la Predica davanti a Onorio III, permette di
ricordare con discrezione il pontefice che aveva formalizzato la nascita dell’Ordine minoritico. In fine la Frugoni arriva a formulare le conclusioni del tutto convincenti, che
come osserva mons. Felice Accrocca nella sua recensione del volume, “per troppo tempo
passavano sotto silenzio” (cf. F. Accrocca, Citazione fuori posto, in L’Osservatore Romano,
24-25 aprile 2018, p. 5), e cioè: le due scene dell’Udienza di Innocenzo III e dell’Estasi
vogliono essere un fermo richiamo all’unità dei frati all’interno dell’Ordine, in quanto
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unità voluta da Francesco che si era sottomesso alla Chiesa. Questo richiamo è stato voluto e sottolineato dal primo papa francescano Niccolò IV nel momento molto difficile
dell’Ordine, come lo era la fine del secolo XIII (p. 106).
Senza dubbio questo libro, come anche quello più voluminoso che lo precedeva,
intitolato Quale Francesco?, sono testi molto significativi. Soprattutto mostrano come
una paziente e approfondita ricerca e riflessione dedicata ai minimi dettagli dell’opera
artistica o letteraria può portare alle scoperte che permettono rivedere l’opera stessa e il
messaggio che essa contiene in una luce totalmente nuova e diversa. Tanti lettori delle
opere della professoressa Frugoni sono ormai ben consapevoli che l’attenzione al dettaglio fruttifica in modo inaspettato per coloro che si dedicano a tale impresa.
Wiesław Block
Pontificia Università Antonianum − Roma
Accrocca, Felice, Per Francesco e Chiara (Presenza di san Francesco, 60) [Piazza
Sant’Angelo, 2; I-20121] Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2016. 18 cm, 155
p. (€ 12,00) ISBN 978-88-762-259-2
Il volumetto, di dimensioni pressoché tascabili, raccoglie insieme dieci brevi saggi,
originariamente pubblicati in varie sedi tra il 2004 e il 2015 (tranne il IX, finora inedito) e ora appositamente rivisti e aggiornati. I primi cinque sono dedicati a Francesco
e ricoprono i temi importanti per la comprensione della sua figura storica e spirituale:
dalla misericordia, alla povertà (significativo il titolo che riassume la lapidaria risposta di
Francesco: Il superfluo è un furto), alla pace e le armi, all’incontro con il Sultano e al suo
rapporto con l’ambiente (Il canto dell’obbedienza: Francesco, il creato e il suo Creatore) che
corregge la visione storpiata di Francesco-ecologista, rimettendo il suo atteggiamento
verso il creato nella giusta prospettiva della fede.
I cinque saggi successivi trattano invece di Chiara e delle sue consorelle, spesso in
rapporto a Francesco, specialmente nel cap. VI (Le pianticelle di frate Francesco) che crea
un vero anello di congiunzione con la prima parte di questo piccolo libro. Nel cap. VI,
l’Autore ripercorre la genesi e la storia dell’espressione plantula (/plantulae) beati Francisci, da Tommaso da Celano (che già nella Vita beati Francisci dice che Francesco plantavit
Ordinem Pauperum Dominarum, e descrive Chiara come prima planta di questa comunità) agli Actus beati Francisci: una metafora molto fortunata, accettata perfino dalla santa Assisiate nella Regola, e usata anche nei confronti delle sue consorelle, perché così si
riconosceva in Francesco il suo importante ruolo come ispiratore e come sostegno delle
recluse di San Damiano. I capitoli seguenti parlano del mondo di Chiara (cap. VII) e
dell’esperienza femminile della sequela di Cristo (cap. VIII), mostrando la santa d’Assisi
come una vera fondatrice di un Ordine religioso, spiegando pure i motivi per cui “tanto
nella lettera [di canonizzazione] quanto nella Leggenda si ricorre a un abile artificio per
dire e non dire” che ella compose una propria Regola e che ne ottenne la conferma papale
RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
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(p. 121-122). Il cap. IX, edito qui per la prima volta, affronta il tema dell’astinenza dalla
carne nell’Ordine dei Frati Minori e nell’esperienza della Povere Dame (Francesco, Chiara e la carne in giorno di Natale). L’ultimo capitolo si concentra sull’importanza della
croce di San Damiano nell’esperienza spirituale di Francesco e di Chiara, ricostruendo
poi anche l’evoluzione delle memorie legate a questa rappresentazione del Crocifisso,
trasportato poi nel Protomonastero.
Nel suo insieme, il libro è un ben riuscito tentativo di mediazione tra la ricerca
erudita di uno storico e la divulgazione. Scritto con uno stile vivace e a volte quasi
giornalistico, coglie bene la dimensione religiosa dell’esperienza di Francesco e di Chiara,
senza però cedere alla tentazione di “predicare” o di dire cose scontate. Queste pagine
sono frutto di uno studio serio che comunque possono influire sull’esistenza di chi le
legge.
Aleksander Horowski
Istituto Storico dei Cappuccini − Roma
Schlegel, Helmut, Der Sonnengesang. Exerzitien im Alltag mit Franz und Clara
von Assisi. (topos taschenb̈cher, 1077). [Hoogeweg 100; D-47623] Kevelaer, Butzon & Bercker, 2017. 18 cm, 167 p. (€ 9,95) ISBN 978-3-8367-1077-0
Der bekannte Exerzitienleiter, Buch- und Rundfunkautor legt hiermit ein weiteres
Buch f̈r die Praxis des geistlichen Lebens vor. Es baut auf dem bekannten Sonnengesang
auf, erklärt dessen Entstehung und Struktur und bietet dann “F̈nf Wochen mit dem
Sonnengesang des Franz von Assisi” (S. 31-152). Statt einer Woche Exerzitien in einem
daf̈r vorgesehenen Haus, sind dies Exerzitien im Alltag, daheim im normalen Tagesablauf mit Arbeit und Familie. Wichtig ist nur, dass man sich eine Zeit nimmt am Morgen
und Abend und sich einmal in der Woche mit einer Gruppe Gleichgesinnter trifft, die
ebenfalls die Exerzitien im Alltag machen. Jede Woche hat denselben Rhythmus: Der
Montag ist dem Lob Gottes gewidmet, das auch am Anfang des Sonnengesangs steht und
ihn mit dem Kehrvers Laudato si’ durchzieht. Am Dienstag steht ein Bibeltext im Mittelpunkt, am Mittwoch die betreffende Strophe des Sonnengesangs mit einem aktuellen
Text, der unsere Verantwortung f̈r die Schöpfung ins Bewusstsein ruft. Am Donnerstag
f̈hren Texte von Klara noch weiter in die Tiefe. Am Freitag r̈ckt unsere eigene Existenz
in den Blick, da wir wie die Geschöpfe dem Wechsel von Tag und Nacht, dem Werden
und Vergehen unterworfen sind. Die Texte f̈r die Samstage sprechen das Geheimnis der
Wandlung an und des Wachstums. “Der Sonntag ist der Tag des auferstandenen Christus. Er ist das Alpha und das Omega der Schöpfung. Auf ihn weist auch der Sonnengesang hin” (S. 30). Wenn dem so ist, dann bleibt zu fragen, warum der Franziskaner nicht
auch das Christus-Monogramm abbildet, das aus der Textstruktur des Sonnengesangs
durchscheint, wie andere Autoren seit Éloi Leclerc (1921-2016) und Anton Rotzetter
(1939-2016) aufgezeigt haben.
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RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
Die Übungen f̈r die einzelnen Tage sind schl̈ssig, dem Thema angemessen und
gut erklärt, ohne aufdringlich zu werden. Neben Texten von Franziskus und Klara begegnen auch solche von Sabine Naegeli (S. 48), Éloi Leclerq (S. 84), Johannes Tauler (S.
100), John Henry Newman (S. 102), Ernesto Cardenal (S. 108f.), Niklaus von Fl̈e (S.
122f.), Johannes Kepler (S. 161f.) und Kardinal Roger Etchegaray (S. 163-165).
Exerzitien sind ein Übungsweg. Sie enden also nicht nach einer Woche, auch nicht
nach f̈nf Wochen. Wie sie weiter gehen können, daf̈r bietet Helmut Schlegel Anregungen im Anhang (153-165): zehn Schritte, Gott im Alltag zu erfahren; Bausteine f̈r
einen Lebensentwurf nach Klara und Franz von Assisi; sieben Tage mit dem Sonnengesang. Einmal mehr zeigt sich, wie unerschöpflich dieses Lied ist, zumal wenn man es im
Spiegel der Briefe Klaras liest und es im Sinne von Papst Franziskus auf die Probleme
unseres gemeinsamen Hauses, die Erde, anwendet.
Leonhard Lehmann
Pontificia Università Antonianum − Roma
Ordo et Sanctitas: The Franciscan Spiritual Journey in Theology and Hagiography. Essays in Honor of J.A. Wayne Hellmann, OFM Conv, edited by Michael F.
Cusato – Timothy J. Johnson – Steven J. McMichael (The Medieval Franciscans,
15) [PO Box 9000; NL-2300] Leiden – Boston, Brill, 2017. 24 cm, XXVI+342 p.
(€ 119,00 / $ 137,00) ISBN 978-90-04-33563-9 – ISSN 1572-6991
Il volume Ordo et Sanctitas: The franciscan Spiritual Journey in Theology and Hagiography offre 15 contributi dei vari studiosi del francescanesimo provenienti dagli Stati
Uniti raccolti insieme per onorare la persona del celebre professore e frate minore conventuale, J.A. Wayne Hellmann (Provincia of Our Lady of Consolation). Egli per 50
anni, cioè dal 1968, è stato docente della Saint Louis University (Department of Theological Studies). Oltre la lunga docenza Wayne aveva dato un notevole contributo agli studi francescani svolti in lingua inglese. Prima di tutto collaborando nella edizione dei tre
volume di Francis of Assisi: Early Documents (New City Press, 1999-2001), e poi come
coeditore dei tre volumi Studies in Early Franciscan Sources (Franciscan Institute Press,
St. Bonaventure University, 2011). Oltre a questo Wayne aveva pubblicato vari articoli
dedicati alla lettura degli Scritti di Francesco e Chiara, e ultimamente è stato responsabile delle voci francescane nella nuova edizione di New Catholic Encyclopedia (2002).
Per tanti anni il frate minore conventuale aveva offerto i corsi estivi presso Franciscan
Institute at St. Bonaventure, New York.
Il volume stesso fa parte della preziosa collana The Medieval Franciscans, 15 della
casa editrice Brill Editore ed è stato curato da Michael F. Cusato, Timothy J. Johnson,
Steven J. McMichael. Tutto il materiale è stato diviso in quattro parti: la prima composta
di quattro contributi ( Joshua C. Benson, Jacques Dalarun, Michael W. Blastic e Michael F. Cusato) è dedicata a Francesco d’Assisi e alle prime Fonti Francescane (p. 11-90).
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Nella seconda, che è la più lunga – di sei contributi – si parla di teologia medievale e di
Bonaventura ( Juliet Mousseau, Regis J. Armstrong, J. Issac Goff, Timothy J. Johnson,
Katherine Wrisley Shelby, Laura A. Smit) (p. 93-250). Il contributo di Jay M. Hammond, intitolato The Economy of Salvation according to Francis of Assisi (p. 11-135), pare
che stesse meglio nella prima parte del libro, dato che risulta un’analisi dei testi di san
Francesco (Am 7, Rnb 17, 1 Lf e il Cantico delle Creature). La terza parte del libro consta
solamente di due contributi di William J. Short e Steven J. McMichael che studiano la
maggiore opera di Bartolomeo da Pisa, De conformitate vitae B. Francisci ad vitam Domini Iesu. Ultima sezione dello studio viene dedicata al tema della povertà francescana e
la cultura contemporanea. Qui le riflessioni sono di John V. Kruse e Joseph P. Chinnici.
Tutti i contributi presentati nel volume sono studi davvero profondi e interessanti,
ben argomentati e fondati su una ricca consultazione bibliografica. Insieme danno una
prospettiva del cammino della sequela Christi cominciato con la persona del Santo d’Assisi, descritta da Francesco stesso, come anche dai suoi seguaci che nel percorso del tempo
ha influito tantissimo nell’arricchimento del pensiero e riflessione teologica (Bonaventura) essendo valida e fruttuosa anche per la cultura contemporanea.
La consultazione del volume è facilitata dall’Index (p. 339-342) che però avrebbe
dovuto essere curato con più attenzione e precisione. Alla prima vista esso sembra essere
l’indice tematico e dei nomi. Però, poi, appaiono in esso anche sei luoghi o città: Assisi,
Greccio, Porziuncola, La Verna, Roma e Gerusalemme e non sono stati elencati tanti
altri luoghi menzionati in libro (ad esempio: Firenze o Parigi etc.). Quanto ai nomi,
risultano soprattutto quelli degli autori medievali, purtroppo non vengono elencati tutti
(mancano Antonio di Padova, Cesario da Spira o Giordano da Giano e tanti altri), poi
per qualche sconosciuto motivo, in questo parziale elenco degli scrittori medievali si ritrovano anche i due papi odierni (Paolo VI e Francesco), come anche, morto nel 1991,
il teologo francese Henry de Lubac. Interessante notare che l’Index mette in evidenza
vari temi connessi con la persona e con il mistero di Gesù Cristo (Natività, Incarnazione,
imitazione, Risurrezione) però omette e non dà alcun riferimento al tema dell’Eucaristia,
il quale è molto presente nel libro.
Senza dubbio questo libro, nato per celebrare la figura di J. A. Wayne Hellmann,
è un testo significativo. Significativo, perché fa conoscere meglio la persona di padre
Wayne e il suo ricco patrimonio letterario (p. XXIV-XXVI), e poi, perché raduna tanti
conosciuti e illustri studiosi del francescanesimo di lingua inglese in un lavoro di studio
e ricerca ben svolto e curato.
Wiesław Block
Pontificia Università Antonianum − Roma
Francescanesimo e mondo attuale: stile di vita francescana. Miscellanea in onore
di José Antonio Merino Abad, ofm, a cura di Agustín Hernández Vidales (Bibliothe-
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ca, 42) [Via Merulana, 124; I-00185] Roma, Antonianum, 2016. 24 cm, 676 p. (€
55,00) ISBN 978-88-7257-098-2
La Miscelánea es un homenaje realizado por la Facultad de Filosofía de la Pontificia
Universidad Antonianum al profesor emérito José Antonio Merino Abad, ofm. La larga
y fecunda trayectoria como investigador, promotor y docente permiten atribuirle, como
bien señala el Ministro General de la Orden de los Hermanos Menores en el prefacio de
la obra, el epíteto de “maestro franciscano” (p.13). El empeño y la pasión del destinatario, que siempre supo situar el franciscanismo en diálogo con la teología, la filosofía, la
creación, la ecología y la paz está expresado en el preciso y acertado título: Franciscanismo
y mundo actual: estilos de vida franciscana. Este guía, sintetiza y amalgama el conjunto
de la obra. El volumen, en efecto, está repartido en dos partes proporcionadas, correspodientes a los siguentes títulos: “Filosofía y Teología” y “Franciscanismo, textos, ensayos
y propuestas”. A la primera precede una exposición de los datos biográficos (p. 31-37) y
a la segunda sucede un apéndice de las publicaciones del profesor Merino (p. 643-654).
Aunque la distribución en dos partes obedece a un recurso metodológico que busca evidenciar y ordenar el contenido; no obstante, muchos de los títulos se podrían haber ubicado indistintamente en ambas partes. Esta opción no va en desmedro de la organización
de los aportes, sino es un elogio a la coherencia intrínseca que existe entre ellos.
La primera parte contiene aportes de tipo filosófico y teológico (p. 41-388). Los
aspectos filosóficos se inician con un estudio sobre “la importancia del método fenomenológico” tratado desde la perspectiva antropológica de Edmund Husserl y Edith Stein.
Luego sigue una propuesta de lectura de la Carta Apostólica Porta Fidei desde la óptica buenaventuriana de “la fides quae y fides que”. El argumento antropológico prosigue
mostrando la complejidad de la realidad humana a través de los modernos estudios de la
neurociencia sobre el lenguaje, la vida social y la escritura, aspectos “pluridimensionales”
que están intrínsecamente unidos a la filosofía y teología. Sigue una interesante investigación sobre “el principio de la individualidad” en confrontación con Juan Duns Scoto y
Xavier Zubiri, identificando “la singularidad en la voluntad”, pues gracias a ella el hombre puede determinarse libremente. Luego un atrayente artículo aborda el tema del paso
de la “parábola del pensamiento” a la “voluntad del ser”, es decir, la despersonalización
del yo del pensamiento objetivante que encuentra una posibilidad de reconstrucción en
el franciscanismo, ya que la pluriformidad del ser tiene como base la libertad creativa.
Otros elementos del mismo orden filosófico están desarrollados en relación a diferentes
autores, como son: “Rosmini y el franciscanismo, una contribución filosófica de Emilio
Chiocchetti”; “P. Ricoeur y la reconstrucción del yo hermenéutico” y el análisis de la
tesis de Mark Murphy sobre la desconfianza a la “obediencia divina mediada por la razón
humana”.
Los aspectos de índole teológica parten con una interpretación sobre la recepción
del Concilio Vaticano II que tiene como inspiración y desarrollo “la relación entre el
concepto verdad y la expresión luz del Espíritu”. Asimismo, se presenta la doctrina de
RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
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fray Pedro Tomás († 1340) sobre el “primer tratado de la Inmaculada Concepción en
España”, dicho tratado se puede considerar uno de los primeros en abordar el tema desde
la óptica bíblica. Sigue una exquisita exégesis de los textos evangélicos que hablan de “la
unción de Jesús en Betania” (Mc 14, 3-9; Mt 26, 6-13; Jn 12, 1-8). El análisis consigue
identificar las dimensiones fundamentales de la contemplación y del seguimiento a Jesús.
Los argumentos concluyen con un interesante diálogo teológico-fundamental que ubica
el “logos de la fe” en el contexto contemporáneo.
La segunda parte reúne múltiples y actuales aportes que están en correspondencia o,
mas aún, en directa relación con el franciscanismo (p. 389-642). Un grupo se concentra
en torno a Juan Duns Scoto: el primer estudio examina el concepto de “persona” en algunos textos del doctor Sutil Ord I, d. 23, q. un; 24, q. un; 25 q. un; Rep 1A, d. 25, q. 1;
1A, d. 25, q 2 y el segundo analiza las quaestiones 2-3, Ord. IV d. 10 n. 376-477 (XII 164184) sobre “el problema de la conciencia intuitiva de la existencia del cuerpo de Cristo
en la Eucaristía”. El cuerpo del conocimiento se ensancha con un excelente “comentario
teológico del Testamento de Clara de Asís” y la presentación de “algunos documentos
vaticanos referentes a las distintas diócesis españolas”. El franciscanismo, eje articulador
de esta parte, está vinculado a otros temas de sugestivo interés, a saber: el capitalismo, el
autor Michel Foucault y la “crítica rusa de los siglos XIX-XX”. El último grupo de textos
aborda el mismo tema desde diferentes perspectivas, otorgándole al conjunto un alto
interés actual, a saber: ecología y antropología, estilos de vida y sustentabilidad, bioética
y ecoética, desarrollo sustentable y ética de la salud del planeta. Concluye el extenso y
dadivoso elenco de materias con un aporte sobre “el sentido de la vida y el pensamiento
franciscano”, identificando y proponiendo las categorías esenciales del franciscanismo
como elementos que siguen siendo una respuesta válida y real para la sociedad moderna.
Los colaboradores son especialistas de las distintas áreas del saber teológico, filosófico y franciscano; docentes que provienen de diferentes países; hombres y mujeres con
diversidad de idiomas; obispos, sacerdotes, frailes y laicos. Todos ellos otorgan un valioso
carácter plural y un novedoso significado al pensamiento franciscano que es inclusivo y
proyectivo. Un debido homenaje al profesor Merino, una feliz iniciativa de la Pontificia
Universidad Antonianum que no puede faltar en la biblioteca de quien busca el significado y el alcance del saber y del diálogo interdisciplinar.
Bernardo Molina
Pontificia Universidad Antonianum − Roma
Andergassen, Leo, L’iconografia di sant’Antonio di Padova dal XIII al XVI secolo
in Italia, prefazione di Artur Rosenauer (Centro Studi Antoniani, 60) [Piazza del
Santo, 11; I-35123], Padova, Centro Studi Antoniani, 2016. 24 cm, 641 p. ill. (€
65,00) ISBN 978-88-85155-93-0
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RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
Prosegue nel mondo dei francescani l’attenzione per la storia dell’iconografia e per
gli strumenti che la rendono possibile, partendo da un volume che sto per recensire, quale
scrigno di tesori legati da una pietà popolare che nel corso dei secoli ha voluto dare volto
al suo ispiratore: si tratta dei tanti affreschi, dipinti, tavole, incisioni e altro, su Antonio di
Padova, uno dei santi francescani che ha goduto, lungo i secoli, di maggior culto.
Leo Andergassen, storico dell’arte di lingua tedesca, attualmente direttore del Museo di Castel Tirolo (Bolzano), pubblica presso il Centro Studi Antoniani di Padova,
all’interno dell’omonima collana editoriale, un saggio dedicato a L’iconografia di sant’Antonio di Padova, dando lo sguardo ad un periodo piuttosto lungo, che va dal XIII al
XVI secolo in Italia. La sua appassionata ricerca è l’evoluzione della tesi di dottorato, che
l’autore aveva dissertato presso l’Università di Vienna, sotto la direzione del professor
Artur Rosenauer. Quest’ultimo è l’autore della Prefazione (p. 5-6) al volume, da cui si
rileva quanto lui stesso abbia proposto all’allora giovane Andergassen: un tema dottorale
aggiornato, sull’iconografia di Antonio di Padova, con un limite cronologico che lascia
spazio a importanti cicli pittorici, prima e subito dopo il 1517, anno terribile della Riforma e della divisione dell’Ordine francescano.
Lo studio è la traduzione – laboriosa e complessa – del testo originale, scritto in
tedesco e di una lunga gestazione (Premessa, p. 7), dato poi alle stampe nel dicembre del
2016.
Il volume, diviso in 12 capitoli, offre un panorama di insieme del progressivo costruirsi dell’iconografia su sant’Antonio di Padova, circoscritto in Italia fra i secoli XIII
e XVI.
Il volume, corredato da una prefazione, premessa e presentazione, si apre con una
ricca e ampia Introduzione (p. 14-21) di taglio storico e filologico, a sua volta è articolato in dodici capitoli che ci permettono di aver un’ampia idea del contenuto del testo:
1. Le vite di Antonio e i loro influssi sulla fisionomia e il carattere del Santo; 2. Le prime
raffigurazioni antoniane; 3. Antonio figura oggetto di culto nei primitivi programmi iconografici francescani; 4. Antonio come figura di culto nei primi polittici d’altare; 5. L’influsso
dell’osservanza sulla raffigurazione di Antonio; 6. Molteplicità (tipologica) di ‘‘typus’’ nell’iconografia di Antonio; 7. Forma e genesi degli attributi del Santo; 8. La figura singola e il
suo inserimento in un ciclo di santi; 9. Scene e cicli narrativi nella pittura monumentale; 10.
Episodi della vita nella pittura su supporto mobile e nella scultura a rilievo; 11. Cicli di vita
nella miniatura e nella grafica; 12. Scene di vita isolate, non inserite in un ciclo.
Il primo capitolo (p. 23-36), è diviso in tredici paragrafi, dedicati alla figura di Antonio di Padova e all’analisi delle antiche fonti agiografiche.
Il secondo capitolo (p. 37-67), in otto paragrafi, mette in esame la primitiva raffigurazione antoniana, che “scambia spesso la figura del Santo con quella di Francesco o
con quella di Antonio abate. Nel periodo degli inizi la raffigurazione singola di Antonio
è posta in parallelo a quella di Francesco, mentre i cicli pittorici offrono uno schema biografico meno ricco rispetto all’Assisiate. Per Antonio è ricorrente il topos taumaturgico
RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
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e il criterio di scelta delle scene permette di trarre chiare conclusioni sulla volontà della
committenza” (p. 9).
Il terzo capitolo (p. 69-95), considera più attentamente le “situazioni esemplari,
a singoli insediamenti francescani, e intende dimostrare lo sviluppo, così come l’ha ora
intrapreso l’iconografia antoniana, su singoli esempi, ideati in base a un concetto globale
e a un programma santorale specifico dell’Ordine” (p. 69).
Il quarto capitolo (p. 97-121) fa un excursus delle prime figure di culto su Antonio,
presenti nelle tracce codificate, e sviluppate poi sulle tavole dei polittici d’altare “in misura nettamente minore rispetto a quanto, ad esempio, fu in grado di fare l’iconografia di
Francesco d’Assisi” (p. 111).
Il quinto capitolo (p. 123-145) delinea quelli influssi nuovi, indotti dalla stessa
storia dell’Ordine “nell’iconografia dell’Osservanza ad Antonio non viene attribuito il
ruolo centrale che ottenne, ad esempio, Bernardino da Siena. Bernardino e Francesco
sostituirono, come nuova coppia iconografica di eminenti rappresentanti dell’Ordine,
la vecchia, primitiva unità Francesco-Antonio. I capitoli che seguono si occuperanno di
esempi nei quali il particolare ruolo di Antonio viene espresso nella consuetudine iconografica dell’ancona e dell’immagine devozionale” (p. 123).
Nel sesto capitolo (p. 147-166) emerge, nel corso del XV secolo, il typus nelle figure
di Antonio, presentato, nei primi cicli francescani e polittici, come canonico agostiniano,
dotto, lettore, predicatore e taumaturgo.
Il settimo capitolo (p. 167-212) illustra lo sviluppo e la varietà degli attributi del
Santo, e come il loro simbolismo sia diventato sempre più chiaro nel corso dei secoli.
L’ottavo capitolo (p. 213-227) propone l’analisi di raggruppamenti di santi, comprendenti anche la figura di Antonio, definita dall’autore un’iconografia di Ognissanti.
Il nono capitolo (p. 229-326) è forse il più efficace, perché contiene un elenco di
cicli dedicati alla pittura monumentale: le riflessioni in esso contenute indicano delle
comunanze iconografiche tali da indurre il lettore “a mettere in rapporto alcune scene
della biografia antoniana con quelle di sancti di altri Ordini” (p. 229).
Segue, nel decimo capitolo (p. 327-371), un catalogo di opere in cui si evidenziano
vari episodi tratti dalla vita di Antonio di Padova.
L’undicesimo capitolo (p. 373-380) contiene alcune scene della vita del Santo, presentate sotto forma di miniature, xilografie e stampe.
Il dodicesimo capitolo (p. 381-389) chiude il lavoro con la presentazione di una
serie di raffigurazioni antoniane isolate e non inserite in un ciclo di immagini.
Un lavoro di ricerca di eccezionale maturità, corredato da 281 tavole fotografiche (p.
393-539), con indicazioni puntuali dei crediti fotografici (p. 541-542), e da 48 pagine di
bibliografia (p. 545-592), e dagli Indici: Nomi di persona (p. 596-624), Nomi di luogo (p.
625-636), Indice generale (p. 637-641).
L’autore offre un lavoro davvero consistente, lasciandoci uno strumento molto utile
e pratico, che potrà favorire ulteriori specifici studi in merito, secondo quanto già anticipato dallo stesso Andergassen (Presentazione, p. 11), il quale sa perfettamente di non
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aver esaurito il tema, visto che tanto resta ancora da scrivere e ricercare su Antonio di
Padova e la sua iconografia.
Gianluca Crudo
Istituto Storico dei Cappuccini − Roma
San Bonaventura, Sermoni “De diversis”, revisione del testo latino, traduzione
e note di Massimiliano Lenzi, revisione della traduzione a cura di Massimo Tedoldi
(Sancti Bonaventurae Opera − Nuova collana bonaventuriana, XII/1), [Via Pieve
Torina, 55; I-00156] [Roma], Città Nuova Editrice, 2017. 24 cm, 518 p. (€ 90,00)
ISBN 978-88-311-9438-9
San Bonaventura, Sermoni “De diversis”, revisione del testo latino, traduzione
e note di Massimiliano Lenzi, revisione della traduzione a cura di Massimo Tedoldi
(Sancti Bonaventurae Opera − Nuova collana bonaventuriana, XII/2), [Via Pieve
Torina, 55; I-00156] [Roma], Città Nuova Editrice, 2017. 24 cm, 540 p. (€ 90,00)
ISBN 978-88-311-9439-6
La “Nuova collana bonaventuriana”, conosciuta anche con il titolo “Sancti Bonaventurae Opera”, è stata avviata dalla Città Nuova Editrice negli anni Novanta del Novecento. L’iniziativa − la cui storia è stata ricostruita magistralmente da Barbara Faes de
Mottoni durante la giornata di studio tenutasi alla Pontificia Università Antonianum il
15 gennaio 2018 (gli atti usciranno nella rivista Antonianum) − promossa da un comitato scientifico interfrancescano voluto da Jacques-Guy Bougerol (1908-1997), ha subito,
nel corso degli anni, alcune battute d’arresto (dovute anche alla morte di vari studiosi
del pensiero bonaventuriano e alla ricostituzione del comitato scientifico), ma ora si arricchisce di due nuovi tomi contenenti una raccolta di 62 sermoni (il volume XII/1 e
XII/2). Il testo che costituisce la base per la presente edizione bilingue non è più quello
del volume IX degli Opera omnia di Quaracchi (uscito nel 1901), ma quello pubblicato
da Bougerol, che suddivise i sermoni bonaventuriani in tre gruppi: 1. il corpus dei Sermones dominicales, redatto appositamente dal dottore serafico (la nuova edizione critica
curata da Bougerol uscì a Grottaferrata nel 1977); 2. le brevi reportationes, annotate da
un segretario e trasmesse dal codice Milano, Bibl. Ambrosiana, A.11.sup. e, in parte, dal
codice Paris, BnF, Lat. 14595 (Paris 1990); 3. i sermoni, detti De diversis, reperiti come
sparsi in vari manoscritti, spesso riportati dagli uditori, provenienti soprattutto dalle fila
degli scolari parigini (Sermons “De diversis”. Nouvelle édition critique, par Jacques-Guy
Bougerol, Paris 1993). È quindi quest’ultima raccolta a essere ora pubblicata con la traduzione italiana a fronte, mantenendo la sua suddivisione in due tomi: il primo con i sermoni de tempore, ossia quelli destinati alle domeniche e alle principali festività dell’anno
liturgico (incluse le ricorrenze di santo Stefano e di san Giovanni Evangelista, celebrate
all’interno dell’ottava di Natale), cioè i sermoni 1-33; il secondo, con i discorsi in onore
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dei santi, ovvero i sermoni 34-62. I due volumi sono usciti, rispettivamente, nei mesi di
gennaio e di luglio 2017.
Massimiliano Lenzi premette al primo volume un’ampia Introduzione (XII/1, p.
11-42) che si riferisce all’intera raccolta dei sermoni De diversis, presentando dapprima
le tre tipologie dei discorsi bonaventuriani e passando subito ai problemi dell’edizione
critica offerta da Bougerol che costituisce un importante passo in avanti rispetto all’edizione di Quaracchi (specialmente perché in modo più consapevole si pone la questione
dell’autenticità e delle varie reportationes e redactiones dei sermoni), ma non sempre è
fedele alle sue dichiarazioni di principio, cioè di rispettare sempre le varie forme redazionali. Inoltre, l’edizione critica del 1993 non era libera da alcune sviste, banali errori
di battitura e perfino più consistenti omissioni tipografiche che comprendevano righe
intere. Il lavoro del traduttore e curatore è stato quindi, in primo luogo, quello di correggere il testo latino (“Gli interventi ammontano mediamente a una decina per sermone”
− afferma Lenzi nella nota 13 a p. 14), però la sua “intenzione non è stata quella di rifare
un lavoro di edizione, ma di rendere il lavoro già fatto più fruibile in vista della traduzione” (p. 15). Ad ogni modo, nella presente edizione l’apparato di note comprende anche
gli interventi di correzione: vuoi sulla base del testo di Quaracchi, vuoi sulla base del
confronto con alcuni codici manoscritti, vuoi sulla base di alcune più recenti edizioni
parziali di singoli sermoni (cf. Sermone 34 − Redazione breve; Sermone 61).
L’Introduzione illustra anche la tipologia e la costruzione dei Sermoni “de diversis”,
composti soprattutto come sermoni universitari, a partire da un “tema”, ossia versetto
biblico suddiviso, a volte accompagnati da un protema (ossia introduzione dedicata alle
condizioni dell’ascolto della Parola) e da una collazione, ossia proseguimento pomeridiano del sermone iniziato nella mattinata. Alquanto diversi sono i sermoni predicati ai
religiosi, quelli alle monache e alle beghine, al popolo e alla famiglia reale. Il traduttore
vede il filo rosso dei Sermoni “de diversis” nel tema dell’umiltà, dal momento che per
Bonaventura si tratta della “virtù più grande” di tutte. L’umiliazione, infatti, è il modo
perfetto in cui il cristiano possa seguire Cristo che si abbassa fino alla morte. Infine, il
curatore presenta le fonti dei sermoni: la Scrittura e le “auctoritates” che comprendono i
santi, i maestri e i filosofi.
Per quanto riguarda i sermoni in onore di san Francesco d’Assisi, Lenzi si appoggia in parte sulle correzioni e commenti proposti nell’edizione bilingue La letteratura
francescana, 3: Bonaventura: la perfezione cristiana, a cura di Claudio Leonardi, con il
commento di Daniele Solvi, Milano 2012, condividendo gran parte delle osservazioni
di questi due filologi. Ai sermoni pubblicati da Bougerol si dovranno però aggiungere in
futuro anche i due pubblicati di recente dal sottoscritto: Francesco d’Assisi zelante seguace
di Cristo crocifisso in due sconosciuti sermoni di san Bonaventura da Bagnoregio, in CF 87
(2017) 397-448.
A parte le incertezze dell’edizione dei sermoni bonaventuriani “de diversis” pubblicata da Bougerol presentate da Lenzi, bisogna sottolineare che per molti di quei discorsi
sono stati reperiti ulteriori testimoni manoscritti che rendono necessaria la riedizione
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del testo latino, specie quando il numero dei codici raddoppia, oppure quando di fronte
a un solo codice usato da Bougerol se ne sono evidenziati altri sei o sette finora ignoti.
Ho presentato questo problema nel contributo: Opere autentiche e spurie, edite, inedite e
mal edite di san Bonaventura da Bagnoregio: bilancio e prospettive, in CF 86 (2016) 461544, che Lenzi ha accolto positivamente nelle note al secondo volume dei Sermoni “de
diversis”.
Alle segnalazioni ivi contenute bisogna però aggiungere nuove notizie riguardanti
i manoscritti dei sermoni bonaventuriani, successivamente rinvenuti, di cui il curatore
non ha potuto, evidentemente, tener conto, perché pubblicati in parallelo o dopo che
egli aveva ormai consegnato il testo per la stampa: A. Horowski, Sermoni bonaventuriani
e francescani nel codice Firenze, BNC, Conv. Soppr. E.6.1017, in CF 87 (2017) 231-266;
Idem, Il codice F.IX.19 della Biblioteca Comunale degli Intronati in Siena: un testimone
disatteso dei sermoni di san Bonaventura da Bagnoregio, in CF 87 (2017) 635-669. Inoltre, per il Sermone 3, editato sulla base di due soli manoscritti (Firenze, BNC, Conv. Soppr. E.6.1017, f. 57vb-59va e Troyes, Médiathèque, ms. 2052, f. 2vb-6ra), ho reperito il
testo anche nei codici: Assisi, FAC, ms. 546, f. 147ra-150ra e Napoli, BN, ms. VIII.A.20,
f. 133ra-135ra.
A titolo d’esempio di come il testo latino abbia bisogno di essere ulteriormente corretto (cosa che non poteva sobbarcarsi il traduttore, al quale va invece ascritto il gran
merito di aver offerto ai lettori una traduzione scorrevole e fedele), riporto due passi del
Sermone 51 (n. 7) per l’assunzione di Maria (XII/2, p. 300) che suona:
Et cum thronus sit aeterne regalis celsitudinis, nihil aliud est dicere: Positus est thronus,
quam: Rex accepit uxorem et voluit esse reginam […]. In his omnibus durantibus in
perpetuum coronata triumphat.
Ora, confrontando il testo con i codici (se ne veda la lista corretta e ampliata in: A.
Horowski, Opere autentiche e spurie, 504-505, alla quale si può aggiungere ancora il codice: Heidelberg, UB, Sal.IX.9, f. 59r-62r) scopriamo che la lettura esatta delle due parole
che ho evidenziato in neretto è ben diversa e cambia notevolmente il senso del discorso:
Et cum thronus sit stemma regalis celsitudinis, nihil aliud est dicere: Positus est thronus,
quam: Rex accepit uxorem et voluit esse reginam […]. In his omnibus stemmatibus in
perpetuum coronata triumphat.
Si tratta infatti del sostantivo stemma, con il significato di “insegna” o piuttosto
“attributo regale”. È inoltre da notare che le ultime parole costituiscono una citazione
esatta, ma tacita, attinta dal Libro della Sapienza 4, 2, non segnalata dagli editori.
Mi soffermo in particolare sul Sermone 58, ossia sul discorso in onore di san Francesco con l’incipit “Tunc apparebit signum Filii hominis…”, trasmesso da due codici:
Bordeaux, Bibliothèque Municipale, ms. 402, f. 246rb-249va e Città del Vaticano, BAV,
Vat. lat. 1265, f. 13rb-16va. In realtà ne esiste anche un’altra redazione, finora inedita,
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discendente da una reportatio indipendente, presente in due manoscritti che, all’apparenza, possiedono incipit differenti: M̈nchen, BSB, Clm 14832, f. 252ra-253rb (“Verbum
istud quantum ad litteralem intellectum…”); Torino, BNU, ms. D.VI.5, f. 56vb-64vb
(“Predictum verbum quantum ad litteralem intellectum…”). Questa seconda redazione
permette una migliore comprensione della struttura generale del discorso. Ma i problemi
riguardano anche l’affidabilità della prima redazione e la sua datazione. A titolo d’esempio riporto un breve passo (cf. XII/2, p. 436), in cui correggo le letture errate e integro
le omissioni delle edizioni finora esistenti (le correzioni sono sottolineate, mentre le integrazioni sono evidenziate in corsivo). Il caso è significativo, dal momento che i due
codici sono pienamente concordi nel trasmettere il testo, maltrattato dagli editori:
Placuit igitur [ed.: ergo] Domino <quod>, sicut ipse voluit tempore illius Constantini
finem imponere tribulationibus et bellis, que erant in mundo, per signum victorie – hoc
est per signum crucis – ostensum Constantino, et sicut [ed.: sic] voluit signum victorie
ponere in ipso Constantino, sic et voluit signum ponere penitentie in beato Francisco. Ipse
enim ad hoc elegit hominem simplicem et pauperem, et humilem, ut exemplar esset
penitentie posteris.
Per essere precisi, alcune di queste integrazioni erano state segnalate già da Eric
Doyle nella edizione inglese dei Sermoni bonaventuriani su san Francesco (The Disciple
and the Master. St. Bonaventure’s Sermons on St. Francis of Assisi, translated and edited
with an Introduction by Eric Doyle, Chicago 1983) e in un’apposita nota, pubblicata nel
1982 (E. Doyle, St Bonaventure’s Sermons on Saint Francis. A Comparison of the Quaracchi Edition with some Manuscripts, in AFH 75 [1982] 416-420), ma sono state ignorate
da Bougerol e – nelle successive edizioni e traduzioni – anche se si cita il contributo di
Doyle, tuttavia non si seguono le sue giudiziose scelte ecdotiche (Doyle – nel caso del
nostro sermone – si è limitato del resto al confronto con il solo ms. 402 di Bordeaux,
senza ritornare sul Vat. lat. 1265).
Il testo, restituito alla sua forma originale, diventa quindi molto più comprensibile,
perché l’intenzione del predicatore è quella di istituire una certa analogia tra l’apparizione della croce all’imperatore e quella avvenuta nella vita di Francesco: l’analogia si
inserisce nella visione bonaventuriana della historia salutis che evolve, attraversando le
varie epoche dalla creazione fino al compimento escatologico, quando la croce di Cristo
apparirà sulle nubi, annunciando il giudizio finale.
Sia Daniele Solvi che Massimiliano Lenzi accettano, come probabile, la datazione
di questo discorso per il 4 ottobre 1262, così come aveva proposto Ignatius Brady (St
Bonaventure’s Sermons on Saint Francis, in Franziskanische Studien 58 [1976] 132-137),
al quale si riferiva anche Bougerol nell’edizione del 1993. L’argomentazione del Brady
muoveva dal giusto presupposto che il ms. Vat. lat. 1265 trasmette una serie di sermoni e collazioni provenienti dalla predicazione universitaria parigina di un solo anno accademico. Lo studioso americano proponeva l’anno 1262-1263 per via del sermone di
Odo Rigaldi (Vat. lat. 1265, f. 54vb-58ra − In festo sancte Catherine a fratre Rigaudo [!]
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rothomagensi archiepiscopo) nel giorno di santa Caterina d’Alessandria, che egli riteneva
identico con quello menzionato nel Regestrum visitationum archiepiscopi rothomagensis
alla data 25 novembre 1262. Tuttavia, lo stesso Bougerol, editando il sermone rigaldiano
su santa Caterina, contesta la datazione proposta dal Brady (cf. J.-G. Bougerol, Un sermon inédit d’Eudes Rigaud, in Archives d’histoire doctrinale et littéraire du moyen âge 62
[1995] 346-347) perché la sequenza dei sermoni trasmessi dal ms. Vat. lat. 1265 corrisponde alla configurazione tra le feste dei santi e le domeniche di avvento che si verificò
nel 1265 e non nel 1262, mentre lo stesso Regestrum visitationum di Odo Rigaldi indica
chiaramente la sua puntuale presenza a Parigi nel giorno di santa Caterina (e anche nei
giorni immediatamente precedenti e seguenti) ogni anno tra il 1259 e il 1268. Quindi
anche la collazione “Tunc apparebit signum…” tenuta da Bonaventura nello stesso anno
accademico è da datare al 1265. Questa datazione è stata pienamente accolta e confermata anche da Nicole Bériou (L’avènement des maîtres de la Parole. La prédication à Paris au
XIIIe siècle, II, Paris 1998, 678-679 et 696-700), che stabilisce le date giornaliere per ogni
sermone e collazione tramandati dal ms. Vat. lat. 1265: la collazione di Bonaventura fu
quindi pronunciata la domenica 4 ottobre 1265, mentre Odo Rigaldi tenne il sermone
in onore di santa Caterina il mercoledì 25 novembre dello stesso anno.
Sempre nella collazione “Tunc apparebit signum…”, cioè nel discorso pomeridiano,
il dottore serafico menziona un cardinale che aveva predicato in mattinata, ossia l’autore
del sermone immediatamente precedente, trasmesso sia dal ms. Vat. lat. 1265 che dal codice Bordeaux, BM, ms. 402, e pubblicato dagli Editori di Quaracchi come bonaventuriano (Opera omnia, IX, 582-585), all’interno del quale il predicatore afferma: “…placuit
summo Pontifici, cui est obediendum et in nullo resistendum, quod aliqua verba dicerem
inter vos, quae vobis dicam in fine sermonis mei” (Opera omnia, IX, 583). Si trattava
quindi di un legato o, perlomeno, di un cardinale da poco arrivato a Parigi dalla Curia
Romana. Massimiliano Lenzi e Daniele Solvi accettano, come possibile, l’identificazione
di questo prelato con il cardinale Odo da Châteuaroux, ipotizzata da Ignatius Brady (St
Bonaventure’s Sermons on Saint Francis, 134-137) − anche se già Bougerol aveva riferito
tale ipotesi con una certa cautela −, ma ignorano la proposta di Nicole Bériou (L’avènement des maîtres de la Parole, II, 695) secondo la quale si tratterebbe di Ottobono Fieschi
(più tardi diventato sommo pontefice con il nome di Adriano V).
Soprattutto, alla luce delle ricerche di Fortunato Iozzelli (Odo da Châteauroux:
politica e religione nei sermoni inediti, Padova 1994, 26-33 e 40) è da scartare l’ipotesi di
Brady, secondo il quale si tratterebbe di Odo da Châteauroux. Questo cardinale, infatti,
dopo il suo rientro dalla Terra Santa, non ebbe tali incarichi, ma accompagnò il papa
nei suoi spostamenti in Italia centrale fino alla morte, avvenuta a Orvieto nel 1273. I tre
sermoni davanti al parlamento parigino di Odo, trasmessi dal codice Orléans, BM, ms.
203, sono da datare tra il 1245 e il 1248, quando il cardinale iniziò la sua missione di legato
in Francia per la preparazione della crociata. È inoltre significativo che nessuna delle
collezioni dei suoi sermoni contenga il sermone trasmesso dal ms. Vat. lat. 1265, dove
esso appare adespoto a causa di un maldestro legatore che rifilò l’estremità del margine
RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
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inferiore, dove si trovava il nome dell’autore. La presenza del cardinale Ottobono Fieschi
a Parigi è invece attestata tra il 30 agosto e la metà di ottobre del 1265, mentre era in
viaggio verso l’Inghilterra, dove sbarcò il 29 ottobre, per svolgere la sua missione di legato
(cf. Ludovico Gatto, Adriano V, papa, in DBI 1, Roma 1960, 335-337; Ludovico Gatto,
Adriano V, in Enciclopedia dei Papi, II, Roma 2000, 425-427). Molto meno probabile
− ma impossibile da escludere in maniera categorica − è che si trattasse del cardinale
Simone de Brie (il futuro Martino IV), che svolse l’incarico di legato pontificio nel regno
di Luigi IX tra il 1264 e il 1269 e poi tra il 1274 e il 1279 (cf. Simonetta Cerrini, Martino
IV, in Enciclopedia dei Papi, II, Roma 2000, 446-449; Simonetta Cerrini, Martino IV,
papa, in DBI 71, Roma 2008, 274-277).
L’identificazione del ms. Vat. lat. 1265 come resoconto della predicazione universitaria tenuta a Parigi nell’anno scolastico 1265-1266 permette inoltre di datare con certezza il Sermone 36 in onore di san Nicola (domenica, 6 dicembre 1265), diversamente
da quanto afferma Lenzi nella nota 1 (XII/2, p. 56-57) e anche il Sermone 55, con la
relativa Collazione. Quest’ultimo discorso nell’edizione critica è privo del titolo (tranne quello corrente, nelle testatine, uguale al precedente), mentre nella “Nuova collana
bonaventuriana” gli è stato dato il titolo De sanctis angelis / Gli angeli santi, seguendo la
dicitura dell’edizione di Quaracchi. Il traduttore annota quindi (XII/2, p. 361, nota 1):
“Sermone edito da Bougerol senza indicazione di luogo e di data. Quinn ritiene invece
per certo che esso sia stato predicato a Parigi, il 2 ottobre 1269”. Secondo questa indicazione si tratterebbe del sermone sugli angeli custodi, ma l’analisi dei codici smentisce
tale ipotesi. Nel ms. Vat. lat. 1265 il titolo scritto in rosso è “De angelis”, ma in basso al
margine inferiore si legge, benché parzialmente reciso, il titolo scritto a inchiostro nero
dal copista stesso: “In festo sancti Michaelis a Bonaventura”. Crea confusione, invece,
l’affermazione del Bougerol nell’edizione critica (p. 714): “L’autenticité de cette pièce est
attestée par la rubriche de Vat. lat. [1265] qui, bien que grattée, peut encore se lire: bonaventura”. In realtà, il titolo raschiato si legge nel codice Bordeaux, BM, ms. 402, f. 237vb,
e non si limita al nome dell’autore, ma è identico alla nota del Vat. lat. 1265 (In festo sancti Michaelis a Bonaventura [l’unica differenza sta nell’utilizzo delle abbreviazioni]). Si
tratta quindi della festa di san Michele, anche perché la celebrazione degli angeli custodi
non aveva ancora tale rango liturgico e quindi difficilmente presterebbe occasione per
una predica universitaria. A ragione perciò Nicole Bériou (L’avènement des maîtres de la
Parole, II, 695) fissa la data di questo discorso a martedì 29 settembre 1265.
Questi rilievi, in ogni caso, riguardano non tanto la presente edizione quanto quella
curata da Bougerol, mentre c’è da dire che l’impegno di Massimiliano Lenzi di migliorare
la qualità del testo latino offerto da Bougerol è lodevole. La traduzione è fedele, ma non
pedissequa, arricchita anche di alcune note esplicative e con aggiunta di non pochi studi
ed edizioni più recenti, oppure con delle precisazioni riguardanti la datazione e l’autenticità dei discorsi. Il traduttore ha cercato di rispettare, per quanto possibile, “il complesso
gioco delle convergenze tematiche e lessicali” (XII/1, p. 41), non perdendo la straordinaria bellezza e maestria oratoria di san Bonaventura. Tale criterio ha comportato a volte
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anche la necessità di creare dei calchi italiani di alcuni avverbi o aggettivi bonaventuriani
latini, a scopo di rendere al lettore di lingua italiana, almeno in parte, l’idea di quello che
è − per usare la felice espressione di Massimo Tedoldi − “la bellezza del dire” del dottore
serafico.
Con l’uscita di questi due volumi, la pubblicazione dei sermoni di san Bonaventura
non può considerarsi affatto conclusa, perché restano da editare, oltre ai testi già menzionati:
1. la collezione di ben 71 sermoni del codice Berlin, Staatsbibliothek, Preußischer
Kulturbesitz, Ms. Theol. Lat. Oct. 31, proveniente dalla certosa Gratia Dei di Grabowo
nei pressi di Stettino, attribuita espressamente all’autore dalla mano del copista: Sermones
de sanctis, quos fecit Bonaventura cardinalis de Ordine Fratrum Minorum;
2. il Quadragesimale Bonaventure, trasmesso, tra l’altro, dal codice Freiburg in der
Schweiz, Minoritenkloster, ms. 139, del quale ho parlato a Bagnoregio il 27 maggio
2017, durante il 66° Convegno di Studi Bonaventuriani;
3. i tre sermoni del codice Firenze, Biblioteca Provinciale OFM, ms. 13, espressamente attribuiti all’autore;
4. gli schemi brevi, riportati dal segretario, presenti nelle serie più consistenti nei
codici: Assisi, FAC, ms. 496 (si tratta di ben 34 sermoni); Paris, BnF, Lat. 14595; Paris,
BnF, Lat. 18195 e Napoli, BN, ms. VIII.A.30 (ho presentato quest’ultimo manoscritto
il 26 aprile 2017, durante il convegno organizzato dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum);
5. alcuni sermoni domenicali che corrispondono ai brevi schemi bonaventuriani,
trasmessi nella redazione più lunga dai codici: Paris, BnF, Lat. 18195 e BAV, Pal. lat. 460
(cf. A. Horowski, Opere autentiche e spurie, 491-494).
Aleksander Horowski
Istituto Storico dei Cappuccini − Roma
La letteratura francescana, volume V: La mistica. Angela da Foligno e Raimondo
Lullo, a cura di Francesco Santi (Scrittori greci e latini) [www.librimondadori.it],
Fondazione Lorenzo Valla – Mondadori, [Milano 2016]. 20,5 cm, LVIII+452 p.
(€ 35,00) ISBN 978-88-04-65791-0
Die kurze Premessa zum Band beginnt und schließt mit einem Namen: Claudio
Leonardi (XI-XIII). Gewiss ist diese inclusio vom Herausgeber Francesco Santi gewollt,
denn alles dreht sich um den “mystischen Franziskus”, den Claudio Leonardi (19262010) in seiner Analyse der fr̈hen Quellen hervorhob und der fieberhaften Suche nach
dem “historischen Franziskus” entgegenstellen zu m̈ssen glaubte. So gr̈ndete er die
Reihe “Franziskanische Literatur”, in deren erster Band er 2004 die Schriften von Franziskus und Klara von Assisi herausgab, im zweiten Band 2005 einige alte Viten zu Franziskus (1 Celano, das Officium Rhythmicum des Julian von Speyer, den Anonymus Perusi-
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nus und einige Sẗcke der Gefährten-Tradition), im dritten postum 2012 das christliche
Vollkommenheitsstreben nach Bonaventura und im vierten 2013 dessen Legenda maior
beati Francisci, die 1266 zur offiziellen Biographie des Heiligen im Orden erklärt wurde.
F̈r den historischen Lebenslauf des Franziskus geben seine Schriften wenig her, ebenso bei Klara; sie sind weit mehr Ausdruck einer Gotteserfahrung und einer missionarischen Sendung als Information ̈ber geschichtliche Ereignisse. Bei den Sekundärquellen
von Thomas von Celano ̈ber die Gefährten bis zu Bonaventura kann die historischkritische Methode eingesetzt werden, um zum historischen Franziskus vorzudringen, sie
darf aber nicht den mystischen Franziskus verdrängen, der – wie das Testament bezeugt
– sich von Gott berufen und gef̈hrt weiß und ernsthaft um die Nachfolge Jesu ringt.
Nach Leonardi beginnt sofort nach dem Ableben des Franziskus die Schwierigkeit, seine religiöse Erfahrung und Lebensweise korrekt wiederzugeben und vor allem seinen
Nachfolgern zu vermitteln; seine prophetischen Gesten und Zeichen blieben einmalig,
wurden berichtet, aber nicht zu einer neuen Theologie umgeformt, auch nicht von Bonaventura, der in Paris die scholastische Methode gelernt hatte und Scholastiker blieb.
Immerhin hat er aber das Neue und Außerordentliche an der Gotteserfahrung des Franziskus festgehalten, wenn nicht gar ̈berhöht. Er hat ihn zum Propheten des neuen Zeitalters vor der Wiederkunft Christi gemacht, zum Engel des sechsten Siegels. Das Mystische, die Gottesverbindung des Heiligen, scheint in allen Quellen durch, selbst noch in
den Chroniken. So Claudio Leonardi und in seiner Gefolgschaft Francesco Santi.
Wenn das Manko der franziskanischen Tradition in der Theologie lag, dann ist
umso interessanter, dass in der zweiten Hälfte des 13. Jahrhunderts der mystische Strom
von Franziskus an unerwarteter Stelle weiterfließt und sogar eine neue Lehre hervorbringt: in Angela von Foligno (ca. 1248-1309), die magistra theologorum, und in Raimundus Lullus (1232/33-1315/16), dem Doctor illuminatus.
Sie vertreten die Mystik in diesem V. Band, wie er von Claudio Leonardi noch geplant war, aber nun von Francesco Santi und Daniele Solvi verwirklicht wurde. Selten
findet man sonst Angela von Foligno und Raimundus Lullus so vereint. Ihre Bildung
und religiöse Erfahrung sind verschieden. Angela kommt ̈ber Umbrien nicht hinaus
und ist nahezu Analphabetin, Raimund ist Hofbeamter, dichtet auf Katalanisch, studiert nach seiner Bekehrung 1263 privat Philosophie, Theologie und Arabisch, verfasst
̈ber 250 Werke, darunter den Liber contemplationis (1271-74), wird Missionar und verbreitet seine Ars compendiosa, dann brevis im ganzen Mittelmeerraum. So verschieden sie
sind, haben sie doch vieles gemeinsam: Sie sind Laien, auch wenn sie dem franziskanischen Dritten Orden angehören, durch kein Noviziat geformt und an keine Institution
gebunden. Dennoch lehren sie: Angela hat in Foligno ihren Kreis von Frauen, die sie
unterrichtet. Raimund lehrt eine Theologie (und Mariologie), die ̈ber Christen und
Muslimen steht, ja sie vereinen könnte. Er ist bem̈ht, Christen, Juden, Muslime und
Heiden von der Übereinstimmung der Kerninhalte christlicher Theologie mit der Gotteserkenntnis der naẗrlichen Vernunft zu ̈berzeugen. Während auf der institutionellen
Seite der Franziskanerorden in Kämpfe verwickelt ist (mit dem Weltklerus im Armuts-
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streit, politisch mit Papst und Kaiser), lebt auf der informellen Seite das Franziskanische
weiter als Laienbewegung, als Gottsuche in der Welt, im Dialog mit anderen Religionen,
auf der Suche nach einer neuen Theologie, gegr̈ndet in der Heiligen Schrift und in der
Armut als Selbstentäußerung, um Gott Platz zu machen, also letztlich ein Hineinwachsen in Gott der Auferstehung entgegen.
Von all dem ist in den Texten beider Autoren zu lesen, die hier auf Latein und gegen̈ber in italienischer Übersetzung geboten werden, was zweifellos ein Vorteil ist. Das
gilt vor allem f̈r das Memoriale von Angela, in dem die lateinische Schriftsprache stark
mit dem Volgare umbro gemischt ist. Außerdem gebraucht sie Formen und Ausdr̈cke,
die ungewohnt, weil neu sind; sie entsprechen der Neuheit ihrer erzählten Erfahrungen,
die der Schreiber Bruder A. oft nicht auf Latein auszudr̈cken versteht; sie spiegeln sozusagen die Wehen einer neuen Mystik, die erst später ihre Sprache finden wird. Grundlage
f̈r den lateinischen Text ist die j̈ngste kritische Edition von Enrico Menestò, Memoriale, Firenze 2013. Die Übersetzung besorgte Francesco Santi, während Daniele Solvi fast
zu jedem Vers, in welche die 106 Kapitel weiter unterteilt sind, einen erklärenden Kommentar verfasste, den man allerdings am Ende des Buches suchen muss (S. 367-436).
Zum Gl̈ck gibt es zwei Lesebändchen, die das Lesen von Originaltext – Übersetzung
– Kommentar erleichtern. Vom Memoriale bestehen schon mehrere Übersetzungen auf
Italienisch, diese hier gehört sicher zu den besten. Mit den Verständnishilfen von Daniele Solvi lassen sich auch schwierige Passagen verstehen und durch Hinweise auf ähnliche
Stellen bei Franziskus oder Bonaventura in die franziskanische Tradition einordnen. In
sie hinein gehört Angela, wie Francesco Santi in seiner Introduzione (S. 5-26) klar macht.
F̈r ihn ist “Angela da Foligno una teologa per Francesco d’Assisi” (S. 20). Die Bestätigung kommt f̈r Angela in einer Vision, in der ihr Franziskus sagt: “Du bist die einzige
von mir Geborene” (Instructio XXI, in Il libro della beata Angela da Foligno, a cura di
Ludger Thier – Abele Calufetti, Grottaferrata 1985, 598, Zeile 34).
Etwas k̈rzer ist der zweite Text von Raimundus Lullus, Liber amici et amati, auf
der Grundlage der Edition von Charles H. Lohr und Fernando Domínguez Reboiras in
Traditio 44 (1988) 325-372, ̈bersetzt von Barbara Scavizzi (S. 250-363) und kommentiert von Coralba Colomba (S. 437-452). Die Introduzione (233-248) gibt einen Überblick ̈ber das bewegte Leben Lulls und seine vielen Schriften, besonders der Ars inventiva (Montpellier 1290), die er immer wieder neu schreibt bis zur Ars brevis (Pisa 1308),
die er in Paris, Rom, Neapel, Tunis und anderen Städten vorstellt, um die Menschen zu
̈berzeugen – mit wenig Erfolg. Sie basiert auf der Überzeugung, dass die göttlichen
Namen (G̈te, Größe, Macht, Wahrheit, Wille usw.) in allen religiösen Wissensformen
austauschbar sind, unabhängig von Bibel oder Koran. Von hierher die Bedeutung Lulls
f̈r den inter-religiösen Dialog heute. Das ausgekl̈gelte System der Ars beruht auf der
Mystik und f̈hrt zur Mystik. Der im Buch wiedergegebene lateinische Text ist nicht
unterteilt in Kapitel wie bei Angela, sondern in 354 Paragraphen entsprechend den Tagen im islamischen Kalender; im katalanischen Text sind es 365 mystische Ausrufungen
(metaphorae morales) entsprechend den 365 Tagen im christlichen Kalender. Der Text
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ist also f̈r beide Seiten offen. Er nimmt Bezug auf die islamischen Sufis wie auch auf die
im Christentum geglaubte Inkarnation Gottes in Jesus Christus, die Dreifaltigkeit und
die Umformung des Menschen in der Auferstehung. Auch wenn der Liber amici et amati
sich liest wie ein leidenschaftlicher Dialog zwischen dem Freund und dem Geliebten,
spielt das Lied der Lieder von Salomo (Hohelied) darin nur eine untergeordnete Rolle
wie die Bibel ̈berhaupt. Im Vordergrund steht die menschliche Erfahrung als solche:
der Freund trifft den Geliebten, aus dieser Erfahrung erwächst die Lehre der Gleichheit
und auch die ihr angemessene Sprache.
Man darf gespannt sein auf Band VI, der den Spiritualen gewidmet ist. Mein
Wunsch wäre, dass der Experte Francesco Santi, der 1986/87 am 1957 gegr̈ndeten
Raimundus-Lullus-Institut der Universität Freiburg im Breisgau gearbeitet hat (vgl. S.
XIII), die in diesem Band V so vorbildlich präsentierten Werke von Angela und Raimundus mit Hilfe des Instituts auf Deutsch ̈bersetzen und einleiten ẅrde, denn meines Wissens gibt es von ihnen noch keine vollständige deutsche Übersetzung. Angela
von Foligno und Raimundus Lullus hatten aber auch nördlich der Alpen keinen geringen Einfluss (Meister Eckhard, Nikolaus von Kues, Gottfried W. Leibniz).
Leonhard Lehmann
Pontificia Università Antonianum − Roma
Wkład Bernardynów w życie religijno-kulturalne narodu polskiego (wybrane
apekty), pod redakcją Czesława Gnieckiego – Aleksandra Krzysztofa Sitnika [ul.
Bernardyńska 46, PL 34-130], Kalwaria Zebrzydowska, Calvarianum, 2016. 21 cm,
428 p. (+ 24 tav. n.n.)ill. – ISBN 978-83-63440-27-5
La Provincia dei Frati Minori dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria è stata fondata nel 1453 da Giovanni da Capestrano. I frati di questo movimento
dell’Osservanza, chiamati familiarmente in Polonia “Bernardini”, si sono impegnati sin
dall’inizio, con tanta energia, nella vita della Chiesa. Dopo la costruzione del primo convento a Cracovia nel 1453, furono fondati conventi a Varsavia (1454), Poznań (1457),
Tarnów (1459), Lublin (1460), Lviv (1460), Vilnius (1468). Il numero dei conventi è
cresciuto in breve tempo: negli anni a cavallo tra il ’700 e l’800 furono già 170 le fondazioni dei Bernardini in Polonia. Curando circa 50 santuari del Signore Gesù, della
Madonna e dei santi, hanno svolto un ruolo importante per la promozione del culto
mariano e della celebrazione della Via Crucis. Anche sul campo educativo, i Bernardini
hanno raggiunto significativi risultati. Al termine del XIX secolo, già gestivano 45 scuole
elementari e medie superiori; nel 1957, ancora, inauguravano a Kalwaria Zebrzydowska
il Seminario Minore di Sant’Antonio. Con la testimonianza della vita evangelica, l’attività pastorale e la grande sensibilità ai problemi sociali i Bernardini han seminato in Polonia la cultura della fede, l’amore per la patria e per la lingua madre. Quest’atteggiamento,
tuttavia, gli guadagnò una serrata repressione a seguito dell’occupazione da parte dei go-
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vernanti, occupanti e comunisti. Notevole, anche, il contributo dei Bernardini sul campo
dell’attività letteraria, musicale e artistica. I frati con le numerose pubblicazioni di stampo ascetico-religioso e devozionale, con la composizione di canti, l’educazione musicale
nelle scuole e nei conventi, la produzione artistica in scultura e pittura, si sono impegnati
con particolare cura e dedizione alla formazione umana dei fedeli e alla evangelizzazione.
Gli studi raccolti in questo libro, a cura di Czesław Gniecki e Aleksander Krzysztof
Sitnik presentano una ricca panoramica che esplora il contributo religioso-culturale dei
Bernardini in Polonia. Il volume corredato di illustrazioni a colori è meritevole di attenzione per la scientificità degli articoli e gli interessanti approfondimenti.
Di seguito l’elenco dei testi: Patrycja Gąsiorowska, Zarys dziejów zakonów franciszkańskich na ziemiach polskich do 1454 roku z uwzględnieniem działalności św. Jana
Kapistrana [Abbozzo della storia dell’Ordine francescano in Polonia fino all’anno 1454,
con la descrizione dell’attività di s. Giovanni da Capestrano], 9-26; Salezy Bogumił Tomczak OFM, Klasztory bernardyńskie w Polsce w jej granicach historycznych [Conventi dei
Bernardini in Polonia nei suoi confini storici], 27-68; Czesław Gniecki OFM, Bernardyńscy świadkowie świętości i ideałów franciszkańskich [Testimoni di santità e del carisma
francescano], 69-109; Egidiusz Jarosław Włodarczyk OFM, Bernardyni głosicielami Słowa Bożego [I Bernardini – annunciatori della parola di Dio], 111-130; Oktawian Roman Jusiak OFM, Sanktuaria bernardyńskie i specyfika bernardyńskiego duszpasterstwa
[Santuari dei Bernardini e la specificità della pastorale dei Bernardini], 131-181; Marceli
Ryszard Gęśla OFM, Działalność misyjna Ad gentes na Ukrainie [L’Attività missionaria
ad gentes. Ucraina], 183-199; Oktawian Roman Jusiak OFM, Bernardyńskie szkoły dla
młodzieży świeckiej [Scuole gestite dai Bernardini per i laici], 201-216; Oktawian Roman
Jusiak OFM, Aktywność społeczna i patriotyczna bernardynów [Attività sociale e patriottica dei Bernardini], 217-245; Aleksander Krzysztof Sitnik OFM, Piśmiennictwo bernardyńskie XV–XXI wieku [L’Attività letteraria dei Bernardini nei secoli XV-XXI], 247309; Ryszard Żmuda, Stan badań bibliologicznych o bibliotekach klasztornych bernardynów w Polsce za lata 1918-2015 [I risultati della ricerca bibliologica nelle biblioteche
dei Bernardini in Polonia negli anni 1918-2015], 311-339; Julian Mieczysław Śmierciak
OFM, Działalność muzyczna i organomistrzowska bernardynów [L’Attività musicale dei
Bernardini], 341-382; Cyprian Janusz Moryc OFM, „Nadmierne nowe osobliwości”. Artystyczna działalność bernardynów polskich w okresie nowożytnym [“Troppe peculiarità”.
L’Attività artistica dei Bernardini nel periodo moderno], 383-427.
Daniel Kowalewski
Istituto Storico dei Cappuccini −Roma
Działalność naukowa i pisarska franciszkanów Prowincji św. Franciszka z Asyżu
Zakonu Braci Mniejszych w Polsce, redakcja Filemon Tadeusz Janka – Salezy Bogumił
Tomczak (Biblioteka Studiów Franciszkańskich, 20) [ul. Garbary 22; PL 61-867]
Poznań, Franciszkanie 2016. 20,5 cm, 200 p. – ISSN 1505-8352
RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
431
Il volume costituisce un’ampia bibliografia di pubblicazioni dei frati della Provincia di San Francesco d’Assisi dell’Ordine dei Frati Minori in Polonia. Frutto del XXV
anniversario dell’istituzione della Provincia, il libro mette in luce la ricchezza dell’attività scientifica e letteraria dei francescani mostrata in diversi ambiti di ricerca. Tra i quaranta autori presentati nel volume vale la pena menzionare quelli che hanno alle spalle
più di cento pubblicazioni: padre Grzegorz Bernard Błoch, membro della Commissione Scotista e insegnante di filosofia; padre Alojzy Marian Pańczak, insegnante di spiritualità francescana e assistente nazionale della comunità terziaria francescana; padre
Adam Ryszard Sikora, biblista e professore ordinario all’Università Adam Mickiewicz
di Poznań; padre Salezy Bogumił Tomczak, insegante di Storia francescana e redattore
della rivista “Studia franciszkańskie”.
La bibliografia è corredata di una prefazione di un ministro provinciale, fra Filemon Tadeusz Janka (p. 5-6) e di una utilissima ed interessante introduzione di Salezy
Bogumił Tomczak (p. 7-15), inerente alla storia e all’evoluzione della cultura scritturistica nell’Ordine dei Frati Minori.
Daniel Kowalewski
Istituto Storico dei Cappuccini −Roma
Damirski, Cyprian, Kronika Bernardynów w Polsce (1453-1651), przekład
Kazimierz Żuchowski [ul. Bernardyńska 46, PL 34-130], Kalwaria Zebrzydowska,
Calvarianum, 2016. 24 cm, 170 p. ill. – ISBN 978-83-63440-28-2
La Cronaca dei Bernardini in Polonia, scritta a metà del XVII secolo, fu pubblicata
per la prima volta nel 1874 da un frate domenicano, Sadok Barącz. La recente edizione
è una traduzione dal latino in polacco, preparata da padre Kazimierz Żuchowski, membro della Provincia dei Frati Minori dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine
Maria (morto il 31 marzo 2017). L’Autore della Cronaca fu padre Cyprian Damirski
(1616-1676), ministro provinciale della Provincia Rutena dei Frati Minori Osservanti
e postulatore della causa di beatificazione di Giovanni da Dukla. Nella sua narrazione
(che va dal 1636 al 1651), l’Autore non si limita ad un’asettica cronaca della vita dei
francescani sul territorio dell’odierna Polonia, Ucraina e Bielorussia, ma allarga la sua
analisi alla storia politica. Seguendo il criterio cronologico, da una parte Damirski riporta informazioni dettagliate sui singoli frati e le vicende relative ai conventi, dall’altra
racconta episodi che riguardano la storia della Confederazione polacco-lituana (lo Stato
europeo più esteso ed uno dei più popolosi del XVI-XVII secolo) sotto la guida del re
Ladislao IV e del re Giovanni II Casimiro. Vale la pena notare che l’arco di tempo preso
in considerazione nella Cronaca fu segnato da diverse tensioni politiche, come i conflitti
con l’Impero Ottomano o la rivolta cosacca di Bohdan Chmielnicki (Chmel’nyc’kij).
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RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
Il testo è ben curato e di facile lettura anche per chi non ha piena conoscenza del periodo storico di riferimento: in calce ad ogni pagina, infatti, sono inserite numerose note,
che valgono da supporto indispensabile per chiunque voglia approfondire la materia.
Daniel Kowalewski
Istituto Storico dei Cappuccini −Roma
Rizzolino, Salvatore, Angelus Domini nuntiavit Mariae. Poemetti mariani dimenticati fra Lagrime e Rime spirituali del Tasso. Appendice di testi mariani cappuccini tra XVI-XVII sec., a cura di Costanzo Cargnoni, prefazione di Giovanni Spagnolo (Centro Studi Cappuccini Lombardi. Nuova Serie, 4) [Piazza Sant’Angelo, 2;
I-20121], Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2017. 24 cm, 615 p. (€ 30,00)
ISBN 978-88-7962-291-2
Nell’ampia e diffusa devozione a Maria Santissima, troviamo dei punti fermi riguardo al suo ruolo unico nella Storia Salvezza, sempre e solo in riferimento a Cristo Signore
ed al suo Mistero di Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione. Bisogna riconoscere un grande merito al magistero mariano di Paolo VI, in tal senso, per essere riuscito
a riproporre la devozione alla Vergine Maria, attraverso la via pulchritudinis. In questo
contesto teologico-letterario, si colloca il saggio Angelus Domini nuntiavit Mariae, che,
scritto dal prof. Salvatore Rizzolino (docente di Lettere e Storia al Liceo Classico e Linguistico “Manzoni”), comprende due parti: nella prima, sono contenuti i “Poemetti mariani dimenticati fra Lagrime e Rime spirituali”, del Tasso; nella seconda parte, è presente
una considerevole Appendice di testi mariani cappuccini – scritti tra il XVI e il XVII secolo – curata da Costanzo Cargnoni. Il volume fa parte della collana da lui diretta, Centro
Studi Cappuccini Lombardi.
Il volume si apre con una preziosa raccolta di testi poetici di lode alla Vergine Maria,
proponendosi di seguire una sola, fra le tante piste a soggetto mariano, tipiche dell’editoria del XVI – XVII sec., quella letteraria: delle Lacrime, dei Rosari e delle Eccellenze della
Beata Maria, presenti all’interno di importanti collettanee di Lacrime, fino alle Rime
spirituali del Tasso. Come si ricava dalla Prefazione, di Giovanni Spagnolo, il presente
volume è tutto un “confluire di anni e anni di studi, all’insegna dell’interesse per il tema
mariano, in una sorta di continuità con l’entusiasmo degli studi giovanili presso l’Università degli Studi di Bologna, conclusi con una tesi di laurea che ha avuto argomento,
appunto, “La poesia mariana nell’età della Controriforma”, poi parte riassunta nel saggio
“Alcune figure teologiche mariane nella poesia dell’ultimo Cinquecento e del Seicento”,
edita in Studi secenteschi, Firenze, Leo S. Olschki, 1991, XXXII, p. 231-266” (p. 8).
Nel primo capitolo (p. 19-90), attraverso le sue conoscenze storiche, teologiche,
patristiche e letterarie, l’Autore introduce il lettore all’analisi di alcune raccolte, come le
Lagrime edite da Girolamo Bartoli, da Giacomo Vincenzi, passando per le Eccellenze di
Maria Vergine di Orazio Guargante, che esaminano le caratteristiche fisiche e morali di
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Maria, distinguendole nelle due parti di cui si compone il testo: Sopra il Corpo e Sopra
l’Anima. Infatti, l’Autore lo definisce “un testo insolito rispetto al panorama dei testi poetici mariani dell’età postridentina, ma un testo che svolge un argomento niente affatto
sconosciuto alla spiritualità mariana, quello della cosiddetta “via pulchritudinis”. Si tratta
di un’antica tradizione, speculativa e misticheggiante, che per secoli si è interrogata sulla
bellezza fisica di Maria passandone in rassegna le singole membra. Tradizione… in cui
erano presenti anche pratiche devozionali come la salutatio membrorum della beata Vergine” (p. 22). Sulla scia di questo processo di circolazione e diffusione delle raccolte di
Lagrime, si inserisce il secondo capitolo (p. 91-141), che tratta delle raccolte di Comino
Ventura: dalla Raccolta, alla Nuova raccolta di Lagrime. Il Rizzolino si sofferma sull’analisi del testo de Le Lagrime di Maria Vergine di Torquato Tasso, in cui l’autore racconta le
visioni della Madonna, che avrebbe avuto mentre si trovava prigioniero in carcere. È da
segnalare il commovente richiamo dell’autore a Vittoria Colonna, marchesa di Pescara,
assai vicina ai Cappuccini, attraverso il sonetto: Le braccia aprendo in croce, e l’alme e
pure, che si collega ad un altro sonetto della marchesa: Pianto della marchese di Pescara
sopra la passione di Christo. Quest’opera rappresenta la Pietà, che sul piano iconografico
e cronologico si riferisce al disegno della Pietà di Michelangelo, eseguito per la marchesa
Colonna (si tratta del cartoncino conservato allo Stewart Gardner Museum di Boston).
Nel terzo capitolo (p. 143-181), l’autore focalizza il suo interesse sull’analisi delle Rime
Spirituali di Torquato Tasso, tra le quali spicca la canzone A la Beatissima Vergine di
Loreto. In questo scritto il Tasso esprime tutto il suo più intimo rapporto con Maria, il
modo migliore di darle lode e manifesta tutte le sue complesse perizie tecniche nel comporre la canzone. Il quarto capitolo, è indirizzato a Nicolao Tucci, un illustre dimenticato
del Cinquecento ed il suo poemetto alla Vergine di Loreto (p. 183-213), qui il Rizzolino
mette in evidenza tutte le sue fatiche e ricerche, fatte negli archivi e nelle biblioteche, nel
poter dare dei lineamenti biografici a questa erudita e poliedrica figura, di poeta e oratore. Nel quinto capitolo (p. 215-269), l’autore presenta in forma critica il poemetto di
Nicolao Tucci (seconda metà del Cinquecento), dedicato alla Madonna di Loreto: Alla
santiss. Vergine Annutiata nella sua Santa Casa di Loreto, in cui emerge in modo decisivo
il tema della Passione di Cristo e, nello stesso tempo, la volontà di esaltare il Santuario,
quale luogo di meta per tanti pellegrini. In ultimo, bisogna apprezzare il prof. Salvatore
Rizzolino, in quanto i testi da lui riportati nella conclusione di ogni capitolo seguono
una accurata metodologia di schema: una nota introduttiva, la riproduzione del testo e
l’apparato esplicativo di note.
Ad impreziosire questo volume è la ricchissima Appendice di testi mariani cappuccini,
appartenenti a 33 autori frati cappuccini italiani, scelti e preceduti da un’introduzione
la “Letteratura mariana cappuccina nell’Italia del Cinque e Seicento” di padre Costanzo
Cargnoni (p. 273-344). In essa sono riportati “I primi appunti mariani” e “Le corone
mariane”. Infatti “oltre la corona del Rosario i cappuccini svilupparono e praticarono
altre corone di devozione, come la corona dei dodici privilegi, per onorare l’Immacolata
Concezione, detta anche Corona di dodici Ave Maria; la corona delle sette allegrezze
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RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
e degli otto dolori…” (p. 280-281). Testi poetici e opuscoli devoti furono dedicati alla
Vergine Addolorata, come pure libretti devozionali con preghiere alla Vergine (cf.
p. 292s). La devozione mariana fu proposta ai fedeli anche nelle omelie: riflessioni
spirituali, pratiche di pietà, canti e poemi sacri, in un ripensamento affettuoso della vita
di Maria e dei suoi misteri (cf. p. 326s).
In ultimo, al testo seguono i 33 autori, con la vasta antologia dei “Testi mariani
cappuccini nell’Italia del Cinque e Seicento” (p. 345-600), e qui segnalo di seguito, a
utilità dei lettori, l’elenco degli scrittori presenti nell’opera: [1] Giovanni Pili da Fano
(† 1539), p. 347-349; [2] Bernardino Palli d’Asti († 1554), p. 350-352; [3] Bernardino
Ochino da Siena († 1564) p. 353-358; [4] Bernardino Ferraris da Balvano († 1568/70),
p. 359-366; [5] Mario Fabiani da Mercato Saraceno († 1581), p. 367-379; [6] Giovanni
Maria Bruno da Tusa († 1584), p. 380-385; [7] Silvestro Franco da Rossano Calabro
(† 1596), p. 386-390; [8] Cornelio Castellucci da Urbino († 1603), p. 391-401; [9]
Anselmo Marzati da Monopoli († 1607), p. 402-408; [10] Mattia Bellintani da Salò
(† 1611), p. 409-426; [11] san Lorenzo Rossi da Brindisi († 1619), p. 427-442; [12]
san Giuseppe Desideri da Leonessa († 1612), p. 443-449; [13] Matteo Lolli da Agnone
(† 1616), p. 450-455; [14] Paolo Manassei da Terni († 1620), p. 456-458; [15] Mariano
Orofino da Alcamo († 1622), p. 459-466; [16] Francesco Longo da Corigliano Calabro
(† 1625), p. 467-471; [17] Alessio Segala da Salò († 1628), p. 472-480; [18] Bernardino da Gorlago, detto da Bergamo († 1630), p. 481-486; [19] Cristoforo Facciardi da
Verucchio († 1630), p. 487-495; [20] b. Tommaso Acerbis da Olera († 1631), p. 497503; [21] Pietro Citi da Martina Franca († 1645 ca.), p. 505-518; [22] Giovanni Maria
Zamoro da Udine († 1649), p. 519-529; [23] Ignazio Carnago da Carnago († 1650), p.
530-535; [24] Cristoforo Cortesella da Como († 1654), p. 536-537; [25] Michele da
Cosenza († 1650/56), p. 538-542; [26] Gianfrancesco Torre da Lucca († 1665), p. 543546; [27] Marcantonio Galizzi da Carpenedolo († 1665), p. 547-554; [28] Pietro Rota
da Martinengo († 1669), p. 555-559; [29] Giuseppe Taverna da Cammarata († 1677), p.
560-570; [30] Angelo Boncaro da Frescarolo († 1690?), p. 571-579; [31] Cirillo Rossi
da Bergamo († 1692), p. 580-583; [32] Francesco Tognarelli da Bagnone († 1692), p.
584-594; [33] Isaia Menagliotti da Milano († 1692), p. 595-600. In sintesi: i testi di tali
frati scrittori ci offrono un quadro variopinto della spiritualità cappuccina mariana, che
viene narrata attraverso una molteplicità di riflessioni teologiche e spirituali, e di ardenti
prediche al popolo e di devozioni, imbevute di pratiche di pietà e in versi poetici, in canti, poemi e sonetti pieni d’affetto, che sfociano in orazioni devote a Maria e a i suoi tanti
misteri. Tale documentazione si rivelerà molto utile per aprire altri percorsi di ricerca. Il
volume si conclude con l’Indice dei nomi (p. 601-610).
Gianluca Crudo
Istituto Storico dei Cappuccini − Roma
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Kuster, Niklaus, Vavřinec z Brindisi na cestách Europy: životní příbĕhy slavného
dipolmata kazatele a šiřitele Řádu kapucínů v zaalpských zemích – doplnĕné o rozbory jeho promluv na téma dvou mariánských dogmat [Loretánské náměstí 6/99;
CZ 11800] Praha, Provincie kapucínů v ČR, 2016. 21 cm, 164 p. ill. − ISBN
978-80-90-6074-2-2
Il volume presenta la traduzione dal tedesco al ceco del libro “Laurentius von Brindisi. Apostel auf den Strassen Europas”, pubblicato nel 2010, scritto da Niklaus Kuster,
un frate cappuccino della Svizzera. Il testo, molto coinvolgente e piacevolissimo da leggere, grazie alle numerose fotografie, apparati grafici e carte geografiche, propone una
descrizione dettagliata della vita di san Lorenzo da Brindisi, seguendo le biografie ufficiali del Santo, l’Opera Omnia di Doctor Apostolicus ed alcuni materiali originali degli
archivi cappuccini in Svizzera, Austria e Italia.
Il libro, inoltre, è stato anche arricchito di due testi riguardanti la dottrina mariana
di san Lorenzo. Il primo è la traduzione dei due capitoli del libro di Jêrome de Paris,
intitolato: “La doctrine Mariale de saint Laurent de de Brindes” (Roma, 1933). Il secondo è un brano della tesi di laurea di Jiří Filipi presentata nel 2007 presso l’Università
Palackého di Olomouc, inerenti all’Assunzione della beata Vergine nei sermoni di san
Lorenzo da Brindisi.
Chiude il volumetto, un’appendice che raccoglie l’indice, le fonti e la bibliografia
generale. Il libro curato e tradotto da Pacifik Matějka, frate cappuccino della Provincia
Ceca, rappresenta certamente un contributo importante per chi vuole approfondire i
temi che riguardano la vita e l’insegnamento di san Lorenzo da Brindisi.
Daniel Kowalewski
Istituto Storico dei Cappuccini −Roma
Mastroianni, Fiorenzo Ferdinando, Insediamenti di Cappuccini e Cappuccine
in Campania. Alvito, Amalfi, Apice [Via Macedonia, 13; I-80137] Napoli, Edizioni
Cappuccini, 2016. 24 cm, 440 p. ill. – ISBN 978-88-89827-28-4
Premesso un rapidissimo elenco dei conventi che hanno fatto parte di quella che
fino alla fine del secondo millennio era denominata Provincia di Napoli e Terra del Lavoro, e che comprendeva anche i conventi collocati nei Principati Citra e Ultra e nello
Stato Pontificio, nel volume si presenta la storia di tre conventi: Alvito, Amalfi e Apice.
(Alvito, p. 15-822; Amalfi, p. 83-209; Apice, p. 211-324). Segue poi una breve sintesi
storica sulla Provincia (p. 327-361); le Fonti edite e la Bibliografia (p. 363-397); e infine
gli Indici dei nomi e l’Indice generale (p. 401-440).
Le notizie sui conventi sono disposte in ordine cronologico per secolo dal Cinquecento al Novecento. Oltre una breve nota sul luogo e la storia della città viene indicata la
fondazione del convento e gli interventi o rinnovo delle strutture e la presenza di religiosi
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RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
significativi come superiori, predicatori, apostoli di carità o fratelli che si sono distinti
per la loro attività artigianale o per altro. Religiosi dei quali viene messa in risalto la vita
santa come nel caso di fra Tommaso da San Donato del territorio di Alvito, o Geremia da
Vallacchia e di altri fratelli laici. Agli inizi del Seicento il convento di Alvito era ancora in
costruzione. Vengono ricordati anche i frati nativi di Alvito e altri distintisi come guardiani, come maestri di novizi o la cui presenza ad Alvito viene testimoniata da qualche
volume stato a loro uso e lasciato alla libreria di detto convento, come fra Giovanni Battista da Alvito, uomo dotto e lettore, che lascia un Tractatus de privilegiis clericorum, donatogli dal giurista Paolo Scquillante e altri libri, alcuni anche in spagnolo. Ricorda anche
altri eventi come i terremoti e altre notizie raccolte da relazioni di scrittori dell’Ordine
come Filippo Bernardi da Firenze e registra anche altri frati non ricordati dal Necrologio
della provincia come Pietro Paolo da Napoli e Valerio da Napoli che lasciarono libri alla
biblioteca di Alvito. Sono pure presenti annotazioni circa le vicende materiali e spirituali
del convento, come in occasione della soppressione napoleonica che determinò la perdita del convento e la disgregazione della comunità religiosa. Della biblioteca c’è traccia di
alcuni volumi anche nella biblioteca diocesana di Sora, resi noti dall’Inventario redatto
nel 2004 da Benedetto Volpe.
Ad Amalfi i cappuccini si insediarono nel 1583 in S. Pietro La Canonica luogo
in buona posizione, alta e ariosa e dotato di giardino, oliveto e di selva, mentre l’antico
edificio monastico si presentava con un chiostro colonnato e una comoda chiesa ricca
di preziose reliquie. Seguendo lo stesso percorso usato per il convento di Alvito, anche
per Amalfi l’autore identifica e porta a conoscenza religiosi non inseriti nel Necrologio,
come Valentino da Nocera e altri presenti nel convento di Amalfi nel 1650: Angelo da
Cava, Stefano da S. Maria Maggiore di Capua (Santa Maria Capua Vetere), Deodato da
Napoli, Giovanni Maria da San Severino, Michele da Miano, Clemente da San Severino, Dionisio da Morra. L’autore ricorda anche i rapporti con l’autorità ecclesiastica e
civile, fa memoria di frati nativi di Amalfi, sottolinea la presenza della documentazione
dell’antico monastero e la ricchezza e la valorizzazione del grande reliquiario. Ricorda
le vicende della fine del secolo XVIII, la soppressione e la diffusione del brigantaggio.
Il convento nel 1815 venne ceduto al Seminario di Policastro. Ci fu anche un tentativo
di appropriarsene da parte della provincia cappuccina di Salerno. Il convento venne riaperto per alcuni anni e venne definitivamente chiuso per la soppressione del 1866; e nel
1882 divenne “Hotel Cappuccini”.
Il convento di Apice fu edificato nel 1535 ad istanza di Innico Guevara e della popolazione del luogo, con poche celle e una stanza per la libreria. Il convento fu lungamente legato alla famiglia Guevara. L’autore ricorda anche diversi frati morti ad Apice
o originari di Apice, come P. Angelico da Apice (in Registrum scripturarum, MHOMC,
36, non 110, ma 210) ignoti al necrologista. Il convento, nei secoli XVII-XVIII subì
molti danni a causa di terremoti. All’inizio dell’Ottocento, precisamente con la legge del
9 agosto 1809 il convento subì la generale soppressione, venne occupato dai militari “e
in seguito fu gestito da secolari fino al 1938”. Acquisito per asta pubblica dal Comune
RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
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di Apice nel 1868 e gestito attraverso appalti a privati cittadini, dopo ripetuti tentativi
ritorna ai cappuccini il 27 dicembre 1938. L’autore aggiunge una sintesi storica sulla provincia di Napoli (p. 327-361). Conclude l’indagine sui tre conventi di Alvito, Amalfi e
Apice, indicando il materiale del quale si è servito: Fonti inedite e edite, e bibliografia
generale (p. 363-397) e conclude con l’indice dei nomi. Del volume è doveroso sottolineare le nuove acquisizioni per la storia dei conventi e di singoli frati e ringraziare l’autore
per il prezioso sussidio offerto a tutti coloro che hanno il compito di pubblicare le fonti
storiche dell’Ordine.
Giuseppe Avarucci
− Università di Macerata
Mastroianni, Fiorenzo Ferdinando, Insediamenti di Cappuccini e Cappuccine in
Campania. Aversa (1545-1811; 1881-1903) [Via Macedonia, 13; I-80137] Napoli,
Edizioni Cappuccini, 2017. 24 cm, 326 p. ill. – ISBN 978-88-89827-11-6
L’autore presenta una serie di significative informazioni sulla città di Aversa, sul
convento dei cappuccini e su un gruppo di frati che rivestirono ruoli importanti sia nella
vita conventuale, sia in relazione alle vicende ecclesiastiche e politiche che si svilupparono nel tempo nel territorio della provincia napoletana. Su richiesta del vescovo Fabio
Colonna i cappuccini nel 1545 accettarono di fondare un convento ad Aversa. Nel 1567
il capitolo generale vi fondò l’ottavo studio generale dell’Ordine. Tale scelta contribuì
a rendere il luogo di Aversa di notevole rilievo e nel 1576 ne procurò la ricostruzione e
vi furono stabiliti religiosi che per la loro vita e per le loro doti divennero punto di riferimento per i confratelli e noti e stimati anche fuori dell’Ordine. Il convento di Aversa
ebbe anche una biblioteca il cui catalogo è stato rinvenuto dall’autore di questo volume
nel Codice Vaticano Latino 11325 (p. 106-112v) della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Della biblioteca di Aversa e di altre dei conventi della provincia di Napoli, hanno scritto
anche Romeo De Maio e Silvia Sbordone. Per il Seicento l’autore dedica pagine interessanti sul ruolo del convento di Aversa e di alcuni cappuccini in occasione della rivolta di
Masaniello. E nel secondo Seicento si intrattiene sulla inchiesta innocenziana (1650) e
su alcuni frati come Girolamo Grisone da Napoli, Teodoro da Napoli, Feliciano da S.
Maria, Bernardino da Melito, ignoti al necrologista; e su altri come Antonio da Arienzo, pure ignorato dal necrologista, che dal provinciale Marco Orsino ebbe l’incarico di
scrivere la vita e i miracoli di p. Andrea da Morra, morto in concetto di santità nel 1645.
Ricorda anche p. Antonio da Olivadi, per molte ragioni legato con il card. Fortunato
Carafa, e presente ad Aversa per la predicazione di una “fruttuosissima missione” nel
1694. Il Settecento è ricco di fatti memorabili a cominciare dal cambio del governo del
Regno dai Borbone agli Austriaci, preceduto dalla congiura napoletana detta di Macchia
che produsse ad Aversa confusione, subbugli, assalti a edifici pubblici e distruzioni di
archivi. Anche nel contesto ecclesiale vi fu un cambio evidente con la nomina del ve-
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scovo Innico Caracciolo, che governò per un trentennio e la cui opera fu riconosciuta e
celebrata anche da Benedetto XIII che nel 1727 fece visita al grande prelato. Ad Aversa si
distinsero anche i cappuccini che aprirono anche una scuola pubblica. Nel periodo risaltano Bernardo da Grumo, noto quaresimalista, Francesco Saverio da Giuliano, maestro
della scuola pubblica del convento, Felice da Grumo, noto predicatore e lettore, che fu
anche provinciale. Diversi furono i frati aversani che si distinsero nel periodo ed alcuni
furono coinvolti nelle vicende della Repubblica partenopea. Seguì poi il decennio della
presenza francese e l’ordine di soppressione del 1811. Vi furono tentativi per la permanenza dei frati nel convento, che poi venne utilizzato come manicomio. Vanne riaperto
nel 1881-1885. La chiusura definitiva del convento di Aversa avvenne il 30 luglio 1903.
Alcune pagine (p. 273-279) vengono dedicate alla presenza delle monache cappuccine
in Aversa, con un ricordo particolare di suor Raffaela Coppola entrata in monastero il
10 ottobre 1910 e morta il 4 ottobre 1922. Il volume si conclude con l’elenco delle Fonti
inedite, della Bibliografia e l’Indice dei nomi. Concludo sottolineando la lungimiranza
dell’autore nella raccolta della documentazione su singoli conventi e singoli frati in vista
di una futura storia della Provincia cappuccina di Napoli.
Giuseppe Avarucci
− Università di Macerata
Mopoзoв, Kocтянтин [Konstiantin Morozov], I він бyдe вaм cвiдкoм:
Biнницкий кaпyцинcький мoнacтиp [ул. Соборна, 12 UA-21050] Вінниця, Clara
Studio, 2016. 20 cm, 148 p. + 20 tav. ill. (= Convento dei cappuccini a Vinnytsia in
Ucraina)
Il libro intitolato “E lui sarà il vostro testimone: il convento dei frati cappuccini a
Vinnytsia” è stato scritto per la celebrazione del 270° anniversario dell’arrivo dei frati
cappuccini a Vinnytsia in Ucraina (21 settembre 1746). Il volume ripercorre le tappe
più importanti della storia del convento e della chiesa dei cappuccini a Vinnytsia: la
fondazione e lo sviluppo durante la Repubblica di Polonia (1745-1795); il tempo della
partizione russa e la soppressione zarista (1795-1888); dalla dissoluzione del convento
fino all’era sovietica (1888-1917); l’epoca dell’Unione Sovietica (1917-1990); i tempi
moderni (1990-2016).
La fonte principale dello studio è stata la “Cronaca del convento”, che copre
l’intervallo dal 1746 fino al 1861. L’originale della Cronaca non è mai stato trovato,
ma esiste una traduzione dal latino al polacco di Eustachy Iwanicki conosciuto sotto lo
pseudonimo di Heleniusz, conservata presso la biblioteca dell’Università Jagellonica a
Cracovia, ed un’altra traduzione parziale dal latino al russo di Ivan Szypowicz, il prete
ortodosso di Vinnytsia. Oltre alla Cronaca, sono stati utilizzati i documenti degli archivi
di Vinnytsia e Khmelnytskyi, mentre le informazioni più recenti sono state prese da
testimoni oculari.
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439
Il volume è corredato di un vasto apparato fotografico, ricavato dagli archivi, che
testimonia la mutazione della fondazione nel susseguirsi della storia. Grazie all’impianto
critico e a una cospicua bibliografia, il libro di Konstiantin Morozov (frate cappuccino
della Custodia d’Ucraina e attuale guardiano e parroco a Vinnytsia) costituisce un contributo importante per gli studi inerenti alla storia del complesso claustrale di Vinnytsia
e dei cappuccini in Ucraina.
Daniel Kowalewski
Istituto Storico dei Cappuccini −Roma
Lo jardiner hortolà y florista (1852) Caputxins de Catalunya, introducció fra
Valentí Serra de Manresa; estudí ling̈ístic Monserrat Alegre i Urgell; transcripció
Joan Luna i Balaguer – Xavier Luna-Batlle (Coŀlecció scripta, 8) [Ausiàs Marc, 9298; E-08013] Barcelona, Publicacions de l’Abadia de Montserrat, 2016. 22,5 cm, ill.
– ISBN 978-84-9883-865-7
El P. Valentí Serra de Manresa, reconocido historiador capuchino catalán, publica
un pequeño tratado de horticultura y floricultura, editado por los capuchinos catalanes
exclaustrados en 1852 y todavía después en 1881. Los exclaustrados recopilaron en esta
obra los usos populares sobre el modo de cultivar verduras, hortalizas, árboles y flores, y
aquéllos que habían usado los hortelanos capuchinos antes de la exclaustración de 1835,
en sus huertas, algunas de ellas muy conocidas, como la denominada “Jardín de Jericó”,
del convento Montecalvario, de Barcelona, y la del convento de Santa Madrona (actual
plaza Real), también en Barcelona. Seguramente el autor o los autores, que en este momento nos es imposible conocer, utilizaron para su composición algunos manuscritos
que conservaban distintas recetas, modos de cultivo y tradiciones. Además, y de alguno
se dice expresamente en el título, la obra tuvo muy en cuenta otros libros publicados
sobre la materia, que son sus fuentes. Así a lo largo de la obra se menciona varias veces el
Semanario de agricultura y artes dirigido a los párrocos, que se publicaba en Madrid desde 1797. El anónimo capuchino se sirve también frecuentemente del famoso Llibre del
Prior, de fray Miquel Agustí, publicado en Barcelona en 1617, que a su vez tuvo como
fuente principal la obra de Charles Estienne y Jean Liébault, L’Agriculture et Maison rustique. Otro libro utilizado fue el del presbítero del Rosellón, Pere Marcè, titulado Essai
sur la manière de recueillir les denrées de la Province de Rousillon, publicado en 1785. De
no menor importancia fue la obra Espectáculo de la naturaleza, de Noel Antoine Pluche,
en dieciséis volúmenes, muy apreciada en los conventos de España, sobre todo la versión castellana de Esteban de Terrero, publicada en Madrid entre 1754 y 1758. El autor
de “Lo jardiner” utilizó particularmente el volumen tercero, que trataba sobre “Flores,
Jardinería y Huertos”. En la portada se dice que el opúsculo fue “arreglat segons Liger y
altres autors”, lo que nos lleva a la obra de Louis Liger, de Auxerre, titulada Le Jardinier
fleuriste et historiographe, publicada en París en 1704. Y con frecuencia el texto remite a
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“Montb.”, abreviatura seguramente de Ovidius Montalbanus, nombre literario de Ulisses
Aldovrandi, que había editado en 1668, en Bolonia, un libro, que llegó a ser muy conocido, sobre los árboles: Dendrologiae naturalis scilicet arborum historiae. Las citas de otros
autores no ha sido posible identificarlas.
Pero la obra se edita en la colección Scripta, de la Universidad de Barcelona, que
publica textos catalanes antiguos y contemporáneos interesantes para la evolución de
la lengua, por su valor ling̈ístico para la lengua catalana, lo que queda de manifiesto en
el estudio ling̈ístico de Montserrat Alegre i Urgell, que antecede a la transcripción del
texto “Lo jardiner hortolà” y que sigue a la introducción histórica de Valentí Serra. El
estudio ling̈ístico, aunque breve (p. 23-30), se centra en aspectos tan importantes como
la grafía, fonética, morfología nominal, morfología verbal y vocabulario. Los transcriptores del texto, Joan Luna i Balaguer y Xavier Luna-Batlle, señalan que han respetado el
texto en su morfología, sintaxis y léxico, introduciendo solamente cambios en la acentuación, puntuación, cursivas del texto original y en algunos otros detalles, lo que sin duda
representa una ayuda para el lector. La publicación termina con dos apéndices de estilo
ling̈ístico, uno con los nombres de hortalizas, árboles frutales, hierbas medicinales y
flores en catalán normativo y otro de términos de horticultura y floricultura en catalán
normativo, así como con un glosario en el que las palabras catalanas antiguas, que ofrecen
alguna dificultad para la comprensión, se emparejan con las modernas.
He dejado para el final el contenido de Lo jardiner hortolà y florista (1852), que
ahora expongo brevemente. La obra consta de cuatro partes, las dos primeras dedicadas a la horticultura y las otras dos, tercera y cuarta, a la floricultura. La primera parte,
que consta de ocho capítulos de distinta extensión, trata del modo de cultivar y preparar (abonar) la tierra para la siembra y plantación de verduras, hortalizas y frutales. Se
describe el modo de tratar y cultivar las distintas verduras y ensaladas: acelgas, borrajas,
perejil, espinacas, pimientos, berenjenas, coles, brócolis, cardos, apios. Además se describen también las hierbas que se usan para las salsas, distinguiendo entre ellas las fuertes y
picantes. Del mismo modo se trata de las hortalizas más comunes, o frutas de la tierra:
espárragos, alcachofas, cardos, calabazas, melones, guisantes, judías. El último capítulo
se ocupa de las hierbas medicinales. La segunda parte de la horticultura se dedica “al
año del hortelano”, señalando para cada mes lo que se debe sembrar o plantar, así como
los preparativos que hay que hacer en la tierra, y el modo de plantar varias verduras y
hortalizas. Al final, en el capítulo tercero, se ofrece un catálogo de hortalizas. En la parte
tercera, que se centra en la floricultura, en dos capítulos, se describe el modo de cultivar
las flores: preparación, abono, tiempos más adecuados para sembrar, modo de recoger las
flores, etc. En el capítulo segundo de esta tercera parte se detalla cómo cultivar cada flor
en particular (tulipanes, nardos, lirios, camelias, pensamientos, jazmín, rosas, claveles,
violetas, dalias, crisantemos, etc.), hasta setenta y ocho flores distintas, y algunos árboles
como el albaricoque, ciruelo, naranjo, limonero, manzano. En la cuarta parte se insiste
de nuevo en el “año del jardinero o florista”, para cada mes se indica lo que hay que hacer
y qué flores sembrar o plantar y cómo cultivarlas. Se da una tabla con los meses en que
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florece cada flor, y los remedios para hacer crecer las plantas acabando con los parásitos
(pulgones, limacos, caracoles, hormigas) que las dañan. Además el autor ofrece recetas
para perfumar con mayor intensidad las flores que tienen poco perfume y para colorearlas, y para conservar verduras, hortalizas y frutas para el invierno.
Agradecemos al P. Valentí la publicación de esta obra, aunque ya editada dos veces
en el siglo XIX, que muestra una vez más la inserción de los frailes capuchinos entre las
gentes más sencillas de la sociedad, como eran los campesinos y hortelanos, y su capacidad para compartir su vida, así como sus ilusiones y esperanzas, por sencillas que puedan
parecer.
José Ángel Echeverría
Facultad de Teología del Norte de España – Vitoria
Kuster, Niklaus, Konrad von Parzham, Menschenfreund und Gottesmann (topos taschenb̈cher, 1115). [Hoogeweg 100; D-47623] Kevelaer, Butzon & Bercker,
2018. 18 cm, 144 p. (€ 10,00) ISBN 978-3-8367-1115-9
Rechtzeitig zum 200. Geburtsjahr des heiligen Bruder Konrad (1818-1894) erschien diese neue Biographie: handlich, mit vielen Informationen gesättigt und doch
leserfreundlich, illustriert mit 26 Bildern, darunter das einzige Foto, das es von dem
Heiligen gibt: Bruder Konrad auf dem Sterbebett (S. 124). Bruder Niklaus bemerkt
dazu klug: Es muss dem Guardian aufgegangen sein, dass hier ein außergewöhnlicher
Bruder gestorben ist, sonst hätte er nicht den Fotografen gerufen. Bis dahin verlief alles
in scheinbar gewöhnlichen Bahnen. 41 Jahre lang tat Bruder Konrad seinen Dienst an
der Klosterpforte in Altötting, dem größten Marien-Wallfahrtsort in Bayern. Konrad
war der erste, der aufstand, um die Gnadenkapelle aufzuschließen, wo auch heute noch
um 6 Uhr die erste Heilige Messe gefeiert wird. Dann richtete er in der Sakristei die
Gewänder f̈r den Priester und in der Kapelle den Altar f̈r die Zelebration, er selbst ministrierte bei der heiligen Handlung. Danach blieb etwas Zeit f̈rs Morgenbrot und das
Aufräumen der Zelle. Bald rief ihn auch schon das Glockenzeichen von der Pforte, das
sich noch Dutzende Male am Tag wiederholte: Eine Wallfahrerin will eine Messe bestellen, ein Wallfahrer bei einem bestimmten Pater beichten, ein Durchreisender bittet um
Essen, eine arme Mutter um Brote f̈r ihre Kinder, Handwerksburschen auf der Suche
nach Arbeit wollen ein Bier, Kinder ein Heiligenbildchen. In aller Geduld versucht der
Pförtner die Ẅnsche zu erf̈llen. Wo er nicht helfen kann, verspricht er das Gebet. So
wortkarg er ist, sein Wort kommt aus dem Herzen und trifft das Herz, es tröstet, baut
auf. Die Menschen fassen Vertrauen, f̈r manche wird er zum Freund, zum geistlichen
Begleiter; so schreibt er auch Briefe, kurz und klar. F̈r die Klosterinsassen ist das eher
normal, gewöhnlich, sie merken erst beim Tod, wen sie in Bruder Konrad verlieren. Der
eine oder andere, vor allem wer sein Oberer war, muss zugeben, dass er zu hart mit ihm
umging, zu wenig darauf achtete, dass der Pförtner freie Zeit bekam und frische Luft.
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RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
Vor dem Eintritt bei den Kapuzinern 1849 hatte Johann Birndorfer auf dem Venushof in Parzham gelebt und ziemlich frei gewirtschaftet, den Unbilden der Natur ausgesetzt, doch aufgehoben im Rhythmus des Jahres und geborgen in tiefer Frömmigkeit,
die ihn in zwölf zeitgenössische Bruderschaften eintreten ließ, 1841 – mit 23 Jahren
– auch in die Laiengemeinschaft des Dritten Ordens von Altötting, 50 km von seinem
Hof entfernt. Johann verzichtete f̈r 20.000 Gulden auf sein Recht, den Venushof zu
̈bernehmen. Das Geld spendete er gezielt f̈r Arme der Umgebung, f̈r die Erweiterung
des Friedhofes seiner Pfarrei in Weng, f̈r die Mission in Übersee und f̈r den gerade
erst gegr̈ndeten Bonifatius-Verein (der ihn später zum Mitpatron erkor). Bekannt f̈r
sein Pilgern und seine Zur̈ckgezogenheit zum Gebet, bekam Johann im Noviziat den
Namen Konrad in Erinnerung an den seligen Einsiedler Corrado Confalonieri aus Piacenza (1290-1351), der auch dem Dritten Orden angehörte. Der Bauer ging ins Kloster,
um mehr Zeit f̈r Gott zu haben. In Wirklichkeit aber musste er schauen, wie er bei der
vielen Arbeit noch Zeit zum Beten er̈brigte. Dass er die ihm ̈bertragene Aufgabe so
beherzt annahm, was jeden Tag gleich blieb so treu durchf̈hrte und was unversehens
dazwischenkam so ruhig bewältigte, das macht seine Größe aus. Sie wurde erst im Nachhinein deutlich – vor allem als Kontrast zu jener Ideologie, die den Machtmenschen
auf die Fahne schrieb und alles, was schwach war, auslöschen wollte. Eugenio Pacelli hat
dies als Nuntius in Deutschland erkannt und darum die Heiligsprechung gefördert. Sie
fand an Pfingsten 1934 in Rom statt wie schon die Seligsprechung nur vier Jahre vorher.
Pius XI. fand in seiner Ansprache deutliche Worte gegen den Rassenwahn und Messianismus Hitlers, ebenso die deutschen Bischöfe in ihren Hirtenbriefen. Die Katholische
Aktion widmete ihre Jahresversammlung im November 1934 dem neuen deutschen
Heiligen, dem ersten nach fast 200 Jahren, nachdem 1746 ein anderer Kapuziner, Fidelis
von Sigmaringen, kanonisiert worden war. Die Veranstaltung im Sportpalast in Berlin
geriet zur letzten Großveranstaltung der Katholiken in Deutschland, bevor Adolf Hitler
im selben Palast 1939 den totalen Krieg ausrief. Kuster erliegt nicht der Versuchung,
die Heiligsprechung Konrads nur politisch motiviert zu sehen; sie war schlicht zeitgemäß. Die Menschen haben das verstanden. So lebte die Konrad-Verehrung gerade nach
dem II. Weltkrieg wieder auf, wurde durch die Kapuziner in ganz Europa verbreitet und
durch deren Missionare auch in Übersee, besonders in Amerika, Indien und Indonesien.
In zwanzig kurzen Kapiteln ist der Schweizer Kapuziner Niklaus dem Lebensweg
seines um 150 Jahre älteren Mitbruders Konrad in Bayern nachgegangen; er hat sich vertieft in Zeiten und Orte – und sich ber̈hren lassen von der Geradlinigkeit, Klarheit und
Einfachheit dieses Mannes. Dies sp̈rt man vor allem an seinen dazwischengeschalteten
Briefen (Kap. III, VII, XI, XV) sowie am Vorwort und Nachwort, ebenfalls in Briefform
gerichtet an: Lieber Bruder Konrad und datiert auf Luzern, Frühling 2017, und Altötting, Herbst 2017 (S. 7-10, 136-139). Ein halbes Jahr ging der Autor also mit Bruder
Konrad schwanger; herausgekommen ist eine Biographie, die bei aller Anerkennung der
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Zeitunterschiede auch ins Heute spricht. Dies tun auch die acht Farbtafeln in der Mitte
des Buches: Aquarelle von Rosemary Dorner-Weise aus dem Jahr 1983.
Leonhard Lehmann
Pontificia Università Antonianum − Roma
Mooney, Catherine M., Clare of Assisi and the Thirteenth-Century Church.
Religious Women, Rules, and Resistance (The Middle Ages Series) [www.upwnn.
edu/pennpress; P.O. Box 50370, Baltimore MD 21211 USA] Philadelphia PA,
University of Pennsylvania Press, 2016. 23 cm, 312 p. ill. ($ 65,00 | £ 42,50) ISBN
978-0-8122-4817-2
Die Autorin war im Herbst 2009 eingeladen, als Visiting Professor am Franciscan
Institute at St. Bonaventure University zu lehren. Dort wurde sie von Kollegen wie
Michael Blastic OFM, Michael Cusato OFM und Margaret Carney OFS angeregt, dieses
Buch ̈ber Klara zu schreiben; sie fand dort auch die nötigen B̈cher und Zeitschriften.
So konnte sie die reichhaltige Literatur zu Rate ziehen, die in den letzten dreißig Jahren
erschienen ist. Einen Wendepunkt in den kritischen Studien zu Klara sieht sie zu Recht
im Jubiläumsjahr 1993/94, als wir den 800. Geburtstag der Heiligen aus Assisi feierten.
Dabei schreibt sie ebenfalls zu Recht den italienischen Forscherinnen und Forschern den
Hauptanteil erneuerter Studien zu, die 2003 nochmals zunahmen anlässlich des 750.
Todesjahres Klaras, wobei jetzt die Klarissen (der Föderation Umbrien-Sardinien) selber
mitwirkten und eine neue kritische Edition der Klara-Regel mit gr̈ndlichem historischspirituellen Kommentar besorgten (3 Bände, Padua 2003-2007). Die vorausgehende
Wende sieht C. Mooney 50 Jahre zuvor, als Engelbert Grau OFM Klaras Schriften ins
Deutsche ̈bersetzte und mit guten Einleitungen versah, eine Ausgabe, die 1953 auch
auf Englisch erschien. In ihrer Einf̈hrung (S. 1-14) blickt die Amerikanerin auf diese
Wendepunkte zur̈ck. Sie erklärt, die neuen Erkenntnisse aus Italien jenseits des Atlantik
zu Gehör bringen, aber auch ihrerseits neue Sichtweisen vorbringen zu wollen; so ist f̈r
sie die Wut verständlich, mit der Onkel Monaldo und sein Clan Klara und Agnes zur
Familie zur̈ckholen wollten, nicht nur weil sie ausgeb̈xt sind, sondern weil Klara nach
dem Zeugnis von Beatrix “ihr ganzes Erbe und einen Teil von Beatrix’ Erbe verkauft und
den Armen gegeben hat” (ProKl XII 6: KQ 169). Diese Tat “is a clash about property,
eminently Franciscan” (S. 28); sie zeigt den Bruch zum Verhalten anderer Nonnen. Ferner
ist die von Innozenz IV. gegebene Regel keineswegs milder als jene von Hugo (S. 140). C.
Mooney benutzt in ihrer Studie auch mehr päpstliche Briefe als fr̈here Autoren.
Das Buch ist in neun Kapitel eingeteilt: Das erste umfasst “Clare’s Childhood and
Conversion to Religious Life, 1193 to 1211”, wobei die Autorin darlegt, dass es sich um
den Weg eines religiösen Lebens schon daheim ̈ber den Versuch bei den Benediktinerinnen in San Paolo in Bastia, dann bei den Waldschwestern in Sant’Angelo di Panzo bis
zur Bleibe in San Damiano handelt. Die Begriffe conversio und religio haben in jener Zeit
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RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
diese Weite. Kapitel 2 handelt dann von der sich bildenden Gemeinschaft von 1211 bis
ca. 1216. Sie Pönitentinnen zu nennen ist richtig, weil Franziskus auf sie genau jene Titel
anwendet, die er im hymnischen Teil seines Briefes an die Gläubigen gl̈cklich preist:
“Selig jene Männer und Frauen, die Buße tun und darin ausharren” (1 Gl 1,5: FQ 123):
“The Early San Damiano: a House of Penitents” (S. 30-53). Dass sie “Töchter des Vaters, M̈tter des Sohnes und Bräute des Heiligen Geistes sind”, f̈hrt Franziskus in seiner
Forma vivendi so dicht und poetisch aus, dass der kurze Text zusammen mit der Ultima
voluntas sicher authentisch ist. Doch statt Niklaus Kuster und Carlo Paolazzi zu nennen,
dämpft die Autorin jegliche Sicherheit dadurch, dass sie es nur “quite believable” findet,
“that Clare’s quotation of Francis’ exhortative forma vivendi is an authentic expression of
Francis’ voice” (S. 33). Auch beanstandet sie, europäische Ausgaben der Franziskus- oder
Klara-Schriften (so etwa FF 117-119) ẅrden “naively present Francis’ quoted words as
a stand-alone text, but its meaning cannot be fully grasped apart from the significance
that Clare poured into it when she placed it in the very center of her rule” (S. 32).
Kapitel 3 fasst die neuen Erkenntnisse der letzten Jahrzehnte zusammen, indem
M. zuerst kurz das traditionelle Bild, dann ausf̈hrlicher die Grade der Umwandlung in
ein Kloster zeichnet, wobei Kardinal Hugo San Damiano in den von ihm gegr̈ndeten
Frauenorden integrieren, ja es dank des Charismas von Klara zum spirituellen Zentrum
machen wollte, wogegen Klara sich wehrte, was dann in Kapitel 4 verhandelt wird: “Turning point: Negotiating San Damiano’s Singularity, ca. 1226 to 1230” (S. 67-88). Die
vier Jahre nach Franziskus’ Tod waren turbulent, und wie Maria Pia Alberzoni in Greyfriars Review 13 (1999) 105-123 aufgezeigt hat, war 1228 ein Angelpunkt: in diesem
Jahr schrieb Gregor IX. einen Brief an Klara, ebenso Kardinal Rainald von Jenne, der
neue “Vater und Herr” der Klöster in der Nachfolge von Hugo, der inzwischen Papst
geworden war; ebenso fällt in dieses Jahr Gregors Privileg der Armut (ein fr̈heres unter Innozenz III. erkennt M. nicht an, mit dem neuen Argument, dass die Verslegende
Klaras (Nr. 12) nur das Privileg von Gregor kennt. Ferner schrieb Thomas von Celano
ab 1228 seine Vita beati Francisci und Gregor IX. erließ 1230 seine Bulle Quo elongati,
die zur Spaltung des Ordo fratrum minorum f̈hrte. Indem M. alle diese Dokumente vorstellt und bespricht, bereitet sie den Boden f̈r den Blick nach Prag, wo Klaras Freundin
Agnes um ihren eigenen Weg der Armut kämpfte. Von mehreren Briefen Klaras an sie
interpretiert M. die vier erhaltenen in Kapitel 5: “Clare’s letters to Agnes of Prag” (S. 89116); sie bietet auch eine Tabelle ̈ber die bisher gebotenen Abfassungsdaten der Briefe
(S. 97), wobei ihre eigene Meinung weitgehend mit jener von Joan Mueller aus dem Jahr
2001 ̈bereinstimmt, ferner eine Tabelle zu den Fastenzeiten (S. 110f.).
In den späten 1230er Jahren bis 1246 ist kaum ein Wort von Klara zu hören, umso
lauter sprechen die rasch aufeinander folgenden Regeln oder Lebensformen, die aber
alle Klara nicht zufrieden stellen: “Contested Rules” (S. 117-134). Gregor IX. besteht
erneut auf seiner Forma vitae und schickt Agnes von Prag 1238 eine Kopie, verwirft
hingegen die von ihr entworfene samt jener kurzen von Franziskus, die er mit Säuglingsspeise vergleicht. Statt Armut durchzieht die Klausur Gregors Regel. Ihre flexible Beob-
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achtung, die Fasten- und Armutspraxis in San Damiano sowie der Bezug zu den Br̈dern
zeigen: hier wurde mehr auf Franziskus als Vorbild geachtet als auf Gregors Regel.
Umfangreicher fällt Kapitel 7 aus, ganz der Regel Innozenz IV. gewidmet, obwohl
diese nur von 1247 bis 1250 in Kraft blieb (S. 135-160). Sie sollte endlich den zwischen
zwei Regeln schwankenden Seelen Klarheit und Ruhe bringen, verschärfte aber nur den
Konflikt, der bis in die Spitzen reichte: auf der einen Seite Innozenz IV., auf der anderen
Crescentius von Jesi als Generalminister. F̈r das Scheitern dieser Regel machen einige
Forscher die Schwestern, andere die Br̈der verantwortlich, M. aber sieht den Hauptgegner im Kardinalprotektor Rainald (S. 151-160). Noch tiefgreifender neu erscheint
ihre Sicht im 8. Kapitel (161-196), das der Forma Vitae 1253 gilt: Hier stellt M. die
Autorschaft Klaras in Frage; einmal vom Textbefund her: Das von ihr sog. “Pergament
von Assisi” (S. 164), das mit Solet annuere beginnt, enthält f̈nf Items: Innozenz’ Bestätigungsbrief (09.08.1253), Rainalds Bestätigungsbrief (16.09.1252), die neue forma vitae,
das Datum von Rainalds Brief und jenes von Innozenz’ Brief. Klaras eigene Stimme ist
da nicht zu hören; dann von der Tradition her: Bis zu Beginn der Moderne galten Franziskus oder Hugo-Gregor oder Innozenz IV. als Autoren. Erst im 20. Jh. trat Klara als
Hauptautorin hervor, was Thadée Matura 1985 zu dem begeisterten Urteil veranlasste,
sie sei die erste Frau, die eine Regel f̈r Frauen verfasst habe, was seither oft wiederholt
wurde. Mooneys Schluss ist n̈chterner: In der Regel von 1253 vereinen sich mehrere
Stimmen: jene von Franziskus, von Klara und von anderen Schwestern; als Redaktor
mag Rainald von Jenne gelten oder auch Bruder Leo von Assisi.
Kapitel 9 behandelt „Clare’s last Words, ca. 1253” (S. 197-221), d.h. den vierten
Brief an Agnes, das Testament und den Segen. Während f̈r M. kein Zweifel besteht, dass
auch der poetische kontemplative Brief an Agnes authentisch ist, zögert sie, dies auch
f̈r die beiden anderen Dokumente anzuerkennen, obwohl sie zugibt, dass sie inhaltlich
völlig ̈bereinstimmen „with themes prevalent in Clare’s life and writings” (S. 212). Sie
zählt die lange Liste jener auf, welche die Echtheit des Testaments und des Segens verneinen, und jener, die sie bef̈rworten; unter diesen aber ignoriert sie zwei, welche 2013
die Echtheit von der Tradition der Handschriften her wie philologisch durch einen Vergleich mit den Briefen Klaras untermauerten; vgl. die Rezension von G. Avarucci in CF
83 (2013) 603-604. Im ̈brigen sind f̈nf Codices nicht wenige, zumal sie von Uppsala
bis Messina, von Br̈ssel bis Madrid verstreut sind, nur eine ist in Urbino.
Das Buch informiert gut ̈ber den Stand der heutigen Klara-Forschung (außer in
Kap. 9), aber nicht ̈ber “the Thirteenth-Century Church” (wie der Titel verheißt).
Eigentlich Neues bringt es f̈r mich nur in Kapitel 7 und 8, oder besser gesagt, es holt
vergessene Ansichten hervor und erweist einige davon als g̈ltiger denn moderne
Schlagworte. Wegen der vielen Daten, Namen und Dokumente ist die Lekẗre m̈hselig,
zumal der Verlag Endnoten statt Fußnoten bevorzugt.
Leonhard Lehmann
Pontificia Università Anonianum − Roma
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RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
S. Battista da Varano, Istruzioni al discepolo, a cura di Massimo Reschiglian;
prefazione di Marco Bartoli (La mistica cristiana tra Oriente e Occidente, 28) [Via
Montebello, 7; I-50123] Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio
Franceschini, 2017. 23,5 cm, XIV+284+[8 tav.] (€ 44,00) ISBN 978-88-8450-766-2
Come scrive nella Prefazione Marco Bartoli, merito del curatore di Istruzioni al
discepolo di S. Battista da Varano, Massimo Reschiglian, è certamente quello di aver definitivamente chiarito aspetti importanti che riguardano le qualità e la tradizione dei
manoscritti che tramandano il testo, ma ancor più di aver “definitivamente restituito
l’opera a Battista da Varano e di averne curato un’edizione critica esemplare, per metodo
e risultati”. Il curatore alle brevi note biografiche dell’autrice del testo fa seguire un esame
approfondito circa la trasmissione dello stesso testo, i manoscritti, le edizioni a stampa,
l’utilizzo e lo studio dell’opera, la datazione e il destinatario; affronta il problema delle
precedenti edizioni, dei giudizi e delle soluzioni proposte dai precedenti editori e dagli
studiosi che si sono interessati all’opera della da Varano. Dato importante risulta la tradizione del testo, che il curatore affronta, ritenendola dato importante “in vista della scelta
del manoscritto base” per l’edizione. Segnala e rettifica “il fraintendimento in cui sono
caduti taluni studiosi del XX secolo, i quali hanno ritenuto la versione al maschile come
la più antica e quella al femminile come opera di una consorella clarissa, e redatta diverso
tempo più tardi”. Come base per l’edizione del testo delle Istruzioni al Discepolo viene
scelto il manoscritto della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ms. Magliabechiano
XXXV,243: f. 218v-236r. Nelle Annotazioni preliminari (p. 47-123), vengono recensiti
anche gli altri testimoni sia manoscritti che edizioni a stampa, tutti ritenuti importanti
dal curatore “al fine della elaborazione del testo critico”. Rileva le dipendenze e le connessioni tra i vari testimoni, ma anche le distanze, e non trascura di metterli a confronto per
trarne spunto per offrire la più sicura soluzione per la ricostruzione del testo. Il confronto sinottico può evidenziare la provenienza da una fonte comune o orientare a una fonte
diversa. Anche alcuni riferimenti biografici nel testo, rimandano a una diretta esperienza
di vita, come il riferimento presente nel V Ricordo: “poi che [la madre] fu in religione
intese la dottrina dello Spirito Sancto, in modo che lei è stata anni 18 alla religione, et è
stata subdita et prelata”. Tale riferimento è di qualche importanza, poiché ha consentito
di collocare la composizione delle Istruzioni tra gli anni 1499-1501. Ma non mancano
nel testo altri spunti di questo tipo. Nella fase della edizione critica, il curatore, dopo un
esame accurato, ha stabilito che il ms. Magliabechiano XXXV,243 di Domenico Baglioni, a suo giudizio, è da preferire all’edizione a stampa del Cimarelli del 1621, “perché
quest’ultimo ci consegna il testo dell’originale copia manoscritta di suor Eufrosina Della
Corgna in una sua trascrizione influenzata dalle esigenze linguistiche e letterarie d’inizio ’600”, il curatore non trascura tuttavia nell’edizione critica, gli altri testimoni. Come
scrive Marco Bartoli, con questa edizione “possiamo dire di avere nuovamente accesso
al testo scritto dalla clarissa di Camerino”. Al recensore resta solo da sottolineare l’im-
RECENSIONES – COLLECTANEA FRANCISCANA 88 (2018) 1-2
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portanza di questo testo, espressione della spiritualità francescana del Rinascimento e
ringraziare Massimo Reschiglian che ne ha curato l’ottima edizione critica.
Giuseppe Avarucci
− Università di Macerata
Andrić, Ivo, Racconti francescani, a cura di Luca Vaglio (Narrativa) [Via Isonzo,
34; I-00198] Roma, Castelvecchi – Lit Edizioni, 2017, 24 cm, 185 p. (€ 17,50)
ISBN 978-88-3282-142-0
Ivo Andrić (1892-1975), nato a Travnik in Bosnia, trascorse gli anni dell’infanzia
e della prima giovinezza a Višegrad e a Sarajevo. Durante la seconda guerra mondiale si
stabilì a Belgrado ove rimase fino alla morte. Comincia la sua attività letteraria con la
pubblicazione della sua prima poesia nel 1911. Si è distinto in primo luogo come narratore. Alcuni suoi testi sono stati pubblicati solo dopo la sua morte. Ha scritto articoli,
saggi dedicati a personalità e fenomeni letterari dell’area serba e slava meridionale. La sua
fama è legata in modo particolare ai romanzi-cronache come La cronaca di Travnik e Il
ponte sulla Drina. L’opera di Andrić ha come oggetto privilegiato la Bosnia del periodo
ottomano e austro-ungarico. Ma anche i periodi dei due dopo guerra novecenteschi e di
altre realtà, in primo luogo Belgrado, dove soggiornò a più riprese. Ma i luoghi dei sui
racconti sono in sostanza il paese natale Travnik, Višegrad e Sarajevo, cioè le tre città
bosniache a lui più care. Viaggiò anche molto in Europa in qualità di incaricato o di
responsabile di varie rappresentanze diplomatiche del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni,
poi denominato Jugoslavia. Tra i filoni tematici dei suoi scritti, uno è legato ai Francescani bosniaci. Sono 10 racconti, pubblicati nell’arco di un trentennio, ai quali si aggiunge
come conclusione La leggenda di san Francesco d’Assisi. L’autore si interessa dei francescani in Bosnia, anche per la loro particolare situazione e storia, rispetto a tutti gli altri
ordini religiosi. La prima struttura dei francescani in Bosnia è il vicariato istituito nel
1339, con prima sede a Visoko, per contrastare l’eresia bogomila. Per tutto il ’300 e nei
primi del ’400 il vicariato ha una serie di conventi dislocati anche fuori della Bosnia, cioè
in Dalmazia, Repubblica di Ragusa, in Ungheria, Serbia e perfino in Puglia. Dalla metà
del ’400 comincia il ridimensionamento, anche a seguito della conquista della Bosnia da
parte degli ottomani (1463). Questa situazione, protrattasi per un lungo periodo, ebbe
come effetto che i conventi e la vita dei frati, all’interno dell’impero ottomano, ebbero
una struttura diversa rispetto a quella dei conventi situati altrove. Le condizioni e lo stile
di vita dei francescani durante la plurisecolare dominazione ottomana, sia nei conventi
che fuori, fu notevolmente condizionata dalla particolare situazione creatasi con l’occupazione ottomana. I frati uscivano dai conventi vestiti alla maniera dei contadini per non
essere riconosciuti, la loro lingua era intrisa di turchismi e così anche quella della popolazione cattolica. La loro vita e attività aveva lo scopo di mantenere viva, anche attraverso
la scuola e attraverso la solerte solidarietà, la comunità cattolica nell’ambito dell’impero
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ottomano, dove era necessario muoversi con grande prudenza in mezzo a molte difficoltà. I Racconti francescani sono dieci, pubblicati nell’arco di un trentennio, e ventuno
sono i personaggi, che si distinguono per il modo con cui l’autore narra le loro vicende e
definisce il loro ritratto. Interessanti i ritratti di fra Serafin Begić, Marko Krneta, Stjepan
Ramljak (aveva il soprannome di Disavventura) e Petar Jaranović. Fra Marko è completamente diverso da Petar. Molto combattivo il primo, mentre Petar è un tipo sereno: sa
coniugare le difficoltà e pesanti situazioni tra le persone con serenità e bontà. Fra Serafin
non è un personaggio facile, ma dove c’era lui la vita si riempiva di sorrisi e sparivano
noia e cupezza. Fra Ljubo Tadić era un formidabile imitatore, sapeva tutto dei frati, degli
imam, dei popi, e imitava tutti facendone la caricatura, oppure, dimentico della Regola,
alzava il saio, fissava i lembi alla cintola e danzava meglio di tutti i ragazzi del villaggio.
Fra Nicola Mumin, che mandato a studiare a Bologna risultò il migliore studente di teologia ed era ritenuto una speranza della provincia di Bosnia, era forte in latino e sapeva
il turco, dopo anni di insegnamento, trascorreva il tempo con la pipa, ma la sua mente
e i suoi pensieri rimasero saldi, come mostrò a un giovane frate, che intendeva lasciare
l’Ordine insieme a due compagni e chiedeva come poteva farlo. Alzando i limpidi occhi
azzurri, rispose: “Il tuo posto non è nel mondo e in Germania, ma in convento e in Bosnia. Che ci vuoi fare?”. Il volume si conclude con La leggenda di san Francesco d’Assisi,
scritta nell’ottobre del 1926 al compimento dei settecento anni dalla morte di san Francesco. Il curatore del volume ricorda anche che “la tematica francescana è presente nella
dissertazione di dottorato di Andrić, intitolata Die Entwicklung des geitigen Lebens in
Bosnien unter der Einwirkung der tϋrkischen Herrschaft (Lo sviluppo della vita spirituale
in Bosnia sotto l’influenza della dominazione turca). E in Racconti francescani offre al lettore una serie di vicende dove emergono personaggi dipinti con grande humour bonario
e gioioso, che mai si trasforma in critica dura diretta contro i frati.
Giuseppe Avarucci
− Università di Macerata
Giovanni Tebaldini (1864-1952) e la restituzione della musica antica, a cura di
Paola Dessì – Antonio Lovato (Centro Studi Antoniani, 61) [Piazza del Santo, 11;
I-35123] Padova, Associazione Centro Studi Antoniani, 2017. 24 cm, 217 p. ill. (€
23,00) ISBN 978-88-95908-07-6
Il volume raccoglie gli atti di una giornata di studi tenuta a Padova il 17 novembre
2015 per celebrare i 150 anni dalla nascita di Giovanni Tebaldini fautore del recupero
della musica antica. Vi hanno collaborato 11 studiosi che hanno trattato diversi aspetti
riferibili all’argomento della giornata di studi, che qui di seguito elenco, dicendo subito
che i brevi intervanti degli undici autori sono rivolti piuttosto agli addetti ai lavori. Mi
limito dunque ad elencare gli argomenti trattati che potranno essere utili a coloro che
si dedicano a questo campo di studi, forniti di conoscenze storiche sul tema e dotati di
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adeguata sensibilità: Antonio Lovato, Il recupero della musica antica tra Otto e Novecento. Progetti di ricerca; l’autore sottolinea l’importanza degli interventi promossi da varie
associazioni, da movimenti di riforma della musica sacra e anche da Università italiane,
tutti impegnati nella rivisitazione del canto gregoriano e della polifonia rinascimentale.
Ramón Saiz-Pardo Hurtado, Angelo De Santi e la musica liturgica. I fondamenti teologici
di una nuova disciplina; ricorda la figura di Angelo De Santi che nell’insegnamento e
in alcune pubblicazioni anticipa quanto poi verrà esplicitato dal Concilio Vaticano II,
come la partecipazione attiva dei fedeli nell’assemblea liturgica. Angelo De Santi non
era un musicista, ma fu tra i protagonisti riconosciuti della riforma della musica sacra.
Mauro Casadei Turroni Monti, Il cantus precarolingio per la musicologia ceciliana e Giovanni Tebaldini; l’autore esamina il primitivo canto cristiano e precarolingio fino alle
innovazioni portate da Gregorio Magno. Paola Dessì, Il “medioevo musicale” di Giovanni
Tebaldini: restituzione e conservazione; l’autrice scrive della riscoperta della musica antica
tra fine Ottocento e primo Novecento e dell’opera di restituzione dell’antico intrapresa
da Giovanni Tebaldini. Marco Caroli, Giovanni Pierluigi da Palestrina secondo Giovanni
Tebaldini; ricorda l’importanza di Giovanni Pierluigi da Palestrina e la riscoperta della
polifonia rinascimentale ad opera di Giovanni Tebaldini. Guido Milanese, Giovanni Tebaldini e l’accompagnamento al canto gregoriano; l’autore tratta dell’accompagnamento
organistico del canto gregoriano, dai primi tentativi tedeschi all’influsso delle teorie di
Solesmes sul ritmo gregoriano, alla scuola di Ratisbona. Anna Maria Novelli, Giovanni
Tebaldini e la “riviviscenza della tradizione” nelle ricerche del centro studi a lui dedicato;
l’autrice, nipote di Giovanni Tebaldini, ne ricorda la multiforme, rigorosa e appassionata
attività per il rinnovamento della cultura musicale in Italia. Anna Godóy López, The
recovery of ancient music from epistolary sources: The case of Felip Pedrell and Giovanni
Tebaldini; l’autrice presenta Felip Pedrell (1841-1922), compositore e figura centrale
circa le origini della musicologia in Catalogna e sul recupero della musica antica. Fu in
relazione epistolare con Giovanni Tebaldini. Dalle loro lettere è possibile ricostruire la
visione che i due avevano della musica antica. Lucia Boscolo Folegana, Giovanni Tebaldini trascrittore di musica antica; l’autrice ricorda l’iniziativa del Tebaldini, direttore della
schola cantorum di San Marco a Venezia, di eseguire e far ascoltare le opere dei maestri del
periodo classico della polifonia vocale. Luigi Lera, Giovanni D’Alessi trascrittore di musica
antica; l’autore richiama l’attenzione sul patrimonio di musiche polifoniche conservato
presso l’Archivio Capitolare del duomo di Treviso. Antonio Silvestri, Le trascrizioni di
musica antica nella corrispondenza di Giovanni D’Alessi; l’autore ricorda Giovanni D’Alessi, maestro di cappella della cattedrale di Treviso, scopritore e interprete con il suo
coro dei tesori musicali della scuola veneta del ’500.
La giornata di studi ha offerto una serie di spunti e materiale per proseguire e approfondire la ricerca non solo su Giovanni Tebaldini, ma pure su molti altri che tra la fine
dell’Ottocento e gli inizi del Novecento riscoprirono e si applicarono per far conoscere
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e utilizzare la musica antica, dal gregoriano alla straordinaria stagione della polifonia
rinascimentale.
Giuseppe Avarucci
− Università di Macerata
José Antonio de Donostia, Notas de folklore, ed. lit. Emilio Xabier Dueñas
(Obras Completas Padre Donostia, 10) [Miramar Jauregia – Miraconcha, 48;
E-20007] Donostia, Eusko Ikaskuntza – Sociedad de Estudios Vascos, 2016. 25 cm,
1082 p. ill. – ISBN 978-84-8419-274-9
Los cuatro últimos volúmenes de las Obras completas del P. Donostia (vols. VI-IX
-Cancionero vasco- dedicados a canciones y danzas) se publicaron en 1994. Ahora sale
a la luz el último volumen (décimo), dedicado al folclore, que como los demás, lo dejó
preparado, básicamente, el P. Jorge de Riezu antes de morir († 1992), con la colaboración
inestimable y generosa de Teresa Zulaica Arsuaga, sobrina del P. Donostia. El P. Jorge de
Riezu dedicó muchos años de su vida al estudio y publicación de las obras musicales (12
volúmenes) y literarias (10 volúmenes) de su gran amigo, contando con la ayuda de otras
personas expertas en la materia, como Juan Mari Beltrán y el P. Claudio Zudaire.
El padre José Antonio de Donostia, José Gonzalo Zulaica Arregui (Donostia [San
Sebastián] 1886 − Lekarotz 1956), capuchino, es considerado junto a Resurrección María Azkue como uno de los padres de la música vasca de la primera mitad del siglo XX.
Y aunque primero fue músico-compositor, fue indisociablemente un estudioso del folclore popular vasco y de la etnografía, en la estela de otros estudiosos como Telesforo
Aranzadi Unamuno y Luis de Hoyos Sainz, y algo después Resurrección María Azkue. A
diferencia de este último, el P. Donostia, en lo relativo al estudio del folclore, no siguió
un método sistemático, sobre todo porque lo que le interesaba era recopilar, además de
las melodías y canciones, todo tipo de tradiciones y elementos de la literatura oral, sin
preocuparse por crear un organigrama donde ir encajando el material recogido. Pero sí
que utilizó de alguna forma las denominaciones y clasificaciones que se encuentran en
las obras de Azkue. Contemporáneo suyo sería otro gran estudioso del folclore y de la
etnografía del País Vasco, José Miguel de Barandiarán y Ayerbe.
Las fichas que se publican ahora, unas 1.400, recopiladas por el P. Donostia y organizadas y reelaboradas posteriormente por el P. Jorge de Riezu, contienen anotaciones
del P. Donostia desde 1918 hasta 1945, más o menos, y reflejan los distintos momentos
y tiempos de su biografía: estancia en París en 1920, exilio en Toulouse (1936-1939),
nueva estancia en París entre 1939 y 1940, años transcurridos en Bayona (1941-1943).
De 1943 a 1953 residió en Barcelona, trabajando en el Instituto Español de Musicología, para cuya sección de folclore elaboró seis mil fichas. Entre los apartados del folclore
investigados por el P. Donostia se da una temática muy variada: supersticiones y brujería, cuentos y breves historias, juegos y danzas, fórmulas, retahílas y adivinanzas, versos,
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fiestas y celebraciones, canciones y rituales. El P. Donostia escribía, transcribía y copiaba
cuanto escuchaba o le enviaban sus informadores sobre los temas ya indicados. Los originales de todo este material, distribuido en “cuadernos” (14), “carpetillas” (4) y catorce
anexos, se conservan en el Archivo del P. Donostia, sito durante muchos años en el Colegio de Lekarotz y actualmente en el Archivo Histórico Provincial de Capuchinos de
Pamplona (Convento de Extramuros, Errotazar 42). De cara a su publicación todo este
acerbo documental se entregó en su día a Eusko Ikaskuntza-Sociedad de Estudios Vascos,
que encargó su ordenación y catalogación a José Ángel Ormazabal.
El volumen que se publica ahora, dirigido por Emilio Xabier Dueñas, contiene la
edición de las fichas escritas por el P. Donostia en euskera, castellano y francés, retocadas
posteriormente por el P. Jorge de Riezu. El editor las ha sistematizado ordenándolas en
nueve capítulos, alcanzando 1.818 entradas (o fichas), evitando repeticiones, ajustando
y completando muchas referencias bibliográficas. El volumen consta además de una presentación escrita por Iñaki Dorronsoro (en euskera y castellano), presidente de Eusko
Ikaskuntza, y de un estudio preliminar del editor (también en euskera y castellano, p.
XIII-XLVIII), que aunque breve resulta muy clarificador, pues explica la metodología
seguida. No menos importante resulta la contextualización del P. Donostia en la cultura
y estudios folcloristas de su tiempo, que permite apreciar la importancia de sus estudios
e investigaciones. En este estudio preliminar se explica la estructura de cada ficha, que
consta de datos de referencia (número, título –canción, juego, superstición, festividad,
versos−, lugar o lugares donde existe esa tradición, territorio, número de la ficha, soporte
de la ficha, fecha de recogida del dato), contenido (que puede ser variado y servir para
diversos epígrafes), y del origen de la información (informante, lugar de procedencia,
referencia a otros trabajos del autor, fuentes o referencias bibliográficas sobre ese tema, y
notas del editor). El volumen incluye al final un apartado con toda la bibliografía referida
en las fichas, lo que facilita su consulta, y seis índices también muy útiles: de contenido,
temático, geográficos, de documentos y cronológico, onomástico y general de toda la
obra. El editor agradece a Oier Ibarbia por la transcripción de los documentos, a Ander
Ros por la revisión ling̈ística del euskera, a Alfredo Belandia por la del francés y a Orkatz Arbelaitz por la asistencia informática.
La gran riqueza del material etnográfico recopilado por el P. Donostia y el extraordinario trabajo de campo realizado se aprecia hojeando los distintos epígrafes en que
han quedado sistematizadas las fichas elaboradas por él. Estos son los nueve epígrafes o
capítulos: 1. Literatura oral (p. 7-395, n. 1-660), que se subdivide en Cuentos y Leyendas (relatos cortos), Versos (publicados en diarios, plasman aspectos de la vida cotidiana) y Fórmulas (del mundo infantil, adivinanzas, dichos, retahílas). Se trata del epígrafe
más extenso; 2. Supersticiones y Creencias (p. 397-556, n. 661-1138), con los siguientes
apartados: Supersticiones, Creencias, Acerca de la salud y Conjuros; 3. Lenguaje y toponimia (p. 557-583, n. 1139-1205), que incluye los apartados: Gentilicios y vocabulario,
y Lugares; 4. Relacionado con la Iglesia (p. 585-683, n. 1206-1388), que contiene tres
subdivisiones: Documentos y Temas de Iglesia (pagos a músicos, querellas e irreverencias
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con el clero), Oraciones, y Prácticas y rezos; 5. La música, la danza y el juego (p. 684-879,
n. 1389-1693), tema en el que se incluyen los siguientes apartados: Canciones, Música,
Danzas y Juegos; 6. Calendario festivo (p. 881-925, n. 1694-1772); 7. Ciclo de la vida
(p. 927-949, n. 1773-1803); 8. Trabajo (labores del campo, caza, pesca) (p. 951-954, n.
1804-1809); 9. Otros temas y textos (informaciones de temática variada) (p. 955-960,
n. 1810-1818).
Para finalizar no me queda sino felicitar a Eusko Ikaskuntza-Sociedad de Estudios
Vascos por haber acogido con diligencia y generosidad la publicación de este último volumen (X) de las Obras completas del P. Donostia, capuchino, eximio músico-compositor y estudioso del folclore del País Vasco, aspectos que lo convierten en una de las figuras
más señeras de la cultura vasca del siglo XX. Agradezco singularmente a los Hermanos
Menores Capuchinos de la provincia de España y a Teresa Zulaica Arsuaga, sobrina del
P. Donostia, la generosidad y altura de miras que han demostrado al haber financiado la
publicación en papel de este volumen que corona la edición de las Obras completas del
P. Donostia.
José Ángel Echeverría
Facultad de Teología del Norte de España – Vitoria
“Al unísono estamos”. Epistolario Donostia–Pedrell: 1915-1918. Edición de
Teresa Zulaica y José Barroso [Rúa Antón Paz Míguez, 7; E-15940] Pobra do Caramiñal – A Coruña, Fundación Digital Bible, 2016. 21 cm, 216 p. ill. – ISBN
978-84-941080-2-0
José Gonzalo Zulaica Arregui (1886-1956) − cappuccino spagnolo della provincia
di Navarra-Cantabria-Aragona, noto con il nome religioso di José Antonio de Donostia,
o semplicemente come “padre Donostia” − fu compositore, musicologo ed etnografo,
dotato di uno stile molto personale, con la capacità di congiungere le fonti musicali del
canto gregoriano, della polifonia del secolo d’oro e della tradizione folkloristica basca
alle novità tecniche dei contemporanei compositori francesi. Tra le sue pubblicazioni
più importanti bisogna indicare il Cancionero Vasco (ossia il canzoniere basco) che nel
1922 offriva ben 393 melodie reperite in varie località della regione. La sua produzione
musicale e musicologica è stata raccolta e pubblicata nei dieci volumi delle opere complete letterarie (Obras completas) e nei dodici volumi delle opere musicali (Obra completa).
Il padre Donostia era discepolo di Felip Pedrell Sabaté (1841-1922), compositore e
fondatore della musicologia moderna in Spagna, attento alla musica popolare. Il presente volume propone settanta lettere che i due si sono scambiati in quattro anni, tra il 16
gennaio 1915 e il 9 luglio 1918.
Le 22 lettere che il padre Donostia inviò al suo maestro sono ora custodite a Barcellona, Biblioteca de Catalunya, Fons Felip Pedrell, sig. M-964/827; mentre le lettere
che il religioso ricevette dal Pedrell, si conservarono più numerose e sono ben 47; esse si
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trovano a Pobra do Caramiñal, Fundación Digital Bible, Fondo P. Donostia. Per una migliore comprensione dell’epistolario, gli editori hanno incluso in esso anche una lettera
(n. 7) del gesuita padre Nemesio Otaño (1880-1956), anch’egli compositore e riformatore della musica sacra in Spagna.
L’edizione è stata curata dal filologo, prof. José Barroso Castro e dalla musicista,
specializzata in pianoforte, prof.ssa Teresa Zulaica Arsuaga, nipote del padre Donostia,
da diversi anni impegnata nella pubblicazione delle opere del cappuccino.
I testi sono accompagnati da note esplicative e soprattutto da quelle volte a identificare le persone di cui si tratta. Alcune lettere includono pure le annotazioni musicali,
riprodotte dall’originale. L’edizione è preceduta dal Prólogo (p. 9-15), nel quale Teresa
Zulaica spiega il motivo di pubblicazione di questo volume e lascia un ricordo personale
del suo zio cappuccino che considerava i suoi lavori espressione di amore verso la nazione
basca. Segue l’introduzione (p. 17-52) di José Barroso Castro, che illustra il rapporto
maestro-discepolo tra Felip Pedrell e il padre Donostia.
Un indice dei nomi aiuta la consultazione di questo volume che permette la ricostruzione di una pagina interessante della storia culturale della Spagna e il contributo
originale che in questo campo apportò il cappuccino da Donostia.
Aleksander Horowski
Istituto Storico dei Cappuccini − Roma