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La mia trasformazione

2020, Cromo-grafie

La mia trasformazione Ho vissuto la mia infanzia schiacciato dal peso delle paure: abissi aperti davanti ai miei occhi. Le facce della persone, i loro corpi: montagne enormi da scalare. Davvero mai ho capito il senso di quel disagio che abitava nel mio animo. Io uomo in mezzo a uomini come me. Sin da piccolo questa sensazione mi faceva soffrire. Vivevo costretto dall'idea della prestazione, schiacciato dal tedio del confronto. Ero impossibilitato a parlare perché un nodo in gola mi impediva di proferire parola. Uscivo tra la gente e sentivo una distanza incolmabile, che separava il mio essere dal loro; eppure, pensavo malinconicamente, io ero fatto della loro stessa carne, lo stesso animo vivificava i nostri corpi, e la stessa sensibilità ci faceva rallegrare dei raggi del sole primaverile. Mi sporgevo per respirare i suoni della notte, chiedevo alla sera di cantarmi una ninna nanna. Cercavo nelle stelle i disegni del destino che potessero spiegarmi il senso di un'esistenza dura, costellata dal dolore. Ma ero solo tra tutta quella gente.

La mia trasformazione Ho vissuto la mia infanzia schiacciato dal peso delle paure: abissi aperti davanti ai miei occhi. Le facce della persone, i loro corpi: montagne enormi da scalare. Davvero mai ho capito il senso di quel disagio che abitava nel mio animo. Io uomo in mezzo a uomini come me. Sin da piccolo questa sensazione mi faceva soffrire. Vivevo costretto dall’idea della prestazione, schiacciato dal tedio del confronto. Ero impossibilitato a parlare perché un nodo in gola mi impediva di proferire parola. Uscivo tra la gente e sentivo una distanza incolmabile, che separava il mio essere dal loro; eppure, pensavo malinconicamente, io ero fatto della loro stessa carne, lo stesso animo vivificava i nostri corpi, e la stessa sensibilità ci faceva rallegrare dei raggi del sole primaverile. Mi sporgevo per respirare i suoni della notte, chiedevo alla sera di cantarmi una ninna nanna. Cercavo nelle stelle i disegni del destino che potessero spiegarmi il senso di un’esistenza dura, costellata dal dolore. Ma ero solo tra tutta quella gente. Avrebbe dovuto essere un giorno come gli altri. Il primo giorno del liceo, quando la mia vita s’incamminò definitivamente verso un corso inarrestabile. Da dove venivo? Mi chiesi. Che cosa ci facevo in quelle stanze, se, fino a quel momento, a stento avevo aperto un libro? Davo l’impressione di un ragazzo di paese fuori luogo, perso nel traffico di qualche affollata metropoli. Chiunque mi avesse visto in quei panni, avrebbe pensato a uno scherzo. Io così diverso, con scarpe e vestiti volgari, in mezzo a figli di dottori e di avvocati, che già dai primi giorni di scuola facevano mostra di un italiano corretto e scorrevole. Iniziai la scuola, ma non ero al passo dei miei compagni. Non conoscevo un metodo di studio adeguato per un liceo classico. Certamente in classe ero attento. E prima degli altri capivo ciò che c’era da capire. Eppure ero ancora troppo diverso da quei ragazzi. Fui preso da sgomento. Restavo indietro quando era il momento di fare versioni di greco o di latino. Con la coda dell’occhio osservavo i miei compagni e provavo tristezza quando il professore consegnava le verifiche corrette. Mi si rizzavano i capelli, dritti come spade affilate; sembrava che il cuore volesse gridare per esprimere il suo disagio. Tentai di restare al passo, ma la mia preparazione era inadeguata. Era il momento in cui potevo lasciare tutto, e ritornare da dove ero venuto. Eppure nonostante questo disagio, durante l’anno scolastico qualcosa era cambiato in me. Sicché iniziai ad ascoltare con grande attenzione le lezioni di letteratura, di storia e di biologia! Come un baco che attende il momento della metamorfosi avvolto nella crisalide ben fatta, così iniziavo a stupirmi e a partecipare della profondità e della bellezza della cultura che mi era offerta dai miei docenti, iniziando la mia metamorfosi. Improvvisamente mi ritrovai innamorato. Ero affascinato dall’abilità, dall’eloquio, dei professori. La loro capacità di dominare il linguaggio tecnico di ogni rispettiva materia, l’amore che ognuno di loro possedeva per la cultura, mi apriva mondi sconosciuti, cui mi avvicinavo con la curiosità di un cieco che per la prima volta scopre la bellezza della volta stellata durante una notte d’estate. La mente cominciò ad aprirsi e iniziai a chiedermi il senso della realtà intorno a me. La mia vita poteva oramai essere più la stessa di quel primo giorno che avevo varcato la soglia di quell’istituto? Dalla bellezza e dal desiderio di conoscere e di avvicinarmi all’universo della cultura proveniva una luce che ancora difficilmente potevo percepire, con difficoltà. Eppure ero sbocciato, come in un’alba primaverile i papaveri drizzano lo stelo al primo sole mattutino. Un brivido mi era corso per la schiena. Era una forza sovrumana, quella della cultura! La luce che si era accesa nel mio animo era debole, ma sufficiente per dirigere il corso degli eventi. Tra le mille difficoltà che ancora mi trovavo ad affrontare, i miei occhi ardevano, accesi e mossi da un piccolo barlume che, chissà, un giorno, avrebbe potuto trasformarsi in un incendio. Tra gli alti e i bassi della mia giovinezza, dominata dal dolore e dall’incomprensione, ero sopravvissuto. Dovetti affrontare prove difficilissime, sicché venni sconfitto ancora in molte occasioni. Conobbi gli orrori della morte e della solitudine, ma non ne restai sopraffatto, perché una luce oramai brillava nel mio animo. Dopo tutto ero riuscito a sopravvivere in un cimitero di vite perdute. Così capii che quel dolore che mi aveva accompagnato poteva essere trasformato in qualcosa di diverso. Uscii dalla mia vecchia casa, gravida di morte, e m’accorsi che tutto per me era ancora in gioco. Iniziai a sorridere, ma mi resi conto di quanto era stato duro uscire da quel tunnel. Adesso potevo ritornare a vivere! Proprio grazie a quella piccola luce della cultura, a quell’amore per la sapienza, oggi divenuto così grande, ho potuto con il tempo venirne fuori. Ed è proprio questo adesso il mio compito: parlare e trasmettere l’amore per quella luce, cercare di accendere nell’animo dei giovani studenti la fiamma viva della conoscenza, che potrà, se ben alimentata, indirizzare anche il corso delle loro giovani vite.