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Antonio Alfano, Archeologia del paesaggio nei territori delle diocesi normanne di Cefalù e Monreale. Due realtà a confronto Introduzione Si presenta in questa sede un’analisi sulla geografia del popolamento intercalare di due aree molto differenti dal punto di vista geografico e geologico, che hanno avuto dinamiche storiche diverse, sebbene all’interno del periodo del Regno Normanno di Sicilia. Entrambi i territori ricadono all’interno della provincia di Palermo, sulla costa tirrenica, a controllo di vie di attraversamento interregionali sulle quali si è distribuita una fitta rete di abitati, in molti casi divenuti abitati moderni e dove la ricerca archeologica sta portando alla luce testimonianze sempre più interessanti1. Cefalù con la sua Cattedrale ruggeriana e Monreale con quella guglielmina, aprono e chiudono l’esperienza del Regno di Sicilia, diventando poli attrattori e punti di organizzazione sociale di una Sicilia abitata da genti di diverse etnie e religioni ed in cui non sono mancate turbolenze politiche nonostante il lascito ereditario degli splendidi edifici religiosi e civili di cui oggi l’umanità può godere2 (fig. 1). La presentazione dei dati sarà leggermente differente, poiché del territorio di Cefalù conosciamo soprattutto le fonti documentarie, mentre per quello di Monreale ampie porzioni di territorio sono state sottoposte a ricognizione intensiva e sistematica, mentre il dato delle fonti scritte è riferibile in massima parte al periodo del Regno di Guglielmo II. La diocesi di Cefalù ed il suo territorio3 (fig. 2) La prima attestazione documentaria di Cefalù come sede vescovile risale all’ VIII secolo quando risulta suffraganea della metropolita Siracusa, capitale della Sicilia bizantina 4. L’unico nome attestato di un vescovo è Niceta, che era stato presente a Costantinopoli durante la riunione per l’VIII concilio ecumenico nell’ 8695. Sempre nel IX secolo è attestato un anonimo topotereta di città in qualità di capo del contingente militare distaccato dell’armata centrale di Costantinopoli. L’importanza di questa figura è duplice e legata sia ai rapporti con l’impero che al ruolo centrale della Sicilia. Topotereti di città sono attestati infatti solo in Tracia e nel thema di Sicilia, luoghi di importanza militare strategica che necessitavano di un tipo di difesa particolare. Il ruolo cruciale di Cefalù e del suo territorio sulla costa tirrenica a metà strada tra Palermo e Messina, suggerisce inoltre una specifica volontà di controllo6. La costituzione della diocesi è da ricercare negli eventi Per l’area madonita: Cucco 2017; Graditi – Vassallo 2017; Graditi – Vassallo 2018. Ringrazio in questa sede anche la dott.ssa Alessandra Canale, che sta affrontando uno studio su alcune porzioni del territorio e con la quale ho avuto modo di discutere alcune caratteristiche del popolamento rurale tra tardoantico e medioevo. 2 Molinari 2010; Ead. 2012. 3 Il testo riprende in forma abbreviata quello già pubblicato nel 2016: Alfano 2016. 4 Carra 1992, p. 66; Maurici 1994, p. 38 e nota 97; Parthey 1866, Notitia 1, p. 76, n° 582; Notitia 3, p. 129, n° 717; Notitia 8, p. 171, n° 248; Notitia 9, p. 186, n° 157. 5 Kehr – Girgershon 1975, p. 362. Tale notizia risulta molto interessante in considerazione del fatto che la città era già caduta in mano musulmana da un decennio. Sempre nel IX secolo è noto un anonimo topotereta di Cefalù: Prigent 2006, p. 149. 6 La funzione principale dei contingenti militari guidati da un topotereta di città fu, per la Sicilia, quella di difendere gli interessi italiani dell’impero. La creazione di queste figure è inoltre legata alle prime incursioni degli arabo-musulmani: Prigent 2006, p. 155. 1 iniziali del secolo VIII quando, intorno al 732-733 d.C., avviene una riorganizzazione ecclesiastica dell’Italia del sud per volontà dell’imperatore Leone III Isaurico. Com’è noto il sovrano sottrae l’Italia del sud e l’Illirico all’autorità dei pontefici romani e pone le due regioni sotto l’influenza del patriarcato di Costantinopoli. Sia in Calabria che Sicilia l’imperatore è promotore di “un’attiva politica di fondazione episcopale” ed è molto probabile che la diocesi di Cefalù sia nata in quegli anni7. Questo, secondo il Prigent, rimanda ad un modello di vescovado fortificato ed a vocazione strategica noto anche in Tracia ed Asia Minore cui si aggiungerebbe la presenza dei topotereti8. Con l’inizio dell’invasione arabo-musulmana diversi cronisti ci presentano Cefalù quale centro fortificato strategicamente importante sia per il controllo della costa che per l’area delle Madonie. Un primo assedio alla città avviene tra l’836 e l’837 ma i Musulmani furono costretti alla ritirata. La città, caduta nell’859 costituiva lo sbocco a mare sul Tirreno di Castrogiovanni-Enna punto nevralgico della difesa bizantina e capitolata un anno dopo Cefalù 9. Questa continuava ad essere considerata sede vescovile, forse affidata a Reggio Calabria insieme alle altre sedi isolane dopo la caduta di Siracusa nell’878. In questo senso si spiega la presenza del vescovo Niceta nell’869, dieci anni dopo la caduta, e nel secolo XI l’arcivescovo di Reggio indicato come metropolita di Calabria e Sicilia10. In età islamica, infine Cefalù e Caltavuturo sono presenti tra le ‘città’ (mudūn) menzionate dal geografo Al-Muqqadasī intorno al 98811. Le prime attestazioni documentarie di età normanna sono riferibili al 1081 – 1082 quando il conquistatore Ruggero I assegnava Cephalud insieme agli altri abitati delle Madonie e dei Nebrodi alla istituita diocesi di Troina comprendendo un territorio vastissimo che dalla costa ionica giungeva ad flumen Gorcae (l’odierno Torto)12. Il 14 settembre 1131 l’antipapa Anacleto II creò il vescovado di Cefalù suffraganeo dell’arcidiocesi dei Messina e con un controllo di fatto sulla fondazione agostiniana di Bagnara Calabra, da cui proveniva il primo vescovo Jocelmo e a cui si riferì Ruggero II per la creazione del nuovo clero. Tale fondazione risponderebbe alla riaffermazione della presenza del potere reale tra l’antica capitale dei normanni Messina e la nuova, Palermo13. Nell’ottobre dello stesso anno Ugo arcivescovo di Messina definisce l’elenco degli abitati che da quel momento avrebbero fatto capo a Cefalù: …Donamus siquidem, atque authorizamus, iam dicte ecclesie in diocesi nostra ipsum Cephaludum cum omnibus pertinentiis suis, Amistretum cum suis, Tosam cum suis, Polenam cum suis, Grateram cum suis, Roccam asini cum suis, Golesanum cum suis, Policium cum suis, Calatabuturum cum suis, Sclafanam cum suis, Alcusam cum suis, et ut flumen Tortum incipit et ad mare descendit, et a mari usque Cephaludum, et omnia que infra consistunt cum universo iure episcopali14. Purtroppo questa informazione non fornisce notizie precise sui limiti del territorio ma conosciamo le località di pertinenza diocesana da cui probabilmente si traevano le decime15. 7 Prigent 2009, pp. 223-225. Prigent 2014, p. 96. 9 Il Maurici ritiene proprio che la caduta di Enna sia stata favorita dalla presa di Cefalù a nord e di Butera ad est per tagliare rispettivamente gli approvvigionamenti ed i contatti con la capitale Siracusa: Maurici 1994, p. 39. 10 D’Alessandro 1985, p. 9. 11 La lista delle città è sicuramente incompleta ed integrabile con le fonti della prima età normanna per apprezzare il panorama più ampio possibile relativamente alla storia del popolamento: Maurici 1989, p. 20. 12 Pirri 1733, I, p. 495; Starrabba 1893, pp. 46-48. 13 Nef 2003, p. 184. 14 Pirri 1733, I, p. 389; Valenziano 1979, p. 6. Nell’ordine le località moderne sono: Cefalù, Mistretta, Tusa, Pollina, Gratteri, Isnello, Collesano, Polizzi Generosa, Caltavuturo, Sclafani e Alcusa. 15 In tutte le conferme successive l’elenco presentato rimane inalterato e si aggiungono diverse chiese e casali: Valenziano 1979; Id. 1987; White 1984, pp. 292-315. 8 Secondo il White le dotazioni alla chiesa di Cefalù avvennero dopo l’innalzamento ufficiale a vescovado e per questo una ricognizione dei confini fu ordinata da Ruggero II all’ammiraglio Giorgio d’Antiochia nel febbraio del 1132. Il documento costituisce l’unica testimonianza della reale consistenza del territorio diocesano iniziale ampliatosi almeno fino alla seconda metà del XII secolo con l’aggiunta della Divisa di Pollina. Il limite più probabile per i confini diocesani in età normanna e sveva potrebbe essere il seguente: partendo da ovest si risale il corso del Fiume Torto fino alla sorgente nei pressi dell’odierna stazione ferroviaria di Valledolmo; si prosegue lungo la SP 8 fino alla confluenza nella SS 120 a sud di Caltavuturo, si continua per Polizzi forse attraverso la RT 284 e poi si sale verso nord seguendo la RT 115 e la S.P. 54 b verso Gibilmanna ed il vallone San Biagio, attuale confine comunale tra Cefalù e Gratteri. Lasciando ad est Pizzo Sant’Angelo, Rocca San Nicola, Cozzo Zurrica e la chiesa di Sant’Anastasia si giunge al torrente Malpertugio e si prosegue verso sud fino al torrente Castelbuono le cui acque si riversano sul fiume di Pollina. Da qui al mare si individua il confine orientale del territorio diocesano. Lo studio di questo territorio ha portato al censimento di diverse località con testimonianze archeologiche molto differenziate che tuttavia, per il periodo medievale, sono, in massima parte riferibili ad un arco cronologico compreso tra il X secolo avanzato ed il XII secolo. Dagli scavi di Castellana Sicula16, Monte D’Oro di Collesano17, C.da San Pietro a Polizzi18, C.da Muratore sempre a Castellana Sicula19 e dalle ricognizioni territoriali su ampie porzioni del territorio diocesano (area di Himera tra tutte) risultano rarissime le attestazioni di fasi altomedievali (VIII e IX secolo) ed assenti quelle riferibili al secondo periodo della dominazione musulmana (fine IX – prima metà del X secolo)20. Il dato contrasta molto con la ricerca storica che pone Cefalù ed il suo territorio a controllo dell’area tirrenica centrale e quale sbocco di merci e risorse dalla Sicilia centrale. La creazione della Diocesi di Troina, a fine XI secolo, da cui sarà staccata Cefalù cinquant’anni dopo, ci informa dell’esistenza di abitati, oggi diventati moderni comuni, certamente esistenti anche in età islamica ed in cui la ricerca archeologica dovrà agire nel futuro. La presenza poi, di castelli, chiese e monasteri fondati da famiglie a seguito della compagine normanna dovrà trovare la giusta attenzione per verificare l’eventuale preesistenza, sugli stessi luoghi, di edifici più antichi e/o di diversa natura. Quello che emerge infine dal paesaggio madonita è la notevole distanza geografica degli abitati principali, distanza che si giustifica con la geologia dei luoghi, fondamentale nelle scelte insediative ed anche con la notevole copertura boschiva, che ha certamente cancellato molte testimonianze. La viabilità di servizio, sia secondaria che principale, si distribuisce su percorsi vallivi, in molti casi passaggi obbligati per l’attraversamento territoriale. La diocesi di Monreale ed il suo territorio (fig. 3) Ben diversa è la natura di questa fondazione religiosa. Durante il regno di Guglielmo II, i dissidi con la compagine religiosa di Palermo ed i contrasti interni al potere, viene ad istituirsi un nuovo territorio diocesano con caratteristiche ben precise: D’Angelo 1973. D’Angelo 1978. 18 Tullio et alii 2005, pp. 15-18. 19 Valentino – Vassallo 2016, p. 6, fig. 16. La ceramica qui presentata è caratterizzata da motivi decorativi noti tra fine X e prima metà XI secolo. Cfr. Sacco 2017. 20 Intendiamo come secondo periodo quello ormai noto grazie alla revisione del dato archeologico ceramico di Palermo: Sacco 2017. Sconosciuti sono invece i contesti riferibili al periodo compreso tra l’inizio della conquista e la fine del IX secolo. 16 17 1) Si pone a cerniera tra il Tirreno ed il Mediterraneo 2) Occupa fertili territori collinari e con risorse eterogenee 3) Si pone a controllo fiscale ed amministrativo della popolazione ivi residente. La collina occupata dall’attuale abitato di Monreale e dalla sua cattedrale non presenta tracce di preesistenze e si pone a sud di Palermo a controllo della valle dell’Oreto. La ğarīda al-ḥudūd del territorio dell’Arcidiocesi di Monreale costituisce la principale fonte per analizzare nel dettaglio il territorio, compilata nel 118221. Moltissimi toponimi ci informano sull’articolazione del paesaggio e sui suoi abitanti, spesso provenienti da altre parti della Sicilia e non necessariamente di religione musulmana22. Un incremento al popolamento sparso proviene certamente dai fatti accaduti dopo il 1161 in cui alcuni centri musulmani della Sicilia centrale vengono distrutti dai Lombardi di Piazza Armerina23. Lo spostamento di gente e la successiva creazione dell’Arcivescovado ben si prestano a strumento di controllo del territorio e della popolazione ad esso assoggettata24. Negli ultimi 20 anni importanti progetti di scavo e ricognizione intensiva e sistematica, hanno favorito la conoscenza di ampie porzioni di paesaggio rurale con un grado di precisione molto alto grazie anche al rinnovato interesse per gli indicatori ceramici medievali 25. Appare interessante notare la notevole continuità insediativa sulle stesse aree geografiche tra la fine del IX ed il XII secolo, con spostamenti minimi a significare la valenza strategica dei luoghi. Il registro ceramico è ricchissimo, avvicinabile in molti casi a quello urbano ed il ruolo di Palermo come centro produttore è indiscusso26 (fig. 4). Le uniche novità consistono nella realizzazione di fortilizi militari per contrastare le rivolte musulmane27. Facendo assumere al documento monrealese anche un ruolo politico, dobbiamo immaginare che la maggior parte della popolazione, alla fine del secolo XII, fosse musulmana e forse spiegare in questo senso l’assenza di attestazioni religiose28, ad esclusione della chiesa di San Pietro nei confini di Ducki e Maganuce e dell’Hospitalis Sancte Agnes nel territorio del Belìce destro, su un asse storicizzato che da Corleone giungeva a Palermo. I castelli latini di Carini, Calathamet, Calatabarbaro, Calatafimi, Patellaro e Calatamauro, e le poche chiese note dalle fonti, stanno a corona di una gran parte del territorio dell’Arcidiocesi di Monreale. Certamente, a nostro parere, un’area fortemente islamizzata in cui si ritrovava concentrata, tutta o quasi, la popolazione residua di religione musulmana in Sicilia. 21 ALFANO, SACCO 2014. I nomi riportati nelle platee dei villani residenti nel territorio di Monreale tradiscono le origini da alcuni centri della Sicilia centrale ed orientale come Polizzi, Modica, Castrogiovanni, Mineo, Rametta: BRESC 1985, p. 250; D’ANGELO 1997, p. 206; MAURICI 1998, p. 31. 23 Tra questi certamente l’abitato sorto già alla fine del X secolo sulle rovine della Villa del Casale. 24 MOLINARI 2012. 25 Si permetta il rimando ad Alfano 2015 con ampia bibliografia ed anche i lavori su Segesta ed Entella presenti in NefArdizzone 2014. 26 Tra fine IX e metà XI secolo le produzioni di Palermo sono la quasi totalità mentre tra la fine del secolo XI ed il XIII le produzioni di Palermo scendono a poco oltre la metà. Questo è uno dei probabili segni di immissione di gente allogena e di nuove rotte commerciali: Alfano – Sacco 2014; Alfano – Sacco 2015. 27 MAURICI 1998. 28 Esclusivamente entro i limiti della nostra ricerca. Di altri due edifici di culto si parla nel documento in relazione ai confini tra Calatrasi, Jato e Corleone. 22 Conclusioni Vogliamo focalizzare le nostre conclusioni su punti precisi così da lasciare al lettore le proprie considerazioni: • • • • Il territorio della Diocesi di Cefalù presenta poche testimonianze archeologiche precedenti alla fine del X secolo nonostante il dato delle fonti scritte, degli scavi archeologici e delle ricognizioni intensive e sistematiche29. Dobbiamo forse immaginare che durante l’età islamica l’insediamento rurale fosse concentrato e distribuito lungo la viabilità principale. Il territorio della Diocesi di Monreale si presenta ricchissimo di insediamenti rurali che affondano le radici in età tardoantica e che continuano, in molti casi per tutto il medioevo Entrambe sono fondazioni di età normanna, ma la natura è completamente diversa. Per Cefalù si può richiamare la memoria di un’antica diocesi altomedievale ed una forte presenza di chiese, monasteri, abbazie e castelli legate alle famiglie latine di seguito ai Normanni; Per Monreale, ultima fondazione ex-novo di età normanna, il significato principale è quello legato alla volontà di controllo su una popolazione a maggioranza musulmana che costituiva un grande pericolo alla stabilità del regno. Chiese, monasteri e castelli latini, si pongono così a corona del territorio. Risulta quindi che l’insediamento intercalare nel territorio di Monreale è molto più fitto e ravvicinato, mentre in quello di Cefalù a maglie più larghe. In quest’ultimo caso dobbiamo comunque tenere presente che la fondazione della Diocesi di Troina prima e Cefalù dopo abbia avuto una forte influenza sull’articolazione dell’insediamento con l’arrivo di gente allogena che occupa i centri principali, certamente attivi anche in età islamica. Abbreviazioni bibliografiche Aa. 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Imperiale (a cura di), Atti del VII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, 1, Lecce 9-12 settembre 2015, Sesto Fiorentino (FI), 2015, pp. 307-312. 29 Nella Sicilia centro settentrionale e nord-orientale con le ricognizioni nelle Valli del Torto, del San Leonardo, dell’Imera, del Tusa, di Tindari, ci accorgiamo che il paesaggio rurale di X e XI secolo è meno articolato, il numero dei siti è decisamente inferiore ed il registro ceramico raccolto risulta molto meno abbondante. Se arricchiamo il dato con le fonti scritte le informazioni cominciano ad emergere con maggiore incidenza alla fine del secolo XI, con l’arrivo dei Normanni. Si vedano i numerosi contributi in Nef – Ardizzone 2014. R. M. Bonacasa Carra, Quattro note di Archeologia Cristiana in Sicilia, Palermo 1992. H. Bresc H, La formazione del popolo siciliano, in Tre millenni di storia linguistica della Sicilia, a cura di A. 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