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Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Art. 160 – Art. 161 Parte IV - Sanzioni Titolo I - Sanzioni amministrative Capo I - Sanzioni relative alla parte seconda Art. 160 Ordine di reintegrazione F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE 1. Se per effetto della violazione degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dalle disposizioni del Capo III del Titolo I della Parte seconda il bene culturale subisce un danno, il Ministero ordina al responsabile l’esecuzione a sue spese delle opere necessarie alla reintegrazione. 2. Qualora le opere da disporre ai sensi del comma 1 abbiano rilievo urbanistico-edilizio l’avvio del procedimento e il provvedimento finale sono comunicati anche alla città metropolitana o al comune interessati. 3. In caso di inottemperanza all’ordine impartito ai sensi del comma 1, il Ministero provvede all’esecuzione d’ufficio a spese dell’obbligato. Al recupero delle somme relative si provvede nelle forme previste dalla normativa in materia di riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato. 4. Quando la reintegrazione non sia possibile il responsabile è tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa. 5. Se la determinazione della somma, fatta dal Ministero, non è accettata dall’obbligato, la somma stessa e determinata da una commissione composta di tre membri da nominarsi uno dal Ministero, uno dall’obbligato e un terzo dal presidente del tribunale. Le spese relative sono anticipate dall’obbligato. (1) (2) _________________ Articolo così corretto con Comunicato 26 febbraio 2004 n. 42, in Gazz. Uff., 26 febbraio 2004, n. 47. Il presente articolo corrisponde agli artt. 131-132 d.lgs. 490/1999, ora abrogati (già art. 59 l. 1089/1939, come modificato dall’art. 16 l. 44/1975). (1) (2) Art. 161 Danno a cose ritrovate 1. Le misure previste nell’articolo 160 si applicano anche a chi cagiona un danno alle cose di cui all’articolo 91, trasgredendo agli obblighi indicati agli articoli 89 e 90. (1) (2) _________________ Articolo così corretto con Comunicato 26 febbraio 2004 n. 42, in Gazz. Uff., 26 febbraio 2004, n. 47. Il presente articolo corrisponde all’art. 132 d.lgs. 490/1999, ora abrogato (già art. 59 l. 1089/1939, come modificato dall’art. 16 l. 44/1975). (1) (2) ■ SOMMARIO ■ SEZ. I - L’INQUADRAMENTO 1. Introduzione. 2. L’ordine di ripristino e i suoi destinatari. 3. Determinazione della sanzione pecuniaria. 4. Prescrittibilità. 5. Danno a cose ritrovate. 6. Giurisdizione. ■ SEZ. II - LE DOMANDE E LE RISPOSTE 1. Di chi è la competenza ad adottare ordini di F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE 1009 CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO Art. 160 – Art. 161 riduzione in pristino? 2. Quali sono i destinatari dell’ordine di ripristino? 3. Che valenza ha la sanzione pecuniaria prevista all’art. 160, co. 4? 4. Come viene determinata la sanzione pecuniaria? 5. Cosa succede quando la determinazione dell’entità della sanzione pecuniaria ad opera del Ministero non sia accettata dall’interessato? 6. I poteri di ordinare la riduzione in pristino e d’irrogare la sanzione pecuniaria sono soggetti a prescrizione? 7. A chi appartiene la giurisdizione per le controversie in materia di sanzioni ripristinatorie e pecuniarie di cui all’art. 160? BIBLIOGRAFIA ALIBRANDI, FERRI (a cura di), I beni culturali e ambientali, Bologna, 2001, 763; BARBATI, CAMMELLI, SCIULLO (a cura di), Il diritto dei beni culturali, Bologna, 2003, 97; BARBATI, CAMMELLI, SCIULLO (a cura di), Diritto e gestione dei beni culturali, Bologna, 2011, 289; CAPUTI JAMBRENGHI, Commento agli artt. 160-161, in Trotta, Caia, Aicardi (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, NLC, 2006, 1, 232 ss.; CERBO, Commento agli articoli 160 e 162, in Cammelli (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Bologna, 2007, 649-653; GUZZARDO, Commento all’articolo 160, in ANGIULI, CAPUTI JAMBRENGHI (a cura di), Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, Torino, 2005, 416; MANSI, Il nuovo testo unico per i beni culturali e ambientali, Milano, 2001, 372; MANSI, La tutela dei beni culturali e del paesaggio, Padova, 2004, 570 ss.; PONIZ, BIGNAMI, Commento agli artt. 130-133, in ITALIA (a cura di), Testo unico sui beni culturali, Milano, 2000, 480; SANDULLI, Commento agli articoli 160 e 161, in Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, 2012, 1209-1215; SANTORO PASSARELLI, I beni della cultura secondo la Costituzione, in Studi per il XX anniversario dell’Assemblea Costituente, 2, Firenze, 1969, 435; TRAVI, Premessa articoli 160-168, in Cammelli (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Bologna, 2007, 649; ZAMPANO, La prescrizione dell’art. 2947 c.c. opera anche nella tutela amministrativa del patrimonio storico-artistico: una sinergia di regole pubblicistiche e privatistiche, in Responsabilità civile e previdenza, 3, Milano, 2014, 920. ■ SEZ. I - L’INQUADRAMENTO 1. Introduzione. Posto in apertura del Titolo I dedicato alle sanzioni amministrative, l’art. 160 è una norma che, prevedendo una sanzione di carattere reintegrativo, testimonia la particolare attenzione del legislatore per una forma di tutela specificamente incentrata sulla res, ossia il bene culturale oggetto della disciplina. La misura ripristinatoria prevista oggi dall’art. 160 (già prevista in passato dal disposto degli artt. 131 e 132 del T.U. sui beni culturali del 1999 e ancora prima dall’art. 59 l. 1089/1939, come modificato dall’art. 16 l. 44/1975) costituisce infatti «lo strumento ordinario per rimediare al pregiudizio arrecato al bene vincolato, ricostituendo il suo pregio» (Cons. St., sez. VI, 13 luglio 2009, n. 4390). Essendo la funzione della norma quella di ristabilire l’ordine fattuale violato, è evidente che le sanzioni amministrative debbano essere orientate alla cosa oggetto di tutela. In dottrina si è rilevato, infatti, come in questa norma «l’accento si 1010 sposti dal trasgressore alla res colpita dalla trasgressione» (SANDULLI, Commento agli articoli 160 e 161, in Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Milano, 2012, 1212; BARBATI, CAMMELLI, SCIULLO (a cura di), Diritto e gestione dei beni culturali, Bologna, 2011, 107) e come quindi «l’oggetto del provvedimento resta pur sempre la res e il suo scopo resta quello di ripristinare l’ordine violato, solo che il costo sociale della rimozione del danno viene fatto cadere esclusivamente sul soggetto che lo ha cagionato» (CERBO, Commento agli articoli 160 e 162, in Cammelli (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Bologna, 2007, 653). Il provvedimento di riduzione in pristino si aggiunge alle sanzioni penali, spesso collegate, in cui può incorrere il responsabile a norma del Titolo II, ma secondo molti ha probabilmente una maggiore efficacia afflittivo-deterrente (T.a.r. Lazio, Roma, 3 ottobre 1987, n. 1585; BARBATI, CAMMELLI, SCIULLO (a cura di), F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Diritto e gestione dei beni culturali cit., 289; ALIBRANDI, FERRI (a cura di), I beni culturali e ambientali, Bologna, 2001, 763). Evidenziate la ratio della norma e la sua centralità nel sistema sanzionatorio, è in verità ben più difficile esprimersi sulla reale efficacia di tale sanzione in funzione di tutela del patrimonio culturale italiano: resta certamente, nel dibattito generale in tema di beni culturali, il monito di chi ha autorevolmente ritenuto che «l’unica funzione culturale va attuata nella duplice direzione degli artt. 9 e 42 Cost.», nel senso quindi «della conservazione del bene», più che del ripristino (SANTORO PASSARELLI, I beni della cultura secondo la Costituzione, in Studi per il XX anniversario dell’Assemblea Costituente, 2, Firenze, 1969, 435). Ai sensi del co. 1, come chiarito anche dalla più recente giurisprudenza di merito, la competenza ad adottare ordini di riduzioni in pristino di opere eseguite in violazione degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dagli artt. 20 ss. del Capo III del Titolo I della Parte seconda appartiene direttamente al Ministero, senza interposizioni di sorta ad opera della locale Soprintendenza (T.a.r. Puglia, Bari, sez. III, 4 luglio 2013, n. 1088). Il co. 2 si preoccupa quindi di prevedere la necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento e del provvedimento finale anche alla città metropolitana o al comune interessati, nel caso di rilievo urbanisticoedilizio delle opere di cui al co. 1. In caso d’inottemperanza all’ordine di ripristino, il Ministero provvederà all’esecuzione d’ufficio a spese dell’obbligato e al recupero delle relative somme si provvederà nelle forme previste in materia di riscossione coattiva delle entrate dello Stato (art. 160 co. 3). Una volta stabilita la riduzione in pristino quale rimedio ordinario e specificata nei commi successivi la relativa procedura, l’art. 160 prevede al co. 4, per il solo caso in cui non fosse possibile una reintegrazione, una sanzione pecuniaria: in quest’evenienza il responsabile del danneggiamento dovrà corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla stessa (Cons. St., sez. VI, 28 Art. 160 – Art. 161 ottobre 2010, n. 7635). Tale sanzione pecuniaria ha quindi una valenza esclusivamente residuale (Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 2010, n. 7635; T.a.r. Veneto, Venezia, sez. I, 4 luglio 2002, n. 3262; T.a.r. Abruzzo, Pescara, 12 febbraio 2000, n. 97; T.a.r. Toscana, Firenze, sez. I, 18 marzo 1999, n. 220; Cons. St., sez. IV, 18 maggio 1998, n. 818). Peraltro, secondo parte della giurisprudenza, motivando adeguatamente e precisando sulla base di quali elementi il ripristino non sia idoneo ad eliminare tutti i danni subiti, sarà possibile per il Ministero cumulare la misura del ripristino e quella del risarcimento, residuando in concreto un danno risarcibile (T.a.r. Sicilia, Palermo, sez. I, 18 aprile 2005, n. 536). Altra giurisprudenza aggiunge che, in certi casi, la nozione di ripristino non può limitarsi al ripristino dell’originaria consistenza fisica del bene ma deve ricomprendere anche gli interventi necessari o semplicemente utili all’utilizzazione presente e futura del bene (T.a.r. Campania, Napoli, sez. V, 13 aprile 2005, n. 3912). Infine, quando la determinazione dell’entità della sanzione pecuniaria ad opera del Ministero non sia accettata dall’interessato, su specifica richiesta di questi (T.a.r. Toscana, Firenze, sez. III, 8 febbraio 2006, n. 343), l’Amministrazione sarà solo in questo caso tenuta ad attivare la procedura di cui all’art. 160 co. 5 che prevede che la somma venga determinata da una Commissione composta da tre membri da nominarsi uno dal Ministero, uno dall’obbligato e un terzo dal presidente del tribunale, con anticipazione delle relative spese da parte dell’obbligato (Cons. St., sez. V, 13 luglio 2006, n. 4420). Come confermato dalla giurisprudenza, in caso di avvio di tale procedimento l’Amministrazione non potrà procedere all’irrogazione della sanzione senza prima attendere l’esito della decisione della Commissione stessa, né, in senso ostativo all’intervento di quest’ultima, rileverà la scelta del destinatario della sanzione di adire il giudice, non sussistendo alcuna alternatività tra richiesta di nomina della Commissione e tutela giurisdizionale (T.a.r. Toscana, Firenze, sez. III, 12 novembre 2013, n. 1561). F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE 1011 CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO Art. 160 – Art. 161 2. L’ordine di ripristino e i suoi destinatari. Come si è visto, la norma sull’ordine di ripristino contenuta nell’art. 160, consistente nella reintegrazione della situazione di fatto preesistente a cura e spese del responsabile, è la risposta dell’ordinamento al danno eventualmente subito dai beni tutelati (SANDULLI, Op. cit., 1212; GUZZARDO, Commento all’articolo 160, in Angiuli, Caputi JAMBRENGHI (a cura di), Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, Torino, 2005, 415). Si ritiene, nel caso di opere che abbiano arrecato danno al patrimonio storico-artistico, che la P.A. sia vincolata a provvedimenti di riduzione in pristino, senza discrezionalità alcuna e senza che incida il lungo tempo trascorso, in questo caso, dal compimento della violazione edilizia (Cons. St., sez. VI, 25 settembre 1995, n. 965). Il provvedimento che dispone la riduzione in pristino o, in caso d’impossibilità, la sanzione pecuniaria dev’essere congruamente motivato e deve recare l’indicazione dei criteri e delle modalità seguiti per accertare la diminuzione del valore del bene (T.a.r. Toscana, Firenze, sez. III, 8 febbraio 2006, n. 343). Spetta agli organi tecnici di valutare la fattibilità delle opere di ripristino, con l’adozione delle prescrizioni più conformi per restituire al bene il suo carattere di utilità per il patrimonio storico artistico (Cons. St., sez. IV, 18 maggio 1998, n. 818). Come messo in evidenza dalla recente giurisprudenza, sarà possibile ordinare la riduzione in pristino anche nel caso in cui sia riscontrato un progressivo degrado, più o meno risalente o più o meno imputabile, del bene artistico (Cons. St., sez. VI, 16 maggio 2013, n. 2654). In sintesi, nella valutazione dell’elemento oggettivo dell’illecito, dovrà essere verificata la violazione delle norme di cui agli artt. 20 ss. del Capo III del Titolo I della Parte seconda e dovrà essere verificato il danno in concreto subito dal bene. Sono destinatari di tale provvedimento, a causa dell’ampiezza della formula utilizzata dal legislatore, tutti coloro che hanno un rapporto qualificato con il bene, siano essi proprietari, possessori o detentori di terreni, potendo 1012 quindi l’Amministrazione ordinare la riduzione in pristino a chiunque trasgredisca la legge stessa contribuendo a modificare la condizione materiale o giuridica della res nel senso vietato dalla norma (Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 2010, n. 7635; Cass. pen., sez. III, 11 luglio 1983). Si è anche evidenziato come il provvedimento del Ministero possa essere legittimamente diretto nei confronti del soggetto avente la proprietà al tempo dell’abuso e che comunque abbia proposto domanda di condono edilizio all’autorità comunale, ancorché successivamente abbia alienato il bene (Cons. St., sez. VI, 18 aprile 2000, n. 2305). È stata pure ritenuta legittima, in materia di appalti, la sanzione irrogata al Comune (a seguito del crollo di un bene di interesse storico-artistico a causa dell’esecuzione di lavori di allargamento di una strada), potendo concorrere con la responsabilità dell’appaltatore la responsabilità del committente sia ai sensi dell’art. 2043 c.c. sia per i pregnanti poteri di controllo propri della committenza pubblica (T.a.r. Puglia, Bari, sez. III, 21 gennaio 2005, n. 155). 3. Determinazione della sanzione pecuniaria. La sanzione pecuniaria prevista dal comma 4 è, come si è detto, alternativa e residuale (ex multis Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 2010, n. 7635), potendo essere adottata dalla P.A. con provvedimento amministrativo «solo qualora ciò sia compatibile con il vincolo e sia imposto da ragioni attinenti alla particolare difficoltà di esecuzione delle opere di ripristino» (Cons. St., sez. VI, 13 luglio 2009, n. 4390), ossia «la riscontrata impossibilità dell’esecuzione del ripristino dello stato dei luoghi e della sua monetizzazione, senza che al riguardo rilevi l’elemento psicologico» (T.a.r. Lazio, Roma, sez. II, 10 luglio 2008, n. 6643). Il provvedimento, come si è già accennato, dovrà poi essere congruamente motivato in ordine al quantum debeatur, mediante indicazione dei criteri e modalità seguiti per accertare la diminuzione del valore del bene (T.a.r. Toscana, Firenze, sez. III, 8 febbraio 2006, n. 343; MANSI, Il nuovo testo unico per i beni culturali e F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ambientali, Milano, 2001, 372), operazione demandata a una valutazione di ordine tecnico (Cons. St., sez. IV, 18 maggio 1998, n. 818; in dottrina, sul punto, A. TRAVI, Premessa articoli 160-168, in Cammelli (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, Bologna, 2007, 649; GUZZARDO, Commento all’articolo 160 cit., 416). Poiché il più delle volte risulta difficile individuare esattamente quale sia il valore della cosa perduta o la diminuzione di valore subita dalla stessa, non essendo rinvenibile alcun ausilio in tal senso nel dato normativo, la giurisprudenza ha elaborato per questi casi dei più agevoli criteri di determinazione della sanzione pecuniaria. In particolare, T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, 9 aprile 2013, n. 882, ritiene «legittima la sanzione determinata non sulla base del parametro del “danno arrecato” […], bensì quello del “profitto conseguito”, pari alla differenza fra il valore dell’opera edilizia realizzata sui terreni ed i costi sostenuti per l’edificazione» (nel caso di specie era risultato impossibile definire con certezza il numero di alberi abbattuti per far spazio all’edificio). Essendo quindi l’ammontare della somma correlato al vantaggio ottenuto dal trasgressore (e non, come nelle consimili sanzioni pecuniarie, al danno subito) è particolarmente evidente nella sanzione di cui all’art. 160 co. 4 il fine riparatorio» (in merito SANDULLI, Op. cit., 1213). Va anche precisato che la determinazione della misura della sanzione pecuniaria è espressione di esercizio di discrezionalità tecnica, potendo quindi essere contestata solo per irragionevolezza o illogicità (Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 2010, n. 7635). Si ritiene, infine, che, nel caso in cui sia la Commissione ad effettuare la stima ai sensi dell’art. 160 co. 5 (ciò avviene, come si è visto, in caso di disaccordo e su richiesta dell’interessato), tale stima possa poter formare oggetto di giudizio secondo i principi generali, date le evidenti analogie con l’arbitrato (SANDULLI, Op. cit., 1213; CERBO, Op. cit., 653; MANSI, La tutela dei beni culturali e del paesaggio, Padova, 2004, 570 ss.; PONIZ, BIGNAMI, Commento agli artt. 130133, in Italia (a cura di), Testo unico sui beni culturali, Milano, 2000, 480). 4. Prescrittibilità. Una giurisprudenza costante (Cons. St., sez. Art. 160 – Art. 161 VI, 20 ottobre 2005, n. 5904; T.a.r. Puglia, Bari, sez. I, 22 giugno 1994, n. 1062) riteneva che l’esercizio del potere di irrogare sanzioni ripristinatorie ex art. 59 l. 1089/1939 (oggi art. 160 d.lgs. 42/2004) non fosse soggetto al rispetto di alcun termine di prescrizione, non trovando applicazione l’art. 28 sulla prescrizione contenuto nella l. 689/1981, avendo la sanzione in questione natura riparatoria e non sanzionatoria. L’intera l. 689/1981, costituendo la disciplina generale delle sanzioni amministrative in senso stretto, dette anche afflittive in quanto finalizzate all’irrogazione di una pena al soggetto attivo del comportamento antigiuridico, non sarebbe stata infatti applicabile alle sanzioni di cui all’art. 59 l. 1089/1939, aventi natura riparatoria. Detto potere d’irrogazione di sanzioni ripristinatorie non sarebbe quindi venuto meno per il fatto che l’autorità competente avesse lasciato decorrere un lungo periodo di tempo prima di avvalersene. Il ragionamento che giustifica l’imprescrittibilità del potere ripristinatorio è ancora oggi pacifico; non lo è però quello che tentava di giustificare l’imprescrittibilità anche del potere d’irrogare la sanzione pecuniaria. Secondo tale giurisprudenza più risalente, al potere di ordinare la riduzione in pristino, era assimilato infatti il potere di irrogazione della sanzione pecuniaria, giudicato anch’esso imprescrittibile in quanto il potere sanzionatorio è qui esercitato in surroga del potere ripristinatorio. Non tutta la giurisprudenza seguiva quest’interpretazione: c’era anche chi (T.a.r. Abruzzo, Pescara, 12 febbraio 2000, n. 97) riteneva invece applicabile alla sanzione pecuniaria l’art. 28 l. 689/1981 e quindi soggetto alla prescrizione quinquennale il potere d’irrogare tale sanzione. S’inserisce in questa scia, argomentando però diversamente, la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui non vale osservare che, essendo il potere d’irrogare la sanzione pecuniaria esercitato in surroga del potere ripristinatorio sempre esercitabile, anche questo non sia soggetto a termine. Si afferma che «ammettere che questa pretesa risarcitoria possa essere fatta valere sempre, senza limiti di tempo, significa riconoscere all’Ammini- F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE 1013 CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO Art. 160 – Art. 161 strazione uno statuto di ius speciale, quanto al regime risarcitorio, che deroga alle regole civilistiche, anche quando manca una norma che consenta tale deroga e una ragione che tale deroga giustifichi» (Cons St., sez. VI, 11 novembre 2013, n. 5361). Il Consiglio di Stato non giunge a questa conclusione ritenendo applicabile al caso di specie la l. 689/1981, relegata invece una volta per tutte alle sanzioni amministrative in senso stretto, ma inserendo la lesione al patrimonio storico-artistico all’interno del paradigma dell’art. 2043 c.c. con applicazione del relativo termine di prescrizione di cui all’art. 2947. In sede di applicazione della sanzione di cui all’art. 160 co. 4, la P.A. deve quindi rispettare dei limiti interni, posti dalla normativa di settore sui beni culturali, e dei limiti esterni, derivanti dalla disciplina generale dell’illecito aquiliano (ZAMPANO, La prescrizione dell’art. 2947 c.c. opera anche nella tutela amministrativa del patrimonio storico-artistico: una sinergia di regole pubblicistiche e privatistiche, in Responsabilità civile e previdenza, 3, Milano, 2014, 920). Seguendo il ragionamento giurisprudenziale, è allora proprio la natura risarcitoria della sanzione pecuniaria, riconducibile allo schema dell’art. 2043 c.c., a far sì che questa non sfugga ex art. 2947 c.c. alla prescrittibilità di tale potere in cinque anni, decorrenti dall’avvenuto accertamento dell’illecito e dalla constatazione dell’impossibilità di ridurre la cosa in pristino stato. Sarà tale potere di accertamento di un illecito a danno del patrimonio artistico ad essere permanente e inconsumabile, insieme al potere di ordinare la riduzione in pristino e diversamente, invece, dal potere di imporre il risarcimento al danneggiante, prescrivibile in cinque anni. 5. Danno a cose ritrovate. L’art. 161 contiene un rinvio alla disciplina dell’art. 160 per quanto riguarda le condotte che, trasgredendo agli obblighi imposti ai titolari di concessioni di ricerca archeologica (art. 89) o agli autori di scoperte fortuite di beni di interesse archeologico, arrechino un danno alle cose ritrovate che siano appunto beni di interesse archeologico di proprietà statale ai sensi dell’art. 91. Deve ritenersi, con la dottrina (SANDULLI, Op. cit., 1214; CAPUTI JAMBRENGHI, Commento agli artt. 160-161, in Trotta, Caia, Aicardi (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, NLC, 2006, 1, 232), che il rinvio sia all’intera disciplina dell’art. 160 nonostante il dato letterale si riferisca alle sole “misure”. 6. Giurisdizione. Una serie di pronunce della Suprema Corte a Sezioni Unite in sede di conflitto di giurisdizione ha graniticamente chiarito che la sanzione pecuniaria irrogata dall’amministrazione, avendo carattere alternativo rispetto alla misura di tipo ripristinatorio, al pari di questa rientri nell’area dei poteri autoritativi dell’amministrazione a tutela di interessi pubblici; la relativa controversia quindi, ricollegandosi a posizioni di interesse legittimo, sarà devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. civ., Sez. Un., 10 marzo 2004, n. 4857; Cass. civ., Sez. Un., 4 aprile 2000, n. 94; Cass. civ., Sez. Un., 17 febbraio 1995, n. 1714; Cass. civ., Sez. Un., 28 aprile 1989, n. 2003). In definitiva, per le sanzioni ripristinatorie di cui all’art. 160, inclusa quindi la sanzione pecuniaria alternativa, sarà applicabile la l. 241/1990 e l’eventuale contenzioso dovrà essere incardinato presso il G.A.; diversamente, per le sanzioni amministrative in senso stretto, o afflittive, la disciplina sarà quella della l. 689/1981 e la giurisdizione quella del giudice ordinario (BARBATI, CAMMELLI, SCIULLO (a cura di), Il diritto dei beni culturali, Bologna, 2003, 97). ■ SEZ. II - LE DOMANDE E LE RISPOSTE ■ 1. Di chi è la competenza ad adottare ordini di riduzione in pristino? La competenza ad adottare ordini di riduzioni in pristino ex art. 160 co. 1 per opere 1014 eseguite in violazione degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dagli artt. 20 ss. del Capo III del Titolo I della parte seconda appartiene direttamente al Ministero, F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 senza interposizioni della locale Soprintendenza, come ribadito dalla più recente giurisprudenza (T.a.r. Puglia, Bari, sez. III, 4 luglio 2013, n. 1088). ■ 2. Quali sono i destinatari dell’ordine di ripristino? Sono destinatari dell’ordine di ripristino, data l’ampia formula utilizzata dal legislatore, tutti coloro che hanno un rapporto qualificato con il bene, siano essi proprietari, possessori o detentori di terreni (Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 2010, n. 7635; Cass. pen., sez. III, 11 luglio 1983), o che lo avevano al tempo dell’abuso (Cons. St., sez. VI, 18 aprile 2000, n. 2305). ■ 3. Che valenza ha la sanzione pecuniaria prevista all’art. 160, co. 4? La valenza della sanzione pecuniaria di cui all’art. 160 co. 4 è esclusivamente alternativa e residuale: è prevista infatti per il solo caso in cui non fosse possibile una reintegrazione, che costituisce il rimedio ordinario (Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 2010, n. 7635; T.a.r. Veneto, Venezia, sez. I, 4 luglio 2002, n. 3262; T.a.r. Abruzzo, Pescara, 12 febbraio 2000, n. 97; T.a.r. Toscana, Firenze, sez. I, 18 marzo 1999, n. 220; Cons. St., sez. IV, 18 maggio 1998, n. 818). Inoltre, secondo parte della giurisprudenza, qualora il ripristino non fosse in concreto idoneo ad eliminare tutti i danni subiti, sarà possibile cumulare ripristino e sanzione pecuniaria, residuando in concreto un danno risarcibile (T.a.r. Sicilia, Palermo, sez. I, 18 aprile 2005, n. 536). ■ 4. Come viene determinata la sanzione pecuniaria? La misura della sanzione pecuniaria è espressione di esercizio di discrezionalità tecnica, potendo quindi essere contestata solo per irragionevolezza o illogicità (Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 2010, n. 7635). In concreto, l’accertamento del valore della cosa perduta o della diminuzione di valore del bene, cui corrisponde la sanzione pecuniaria, è un’operazione che richiede valutazioni di ordine tecnico (Cons. St., sez. IV, 18 maggio 1998, n. 818). Nel silenzio del Codice, la Art. 160 – Art. 161 dottrina ha ritenuto che tale valore debba essere in via interpretativa ricavato da quello “di mercato” del bene che potrà essere a sua volta individuato tramite perizie (MANSI, La tutela dei beni culturali e del paesaggio cit., 572). Poiché in concreto tale accertamento molto spesso è difficile (per non dire impossibile), la giurisprudenza ha adottato dei criteri che facilitino la determinazione della sanzione, come quello per cui la stessa è determinata non sulla base del “danno arrecato”, bensì del “profitto conseguito” (T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, 9 aprile 2013, n. 882). ■ 5. Cosa succede quando la determinazione dell’entità della sanzione pecuniaria ad opera del Ministero non sia accettata dall’interessato? Solo in questo caso, su specifica richiesta dell’interessato (T.a.r. Toscana, Firenze, sez. III, 8 febbraio 2006, n. 343), l’amministrazione sarà tenuta ad attivare la procedura ex art. 160 co. 5 di determinazione della somma da parte di una Commissione di tre membri, nominati uno dal Ministero, uno dall’obbligato e uno dal presidente del tribunale, con anticipazione delle relative spese da parte dell’obbligato (Cons. St., sez. V, 13 luglio 2006, n. 4420). Una volta attivato tale procedimento, l’Amministrazione dovrà attendere la decisione della Commissione prima d’irrogare la sanzione né il destinatario della sanzione potrà scegliere di adire il giudice per impedire l’intervento della Commissione, non sussistendo alcuna alternatività tra richiesta di nomina della Commissione e tutela giurisdizionale (T.a.r. Toscana, Firenze, sez. III, 12 novembre 2013, n. 1561). ■ 6. I poteri di ordinare la riduzione in pristino e d’irrogare la sanzione pecuniaria sono soggetti a prescrizione? Il potere di ordinare la riduzione in pristino non è soggetto a prescrizione non potendosi applicare ad una sanzione di natura riparatoria e non sanzionatoria l’art. 28 l. 689/1981 (Cons. St., sez. VI, 20 ottobre 2005). Il potere d’irrogare la sanzione pecuniaria alternativa, secondo una più recente giurisprudenza, è invece soggetto a prescrizione. Non vale quindi F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE 1015 CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO Art. 160 – Art. 161 osservare, come pure si era ritenuto in passato, che, essendo il potere d’irrogare la sanzione pecuniaria esercitato in surroga del potere ripristinatorio sempre esercitabile, anche questo non sia soggetto a termine: infatti, «ammettere che questa pretesa risarcitoria possa essere fatta valere sempre, senza limiti di tempo, significa riconoscere all’Amministrazione uno statuto di ius speciale, quanto al regime risarcitorio, che deroga alle regole civilistiche, anche quando manca una norma che consenta tale deroga e una ragione che tale deroga giustifichi» (Cons St., sez. VI, 11 novembre 2013, n. 5361). Il Consiglio di Stato invece, considerata proprio la natura risarcitoria della sanzione pecuniaria, ritiene che la stessa debba rientrare nello schema dell’art. 2043 c.c. e che non sfugga quindi alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c.c. ■ 7. A chi appartiene la giurisdizione per le controversie in materia di sanzioni 1016 ripristinatorie e pecuniarie di cui all’art. 160? La sanzione di ripristinatoria prevista dall’art. 160 co. 1, rientrando tra i poteri autoritativi della P.A. a tutela di interessi pubblici, vedrà le relative controversie devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. La sanzione pecuniaria irrogata dall’amministrazione ex art. 160 co. 4, avendo carattere alternativo rispetto alla misura di tipo ripristinatorio, al pari di questa rientra nell’area dei poteri autoritativi dell’amministrazione a tutela di interessi pubblici; la relativa controversia quindi, ricollegandosi a posizioni di interesse legittimo, sarà altresì devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. civ., Sez. Un., 10 marzo 2004, n. 4857; Cass. civ., Sez. Un., 4 aprile 2000, n. 94; Cass. civ., Sez. Un., febbraio 1995, n. 1714; Cass. civ., Sez. Un., 28 aprile 1989, n. 2003). F. MARONE – A. IANNOTTI DELLA VALLE