Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                

PEEII-8.La BCE

Politica economica europea e delle istituzioni internazionali Prof. Cosimo Magazzino 8. La BCE 1 Nel periodo post-bellico si sono delineati 2 modelli di BC: anglo-francese e tedesco. I modelli differiscono sotto 2 aspetti principali:  gli obiettivi della BC: nel modello anglo-francese la BC persegue diversi obiettivi (stabilità dei p, stabilizzazione del ciclo economico, mantenimento di un elevato livello di N, stabilità finanziaria); nel modello tedesco la stabilità dei p è considerata l’obiettivo primario;  architettura istituzionale della BC: il modello anglo-francese è caratterizzato dalla dipendenza politica della BC (le decisioni di PM sono soggette all’approvazione del governo); il modello tedesco è caratterizzato dalla indipendenza politica della BC (non vi sono interferenze delle autorità politiche nelle decisioni di PM). Al tempo della negoziazione del Trattato di Maastricht si scelse il modello tedesco. Infatti, secondo l’art. 105 del Trattato, l’obiettivo primario della BCE è la stabilità dei p. Il Trattato prevede che la BCE persegua anche altri obiettivi, che però sono considerati secondari, cioè il loro perseguimento non deve minacciare la stabilità dei p. Inoltre, il Trattato riconosce alla BCE l’indipendenza politica. Qualora questa venisse meno, la BCE sarebbe costretta a ↑MS per finanziare il Dis, con ↑p. Pertanto, la Bundesbank è il modello della BCE. Ma l’indipendenza politica della BCE è superiore a quella della Buba: infatti, il parlamento tedesco può modificare lo statuto della Buba a maggioranza semplice, mentre per modificare lo statuto della BCE occorre approvare una revisione del Trattato di Maastricht, il che richiede l’unanimità dei Paesi membri dell’UE. 2 Al tempo della negoziazione del Trattato di Maastricht il modello anglo-francese di BC prevaleva in quasi tutti i membri dell’UE. Il modello tedesco venne scelto per 2 ragioni:  la «contro-rivoluzione monetarista»;  la posizione strategica della GER nel processo di formazione dell’UME. Durante gli anni ’50 e ’60 del XX sec. trionfò il keynesismo: gli obiettivi di PE erano considerati ↑g e ↓u. PM e PF espansive erano considerati gli strumenti idonei a raggiungere questi obiettivi, con politiche dal lato della AD (agenti con aspettative «adattive»; non neutralità della M; curva di Phillips di b.p.). La «contro-rivoluzione monetarista» negli anni ’70 evidenziò, anche empiricamente, come le PM e PF espansive comportassero ↑p. Le autorità monetarie non possono ↓u nel l.p. al di sotto del NAIRU (uN), senza ↑p (agenti con aspettative «razionali»; neutralità della M; modello di ciclo PE di Nordhaus). Per ↓u nel l.p. bisogna ↓uN nel l.p., tramite politiche strutturali e dal lato della AS (aumentando la flessibilità sul mercato del L e ↓T sul L). La BC deve occuparsi solo di ciò che può controllare: p. La «contro-rivoluzione monetarista» ha anche sottolineato la necessità di rendere la BC politicamente indipendente dai governi, che perseguono vantaggi elettorali di b.p. (con PM espansive). Studi econometrici dimostrarono che i Paesi le cui BC erano politicamente indipendenti erano riusciti a governare le proprie economie meglio degli altri. Ma affinché l’indipendenza politica porti alla stabilità dei p, deve instaurarsi un clima sociale e politico che la favorisca. Pertanto, l’indipendenza politica è una condizione necessaria ma non sufficiente per conseguire la stabilità dei p. La crisi economico-finanziaria esplosa nel 2007 ha visto una ripresa del keynesismo. 3 Per le autorità tedesche l’ingresso nell’UME comportava il rischio di dover accettare un’inflazione più elevata. Per ridurre tale rischio, esse hanno imposto la necessità che la BCE, in tema di inflazione, fosse ancora più hard-nosed della Bundesbank. Così la BCE assegna all’obiettivo della stabilità dei p un peso maggiore di quello che le assegnava la Bundesbank. Questa posizione fu facilitata dal fatto che quasi tutti i banchieri centrali europei negli anni ’90 erano dei monetaristi. 4 L’idea che l’indipendenza politica della BC favorisca una minore inflazione è stata oggetto di numerose analisi empiriche. Grilli, Masciandaro e Tabellini (1991), Cukierman (1992) e Alesina e Summers (1993) mostrano che le BC politicamente indipendenti tendono a generare minore inflazione. Anche usando misure alternative dell’indipendenza politica delle BC i risultati rimangono robusti. Inoltre, dai risultati emerge che, in media e nel l.p., l’indipendenza politica non comporta una maggiore u o una minore g. Pertanto, l’indipendenza politica è una caratteristica desiderabile di una BC. Posen (1994) ha mostrato che il comportamento delle BC è fortemente influenzato dalle forze socio-economiche sottostanti. Infatti, nei Paesi dove agiscono forti gruppi di pressione contrari all’inflazione (es.: istituzioni finanziarie) la BC tende a essere politicamente indipendente e l’inflazione più bassa. Invece, nei Paesi dove i principali gruppi di pressione sono meno avversi all’inflazione, la BC risulta meno politicamente indipendente e l’inflazione più elevata. Tuttavia, la definizione dello statuto delle BC che incorpori il principio dell’indipendenza politica (per garantire la stabilità dei p) può influenzare i comportamenti e i punti di vista della società sul ruolo della PM. 5 La «contro-rivoluzione monetarista» e la posizione strategica della GER hanno portato alla creazione di una BCE fortemente impegnata sulla stabilità dei p ma poco responsabile in tema di stabilizzazione delle fluttuazioni di Y e N. Così, possiamo definire la BCE «conservatrice». Alcuni studi empirici hanno mostrato che la BCE reagisce a variazioni dell’output gap (= Yeffettivo – Ypotenziale): se il livello di Y è basso, la BCE ↓i per stimolare l’economia. Ma anche se la BCE fosse interessata soltanto alla stabilità dei p e non alla stabilizzazione di Y, dovrebbe comunque reagire alle variazioni dell’output gap, poiché queste sono buoni indicatori di pexp. Perciò, se l’output gap aumenta, ↑pexp. Se Yeffettivo – Ypotenziale >0, allora l’output gap viene chiamato inflationary gap, e indica che la crescita della AD sta superando la crescita della AS (il che può portare a ↑p). Se Yeffettivo – Ypotenziale <0, allora l’output gap viene chiamato recessionary gap (il che può portare a ↓p). Altri studi empirici hanno evidenziato come la BCE attribuisca alla stabilizzazione di Y un peso minore rispetto alla Federal Reserve statunitense. La BCE è molto più «conservatrice» della Fed, attribuendo maggiore importanza alla stabilità dei p ed essendo più cauta nel reagire alle fluttuazioni cicliche. 6 La crisi finanziaria ha drasticamente ridotto l’inflazione in molti Paesi. Alla fine del 2014 nell’UME è sopraggiunta la deflazione, spingendo i i verso 0. Pertanto, le BC che volevano stimolare l’economia per prevenire ulteriori ↓p dovettero usare un metodo «non convenzionale», il QE, acquistando titoli di stato e ↑BM. Così facendo aumentarono i bilanci delle BC. La Fed fu più pronta e aggressiva della BCE nell’applicare il QE. Infatti, la Fed ha applicato energicamente il QE dalla fine del 2012, mentre la BCE ha lasciato ridurre il proprio bilancio fino alla fine del 2014, avviando il proprio programma di QE agli inizi del 2015, con l’inflazione negativa. 7 Il Trattato di Maastricht demanda alla BCE il compito della stabilità dei p (obiettivo primario) e quello della stabilità di Y e N (obiettivo secondario). Nell’ottemperare al proprio mandato, la BCE potrebbe incorrere in errori sistematici. In una società democratica, la procedura di delega del potere consta di 2 stadi:  I stadio: i politici vengono investiti del potere, e lo esercitano indipendentemente dagli elettori;  II stadio (accountability): gli elettori valutano, ed eventualmente sanzionano, l’operato dei politici. Gran parte dell’attività dei politici consiste nel delegare il potere a istituzioni specializzate, con 2 stadi:  I stadio: i politici delegano il potere a una data istituzione tramite un contratto, che specifica obiettivi e mezzi per conseguirli;  II stadio (accountability): i politici valutano, ed eventualmente sanzionano, l’operato dell’istituzione. Al I stadio viene offerta all’istituzione una certa indipendenza, al II stadio i politici esercitano il controllo sull’operato dell’istituzione (sindacabilità). Ma il politico che deve rispondere agli elettori non può delegare il potere a un’istituzione su cui non possa esercitare un qualche controllo (teorema «principale-agente»). Quanto più potere delega un politico, tanto più efficace deve essere il controllo sull’istituzione. Indipendenza e accountability sono 2 aspetti inscindibili del processo di delega. 8 Misuriamo in ascissa il grado di accountability della BC, e in ordinata il suo grado di indipendenza. La retta a pendenza positiva rappresenta l’insieme delle combinazioni ottimali di indipendenza e accountability per il politico che delega potere alla BC. Quanto maggiore è l’indipendenza che garantisce alla BC, tanto maggiore è il rischio di cui si fa carico, e tanto più cerca di cautelarsi organizzando un sistema di controllo sull’operato della BC. Secondo Bini Smaghi e Gros (2000), la BCE è la BC più indipendente, seguita da Buba e Fed. Invece, la più sindacabile è la Fed (con maggiore accountability). La BCE si trova, infatti, in una posizione di forza rispetto alle altre istituzioni dell’UE. Rispetto alle altre grandi BC, la BCE ha una maggiore indipendenza ma anche una minore sindacabilità, in contrasto con le prescrizioni teoriche. 9 Il processo di delega del potere implica la sottoscrizione di un contratto in cui vengono specificati gli obiettivi da perseguire, il metodo da seguire e le procedure di sanzione in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. È cruciale la precisione con cui vengono definiti gli obiettivi. Quanto più è precisa la definizione degli obiettivi, tanto più agevole è monitorare la BC. Tuttavia, nel Trattato di Maastricht non viene definito il concetto di stabilità dei p, lasciando alla stessa BCE la definizione delle clausole del contratto stipulato coi politici. Inoltre, il Trattato di Maastricht non definisce gli obiettivi secondari della BCE, lasciando alla BCE la propria interpretazione degli obiettivi da perseguire. Ma la BCE ha interpretato il contratto come se l’unico obiettivo da perseguire fosse la stabilità dei p, riducendo drasticamente il suo campo di responsabilità. In base al principio dell’«indipendenza degli strumenti», la BCE è indipendente perché può scegliere come raggiungere gli obiettivi che la società, tramite i rappresentanti eletti, le ha assegnato. La Fed, invece, è giuridicamente responsabile dell’andamento di p, Y e N. Per compensare la mancanza di accountability formale la BCE potrebbe aumentare quella di tipo informale, rendendo più trasparente il proprio operato (informando il pubblico dei propri obiettivi e dei metodi con cui conseguirli), utilizzando un processo decisionale aperto (rendendo consapevole il pubblico delle motivazioni delle sue decisioni), annunciando la propria stima del NAIRU (se u>uN, allora la BCE ↓i). 10 Le istituzioni dell’UME sono state create con il Trattato di Maastricht. La PM è affidata all’Eurosistema (BCE+BC nazionali dei membri dell’UME). Le strutture di governo dell’Eurosistema sono il Consiglio direttivo e il Comitato esecutivo. Il Consiglio direttivo è composto dai 6 membri del Comitato esecutivo e dai governatori delle BC nazionali. Esso formula le PM e prende le decisioni su i, risobbl e sulla gestione della liquidità del sistema. Si riunisce ogni 2 settimane a Francoforte. Ciascun membro ha diritto a un voto e vige la maggioranza semplice. Il Comitato esecutivo è composto da presidente, vice-presidente e 4 dirigenti della BCE. Esso attua le decisioni di PM prese dal Consiglio direttivo e ne fissa l’o.d.g. delle riunioni (agenda setting). 11 Le BC nazionali sono pienamente coinvolte nel processo decisionale, facendo parte del Consiglio direttivo. Le decisioni del Consiglio direttivo vengono poi attuate dalla BCE, mentre le BC nazionali traducono operativamente le decisioni della BCE seguendone le istruzioni. Secondo alcuni studiosi il sistema è troppo decentrato: i governatori delle BC nazionali hanno una maggioranza schiacciante nel Consiglio direttivo (19 voti su 25: regola «un Paese, un voto»). Tuttavia, il Comitato esecutivo si avvale di informazioni assunte a livello dell’UME, per cui le sue decisioni sono fortemente influenzate dalle condizioni economiche prevalenti nei Paesi più grandi. L’allargamento dell’UME e la regola «un Paese, un voto» hanno accresciuto il rischio che le decisioni di PM siano influenzate eccessivamente da condizioni di Paesi di piccole dimensioni. GER, FRA e ITA da sole rappresentano 2/3 dell’UME. I piccoli Paesi sono sovra-rappresentati nel Consiglio direttivo. Dal 2003 le votazioni del Consiglio direttivo seguono le seguenti procedure:  il numero di governatori con diritto di voto è pari a 15. I membri del Comitato esecutivo vi mantengono il diritto di voto;  i governatori esercitano il diritto di voto a rotazione, ma la frequenza con la quale possono partecipare alle votazioni dipende dalla grandezza relativa del Paese di appartenenza. Si può sostenere che il Consiglio direttivo sia divenuto troppo grande, e che esista il rischio che divenga difficile prendere delle decisioni, soprattutto nei casi in cui le condizioni economiche dei Paesi membri dell’UME divergano. 12 Esiste un netto contrasto fra il ruolo di prestatore di ultima istanza della BCE a favore del sistema bancario e lo stesso ruolo che essa svolge nei mercati dei titoli di stato dell’UME. In contrasto con la prontezza a fornire massicci aiuti alle banche esibita nel 2008, la BCE è stata molto restia a fornire la necessaria liquidità ai mercati dei titoli di stato. La BCE vuole sia fornire la liquidità sia vigilare sul rischio di azzardo morale. 13 Secondo la «dottrina Bagehot», l’ideale sarebbe che la funzione del prestatore di ultima istanza si attivasse soltanto quando le banche o i governi dovessero sperimentare problemi di liquidità, mentre non vi si dovrebbe ricorrere quando le banche o i governi siano insolventi (Bagehot, 1873). La BC non dovrebbe provvedere al salvataggio di banche o governi insolventi. Tuttavia, spesso è difficile distinguere tra crisi di liquidità e crisi di solvibilità. Le crisi del debito sovrano, ad es., sono sovente una combinazione di problemi di liquidità e di solvibilità. Le crisi di liquidità determinano ↑i, degenerando in problemi di solvibilità a causa di ↑INT, ↑G, ↑Dis, ↑B. I problemi di solvibilità portano a crisi di liquidità, che a loro volta aggravano i problemi di solvibilità. Pertanto, è difficile applicare la «dottrina Bagehot», per cui la BC dovrebbe fornire liquidità a banche o governi a corto di liquidità ma solvibili. 14 La Corte costituzionale tedesca ha sostenuto che la decisione della BCE di acquistare titoli di stato rappresenti una violazione del suo statuto. Tuttavia, l’art. 18 del Protocollo sullo statuto del SEBC e della BCE stabilisce che «la BCE e le BC nazionali hanno la facoltà di operare sui mercati finanziari comprando e vendendo […] crediti e strumenti negoziabili». I titoli di stato sono strumenti negoziabili. Questa è la posizione della Corte di giustizia europea, che nel 2015 ha sentenziato che il programma OMT non viola lo statuto della BCE. L’art. 21 indica, invece, esplicitamente ciò che la BCE non può fare: «è vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia a enti pubblici così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito». Alla BCE è consentito comprare titoli di stato nei mercati secondari, nel contesto delle sue OMA. Così facendo essa non presta credito ai governi, ma fornisce liquidità ai detentori dei titoli di tali governi. Il divieto di comprare strumenti di debito direttamente dagli Stati nazionali si basa sul fatto che tali operazioni forniscono liquidità agli Stati venditori, e comportano pertanto un finanziamento monetario del Dis. 15 La crisi bancaria del 2008 ha dato adito a una profonda revisione delle funzioni di regolamentazione e vigilanza delle banche e dei mercati finanziari nell’UE. Prima della crisi, infatti le attività di regolamentazione e vigilanza erano svolte soprattutto in ambito nazionale. È così emersa l’esigenza di creare un quadro di regolamentazione e Nel 2014 la BCE è divenuta l’organismo vigilanza centralizzato. L’ESRB, presieduto dal presidente della BCE, analizza le fonti di potenziali rischi sistemici ed emette segnalazioni dei problemi incombenti. Non ha poteri esecutivi. EBA, EIOPA ed ESMA sono 3 autorità di vigilanza a livello europeo. Esse redigono gli standard tecnici recepiti dal diritto dell’UE, ed emettono raccomandazioni applicate dagli organi di vigilanza nazionali. Indagano sulle infrazioni commesse dagli organismi di vigilanza nazionali. di vigilanza comune per l’UME. Il Consiglio delle autorità di vigilanza, composto dai rappresentanti dei membri dell’UME e da 4 della BCE, vigila sulle banche sistemiche dell’UME (quelle con un bilancio superiore a 30 mld € o pari al 20% del PIL nazionale). Tale potere di vigilanza comprende l’auditing dei bilanci, l’irrogazione di sanzioni, la ricapitalizzazione delle banche e la loro chiusura. La vigilanza sulle banche più piccole è di competenza degli organismi nazionali. Tutto ciò dovrebbe portare verso una maggiore unificazione politica. 16 Ciò che manca ancora è un efficace quadro comune di risoluzione delle crisi. Con l’istituzione nel 2013 del Meccanismo di Risoluzione Comune (SRM) nell’UME si è compiuto un certo progresso. Un elemento mancante è un meccanismo comune di assicurazione dei depositi. Ovviamente esso presuppone che i Paesi membri vogliano trasferire risorse a quello di loro colpito da una crisi bancaria. Oggi ogni Paese ha il proprio meccanismo nazionale di assicurazione dei depositi, che dipende dai contributi nazionali al programma di assicurazione. Tuttavia, siamo ancora lontani da un’unione bancaria completa, che consta di 3 componenti: 1. autorità di vigilanza comuni (realizzato); 2. quadro comune di risoluzione delle crisi (parzialmente realizzato); 3. meccanismo comune di assicurazione dei depositi (completamente assente). 17