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Il ruolo delle banche centrali corrispondenti a due delle aree economiche più importanti del pianeta è diventato sempre maggiore negli ultimi anni soprattutto dopo il 2007, anno in cui, convenzionalmente, viene fatta cominciare la crisi. Si è deciso di affrontare questo argomento sia per la sua attualità sia per cercare di comprendere il modo attraverso il quale le banche centrali operano. Nel capitolo 2 si procederà ad un’analisi della Banca Centrale Europea partendo innanzitutto dal processo di formazione del mercato interno cominciato nel 1957 con il Trattato di Roma che istituì la CEE (Comunità Economica Europea) fino ad arrivare al Trattato di Maastricht del 1992 che sancì la nascita della BCE avvenuta poi ufficialmente nel 1998. Verrà analizzata la struttura dell’Istituto con sede a Francoforte ed infine si focalizzerà l’attenzione circa obiettivi e compiti che gli Stati membri, attualmente 17, hanno ad essa affidato. Nel capitolo 3, in maniera speculare verrà poi trattata la Banca Centrale Americana, la quale ha una storia ben più longeva. Il primo tentativo di creazione di una banca centrale americana risale infatti al 1791 anche se l’effettiva nascita della Federal Reserve, così come la conosciamo oggi, è datata 1913 con la firma, da parte dell’allora Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, dell’Employment Act. Anche qui si procederà ad una disamina degli organi che compongono questa istituzione. Infine nel paragrafo 3.3 saranno trattati gli obiettivi ed i compiti della FED. Nel capitolo 4 invece si cercherà di mettere a confronto i due Istituti attraverso la comparazione delle politiche monetarie da loro adottate, come ad esempio il quantitative easing per la FED e l’operazione LTRO per la BCE. Il confronto verterà su alcuni temi attualmente molto dibattuti quali indipendenza, trasparenza e accountability. In seguito sarà trattato il loro diverso approccio di politica monetaria: bank oriented per quel che riguarda la BCE e market oriented per quanto concerne la FED. Saranno poi confrontati gli obiettivi dei istituti e il loro margine di manovra in un periodo di shock finanziari come quello attuale e verrà condotta un analisi sul presunto rischio di moral hazard nel quale incorrerebbe la FED ogni qualvolta è stato effettuato un salvataggio, si prenderà in esame, al riguardo, l’analisi dell’economista William Poole. Verrà svolta infine un’analisi sul concetto di credibilità delle banche centrali. Nel capitolo relativo alle conclusioni si analizzerà il lavoro svolto evidenziando i motivi che hanno portato ad alcuni miglioramenti significativi negli Stati Uniti per quel che concerne l’economia reale, cercando di capire le difficoltà che incontra l’Europa nel superare la situazione di crisi.
2022
Le operazioni di M&A fra regolamentazione e concorrenza
Poteri e limiti della politica monetaria della Banca Centrale Europea, 2019
Il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) è l’impalcatura istituzionale che sorregge l’intera Unione monetaria. I suoi obiettivi e compiti fondamentali sono delineati all’art. 127 TFUE e il suo funzionamento è disciplinato dal Protocollo n. 4 del TFUE. In questo breve lavoro si esamina il funzionamento del SEBC e del suo organo di vertice, la Banca Centrale Europea (BCE).
Federalismi.it, 2018
Il contributo si incentra sulla riforma del sistema dei controlli pubblici sul settore bancario. La crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2007 ha impresso una forte accelerazione al processo di integrazione fra gli Stati appartenenti all’Eurozona in una rafforzata ottica federalista, di cui l’adozione della moneta unica e il conferimento alla Banca Centrale Europea delle funzioni di politica monetaria hanno rappresentato una prima embrionale manifestazione. Il processo avviatosi nel 2010, e che affonda le proprie radici nel Rapporto de Larosière, si incardina sull’edificazione dell’Unione Bancaria Europea, un’architettura fondata su tre pilastri tra loro logicamente e temporalmente connessi: il Meccanismo Unico di Vigilanza (MVU), il Meccanismo Unico di Risoluzione (MRU) ed il Sistema Europeo di Assicurazione dei Depositi (EDIS). Si è così assistito ad un percorso di revisione istituzionale e – potremmo dire – di comunitarizzazione del settore creditizio, volto all’accentramento a Francoforte, in capo alla BCE, della vigilanza bancaria. I regolamenti (UE) n. 1024 del 2013 e n. 806 del 2014 hanno, infatti, avviato un complesso percorso di messa in comune delle competenze di supervisione e risoluzione nel quadro di nuove strutture europee integrate: il Single Supervisory Mechanism (SSM) e il Single Resolution Mechanism (SRM). Nell’ambito della nuova architettura in fieri della vigilanza bancaria – una “fattispecie a formazione progressiva” – si è venuto, così, a delineare un sistema a due livelli (two tiers system), sviluppato sull’asse verticale della distribuzione di poteri improntati alla co-amministrazione ed all’integrazione procedimentale tra Banca Centrale Europea e Autorità nazionali competenti. Ne è derivata un’ulteriore evoluzione dell’integrazione fra gli stati dell’Eurozona, la quale fornisce il più cospicuo esempio di “federalismo” europeo sinora sviluppato. In un simile quadro di riferimento, si pone l’interrogativo circa il rispetto del principio democratico con riguardo al ruolo materiale assunto dalla BCE, la quale – di diritto e di fatto – ha assunto una posizione non dissimile dalla Federal Reserve degli Stati Uniti d’America. È di tutta evidenza come le innovazioni normative volte all’edificazione dell’Unione bancaria riflettano una scelta ben precisa: quella di affidare l’unificazione economica, monetaria e bancaria ad autorità settoriali ad elevata competenza tecnica, dotate di ampia indipendenza e discrezionalità. Cruciali, dunque, le questioni che l’Unione Bancaria Europea, quale nuovo ordinamento giuridico sezionale, pone in termini di accountability e legittimazione democratica. È noto come il principio democratico sia entrato a far parte – anche dal punto di vista formale – dell’architettura dell’Unione, costituendo, a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, uno dei pilastri portanti del diritto UE. Pertanto, ciò che bisognerebbe indagare è se – a livello sovranazionale – regole, procedimenti e principi di accountability siano sufficienti a condurre il sistema bancario europeo e l’istituzione che ne è l’indubbio vertice – la BCE – in uno schema logico e coerente con il plesso di norme UE poste a tutela del principio democratico. A fronte dello status costituzionale di indipendenza assunto dalla Banca Centrale Europea, non può non richiedersi, infatti, un aumento della sua accountability, ovverosia della rendicontazione del suo operato agli organi elettivi al fine di non determinare una spaccatura del circuito democratico-rappresentativo.
«Il proliferare di compiti, funzioni, poteri affidati alla BCE suscita questioni che non possono essere più sbrigativamente liquidate, a differenza di quanto avvenuto in passato, come infondate o legate a schemi istituzionali desueti». Non si tratta più di ampliare poteri convenzionalmente attribuiti dal Trattato, quanto di creare nuove modalità di controllo sulle Banche centrali e, in fondo, sulle politiche di bilancio degli Stati nazionali. A parte i rilevanti profili attinenti alla democraticità di un organo tecnico che vincola assemblee parlamentari nazionali, anche solo dal punto di vista dei rapporti giuridici tra BCE ed organi amministrativi nazionali, le questioni appaiono complesse e non risolvibili con i tradizionali criteri giuridici. Cosicché «la funzione di controllo svolta dalla BCE risulta ambigua da declinare, sotto il profilo giuridico, per l’interessare soggetti giuridici che si dovrebbero trovare in una posizione di reciproca indipendenza nell’esercizio delle rispettive funzioni». Si tratta di un trasferimento di funzioni ad un organo tecnico senza una reale opzione federale degli Stati che compongono l’Unione. È prova che si tratti di una via sdrucciolevole la preoccupazione espressa dalle Corti costituzionali nazionali e dalla dottrina costituzionalistica.
In letteratura sussistono vari riscontri a sostegno della esistenza di una relazione tra politiche fiscali restrittive, calo della produzione e dei redditi e connesso deterioramento dei coefficienti patrimoniali delle banche europee. Le analisi suggeriscono che una restrizione dei bilanci pubblici può compromettere la stabilità dei bilanci bancari, inducendo piani di ricapitalizzazione e al limite liquidazioni e acquisizioni estere: vale a dire, fenomeni di " centralizzazione " dei capitali bancari in Europa. Se si accetta questa chiave di lettura, si può trarre anche una riflessione critica sul nuovo duplice ruolo della BCE, di gendarme dell'austerity e di supervisore bancario. Dal novembre 2014 la Banca Centrale Europea ha preso in consegna la supervisione regolamentare diretta di circa 130 gruppi bancari dell'area euro. Si è così perfezionato il Meccanismo Unico di Vigilanza (MUV), primo tassello verso la creazione di una Unione Bancaria Europea. L'avvio del nuovo meccanismo di vigilanza è stato preceduto dal Comprehensive Assessment (CA), un esercizio ufficiale di valutazione dei bilanci effettuato con l'obiettivo di esaminare la qualità degli attivi, il grado di resistenza a shock macroeconomici esterni e più in generale l'adeguatezza patrimoniale dei bilanci delle banche dell'Unione europea. Effettuato con l'ausilio di vari criteri, tra cui il ben noto Stress Test, l'esercizio ha mirato a verificare se le banche esaminate rispettassero o meno la soglia limite di patrimonializzazione necessaria a garantire la solvibilità in caso di nuove crisi. Tale soglia è stata definita dalla BCE in termini di livello del Cet1 ratio, un coefficiente di solvibilità dato dal rapporto tra " capitale primario di classe 1 " (Common Equity Tier1) e " attività ponderate per il rischio " (Risk Weighted Assets): per dirsi al sicuro, le banche devono trovarsi con un Cet1 ratio non inferiore all'8%. I risultati hanno evidenziato che il capitale di numerose banche risulta insufficiente per il rispetto della soglia fissata, con una carenza patrimoniale complessiva che all'interno dell'Unione europea è risultata pari a 24,6 miliardi di euro (European Central Bank 2014). Ma l'aspetto forse più significativo di tale esercizio è che ben il 93% di questa carenza di capitale riguarda banche italiane, greche, cipriote, portoghesi e irlandesi (grafico 1).
Diritto Pubblico Comparato ed Europeo online, 2020
The decision of the Bundesverfassungsgericht of May 5th 2020 on ECB: A contradictory judgment-The decision of the Bundesverfassungsgericht of May 5th 2020 on ECB has already been criticized from different point of views. The majority of the critics are focused on the institutional consequences of the judgment. This article aims at highlighting some intrinsic contradictions of the decision that make it unsustainable. The inconsistencies regard various profiles: the addressee of the decision, the definition of the CJEU ruling as an ultra-vires judgment, the nature of the functions of ECB, the denied repercussions on the Purchase Program related to the Coronavirus crisis. Finally, the article tries to draw some hypotheses about what the reactions and the consequences of this decision might be. Non è la prima volta che la corte costituzionale tedesca emette una sentenza controversa e di grande impatto in materia di integrazione europea (evidenziando i suoi limiti, o controlimiti) 1. La decisione del 5 maggio, a pochi giorni dalla sua pubblicazione, è stata già stata sottoposta a numerose critiche, soprattutto in relazione alle conseguenze di tipo istituzionale ed economico. In questa nota vorrei mettere in luce alcune sue intrinseche contraddizioni. 2. La sentenza del 5 maggio 2020 La decisione del Secondo Senato della Corte costituzionale tedesca ha ad oggetto il programma di acquisto di titoli pubblici (Public Sector Purchase Program-1 Sulle numerose sentenze del Bundesverfassungsgericht in materia di identità costituzionale, Ewigkeitsklausel e principio democratico, nel loro rapporto con il diritto dell'Unione, c'è amplissima bibliografia. Per una recente ricostruzione del rapporto tra Grundgesetz e diritto UE, nell'ottica di una perdita di centralità del GG come parametro di riferimento, ci si limita a rinviare a F. Wollenschläger, Constitutionalisation and deconstitutionalisation of administrative law in view of Europeanisation and emancipation, in Review of European Administrative Law, n. 1/2017, 7 ss. R. Wahl, nel suo saggio Die zweite Phase des Öffentlichen Rechts in Deutschland: Die Europäisierung des Öffentlichen Rechts, in Der Staat, n. 4/1999, 495 ss. ha definito l'europeizzazione del diritto pubblico proprio come una "Seconda Fase" del diritto pubblico tedesco. La "marginalizzazione" della costituzione è stata da più parti evidenziata, si veda per es. G.F. Schuppert e C. Bumke, Die Konstitutionalisierung der Rechtsordnung, Nomos, 2000, e M. Jestaedt, Verfassungsgerichtsbarkeit und Konstitutionalisierung des Verwaltungsrechts. Eine deutsche Perspektive, in O. Jouanjan e J. Masing (a cura di), Verfassungsgerichtsbarkeit, Mohr Siebeck, 2011.
Revista de História da USP, 2024
IJRAME PUBLICATIONS, 2024
Revista Opinião Filosófica
Part 1. Journal of Consciousness Exploration & Research 14(4), 246-261. , 2023
Emotion Review, 2024
Archiv der Pharmazie, 1999
Tropical Animal Health and Production
International Journal of Research in Medical Sciences, 2016
Journal of Public Health Innovation
Bird Conservation International, 1992