Giurisprudenza
Eventi sportivi
Responsabilità dell’organizzatore di eventi sportivi
Tribunale di Bologna, 17 settembre 2019 - Giudice Arceri - A.M. c. Automobili Lamborghini S.p.a.
Ogniqualvolta un soggetto ricopre la veste di patron di una manifestazione sportiva, a prescindere dall’affidamento dell’organizzazione dell’evento a terzi, è tenuto a rispondere delle conseguenze dannose direttamente
discendenti da carenze organizzative di tale manifestazione, atteso che da quest’ultima trae un beneficio
economico, anche di natura non patrimoniale.
L’organizzatore di una gara automobilistica è responsabile, in qualità di preponente, per il fatto del direttore di
gara che ha commesso una violazione delle regole tecnico-sportive da cui è derivato un incidente mortale (nella
specie, è stata riconosciuta la responsabilità dell’organizzatore, ex art. 2049 c.c., per il fatto del direttore di gara il
quale abbia dato il via nonostante l’imperfetto allineamento delle vetture, rendendo così possibile il sorpasso che
ha innescato una carambola fatale).
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conforme
Cass. Pen. 21 marzo 2017, n. 27304; Cass. Pen. 4 maggio 2010, n. 32697.
Difforme
Cass. 20 febbraio 1997, n. 1564.
Il Tribunale (omissis).
Con atto di citazione ritualmente notificato, M.A., padre
del defunto M.A., conveniva in lite Automobili Lamborghini s.p.a., affinché l’intestato Tribunale accertasse e
dichiarasse la responsabilità della convenuta a titolo contrattuale e/o extracontrattuale per la morte del figlio e la
condannasse, di conseguenza, al risarcimento di tutti i
danni patiti e patiendi, patrimoniali e non patrimoniali,
da lui sofferti, sia jure proprio che jure successionis, da
liquidarsi complessivamente nella somma di Euro
4.500.000,00.
(omissis)
Parte attrice rappresentava che, in fase di partenza, il figlio
veniva coinvolto, alla guida della vettura n. 11, in un grave
incidente, risultato mortale, riconducibile, secondo
l’odierno attore, sia alla responsabilità del direttore di
gara, G.C., allora incaricato di dare l’ordine di partenza
e nei cui confronti pendeva innanzi al Tribunale di Bologna il procedimento penale n. (omissis), dal quale l’odierna
società convenuta LAMBORGHINI AUTOMOBILI S.
P.A., originariamente evocatavi quale responsabile civile,
era stata esclusa con ordinanza del (omissis), sia all’intrinseca pericolosità del circuito di gara, nel quale, nonostante
l’omologazione, era presente un ostacolo fisso a poche
decine di metri dal semaforo di partenza.
(omissis)
Quanto alle modalità dell’incidente, parte attrice precisava che il sinistro si verificava subito dopo la partenza,
che, in quel caso, era previsto avvenisse secondo le modalità tipiche della “partenza lanciata” (su cui, più ampiamente, infra), quindi, con le vetture in movimento,
disposte in griglia di partenza in formazione regolare e
procedenti ad una velocità mantenuta entro i limiti indicati dal Regolamento Sportivo e Tecnico Lamborghini
Blancpain Super Trofeo, oltre che dai Regolamenti ACISAI e FIAA.
Danno e responsabilità 4/2020
In proposito, l’odierno attore illustrava come fosse emerso
dalle perizie di parte espletate dai consulenti F. e M., e dal
procedimento penale in corso che, al momento del via
impartito dal G., numerose vetture del gruppo centrale
fossero fuori allineamento e avessero raggiunto una velocità altamente pericolosa, di talché, subito dopo il via, si
innescava una carambola tra diverse auto e la vettura n. 11,
condotta dal M., e la n. 10, condotta dal pilota S., entravano in collisione e, percorrendo una traiettoria parallela
verso i parapetti di sicurezza, la vettura di M. si infrangeva
contro il muro di separazione posto tra il rettilineo principale e la corsia dei box, alla destra del circuito.
Parte attrice si doleva, pertanto, della condotta colposa del
direttore di gara, G.C., il quale avrebbe dovuto, come
imposto dalla normativa vigente e, comunque, dall’ordinaria prudenza, ritardare la partenza, facendo compiere ai
concorrenti un secondo giro di formazione, affinché si
creassero le condizioni regolamentari per dare via alla
partenza lanciata.
Parte attrice adduceva, infatti, che se il G. avesse dato il via
in condizioni diverse, la carambola tra le auto non si
sarebbe innestata e il pilota non avrebbe impattato ad
elevata velocità, riportando gravissime lesioni, contro il
muretto sito in corrispondenza dell’uscita dei box.
Sul punto, parte attrice evidenziava inoltre, come già
detto, la pericolosità del muretto a spigolo (oggi non più
esistente, perché eliminato pochi giorni dopo l’occorso) su
cui impattava la vettura del proprio figlio, che, proprio
perché posto in posizione perpendicolare rispetto alla
direzione di marcia delle vetture e non protetto da guard
rail, avrebbe concorso, in tesi attorea, a determinare il
decesso di M.A.
(omissis)
L’odierno attore precisava che, nel caso di specie, stante il
rapporto contrattuale intercorrente tra il pilota e la LAMBORGHINI S.P.A., originato dall’iscrizione del M. alla
competizione, era duplice il titolo di responsabilità
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invocato nei confronti della convenuta, concorrendo il
titolo contrattuale con quello extracontrattuale di cui
all’art. 2050 c.c. e solo, in via subordinata, ex art. 2049
c.c.
In definitiva, in tesi attorea, AUTOMOBILI LAMBORGHINI S.P.A., in qualità di organizzatrice del Super
Trofeo Lamborghini Blancpain, avrebbe dovuto rispondere dei danni riconducibili alla colpa grave del proprio
preposto, G.C., da questa nominato, e che in spregio al
Regolamento del Trofeo Lamborghini e ai Regolamenti
FIA e ACI, oltre che violando le normali regole di prudenza, lanciava il via, accendendo il semaforo verde,
nonostante le auto fossero disallineate e viaggiassero a
circa 200 km/h e non entro i 70/90 Km/h, come richiesto
dalla normativa di settore applicabile.
Quanto all’esistenza del muretto, parte attrice rilevava
come la circostanza avrebbe dovuto indurre il G. ad una
maggiore prudenza rispetto a quella regolamentare, osservando, altresì, come la LAMBORGHINI S.P.A., quale
organizzatrice dell’evento, avesse la piena responsabilità
dell’idoneità delle strutture sportive prescelte e imposte ai
partecipanti al Trofeo.
Tanto rappresentato, parte attrice domandava, innanzitutto, il ristoro del danno da perdita del rapporto parentale, di cui chiedeva la liquidazione nella misura massima,
in considerazione della sua età avanzata che gli avrebbe
impedito di reagire alla perdita con i palliativi tipici di chi
cerca di superare un lutto e in ragione del fatto che, per
colmare il vuoto gestionale creatosi nell’azienda dopo la
scomparsa del figlio, costui si era trovato costretto a
riprendere a lavorare, risultandone sconvolta la sua vita
anche nella dinamica giornaliera, oltre che nella dimensione affettiva.
(omissis)
Nel giudizio così radicato, si costituiva AUTOMOBILI
LAMBORGHINI S.P.A., chiedendo la reiezione della
pretesa risarcitoria ex adverso azionata, siccome infondata
in fatto e in diritto.
Parte convenuta, rilevando come l’attore contestasse alla
società convenuta tanto una responsabilità diretta ai sensi
dell’art. 2050 c.c. quanto quella indiretta ai sensi dell’art.
2049 c.c. per il fatto di G.C., protestava, innanzitutto,
l’impossibilità di cumulare le due forme di responsabilità,
di cui, peraltro, negava potessero essere ravvisati gli
estremi in capo a LAMBORGHINI S.P.A.
Quanto all’asserita responsabilità derivante dall’esercizio
di attività pericolosa, la difesa di parte convenuta evidenziava, infatti, come la LAMBORGHINI S.P.A. si fosse
limitata a promuovere, senza organizzarlo, il torneo di cui
trattasi, esclusivamente per ragioni di visibilità sportiva
del marchio, mentre ogni aspetto di effettiva organizzazione, per l’appunto, era stato gestito dalla società STEPHAN RATEL ORGANISATION LIMITED (d’ora in
avanti, per brevità, SRO), quale effettivo Promoter dell’evento sportivo Blancpain GT Series. Produceva, a supporto, il doc. n. 1, ovvero il contratto intervenuto a tal
uopo tra LAMBORGHINI S.P.A. ed SRO, evidenziando
altresì, di non essere mai stata titolare di licenza di Organizzatore o Promotore rilasciata dalla Federazione
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Sportiva Nazionale ACI, essendo affiliata dal 2009 unicamente con licenza sportiva di Concorrente persona
giuridica (doc. n. 2).
Inoltre, parte convenuta esponeva (doc. n. 3) di aver
incaricato P. I. s.r.l., affinché autonomamente selezionasse
professionisti, imprese e lavoratori autonomi per la progettazione esecutiva e l’installazione della struttura, stipulando i relativi contratti d’opera e d’appalto in nome e
conto proprio, assumendosi l’integrale responsabilità per
le scelte e gli eventuali danni cagionati a terzi.
Rilevava, peraltro, che il circuito su cui si era svolta la gara
era regolarmente omologato e che degli aspetti strutturali
era non di meno responsabile l’ente francese ASAC
DU VAR.
Quanto alla responsabilità indiretta ex art. 2049 c.c. parimenti invocata da controparte, LAMBORGHINI S.P.A.,
rammentando come la colpa del direttore di gara non fosse
ancora stata accertata in sede penale stante la pendenza
del relativo procedimento (definito anzi con sentenza di
assoluzione, confermata dalla locale Corte di Appello,
come si vedrà più oltre), rappresentava come C.G. fosse
legato da contratto di prestazione d’opera con P. I. S.R.L.,
non avendo invece la società convenuta alcuna ingerenza
sul ridetto.
Infine, parte convenuta contestava il quantum della pretesa risarcitoria avanzata da parte attrice, perché esorbitante e caratterizzata da eccessiva personalizzazione.
(omissis)
a) SULLA LEGITTIMAZIONE PASSIVA DI LAMBORGHINI S.P.A. E SUL RUOLO DI ORGANIZZATRICE DELL’EVENTO. SULLE RESPONSABILITA’
INCOMBENTI A LAMBORGHINI S.P.A. IN QUALITA’ DI ORGANIZZATRICE.
Occorre, innanzi tutto, occuparsi della preliminare questione della legittimazione passiva della società convenuta, fortemente contestata in quanto LAMBORGHINI
S.P.A. sarebbe stata, in tesi, semplice promotrice dell’evento, indetto per soli motivi di visibilità commerciale,
ma realizzato con organizzazione, esclusiva, di SRO, unica
titolare, peraltro, di licenza di promotore rilasciata dalla
FNS ACI, cui LAMBORGHINI era affiliata dal 2009
unicamente con licenza sportiva di concorrente.
(omissis)
Occorre, in primis, domandarsi a quale soggetto, dal punto
di vista giuridico, possa essere attribuita la qualità di
“organizzatore” di competizioni sportive “pericolose” (su
tale concetto ci si soffermerà più ampiamente in prosieguo) e dunque, riconnettere, giuridicamente, la qualità di
centro di imputazione della responsabilità per i danni
discendenti, agli atleti ed ai terzi, dal suo esercizio, salva
ovviamente la possibilità di liberarsene fornendo la prova
liberatoria contemplata dall’art. 2050 c.c., ovvero di aver
adottato tutte le cautele atte ad evitare il danno.
Soccorre, a tale proposito, la consolidata giurisprudenza di
legittimità (in particolare, Cass. 28 febbraio 2000, n.
2220), secondo la quale nella nozione giuridicamente
rilevante di “organizzatore” rientrano le figure di tutti
coloro che hanno organizzato o comunque promosso o
consentito lo svolgimento di una gara sportiva,
Danno e responsabilità 4/2020
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esercitando comunque, sul suo svolgimento, potere di
controllo e direzione.
In particolare, nel pensiero della giurisprudenza è organizzatore, centro di imputazione delle conseguenze lesive
della predetta attività, colui che “assumendosene tutte le
responsabilità, promuove l’incontro di uno o più atleti con
lo scopo di raggiungere un risultato in una o più attività
sportive”.
(omissis)
Una manifestazione sportiva richiede, come è evidente,
una più complessa organizzazione e comporterà più articolate responsabilità degli organizzatori, anche avuto
riguardo alla necessaria, ed anzi, indispensabile presenza
di preposti, la cui attività, tuttavia, resta pur sempre
imputabile agli organizzatori, ai sensi dell’art. 2049 c.c.,
anche quando le mansioni agli stessi delegate riguardano
la gestione di fattori di rischio, coessenziali tuttavia all’esercizio della particolare attività sportiva che costituisce
oggetto della manifestazione (ecco perché, al contrario di
quanto protesta parte convenuta, l’esercente di attività
pericolosa - inteso come organizzatore di eventi sportivi può essere chiamato a rispondere, congiuntamente, vuoi ai
sensi dell’art. 2050 c.c., in base al regime tipico di tale
norma, vuoi ai sensi dell’art. 2049 c.c., per quanto posto in
essere dai suoi preposti nell’esercizio delle attività commissionate, e la responsabilità del preposto non esclude,
ma semmai si somma, a quella del preponente).
Su tali aspetti e fattori di rischio, infatti, permane il potere
- dovere di controllo dell’organizzatore, che certo, non
potrà pretendere di liberarsi, commettendoli a terzi, dalla
relativa responsabilità, in termini di sorveglianza e supervisione dell’operato dei preposti, fattori che esemplificativamente sono:
a) l’idoneità e la sicurezza del luogo in cui si svolge la
manifestazione e degli impianti che vengono utilizzati (si
veda, con riferimento all’obbligo di controllare meticolosamente il percorso di gara, Cass. n. 749 del 24 gennaio
2000, in relazione ad una gara motociclistica; ma si veda
anche, in punto, Cass. 8 novembre 2005, n. 21664, in Foro
It. 2006, I, c. 1459, a proposito di una competizione di go
karts);
b) l’idoneità e sicurezza dei mezzi tecnici utilizzati, siano
essi forniti o meno dall’organizzatore medesimo, siano essi
di proprietà dell’organizzatore o meno;
c) l’idoneità dell’atleta a partecipare alla competizione, sia
in ragione della sua esperienza, che per le sue condizioni
psicofisiche.
Di tali complesse verifiche, nessuna esclusa, l’organizzatore non può mai disinteressarsi; al contrario, egli rimane
investito di immanente ed irrinunziabile potere di controllo, ed è, a tutti gli effetti, titolare di posizione di
garanzia verso i terzi.
Egli, pertanto, risponderà propriamente ex artt. 1228 e
2049 c.c., rispettivamente, con riguardo ai danni da inadempimento ed ai fatti illeciti provocati dai propri preposti ed atleti, in ipotesi legati contrattualmente
all’organizzatore, ed agli spettatori paganti, mentre risponderà ex art. 2049 c.c. degli illeciti commessi dai propri
dipendenti e collaboratori.
Danno e responsabilità 4/2020
(omissis)
Ed in particolare, con riguardo alla sicurezza complessiva
dell’evento sportivo, l’organizzatore non può ritenersi
esentato, per aver delegato ai preposti uno o più compiti
organizzativi, dal rispetto di una pluralità di disposizioni
quali, oltre alle prescrizioni di legge in senso stretto, ed alle
norme regolamentari sportive, anche i principi generali di
comune prudenza (in tal senso, Trib. Milano, 23 febbraio
2009, n. 2430, dove si legge che “l’organizzatore è tenuto a
predisporre tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza e l’incolumità degli atleti, rispettando, oltre che le
prescrizioni specifiche, anche le norme generali di prudenza”; nonché Trib. Busto Arsizio, 22 febbraio 1982, in
Riv. Dir. Sport. 1982, p. 570, che afferma “la responsabilità
dell’organizzatore di una gara motociclistica per l’incidente occorso ad un concorrente deve essere valutata
non soltanto in rapporto alla osservanza delle regole generali e particolari della materia, ma anche al rispetto delle
comuni norme di diligenza e prudenza”; v. anche Trib.
Rovereto, 5 dicembre 1989, in Riv. Dir. Sport. 1990, p.
498, che ha affermato la responsabilità di una società
organizzatrice di una gara di tamburello per le lesioni patite
da uno spettatore colpito all’occhio da una pallina, a fronte
della mancata adozione delle idonee misure di protezione,
suggerite dalla comune esperienza e dalla ordinaria prudenza, anche se tali misure non erano espressamente
imposte da alcuna disposizione e nonostante il campo
fosse stato omologato dalla Federazione Italiana Palla
Tamburello).
Per quanto poi concerne la gerarchia tra le predette
disposizioni, si è autorevolmente sostenuto, con argomentazione qui condivisa, che qualsiasi disposizione sportiva
riveste sempre un ruolo sussidiario rispetto ai generali
canoni di prudenza, diligenza e perizia, che non possono
mai essere abbandonati. In altri termini, l’organizzatore è
tenuto a prevedere “a priori”, secondo il criterio della
prevedibilità ex ante, qualsiasi rischio di eventi lesivi
che possa esser originato dall’espletamento dell’attività
o della manifestazione sportiva in svolgimento.
Ed in particolare, con riferimento al bene dell’incolumità
di partecipanti e spettatori, si rende necessaria una attività
di specifica e complessa programmazione in ordine alla
sicurezza dell’evento sportivo da organizzare, mediante
“previsione di tutto il prevedibile”, anche al di là delle
prescrizioni statuali e regolamentari di settore, e con una
valutazione in concreto di ogni strumento atto a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività
sportiva (cd. rischio consentito), entro i quali infatti
nessuna responsabilità può, in linea di principio, essere
addebitata neppure all’organizzatore.
Ne discende che è sempre necessario svolgere un accertamento in concreto del comportamento tenuto dall’organizzatore, anche oltre al rispetto delle cd. safety rules, le
quali, di per sé sole, non possono coprire tutte le ipotesi di
responsabilità dell’organizzatore rispetto a coloro che,
purtroppo, rimangono coinvolti negli incidenti.
Orbene, nel caso di specie, LAMBORGHINI S.P.A. protesta la propria carenza di legittimazione passiva adducendo nell’ordine:
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a) di non essere mai stata titolare di licenza di Organizzatore o Promotore rilasciata dalla Federazione Sportiva
Nazionale ACI, essendo affiliata dal 2009 unicamente
con licenza sportiva di Concorrente persona giuridica
(doc. n. 2) (risulta pacifico che LAMBORGHINI s.p.a.
ha ottenuto licenza di promoter solo nel 2017);
b) che ogni aspetto di organizzazione della gara, in forza di
apposito accordo contrattuale, era stato gestito dalla
società STEPHAN RATEL ORGANISATION LIMITED (SRO), quale effettivo Promoter dell’evento sportivo
Blancpain GT Series (doc. n. 1);
c) di aver incaricato P. I. s.r.l. affinché autonomamente
selezionasse professionisti, imprese e lavoratori autonomi
per la progettazione esecutiva e l’installazione della struttura, stipulando i relativi contratti d’opera e d’appalto in
nome e conto proprio, assumendosi l’integrale responsabilità per le scelte e gli eventuali danni cagionati a terzi
(doc. n. 3).
Invero, tali documenti dimostrano semplicemente che
LAMBORGHINI S.P.A. aveva investito, e neppure in
toto, della veste di “organizzatrice di diritto” della manifestazione, in virtù delle licenze di cui era titolare, S.R.O., e
di ulteriori facoltà P. S.R.L., conservando, ciò non di
meno, poteri di direzione e controllo sui soggetti delegati
ad esercitare, in relazione alla manifestazione stessa, le
predette incombenze.
E più precisamente, l’attenta lettura del documento n. 1
(peraltro privo di data certa, ma certamente siglato in
epoca ampiamente posteriore rispetto all’organizzazione
del Trofeo) dimostra che LAMBORGHINI S.P.A. aveva
investito S.R.O. Limited del compito di organizzatrice
“sportiva” dell’evento, di cui, tuttavia, conservava la
veste di promotrice ed ideatrice.
Infatti nel preambolo dell’accordo prodotto si legge
testualmente:
SRO is the exclusive commercial right holder and promoter of
the Blancpain Race Weekends which 2013 seasons will consist
of five Events in the Blancpain Race Weekends (the Blancpain
Race Weekends are referred to herein collectively as the
“Series”), The provisional calendar of the 2013 Blancpain
Race Weekends is included in Appendix 1. Each Event will
include one or more official race/s of the Series and a minimum
of one and a maximum of four support races (the “Support
Races”), the regulations of which must be registered with either
an ASN (National Sporting Authority) or the FIA (Fédération
Internationale de l’Automobile).
The Lamborghini Blancpain Super Trofeo organised by Lamborghini will be one of the Support Races at all Events of the
Blancpain Race Weekends Series.
Così, a S.R.O. veniva affidato il compito di scegliere luogo
di svolgimento e calendario delle gare, e tuttavia, LAMBORGHINI S.P.A. affermava di conservare la titolarità di
tutti i diritti di promozione ed intellettuali relativi all’evento, di cui, infatti, aveva perfino registrato il marchio.
Inoltre, si riservava: il potere di stabilire i requisiti sanitari
e di sicurezza dei luoghi, secondo le norme “sportive e
tecniche” del Super Trofeo Lamborghini Blancpain, la cui
versione doveva essere fornita a S.R.O. da LAMBORGHINI S.P.A.; il potere di presentare la domanda all’A.S.
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N. del paese in cui era previsto l’evento sportivo per
promuovere la gara di supporto all’evento, ed al punto
2.4., fatte salve le disposizioni di cui al punto 1.3.6., il
potere di fornire il proprio scrutinatore tecnico ed il
proprio Direttore di Gara.
Pertanto, la circostanza, comprovata dal documento n. 1
di parte convenuta, che LAMBORGHINI S.P.A. avesse
affidato a S.R.O. molti compiti organizzativi relativi all’evento, peraltro con contratto che, dal punto di vista
temporale, è successivo all’organizzazione del Trofeo ed
altresì alla raccolta da parte di LAMBORGHINI delle
iscrizioni, ed avesse individuato la predetta S.R.O. in virtù
della sua appartenenza alla Federazione, al fine di affidarle
il compito di prenotazione dei circuiti (oltretutto non per
tutte le tappe previste per il Trofeo, come sottolinea parte
attrice a pagina 6 della comparsa conclusionale), nell’ambito di manifestazione che, sia pure inserita nell’ambito di
un più ampio novero di competizioni (come ha riferito il
teste (omissis), testualmente riferendo, sul capitolo 1 di
parte convenuta: “Lamborghini Blancpain Supertrofeo
era una gara di supporto all’evento organizzato da SRO;
era SRO ad avere la funzione di scegliere su quali circuiti si
disputavano le sei gare del campionato Lamborghini
Blancpain Supertrofeo; per gara di supporto intendo dire
che il campionato Lamborghini Blancpain Supertrofeo
era una gara inserita nel programma globale del programma del week-end di gara; quando SRO stila il suo
calendario gare vi inserisce anche gare di altri campionati
tra cui quello di Lamborghini; l’evento principale organizzato da SRO è la gara di GT3 aperto a varie marche; a
corredo di tale manifestazione viene inserito il campionato Lamborghini o anche altri”) la vedeva quale leader
indiscusso, non elide il ruolo di fatto assunto dalla nota
casa automobilistica, quanto meno in relazione alla suddetta gara e, più in generale, in relazione al Trofeo Lamborghini Blancpain, in quanto, oltre ad essere “madrina”
dell’evento, alla stessa intitolato:
a) era destinataria del pagamento delle quote di iscrizione
al trofeo da parte di ogni singolo pilota (omissis), con il
quale intercorreva quindi, come correttamente deduce
parte attrice, un rapporto contrattuale, ed era altresì intestataria dei moduli di iscrizione alle singole gare (omissis);
b) era altresì beneficiaria delle ingenti somme necessarie
all’acquisto delle autovetture, di marca LAMBORGHINI
S.P.A. modello GALLARDO, necessarie per iscriversi e
partecipare al trofeo, (omissis);
c) aveva predisposto il Regolamento per la partecipazione
alle competizioni facenti parte del “Trofeo”, articolato in
sette gare su altrettanti diversi circuiti (doc. n. 6 di parte
attrice);
d) aveva reso, tramite il proprio amministratore delegato
(doc. n. 9), ampie dichiarazioni alla stampa dirette ad
esaltare il ruolo di LAMBORGHINI S.P.A. nell’organizzazione del Trofeo e la volontà di continuare la collaborazione con l’altro promotore della manifestazione,
BLANCPAIN;
e) aveva reso tramite il proprio responsabile G.S. ulteriori
dichiarazioni, riportate da riviste specializzate, di funzionalità del Trofeo a supportare drivers che diffondessero la
Danno e responsabilità 4/2020
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notorietà del marchio LAMBORGHINI S.P.A. nel
mondo delle corse (doc. n. 12);
f) ebbe ad assumere la decisione di annullamento della
seconda gara prevista, sempre presso l’autodromo PAUL
RICARD, nel pomeriggio del 30 giugno 2013 (doc. n. 34),
in segno di lutto per il decesso di A.M.
g) si era comunque avvantaggiata, per il tramite di S.R.O. e
degli altri soggetti preposti, del prestigio e della risonanza
recatile dalla manifestazione sportiva, il che, senza la
pretesa di ricondurre alla stessa veste di “organizzatrice
di diritto”, che non avrebbe potuto rivestire in quanto
soggetto privo della relativa licenza, ottenuta soltanto
nell’anno 2017, vale comunque ad attribuirle un ruolo
attivo giuridicamente rilevante per la nascita della competizione, (omissis).
Va infatti rilevato che nel regolamento sportivo e tecnico
del trofeo del 2013 è espressamente dichiarato che promoter della serie è la Stephane Ratel Organisation
(SRO), ovviamente sollecitata a ciò dalla Lamborghini.
Ora non si può ritenere che la SRO sia stata una semplice
prestanome della Lamborghini, tanto da far risalire a
quest’ultima la responsabilità dell’attività di promozione
senza licenza dinanzi all’ACI. Infatti la SRO da oltre un
ventennio è accreditata presso la FIA come promotrice
ed organizzatrice di serie internazionali; ed in particolare
ha curato le serie internazionali sponsorizzate - come
l’attuale - dalla Blancpain. E quindi, dato che sia l’ACI
che la FIA avevano approvato tale regolamento, promoter
della serie era la SRO e non la Lamborghini; non è stata
addotta alcuna prova che possa indurre a ritenere l’erroneità o addirittura la falsità di tale dato ufficiale. Di
conseguenza era alla SRO e non alla Lamborghini che
semmai avrebbe dovuto contestarsi la mancanza della
licenza italiana di promoter.
(omissis)
Stesse affermazioni, a maggior ragione, possono esser
compiute in riferimento al rapporto contrattuale intervenuto tra LAMBORGHINI S.P.A. e P. S.R.L., anche se la
lettura del non chiaro testo dell’accordo effettua un generico ed ambiguo riferimento all’organizzazione “degli altri
piani logistici, affinché autonomamente selezionasse professionisti imprese e lavoratori autonomi per la progettazione esecutiva e l’installazione della struttura,
assumendosi integrale responsabilità per le scelte e per
eventuali danni cagionati a terzi”.
Infatti P. S.R.L. era società costituita nel marzo 2012, e
dunque, pochissimo tempo prima della sigla dell’accordo
della stessa con LAMBORGHINI S.P.A.; la società aveva
un capitale sociale di appena (omissis) (docc. n. 25 e 25 bis
di parte attrice, prodotti in uno con la seconda memoria
attorea), e soprattutto, il seguente oggetto sociale: “Catering per privati, per aziende e matrimoni”.
Evidente dunque che, anche se rispondesse a verità che il
Direttore di Gara C.G. fosse stato scelto, su incarico di
LAMBORGHINI S.P.A., da P. S.R.L., vi sarebbe un
evidente profilo di “colpa per elezione”, e LAMBORGHINI S.P.A. non potrebbe certo allontanare da sé la
responsabilità dell’eventuale scelta non accorta eventualmente fatta da P. S.R.L., in particolare richiamando ben
Danno e responsabilità 4/2020
nota giurisprudenza in tema di appalto d’opera, evidentemente non conferente nel caso di specie.
(omissis)
Più conferente, oltretutto, appare, in considerazione dei
vantaggi che derivano all’organizzatore, l’affermazione,
effettuata da autorevole giurisprudenza, secondo cui
ogni qualvolta un soggetto ricopre la veste di patron di
una determinata manifestazione sportiva, di cui pure affidi
l’organizzazione a terzi, è tenuto a rispondere delle conseguenze dannose direttamente discendenti da carenze organizzative di tale manifestazione, in considerazione del
fatto che ne trae beneficio, anche di natura non
patrimoniale.
(omissis)
Ancora, il teste V.R., coordinatore del campionato monomarca e dipendente LAMBORGHINI S.P.A., escusso nel
presente processo all’udienza del 15 novembre 2017, ha
espressamente riferito che spettava a LAMBORGHINI S.
P.A. il potere di esprimere approvazione finale rispetto alla
persona del direttore di gara, proposto ed individuato da P.
S.R.L., nella persona di (omissis), con il quale, peraltro, lo
stesso V.R. precisa significativamente di aver lungamente
collaborato in passato in occasione di altre analoghe
manifestazioni sportive.
(omissis)
Il tutto a confermare il fatto che P. S.R.L. ebbe soltanto
formalmente ad indicare la persona di G.C., che era, in
realtà, direttore di gara già ben noto e gradito alla convenuta ed ai di lei responsabili e coordinatori, reduce da
ultrannuale rapporto con LAMBORGHINI S.P.A., e non
certo con P. S.R.L., costituita assai posteriormente all’inizio di detto rapporto, che vedeva il G., comunque,
seguìto, nei propri compiti, esclusivamente dal personale
LAMBORGHINI S.P.A., nella specie V.R.
Ma se ancora non bastasse, anche il teste S.G. conferma
che P. S.R.L. si limitò a proporre il direttore di gara, sulla
cui scelta, in ogni caso, LAMBORGHINI S.P.A. aveva
completo dominio.
Infine, il teste V. Z., all’epoca dei fatti legale rappresentante P. S.R.L., se ancora quanto precede non fosse sufficiente, non fa che confermare la riconducibilità effettiva a
LAMBORGHINI S.P.A. della nomina del direttore di
gara.
(omissis)
Può quindi considerarsi definitivamente sciolto ogni dubbio circa la riferibilità a LAMBORGHINI S.P.A., ex art.
2049 c.c., degli atti illeciti, di cui più ampiamente si dirà in
prosieguo, commessi da G.C. nel compimento delle mansioni a costui affidate.
b) LA NATURA DELL’ATTIVITÀ SPORTIVA IN
CUI HA TROVATO LA MORTE A.M. ED I PROFILI
DI PERICOLO ESULANTI DALL’ORDINARIO
RISCHIO
CONNESSO
ALL’ATTIVITÀ.
LA
RESPONSABILITÀ DI LAMBORGHINI S.P.A. PER
LA SCELTA DEL CIRCUITO.
Nessun dubbio, in primo luogo, che le competizioni automobilistiche quali quella che occupa, eventi sportivi che
spingono i concorrenti a raggiungere e serbare elevatissime velocità, alla guida di mezzi la cui conduzione,
509
Giurisprudenza
Eventi sportivi
soprattutto in simili frangenti, richiede notevolissime
capacità tecniche, rientrino, ai sensi dell’art. 2050 c.c.,
nel concetto di “attività pericolosa” normalmente accolto
dalla giurisprudenza, per la quale è sufficiente che una
determinata pratica possa ritenersi probabile fonte di
danno, indipendentemente dalla valutazione normativa
di essa, sia per la natura, sia per i mezzi adoperati, secondo
un apprezzamento di fatto del giudice di merito insindacabile in Cassazione.
(omissis)
Così, per l’affermazione di responsabilità dell’esercente di
attività pericolosa - totalmente indifferente il profilo della
proprietà e della gestione dell’impianto e dei mezzi utilizzati, come più sopra argomentato dalla S.C. (ciò è sufficiente a fare giustizia delle argomentazioni spese da parte
convenuta per addossare le proprie responsabilità, tra gli
altri, ad ASAC DU VAR, gestore del circuito) - è indispensabile, in primo luogo, che si accerti un nesso di
causalità tra l’attività ed il danno subìto dal terzo (sia
esso atleta, spettatore, o altro soggetto coinvolto in
essa): a tal fine, deve ricorrere la duplice condizione che
il fatto costituisca un antecedente necessario dell’evento,
nel senso che quest’ultimo rientri tra le conseguenze
ordinarie e normali del fatto, e che l’antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano etiologico, dalla
sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare
l’evento (Cass. 22 luglio 2016, n. 15113).
In tale ultimo caso, anche se l’esercente dell’attività pericolosa non ha adottato tutte le misure idonee ad evitare il
danno, la causa efficiente sopravvenuta che abbia i requisiti del caso fortuito (quale può essere, per esempio, l’impatto dello pneumatico contro una pietra
accidentalmente presente sul percorso fuoristrada del veicolo, evento imprevedibile, non dipendente da omesso
controllo del percorso automobilistico da parte dell’organizzatore del tour: Cass. 26 ottobre 2017, n. 25421 cit.),
cioè l’eccezionalità e l’imprevedibilità, e sia idonea, da
sola, a causare l’evento, recide il nesso etiologico tra
quest’ultimo e l’attività pericolosa, producendo effetti
liberatori, e ciò anche quando sia attribuibile al fatto del
danneggiato stesso o di un terzo (Cass. 13 maggio 2007, n.
5839; Cass. 5 gennaio 2010 n. 25).
In ciò consiste, del resto, l’onere probatorio incombente
sull’esercente di attività pericolosa per escludere la propria
responsabilità in ordine agli eventi dannosi verificatisi a
causa di essa, i quali, necessariamente, ove non arginabili
neppure con l’adozione dei predetti accorgimenti e/o
presidii, rientrano nel campo del “caso fortuito” e “dell’inevitabile altrimenti” (omissis), dovendosi comunque rilevare che, nel particolare settore che occupa, la
giurisprudenza tende ormai ad “oggettivizzare” la responsabilità dell’organizzatore, sia per la frequenza in cui,
nell’ambito di determinate attività sportive, si verificano
incidenti tra gli atleti e tra il pubblico, sia per la gravità
degli stessi, spesso mortali nel campo delle corse automobilistiche; in presenza di un così elevato tasso di incidenti, rispetto ad altre attività sportive, il fenomeno della
“oggettivizzazione” si giustifica anche in ragione degli
ingenti interessi economici che ruotano intorno alle
510
suddette competizioni, ormai esulanti dal mero profilo
“sportivo”, per allargarsi a comprendere pubblicità, sponsorizzazioni, diritti radiotelevisivi, eventi promozionali,
cosicché ben si comprende l’esigenza di applicare, con la
massima rigorosità, il principio “cuius commoda eius incommoda”, già richiamato.
(omissis)
Ricapitolando, l’evento mortale si è verificato, indubbiamente, in dipendenza della partecipazione del M.A. al
Trofeo organizzato da LAMBORGHINI S.P.A., e per i
motivi di cui si dirà, detto evento non ha affatto rappresentato uno dei rischi “consentiti” dall’esercizio di simile
attività agonistica ed “accettato preventivamente dal
partecipante ad essa”, ma ne ha evidentemente superato
i limiti.
Infatti non soltanto LAMBORGHINI S.P.A. non ha posto
in essere alcuna cautela diretta ad eliminare la quota di
rischio già di per sé naturalmente connessa all’attività (trattandosi di guida di autovetture ad elevata velocità su percorsi
di una certa difficoltà), ma al contrario, ha omesso da un lato
di effettuare i controlli sul circuito di gara che avrebbero
consentito, se attentamente eseguiti, di sconsigliare l’allocazione di una tappa di gara in quel luogo, per la sua
intrinseca elevata pericolosità, e dall’altro, come più ampiamente si dirà al paragrafo seguente, deve rispondere, ex art.
2049 c.c. del comportamento di un direttore di gara, da essa
LAMBORGHINI S.P.A. approvato, che ha commesso un
grave errore nell’impartire la partenza in condizioni non
regolamentari, e comunque non usando diligenza, prudenza
e perizia, e perciò causando - per quanto qui rileva, con l’uso
dei criteri propri della valutazione civilistica - il grave
incidente verificatosi ad appena duecento metri dallo start.
In altri termini, omissioni ed inadeguate scelte da parte di
LAMBORGHINI S.P.A. hanno posto le premesse affinché l’attività di gara automobilistica di cui si tratta, già di
per sé stessa rientrante nella definizione dell’art. 2050 c.c.,
divenisse “pericolosa” oltre i limiti del rischio consentito,
nel senso sopra tratteggiato dalla giurisprudenza di
legittimità.
(omissis)
Ma invero, nessuna traccia di quella attività probatoria
che sola avrebbe consentito di elidere la responsabilità ex
art. 2050 c.c. di LAMBORGHINI S.P.A. risulta agli atti
sollecitata, essendosi limitata LAMBORGHINI S.P.A. a
protestare ed eccepire di aver delegato ogni responsabilità
e controllo - sulla scorta dei citati documenti contrattuali,
sopra ampiamente analizzati - a terzi, ovvero che il circuito
dove si è svolta la competizione era regolarmente omologato, e che la persona dell’arbitro G.C. era stata scelta,
peraltro ad opera di terzi, secondo le norme applicabili, nel
novero dei soggetti abilitati.
Per contrastare le suddette difese, sia sufficiente osservare
che l’esercente di attività pericolosa non può certo esaurire
il contenuto dell’obbligo di adottare ogni cautela idonea a
fronteggiare i rischi connessi all’attività semplicemente
adducendo di aver delegato a terzi la prestazione di tali
cautele, in specie se, come nel caso che occupa, le stesse si
siano rivelate palesemente inesistenti, o comunque del
tutto inadeguate.
Danno e responsabilità 4/2020
Giurisprudenza
Eventi sportivi
Deve in primis farsi definitivamente giustizia dell’argomentazione di parte convenuta, secondo cui l’intera responsabilità per l’inappropriata scelta del circuito di gara dovrebbe
farsi ricadere sull’organizzatrice “di diritto” S.R.O.
Si è già detto in premessa come LAMBORGHINI S.P.A.
si fosse, in ogni caso, riservata importanti poteri di direzione, controllo e comunque di privativa in relazione
all’evento sportivo.
E peraltro, l’affidamento a S.R.O. di tutti gli oneri (soprattutto amministrativi) dell’evento non si accompagnò,
significativamente, da una compiuta assunzione di tutti i
correlativi rischi da parte di S.R.O., come avrebbe dovuto
verificarsi qualora quest’ultima fosse stata effettiva gerente
della manifestazione.
(omissis)
Né può rilevare, per sollevare LAMBORGHINI S.P.A.
dalle conseguenze della scelta di un circuito oggettivamente oltremodo insidioso, il fatto che degli aspetti strutturali fosse gerente responsabile ASAC DU VAR, e
persino l’avvenuta omologazione da parte di FIA.
Del resto, per pacifica giurisprudenza, tanto l’omologazione del percorso di gara o degli strumenti impiegati nella
competizione, quanto la circostanza che degli stessi possano essere proprietari terzi, non escludono che l’organizzatore debba ugualmente rispondere di tutti i danni che
non dimostri inevitabili sia pure con l’adozione delle
cautele del caso (v. la già citata sentenza del Tribunale
di Rovereto, 5 dicembre 1989).
(omissis)
E non è superfluo sottolineare che la giurisprudenza è
spesso rigorosa proprio a proposito dell’obbligo, in capo
all’organizzatore, di controllare meticolosamente tutte le
caratteristiche del percorso sul quale si svolge la gara,
preoccupandosi, in prima persona, di adottare tutte le
cautele atte a scongiurare eventi lesivi, imposti dalle
norme di legge, regolamentari o anche semplicemente
dalla comune prudenza, come per esempio ha ritenuto
Cass. Pen. 10 novembre 2006, n. 11361, in Guida al Dir.
2006, n. 20, p. 105, che proprio in tema di corse automobilistiche, ed in un caso sovrapponibile al presente, ha
ritenuto il direttore di un autodromo responsabile della
morte di uno dei partecipanti ad una gara, per non aver
adeguatamente protetto, con barriere di pneumatici, un
muretto di protezione contro il cui spigolo la vittima era
andata a sbattere dopo l’urto con altra vettura.
(omissis)
Inutile specificare, come già più sopra fatto, che visto il
titolo autonomo della responsabilità che, ai sensi dell’art.
2050 c.c., incombe sull’organizzatore dell’evento sportivo,
che per l’appunto, prescinde dal profilo della proprietà dei
mezzi utilizzati, la responsabilità del proprietario/gestore
dell’impianto sportivo non elide quella dell’organizzatore,
bensì si somma ad essa.
(omissis)
Orbene, (omissis) è evidente che la presenza del muretto in
questione, all’uscita della corsia dei box, e a distanza di
poche decine di metri dalla partenza, ovvero nel tratto di
massima accelerazione, rappresentava un fattore di pericolosità ictu oculi rilevabile, di cui LAMBORGHINI S.P.A.,
Danno e responsabilità 4/2020
ove avesse, nell’organizzare l’evento, diligentemente e prudentemente eseguito i sopralluoghi e verifiche del caso, si
sarebbe dovuta e potuta rendere conto, evitando di allocare
l’evento in quel luogo, o chiedendo all’ente gestore del
percorso di predisporre adeguate cautele o protezioni, atte
ad evitare impatti mortali, quale quello purtroppo verificatosi, ed esattamente come nel caso esaminato dall’ultima
pronuncia di legittimità richiamata. Significativamente,
infatti, detto ostacolo era rimosso, da parte degli enti
competenti, qualche tempo dopo l’incidente.
L’affermazione di responsabilità della LAMBORGHINI
S.P.A. alla stregua dell’art. 2050 c.c. è dunque, nel caso di
specie, inevitabile.
c) PROFILI DI RESPONSABILITÀ DI LAMBORGHINI S.P.A. QUALE PREPONENTE DEL DIRETTORE DI GARA G.C.
In aggiunta a quanto finora esplicato, già di per sé sufficiente a ricondurre a LAMBORGHINI S.P.A. la responsabilità per il decesso di A.M., in forza del generale
precetto di cui all’art. 2050 c.c., valga osservare, anche
per ulteriore completezza della motivazione, che ulteriori
elementi di colpa grave, tali da integrare responsabilità ex
artt. 2043 e 2049 c.c., sono ricavabili dalle circostanze
emerse - con gli esiti di cui immediatamente si discuterà nel parallelo processo penale (omissis) svoltosi a carico di
G.C.
(omissis)
Non rileva, secondo l’opinione di questo Giudice, che il G.
sia stato assolto in primo grado, in tale procedimento, con
sentenza peraltro gravata di appello, sia dal Procuratore
Generale che dalla Parte Civile, pronuncia sulla quale ci si
soffermerà più ampiamente in prosieguo.
Né qui rileva il dato, esposto dal difensore in memoria di
replica e documentato, che la Corte d’Appello di Bologna
abbia recentemente confermato tale pronuncia con motivazioni, ad oggi, comunque non note.
(omissis)
Orbene, nel caso che occupa, vi è in primo luogo da
osservare che tutte le norme regolamentari, dal Codice
Sportivo Internazionale al Regolamento Particolare della
Serie ed al Regolamento Nazionale Sportivo ACI-CSAI
fino alle norme in materia della Federazione Francese,
impongono, nel caso in cui le vetture non siano regolarmente schierate nell’attimo prima del segnale di partenza,
una precisa ed unica condotta al direttore di prova: rinviare
la partenza impartendo l’ordine di effettuare un ulteriore
giro di formazione (accendendo il semaforo giallo).
(omissis)
In altri termini, il teste ha inequivocabilmente confermato che il segnale di partenza venne dato dal G., contrariamente alle predette norme regolamentari, e
comunque anche in dispregio alle regole di comune prudenza, nonostante l’elevata velocità già raggiunta dalle
vetture (più del doppio dei limiti consentiti) e nonostante
le stesse non fossero perfettamente allineate, e oltretutto,
in presenza dell’insidioso muretto “perpendicolare” al
percorso, poco lontano dalla linea di partenza.
Impartendo il segnale di partenza, in definitiva, e secondo
una valutazione qui espressa secondo la regola causale del
511
Giurisprudenza
Eventi sportivi
“più probabile che non” (ben differente, si ripete, da quella
propria del giudizio di colpevolezza in sede penale), il
direttore di gara C.G. rese possibile, tra i piloti, la manovra
di sorpasso, innescando i presupposti affinché si verificasse
la fatale accozzaglia di veicoli (ben cinque furono coinvolti, come si legge nella sentenza di prime cure) e l’impatto con l’insidioso ostacolo fisso, allocato proprio sul
tratto destinato alla massima accelerazione.
(omissis)
Infatti l’urto tra le autovetture di M. e S. si è verificato,
addirittura, a meno di 237,5 metri dalla partenza, dove
sono state rilevate le prime tracce di frenata, ed in quel
momento, come ha riferito il teste C., tutti stavano già
tenendo una velocità elevatissima (lui personalmente
ricorda di aver avuto la quarta marcia già innestata),
pur trattandosi di gara con partenza “lanciata”; prova
evidente del fatto che le tre condizioni presenti, tutte
neglette e non considerate dal direttore di gara G. (velocità dei piloti eccessiva, disallineamento delle vetture,
presenza del muretto), hanno determinato, causalmente,
l’incidente.
Che vi fosse, poi, disallineamento di vetture, è circostanza
non seriamente contestabile anche alla luce delle immagini fotografiche prodotte, in particolare quelle allegate
alla perizia di parte del dr. F. (doc. n. 7 di parte attrice) e
specialmente le fotografie riprodotte alle pagine 16, 19 e
20, che rendono possibile un efficace confronto visivo tra
quella che dovrebbe essere una partenza corretta, con
veicoli disposti in due colonne verticali e posizioni di
fila a seconda del piazzamento (pagg. 19 e 20) e la situazione in cui, invece, fu impartito il segnale di semaforo
verde nella gara che occupa, dove possono scorgersi
numerosi veicoli spostati lateralmente (pag. 16), ed altresì
le fotografie allegate alla perizia M. (doc. n. 8 di parte
attrice), alle pagine 17 e 18, con l’ausilio delle quali può
effettuarsi lo stesso confronto.
Il motivo di tale “disordine”, ben percepibile da fotografie
sulle quali non possono esservi errori di “angolazione”
(come per esempio è quella a pagina 18 della perizia M.)
è del resto rappresentato, significativamente, proprio dai
consulenti e testimoni della difesa.
(omissis)
Risulta altresì provato, ad ulteriore conforto di quanto più
sopra affermato, con riferimento alla colpa generica, che il
via è stato impartito senza considerare la maggiore pericolosità di una eventuale situazione di ammucchiamento e
di uscita di strada dei piloti, posta la presenza del pericoloso
muretto.
In altri termini, la presenza del muretto in posizione di
perpendicolarità rispetto alla direzione di accelerazione
rappresentava un fattore di accrescimento della naturale,
elevata, pericolosità che già la situazione di “ammucchiamento” delle vetture e di possibile uscita di strada dei piloti
per effetto del disordine di start iniziale presentava.
Tanto è sufficiente a ritenere, sulla scorta dei richiamati
principi civilistici, che G.C., non osservando norme regolamentari e di comune prudenza, che avrebbero suggerito di
effettuare un ulteriore giro di formazione, abbia posto in
essere un antecedente causale indispensabile, secondo la
regola del più probabile che non, al verificarsi dell’evento.
Pertanto, per le ragioni sopra ampiamente esposte, può
essere altresì affermata la civile responsabilità di LAMBORGHINI in relazione al sinistro accaduto, ex art. 2049 c.c.
(omissis).
Morte del pilota nella gara automobilistica
e responsabilità dell’organizzatore
di Valerio Brizzolari (*)
Il Tribunale di Bologna si pronuncia sulla responsabilità dell’organizzatore “di fatto” di una gara
automobilistica, che ha delegato l’allestimento logistico dell’evento a una società terza. Il caso ha
riguardato la morte di un pilota deceduto in seguito a un incidente occorso durante la procedura di
partenza c.d. lanciata, nella quale il segnale del via viene impartito quando le vetture sono già in
movimento. Il giudice ravvisa molteplici profili di responsabilità dell’organizzatore: in primo luogo, per
l’inopinata scelta di un circuito insicuro, in cui era presente un ostacolo contro il quale si è schiantato il
conducente; in secondo luogo, ex art. 2049 c.c., per il fatto del direttore di gara, colpevole di aver
impartito il via malgrado l’imperfetto allineamento delle vetture. Il contributo intende illustrare alcuni
profili problematici in tema di responsabilità dell’organizzatore di corse automobilistiche. Dopo aver
escluso che, nella specie, il soggetto condannato sia stato effettivamente organizzatore dell’evento
(in quanto non ha potuto determinare date e luoghi della manifestazione), si passa all’analisi
dell’attuale orientamento giurisprudenziale, che ha “oggettivizzato” la responsabilità di coloro che
allestiscono eventi sportivi. Mediante un breve confronto con la assumption of risk doctrine nordamericana, ci si interroga sull’opportunità di valorizzare maggiormente il profilo dell’assunzione del
(*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, a procedura di revisione a doppio cieco (double blind).
512
Danno e responsabilità 4/2020
Giurisprudenza
Eventi sportivi
rischio da parte del pilota, al fine di riequilibrare il sistema, oggigiorno eccessivamente severo verso
l’organizzatore dell’evento.
The Bologna country court pronounces on the liability of a de facto car race organizer who delegated
the setting up of event’s logistics to a third company. The case involved a driver who died after a crash
during a rolling start procedure in which the green light was given by race director despite the car’s
misalignment. The Court finds the race organizer liable for several reasons: firstly, for the track’s
choice, in which there was an unprotected obstacle against which the driver crashed; secondly,
according to art. 2049 of the Italian civil code, for the race director’s fault, who gave the green light
notwithstanding car’s misalignment. The purpose of this paper is to point out various problems in auto
race organizer’s liability. After having excluded that the subject found liable in the case at hand is a
proper sports organizer (because he couldn’t even determine the time and the venue of the race), the
paper analyses today’s Italian case law, that apply strict liability standards to racing organizers.
Through a short comparison with American assumption of risk doctrine, the Author interrogates
himself about the opportunity of enhancing the driver’s assumption of risks, to “rebalance” the
system, nowadays excessively severe against car race organizers.
Il caso e la decisione
La sentenza del Tribunale bolognese conclude,
almeno per il momento sul piano giudiziario, una
tragica vicenda, che ha visto un pilota italiano perdere la vita in seguito di un incidente occorso in un
circuito francese.
Ai fini di una migliore comprensione dell’intera
vicenda e considerata altresì la lunghezza del provvedimento in analisi - esso consta di ben sessantasei
pagine -, si ritiene opportuno sintetizzare l’episodio e
ripercorrere brevemente le ragioni che hanno
indotto il giudice a ravvisare la responsabilità del
costruttore di automobili convenuto in giudizio in
qualità di organizzatore della gara.
Una delle tappe di un campionato automobilistico,
che reca il nome di un noto produttore italiano di
vetture sportive, si svolge presso il circuito francese
“Paul Ricard” - che ha ospitato peraltro anche la
Formula uno -, situato in località Le Castellet. Il
regolamento della gara prevede che si adotti la
procedura di partenza c.d. lanciata - altresì nota
come partenza “all’americana” -, che vuole le auto
in movimento e incolonnate in due file parallele
quando viene dato il segnale d’inizio. Completato il
giro di formazione, dalla direzione gara viene impartito il via, malgrado il fatto che le vetture, le quali
già procedevano a velocità piuttosto elevata
(almeno duecento chilometri orari), non fossero
perfettamente allineate. A questo punto si innesca
una carambola tra più veicoli, all’esito della quale
un pilota si schianta contro il muretto di divisione
tra la pista e la corsia dei box. Nonostante l’intervento tempestivo dei soccorsi, il decesso del conducente viene dichiarato quand’egli è ancora sul
circuito.
Danno e responsabilità 4/2020
Il padre della vittima intenta una causa di risarcimento danni patrimoniali e non patrimoniali contro
il costruttore di automobili Lamborghini S.p.a., a suo
dire responsabile per vari profili: in primo luogo, ex
art. 2050 c.c., quale organizzatore di un’attività (sportiva) pericolosa, colpevole per aver scelto un circuito
“oggettivamente oltremodo insidioso”, come affermato testualmente dal Tribunale felsineo; in secondo
luogo, ex art. 2049 c.c., in qualità di preponente del
direttore di gara, che avrebbe impartito il via malgrado l’imperfetto allineamento delle vetture.
Al di là delle valutazioni di merito sulla conformazione della pista, peraltro omologata dalla Federation
Internationale de l’Automobile - massima autorità, a
livello mondiale, nell’ambito dell’automobilismo -, il
giudice bolognese ha accolto tutti i suddetti profili e
condannato il costruttore (organizzatore) a risarcire il
danno nei confronti del padre di Tizio.
La vicenda, così sommariamente descritta, potrebbe
apparire, oltreché naturalmente tragica, anche piuttosto semplice, almeno con riferimento al fatto. In
verità, si ritiene che vi siano alcuni elementi che la
rendono più intricata e che perciò richiedono l’analisi delle motivazioni del provvedimento in esame.
In primo luogo, è opportuno segnalare che la gara in
questione non era direttamente organizzata dal noto
costruttore di automobili, bensì da un’altra società
(straniera) - la S.R.O. - che, come ben sanno coloro
che hanno familiarità con il mondo del motorsport, è
un colosso dell’organizzazione di eventi motoristici e
preparatrice di tanti altri campionati e competizioni
internazionali, incaricata in particolare, ma non solo,
di gestire tutti gli aspetti organizzativi e logistici
dell’evento. Questa circostanza induce già a una
riflessione su un primo aspetto che merita un approfondimento, vale a dire la possibilità di qualificare
513
Giurisprudenza
Eventi sportivi
Lamborghini come vera e propria organizzatrice della
gara (sebbene “di fatto”, secondo la terminologia
propria del diritto dello sport), oppure come mera
“promotrice” della medesima, discendendo dall’una
o dall’altra soluzione conseguenze differenti in termini di legittimazione passiva e dunque di
responsabilità.
In secondo luogo, il direttore di gara, che aveva
ricevuto l’incarico da un ulteriore soggetto, non
riconducibile - almeno formalmente - né a Lamborghini né a S.R.O., è stato anch’egli ritenuto espressione e sotto il controllo - in breve, un preposto - della
prima.
In terzo luogo, si è posto il problema della quantificazione del danno da morte, giacché il pilota deceduto era attivo nell’azienda di famiglia, la quale, a
seguito dell’indicente, ha subito un notevole calo del
fatturato, dovuto alla perdita di una figura strategica.
L’interesse per la pronuncia in esame, dunque, è
triplice e riguarda soprattutto l’intricato rapporto
tra il soggetto condannato, da un lato, e la società
straniera (formalmente) organizzatrice dell’evento e
il direttore di gara, dall’altro (1).
Il Tribunale bolognese sembra essere andato oltre le
posizioni formali di questi ultimi soggetti e aver
ricondotte tutte le responsabilità in capo al costruttore di automobili, quale unico deus ex machina dell’intero evento sportivo. Il giudice ha dunque
attribuito il potere di controllo della manifestazione
al convenuto e ha concluso per la sua qualificazione
in termini di organizzatore “di fatto”, protetto, per dir
così, dall’altra società straniera (la S.R.O.), alla quale
aveva affidato l’allestimento della gara. Il convenuto
- vero dominus della manifestazione, secondo il tribunale - è perciò ritenuto responsabile di aver incautamente scelto un circuito pericoloso. È altresì
ritenuto responsabile per il fatto colposo del direttore
di gara - sebbene formalmente incaricato da un’altra
società -, il quale avrebbe impartito il via senza
considerare l’imperfetto allineamento delle vetture
e perciò avrebbe consentito il sorpasso che ha poi
condotto alla fatale carambola.
Prima di analizzare le argomentazioni del provvedimento in esame, con conseguente approfondimento
dei profili appena indicati, occorre rimarcare ulteriori
aspetti problematici. Di tutti i soggetti astrattamente
responsabili per l’incidente - il circuito, l’altro pilota
coinvolto nell’impatto, la società organizzatrice “di
diritto”, il direttore di gara e via discorrendo -, a
quanto consta, solo Lamborghini è stata destinataria
dell’azione civile di risarcimento danni. La possibile
motivazione di questa scelta risiede quasi certamente
nella nazionalità degli altri predetti individui - trai
quali solo un italiano, ossia il direttore di gara - e nel
luogo in cui s’è verificato l’evento, nazionalità e
località che avrebbero costretto il padre della vittima
a intentare dispendiose e incerte azioni all’estero.
Ad ogni modo, il provvedimento in analisi consente
di fare il punto sull’attuale orientamento in tema di
responsabilità dell’organizzatore di una gara automobilistica e proprio su questo profilo si concentreranno
le osservazioni che seguono (2).
(1) Automobilismo e motociclismo, nonostante i notevoli progressi tecnici e lo sforzo delle federazioni di riferimento, che
richiedono standards di sicurezza sempre più elevati, rimangono
sport altamente pericolosi, nei quali si registrano casi di decesso
tra il pubblico o gli atleti. Per una panoramica sulla casistica
giurisprudenziale, con specifico riferimento alle gare di automobili, si vedano R. Frau, La responsabilità civile sportiva nella giurisprudenza. Gare automobilistiche e motoristiche, in
Resp. civ. prev., 2008, 1728 ss.; F. Bacco, Attività sportiva e rischio
consentito: il caso delle competizioni automobilistiche, in
Giur. mer., 2007, 2000 ss.; e R. Grisalfi, Il concorso colposo
dello spettatore-creditore nella produzione dei danni subiti
durante lo svolgimento di una gara di rally, in Resp. civ., 2009,
417 ss. Il maggior fattore di rischio è dato, naturalmente, dalla
velocità e difatti si riscontra un’elevata mortalità anche in altre
discipline in cui l’atleta deve percorrere una certa distanza nel
minor tempo possibile, come ad esempio nello sci alpino. Cfr. in
proposito M. Pradi, voce Sci alpino, in Dig. disc. priv., sez. civ.,
XVIII, Torino, 1998, par. 5.
(2) Circa la questione relativa al danno da morte, il provvedimento in esame è sostanzialmente in linea con l’attuale orientamento e perciò non si ritiene di dover approfondire quel profilo. Ad
ogni modo, per un’efficace analisi, anche in prospettiva comparatistica, delle questioni più strettamente legate al risarcimento
del danno tanatologico, si segnala l’interessante contributo di F.P.
Patti, Danno da morte, coscienza sociale e risarcimento del danno
per i congiunti: verso una riforma del BGB?, in Riv. crit. dir. priv.,
2017, 39 ss.
(3) Questa è la definizione offerta da P. Dini, L’organizzatore e le
competizioni: limiti alla responsabilità, in Riv. dir. sport., 1971, 416.
Essa, a quanto consta, sembra essere stata recepita dalla dottrina
successiva. Si vedano, ad esempio, M. Pittalis, Sport e diritto,
Milano, 2019, 431, e G. Liotta, Attività sportive e responsabilità
dell’organizzatore, Napoli, 2005, 71 ss.
514
L’organizzatore quale dominus
dell’evento sportivo
Il discorso sulla legittimazione passiva del soggetto
condannato non può che muovere dalla nozione di
organizzatore.
Secondo una nota definizione, è organizzatore colui
che, assumendo le responsabilità civile, penale e
amministrativa, promuove l’incontro di uno o più
atleti, con lo scopo di raggiungere un risultato in una
o più discipline sportive, indipendentemente dalla
presenza di spettatori e perciò a prescindere dal pubblico spettacolo (3).
Si è soliti poi distinguere due species di organizzatori:
di diritto e di fatto. Quanto ai primi, si tratta di coloro
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Giurisprudenza
Eventi sportivi
che sono tesserati presso la federazione di riferimento
e perciò agiscono nell’ambito delle regole da essa
dettate: essi sono, appunto, regolarmente autorizzati
ad allestire la manifestazione sportiva. Quanto ai
secondi, invece, ci si riferisce ai soggetti privi di
detta tessera e dunque di autorizzazione, a meno
che non siano organizzatori c.d. pro tempore (4). La
distinzione assume rilievo esclusivamente all’interno
dell’ordinamento sportivo, giacché, sul piano delle
responsabilità verso gli atleti e i terzi, non rileva che
l’organizzatore sia ascrivibile all’una o all’altra categoria, trattandosi sempre di un soggetto la cui condotta è da valutare alla stregua delle regole di diritto
comune.
I tratti caratterizzanti la figura in discorso sono due: i)
la finalità di promozione della competizione e ii) il
potere di direzione e controllo della stessa. Entrambi
gli elementi devono ricorrere al medesimo tempo,
come si deduce da quella giurisprudenza che esclude
la responsabilità dei soggetti che non hanno l’effettiva signoria sull’evento sportivo (5).
Nel caso si specie, occorre domandarsi se il soggetto
condannato dal giudice bolognese può essere considerato organizzatore - ancorché di fatto - alla stregua
degli elementi descritti.
Per rispondere al quesito, non si possono tralasciare
alcune circostanze del caso concreto di cui si dirà
immediatamente. Innanzitutto, il Tribunale di Bologna muove dal presupposto che Lamborghini “aveva
investito S.R.O. Limited del compito di organizzatrice ‘sportiva’ dell’evento, di cui, tuttavia, conservava la veste di promotrice ed ideatrice”. Sin qui
l’affermazione non desta perplessità, giacché organizzatore, promotore e ideatore sono figure ben distinte.
Tant’è che, immediatamente dopo, lo stesso giudice
scrive che “a S.R.O. veniva affidato il compito di
scegliere luogo di svolgimento e calendario delle
gare” e persino riporta un estratto dell’accordo tra
Lamborghini e la stessa S.R.O. in cui si legge che
quest’ultima “is the exclusive commercial right holder
and promoter of the Blancpain Race Weekends”.
Occorre ricordare che la gara durante la quale ha
perso la vita il pilota era una delle tante disputate il
medesimo weekend. La S.R.O., difatti, era organizzatrice dei “Blancpain Race Weekends”, che raggruppavano competizioni diverse, tra cui quella intitolata
alla Lamborghini, nello specifico definita come support race. Dunque, almeno sin qui, sembrerebbe che
sia stata S.R.O. la vera e propria organizzatrice - nel
senso giuridico del termine - dell’evento, in quanto
soggetto abilitato a individuare date e circuiti, detentore dei diritti commerciali della manifestazione e
deputato a occuparsi di tutti gli altri aspetti, appunto,
organizzativi e logistici dell’evento.
Si deve ritenere, almeno se si intende accogliere la
nozione di organizzatore riportata in precedenza, che
il potere di scegliere giorni e luoghi in cui disputare
l’evento sportivo abbia una duplice rilevanza: in
primo luogo, esso è un fattore determinante per
l’individuazione della figura dell’organizzatore, sicché, a contrario, il soggetto che non ha tale potere non
dovrebbe essere ritenuto tale; in secondo luogo,
rileva anche ai fini dell’eventuale sussistenza di una
responsabilità ex art. 2049 c.c., essendo difficilmente
riscontrabile un rapporto di subordinazione tra Lamborghini e S.R.O., se si considera che la prima non ha
potuto determinare il tempo e il luogo della manifestazione. È bene, però, procedere con ordine.
Quanto al primo profilo, il tribunale qualifica Lamborghini come organizzatrice “di fatto”, sulla base di
alcune circostanze, che possono essere riassunte
come segue. Essa avrebbe: i) percepito la tassa d’iscrizione alla gara, ii) nonché il prezzo delle vetture
necessarie per iscriversi alla stessa, iii) predisposto il
regolamento della competizione, iv) attribuito visibilità all’evento sportivo e, infine, v) determinato
l’annullamento della gara successiva, quale segno di
lutto in seguito al nefasto incidente.
Solo le circostanze sub i) e iii) sembrano però poter
assumere rilievo (6), anche se non sono da ritenersi
determinanti per l’individuazione del soggetto che ha
la signoria sulla manifestazione sportiva, almeno se
(4) È organizzatore pro tempore quello non tesserato, ma
appunto temporaneamente autorizzato dalla federazione di riferimento a organizzare l’evento sportivo. Cfr. M. Pittalis, La responsabilità contrattuale ed aquiliana dell’organizzatore di eventi
sportivi, in Contr. e impr., 2011, 151.
(5) Si segnala, ad esempio, Cass. 10 febbraio 2003, n. 1948, in
Foro it., 2003, I, 1439, la quale ha esclusa la responsabilità dell’organizzatore di un torneo di calcetto, affittuario temporaneo di
una struttura sportiva, per i danni occorsi ad un giocatore in seguito
ad una caduta per la presenza di una buca nel campo, in quanto
mancava su di essa l’effettivo potere d’ingerenza, gestione e
intervento. La problematica si è posta anche in riferimento al C.
O.N.I., che però la giurisprudenza non ritiene responsabile. Cfr.
Cass. 12 luglio 1995, n. 7640, in Foro it., Rep. 1995, voce Sport,
secondo cui, in seguito all’entrata in vigore della L. n. 91 del 1981,
che ha modificato i rapporti tra il C.O.N.I. e federazioni, riconoscendo a queste ultime autonomia tecnica organizzativa, le federazioni sportive presentano un duplice aspetto, l’uno di natura
pubblicistica, riconducibile all’esercizio in senso lato di funzioni
pubbliche proprie del C.O.N.I., e l’altro di natura privatistica, connesso alle proprie specifiche attività, che, in quanto autonome,
sono separate dalle prime e fanno capo unicamente alle federazioni medesime, con la conseguenza che il Comitato olimpico non
ha alcuna competenza nella organizzazione delle singole gare
sportive, poiché tale attività rientra nella autonomia tecnico-organizzativa di ciascuna federazione.
(6) Le altre, invece, ben possono essere proprie del soggetto
che si limita solo a promuovere l’evento, senza perciò
Danno e responsabilità 4/2020
515
Giurisprudenza
Eventi sportivi
non sono accompagnate dal potere, come visto, di
individuare tempo e luogo della stessa.
Tra i compiti dell’organizzatore, difatti, v’è senz’altro
quello di verificare preventivamente l’idoneità e la
sicurezza del circuito presso il quale si svolgerà la
competizione (7) e le conseguenze di tale mancata
verifica non possono che ricadere su colui che lo ha
individuato. Se però si considera che, da un lato,
Lamborghini è stata condannata - tra le altre cose per l’improvvida selezione della pista, mentre, dall’altro, quest’ultima è stata in realtà scelta da S.R.O.,
il giudice bolognese sembrerebbe essere caduto in
contraddizione, almeno laddove ha ricondotta la
responsabilità di una decisione al soggetto che, in
concreto, non l’ha assunta.
Tuttavia, una possibile spiegazione a questa (apparente) incongruenza potrebbe essere ricercata nella
qualificazione che il tribunale ha attribuito all’organizzatore “di diritto” - vale a dire a S.R.O. -, ossia quella di
società “preposta” (da Lamborghini) all’organizzazione
della gara. In breve, l’organizzatrice “di diritto” sembrerebbe essere stata considerata una mera esecutrice,
alla stregua, per ricorrere alla terminologia dell’art.
2049 c.c., di un qualunque domestico o commesso
incaricato di una specifica mansione. Questo costituisce il passaggio più controverso della sentenza, nonché
dell’intera vicenda. La poco nitida distinzione dei ruoli,
nella specie, secondo il giudice bolognese, tra organizzatore “di fatto” (Lamborghini) e “di diritto” (S.R.O.),
comporta la difficoltà di individuare esattamente in
capo a chi sia stato l’effettivo potere di controllo della
manifestazione; in altri termini, se il soggetto condannato sia stato, appunto, organizzatore - ancorché di
fatto -, oppure mero promotore, come tale limitatosi a
mettere a disposizione il proprio (blasonato) marchio
per conferire visibilità alla gara.
È noto che tra i presupposti per l’applicazione dell’art.
2049 c.c. deve ricorrere il rapporto c.d. di preposizione (o nesso prepositorio), generalmente identificato nella subordinazione di un soggetto all’altro,
intesa anche quale astratta possibilità di esercitare
un potere di supremazia o di direzione (8).
Nella specie, tuttavia, risulta difficile individuare
questo rapporto, laddove si consideri che il soggetto
condannato si è rimesso interamente a un’altra
società per l’organizzazione, la quale, tuttavia, non
si è limitata a rendere possibile l’evento dal punto di
vista meramente logistico e organizzativo, ma ha
assunto decisioni cruciali e decisive, quali i luoghi e
le date delle tappe di tutta la manifestazione automobilistica, rivestendo così un ruolo attivo, che va al
di là di quello di mero “preposto”.
La sentenza in esame, malgrado la sua lunghezza, non
riporta compiutamente il contenuto dell’accordo tra
i soggetti in discorso. Si può solo supporre che, se si
fosse trattato di un appalto, l’art. 2049 c.c. sarebbe
stato inapplicabile. Difatti, come insegna la Suprema
corte, in caso di danni subiti da terzi nel corso dell’esecuzione di un appalto, per quelli derivanti dall’attività dell’appaltatore risponde di regola
esclusivamente l’appaltatore medesimo, in quanto
la sua autonomia impedisce di applicare l’art. 2049
c.c. al committente (9).
In breve, Lamborghini e S.R.O. non sembrano ascrivibili ai ruoli, rispettivamente, di preponente e preposto (10). Sembra invece assumere consistenza
l’idea che il costruttore di automobili, proprio perché
non licenziato e soprattutto non in grado di allestire
una serie di gare, per di più di rilievo internazionale su
scala europea, abbia solo promosso le medesime,
affidandosi a un professionista - la S.R.O. - per
l’organizzazione.
organizzarlo. In particolare, la ricerca di diffusione e risonanza della
competizione, così come il suo annullamento in seguito a un
incidente mortale, non sono altro che atteggiamenti tipici di
colui il quale ha associato il proprio marchio alla gara per darle
visibilità. In breve, trattasi solo di fattori d’immagine commerciale,
perciò non necessariamente elementi che individuano un organizzatore sportivo.
(7) Il rilievo, naturalmente, è pacifico in dottrina e giurisprudenza. Cfr. M. Franzoni, La responsabilità civile nell’esercizio di
attività sportive, in Resp. civ., 2009, 923; G. Liotta, La responsabilità civile dell’organizzatore sportivo: ordinamento statale e
regole tecniche internazionali, in Eur. dir. priv., 1999, 1137 ss.;
V. Frattarolo, La responsabilità civile per le attività sportive,
Milano, 1984, 107 ss.; da ultimo, G. Di Martino, La responsabilità
dell’organizzatore di eventi e del gestore degli impianti sportivi, in
Diritto privato dello sport, a cura di E. Battelli, Torino, 2019, 158 ss.,
spec. 161. In giurisprudenza, invece, si vedano: Cass. 21 marzo,
2017, n. 27304, in Arch. circolaz., 2017, 926; Cass. 8 novembre
2005, n. 21664, in Foro it., 2006, I, 1459; Trib. Milano, 23 febbraio
2009, in Foro it., Rep. 2010, voce Responsabilità civile, n. 333;
tutte nel senso che spetta agli organizzatori di corse automobilistiche l’obbligo giuridico di attuare tutte le cautele possibili, onde
evitare incidenti di gara.
(8) Per tutti, C. Salvi, voce Responsabilità extracontrattuale (dir.
vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1241 ss. Si veda altresì, nel
medesimo senso, L. Corsaro, voce Responsabilità civile I, in
Enc. giur., XXX, Roma, 1991, 21. In giurisprudenza, Cass. 9 agosto
1991, in Foro it., Rep. 1991, voce Responsabilità civile, n. 92.
(9) Ex multis, Cass. 28 settembre 2018, n. 23442, in Foro it.,
2019, voce Appalto, n. 15.
(10) Un precedente risalente (Cass. 28 marzo 1966, n. 835, in
Giust. civ., 1966, I 1986), ad esempio, ha esclusa la responsabilità
dei componenti di un comitato per certi festeggiamenti che avevano appaltato a terzi l’accensione di fuochi d’artificio. Un cenno
alla distinzione dei ruoli tra chi organizza e chi svolge un ruolo
differente - con la conseguente esclusione di responsabilità di
quest’ultimo - si può leggere in M. Franzoni, La responsabilità
civile nell’esercizio di attività sportive, cit., 924.
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Danno e responsabilità 4/2020
Giurisprudenza
Eventi sportivi
Premesso che, come visto, in capo a Lamborghini
sembrano essere mancati gli elementi per qualificarla
come organizzatrice “di fatto”, occorre ora spendere
qualche considerazione circa la responsabilità per la
scelta di un circuito “insicuro”.
Costituisce affermazione pacifica - e condivisibile quella secondo cui il rispetto della normativa federale
sulla sicurezza non costituisce elemento sufficiente, di
per sé solo, a escludere la responsabilità di colui che
organizza l’evento sportivo (11), dovendosi sempre
verificare (caso per caso) quali accorgimenti egli
avrebbe dovuto adottare per eliminare le insidie presenti sul circuito, malgrado l’omologazione da parte
della federazione di riferimento. In breve, l’omologazione dell’impianto sportivo rappresenta lo standard
minimo di sicurezza che si richiede per lo svolgimento
della manifestazione sportiva e la sua mancanza o il suo
illegittimo rilascio sono ritenuti fonte di responsabilità
per il C.O.N.I. per omessa vigilanza (12).
Nel caso sottoposto al Tribunale bolognese, l’incidente è occorso in un circuito omologato dalla Federation Internationale de l’Automobile, il quale ha ospitato
varie edizioni della Formula uno, nonché altre gare di
rilevanza internazionale. Più nello specifico, il giudice
ha censurato la scelta di quella pista, che ha considerata “oltremodo” insidiosa, data la presenza del muro di
divisione (si suppone, anche se non emerge con chiarezza dal provvedimento, non adeguatamente protetto) tra il rettilineo e la corsia box.
Non è questa la sede per approfondire il rapporto tra il
rispetto delle regole tecniche federali e l’(in)adempimento dell’organizzatore (13). Sia però consentito
osservare che l’imposizione a quest’ultimo del dovere
di (ri)esame del circuito automobilistico già omologato
dalla Federation Internationale de l’Automobile - in base a
rigorosissimi standards di sicurezza, che sono proprio
quelli tipici della Formula 1 - si risolve nella richiesta
di una diligenza non ordinaria (art. 1176, comma 1, c.c.)
e nemmeno professionale (art. 1176, comma 2, c.c.),
bensì di una “iper” diligenza, la cui violazione rasenta
una responsabilità oggettiva, come si vedrà
immediatamente.
Inizialmente, la giurisprudenza, valorizzando il profilo
dell’accettazione del rischio da parte dell’atleta, era
solita affermare che l’organizzatore, per andare esente
da responsabilità, deve dimostrare di aver predisposte
solo le “normali cautele” volte a contenere il pericolo, in
quanto anche lo sportivo è esercente attività pericolosa
ex art. 2050 c.c., sicché egli stesso non può invocare
l’applicazione di tale regime di responsabilità (14). Più
(11) Anche in assenza di colpa specifica per la violazione di
disposizioni regolamentari, occorre sempre verificare la sussistenza di quella generica (imprudenza, negligenza o imperizia) in
capo all’organizzatore. Cfr. F. Di Ciommo, Il punto sulla r.c. dell’organizzatore di eventi sportivi e sui (nuovi?) rapporti tra C.O.N.I.
e federazioni alla luce del d.lgs. 242/99, in questa Rivista, 2000,
619. Ma si vedano altresì G. Liotta, La responsabilità civile dell’organizzatore sportivo: ordinamento statale e regole tecniche
internazionali, cit., 1149 ss.; M. Pittalis, Sport e diritto, cit., 441; e
G. Di Martino, La responsabilità dell’organizzatore di eventi e del
gestore degli impianti sportivi, cit., 162. In giurisprudenza, si
segnala Cass. 28 febbraio 2000, n. 2220, in Foro it., 2000, I,
1828. Si veda però un precedente risalente (App. Milano 30 aprile
1948, in Riv. dir. sport., 1950, 128), secondo il quale nessuna
responsabilità può essere addebitata agli organizzatori della gara
automobilistica quando risulta l’osservanza delle norme
regolamentari.
(12) Cass. 18 agosto 2011, n. 17343, in Rep. Foro it., 2011, voce
Sport, n. 125, ha stabilito che l’omologazione di una pista da sci
compiuta dalla federazione italiana sport invernali (Fisi) per accertarne, attraverso un proprio tecnico, la conformità alla regolamentazione tecnica dalla stessa dettata per le gare di sci, è
direttamente imputabile al C.O.N.I, al quale sono istituzionalmente demandate le funzioni di regolamentazione, controllo e
coordinamento, ai sensi dell’art. 3, L. 16 febbraio 1942, n. 426,
delle varie attività sportive che si svolgono in Italia, e che esso
esercita attraverso le federazioni nazionali, non rientrando, invece,
nella autonomia tecnica ed organizzativa di ciascuna federazione
in riferimento ad una singola gara; ne consegue che il rilascio del
relativo certificato di omologazione nazionale da parte della Fisi, in
contrasto con le norme regolamentari di sicurezza e in assenza di
prescrizioni atte ad eliminare situazioni di pericolo, rende responsabile direttamente il Comitato olimpico per i danni riportati da un
concorrente a gara tenutasi sulla pista omologata, a seguito di
incidente verificatosi a causa delle anzidette carenze della disciplina di tutela. Negli stessi termini, in una fattispecie relativa a una
gara di go-karts, Trib. Biella 8 gennaio 2013, in questa Rivista,
2013, 1096 ss., con nota di Campagnaro.
(13) Le regole tecniche, come afferma Liotta, La responsabilità
civile dell’organizzatore sportivo: ordinamento statale e regole
tecniche internazionali, cit., 1145, si configurano come una specie
del più ampio genus costituito dalle regole federali.
(14) Cfr. Cass. 20 febbraio 1997, n. 1564, in Foro it., 1997, voce
Responsabilità civile, n. 214, secondo cui, poiché l’attività agonistica implica, da parte di coloro che vi partecipano, l’accettazione
del rischio dei danni rientranti nell’alea normale del gioco, gli
organizzatori, al fine di sottrarsi alla pretesa risarcitoria avanzata
nei loro confronti, hanno il solo onere di dimostrare che hanno
Il giudice bolognese, ciononostante, ha ritenuto queste circostanze non rilevanti e, anzi, ha ricondotta in
capo a Lamborghini la responsabilità per l’inopinata
scelta del circuito, dopo aver affermato che questo è
stato individuato da S.R.O. In particolare, essa
sarebbe colpevole di aver selezionato un autodromo
“oltremodo insicuro” e di non averlo opportunamente modificato per eliminare tale insicurezza.
Questo profilo consente di passare all’analisi di un
ulteriore aspetto che merita approfondimento, vale a
dire il rapporto tra il rispetto della normativa federale
in termini di sicurezza e la responsabilità
dell’organizzatore.
L’omologazione dell’autodromo
e l’“oggettivizzazione” della responsabilità
dell’organizzatore
Danno e responsabilità 4/2020
517
Giurisprudenza
Eventi sportivi
recentemente, invece, si danno precedenti specifici nei
quali l’organizzatore e il direttore di gara sono stati
ritenuti responsabili per non aver posto in essere
“tutte le cautele possibili” al fine di evitare incidenti
sul circuito (omologato) (15). Tuttavia, non si possono
tralasciare alcune peculiarità degli sport motoristici, che
dovrebbero indurre a una riflessione sul punto. Attesa
l’intrinseca pericolosità delle gare automobilistiche,
risulta invero ardua - per non dire irrealizzabile - la
previsione ex ante di tutti i possibili scenari, essendo
evidente che le elevatissime velocità raggiunte dalle
vetture, unitamente alla tendenza dei piloti a massimizzare la performance, non consentono di approntare a
priori “tutte” le dette cautele, giacché - e l’esperienza lo
dimostra - rimarrà sempre almeno un’eventualità non
ponderata (e non ponderabile). Eppure, la valutazione
del comportamento dei soggetti coinvolti si basa sempre
su un giudizio ex post: se un evento si è verificato, vuol
dire che era prevedibile. A ben vedere, pare allora che
l’organizzatore e il direttore di gara siano tenuti all’“impossibile” (cioè a prevedere anche l’imprevedibile),
dovendo dare la prova liberatoria - vera e propria
probatio diabolica, secondo taluno (16) - se intendono
andare esenti da responsabilità (17). Già tempo addietro, non a caso, è stata rilevata la “oggettivizzazione”
della responsabilità dei soggetti in discorso, la cui unica
via di salvezza è costituita dalla prova del fortuito (18).
Ora, il rispetto del principio del neminem laedere
richiede ai soggetti in discorso - com’è doveroso -
una perizia particolare nello svolgimento della loro
attività, anche in quanto, per converso, un’eccessiva
“deresponsabilizzazione” condurrebbe gli organizzatori a non curarsi della sicurezza degli atleti. Tuttavia,
dall’indagine svolta sino ad ora sembra emergere un
sistema eccessivamente sbilanciato. Gli estremi
entro i quali muoversi - sia consentila la generalizzazione - sono rappresentati, da un lato, dalla assumption of risk doctrine americana, in virtù della quale
l’atleta consapevole del rischio se ne assume ogni
conseguenza, e, dall’altro, dalla “oggettivizzazione”
nei termini anzidetti della responsabilità per
l’organizzatore.
predisposto le normali cautele atte a contenere il suddetto rischio
nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva. A. Fucci, La
responsabilità dell’organizzatore di un evento sportivo nei confronti degli atleti partecipanti allo stesso, in Resp. civ., 2011, 358,
sembra aderire a questo principio, almeno laddove afferma che si
tratta di una prospettiva che appare in sintonia con le linee guida
dell’ordinamento che non può non considerarsi favorevole alla
pratica sportiva, in quanto attività tramite la quale può trovare
pieno sviluppo la personalità umana e, dunque, ben può ritenersi
legittimare pure le pratiche sportive pericolose, senza il rischio che
da ciò derivino conseguenze negative, anche solo sul piano risarcitorio, che potrebbero scoraggiarne lo sviluppo.
(15) Si segnalano, a questo proposito, tre pronunce della
Suprema corte. Cass. 21 marzo 2017, n. 27304, in Rep. Foro it.,
2017, voce Omicidio e lesioni personali colpose, n. 42, ha stabilito
che gli organizzatori di corse automobilistiche hanno l’obbligo
giuridico di attuare tutte le cautele possibili onde evitare incidenti
di gara, non potendo invocare il carattere intrinsecamente pericoloso dell’attività, che soltanto con riguardo alle condotte dei partecipanti può dirsi non ispirata al comune concetto di prudenza. La
Corte ha confermata la sentenza che aveva ritenuto responsabile
l’organizzatore di un rally nel corso del quale un pilota era deceduto
urtando contro una quercia posta sul margine della carreggiata, e
non adeguatamente segnalata e protetta. Cass. 4 maggio 2010, n.
32697, in Guida al dir., 2010, 49-50, 76, invece, riguarda la figura
del direttore di un autodromo, il quale, a prescindere da disposizioni cautelari specifiche dettate dai competenti organismi, nazionali o internazionali, al fine di ridurre al minimo le conseguenze per
il pilota e per l’autovettura e, comunque, di realizzare l’incolumità
del pilota, è tenuto a rispettare le ordinarie regole cautelari; e anzi, a
tal riguardo, la destinazione di un impianto allo svolgimento di
attività pericolose, lungi dall’attenuare gli obblighi di diligenza,
perizia e prudenza, ne sollecita un maggiore impegno e una
maggiore diligenza, com’è evidenziato dalla regola di diritto
comune di cui all’art. 2050 c.c., che impone, nell’esercizio di
attività pericolose, anche nella prospettiva del mero danno civile,
l’adozione di tutte le misure idonee a evitare il danno. Negli stessi
termini, Cass. 10 novembre 2005, n. 11361, in Guida dir., 2006,
20, 105.
(16) Così si esprimono S. Galliganti e A. Piscini, Riflessioni per
un quadro generale della responsabilità civile nell’organizzazione
di un evento sportivo, in Riv. dir. ec. sport., 2007, 120.
(17) Non si dimentichi che la giurisprudenza applica pacificamente in questi casi l’art. 2050 c.c.
(18) M. Bona – A. Castelnuovo – P.G. Monateri, La responsabilità civile nello sport, Assago, 2002, 45. Lo stesso provvedimento in analisi discorre di “oggettivizzazione” della
responsabilità dell’organizzatore. Si veda però Cass. 27 ottobre
2005, n. 20908, in Foro it., 2006, I, 1465, secondo cui non rispondono gli organizzatori ove abbiano predisposto le normali cautele
atte a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività
sportiva. Si badi che la pronuncia appena richiamata ha riguardato
un caso di lesioni; nei precedenti di cui alla nota 11, invece,
trattavasi di piloti deceduti in seguito a incidenti occorsi in gara.
(19) Non tutti gli Stati della Federazione americana hanno
formulato a livello legislativo la assumption of risk doctrine,
come rileva L. Hess, Sports and the Assumption of Risk Doctrine
in New York, in 76 St. John’s L. Rev. 457 (2002), 468. Sull’argomento, con particolare riferimento al motorsport, si vedano: L.
Augustine, Who Is Responsible when Spectators Are Injured
518
(Segue) L’accettazione del rischio (e delle
conseguenze). Brevi cenni alla assumption
of risk doctrine nordamericana
Automobilismo e motociclismo possono essere annoverati, per evidenti ragioni, tra gli sport più pericolosi, malgrado gli enormi progressi compiuti in
termini di sicurezza e l’attività delle federazioni di
riferimento - almeno in Italia -, impegnate a richiedere standars sempre più elevati.
Nel tentativo di giungere a un compromesso accettabile tra le contrapposte esigenze di tipo sportivo ed
economico (per l’organizzatore) e la sicurezza (per gli
atleti), qualche spunto può essere tratto dalla assumption of risk doctrine nordamericana (19). Essa si
Danno e responsabilità 4/2020
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Eventi sportivi
distingue in primary e secondary assumption of risk: nel
primo caso, il soggetto conosce ab origine il rischio al
quale si espone, ma lo accetta; nel secondo, egli viene
a conoscerlo dopo aver iniziata l’attività pericolosa,
ma, una volta avutane consapevolezza, ugualmente
procede (20).
Uno dei leading cases è senza dubbio Wertheim v.
United States Tennis Association del 1989 (21). Il
caso ha riguardato un giudice di linea di tennis
colpito alla testa da una palla di servizio, che ne ha
provocato la caduta a terra e il decesso. Nel giudizio
sull’accertamento della responsabilità, è stato sostenuto che la posizione alla quale sono tenuti i guardalinee - in piedi, ai margini del campo - li espone a un
elevato rischio, sicché vi sarebbe stata una responsabilità dell’associazione tennistica che avrebbe fallito
nel suo duty of care. La Corte suprema dello Stato di
New York ha dismesso il caso, considerato che “being
hit by a tennis ball is surely a risk normally associated with
the sport”. Ancora più emblematico è Regents v.
Roettgen, nel quale si è discusso sulla responsabilità
per la morte di un arrampicatore in seguito alla
rottura di un dispositivo di ancoraggio alla parete
fissato da un istruttore: “falling, no matter the cause,
was an inherent risk in the sport of rock climbing” (22). In
Italia, invece, un organizzatore è stato ritenuto
responsabile per le lesioni subite da un fantino in
seguito a una caduta determinata dal rifiuto del
cavallo di saltare l’ostacolo (23).
Si danno soluzioni diametralmente opposte anche
per il caso di danni subiti da terzi. Così, mentre
oltreoceano è pacifico che lo spettatore colpito da
una palla da baseball non può accampare pretese, in
quanto “spectators assume the risk of attending a game/
event, and that it should be obvious to the spectator that a
baseball, puck, tire, or golf ball can hit them” (24), il
Tribunale di Milano, invece, ha accolta la domanda
di un soggetto colpito da una palla da squash - e
condannato l’organizzatore al risarcimento dei
danni - a causa di un colpo mal eseguito, sebbene
l’impianto sportivo fosse perfettamente conforme
alla normativa (sportiva) (25).
Con più specifico riferimento alle competizioni automobilistiche, non si può non richiamare il caso delle
gare organizzate dalla National Association for Stock
Car Auto Racing (altresì nota come NASCAR),
notoriamente pericolosissime e teatro di gravissimi
incidenti. In Mc Duffie v. Watkins Glen Intern. (26) è
stata rigettata la richiesta di risarcimento danni contro quest’ultima società (proprietaria del circuito) e la
NASCAR (quale organizzatrice), citate in giudizio in
seguito allo schianto di un pilota contro una barriera,
in quanto, secondo la tesi attorea, dette società
avrebbero “knowingly providing a dangerous racetrack
with substandard barriers”. La corte però ha rigettata la
domanda, considerata l’esperienza ultraventennale
dell’atleta, in virtù della quale ha ritenuto “inconceivable” che egli non fosse conscio del prevedibile
rischio cui si era (volontariamente) esposto: “Mc
Duffie voluntarily assumed the risk of approaching [the
area on the track which is at issue] at the fastest speed he
could attain to maintain and possibly improve his position
in the race. He was well aware of the dangers associated
with auto racing because he had survived a prior serious
accident. The possibility of losing control of his race
vehicle at a high rate of speed is an inherent foreseeable
risk in auto racing”.
Il sistema nordamericano, inoltre, generalmente riconosce validità alle clausole di esclusione della responsabilità sottoscritte in favore dell’organizzatore, sotto
While Attending Professional Sporting Events, in 5 U. Denv.
Sports & Ent. L.J. 39 (2008); J.R. Jenkins, Not Necessarily the
Best Seat in the House: A Comment on the Assumption of Risk by
Spectators at Major Auto Racing Events, in 35 Tulsa L.J. 163
(1999); W.T. Champion, Car Race Waivers’Checkered Flag on
Third Party Loss of Consortium Claims, in 14 Seton Hall J. Sports
& Ent. L. 109 (2004); e M.A. Cokley, In the Fast Lane to Big Bucks:
the Growth of NASCAR, in 8 Sports Law. J. 67 (2001). Quanto
all’Italia, compiono una breve disamina dell’argomento in discorso
M. Ferrari, Rischio sportivo e responsabilità sciistica: spunti comparatistici da Francia e Stati Uniti, in questa Rivista, 2006, 637 ss., e
M. Marzo, La responsabilità civile nel diritto sportivo statunitense,
in Dir. economia assicuraz., 1996, 967 ss.
(20) Si distingue, poi, la express dalla implied assumption of
risk. Cfr. in proposito gli Autori citati alla nota precedente.
(21) Wertheim v. United States Tennis Association, 150 A.D.2d
157, 540 N.Y.S.2d 443 (1st Dept. 1989). Alcune osservazioni al
caso si possono leggere in A.J. Drago, Assumption of Risk: An
Age-Old Defense Still Viable in Sports and Recreation Cases, in 12
Fordham Intell. Prop. Media & Ent. L.J. 583 (2002), 599 ss.
(22) La pronuncia Regents, 48 Cal. Rptr. 2d at 928 è riportata,
con alcune osservazioni anche su casi analoghi, da C. Milas, A Tale
of Two Extreme Sport Locales: California’s No-Duty Rule in
Extreme Sports and Switzerland’s Even-Handed Approach, in
48 Cal. W. Int’l L.J. 399 (2018), 408 ss.
(23) Cass. 12 luglio 1995, n. 7640, in questa Rivista, 1996, 101.
Come riferisce Fucci, op. loc. cit., l’organizzatore è stato ritenuto
responsabile per aver designato nella gara, di rilievo internazionale, un atleta inesperto e privo di adeguata preparazione tecnica.
(24) L. Augustine, Who Is Responsible when Spectators Are
Injured While Attending Professional Sporting Events, cit., 40. Il
caso della palla da baseball che colpisce lo spettatore è Loughran
v. The Phillies, 888 A.2d 872 (2005), deciso dalla Superior Court of
Pennsylvania, che ha rigettata la richiesta di risarcimento perché
“recovery is not granted to those who voluntarily expose themselves to risks”.
(25) Trib. Milano 12 novembre 1992, in Resp. civ., 1993, 616, ha
ritenuto responsabile il circolo sportivo in quanto, in spregio ai
princìpi generali di cautela e prudenza, non aveva provveduto a
elevare la barriera di fondo campo per proteggere le tribune.
(26) 833 F. Supp. 197 (W.D.N.Y. 1993). Alcune considerazioni
sulla decisione si possono leggere in M.A. Cokley, In the Fast Lane
to Big Bucks: the Growth of NASCAR, cit., 77 ss.
Danno e responsabilità 4/2020
519
Giurisprudenza
Eventi sportivi
Un ulteriore profilo affrontato dal tribunale bolognese riguarda, ex art. 2049 c.c., il fatto del direttore di
gara, colpevole di aver impartito il via nonostante
l’imperfetto allineamento delle vetture, ponendo
così uno degli antecedenti causali del nefasto
incidente.
Prima di approfondire brevemente le peculiarità del
caso di specie, è opportuno segnalare che, per giurisprudenza costante e pacifica, l’organizzatore
risponde per il fatto dei propri ausiliari o
collaboratori (31). Naturalmente, si tratta di verificare se i soggetti coinvolti rientrano nella nozione di
organizzatore e preposto. Quanto a Lamborghini, si
rimanda alle considerazioni di cui ai precedenti paragrafi. Con riferimento, invece, al direttore di gara,
nella fattispecie egli aveva ricevuti l’incarico e il
compenso da una società terza, alla quale il costruttore di automobili aveva affidata l’organizzazione
dell’area paddock. Tuttavia, nel corso del giudizio,
due testimoni hanno dichiarato che, al di là del
rapporto formale, in realtà la figura del direttore di
gara era stata “imposta” dalla Lamborghini medesima
a detta società. Sulla scorta di queste affermazioni, il
giudice bolognese ha ricostruita la relazione tra il
costruttore di automobili e detto direttore in termini,
rispettivamente, di preponente e preposto. Non è
dato sapere - giacché non emerge con chiarezza dal
provvedimento - quale sia stata la difesa del convenuto su questo profilo. Si può però rilevare come
questo “scardinamento” dell’impianto formale operato dal tribunale, per “scavalcare” un intricato rapporto astrattamente riconducibile all’interposizione
di persona (Lamborghini si sarebbe avvalsa della
suddetta società per assumere il direttore), ideata, si
suppone, per “schermare” la posizione di Lamborghini stessa, avrebbe forse meritato maggior approfondimento da parte del tribunale.
Ad ogni modo, anche a voler ammettere che la
società intermedia abbia solo fatto da tramite tra il
costruttore di automobili e il direttore di gara, a
quest’ultimo il giudice bolognese rimprovera di
aver impartita la partenza malgrado l’imperfetto allineamento delle vetture e il superamento da parte di
queste ultime del limite di velocità prima del via. Vi
sarebbe, secondo il provvedimento in analisi, una
violazione delle norme sportive che si è posta quale
antecedente necessario, secondo la regola del più
probabile che non (32), dell’incidente: il segnale
(27) In argomento, W.T. Champion, Car Race Waivers’Checkered Flag on Third Party Loss of Consortium Claims, cit., 111 ss.
(28) 575 N.E.2d 107 (N.Y. 1991).
(29) Il giudizio è stato confermato dalla sentenza d’appello,
nella quale si legge, tra l’altro, che “by participating as a mechanic
in the field area of a raceway, [...] understood the risk of harm to
himself, but voluntarily chose to remain in the area of the risk”. Per
alcuni cenni all’ambito applicativo delle clausole in discorso, in
relazione all’art. 1229 c.c., si vedano V. Frattarolo, La responsabilità civile per le attività sportive, cit., 121; e M. Pittalis, Sport e
diritto, cit., 470. Per ulteriori spunti in relazione all’art. 1229 c.c., sia
consentito inoltre il richiamo a V. Brizzolari, Servizio di vigilanza e
clausola penale irrisoria, in questa Rivista, 2019, 80 ss.
(30) Come si legge nel caso Knight v. Jewett, 3 Cal. 4th 296
(1992).
(31) Il caso più emblematico - e, purtroppo, più frequente - è
quello del medico sportivo, incaricato dalla federazione o dall’associazione sportiva, che provoca lesioni o il decesso dell’atleta. Si
segnala, ad esempio, Cass. 8 gennaio 2003, n. 85, in Rep. Foro it.,
2003, voce Responsabilità civile, n. 240, secondo cui, nell’esercizio di attività sportiva a livello professionistico, le società sportive
(o la federazione, con riferimento a sinistri avvenuti nello svolgimento di competizioni delle squadre nazionali) sono tenute a
tutelare la salute degli atleti, sia mediante la prevenzione di eventi
pregiudizievoli della loro integrità psico-fisica, sia attraverso la cura
degli infortuni e delle malattie che possono trovare causa nei
rilevanti sforzi caratterizzanti la pratica professionale di uno
sport, potendo essere chiamate a rispondere dell’operato dei
propri medici sportivi e del personale preposto a tutelare la salute
degli atleti. Per alcune osservazioni sul punto, si veda senz’altro M.
Grondona, La responsabilità dell’associazione sportiva per morte
del giocatore, in Nuova giur. civ. comm., 2012, I, 162 ss. Cfr. anche
M. Franzoni, La responsabilità civile nell’esercizio di attività sportive, cit., 928 ss.
(32) Nel giudizio civile, questo è il criterio al quale attenersi: cfr.,
da ultimo, Cass. 29 gennaio 2018, n. 2061, in Rep. Foro it., 2019,
forma di waivers, il cui unico limite è costituito dalla
gross negligence di quest’ultimo (27). Il caso Lago v.
Krollage (28) ha riguardato un meccanico, intento a
riparare un veicolo, deceduto in seguito all’investimento da parte di un’auto da corsa. Nel primo grado di
giudizio, il circuito e l’organizzatore sono andati esenti
da responsabilità non in applicazione dell’assumption
of risk doctrine, bensì in quanto il soggetto aveva
“executed a valid waiver releasing NASCAR and all
other defendants from liability” (29).
Occorre precisare che il predetto orientamento
incontra naturalmente dei limiti: oltre alla già ricordata responsabilità per gross negligence - nella quale
rientrano però solo le violazioni più macroscopiche -,
l’organizzatore “has a duty not to increase [...] inherent
risks” (30), vale a dire che egli non deve aggravare,
anche mediante omissione, il rischio che l’atleta si è
rappresentato.
Volendo per un momento riportare le precedenti
osservazioni al caso deciso dal tribunale bolognese,
si può ritenere che, con ogni probabilità, l’azione
intentata nei confronti dell’organizzatore avrebbe
avuto tutt’altro esito, se esso fosse stato giudicato
altrove.
La responsabilità dell’organizzatore
per il fatto del direttore di gara
520
Danno e responsabilità 4/2020
Giurisprudenza
Eventi sportivi
d’inizio avrebbe reso possibile il sorpasso che ha
originata la fatale carambola tra le vetture. Non è
possibile, in questa sede, approfondire dal versante
della normativa sportiva il problema dell’errato
segnale di partenza. Si può però osservare che i)
sebbene, in linea di principio, il via possa essere
dato solo in presenza di un allineamento impeccabile,
chiunque abbia un minimo di familiarità con il
motorsport ha contezza del fatto che l’incolonnamento perfetto è pressoché impossibile, a causa di
numerosi fattori, tra i quali - come riconosciuto dallo
stesso tribunale - la difficoltà per le vetture in coda di
scorgere il semaforo, oscurato dagli adesivi degli
sponsors sul parabrezza, che limitano la visuale in
altezza, e che ii) si danno casi di gravissimi incidenti
anche prima che venga impartito il via.
Perciò, per questo e per i casi analoghi, suscita qualche perplessità il ricorso alla regola del “più probabile
che non”, come se si trattasse di un banale sinistro su
strada pubblica, poiché è arduo discorrere di maggiore
o minore “probabilità” di accadimento di un evento
in relazione a una situazione (rischiosissima) quale
quella della partenza lanciata, in cui si sommano
fattori incontrollabili - velocità, guasti tecnici o
meccanici improvvisi e via discorrendo - che non
consentono di formulare ex ante (tutte le) previsioni.
A ciò si aggiunga che, salvo casi di violazioni macroscopiche del regolamento al momento del giro di
formazione, il via viene sempre impartito malgrado
qualche imperfezione nell’incolonnamento, anche
perché subentrano esigenze commerciali, sportive e
soprattutto di spettacolo, che impongono di non
rinviare all’infinito la partenza, nell’attesa che si
realizzi l’irrealizzabile.
Ad ogni modo, occorre segnalare che il direttore di
gara, come peraltro riportato dalla sentenza in analisi, è stato assolto nel procedimento penale (di
primo grado), per le seguenti ragioni. In primo
luogo, per mancanza del nesso di causalità tra la
sua condotta e l’evento: dalle foto e dai video
disponibili non è emersa con estrema certezza la
disomogeneità nel gruppo delle vetture alla partenza, anche in quanto alcune si erano ritirate
prima dell’inizio e perciò sarebbe stato impossibile
mantenere l’esatta formazione della “griglia di partenza” ufficiale; in secondo luogo, in quanto, dagli
elementi raccolti, sembrerebbe essersi trattato di un
incidente di gara, vale a dire uno scontro rientrante
nell’alea normale della competizione e le cui
responsabilità - almeno dal punto di vista sportivo
- non sono individuabili.
Le opposte valutazioni compiute dal giudice civile
(nel provvedimento in esame) e da quello penale
dimostrano come sia quantomeno opinabile l’apporto causale della condotta del direttore di gara
sull’incidente verificatosi nel circuito francese. Ciò
induce a domandarsi se l’esatto rispetto del regolamento federale avrebbe senz’altro impedito il nefasto
incidente.
voce Responsabilità civile, n. 108, secondo cui, in tema di accertamento del nesso causale, il regime probatorio postula l’applicazione del principio della “preponderanza dell’evidenza”, secondo
sui è possibile pervenire alla conclusione della riferibilità causale
dell’evento all’ipotetico responsabile, solo se esso sia più probabilmente (che non) conseguenza della condotta di costui e la cui
concreta operatività risulta dall’applicazione della regola della c.d.
probabilità logica (o baconiana).
(33) Trib. Verona 13 luglio 1990, in Giur. it., 1993, I, 2, 378, ha
esclusa la responsabilità dell’ente che si rende mero patrocinatore
di una gara automobilistica.
(34) È da condividere l’affermazione di A. Dassi, Responsabilità
del club organizzatore per incidente verificatosi durante una manifestazione sportiva, in Resp. civ. e prev., 1992, 811. Si esprime nel
medesimo senso, circa un caso di responsabilità dello sponsor, T.
G. Battisti, Note minime in tema di responsabilità dello sponsor
per danni a terzi (con specifico riferimento a manifestazioni semplicemente “patrocinate”), in Giur. it., 1993, I, 2, 25.
Danno e responsabilità 4/2020
Conclusioni. Il rischio inevitabile
e ineliminabile
La sentenza del Tribunale di Bologna si pone in linea
con l’orientamento dominante in tema di responsabilità dell’organizzatore per il caso di morte del pilota.
Nel corso della breve indagine si è cercato di illustrare
alcuni profili problematici sia del caso di specie che
dell’attuale indirizzo giurisprudenziale.
Quanto ai primi, la mancanza della licenza di organizzatore sportivo, unitamente all’attribuzione degli
aspetti organizzativi e logistici alle società di cui si è
detto, rendono difficile qualificare Lamborghini
come organizzatrice, ancorché di fatto, della gara.
La sua posizione sembra assimilabile piuttosto a
quella di mera “promotrice” dell’evento, anche in
quanto la stessa non ha potuto determinare luogo e
data della competizione, aspetti, questi ultimi, decisivi per qualificare un soggetto come organizzatore (33). D’altra parte, colui che, concretamente,
non compie scelte e non può prendere parte alle
decisioni di carattere operativo, non può considerarsi
organizzatore (34).
Quanto ai secondi, premesso che la sicurezza degli
atleti rimane il presupposto dal quale prendere le
mosse per qualsiasi riflessione, non si può fare a
meno di rilevare l’atteggiamento particolarmente
severo dei tribunali nei confronti degli organizzatori,
521
Giurisprudenza
Eventi sportivi
sui quali ricadono tutte le conseguenze - in termini, si
diceva, di “responsabilità oggettiva” - di qualsivoglia
evento. Non a caso, taluno discorre di “furore iconoclasta dei giudici” e si domanda come ci siano ancora
soggetti disposti a organizzare una manifestazione
sportiva a fronte dei rischi che questa attività
comporta (35).
Il brevissimo confronto con l’esperienza statunitense
dovrebbe indurre a più di un ripensamento sull’attuale
orientamento, se non altro perché, a parità di evento,
qui e lì si danno soluzioni esattamente inverse. Naturalmente, non si intende suggerire una “deresponsabilizzazione” generalizzata e acritica di coloro che
organizzano eventi sportivi, ma occorre riflettere sull’opportunità di continuare ad applicare una disposizione quale l’art. 2050 c.c., concepita in un tempo e per
un contesto che nulla hanno a che vedere con le
competizioni automobilistiche. Parimenti, andrebbe
maggiormente valorizzato il profilo dell’assunzione del
rischio da parte del pilota.
Le competizioni automobilistiche, come tutti gli
sport di velocità, presentano una peculiarità, vale
a dire l’impossibilità di azzerare il pericolo che si
verifichino eventi pregiudizievoli per l’atleta e,
talvolta, persino per il pubblico (basti pensare al
caso del rally) e perciò dovrebbero richiedere regole
peculiari. Data la presenza di un rischio inevitabile e
ineliminabile, noto a tutti coloro che prendono
parte alla manifestazione sportiva, andrebbero
forse formulate delle disposizioni specifiche per la
responsabilità degli organizzatori, che tengano
conto delle particolarità degli sport in discorso.
Oggi, invece, l’incidente durante una gara automobilistica viene trattato - e ricade sotto l’applicazione
della medesima disposizione - alla stregua di una
caduta da cavallo (36) o da una parete di arrampicata (37) e gli si applica un giudizio probabilistico
tipico di un qualsiasi incidente stradale. Per tali
ragioni, sarebbe forse opportuno valorizzare e
ampliare il principio desumibile da una risalente
pronuncia della Suprema corte che negò l’applicabilità dell’art. 2050 c.c. in conseguenza dell’accettazione del rischio da parte dell’atleta, anch’egli
esercente attività pericolosa (38). Diversamente,
si potrebbe immaginare un intervento del legislatore - ma questa soluzione appare invero più difficile
da realizzare -, sulla scia di quanto avvenuto in altri
settori dell’ordinamento (39).
(35) L’espressione, riportata testualmente, e il quesito sono di
S. Galliganti e A. Piscini, Riflessioni per un quadro generale della
responsabilità civile nell’organizzazione di un evento sportivo, cit.,
122 e 124.
(36) Secondo Cass. 8 marzo 2019, n. 6737, in Rep. Foro it.,
2019, voce Responsabilità civile, n. 28, il gestore del maneggio
risponde quale esercente di attività pericolosa, ai sensi dell’art.
2050 c.c., dei danni riportati dai soggetti partecipanti alle lezioni di
equitazione, qualora gli allievi siano principianti.
(37) Cass. 27 marzo 2019, n. 8449, in questa Rivista, 2019, 803,
con nota di Topi, ha confermata la sentenza di merito che aveva
desunto la pericolosità dell’attività di calata passiva lungo una
parete rocciosa dal fatto che la stessa fosse stata svolta da
adolescenti principianti.
(38) Movendo da questo principio, Cass. 20 febbraio 1997, n.
1564, cit., ha concluso che l’organizzatore, al fine di sottrarsi dalla
pretesa risarcitoria avanzata nei suoi confronti, ha il solo onere di
dimostrare la predisposizione delle normali cautele atte a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva.
Con specifico riferimento alla gara automobilistica, l’incidente
occorso in fase di partenza - vale a dire il momento più rischioso
dell’intera competizione - che si risolve nello schianto contro un
ostacolo fisso - benché protetto -, rientra senz’altro nel rischio che
il pilota si assume consapevolmente.
(39) Il riferimento è, mutatis mutandis, all’intervento del legislatore in tema di responsabilità medica. Naturalmente, dovrebbe
trattarsi di provvedimento ben ponderato e soprattutto sin da
subito definitivo, per evitare l’altalenanza e la confusione prodotte
dalla successione di interventi legislativi a distanza di poco tempo
l’uno dall’altro, come accaduto per la responsabilità dei sanitari.
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Danno e responsabilità 4/2020