diritto canonico
La cremazione: aspetti storici,
giuridici e liturgici
Premessa
bbiamo già trattato su L’Amico del Clero del rito delle esequie e della cremazione, in occasione dell’uscita dell’Istruzione Ad Resurgendum cum Christo della cremazione della Dottrina delle Fede1 del 25
ottobre 20162.
Riteniamo tuttavia utile approfondire ulteriormente l’argomento, in considerazione che, dai dati degli ultimi anni, risulta che si è avuto un notevole
incremento della scelta della cremazione, rispetto alla tradizionale inumazione o tumulazione, a cui si è accompagnata l’introduzione di alcune pratiche ed usanze che nulla hanno a che vedere con la tradizione cristiana.
Ancora prima dell’Istruzione del 2016, uno studioso nella sua relazione
dedicata alla Cremazione tenuta in un Convegno dedicato alla celebrazione delle esequie disse che «Il fenomeno è così rilevante che ci si può chiedere se il diffondersi della pratica cremazione-dispersione delle ceneri
non debba poi finire per svuotare i cimiteri, cancellando l’estrema traccia
materiale della vita; infatti c’è chi si domanda: assisteremo all’estinzione
dei cimiteri? E c’è anche chi parla di “riabilitazione” da parte della Chiesa
del diffuso e frequente uso della cremazione. Di certo il problema esiste e
deve essere affrontato in modo serio e approfondito»3.
Occorre quindi avere ben chiara non solo la disciplina canonica per poter aiutare i fedeli a non commettere abusi, di cui spesso sono inconsapevoli, spiegando loro prima di tutto con chiarezza quali siano le disposizioni
del Magistero della Chiesa relativamente alla cremazione4, che tutti i sacerdoti dovrebbero conoscere, ma anche rendendoli consapevoli dell’o-
A
Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Ad Resurgendum cum Christo,
circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso id cremazione, 25 ottobre
2016; Testo e commenti, 2018, Città del Vaticano.
2
Cfr. Il rito delle Esequie e l’istruzione “Ad Resurgendum cum Christo” sulla cremazione,
in L’Amico del Clero, nr. 1, gennaio 2017.
3
F. Di Molfetta, La cremazione: problematiche teologiche, liturgiche e pastorali, in Atti
dell’XI Convegno liturgico-pastorale Mortem nostram moriendo destruxit, La celebrazione
cristiana delle esequie, 19-20 febbraio 2010, Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, p. 7.
9
Tra le opere più recenti dedicate a questo argomento: Z. Suchecki, La cremazione nel
diritto canonico e civile, Città del Vaticano 1995; Id., Revisione della normativa della Chiesa
1
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rigine pagana e spesso anti-cristiana di certe usanze che oggi si stanno
diffondendo anche tra i cristiani.
La tradizione cristiana
La testimonianza dei cristiani verso il significato del morire e della
morte ha la centralità nel messaggio cristiano: compito fondamentale della Chiesa è infatti proclamare la vittoria di Cristo sulla morte. Legata alla
cremazione, che spesso viene presentata come una soluzione conveniente economicamente e rispondente alla mancanza di posto nei cimiteri, vi è
nascosta una logica anti-cristiana.
Nella mentalità pagana, o meglio anti-Dio, che si sta facendo sempre più
strada ai giorni nostri, infatti la morte viene considerata come un evento da
nascondere, proprio perché l’uomo senza Dio, che si ritiene autosufficiente e
libero di fare ciò che crede, non è capace di dare alcuna risposta valida alla
morte, di fronte alla quale cadono tutte le sue certezze di onnipotenza.
Per questa ragione si cerca di farne sparire le tracce, come negli Stati
Uniti dove sono nate società specializzate per organizzare dei viaggi in posti esotici per coloro che sono colpiti da un lutto familiare, in modo da alienarsi e dimenticare così cosa sia successo. Allo stesso modo, incentivando
la cremazione, si tende a far sparire le tracce della morte; progressivamente si cerca così di arrivare anche alla chiusura dei cimiteri.
Si tratta dunque di un fenomeno che non nasce da motivazioni economiche e sociali, come sta a dimostrare l’introduzione con la cremazione di
pratiche pagane estranee alla tradizione cristiana, come la dispersione delle
stesse nel mare o nei fiumi, oppure la conservazione in casa delle ceneri del
parente defunto, quasi si trattasse di un soprammobile da esporre in salotto.
La cremazione come noto era ancora condannata formalmente nel canone 1203, del Codice 1917; a coloro che l’avessero disposta per il proprio
cadavere veniva comminata la privazione dei sacramenti e anche delle
esequie ecclesiastiche (can. 1240, 1, n. 5, CIC ‘17). Soltanto nel 1963, con
l’Istruzione Pia et Constantem della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio5,
si arrivò alla modifica di tali norme, stabilendo:
nei confronti della cremazione, in Apollinaris 75 (2002), pp. 263-299; F. Di Molfetta, Inumazione e cremazione: tradizione cristiana, spiritualità, legislazione, in Rivista Liturgica
93 (2006), pp. 739-755; G. Mucci, La cremazione e la dispersione delle ceneri, in La Civiltà
Cattolica 152 (2001); E. Miragoli, Rito delle esequie e cremazione: legislazione civile e scelte
pastorali, in Rivista liturgica terza serie 99 (2012, pp. 219-227; G. Salvini, Nuove indicazioni
sulla cremazione, in La Civiltà Cattolica 167 (2016); B. Esposito, La vigente disciplina della
Chiesa cattolica riguardo la sepoltura, cremazione e destinazione delle ceneri dei defunti:
L’Istruzione “Ad Resurgendum cum Christo”, in Ius Ecclesiae 29 (2017), pp. 175-190.
5
Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Instruzione De cadaverum crematione: Piam et
constantem in AAS 56 (1964), pp. 822-823.
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1. Regola generale rimaneva di seppellire i cadaveri dei fedeli, per cui viene ribadito il compito degli Ordinari di istruire il popolo cristiano affinché si astenga dalla cremazione dei cadaveri, se non in casi di vera necessità, preferendo l’inumazione come segno della sepoltura cristiana;
2. Venne abrogato quanto previsto dal canone 1240 citato, sempre a
condizione che la cremazione non fosse scelta come negazione dei
dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione
cattolica e la Chiesa;
3. Cadeva così anche il divieto di ricevere i sacramenti a coloro che avessero disposto la cremazione, sempre alla medesima condizione di non
averlo fatto in spregio alla fede o alla Chiesa;
4. Come segno della tradizione ecclesiastica, a conferma della contrarietà
della Chiesa alla cremazione, in un primo momento si stabilì che i riti
della sepoltura ecclesiastica e i conseguenti suffragi non si sarebbero
mai dovuti celebrare nel luogo in cui si fosse compiuta la cremazione;
successivamente, nell’Ordo exsequiarum si è consentito di celebrare le
esequie e i riti previsti nella cappella del cimitero, presso la tomba oppure nella sala crematoria.
Va detto perciò che, sebbene non si trovino motivi teologici per proibire la cremazione, essa tradizionalmente venne guardata con sospetto
dalla Chiesa soprattutto a motivo della sua origine pagana greco-romana;
almeno fino al XIX secolo fu praticata raramente oppure nelle (frequenti)
epidemie di peste, per evitare i rischi di contagio6.
Per questa ragione è dai tempi apostolici che la Chiesa è sempre stata
per inumare le spoglie mortali dei fedeli, affidandole alla terra, in attesa
della risurrezione finale, oppure di tumularle in apposite tombe o sarcofaghi: un segno della «resurrezione della carne» o «resurrezione dei morti»
che è l’aspetto centrale della nostra fede cristiana.
È necessario conoscere, almeno per accenni, i motivi che sono sottesi
a questa opposizione che si è mantenuta da parte della Chiesa, seppure
andando pian piano affievolendosi.
La battaglia dei sostenitori della cremazione, che aveva avuto origine
nella Francia dell’illuminismo e si rifaceva al suo carattere laico e precristiano, si accese con la costruzione dei primi cimiteri moderni. Essi vedevano in questa novità un attacco alle loro idee, venendo meno l’argomento
che portavano a sostegno della cremazione, cioè la salvaguardia della sa-
Preziosa rassegna storica con la descrizione dell’evoluzione nella costruzione dei cimiteri dal Settecento, delle questioni legate alle sepolture nelle chiese, della nascita dei primi
cimiteri accanto ad esse e il successivo spostamento dei camposanti fuori dalle mura urbane,
in: M. Canella, Paesaggi della morte. Riti, sepolture e luoghi funerari tra Settecento e Novecento, Roma, 2010.
6
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lute pubblica: sostenevano infatti che seppellendo i defunti si inquinava
l’aria, l’acqua e il terreno a causa della decomposizione dei corpi.
Tra i maggiori fautori della cremazione vi erano gli esponenti massonici7, che vedevano in tal modo una possibilità di attaccare la Chiesa cattolica: fu probabilmente grazie alle loro pressioni che nel 1877 fu approvato
un articolo sulla cremazione8, mentre i Comuni cominciarono a costruire i
crematori: nel 1876 a Milano, poi a Roma nel 1883, a Torino nel 1888 e in
tante altre città9.
In quello stesso anno, il 22 dicembre 1888, Francesco Crispi ottenne
di inserire la cremazione nella legge sulla tutela dell’igiene e della sanità
pubblica10. Nel novecento la cremazione si diffuse in tutti i paesi europei,
in particolare in Francia, Germania e Inghilterra, mentre in Italia, con l’avvento del fascismo, si ebbe una battuta d’arresto da imputarsi all’ostilità
del regime verso la massoneria, che aveva fatto della propaganda della
cremazione una delle sue battaglie principali.
Malgrado la mancanza di espliciti divieti contenuti nella Sacra Scrittura, la Chiesa cattolica continuò a condannare la cremazione, fino alla
ricordata Istruzione del 1963, in linea di principio affermando che fosse
un’azione contro Dio che aveva donato il corpo all’uomo e che, anche se
privo di vita, sarebbe risorto insieme all’anima dopo il Giudizio finale, ma
anche perché consapevole degli intenti anti-cristiani e pagani che stavano
in gioco in questa contesa con i cosiddetti laici.
Nel Codice di diritto canonico del 1983, il legislatore pur continuando a
sottolineare che «la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia
consuetudine di seppellire i corpi dei defunti», tuttavia afferma che «non
proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni
contrarie alla dottrina cristiana» (can. 1176 § 3).
Oltre che nel CIC del 1983, anche nel Catechismo si ribadisce che la Chiesa
permette la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi11, riportando di fatto quanto stabilisce il canone 1176 § 3.
7
La Canella conferma nel suo libro che la massoneria tendeva, con la propaganda in favore della cremazione, alla laicizzazione della cerimonia funebre.
8
Si trattava ancora di una pratica poco seguita anche perché piuttosto complessa in
quanto richiedeva di essere autorizzata dal Prefetto e dal Consiglio sanitario provinciale.
9
Milano fu dunque la prima città dove si costruì un forno per la cremazione, mentre ovviamente a Roma furono molte le resistenze: l’ingegnere Salvatore Rosa progettò un forno, inaugurato nel 1883, con una simbologia che riprendeva elementi dell’iconografica massonica.
10
Legge 22 dicembre 1888 n. 5849, Sulla tutela della igiene e della sanità pubblica, in G.U.
24 dicembre1888, n. 301. L’incarico di comporre quella che viene considerata la prima grande
riforma sanitaria italiana, venne affidato da Crispi al Professor Luigi Pagliani, epidemiologo ed
esponente della massoneria come Crispi. Una riforma che richiese una serie di decreti attuativi
nei diversi settori dell’igiene pubblica, dalla polizia mortuaria all’obbligo delle vaccinazioni come
medicina preventiva. Si deve a questa riforma la creazione nei Comuni del “medico condotto”.
11
Catechismo della Chiesa cattolica, Roma 1992, n.2301, 2° cpv.: «La Chiesa permette la
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Conformemente a questa linea, la Conferenza Episcopale Italiana ha incluso questa eventualità nel nuovo Rituale delle Esequie12, che sostituisce
la prima edizione del 1974, come vedremo più avanti.
La legislazione italiana
Veniamo dunque alla normativa Italiana più recente sulla cremazione
e in particolare all’aspetto della dispersione o conservazione delle ceneri.
Prima delle nuove disposizioni che hanno consentito la dispersione
delle ceneri dei defunti, l’articolo 411 del codice penale – (Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere) – disponeva che chiunque distruggesse, sopprimesse o sottraesse un cadavere, o una parte di esso, ovvero
ne disperdesse le ceneri, fosse punito con la reclusione da due a sette anni
e che la pena fosse aumentata se il fatto fosse stato commesso in cimiteri
o altri luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia.
La legge 30 marzo 2001, n. 130, Disposizioni in materia di cremazione
e dispersione delle ceneri, ha modificato l’articolo 411 c.p. ed aggiunto due
nuovi commi conseguentemente ai quali non costituisce reato la dispersione delle ceneri di cadavere autorizzata dall’ufficiale dello stato civile sulla
base di espressa volontà del defunto, mentre la dispersione delle ceneri non
autorizzata dall’ufficiale dello stato civile, o effettuata con modalità diverse
rispetto a quanto indicato dal defunto, è ancora punita con la reclusione da
due mesi a un anno e con la multa da euro 2.582 a euro 12.911.
Il vero problema nasce dunque dalle novità introdotte nella legislazione
di questa materia con la citata legge 130, definita da qualcuno come «Vero
terremoto pastorale»13, che ha reso possibile la dispersione delle ceneri dei
defunti nell’ambiente, nonché la loro conservazione in una casa privata14.
Non a caso in un recente articolo di commento alla già ricordata Istruzione dedicata alla cremazione della Dottrina delle Fede dell’ottobre 2016,
apparso su La Civiltà Cattolica, è stato affermato che: «Il documento riguarda ovviamente i credenti, e tuttavia contiene, a nostro avviso, un
implicito invito anche all’autorità civile a regolamentare con più ordine
una materia delicata che tocca il costume pubblico, ma anche la sfera dei
sentimenti di moltissima gente e il sentire civile»15.
Va rilevato che, poiché il Regolamento di polizia mortuaria, DPR
285/90, che avrebbe dovuto essere modificato entro sei mesi dall’entracremazione, se tale scelta non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi».
12
Conferenza Episcopale Italiana, Rito delle Esequie, Città del Vaticano 2011.
13
F. Di Molfetta, La cremazione: problematiche teologiche, liturgiche e pastorali, cit., p. 5.
14
Legge 30 marzo 2001 n. 130, Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle
ceneri in G.U. Serie Generale n.91 del 19-04-2001.
15
G. Salvini, Nuove indicazioni sulla cremazione, cit., p. 486.
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ta in vigore della legge 130/2001 non è stato adeguato a queste norme,
la dispersione delle ceneri è stata autorizzata in virtù di un decreto del
Presidente della Repubblica (del 24 febbraio 2004) che si è collegato al
parere del Consiglio di Stato (Sezione prima, n. 2957/2003) e alla nota
(DGPREV/I/5401/P/F.2.c.a) dell’8 marzo 2003 del Ministero della salute
dell’8 marzo 2004.
Alcune Regioni, in mancanza della modifica del Regolamento di polizia mortuaria, hanno emanato leggi per regolamentare la cremazione, la
dispersione e l’affidamento familiare delle ceneri, rendendo così ancora
più confusa la situazione, dato che in molti Comuni sono stati deliberati
regolamenti in attuazione delle disposizioni Regionali molto differenti,
particolarmente per quanto riguarda le persone autorizzate a decidere la
dispersione delle ceneri.
Si è arrivati anche ad una sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Sezione II bis, RGN 1052/2012, n. 3407 del 04/04/2013),
con cui si è stabilito che i Comuni sono legittimati ad autorizzare la dispersione delle ceneri utilizzando la volontà del coniuge o, in mancanza, del
parente più prossimo e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso
grado, della maggioranza assoluta di essi.
Ogni Comune dunque è tenuto ad adottare un proprio Regolamento in
merito a tutte le questioni concernenti la cremazione e la modalità di dispersione delle ceneri del defunto, dal momento che la legge n. 130/2001 come
detto non lo specifica, stabilendo però che la dispersione delle ceneri deve
risultare dalla volontà del defunto, in una delle forme consentite: testamento; dichiarazione autografa (da pubblicarsi come testamento olografo ex art.
620 del codice civile); dichiarazione legata all’iscrizione ad una associazione
riconosciuta per la cremazione; dichiarazione ritualmente resa di fronte a
pubblici ufficiale. In mancanza, come nel caso che abbia espresso questa volontà quando era in vita, i congiunti (coniuge e parenti di primo grado, come
figli e genitori), sono autorizzati, con una dichiarazione da esprimere davanti
ad un pubblico ufficiale, a testimoniare la volontà del defunto di disperdere le
proprie ceneri, indicando il luogo della dispersione.
La dispersione è consentita anche in natura, ma con apposite regole e
divieti, sempre in base anche ai Regolamenti Regionali e Comunali; le modalità possono cambiare, possono essere diverse anche per ogni singolo
Comune, ma sempre in base al rispetto delle fondamentali norme igieniche. Ordinariamente all’interno dei cimiteri esistono aree riservate alla dispersione, i c.d. Giardini del ricordo, ma è anche consentita in aree private
con il consenso del proprietario, in natura e anche in mare, nei laghi e nei
fiumi. È invece vietata all’interno dei centri abitati.
La domanda di dispersione delle ceneri in natura viene presentata:
- al Sindaco del Comune nel quale è avvenuto il decesso;
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-
al Comune di residenza del defunto nel caso in cui il decesso sia avvenuto in un’altra Regione;
- oppure al Comune dove sono già state tumulate le ceneri.
La dispersione delle ceneri non autorizzata o che viene effettuata in
modo diverso da come aveva indicato il defunto, potrebbe configurarsi
come “soppressione di cadavere”, reato punito con la reclusione da due
mesi a un anno e il pagamento di una multa16.
La legge 130, come detto, permette la conservazione delle urne cinerarie anche nelle abitazioni private, in contrasto dunque con la normativa
canonica: anche in questa materia le modalità di conservazione delle ceneri sono comunque demandate alla disciplina delle Regioni e dei Comuni,
che in ogni caso dovrà sempre assicurare che:
1. la conservazione consenta sempre l’identificazione dei dati anagrafici del defunto;
2. la conservazione avvenga tramite tumulazione, interramento (inumazione) o affidamento ai familiari. Nel caso si conservino in abitazioni private, il trasporto delle urne contenenti le ceneri non è generalmente soggetto alle misure precauzionali igieniche previste per quello delle salme17;
3. Avere un’urna cineraria in casa comporta degli obblighi: la manomissione dei sigilli o la dispersione senza autorizzazione dell’ufficiale dello
stato civile, come detto, può far incorrere in responsabilità penale. La
corretta tenuta dell’urna è soggetta ai controlli della polizia municipale.
Infine, come ulteriore spinta verso una concezione pagana e anticristiana, oggi alcune agenzie realizzano la diamantificazione delle ceneri: si
tratta di una procedura che sebbene potrebbe far pensare al reato di “vilipendio di cadavere” è oggi considerato legale in Italia18.
Le norme canoniche sulla conservazione delle ceneri
Poiché lo abbiamo già descritto diffusamente nel precedente articolo
dell’L’Amico del Clero19 dedicato all’Istruzione della Congregazione per la
Dottrina della Fede del 2016, accenniamo soltanto a cosa prevede la normativa canonica circa la dispersione e la conservazione delle ceneri:
«La dispersione delle ceneri non autorizzata dall’ufficiale dello stato civile, o effettuata
con modalità diverse rispetto a quanto indicato dal defunto, è punita con la reclusione da due
mesi a un anno e con la multa da 2.582 a 12.911 euro».
17
Per ottenere l’autorizzazione per tenere le ceneri del defunto in casa occorre presentare
istanza scritta all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso, a cui devono allegarsi i documenti che comprovano la volontà del defunto in questo senso, che abbiamo citato nel testo.
18
Si deve richiedere al Comune di residenza un documento denominato «passaporto
mortuario», che viene rilasciato in pochi giorni presentando una dichiarazione di accoglimento delle ceneri da parte della società che si occuperà della produzione del diamante.
19
L’Amico del Clero, nr. 1, gennaio 2017, Il rito delle Esequie, cit.
16
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1. L’obbligo che le ceneri del defunto siano conservate in un luogo sacro,
cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo. Questo perché il luogo sacro facilita la preghiera e il ricordo dei parenti e inoltre riduce il rischio di «dimenticanze o
mancanza di rispetto, nonché pratiche sconvenienti o superstiziose».
2. Il divieto della conservazione domestica, con l’unica eccezione dovuta
a motivi gravi ed eccezionali, che dovranno essere vagliati dal Vescovo
locale in accordo con la Conferenza episcopale o il Sinodo dei vescovi
delle Chiese orientali. In ogni caso «le ceneri non possono essere divise
tra i vari nuclei familiari e vanno sempre assicurati il rispetto e le adeguate condizioni di conservazione».
3. Il divieto della dispersione delle ceneri: «Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista – si legge al numero 7 –, non è
permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in
altro modo» né la loro trasformazioni «in ricordi commemorativi, in
pezzi di gioielleria o in altri oggetti»20.
Indicazioni liturgiche in caso di cremazione
La Conferenza Episcopale Italiana in data 2 marzo 2012 ha introdotto
un capitolo per il caso di cremazione nella seconda edizione italiana del
Rito delle esequie (da ora anche RE): questo testo preparato dai Vescovi
italiani e approvato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti è divenuto obbligatorio dal 2 novembre 201221.
Concludiamo questo argomento andando a vedere cosa prevede il nuovo Rito delle esequie nei casi di cremazione:
1. La celebrazione liturgica delle esequie deve precedere la cremazione. I
riti, nella Messa o nella Liturgia della Parola, sono i medesimi previsti
per il caso della sepoltura, con l’accortezza di scegliere i testi liturgici
adatti a questa situazione;
2. Eccezionalmente, «i riti previsti nella cappella del cimitero o presso la
tomba si possono svolgere nella stessa sala crematoria» (n. 15). In questo caso il sacerdote o il diacono utilizzino il rito previsto ai nn. 168-177,
evitando ogni pericolo di scandalo, di indifferentismo religioso o l’introdursi di consuetudini estranee ai valori della tradizione cristiana.
3. Anche nel caso della cremazione, dopo le esequie il sacerdote o altro
ministro, può accompagnare il feretro al luogo indicato, se ciò è possibile ed è consuetudine.
20
Al fine di fugare altri possibili dubbi si precisa nel testo dell’Istruzione che non «può
essere giustificato con ragioni igieniche, sociali o economiche».
21
Conferenza Episcopale Italiana, Rito delle Esequie, Città del Vaticano 2011.
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4. La cremazione si ritiene conclusa solo al momento della deposizione
dell’urna nel cimitero. Pertanto, se i familiari lo desiderano e ciò è possibile, il sacerdote, il diacono o il laico incaricato si rendano disponibili per
la preghiera di benedizione del sepolcro al momento della deposizione
dell’urna con le ceneri. In caso contrario siano i familiari o gli amici ad
accompagnare questo ultimo atto con la preghiera cristiana.
5. Nel caso che, eccezionalmente, la cremazione precede le esequie, e queste
vengano richieste con la presenza dell’urna cineraria, ci si dovrà attenere
alle indicazioni del Vescovo diocesano e a quanto indicato ai nn. 180-18522.
6. Per alcune ragioni di natura pratica (morte all’estero e rimpatrio in
urna cineraria dopo la cremazione; ecc.), i riti esequiali possono avere
luogo solo a cremazione avvenuta. In virtù dell’indulto concesso dalla
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti in data
24 maggio 2010 (Prot. N. 446/10/L), la celebrazione delle esequie, inclusa la celebrazione dell’Eucaristia, alla presenza delle ceneri di una
persona defunta, è permessa nelle diocesi d’Italia alle seguenti condizioni:
a) In accordo con il Codice di Diritto Canonico, la cremazione non deve
essere motivata da intenzioni contrarie all’insegnamento cristiano
(cf. can. 1176 § 3).
b) Il Vescovo diocesano deve esprimere il suo giudizio sulla opportunità di celebrare le esequie, compresa la celebrazione dell’Eucaristia,
alla presenza dell’urna con le ceneri, tenendo conto delle circostanze concrete di ciascun caso, nel rispetto dello spirito e del contenuto
delle norme canoniche e liturgiche.
Indicazioni liturgiche generali per la celebrazione delle esequie
Riteniamo utile aggiungere qualche nota circa la celebrazione delle
esequie in generale, poiché questa rappresenta un’occasione quanto mai
opportuna per poter testimoniare la fede della Chiesa che proclama la vit-
22
La liturgia esequiale in chiesa (o nella cappella cimiteriale) può svolgersi nella Messa o
nella Liturgia della Parola. Si raccomandano le seguenti attenzioni: a) Il sacerdote accoglie le ceneri del defunto alla porta della chiesa e rivolge ai familiari e ai presenti un cristiano saluto; b)
l’urna cineraria viene deposta su un tavolo, ricoperto da un drappo viola (o bianco, nel caso di un
bambino) e collocato nello spazio antistante l’altare, fuori del presbiterio; c) accanto all’urna si
pone il cero pasquale e, se non è ben visibile la croce dell’altare, la croce astile; d) se l’urna giunge
in chiesa molto tempo prima dell’inizio della celebrazione, oppure se si ritiene più opportuno non
fare la processione, l’urna viene deposta secondo le indicazioni offerte sopra; e) testi propri per
la celebrazione della Messa esequiale si trovano nel Messale Romano: si eviti però di usare il prefazio IV dei defunti, dove è contenuto un esplicito riferimento al corpo del defunto che ritorna
alla terra; f) al termine della Messa (o della Liturgia della Parola) quando si tiene il rito dell’ultima
raccomandazione e commiato si dovrà omettere l’aspersione e l’incensazione.
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toria di Cristo sulla morte; si tratta di un momento privilegiato in cui si può
far arrivare un messaggio di fede alle tante persone che ormai si recano
in chiesa solo in occasione dei funerali, dei matrimoni, dei battesimi, delle
prime comunioni e delle cresime di parenti o amici.
Siamo pertanto chiamati a preparare questa celebrazione con la massima cura, cominciando da una giusta distribuzione dei compiti e delle reciproche competenze di tutti coloro che sono coinvolti nella preparazione
delle esequie: per esempio, spesso si assiste ad una vera e propria invasione di campo da parte delle Agenzie funebri, che di fatto sembrano talvolta
l’unico tramite tra la famiglia e la Parrocchia, stabilendo orari e imponendo
tempi.
Nel Sussidio Proclamiamo la tua risurrezione della Commissione Episcopale per la Liturgia della C.E.I. del 200723 ci vengono ricordate alcune
indicazioni utili da seguire nella celebrazione delle esequie:
a) centralità alla Parola di Dio, che deve esserci in tutte le celebrazioni
per i defunti, a cominciare dalle esequie;
b) nelle celebrazioni esequiali, che il Sussidio esorta a tenere nelle
Chiese parrocchiali (RE, 22), si abbia cura di porre presso il feretro il
Cero pasquale, simbolo della luce di Cristo che risorge glorioso e disperde le tenebre del cuore e dello spirito (Veglia Pasquale);
c) è bene deporre sulla bara soltanto segni che siano espressione della
fede pasquale, come la croce, la Bibbia, il rosario, la palma benedetta e anche i fiori, purché in forma sobria, e in un modo che non crei
ostacolo allo svolgimento della celebrazione (spesso rendono difficoltose l’aspersione e l’incensazione);
d) non introdurre testi di autori extra scritturistici (anche se cari al
defunto);
e) l’omelia, come detto, sia un momento per proclamare la Resurrezione di Cristo, fondamento della nostra fede e non un “elogio funebre”,
che peraltro talvolta può rivelarsi del tutto fuori luogo perché poco
rispondente alla realtà. Questo modo di tenere l’omelia – a cui purtroppo si è assistito talvolta anche in occasione di funerali di personaggi famosi - rischia di trasformare la celebrazione eucaristica
in una specie di funerale laico, poiché vanifica la Parola di Dio che è
stata proclamata e tra l’altro viene sprecata l’opportunità di annunciare la fede della Chiesa nella Resurrezione di Cristo;
f) circa i canti, il Rito prevede che “… si cerchi che riecheggino nel testo
la vivezza del linguaggio biblico e la spiritualità di quello liturgico”
23
Conferenza Episcopale Italiana, Commissione Episcopale per la Liturgia, “Proclamiamo
la tua Risurrezione”. Sussidio pastorale in occasione della celebrazione delle esequie, Città
del Vaticano, 2007.
Maggio 2021 • L’Amico del Clero
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diritto canonico
(RE, 12). Nessuna canzoncina o musica non sacra, per quanto amata
dal defunto, può essere eseguita;
g) quando un parente o un amico vuole ricordare il defunto con un suo
pensiero, lo potrà fare al termine della celebrazione, dopo il rito liturgico dell’ultima raccomandazione o commiato, evitando per quanto
possibile applausi o altre forme di sapore televisivo o teatrale;
h) le condoglianze ai parenti siano compiute, ove possibile, fuori dalla
Chiesa, anche sul sagrato, dopo la deposizione del feretro nel carro
funebre, cercando sempre di evitare luoghi troppo vicini all’altare.
Conclusioni
Al termine di quanto esposto facciamo nostre le parole che troviamo
nel Documento Proclamiamo la Tua Resurrezione della Conferenza Episcopale Italiana:
«La Chiesa Cattolica ha sempre indicato la sepoltura del corpo dei defunti come la forma più idonea a esprimere la pietà per i fedeli, oltre che
a favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte dei familiari e amici. Attraverso la pratica della sepoltura nei cimiteri, la comunità cristiana
onora - nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore - il corpo del cristiano diventato col battesimo Tempio dello Spirito Santo e destinato alla risurrezione. Simboli, riti e luoghi della sepoltura esprimono
dunque la cura e il rispetto dei cristiani per i defunti e soprattutto la fede
nella risurrezione dei corpi»24.
Mons. Antonio Interguglielmi
Consiglio di Amministrazione FIDES
24
Op. ult. cit., p. 114. Si può approfondire in S. Sirboni, Sussidio pastorale per la celebrazione delle Esequie. Prospettive pastorali, in Notiziario dell’Ufficio liturgico Nazionale 31
(2009), pp. 55-59.
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