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Riflessioni sulla causa della remissione del debito

2012, Riflessioni sulla causa della remissione del debito

© Copyright – DIKE Giuridica Editrice, S.r.l. Roma La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i film, le fotocopie), nonchè la memorizzazione elettronica, sono riservate per tutti i Paesi. Progetto grafico della copertina Chiara Damiani Realizzazione editoriale Studio Editoriale Cafagna, Barletta Finito di stampare nel mese di novembre 2012 Interessi fondamentali della persona e nuove relazioni di mercato a cura di Cesare Massimo Bianca CAPIToLo 18 riflessioni sulla causa della remissione del debito (Gaetano Edoardo Napoli) soMMario: 1. Estinzione dell’obbligazione per remissione – 2. Natura della remissione – 3. La causa della remissione – 4. La forma – 5. Il rifiuto del debitore – 6. Remissione e rinunzia al credito – 7. Remissione dei debiti futuri – 8. La remissione parziale – 9. La restituzione del titolo – 10. La volontà del creditore – 11. La promessa di restituzione del titolo – 12. La rinuncia alle garanzie – 13. Effetti della remissione sulle fideiussioni – 14. La rinunzia onerosa alla garanzia sPunTi BiBliografiCi: aTzeri VaCCa f., Delle rinunzie secondo il codice civile italiano, Torino, 1915; CerCiello r. La rimessione del debito nel diritto civile positivo, Roma, 1923; faDDa C., Bensa P.e., Note a Windscheid, Diritto delle Pandette, VI, Torino 1930, 371 ss.; Piras s., La rinunzia nel diritto privato, Napoli, 1940; Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Commentario del Codice Civile, diretto da D’Amelio, Libro delle Obbligazioni, I, Firenze, 1948, 131 ss.; allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, Torino, 1952; reCuPero f., Remissione del debito e donazione liberatoria nel quadro della liberalità giuridica, in Temi, 1955, fasc. 1, 90 ss.; resCigno P., Studi sull’accollo, Milano, 1958; ferri l., Rinunzia e rifiuto, Milano, 1960; BeneDeTTi g., Struttura della remissione, in Studi in onore di E. Betti, Milano, 1962, 785 ss.; TiloCCa e., Remissione del debito, in Noviss. Dig. it., XV, Torino, 1968, 389 ss.; Perlingieri P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Artt. 1230-1259, Bologna-Roma, 1975; 168 ss.; Di PrisCo n., I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Tratt. Rescigno, IX, Obbligazioni e contratti, I, Torino, 1984, 290 ss.; ManCini T., La cessione dei crediti, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 9, Obbligazioni e contratti, 1, Torino, 1984; giaCoBBe g., guiDa M.l., Remissione del debito (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 767 ss.; luMinoso a., Remissione del debito, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991; sTanzione P., Remissione del debito, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XVI, Torino, 1997, 577 ss.; Troiano s., La cessione di crediti futuri, Padova, 1999; BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, Milano, rist. 2004; naPoli g.e., Remissione del debito, in Il diritto, Enc. giur. diretta da Patti, XIII, Milano, 2007, 257 ss. 1. Estinzione dell’obbligazione per remissione Il nostro codice ha delineato una particolare struttura per la remissione, prevedendo che il creditore può far estinguere l’obbligazione, da cui sorge il suo diritto, comunicando al debitore la propria decisione di rimettere il debito. 464 ParTe seConDa. regolazione Del MerCaTo e ruolo Del ProfessionisTa Il soggetto passivo del rapporto obbligatorio può però decidere di voler adempiere, non traendo così profitto da tale comportamento del creditore. A tal fine il debitore deve comunicargli il proprio rifiuto entro un termine ragionevole. Non tutti i crediti sono rinunciabili: non lo sono, ad esempio, quelli alimentari, nè quelli riguardanti il diritto del lavoratore alle ferie. 2. natura della remissione La remissione del debito configura un modo di estinzione dell’obbligazione: considerato che alla perdita del credito non si accompagna il soddisfacimento dell’interesse del creditore, il suo carattere è non satisfattivo1. Con la remissione, infatti, il creditore manifesta una rinuncia al proprio credito. La legge attribuisce effetto estintivo alla comunicazione di remissione al debitore, salvo che questi, entro un congruo termine, dichiari di non volerne profittare. Secondo la giurisprudenza questa estinzione dell’obbligazione trova il proprio fondamento in un atto abdicativo di natura negoziale2. È richiesta la capacità del creditore, trattandosi di un atto di disposizione del credito3. Le problematiche interpretative sorgono in relazione al significato da assegnare all’istituto in commento ove lo si rapporti all’eventuale rifiuto del debitore. Un orientamento ritiene che la remissione sia un negozio unilaterale recettizio4, che si perfeziona con la comunicazione effettuata dal creditore: questa tesi è fedele alla lettera dell’art. 1236 c.c., che collega l’effetto estintivo alla dichiarazione comunicata al debitore, e trova conforto nel principio per cui non vi è necessità del consenso del soggetto quando si intenda fargli conseguire un effetto favorevole. Chi considera la remissione come un atto di liberalità ritiene che la struttura debba essere contrattuale: si richiede quindi, come per la donazione, l’accettazione del soggetto che ne trae profitto5. 1 Cfr. BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, Milano, rist. 2004, 430. Cfr. Cass., 14 luglio 2006, n. 16125; Cass., 4 ottobre 2000, n. 13169; Cass., 22 febbraio 1995, n. 2021; Cass., 5 agosto 1983, n. 5260; Trib. Roma, 9 luglio 1991, in Rass. giur. en. el., 1992, 457. 3 Cfr. allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, Torino, 1952, 271 ss.; Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Commentario Codice Civile, diretto da D’Amelio, Libro delle Obbligazioni, I, Firenze, 1948, 137; luMinoso a., Remissione del debito, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 8. 4 Cfr. TiloCCa e., Remissione del debito, in Noviss. Dig. it., XV, Torino, 1968, 402; BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, cit., 461 s. In giurisprudenza, cfr., in tal senso, Cass., 20 novembre 2003, n. 17623; Cass., 22 febbraio 1995, n. 2021; Cass., 5 agosto 1983, n. 5260; Cass., 16 dicembre 1982, n. 6934; Cass., 18 ottobre 1976, n. 3559; Cass., 24 giugno 1968, n. 211. 5 Cfr. reCuPero f., Remissione del debito e donazione liberatoria nel quadro della liberalità giuridica, in Temi, 1955, fasc. 1, 95. 2 Capitolo 18 – Riflessioni sulla causa della remissione del debito 465 Invece, l’orientamento che fa perno sul carattere abdicativo della remissione collega ad esso una struttura unilaterale6. Secondo una tesi che risale però ad un tempo precedente l’entrata in vigore del Codice del 1942, che ha introdotto la formula contenuta nell’art. 1236 c.c., la funzione e la struttura sarebbero variabili. ove la remissione abbia funzione rinunciativa si realizzerebbe mediante una struttura unilaterale, ove la funzione fosse liberale la struttura sarebbe necessariamente contrattuale7. Gli orientamenti che attribuiscono alla remissione una natura bilaterale equiparano il mancato rifiuto del debitore alla manifestazione della sua volontà: il silenzio di costui per il tempo considerato congruo configurerebbe un’accettazione della dichiarazione di remissione. Si richiama, a tal proposito, lo schema predisposto dall’art. 1333 c.c., ove si disciplina una fattispecie contrattuale8. Non riteniamo però che possa essere accolta una tale finzione: l’inerzia non può risolversi in sostanziale accettazione, quindi, secondo un’esegesi fedele alla norma, si deve ritenere che il negozio con cui si rimette un debito abbia natura unilaterale9. La natura contrattuale si deve escludere ove si consideri che il rifiuto del debitore non può essere considerato meramente come una mancata accettazione: esso ha piuttosto una rilevanza diversa, connessa ad un interesse diverso da quello del creditore remittente. ovviamente è impossibile conciliare in una prospettiva contrattualistica le volontà delle due parti qualora il debitore rifiuti: un contratto non può infatti contemplare l’intento del creditore di rimettere e, contemporaneamente, quello del debitore di adempiere. In dottrina si è affermata la natura contrattuale della remissione con riguardo al caso in cui il creditore e il debitore si accordano affinchè il secondo non si opponga alla volontà di rimettere il credito manifestata dal primo10. A nostro avviso, in tal caso, il debitore, conoscendo già, o ipotizzando, l’intento remissorio del creditore, decide di effettuare un’accettazione degli effetti della remissione unilaterale, rendendola certa, invulnerabile, dal momento in cui essa viene a lui manifestata da parte del creditore. Una tesi ritiene che oltre alla struttura remissoria proposto dalla norma in commento possano ravvisarsi altri schemi di remissione del debito: uno bilaterale, qualora l’iniziativa sia del debitore con conseguente necessità 6 Cfr. BeneDeTTi g., Struttura della remissione, in Studi in onore di E. Betti, Milano, 1962, 1303 ss. Cfr. Piras s., La rinunzia nel diritto privato, Napoli, 1940, 96. 8 Cfr. Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 134 ss. 9 Cfr. naPoli g.e., Remissione del debito, in Il diritto, Enc. giur. de Il Sole 24ore, XIII, Milano, 2007, 258. 10 Cfr. giaCoBBe g., guiDa M.l., Remissione del debito (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 775. 7 466 ParTe seConDa. regolazione Del MerCaTo e ruolo Del ProfessionisTa dell’accettazione del creditore, ovvero qualora l’accordo si realizzi in seguito all’iniziativa del creditore che intende rimettere a cui segua l’accettazione del debitore, uno unilaterale, ove le parti si accordino considerando sufficiente la dichiarazione del creditore, escludendo quindi la necessità dell’intervento del debitore, in guisa di mancato rifiuto o di accettazione11. In ogni caso la combinazione tra il peculiare interesse che sottende la prima parte della norma, collegabile alla disponibilità del diritto di credito da parte del creditore, e il rilievo dell’autonomia della sfera giuridica del debitore, che dà fondamento alla seconda parte della norma, comporta che non si possa avere nè una bilateralità piena nè una unilateralità pura12. 3. La causa della remissione Peculiari problematiche interpretative sorgono allorchè si voglia individuare la causa della remissione. Un ostacolo all’inquadramento dell’istituto deriva dalla contrapposizione tra la struttura unilaterale indicata dalla norma in commento e la funzione di liberalità, attribuibile alla comunicazione di rinuncia al credito, che imporrebbe invece la bilateralità. Non stupisce quindi che una tesi inquadra la remissione tra le donazioni indirette13, nonostante si sia obiettato che essa non è sempre fondata sull’intento di arricchire il debitore14: ove la volontà sia indirizzata in tal senso si avrebbe certamente una donazione liberatoria15. La liberalità non è quindi un carattere necessario della remissione, ma la causa di questa è essenzialmente gratuita16. Appare arduo ipotizzare una remissione a titolo oneroso: con riguardo a una tale fattispecie prevarrebbe infatti la qualificazione come transazione, come datio in solutum, come compensazione convenzionale, come novazione oggettiva17, ecc. 11 Cfr. Perlingieri P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Artt. 1230-1259, Bologna-Roma, 1975, 207 s., 230 ss. 12 Cfr. luMinoso a., Remissione del debito, cit., 8. 13 Cfr. reCuPero f., Remissione del debito e donazione liberatoria nel quadro della liberalità giuridica, cit., 90 ss., il quale, di conseguenza, ritiene (ivi, 95) che debba utilizzarsi la struttura del contratto. 14 Cfr. faDDa C., Bensa P.e., Note a Windscheid, Diritto delle Pandette, VI, Torino 1930, 401. 15 Cfr. CerCiello r. La rimessione del debito nel diritto civile positivo, Roma, 1923, 31 ss.; Piras s., La rinunzia nel diritto privato, cit., 132. 16 Cfr. BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, cit., 468; si veda anche luMinoso a., Remissione del debito, cit., 6; Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 135, 137. 17 Cfr. BeneDeTTi g., Struttura della remissione, cit., 1300; TiloCCa e., Remissione del debito, 400 s. Capitolo 18 – Riflessioni sulla causa della remissione del debito 467 Secondo una tesi che ha riscosso consensi in giurisprudenza la remissione avrebbe una causa neutra18, potendo dar veste sia ad interessi sinallagmatici che ad interessi tesi al vantaggio di una sola parte. Si tratta di un orientamento che valorizza il carattere abdicativo insito nella remissione, la quale viene quindi considerata solo dalla prospettiva del creditore, come una sua mera rinunzia19. Si registra in dottrina una tesi secondo cui la remissione sarebbe un negozio astratto, ovvero con causa generica20. Una causa limitatamente variabile è attribuita alla remissione da un orientamento che la considera ammissibile tanto come espressione di liberalità quanto come atto dovuto, avente una ratio onerosa21. 4. La forma Per la remissione del debito la legge non prescrive una particolare onere di forma: può infatti manifestarsi sia in modo espresso che in modo tacito22. In quest’ultimo caso l’intenzione del creditore deve però risultare in modo non equivoco, rilevando quel tipo di comportamento che sia del tutto incompatibile con la volontà di avvalersi del diritto, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza23. Non è infatti ammissibile che l’estinzione dell’obbligazione sia collegata ad un ragionevole dubbio sull’effettivo intento remissorio. Per quanto concerne i profili probatori, in base all’art. 2726 c.c. alla remissione del debito si applicano le norme stabilite per la prova testimoniale dei contratti (v. anche l’art. 2729, 2° co., c.c.). 5. Il rifiuto del debitore Dalla struttura normativa della remissione emerge la fondamentale valenza attribuita al rifiuto manifestato dal debitore. 18 Cfr. TiloCCa e., op. ult. cit., 399, ove si ritiene però che la remissione debba essere assoggettata alla disciplina relativa ai negozi gratuiti. In giurisprudenza, cfr., in tal senso, Cass., 7 maggio 2007, n. 10293; Cass., 14 marzo 1995, n. 2921; Cass., 5 agosto 1983, n. 5260; Trib. Roma, 9 luglio 1991, in Rass. giur. en. el., 1992, 457. 19 Cfr. CerCiello r. La rimessione del debito nel diritto civile positivo, 32 s.; Di PrisCo n., I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Tratt. Rescigno, IX, Obbligazioni e contratti, I, Torino, 1984, 293. 20 Cfr. giaCoBBe g., guiDa M.l., Remissione del debito, cit., 771. 21 Cfr. allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, cit., 260 ss. 22 Cfr. Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 136 s.; TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 408; luMinoso a., Remissione del debito, cit., 9. 23 Cfr. Cass., 14 luglio 2006, n. 16125; Cass., 18 maggio 2006, n. 11749; Cass., 12 settembre 2005, n. 18090; Cass., 10 ottobre 2003, n. 15180; Cass., 4 ottobre 2000, n. 13169; Cass., 21 dicembre 1998, n. 12765; Cass., 10 giugno 1994, n. 5646; Cass., 6 gennaio 1982, n. 4; Cass., 20 aprile 1974, n. 1100; Cass., 4 marzo 1966, n. 647. 468 ParTe seConDa. regolazione Del MerCaTo e ruolo Del ProfessionisTa Si ritiene che questo sia un atto negoziale, unilaterale e recettizio24. A nostro avviso, il mancato rifiuto del debitore non ha invece natura negoziale: infatti non è possibile applicare ad esso la disciplina del negozio giuridico, in particolare quella relativa all’impugnazione per incapacità e vizi del consenso. Queste tradizionali cause di annullabilità si traducono, nell’ambito della fattispecie remissoria indicata nell’art. 1236 c.c., in cause di mancato raggiungimento del termine congruo previsto dalla norma. Se, ad esempio, il debitore è incapace, il trascorrere del tempo non influisce sull’esistenza dell’obbligazione: può considerarsi trascorso un termine congruo solo ove si dia rilievo al tempo che corre quando il soggetto riacquista la capacità, ovvero quando viene nominato un tutore, un curatore, un amministratore di sostegno, a cui sia comunicata la dichiarazione remissoria. Stesso ragionamento può farsi con riguardo a tutti i vizi del consenso. Il termine può ritenersi congruo solo ove trascorra in assenza di cause che impediscono la consapevolezza piena in ordine all’effetto della remissione. Questa ricostruzione toglie fondamento alla tesi che collega alla natura negoziale del mancato rifiuto la necessaria bilateralità della remissione del debito25. La previsione del rifiuto pone rilievo, nella conformazione dell’istituto in commento, all’interesse del debitore26: considerato che alla remissione si collega una modificazione della sua situazione patrimoniale, un orientamento ritiene che egli deve partecipare al perfezionamento della fattispecie estintiva27. Secondo questa tesi, il debitore può anche effettuare una controproposta, apportando modifiche alla proposta del creditore volta alla remissione del debito28: lo schema previsto dall’art. 1236 c.c. per la remissione non viene quindi considerato inderogabile29. Considerati gli apporti forniti da queste impostazioni, preferiamo però aprire qui una nuova strada interpretativa, che prende le mosse dal rilievo che assumono gli interessi del creditore e del debitore. L’interesse del debitore può essere inquadrato quale interesse a non essere liberato mediante remissione, mantenendo autonoma la propria sfera giuridica rispetto alle decisioni del creditore30. 24 Cfr. sTanzione P., Remissione del debito, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XVI, Torino, 1997, 583. 25 Sul punto, cfr. luMinoso a., Remissione del debito, cit., 7. 26 Cfr. sTanzione P., Remissione del debito, cit., 579. 27 Cfr. Perlingieri P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 194; sTanzione P., Remissione del debito, cit., 584. 28 Cfr. Perlingieri P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 192. 29 Cfr. sTanzione P., Remissione del debito, cit., 584, il quale porta l’esempio della remissione corrispettivata e del contratto solutorio che fa estinguere l’obbligazione in virtù dell’accordo tra debitore e creditore remittente. 30 Cfr. Di PrisCo n., I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 301. Capitolo 18 – Riflessioni sulla causa della remissione del debito 469 Lo schema previsto dall’art. 1236 c.c. compone quindi due interessi contrapposti: quello del creditore a disporre del proprio diritto di credito e quello del debitore a non avvantaggiarsi di una remissione non voluta31. La norma prevede che il debitore ha la possibilità di manifestare la volontà di rifiutare entro un termine congruo. Quindi l’interesse viene legato a una scadenza temporale, da considerare di centrale importanza. Il termine può anche essere stabilito dal creditore, il quale può ampliare, non restringere, l’arco di tempo attribuito al debitore per riflettere sulla convenienza personale della remissione. La congruità, requisito che deve caratterizzare il minimo spazio temporale concesso inderogabilmente al debitore, deve essere valutata in relazione all’interesse di un soggetto di ordinaria diligenza ad adempiere il particolare tipo di obbligazione che viene in rilievo nel caso specifico32. Il connubio tra il termine e l’interesse del debitore si manifesta dunque con evidenza. Si rileva, per altro, che secondo un orientamento il creditore non può fissare unilateralmente un siffatto termine di decadenza33. Questa tesi fornisce ulteriore rilievo all’interesse del debitore. Cambiando angolo di visuale, consideriamo anche come si può inquadrare nel sistema giuridico il rifiuto del debitore. Si ritiene che il rifiuto del debitore risolva, in maniera retroattiva, come l’avveramento di una condizione risolutiva, l’effetto estintivo prodotto dalla comunicazione remissoria effettuata dal creditore34. Secondo una tesi, che conferisce maggior rilievo al rifiuto, l’estinzione dell’obbligazione non si collegherebbe alla comunicazione della dichiarazione di remissione: essa renderebbe piuttosto inesigibile il credito, in via provvisoria, estinguendosi l’obbligazione solo in mancanza di rifiuto del debitore nel congruo termine35. Limitandoci a qualche osservazione sull’orientamento menzionato, riteniamo che il meccanismo della condizione (risolutiva) dimostri la propria valenza, essenzialmente all’interno dell’area del contratto, in connessione alla tutela forte che l’ordinamento predispone per essa (si pensi all’opponibilità della condizione in virtù della disciplina della trascrizione). Non può quindi essere attribuito alla condizione un simile rilievo ove si tratti di negozi unilaterali. 31 Cfr. giaCoBBe g., guiDa M.l., Remissione del debito, cit., 768 s. Cfr. naPoli g.e., Remissione del debito, cit., 258. 33 Cfr. sTanzione P., Remissione del debito, cit., 589, ove si ritiene che il congruo termine debba ricostruirsi alla luce del “principio di correttezza e di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.”, seguendo l’impostazione fornita da giaCoBBe g., guiDa M.l., Remissione del debito, cit., 778 s. 34 Cfr. allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, cit., 254; TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 413 s.; BeneDeTTi g., Struttura della remissione, cit., 805, 1295 ss., 1310 ss.; Di PrisCo n., I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 297 s. In giurisprudenza, cfr. Cass., 20 ottobre 1958, n. 3355. 35 Cfr. sTanzione P., Remissione del debito, cit., 589. 32 470 ParTe seConDa. regolazione Del MerCaTo e ruolo Del ProfessionisTa Considerato che ci stiamo occupando di un atto unilaterale, la remissione operata dal creditore, dobbiamo escludere che vi possa essere spazio per una condizione, tecnicamente intesa. Anche perchè si può affermare che l’interesse soggettivo che negli atti bilaterali sottende la predisposizione della condizione in quelli unilaterali rileva invece nella misura in cui partecipi a delinearne la causa. A nostro avviso, l’intento del debitore di non voler accettare la remissione, dando rilevanza al proprio interesse soggettivo, non costituisce un motivo della remissione, bensì partecipa della sua causa. ove si scopra, successivamente alla comunicazione al debitore della dichiarazione remissoria del creditore, che tale interesse del debitore alla remissione del debito è mancante, la remissione stessa è nulla, per mancanza di causa: essa non produce quindi alcun effetto. Non serve quindi ipotizzare una condizione quando, invece, la mancata produzione di effetti consegue alla carenza della causa. In caso di rifiuto il debito permane insieme alle garanzie che vi accedono. Il debitore può accettare la remissione in maniera esplicita: agendo in tal modo egli rende sicura l’operatività dell’effetto estintivo36. Va ovviamente segnalato che questa nostra tesi è in contrasto con la generalizzazione operata nella giurisprudenza37, che considera sempre operante la remissione al momento della comunicazione al debitore della dichiarazione di rinuncia effettuata dal creditore. 6. Remissione e rinunzia al credito La remissione trova il proprio fondamento in una rinunzia. Si ritiene anche che la remissione sia proprio un atto di rinunzia38. Tale orientamento viene però criticato in virtù di una distinzione tra remissione del debito e rinunzia al credito: la prima si avrebbe ove l’intento negoziale sia diretto all’estinzione dell’obbligazione, la seconda quando la volontà rilevante sia quella abdicativa, volta alla dismissione del diritto, attuandosi, in tal caso, solo in via riflessa l’eventuale estinzione dell’obbligazione (viene riportato l’esempio della rinunzia effettuata da uno dei creditori di una obbligazione solidale attiva, ex art. 1301, 2° co., c.c.). Si precisa inoltre che mentre 36 Cfr. allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, cit., 250; BeneDeTTi g., Struttura della remissione, cit., 1295 ss., 1314 ss. In giurisprudenza, cfr. Cass., 6 maggio 1955, n. 1272. 37 Ci riferiamo alla giurisprudenza citata nelle note precedenti. 38 Cfr. allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, cit., 221; Di PrisCo n., I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 293; BeneDeTTi g., Struttura della remissione, cit., 798; TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 398 s.; BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, cit., 466. In giurisprudenza, cfr. Cass., 6 maggio 1955, n. 1272. Capitolo 18 – Riflessioni sulla causa della remissione del debito 471 la rinunzia dipende solo dal rinunziante, la remissione dipende anche dal mancato rifiuto del debitore39. È stato notato in dottrina come questo orientamento non abbia però fondamento, in quanto una rinunzia al credito estingue sempre anche il debito, per la simmetria tra posizione creditoria e posizione debitoria (anche nel caso di rinunzia del concreditore solidale attivo si ha estinzione del credito, per la parte a questi spettante)40. L’unilateralità della remissione, di cui si è detto, impedisce poi - per questa dottrina - che venga dato rilievo, con riguardo all’effetto estintivo, alla volontà del debitore che intenda opporsi41 (per la nostra tesi al riguardo, si rinvia al § 5). Con riguardo a tale problematica riteniamo non corretta un’interpretazione che presupponga una nozione di rinuncia valida in ogni caso, che la rappresenta come la dismissione del diritto, rilevante in via diretta solo per il creditore. Non esiste infatti una definizione normativa della rinuncia in generale, nè una nozione valida per tutte le rinunce può essere ricostruita dall’interprete aprioristicamente: essa può essere legittimamente desunta solo per le ipotesi previste espressamente dalla legge, quali, ad es., la rinuncia all’eredità e la rinuncia alla proprietà o agli altri diritti reali. Evitando quindi apriorismi legati agli effetti dell’abdicazione, che forma il sostrato dell’atto rinunciativo, può affermarsi che la rinunzia al credito non comporta alcun effetto estintivo finchè resta all’interno della sfera giuridica del creditore, configurandosi come mera decisione di non richiedere l’adempimento. In tal caso si realizza mediante un’astensione dal richiedere la prestazione, che, col trascorrere del tempo, può comportare l’estinzione per prescrizione. Infatti l’abbandono della propria pretesa non comporta l’automatica estinzione dell’obbligazione: inutile a tal proposito richiamare, per dar giustificazione all’estinzione, la necessaria correlazione tra il debito e il credito, tra la posizione del creditore e quella del debitore, tra il credito e l’obbligazione42. Il creditore che attua un comportamento abdicativo del proprio credito non lo perde (quindi l’obbligazione non si estingue), se non dopo che sia intervenuta la prescrizione. Una volta comunicata al debitore, invece, la rinunzia al credito si risolve, a tutti gli effetti, in una remissione del debito. 39 Cfr. Perlingieri P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 209 ss.; sTanzione P., Remissione del debito, cit., 590 s. Con riferimento al codice previgente, cfr. aTzeri VaCCa f., Delle rinunzie secondo il codice civile italiano, Torino, 1915, 564; faDDa C., Bensa P.e., Note a Windscheid, Diritto delle Pandette, cit., 401. 40 Cfr. BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, cit., 467 s. 41 Cfr. BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, cit., 468. 42 Cfr. BeneDeTTi g., Struttura della remissione, cit., 794 s. 472 ParTe seConDa. regolazione Del MerCaTo e ruolo Del ProfessionisTa Quindi, ove il creditore non si limiti ad abbandonare la propria posizione, ma comunichi tale sua volontà al debitore, si ha la remissione, che, in virtù di quanto stabilito dalla norma in commento, produce la liberazione del debitore. 7. Remissione dei debiti futuri Si discute in merito all’ammissibilità della remissione dei debiti futuri. Secondo un orientamento essi non potrebbero essere considerati remissibili43: la remissione sarebbe incompleta nel suo profilo oggettivo44. La tesi che ammette invece la remissibilità dei debiti futuri fa perno sulla disposizione contenuta nell’art. 1348 c.c., la quale concede ampi margini all’autonomia delle parti in ordine alla deduzione in contratto della prestazione di cose future45. A nostro avviso la remissione, in generale, non può avere ad oggetto dei debiti futuri. Riteniamo infatti che la prestazione di “cose” future, prevista nell’art. 1348 c.c., non riguardi in via diretta i crediti. L’articolo citato concerne oggetti materiali ben determinati nel loro valore di scambio, seppur non ancora esistenti al momento del contratto e può riferirsi, benchè in via indiretta, ai soli crediti già delineati nel loro preciso ammontare. Si tratta di una norma che non intende derogare al principio di determinatezza, o determinabilità, stabilito dall’art. 1346 c.c. Si noti, a tal proposito, che in base all’art. 1938 c.c., come risultante in seguito all’intervento della l. 17 febbraio 1992, n. 154, affinchè la fideiussione possa riferirsi ad un’obbligazione futura deve essere previsto l’importo massimo garantito. La determinatezza, o determinabilità, del credito è il fattore discriminante che consente l’ammissibilità della remissione dei crediti incerti, di quelli illiquidi, di quelli sottoposti a condizione o a termine, che in dottrina sono considerati remissibili46. Con riguardo a un tema affine, è stato precisato47 come quello che riguarda i crediti futuri sia un problema principalmente di definizione e di classificazione: per comprendere se un credito sia futuro o meno è necessario interpretare l’effettiva volontà delle parti ricercando gli interessi che esse desiderano 43 Cfr. Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 317. 44 Cfr. TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 410. 45 Cfr. sTanzione P., Remissione del debito, cit., 591, ove viene citata la giurisprudenza secondo cui tutti i debiti sarebbero remissibili: Cass., 16 novembre 1979, n. 5967; Cass., 17 gennaio 1975, n. 204; Cass., 9 marzo 1971, n. 649. 46 Cfr. allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, cit., 301; Perlingieri P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 192. 47 Cfr. Troiano s., La cessione di crediti futuri, Padova, 1999, 27, 54. Capitolo 18 – Riflessioni sulla causa della remissione del debito 473 perseguire48. Chi, in dottrina, si è occupato della cessione dei crediti futuri ha precisato come tale negozio deve essere completo di tutti gli elementi essenziali49: la cessione di una massa di crediti futuri non può essere ammessa nella misura in cui abbia un oggetto indeterminabile, cioè non prevedibile aprioristicamente, non identificabile, al momento della stipulazione, nelle sue caratteristiche future50. Per ciò che riguarda la remissione, che viene considerata essenzialmente gratuita, di debiti futuri, possiamo effettuare un’ulteriore rilievo: si riconosce, infatti, che la cessione gratuita, a scopo di liberalità, di crediti futuri è vietata in virtù di quanto disposto dall’art. 771 c.c.51. 8. La remissione parziale Si considera generalmente ammissibile la remissione parziale: con essa il creditore rinuncia a una parte del credito52. Si configura, in relazione ad essa, un’estinzione parziale dell’obbligazione: l’effetto finale è quindi modificativo53. Si ritiene, viceversa, che il debitore non possa rifiutare la dichiarazione remissoria (totale) del creditore soltanto per una parte del debito: il risultato finale deve infatti essere corrispondente a quello voluto dal creditore, il quale ha la disponibilità del proprio credito54. Riteniamo che la tesi debba essere ricondotta alla autonomia del creditore sancita nella norma che gli attribuisce la facoltà di rifiutare un adempimento parziale (art. 1181 c.c.). Le considerazioni sopra svolte in merito all’assenza di bilateralità nella remissione del debito, collegabile alla natura non negoziale del mancato rifiuto, inducono ad accogliere la tesi qui citata, nella constatazione che il debitore non acquista potere dispositivo all’interno della fattispecie remissoria. Egli non è parte di un negozio traslativo, in quanto il creditore non gli trasferisce il credito, bensì lo esonera dall’obbligo del pagamento. Il creditore, dichiarando di rimettere il debito, non cede la propria posizione al debitore, ma, semplicemente, lo libera dall’obbligo di adempiere: perma48 Cfr. Troiano s., op. ult. cit., 118 s. Cfr. Troiano s., op. ult. cit., 226 s. 50 Cfr. Troiano s., op. ult. cit., 314 ss. 51 Cfr. ManCini T., La cessione dei crediti, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 9, Obbligazioni e contratti, 1, Torino, 1984, 386; Troiano s., La cessione di crediti futuri, cit., 430, 436 ss. 52 Cfr. allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, cit., 303; TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 410; CerCiello r. La rimessione del debito nel diritto civile positivo, cit., 79 s.; luMinoso a., Remissione del debito, cit., 9. In giurisprudenza, cfr. Cass., 20 novembre 2003, n. 17623; Cass., 5 agosto 1983, n. 5260. 53 Cfr. luMinoso a., Remissione del debito, cit., 9. 54 Cfr. luMinoso a., op. ult. cit., 9. 49 474 ParTe seConDa. regolazione Del MerCaTo e ruolo Del ProfessionisTa nendo la situazione giuridica connessa alla sfera del creditore, egli mantiene quindi anche la facoltà di rifiutare l’adempimento parziale, la quale caratterizza la sua posizione giuridica attiva. 9. La restituzione del titolo L’art. 1237 c.c. attribuisce una determinante rilevanza alla volontaria restituzione del titolo originale effettuata dal creditore al debitore: tale comportamento viene equiparato alla volontà univoca di rimettere il debito e assume significato liberatorio. Si specifica espressamente che tale comportamento concludente comporta anche la liberazione degli eventuali condebitori solidali. Diverso è il trattamento che la legge riserva alla consegna dei titoli che rivestono forma pubblica: la volontaria dazione della copia spedita in forma esecutiva fa sorgere una semplice presunzione di liberazione, restando ammessa la prova contraria. 10. La volontà del creditore Il comportamento concludente del creditore, consistente nella restituzione al debitore dell’originale del titolo, assume un decisivo rilievo liberatorio. Deve trattarsi del titolo da cui discende l’obbligazione, non di altri titoli connessi o collegati. La traditio del titolo è quindi una forma che viene equiparata alla volontà espressa di effettuare la remissione. Si configura una presunzione assoluta, a favore del debitore, di estinzione dell’obbligazione: il creditore non ha alcuna possibilità di fornire una prova contraria. La disposizione legislativa in commento consegue alla prassi per cui al pagamento si accompagna la restituzione dell’originale del titolo55. Se si hanno più originali, devono essere tutti consegnati al debitore per l’applicazione della norma contenuta nell’art. 1237 c.c. Non può però essere elusa del tutto l’effettiva volontà del creditore. L’efficacia liberatoria del gesto restitutorio deve infatti rivelare un intimo legame con l’intenzione del creditore. Si nota come la restituzione attribuisca semplicemente il possesso del titolo al debitore: essa non dà certezza sulla volontà del comportamento. Quindi si può affermare che con la consegna del titolo in originale nasce una presunzione semplice in ordine alla volontarietà della traditio, in quanto il creditore può provare di aver restituito il documento per effetto di errore, violenza o dolo, evitando l’effetto estintivo56. 55 56 Cfr. Cass., 11 dicembre 1962, n. 3323. Cfr. BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, cit., 332. Capitolo 18 – Riflessioni sulla causa della remissione del debito 475 ove si riscontri sussistente l’elemento soggettivo-volontaristico nella fattispecie restitutoria, sorge la presunzione assoluta di remissione del debito57: l’obbligazione si estingue e non è ammessa prova contraria. Quando non si riesce ad accertare la restituzione del titolo ma il semplice possesso di esso in capo al debitore, si ha una presunzione semplice di pagamento58. Il secondo comma dell’art. 1237 c.c. riguarda i titoli di credito che rivestono forma pubblica, per i quali non è attuabile una consegna dell’originale: se il creditore restituisce la copia dell’atto pubblico munita della formula esecutiva, tale comportamento non assume lo stesso significato remissorio univoco sopra indicato. Viene piuttosto prevista una presunzione di estinzione dell’obbligazione di carattere non assoluto ma semplice: il creditore ha quindi la possibilità di fornire una prova contraria alla remissione. 11. La promessa di restituzione del titolo La promessa, effettuata dal creditore, di restituire il titolo al debitore, ove non sia accompagnata dall’effettiva dazione di esso, non può valere come volontà remissoria non equivoca59. Va notato come nel nostro ordinamento non sia attribuito alcun significato vincolante agli obblighi di attribuire gratuitamente in futuro un vantaggio ad altri sorti al di fuori dello schema della donazione: se non c’è donazione e la prestazione non è dovuta, non essendoci quindi una causa giustificatrice di carattere negoziale o legale (si pensi agli obblighi di mantenimento), la promessa può essere legittimamente disattesa. Il passaggio materiale della cosa - nel nostro caso, la consegna del titolo - fa invece sorgere l’effetto definitivo, che è l’estinzione dell’obbligazione: il precedente possessore del documento si spoglia infatti del suo possesso a favore del debitore. La mera promessa di restituzione del titolo potrebbe, per altro, configurare un pactum de non petendo, il cui effetto è la rinuncia a far valere il titolo in giudizio, non certo la rinuncia estintiva al proprio credito60. 12. La rinuncia alle garanzie Il creditore può disporre della propria posizione di vantaggio rinunziando non al credito, bensì alle garanzie che l’assistono. 57 Cfr. Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 138; allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, cit., 291; giaCoBBe g., guiDa M.l., Remissione del debito, cit., 786; sTanzione P., Remissione del debito, cit., 592. 58 Cfr. Cass., 2 dicembre 1982, n. 6543. 59 Cfr. Cass., 10 giugno 1994, n. 5646. 60 Cfr. Cass., 7 giugno 2000, n. 7717; Cass., 10 giugno 1994, n. 5646. 476 ParTe seConDa. regolazione Del MerCaTo e ruolo Del ProfessionisTa Essendo necessaria per l’effetto remissorio (quindi estintivo) la comunicazione della volontà univoca di rinuncia al credito, la semplice rinuncia alle garanzie dell’obbligazione non può costituire prova presuntiva della remissione. La norma contenuta nell’art. 1238 c.c. esclude che alla rinuncia alle garanzie possa attribuirsi il significato di una remissione del debito: quindi, per esempio, la remissione del debito del fideiussore non giova al debitore principale61. La disposizione codicistica citata viene considerata superflua da parte della dottrina62, che non fa altro che ribadire il principio per cui la remissione deve risultare da un atto espresso ovvero, ove si attui tacitamente, da un comportamento con significato univoco, come può considerarsi la consegna al debitore dell’originale del titolo. Sono quindi necessarie delle esteriorizzazioni orali o fattuali incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto63. È opportuno ricordare qui come, ai fini probatori, secondo l’art. 2726 c.c. alla remissione del debito si applicano le norme previste per la prova testimoniale dei contratti. E le presunzioni non sono ammissibili nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni (art. 2729, 2° co., c.c.). Alla disposizione dell’art. 1238 c.c. può essere attribuito un autonomo valore normativo ove essa venga considerata una deroga al regime di libertà di forma in materia di remissione del debito. Indirettamente, quindi, l’art. 1238 c.c. affermerebbe l’esistenza di tale principio: in ciò potrebbe ravvisarsi la sua utilità nel sistema codicistico. Con riguardo ai comportamenti concludenti, da un lato il legislatore ha previsto che la restituzione dell’originale del titolo configura remissione, specificando che la consegna di copia del titolo spedita in forma esecutiva è una presunzione semplice della liberazione del debitore, dall’altro ha precisato che la rinunzia alle garanzie non fa presumere l’atto remissorio. La libertà della forma remissoria è affermata anche dagli orientamenti dottrinali i quali comunemente ammettono che la remissione del debito può avvenire sia in modo espresso che tacito64. 13. Effetti della remissione sulle fideiussioni Il legislatore, dopo aver prescritto che la rinunzia alle garanzie non fa presumere la remissione del debito (art. 1238 c.c.), statuisce invece con l’art. 1239 c.c. che la remissione accordata al debitore libera i fideiussori. 61 Cfr. BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, cit., 453. Cfr. luMinoso a., Remissione del debito, cit., 9. 63 Cfr. Cass., 14 luglio 2006, n. 16125; Cass., 18 maggio 2006, n. 11749; Cass., 12 settembre 2005, n. 18090; Cass., 10 ottobre 2003, n. 15180; Cass., 4 ottobre 2000, n. 13169; Cass., 21 dicembre 1998, n. 12765; Cass., 10 giugno 1994, n. 5646; Cass., 6 gennaio 1982, n. 4; Cass., 20 aprile 1974, n. 1100; Cass., 4 marzo 1966, n. 647. 64 Cfr. Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 136 s.; TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 408; luMinoso a., Remissione del debito, cit., 9. 62 Capitolo 18 – Riflessioni sulla causa della remissione del debito 477 Nel caso in cui vi siano più fideiussori, l’estinzione dell’obbligazione di uno di essi per remissione libera gli altri esclusivamente per la parte del fideiussore liberato. ove gli altri abbiano consentito la liberazione di quest’ultimo, essi rimangono obbligati per l’intero pagamento garantito. Si ritiene che quanto prescritto dalla norma non sia altro che la normale conseguenza della remissione effettuata nei confronti del debitore principale. Sembra infatti naturale che in tal caso debbano estinguersi tutte le garanzie, reali o personali, che accedono all’obbligazione65. Una garanzia al credito non può infatti permanere in mancanza del credito stesso: la remissione estingue l’obbligazione, quindi fa venir meno tutti gli accessori di quest’ultima. La regola contenuta nel secondo comma dell’art. 1239 c.c. si affianca a quanto disposto dall’art. 1301 c.c. in materia di remissione effettuata verso uno dei condebitori. Se vi sono più fideiussori, la remissione operata verso uno di essi non libera gli altri, se non per la parte del garante beneficiato. Se gli altri consentono la liberazione di costui, sono tenuti a garantire per l’intero. L’art. 1236 c.c., come visto sopra, concede al debitore la facoltà di rifiutare la remissione entro un termine congruo. Seguendo la logica contenuta nell’art. 1276 c.c. in dottrina si è detto che in caso di rifiuto della remissione l’obbligazione rivive ma non rivivono le garanzie che vi accedono66. Seguendo l’impostazione manifestata sopra, non condividiamo questa tesi. Riteniamo infatti che l’intento del debitore di non voler accettare la remissione non configuri un mero motivo della remissione, bensì partecipi proprio della sua causa. Se, successivamente alla comunicazione al debitore della dichiarazione remissoria del creditore, si scopre che tale interesse del debitore alla remissione del debito è mancante, la remissione stessa è nulla per mancanza di causa, cioè non produce alcun effetto. Ne deriva che in caso di rifiuto il debito permane insieme alle garanzie che vi accedono. 14. La rinunzia onerosa alla garanzia L’art. 1240 c.c. prevede l’ipotesi di rinunzia del creditore alla garanzia dietro corrispettivo. Il pagamento effettuato a favore del creditore deve essere imputato al debito principale, in modo che ne benefici il debitore, nonchè gli eventuali altri garanti. Con accordo tra il creditore e il garante o tra il creditore e il debitore o, ancora, tra il creditore e un terzo, si può prevedere infatti l’estinzione della 65 Cfr. TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 412; luMinoso a., Remissione del debito, cit., 10. 66 Cfr. resCigno P., Studi sull’accollo, Milano, 1958, 115 ss.; TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 419. 478 ParTe seConDa. regolazione Del MerCaTo e ruolo Del ProfessionisTa garanzia, reale o personale, che assiste il credito, verso il pagamento (da parte del garante, del debitore o del terzo) di un corrispettivo. Ciò che viene ricevuto dal creditore in virtù di questo scambio deve essere imputato, come accennato, al debito principale, onde evitare un ingiustificato arricchimento67. Se il creditore riceve il pagamento dell’intero suo credito garantito, non si ha una rinunzia alla garanzia, bensì un soddisfacimento delle ragioni creditorie in virtù dell’adempimento effettuato dal garante. Se il creditore riceve il pagamento di un valore inferiore rispetto a quello del credito garantito, si ha invece un patto solutorio che fa estinguere la garanzia. Ricordiamo che l’estinzione delle garanzie per rinunzia non fa presumere la remissione del debito principale (art. 1238). Si ritiene, generalmente, che la causa della remissione sia essenzialmente gratuita68. Ne consegue che non è qualificabile come remissione un negozio di rinuncia alla garanzia a titolo oneroso: deve prevalere infatti la qualificazione come transazione, come datio in solutum, come compensazione convenzionale, come novazione oggettiva69, ecc. Va notato come la norma in questione sia stata considerata del tutto estranea all’ambito della remissione del debito70. 67 Cfr. sTanzione P., Remissione del debito, cit., 593. Cfr. BianCa C.M., Diritto Civile, IV, L’obbligazione, cit., 468. Si veda anche luMinoso a., Remissione del debito, cit., 6; Pellegrini f., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 135, 137. 69 Cfr. BeneDeTTi g., Struttura della remissione, cit., 1300; TiloCCa e., Remissione del debito, cit., 400 s. 70 Cfr. allara M., Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, cit., 306. 68